Agenzia SIR – SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA

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Progetto IdR e NEWS
martedì 29 novembre 2011 (n. 61)
Tema: SORELLA NATURA
XVII CONFERENZA ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
NOTIZIA
Durban 2011. Si è aperta la diciassettesima conferenza dell'Onu sui cambiamenti climatici. Si tratta di uno degli
appuntamenti più importanti degli ultimi anni, l'ultima occasione per trovare un nuovo accordo vincolante per il dopo
Kyoto. Il Protocollo che fino ad ora ha regolamentato la riduzione delle emissioni di elementi inquinanti scadrà nel
2012. Dal 28 novembre fino al 9 dicembre, i rappresentati di circa 200 paesi saranno impegnati nel corso della XVII
Conferenza delle parti (Cop 17), a trovare una soluzione immediata e senza scappatoie al problema dei cambiamenti
climatici. Ma, nonostante si tratti di un momento delicato e di un incontro particolarmente importante, regna il
silenzio su Durban. Due saranno i principali nodi da sciogliere in queste due settimane di incontri.
In primo luogo, un nuovo accordo che possa sostituire il Protocollo di Kyoto, valido fino al 2012. In questo caso, tutti
gli Stati dovranno assumersi gli analoghi impegni, per non vedere affondare la possibilità di un nuovo accordo. Una
delle ipotesi più accreditate riguarda la possibilità di adottare un regime transitorio fino al 2020, e nel contempo
giungere alla stipula di un nuovo accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas serra.
(da www.greenme.it)
APPROFONDIMENTI
------------------------------------------------------------------------------------------------------ Avere a cuore il futuro
Dal Papa al Patriarca Bartolomeo I all’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. Tutti i principali leader cristiani
sono scesi in campo per la 17a Conferenza internazionale indetta dall'Organizzazione delle Nazioni Unite sul clima. La
Conferenza si è aperta lunedì 28 novembre a Durban, in Sudafrica, davanti a 17mila delegati appartenenti a 195
Paesi, di organizzazioni ambientaliste ed associazioni. Sul tavolo dei negoziatori si ripropongono vecchie e note
difficoltà per raggiungere un accordo sul post Trattato di Kyoto, che per ora resta l'unico punto di riferimento per la
riduzione delle emissioni di gas serra. Il cuore del problema sono le resistenze di Stati Uniti, Cina e India, ossia i
principali Paesi inquinatori. Per Durban sono scesi in campo i principali leader cristiani chiedendo ai partecipanti che
dalla Conferenza escano accordi chiari e concreti, nella consapevolezza che il problema ambientale ha raggiunto oggi
livelli di guardia preoccupanti.
Le esigenze dei più poveri. Dopo la recita domenicale dell’Angelus, Benedetto XVI ha ricordato l’apertura a Durban
della Conferenza Onu sul clima. “Auspico – ha detto - che tutti i membri della comunità internazionale concordino una
risposta responsabile, credibile e solidale a questo preoccupante e complesso fenomeno, tenendo conto delle esigenze
delle popolazioni più povere e delle generazioni future”. Le parole del Santo Padre hanno fatto da eco alle richieste e
alle dichiarazioni dell’arcivescovo sudafricano mons. Desmond Tutu, premio Nobel per la pace nel 1984, che nello
stesso giorno in cui si inaugurava la Conferenza Onu, nel Park Stadium di Durban, ha indetto una manifestazione dal
titolo “We Have Faith – Act Now for Climate Justice” nel corso della quale è stata lanciata una petizione
(www.wehavefaithactnow.org) in cui si chiede ai leader di “trattare la terra con rispetto”. “L’apartheid – ha spiegato
l’arcivescovo - sembrava una sfida enorme che non poteva essere sconfitta, ma ci siamo mobilitati e l’abbiamo
sconfitta. Abbiamo bisogno della stessa passione e determinazione per sconfiggere il cambiamento climatico". "Il
cambiamento climatico – ha proseguito mons. Tutu - è una minaccia ancora più grande per noi di quanto non lo fosse
l'apartheid, perché con l'innalzarsi delle temperature, milioni di africani sono privati di acqua e colture. Ciò causerà
sofferenze enormi. È una prospettiva che non possiamo permettere. Di fronte a tale minaccia, molti di noi si sentono
di alzare le mani, credendo di poter fare la differenza”.
Una leadership morale. Anche l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, capo spirituale degli anglicani sparsi nel
mondo, ha lanciato un appello alla comunità internazionale in vista della Conferenza delle Nazioni Unite. “La crisi
morale – ha detto - è più reale che mai. Gli effetti della pressione ambientale e del cambiamento sono sentiti ogni
giorno di più, soprattutto dalle persone più vulnerabili sulla faccia del pianeta. Abbiamo bisogno più che mai di una
reale leadership morale dei nostri governi, della comunità internazionale”. Dopo aver esortato i Paesi ricchi a definire
nei dettagli l'impegno sottoscritto nel 2010 a fornire 100 miliardi di dollari all'anno, a partire dal 2020, per aiutare i
Paesi in via di sviluppo ad adattarsi ai cambiamenti climatici e mitigarne i danni, l'arcivescovo Williams ha concluso:
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“Abbiamo bisogno di vedere una certa sicurezza, alcune garanzie, sulla riduzione delle emissioni. Abbiamo bisogno di
chiarezza su una reale risposta integrata alle domande riguardanti l'energia pulita, la sicurezza alimentare, l'acqua
pulita e la biodiversità. Sarebbe una tragedia se l'attuale generazione di leader non riuscisse ad essere all'altezza delle
aspettative del prossimo”.
Un peccato contro l’umanità. “Siamo tutti responsabili del futuro del nostro pianeta e della vita umana. Il
cambiamento climatico colpisce tutti i popoli e tutte le nazioni. Nessuno di noi può rimanere un semplice spettatore”.
Lo scrive il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ricordando come le Conferenze Onu di Copenhagen e
Cancun “non sono riuscite a produrre un accordo giuridicamente vincolante tra nazioni ricche e povere” e che “il
prossimo anno segna la scadenza del Protocollo di Kyoto” senza che le Nazioni “più ricche e importanti” lo abbiano
ancora ratificato. “È illusorio pensare – ha aggiunto il Patriarca - che le misure per affrontare il cambiamento
climatico non devono o non possono incidere sulla crescita economica. Senza sacrificio, sia personale che nazionale,
non possiamo raggiungere l'unità necessaria per un accordo duraturo”. Occorre pertanto assicurare su queste
problematiche “una leadership morale” perché “il cambiamento climatico globale costituisce una minaccia senza
precedenti per l'integrità e la diversità della vita sulla terra. Il Patriarcato ecumenico ha già denunciato gli abusi
ecologici come peccato contro Dio. Dobbiamo riconoscere che essi sono anche un crimine contro l'umanità”.
(da Sir Attualità, 29 novembre 2011)
- Una bella aiuola
“Non c’è un futuro buono per l’umanità sulla terra se non ci educhiamo tutti ad uno stile di vita più responsabile nei
confronti del creato. E questo stile si impara prima di tutto in famiglia e nella scuola”. È il cuore del discorso rivolto
dal Papa ai membri della Fondazione “Sorella natura” (www.sorellanatura.org), ricevuti oggi in udienza con una folta
delegazione di ragazzi e ragazze. “Se il santo patrono d’Italia è anche il patrono dell’ecologia – ha detto Benedetto
XVI riferendosi a S. Francesco, cui la Fondazione, nata nel 1992 ad Assisi, si ispira per “diffondere una corretta cultura
ambientale” – mi pare giusto che le giovani e i giovani italiani abbiano una speciale sensibilità per ‘sorella natura’, e
si diano da fare concretamente perla sua difesa”. “La Chiesa, considerando con apprezzamento le più importanti
ricerche e scoperte scientifiche, non ha mai smesso di ricordare che rispettando l’impronta del Creatore in tutto il
creato, si comprende meglio la nostra vera e profonda identità umana”, ha affermato il Santo Padre: “Se vissuto bene
– ha proseguito - questo rispetto può aiutare un giovane e una giovane anche a scoprire talenti e attitudini personali, e
quindi a prepararsi ad una certa professione, che cercherà sempre di svolgere nel rispetto dell’ambiente”.
Il rispetto dell’uomo è rispetto della natura. “Oggi più che mai ci appare chiaro che il rispetto per l’ambiente non
può dimenticare il riconoscimento del valore della persona umana e della sua inviolabilità, in ogni fase della vita e in
ogni sua condizione”, ha sottolineato il Pontefice, secondo il quale “il rispetto per l’essere umano e il rispetto per la
natura sono un tutt’uno, ma entrambi possono crescere ed avere la loro giusta misura se rispettiamo nella creatura
umana e nella natura il Creatore e la sua creazione”. “Su questo – ha aggiunto riferendosi ai “giovanissimi studenti”
presenti all’incontro - sono convinto di trovare in voi degli alleati, dei veri custodi della vita e del creato”.
L’attenzione ai giovani protagonisti dell’udienza è stata sempre al centro delle parole di Benedetto XVI: “È proprio
per voi – ha esordito – che ho voluto questo incontro, e vorrei dirvi che apprezzo molto la vostra scelta di essere
custodi del creato, e che in questo avete il mio appoggio”.
No alla violenza nel creato. Non è mancato, nel discorso del Papa, il riferimento all’attualità, e alle catastrofi
ambientali a cui abbiamo assistito anche di recente in Italia: “Se, nel suo lavoro, l’uomo dimentica di essere
collaboratore di Dio – ha ammonito il Papa - può fare violenza al creato e provocare danni che hanno sempre
conseguenze negative anche sull’uomo, come vediamo, purtroppo, in varie occasioni”. Agli insegnanti e alle autorità
presenti, Benedetto XVI ha fatto rilevare la grande importanza che ha l’educazione anche in questo campo
dell’ecologia”. Di qui l’invito, rivolto ai genitori, ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, a “portare avanti con
impegno una costante attenzione educativa e didattica con questa finalità”. “È indispensabile che questo lavoro delle
famiglie e delle scuole sia sostenuto dalle istituzioni preposte, che oggi sono qui ben rappresentate”, ha puntualizzato
il Santo Padre.
Versi in forma di preghiera. La prima parte del discorso papale, dopo il saluto cordiale al cardinale Rodriguez
Maradiaga e il ringraziamento per il dono della “preziosa riproduzione” del Codice 338, che contiene le fonti
francescane più antiche, è dedicato alla ”profonda ispirazione francescana” della Fondazione presieduta da Roberto
Leoni, proprio nel giorno (28 novembre) in cui si fa memoria della proclamazione di san Francesco d’Assisi quale
patrono dell’ecologia da parte di Giovanni Paolo II, nel 1979. “Tutti voi sapete che san Francesco è anche Patrono
d’Italia”, ha detto il Papa rivolgendosi ai presenti: “Forse però non sapete che a dichiararlo tale fu il Papa Pio XII, nel
1939, quando lo definì ‘il più italiano dei santi, il più santo degli italiani’”. Poi ancora il riferimento ai giovani, con la
citazione dei testi autografi del “Poverello di Assisi”, di brani biblici ma anche di “classici” della letteratura che si
insegna nelle scuole: “Quando si studia la letteratura italiana – ha ricordato infatti Benedetto XVI - uno dei primi testi
che si trovano nelle antologie è proprio il Cantico di Frate Sole, o delle creature, di san Francesco d’Assisi”, il quale
“mette in luce il giusto posto da dare al Creatore, a Colui che ha chiamato all’esistenza tutta la grande sinfonia delle
creature”. “Questi versi – ha detto il Papa agli studenti - fanno parte giustamente della vostra tradizione culturale e
scolastica. Ma sono anzitutto una preghiera, che educa il cuore nel dialogo con Dio, lo educa a vedere in ogni creatura
l’impronta del grande Artista celeste, come leggiamo anche nel bellissimo Salmo 19”. “Frate Francesco, fedele alla
Sacra Scrittura, ci invita a riconoscere nella natura un libro stupendo, che ci parla di Dio, della sua bellezza e bontà”,
ha concluso il Santo Padre citando un aneddoto del santo, che “chiedeva sempre al frate del convento incaricato
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dell’orto, di non coltivare tutto il terreno per gli ortaggi, ma di lasciare una parte per i fiori, anzi di curare una bella
aiuola di fiori, perché le persone passando elevassero il pensiero a Dio, creatore di tanta bellezza”.
(da Sir Attualità, 29 novembre 2011)
- Un libro indivisivibile
Ancora una volta il Papa ha sottolineato l’importanza delle questioni ambientali. All’Angelus della prima domenica di
Avvento ha ricordato l’inizio dei lavori a Durban, in Sud Africa, della Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici,
che, dall’1 al 9 dicembre, dovrà aggiornare e sviluppare il Protocollo di Kyoto. “Auspico – ha detto - che tutti i
membri della comunità internazionale concordino una risposta responsabile, credibile e solidale a questo
preoccupante e complesso fenomeno, tenendo conto delle esigenze delle popolazioni più povere e delle generazioni
future”.
L’attenzione ai grandi temi dell’ambiente è uno dei tratti che caratterizzano il magistero di Benedetto XVI. Il motivo
profondo di questo convinto “ecologismo” lo ha ribadito proprio presentando il cammino dell’Avvento, “perché la
nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio”.
Ritrovare il giusto orientamento significa mettere le cose nel loro ordine: di qui la necessità di tenere insieme
l’ecologia ambientale e l’ecologia umana, come instancabilmente ha ripetuto in questi anni.
Proprio in questi tempi di crisi diventa fondamentale riprendere un quadro di attenzione globale. Nell’enciclica
‘Caritas in veritate’ aveva indicato una strada: “Impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano
integrale ispirato ai valori della carità nella verità”. In concreto infatti “il libro della natura è uno e indivisibile, sul
versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni
sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri
che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri”. Insomma, il punto è proprio
suscitare “quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”.
È infatti forse proprio questa strutturale difficoltà, per la politica e la cultura globale, di tenere insieme i vari aspetti
della questione ambientale e la sua cruciale radice umanistica, alla base dell’arduo cammino che ha seguito il
protocollo di Kyoto del 1997, mai ratificato da Cina e Stati Uniti, che insieme valgono la metà delle emissioni
mondiali.
La strada è tutta in salita: in tempi di globalizzazione è sempre più difficile offrire risposte globali, proprio perché,
come si vede in queste settimane, è in corso una sfida globale su chi deve pagare i costi delle successive bolle
speculative mondiali.
Quello che i debolissimi attori internazionali e i recalcitranti governi nazionali non riescono a mettere in agenda
diventa invece una piattaforma culturale e politica credibile e moderna. A partire dai nostri sistemi europei avanzati.
Qui da noi “l’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”, può
declinare verso il futuro l’eredità della democrazia occidentale, quello stato sociale di diritto che rischia di implodere
per difetto di basi morali, e dunque economiche, adeguate.
(Francesco Bonini – Sir Attualità 29 novembre 2011)
- Kyoto appartiene al passato
Almeno su un punto Stati Uniti e Unione Europea sono già d’accordo: il Protocollo di Kyoto appartiene ormai al
passato. L’umanità ha bisogno di un programma molto più ambizioso per frenare il surriscaldamento del pianeta,
secondo Artur Rung-Metzger, il negoziatore della Ue inviato a Durban per la Conferenza sul clima con la missione di
rivitalizzare l’accordo fino al 2015, anziché il 2020.
Osso duro. Dall’altra parte del tavolo troverà uno degli ossi più duri dell’amministrazione statunitense, Jonathan
Pershing, che tiene d’occhio, senza citarla, la Cina: «Non accetteremo accordi legalmente vincolanti per gli Stati
Uniti», ha chiarito, «se non saranno altrettanto vincolanti per altri Paesi di peso equivalente». La Cina, in testa alla
classifica delle nazioni inquinanti, ma protetta in passato dal suo status di Paese emergente, si dichiara disponibile
alla redenzione ecologica, ma non prima di aver sistemato le sue priorità socio-economiche e, in ogni caso, seguendo
un’agenda propria e non eterodiretta. Il Canada è già oltre: pur non confermandolo ancora ufficialmente, il ministro
dell’Ambiente, Peter Kent, ha lasciato intendere che il suo Paese abbandonerà già all’inizio dell’anno prossimo la
compagnia riunita dal Protocollo di Kyoto. Un addio definitivo.
Auspici e Italia. Insomma, la conferenza non si è aperta sotto i migliori auspici per Christiana Figueres, segretaria
esecutiva dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: «Sembra sempre
impossibile finché non viene fatto», cerca di consolarsi citando Nelson Mandela. Dalla sua parte, a sostenere l’urgenza
di un intervento drastico per ridurre le emission di gas a effetto serra, ci sono organizzazioni come il Wwf, l’Unicef,
Greenpeace che, dalla sua filiale italiana, ha mandato «cartoline dal caos climatico» al nuovo ministro dell’Ambiente,
Corrado Clini, atteso a Durban la settimana prossima: al posto dei saluti, una vibrante raccomandazione affinché
l’Italia si schieri con il rinnovo del Protocollo firmato nel 1997, «Il clima cambia. La politica deve cambiare». La
Confederazione italiana degli agricoltori si schiera con il Wwf per arginare la deforestazione che cancella ogni anno 13
milioni di ettari di boschi: più dell’intero patrimonio forestale italiano, calcolato in 11 milioni di ettari, scompare ogni
dodici mesi dalla faccia della terra.
Azione. Questa settimana i tecnici di quasi duecento Paesi studieranno come contenere il riscaldamento globale, ma
dove non arriveranno le loro trattative dovranno riuscire, la settimana prossima, i negoziati politici. Altrimenti sarà la
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natura a far sentire la sua voce: a Durban ha già lanciato un avvertimento con una tempesta che ha provocato la
scorsa notte almeno sei morti e quattro dispersi. Un tempo anomalo per il principio dell’estate australe.
(da Corriere della Sera, 28 novembre 2011)
DOCUMENTI
--------------------------------------------------------------------------------------------- Da Rio de Janeiro a Copenhagen
1992 – Rio de Janeiro – Conferenza sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED)
Il “Summit della Terra”, a cui presero parte le delegazioni di 154 nazioni, si concluse con la stesura della
Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, meglio conosciuta come United Nations
Framework Convention on Climate Change (UNFCCC). Obiettivo del trattato era quello di ridurre le emissioni di gas
serra nell’atmosfera, sulla base della teoria del riscaldamento globale. Entrata in vigore, senza alcun vincolo per i
singoli Paesi, il 21 marzo 1994, la Convezione Quadro prevedeva una serie di adeguamenti o protocolli che, nel
tempo, avrebbero introdotto limiti obbligatori alle emissioni di CO2. Obiettivo del trattato era il raggiungimento,
entro il 2000, della stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera rispetto ai livelli del 1990. I Paesi
più industrializzati si attribuirono gran parte delle responsabilità dei cambiamenti climatici. Dal 1994 le delegazioni
decisero di incontrarsi annualmente nella Conferenza delle Parti (COP).
1995 – Berlino – COP-1 Dal primo incontro della Conferenza delle Parti emersero serie preoccupazioni sull’efficacia
delle misure elaborate dai singoli Stati per mantenere gli impegni della Convenzione Quadro. Risultato del summit
fu il Mandato di Berlino che fissava una fase di ricerca, della durata di due anni, per negoziare Stato per Stato una
serie di azioni adeguate. Le nazioni in via di sviluppo furono esentate da obblighi vincolanti addizionali, a causa del
principio, stabilito nella Conferenza di Rio de Janeiro, delle “responsabilità comuni, ma differenziate”.
1996 – Ginevra – COP-2 La Seconda conferenza delle parti ebbe luogo a Ginevra. Ne conseguì una dichiarazione,
basata essenzialmente sulla posizione degli Usa, che accettava i rilievi scientifici sui mutamenti climatici contenuti
nel secondo rapporto dell’IPCC, auspicava il ricorso a politiche flessibili e stabiliva l’urgenza di “obblighi a medio
termine legalmente vincolanti”.
1997 – Kyoto – COP-3 Il Protocollo di Kyoto fu adottato al termine di negoziati convulsi che videro tra i protagonisti
l’ex vicepresidente Usa e Premio Nobel per la Pace Al Gore. Gran parte dei Paesi industrializzati e diversi Stati con
economie di transizione accettarono riduzioni legalmente vincolanti delle emissioni di gas serra, comprese
mediamente tra il 6 e l’8 per cento rispetto ai livelli del 1990, da realizzare tra il 2008 e il 2012.
2000 – L’Aja – COP-6 La conferenza de L’Aja, che avrebbe dovuto affrontare i nodi politici ancora irrisolti, fu subito
segnata dai contrasti che opposero la delegazione dell’Unione Europea a quella degli Stati Uniti. La discussione si
concentrò per giorni sulla proposta Usa, legata ai crediti da ottenere mediante i “sink di carbonio”, ovvero boschi e
terreni agricoli, che avrebbero facilitato Washington nel raggiungimento degli obiettivi fissati a Kyoto. Ulteriori
controversie, come le misure da adottare in caso di mancato adempimento agli obblighi e l’assistenza economica
verso i Paesi in via di sviluppo per contrastare i mutamenti climatici, determinarono il fallimento del vertice.
2001 – Bonn – COP-6 Bis La conferenza, riunitasi quattro mesi dopo l’uscita degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto,
si chiuse con un accordo sui temi politici più controversi. A Bonn fu decisa l’applicazione dei Meccanismi flessibili,
venne stabilito un credito per le attività che contribuiscono all’abbattimento del carbonio presente nell’atmosfera e
fu definita una serie di finanziamenti per agevolare le nazioni in via di sviluppo a ridurre le emissioni di Co2.
2001 – Marrakesh – COP-7 Il summit di Marrakesh si concentrò soprattutto sulla creazione delle condizioni
necessarie per la ratifica del Protocollo da parte delle singole nazioni. I delegati concordarono che per l’entrata in
vigore degli accordi di Kyoto fosse necessaria l’adesione di 55 paesi, responsabili del 55 per cento delle emissioni di
Co2 nell’atmosfera nel 1990. Inoltre vennero stabilite regole operative per il commercio internazionale delle quote
di emissioni.
2003 – Milano – COP-9 La conferenza fissò una serie di misure legate soprattutto ai piani di riduzione delle emissioni
tramite attività di riforestazione.
2005 – Montreal – COP-11 Il summit si chiuse con un accordo che puntava a ridefinire gli obiettivi vincolanti in vista
della scadenza, nel 2012, del Protocollo di Kyoto. Le 157 delegazioni approvarono un piano di consolidamento del
CDM, ovvero dei meccanismi di sviluppo pulito, che avrebbero consentito alle nazioni più sviluppate di eseguire
progetti di riduzione delle emissioni nei Paesi in via di Sviluppo.
2006 – Nairobi – COP-12 La conferenza, nata con l’ambizioso proposito di coinvolgere i Paesi africani nei progetti
CDM, non riuscì a stabilire ulteriori obiettivi di riduzione delle emissioni alla scadenza del Protocollo di Kyoto.
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2007 – Bali – COP-13 Al termine di interminabili negoziati, le delegazioni, comprese quelle statunitense, cinese ed
indiana, hanno stabilito una “Road map” sul dopo-Kyoto. Nel documento finale viene riconosciuta la necessità di
finanziare le nazioni i via di sviluppo per consentire loro di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. La
“Road Map” prevede meccanismi che agevolino il trasferimento di tecnologie per lo sviluppo di energia pulita dai
Paesi più ricchi a quelli emergenti e la concessione di aiuti per la protezione e la conservazione dei boschi e delle
foreste nelle nazioni più povere. La conferenza ha assunto come punto di riferimento l’ultimo rapporto Onu sul
cambiamento climatico.
2008 – Poznan – COP-14 La conferenza si è chiusa con un accordo per finanziare un fondo da destinare ai Paesi più
poveri per fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici.
2009 – Copenhagen – COP-15 La conferenza, a dispetto delle aspettative della vigilia, si è chiusa con un accordo
interlocutorio messo a punto da Stati Uniti e Cina, con il contributo di India, Brasile e Sud Africa, sostanzialmente
accettato dall’Unione Europea. L’accordo di Copenhagen prevede di contenere di due gradi centigradi l’aumento
della temperatura media del Pianeta e un impegno finanziario (30 miliardi di dollari l’anno tra il 2010 e il 2012 e
100 miliardi di dollari a partire dal 2020) da parte dei Paesi industrializzati nei confronti delle nazioni più povere al
fine di incrementare l’adozione di tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione dei
gas serra. L’intesa non è però stata adattata dall’assemblea dell’Unfcc e, di conseguenza, non è vincolante, né
operativa.
(da tinano.enea.it)
- Dopo Kyoto
Il 1° gennaio 2013 scade il primo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto, trattato che regola le emissioni di
gas serra per limitare i problemi provocati dal riscaldamento globale. Dopo i sostanziali fallimenti delle conferenze di
Copenaghen (2009) e Cancun (2010), da lunedì a Durban (Sudafrica) e sino al 9 dicembre si cercherà di trovare una
soluzione per evitare che il pianeta si riscaldi più di 2 gradi centigradi, con conseguenze catastrofiche. Le possibilità
che si trovi una soluzione, però, anche a causa dell'attuale crisi economica, sono scarse e già numerosi studi scientifici
avvertono come una moderna Cassandra che il limite di 2 gradi sarà impossibile da rispettare se proseguono gli attuali
livelli di emissioni di gas serra.
Emissioni. Per il Protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, si prevede il prolungamento ma nessuno ha ancora deciso che
ne sarà in concreto. A Kyoto non hanno aderito i due principali Paesi emittitori di gas serra: Usa e Cina, che da soli
emettono il 50% dei gas che provocano il riscaldamento climatico. I 27 Paesi dell'Unione europea sono responsabili per
l'11% delle emissioni. Per l'Italia l'obiettivo da raggiungere al 2012 era la riduzione delle proprie emissioni del 6,5%
rispetto ai livelli del 1990. Il Sudafrica vuole anche che a Durban si dia seguito all'impegno preso a Copenaghen per la
creazione entro il 2020 di un Fondo per il clima di 100 miliardi di dollari all'anno per aiutare i Paesi più poveri a far
fronte ai costi della riduzione delle emissioni di gas serra. Che invece per ora è rimasto nel limbo delle buone
intenzioni e con la crisi attuale non si capisce chi possa alimentarlo. Quanto alle fonti di finanziamento, le idee sul
tappeto sono tasse sui trasporti aerei o marittimi o sulle transazioni finanziarie.
Dopo Kyoto. Per il post-2012 di Kyoto si pensa a due strade: un secondo periodo (così come previsto), oppure un
regime transitorio fino al 2020. La commissaria europea al clima, Connie Hedegaard, pensa a «una road map»,
auspicando magari l'ingresso di Stati Uniti e Cina. Sul Fondo per il clima rimangono irrisolte molte delle funzioni
principali dell'organismo, e soprattutto la questione delle regole e della gestione. La vera speranza è che Durban
possa essere un trampolino di lancio per Rio+20, il meeting mondiale che si terrà a giugno in Brasile in occasione dei
vent'anni dell'Earth summit. Le piccole isole del Pacifico promettono battaglia se non si giungerà a un risultato
concreto, e pensano già a una protesta tipo Occupy Wall Street.
(da Corriere della Sera, 28 novembre 2011)
- Sitografia
http://www.greenme.it
http://www.agensir.it
http://www.corriere.it
http://tinano.enea.it
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