06-Proietti (561-568) - Giornale Italiano di Cardiologia

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RASSEGNA
Blocco interatriale: una diagnosi elettrocardiografica
misconosciuta con importanti implicazioni
clinico-terapeutiche
Riccardo Proietti1, Vincenzo Russo2, Antonio Sagone1, Maurizio Viecca1, David H. Spodick3
1
Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Luigi Sacco, Milano
Dipartimento di Scienze Cardio-Toraciche e Respiratorie, Seconda Università degli Studi, Ospedale Monaldi, Napoli
3
Department of Cardiovascular Medicine, St. Vincent Hospital, University of Massachusetts Medical School, Worcester, Massachusetts, USA
2
Interatrial blocks, characterized by P-wave duration ≥120 ms, are a well described but poorly recognized cardiac rhythm disorder. They are caused by a conduction delay between the right and left atria and occur in pandemic proportions in unselected patients. Interatrial blocks correlate with atrial dysfunction and are a predictor
of significant atrial arrhythmias, particularly atrial fibrillation, as well as embolic stroke, all-cause and cardiovascular mortality. Special attention to this cardiac rhythm disorder is required because of its pathologic implications.
Key words. Alternative site pacing; Bachmann bundle; Cardiac resynchronization therapy; Interatrial block.
G Ital Cardiol 2014;15(10):561-568
INTRODUZIONE
Un allungamento critico della durata dell’onda P, espressione
di un patologico ritardo nella conduzione interatriale dell’impulso, è stato identificato come “blocco interatriale” ed è stato associato all’insorgenza di fibrillazione atriale, tachiaritmie
sopraventricolari, ischemia miocardica, rischio embolico, mortalità generale e cardiovascolare1-5. Il recente consensus report
“Interatrial blocks. A separate entity from left atrial enlargement”6 ha stabilito i criteri per la diagnosi elettrocardiografica
di blocco interatriale ed identificato le sue implicazioni cliniche.
L’aumento di durata dell’onda P è legato a un disturbo della
conduzione interatriale che non è sempre secondario a dilatazione atriale, ma può essere provocato da altri fattori (fibrosi,
ischemia, ecc.). Effettuare una corretta diagnosi di blocco interatriale è infatti importante sia per la stratificazione del rischio
aritmico che per le molteplici implicazioni clinico- terapeutiche.
Lo scopo della nostra rassegna è esaminare i criteri per la diagnosi elettrocardiografica di blocco interatriale, descrivendone
le basi anatomo-patologiche, la prevalenza clinica e le implicazioni terapeutiche.
miocardiche specializzate già descritte all’inizio del XX secolo da
Wenckebach7, Thorel8 e Bachmann9. Gli studi anatomo-istologici10-17 hanno reso possibile descrivere un complesso sistema di
conduzione all’interno delle camere atriali che attraverso tre vie
internodali (anteriore, media e posteriore) connette il nodo seno-atriale al nodo atrioventricolare ed, attraverso una via di
conduzione apposita, il fascicolo di Bachmann, all’atrio sinistro
(Figura 1). Il fascicolo internodale posteriore origina dal margine postero-inferiore del nodo seno-atriale, segue il corso della
cresta terminale fino alla valvola di Eustachio e da qui si connette al margine posteriore del nodo atrioventricolare10-12. Il fascicolo internodale anteriore origina dalla porzione antero-su-
ANATOMIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE ATRIALE
Fasci internodali
Durante ritmo sinusale, la conduzione interatriale avviene tramite connessioni anatomicamente distinte composte da fibre
© 2014 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 17.02.2014; nuova stesura 23.06.2014; accettato 24.06.2014.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Riccardo Proietti Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Luigi Sacco,
Via G.B. Grassi 72, 20157 Milano
e-mail: [email protected]
Figura 1. Schema delle vie di conduzione internodale e del fascio interatriale di Bachmann.
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CHIAVE DI LETTURA
Ragionevoli certezze. Il blocco interatriale,
definito da una durata dell’onda P registrata
all’ECG di superficie ≥120 ms, è di per sé
un’alterazione della conduzione elettrica e non la
semplice espressione di una dilatazione atriale.
L’insorgenza di blocco interatriale,
indipendentemente dal grado, in uno svariato
numero di patologie cardiache e non, rappresenta
un marker molto sensibile e soprattutto precoce
di iniziale disfunzione atriale, condizione
fortemente correlata al rischio di insorgenza di
aritmie sopraventricolari, in particolare
fibrillazione atriale, ictus cardioembolico,
mortalità per ogni causa e cardiovascolare.
Aspetti controversi. Iniziali osservazioni hanno
riportato lo sviluppo di blocco interatriale nei
pazienti affetti da scompenso cardiaco ed hanno
correlato la regressione del disturbo elettrico
con l’efficacia della terapia farmacologica e il
miglioramento clinico del paziente. Tuttavia
l’incidenza di blocco interatriale nella
popolazione affetta da scompenso cardiaco
cronico non è stata ancora valutata, così come
non è ancora stato definito il ruolo del blocco
interatriale nei pazienti scompensati sottoposti
a resincronizzazione cardiaca. Un ritardo della
conduzione interatriale risulta infatti
determinante nel sincronismo atrioventricolare
e potrebbe giocare un ruolo molto più rilevante
nei pazienti sottoposti a terapia di
resincronizzazione cardiaca. Nonostante
l’enorme quantità di studi sulla
resincronizzazione cardiaca e
sull’identificazione precoce dei “non responder”
alla terapia elettrica, ad oggi nessuno studio ha
ancora valutato la necessità di ottimizzare un
ritardo della conduzione atriale nei pazienti con
blocco interatriale sottoposti a terapia di
resincronizzazione ventricolare.
Prospettive. Recenti trial richiamano l’attenzione
del trattamento della fibrillazione atriale in
pazienti con scompenso cardiaco sin tanto da
validare una strategia interventistica di
isolamento delle vene polmonari al fine di
modificare il substrato aritmico. In pazienti con
scompenso cardiaco, la stimolazione del fascio di
Bachmann potrebbe rappresentare una valida
terapia elettrica per il ritardo interatriale e la
conseguente prevenzione delle aritmie
sopraventricolari. Nell’evoluzione della tecnologia
collegata al settore della cardiostimolazione nel
paziente scompensato risulta possibile ipotizzare
lo sviluppo di algoritmi dei dispositivi capaci di
rilevare un ritardo di conduzione interatriale
dovuto ad un peggioramento del compenso
emodinamico ed effettuare all’occorrenza una
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stimolazione atriale preferenziale. In maniera
analoga, considerando il recente sviluppo dei
sistemi di monitoraggio remoto con trasmissione
transtelefonica degli ECG, con lo scopo di
prevenire la riacutizzazione di scompenso
cardiaco, lo sviluppo di blocco interatriale è
parametro elettrocardiografico facilmente
misurabile che viene ignorato dagli attuali
protocolli.
periore del nodo seno-atriale, contorna anteriormente la vena
cava superiore, decorre in basso lungo il margine anteriore del
setto interatriale e discende obliquo dietro la radice aortica, per
poi connettersi al margine antero-superiore del nodo atrioventricolare13,14. Il fascicolo internodale medio origina dal margine
postero-inferiore del nodo seno-atriale, contorna posteriormente la vena cava superiore e, decorrendo lungo il margine
posteriore del setto interatriale, si connette al margine superiore del nodo atrioventricolare. A livello del setto interatriale il
fascicolo internodale anteriore e medio si uniscono a formare
un fascicolo muscolare, detto tubercolo intervenoso del Lower,
che contorna il lembo anteriore della fossa ovale. Anche fibre
muscolari localizzate a livello della fossa ovale15 o fasci, che connettono il seno coronarico prossimale con l’atrio sinistro16,17,
sono stati identificati come possibile substrato per la conduzione interatriale.
Fascio di Bachmann
Il fascio di Bachmann è un fascicolo a forma trapezoidale distintamente visibile all’analisi macroscopica dell’atrio sinistro
al di sotto della radice aortica, generalmente spesso 4 mm ed
alto 9 mm11. Il fascio di Bachmann origina dalla porzione antero-superiore del nodo seno-atriale, contorna anteriormente
la vena cava superiore in un percorso comune con il tratto internodale anteriore, da cui si separa per raggiungere la faccia
dorsale della cresta interatriale, continuare trasversalmente attraverso la parete anteriore dell’atrio sinistro fino all’auricola
di sinistra, dove si ramifica per circondarla13. La parte superiore continua lateralmente davanti l’orifizio della vena polmonare sinistra, la parte inferiore si attacca allo scheletro fibroso
della giunzione mitro-aortica. Entrambe queste divisioni danno origine a piccole fibre che si interdigitano con le altre e continuano posteriormente con estensioni verso il pavimento interatriale14.
ISTOLOGIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE ATRIALE
Nelle vie di conduzione interatriali del cuore umano e canino
sono stati istologicamente definiti e descritti 5 differenti tipi di
cellule10,11: cellule ricche in miofibrille, cellule povere in miofibrille, cellule P, cellule di transizione larghe e cellule di transizione sottili. Le cellule ricche di miofibrille non sono specifiche
di queste vie di conduzione. Le cellule povere in miofibrille sono invece caratteristiche delle vie internodali ed interatriali e
sono molto simili alle cellule di Purkinje del sistema di conduzione ventricolare10. Le cellule P sono simili a quelle che si trovano a livello del nodo seno-atriale ed atrioventricolare ed hanno attività di pacemaker11. Le cellule P sono irregolari, di forma
fusata con nucleo più addensato per la minore dimensione del
DIAGNOSI ECG DI BLOCCO INTERATRIALE
citoplasma, mononucleate, con citoplasma poco organizzato:
pochi e irregolari sono i mitocondri, il reticolo sarcoplasmatico
e i filamenti di miofibrille, non vi sono tubuli T e vi sono delle
cavitazioni prossime alla membrana di significato incerto. Queste cellule, che hanno un alto potenziale di membrana a riposo ed un potenziale d’azione rapido con una fase di “plateau”
ben distinta, sono deputate alla trasmissione dell’impulso elettrico18. Le cellule di transizione, sia larghe che sottili, sono localizzate nella porzione periferica del nodo verso il tessuto atriale, e presentano una transizione di caratteristiche ultrastrutturali da quelle più simili alle cellule P, paracentrali, a quelle poco
diverse dalle cellule atriali, periferiche. Il ruolo principale delle
cellule di transizione è quello di unire i differenti tipi cellulari
tra loro, garantendo la trasmissione dell’impulso elettrico dalle
cellule P al restante miocardio atriale. Il fascio di Bachmann è
costituito principalmente, ma non univocamente, da cellule povere in miofibrille, molto simili alle cellule di Purkinje ma non
demarcate da rivestimento fibroso10,11.
descritto come organizzazione parallela delle miofibre, ed oggi spiegata sulla base di un allineamento anisotropo che incanala la trasmissione dell’impulso in maniera più veloce e apparentemente ordinata. Seguendo queste vie di conduzione,
l’impulso elettrico, che origina dal nodo seno-atriale, depolarizza per prima la parete esterna dell’atrio destro, seguita dalla parete anteriore e del setto interatriale con l’onda di attivazione che raggiunge la giunzione atrioventricolare in circa 4-5
ms. Nello stesso tempo l’impulso raggiunge l’atrio sinistro preferenzialmente attraverso la porzione antero-superiore del setto interatriale (regione del fascio di Bachmann), che presenta
una velocità di conduzione dell’impulso doppia rispetto a quella del miocardio atriale (1.66 vs 0.88 m/s) ed un periodo refrattario assoluto più lungo di quello delle cellule miocardiche
atriali28, con la conseguente depolarizzazione delle pareti anteriore e posteriore dell’atrio sinistro. In pochi casi29 la prima attivazione atriale sinistra avviene precocemente attraverso il seno coronarico, con una depolarizzazione retrograda dell’atrio
sinistro.
FISIOLOGIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE ATRIALE
La funzione principale del nodo seno-atriale è la capacità di
depolarizzarsi spontaneamente con frequenza e con modalità
che gli consentono di guidare l’attività elettrica dell’intero cuore. La conduzione interatriale dell’impulso elettrico è un fenomeno complesso, che è stato oggetto negli anni di numerosi
studi su cuori canini19-21 ed umani22,23 e di recenti modelli generati al computer sulla base delle attuali conoscenze anatomo-fisiologiche24,25. Le più datate osservazioni sperimentali26,27,
che ipotizzavano l’esistenza di una diffusione radiale dell’impulso elettrico negli atri dovuta a conduzione sinciziale, si integrano con le recenti evidenze28 che dimostrano come la conduzione interatriale avvenga attraverso vie preferenziali di conduzione. Negli atri l’attivazione elettrica non avviene infatti
esclusivamente attraverso fascicoli veri, come accade nei ventricoli, ma preferenzialmente attraverso vie di conduzione con
differenti velocità. La conduzione preferenziale in questi tratti
sarebbe legata all’allineamento delle cellule, originariamente
DIAGNOSI ELETTROCARDIOGRAFICA
Il blocco interatriale è definito da una durata dell’onda P, registrata all’ECG di superficie ≥120 ms, indipendentemente dalla
morfologia6. Analogamente ai blocchi seno-atriali ed atrioventricolari, anche il blocco interatriale può essere distinto in blocco di primo grado (o parziale), di secondo grado (o transitorio),
di terzo grado (o avanzato).
Il blocco interatriale di primo grado (o parziale) è l’espressione di un ritardo di conduzione interatriale dell’impulso elettrico sinusale attraverso il fascio di Bachmann. Si manifesta elettrocardiograficamente con una durata dell’onda P ≥120 ms
senza importanti modifiche della morfologia (generalmente evidenza di onda P bifida in DI, DII, DIII), dato che la depolarizzazione dell’atrio sinistro, seppur ritardata, rispetta il fisiologico
pattern di attivazione6. La morfologia dell’onda P in V1 si presenta spesso con un vettore terminale negativo, più evidente
nei casi di concomitante ingrandimento atriale sinistro (Figura
Figura 2. Blocco interatriale di primo grado (o parziale) caratterizzato da durata dell’onda P pari a 120 ms.
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2). Il blocco interatriale di primo grado è potenzialmente reversibile.
Il blocco interatriale di secondo grado (o transitorio) si caratterizza per un cambiamento battito-battito all’interno dello stesso tracciato della durata e della morfologia dell’onda P, da normale a blocco interatriale di primo grado o da blocco interatriale
di primo grado a blocco interatriale di terzo grado e viceversa6.
Il blocco interatriale di terzo grado (o avanzato) si manifesta con un aumento della durata dell’onda P (≥120 ms) unitamente ad importanti modifiche della sua morfologia che nelle
derivazioni DI ed aVL si presenta bifida e nelle derivazioni inferiori DII-DIII-aVF diviene bifasica, così come in V1-V2 (Figura 3).
Questo grado di blocco si caratterizza per un’interruzione della propagazione dell’impulso elettrico a livello del fascicolo interatriale di Bachmann con un’attivazione retrograda caudocraniale dell’atrio sinistro attraverso connessioni muscolari del
seno coronarico (Figura 4)6. Il blocco interatriale di terzo grado
è potenzialmente reversibile.
Il pattern elettrocardiografico tipico può essere considerato causato da blocco interatriale30 quando: a) appare in maniera improvvisa e progressiva; b) si manifesta in assenza di dilatazione atriale sinistra; c) è riproducibile sperimentalmente.
EPIDEMIOLOGIA
Il blocco interatriale è una delle alterazioni più comuni dell’ECG
di superficie anche se generalmente non segnalata2. La sua prevalenza viene stimata intorno al 45-60% della popolazione
ospedaliera americana31 e tende ad aumentare con l’età dei pazienti32. Nei soggetti di età <35 anni è circa il 9%33, mentre aumenta al 60% nei soggetti di età >59 anni32. Un recente stu-
Figura 3. Blocco interatriale di terzo grado (o avanzato) caratterizzato da durata dell’onda P pari a 160 ms con aspetto bifasico nelle derivazioni inferiori e le due componenti dell’onda P (RA-LA) distanziate di più di 40 ms.
Figura 4. Schema di attivazione atriale nel blocco interatriale parziale ed avanzato e morfologia dell’onda P in aVF.
Adattata da Bayes de Luna et al.6.
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DIAGNOSI ECG DI BLOCCO INTERATRIALE
dio ha mostrato che le anomalie della morfologia dell’onda P,
indicative di blocco interatriale, sono estremamente rare nella
popolazione pediatrica sana34.
Il blocco interatriale di primo grado si ritrova spesso nella
popolazione geriatrica, anche in assenza di ingrandimento atriale sinistro2,35. Il blocco interatriale di terzo grado è estremamente raro36, rappresentando <1% dei pazienti con malattia valvolare. Cardiopatia ischemica, ipertensione arteriosa, diabete mellito, fumo, obesità, inattività fisica ed età sono stati identificati
quali fattori di rischio per lo sviluppo di blocco interatriale37. Vasculiti, amiloidosi, linfoma e cardiopatia ipertrofica possono portare a degenerazione delle fibre muscolari del fascio di Bachmann e sono state associate a blocco interatriale38-40.
IMPLICAZIONI CLINICHE E TERAPEUTICHE
Blocco interatriale e funzionalità atriale sinistra
Il blocco interatriale sembra essere associato a disfunzione elettromeccanica atriale sinistra41,42. Molti pazienti con blocco interatriale presentano infatti un atrio dilatato e scarsamente contrattile con ritardati tempi di riempimento ventricolare sinistro41,42. In una serie di pazienti appaiati per misure dell’atrio
sinistro, quelli con blocco interatriale presentavano minore frazione di svuotamento attiva, gittata sistolica ed energia cinetica dell’atrio sinistro41. Il grado di queste anomalie sembrava essere legato alla severità del ritardo di conduzione interatriale,
rappresentato dalla durata dell’onda P41.
Blocco interatriale e fibrillazione atriale
Molti studi hanno evidenziato l’associazione tra blocco interatriale e fibrillazione atriale43-49. In uno studio osservazionale43
su 308 pazienti che sviluppavano fibrillazione atriale durante
16 mesi di follow-up, il 52% presentava blocco interatriale all’ECG di superficie, mentre nel gruppo di pazienti che conservavano il ritmo sinusale, la prevalenza di blocco interatriale era
del 18%. La presenza di blocco interatriale è stata associata alla progressione di fibrillazione atriale dalla forma parossistica a
quelle persistente e permanente44. Il rischio di insorgenza di fibrillazione atriale è sostanzialmente più elevato nei pazienti con
blocco interatriale avanzato45. Inoltre il blocco interatriale avanzato è stato associato ad un elevato rischio di recidiva dopo un
anno dalla cardioversione farmacologica di fibrillazione atriale,
indipendentemente dal farmaco utilizzato46.
Enriquez et al.47, in uno studio retrospettivo su 80 pazienti
affetti da cardiomiopatia di Chagas e portatori di defibrillatore,
hanno evidenziato che il blocco interatriale (parziale ed avanzato) prediceva l’insorgenza di fibrillazione atriale.
Secondo alcuni autori48,49 la presenza di blocco interatriale
di terzo grado nei pazienti con malattia valvolare o cardiomiopatia necessiterebbe di uno studio con monitoraggio elettrocardiografico secondo Holter delle 24h per la valutazione di
eventuali aritmie al fine di impostare precocemente terapia antiaritmica o anticoagulante. A tal proposito Bayes de Luna et
al.50 hanno ipotizzato che in pazienti affetti da blocco interatriale avanzato la terapia farmacologica antiaritmica potrebbe
rappresentare una valida opzione profilattica, ancor prima che
la condizione aritmica si renda manifesta.
Blocco interatriale, ictus ed ischemia miocardica
In due ampie casistiche di pazienti con ictus cardioembolico3,51
la prevalenza del blocco interatriale era pari al 61-80%, circa il
doppio della popolazione generale; gli autori ipotizzavano un
ruolo del blocco interatriale come nuovo fattore di rischio di ictus cardioembolico. Recenti studi52-54 hanno valutato il possibile
ruolo della durata dell’onda P e il blocco interatriale nel facilitare la diagnosi di ischemia miocardica. Myrianthefs el al.52 hanno
rilevato che l’inclusione di un allungamento della durata dell’onda P tra i criteri convenzionali di ischemia durante test ergometrico aumentava notevolmente la sensibilità (dal 57% al
75%), riducendo minimamente la specificità (dall’85% al 77%)
del test ergometrico. Apiyasawat et al.53 hanno descritto una
maggiore incidenza di blocco interatriale durante esercizio fisico in pazienti con evidenza di ischemia miocardica, rispetto a
quelli con test ergometrico negativo. Inoltre, un recente studio
di Ariyarajah et al.54 ha evidenziato che la durata dell’onda P era
inversamente associata al Duke Prognostic Treadmill Score, e che
quest’ultimo era più significativo per incrementi >20 ms che per
incrementi ≤20 ms. L’angioplastica coronarica primaria sembra
ridurre significativamente la durata dell’onda P nei pazienti con
infarto acuto del miocardio rispetto alla terapia trombolitica55.
Blocco interatriale e scompenso cardiaco
Pochi studi hanno valutato le modifiche dell’onda P durante un
episodio di scompenso cardiaco acuto56-58. Due recenti casi clinici59,60 hanno evidenziato come la durata dell’onda P possa
rappresentare in questa categoria di pazienti un efficace indicatore di risposta clinica alla terapia medica. Infatti la regressione del blocco interatriale sembra correlare significativamente con la risposta alla terapia diuretica e con il miglioramento
degli indici strumentali e bioumorali di scompenso cardiaco60.
Blocco interatriale e ipertensione arteriosa
Alcuni studi61-63 hanno valutato il potenziale ruolo degli inibitori
dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nel controllare e prevenire la fibrillazione atriale. ACE-inibitori e sartani riducono significativamente la durata dell’onda P nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa64-66. Teoricamente l’uso di questi
farmaci potrebbe rallentare la progressione del blocco interatriale sopprimendo la fibrosi atriale mediata dalle citochine o
riducendo il sovraccarico di pressione e volume atriale64,66. Gli
ACE-inibitori, da soli o in combinazione con betabloccanti,
sembrano rallentare significativamente la progressione del blocco interatriale da parziale ad avanzato37.
Blocco interatriale e stimolazione atriale
da siti alternativi
Alcuni lavori67-79 hanno dimostrato la possibilità di correggere il
ritardo di attivazione atriale sinistro, dovuto al blocco di conduzione interatriale, e prevenire la ricorrenza di aritmie sopraventricolari, attraverso la stimolazione atriale in siti alternativi a
quelli convenzionali.
La stimolazione atriale bifocale, con un elettrocatetere in
auricola destra ed uno nella porzione media o distale del seno
coronarico, per stimolare in maniera sincrona i due atri, sembrava ridurre la durata dell’onda P nei pazienti con storia di aritmie sopraventricolari67; tuttavia lo studio randomizzato SYNBIAPACE68, che ha confrontato la stimolazione atriale standard
rispetto a quella bifocale, non ha rilevato benefici in termini di
ricorrenza di fibrillazione atriale.
Bailin et al.69, in uno studio randomizzato, hanno mostrato
che la stimolazione in prossimità del fascio di Bachmann era
superiore rispetto alla stimolazione in auricola destra nel ridurre la durata dell’onda P e nel prevenire la degenerazione della
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fibrillazione atriale parossistica nella forma cronica; tuttavia il
sito di stimolazione non sembrava modificare la ricorrenza di
parossismi di fibrillazione atriale.
Risultato analogo è stato osservato in studi condotti in pazienti affetti da distrofia miotonica di tipo 170-73, in cui si evidenziava come il posizionamento dell’elettrocatetere atriale nella regione del fascio di Bachmann era una procedura sicura ed
efficace in termini di stabilità dei parametri elettrici70,71, ma non
preveniva l’insorgenza di fibrillazione atriale72, né riduceva significativamente la durata dei parossismi73, nonostante una
chiara riduzione del blocco interatriale e del conseguente tempo di attivazione atriale.
Padeletti et al.74 hanno introdotto la possibilità di stimolare
il setto interatriale a livello postero-inferiore, in prossimità del seno coronarico, ipotizzando una superiorità della stimolazione a
livello del triangolo di Koch rispetto alla stimolazione in auricola nella prevenzione della fibrillazione atriale75; tuttavia questi risultati non sono stati confermati in un successivo trial multicentrico76. Non esiste ancora in letteratura un confronto diretto tra
la stimolazione a livello alto (regione del fascio di Bachmann) o
basso (regione del triangolo di Koch) del setto interatriale, anche
se sono stati effettuati tentativi di localizzare con studio elettrofisiologico il sito ottimale per la stimolazione settale in modo da
ridurre i tempi di attivazione dell’atrio destro e sinistro77.
CONCLUSIONI
Blocco interatriale e resincronizzazione cardiaca
Particolare rilevanza ha la stimolazione del setto interatriale in
pazienti con blocco interatriale che vanno incontro a terapia di
resincronizzazione cardiaca. La presenza di blocco interatriale in
pazienti con cardiopatia dilatativa sottoposti a terapia elettrica
di resincronizzazione cardiaca può avere effetti emodinamici
sfavorevoli78,79, dato che l’intervallo programmato atrioventricolare destro può non coincidere con l’effettivo ritardo atrioventricolare sinistro80,81. È stato dimostrato che la stimolazione
a livello del setto interatriale in soggetti con blocco interatriale
che vanno incontro a resincronizzazione cardiaca determina significativi benefici in termini di risposta alla terapia di resincronizzazione78. Ding et al.82 hanno dimostrato che la resincronizzazione cardiaca può ridurre la durata dell’onda P nei pazienti
“responder”, migliorando la funzione ventricolare sinistra, riducendo la pressione telediastolica ventricolare sinistra e la
pressione di riempimento atriale sinistra.
La durata dell’onda P è un parametro generalmente poco considerato nell’analisi dell’ECG di superficie, in grado però di evidenziare una patologica attivazione elettrica dalle camere atriali.
Il blocco interatriale determina un allungamento critico della durata dell’onda P ≥120 ms, indipendentemente dalla morfologia,
espressione di un patologico ritardo nella conduzione interatriale
dell’impulso. Causa di blocco interatriale possono essere tutte
quelle condizioni patologiche determinanti un rallentamento più
o meno grave della velocità di conduzione attraverso il fascio di
Bachmann. L’insorgenza di blocco interatriale, indipendentemente
dal grado, in uno svariato numero di patologie cardiache e non,
rappresenta un marker molto sensibile e soprattutto precoce di iniziale disfunzione atriale, condizione fortemente correlata al rischio
di insorgenza di aritmie sopraventricolari, in particolare fibrillazione atriale, ictus cardioembolico, mortalità per ogni causa e cardiovascolare.
Dall’analisi fin qui condotta risulta chiaro come il blocco interatriale, definito da una durata dell’onda P registrata all’ECG di
superficie ≥120 ms, indipendentemente dalla morfologia, sia
di per sé un’alterazione della conduzione elettrica e non la
semplice espressione di ingrandimento atriale. Condizioni patologiche determinanti un rallentamento più o meno grave
della velocità di conduzione attraverso il fascio di Bachmann
sono alla base dell’insorgenza del blocco interatriale di primo
e secondo grado. Qualora il blocco dell’impulso lungo il fascio
di Bachmann fosse totale o quasi, l’attivazione retrograda dell’atrio sinistro attraverso il seno coronarico acquisterebbe un
ruolo fondamentale nella conduzione interatriale, condizione
caratterizzante il blocco interatriale di terzo grado o avanzato.
L’insorgenza di blocco interatriale, indipendentemente dal grado, in uno svariato numero di patologie cardiache e non, rappresenta un marker di patologia elettrica funzionale o organica degli atri, che talora può essere associata ad una loro iniziale
disfunzione, ed è correlata al rischio di fibrillazione atriale, ictus cardioembolico, mortalità per tutte le cause e cardiovascolare.
RIASSUNTO
Parole chiave. Blocco interatriale; Fascio di Bachmann; Terapia di
resincronizzazione cardiaca; Stimolazione da siti alternativi.
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