Mauda Bregoli-Russo 200 LA "COLOMBINA" DI CARLO GOLDONI Fin dalla metà del secolo XVI nel teatro italiano comparvero i personaggi delle "fantesche," ο "servette" ο "zagne" (corrispondente femminile degli "zanni") delle quali Colombina è senz'altro la più nota e la meglio caratterizzata. Altre "zagne" furono Turchetta, Fiammetta, Smeraldina, Nespola, Diamantina, Pasquetta, Lisetta, Ricciolina, Olivetta, Spinetta, e Corallina (famosa quanto Colombina). Già nella cinquecentesca Compagnia degli Intronati (Rasi, Vol. I, 429) è possibile rinvenire i nomi di alcune di queste attrici, le quali generalmente parlano italiano e solo in rari casi si esprimono in dialetto che, comunque per esse, non è mai, come invece lo è per i personaggi maschili, un elemento peculiare e caratterizzante. Le servette di solito sono delle graziose donnine spigliate, furbe e maliziose, delle abili e spregiudicate mezzane delle loro padroncine, di cui condividono gli odi e le simpatie. Si innamorano, sempre riamate, ο di un Arlecchino ο di un Brighella ο di un Pulcinella, e i loro amori sono molto spesso meno pudichi di quelli delle loro padroncine; comunque alla fine della commedia esse convolano a giuste nozze e l'onore è salvo. Sono tutte bugiarde e simulatrici, ma questo loro comportamento alla fine si rivela più una virtù che un difetto, giacché la bugia, il più delle volte, serve ad evitare fastidi e guai ai loro padroni ο a coprire e proteggere gli amori delle padroncine, contrastati dall'autorità paterna. Spesso esse sono portatrici di bigliettini amorosi che riescono abilmente a consegnare alla padroncina ο allo spasimante senza che nessuno se ne accorga, ed hanno una mimica speciale per far comprendere all'interessato ciò che non può essere comunicato verbalmente per la presenza di altre persone. Per un marito ingannato ο un innamorato non corrisposto la nostra "zagna" può essere un'amica preziosa ο una terribile nemica: in quest'ultimo caso però, dei solidi argomenti sotto forma di denaro la faranno cambiare partito e la muteranno in una Mauda Bregoli-Russo 201 valida alleata. Fra le interpreti di queste parti eccelse, nel 1675, Caterina Biancolelli, figlia del grande Domenico. Di solito la servetta non porta la maschera, ed è vestita di bianco con un grembiulino verdognolo ed un berrettino capriccioso ο una graziosa cuffietta sul capo; talvolta essa usa un giubbino e la sottana a scacchi arlecchineschi, e questo elegante costume fu indossato anche da Caterina de' Medici in un ballo a corte durante il regno di Carlo IX. La Colombina si distingue dalla padrona non solo per il grembiule, ma soprattutto per la furberia, la disinvoltura e la parlantina. La servetta ο meglio la Colombina dal nome più comunemente affidatole nelle commedie goldoniane, è dunque un personaggio della commedia cinquecentesca utilizzato ora come confidente, ora come balia ο come mezzana (cfr. La Balia di G. Razzi, Le balie del Riccio e la Fantesca di Della Porta). La servetta divenne uno dei ruoli più frequentemente presenti negli spettacoli dell'Arte, complementare del servo Zanni e insieme con lui, diretto ad introdurre nel giuoco dell'organismo rappresentativo e buffonesco della commedia, un contrapposto parodistico alla coppia ο alle coppie degli Innamorati. Proprio alla servetta si ricollega uno dei fatti salienti del teatro professionale italiano: l'aver introdotto sulla scena comica i personaggi femminili, facendoli rappresentare da donne e non, come si usava e si usò in più luoghi per moltissimo tempo, da fanciulli travestiti (Enciclopedia dello Spettacolo). Figlia di Cassandro ο di Pantalone, spesso moglie ο amorosa di Arlecchino ο di altri Zanni, è l'attrice più nota nell'Europa secentesca e settecentesca. In Francia fu chiamata "soubrette" dagli scrittori Regnard e Dufresny. Ed in Francia c'era anche una tradizione di attrici italiane che interpretavano la parte di Colombina. Infatti una famosa Colombina fu Isabella Fressanti che nel 1695 impersonò per la prima volta questa maschera con un vestito bianco, un grembiule verde ed una vezzosa cuffietta. La nostra Isabella forse non era una grande artista ma era certo una bellissima ragazza e divenne una delle attrici più richieste proprio per la sua avvenenza. Questa particolarità della bellezza e del fascino rimase poi come un tratto caratteristico del personaggio. Secondo Vittorio Gleijeses (Le Maschere e il teatro nel tempo, 1981, 101-3) nella Commedia dell'Arte questa maschera è piena di malizia ed arguzia, ha il piglio vivace e la risposta pronta. Spesso si mostra timida ed ingenua, specialmente con i padroni ed i pretendenti Mauda Bregoli-Russo 202 seri, ma è soltanto un espediente per metterli meglio nel sacco. È inguaribilmente pettegola e bugiarda, ed anche piuttosto avida: ma vive con i piedi sulla terra ed appunto perché sa curare i propri interessi, non si lascia incantare da promesse e lusinghe dell'anziano padrone, e sa tenerlo a bada quando questi diventa intraprendente. Se ha marito non disdegna la corte discreta, nei limiti dell'onesto, di uno spasimante, a patto però di ricavarne qualche vantaggio. Non ci pensa due volte ad affibbiare uno schiaffo all'amante che pretende troppo ο al marito infedele, e se incontra la rivale la sua collera non conosce limiti. Goldoni lavorò sulla servetta non solo ingentilendo il personaggio ed evitando il giuoco scopertamente comico dei gesti audaci ο delle frasi maliziose, ma trasferendovi il centro dell'azione, annodando intorno alla servetta il movimento drammatico, facendone il personaggio che sa ciò che vuole e, dietro il gesto disinvolto, guida sé e gli altri. Lo fece dalla Donna di garbo che fu la commedia con cui iniziò la cosiddetta Riforma, cioè un intervento sempre più attivo e consapevolmente poetico nella tradizione della commedia, alla Locandiera, scritta per Maddalena Marliani. L'ultima delle servette di cui si valse Goldoni fu a Parigi, la famosa Camilla Veronese (Corallina), che nel Figlio d'Arlecchino perduto e ritrovato commuoveva fino alle lacrime gli spettatori già disposti a ridere e sorpresi di scoprire tanta tenerezza in un'artista di perfetta arte coreutica. La Colombina del Goldoni appare piuttosto diversa, nella forma se non nella sostanza, dalla servetta della Commedia dell'Arte. Sembra briosa, astuta e volitiva; le piace civettare ed essere corteggiata, ma è fondamentalmente onesta e spesso affezionata alla sua padroncina, alle cui pene amorose presta il soccorso della sua furbizia e della sua esperienza. È di solito abbigliata sobriamente, con un vestitino di un rosa tenue con crocette azzurre, grembiule, colletto e polsini bianchi come la cuffietta, che è sormontata da un nastrino rosso, calze bianche e scarpe nere. Nel Servitore di due padroni, l'opera che forse più di ogni altra, tra quelle scritte dal grande veneziano, si avvicina alle commedie cinquecentesche, ci viene offerto un magnifico esempio del carattere della servetta in una tirata di Smeraldina, che è anche un'appassionata difesa del suo sesso calunniato e nella quale risultano l'arguzia, la vivacità, l'aggressività del personaggio: Mauda Bregoli-Russo 203 Dirò, come dice il proverbio: Noi abbiamo le voci, e voi altri avete le noci. Le donne hanno la fama di essere infedeli, e gli uomini commettono le infedeltà a più non posso. Delle donne si parla, e degli uomini non si dice nulla. Noi siamo criticate, e a voi altri passa tutto. Sapete perché? Perché le leggi le hanno fatte gli uomini, che se le avessero fatte le donne, si sentirebbe tutto il contrario. S'io comandassi, vorrei che tutti gli uomini infedeli portassero un ramo d'albero in mano, e so che tutte le città diventerebbero boschi. (Atto Π, scena 8) Dice Franco Fido in The Science of Buffoonery: Theory and History of the "Commedia dell'Arte" (1989, 268 ss.) che la servetta è "un personaggio le cui coordinate caratterizzanti sono soprattutto psicologiche: malizia, spirito pronto, ambizione di migliorare, intraprendenza, ecc." Esaminiamo per esempio la Rosaura della Donna di Garbo (prima commedia di carattere interamente scritta). La parte venne affidata ad Anna Baccherini. Dice Goldoni nelle sue Mémoires: C'était una jeune Florentine, très jolie, fort gaie, très brillante, d'une taille arrondie, potelée, la peau blanche, les yeux noirs, beaucoup de vivacité, et une prononciation charmante. Elle n'avoit pas le talent et l'experience de celle qui l'avoit précedée, mais on voyoit en elle des dispositions heureuses et elle ne démandoit que du travail et du temps, pour parvenir à la perfection. Madame Baccherini étoit mariée, je l'étois aussi. Nous nous liâmes d'amitié; nous avions besoin l'un de l'autre; je travaillois pour sa gloire, et elle dissipoit mon chagrin. (Opere I, 197) Rosaura della Donna di Garbo ha inclinazione per le lettere e sa molto. Ha appreso varie scienze ed ha imparato l'arte di sapersi uniformare a tutti i caratteri delle persone (c'è in questo una preparazione al carattere di Mirandolina). Rosaura anticipa Mirandolina perché dice che l'unica arma delle donne è la finzione per difendersi dai nemici (tale comportamento sarà applicato alla lettera dalla Locandiera). Rosaura dice inoltre che "Non sempre è il saper che trionfa ma il modo sovente di far valere il proprio talento." Nella tirata finale Rosaura dà perfino una esatta definizione del vocabolo "garbo" usato tanto spesso dal Goldoni: Tutti mi hanno detto finora donna di garbo, perché ho saputo secondare le loro passioni, uniformandomi al loro carattere. Tale però Mauda Bregoli-Russo 204 non sono stata, mentre l'adulazione mi ha fatto usurpare un titolo non meritato. Per essere una donna di garbo, avrei dovuto dire quello che ora dico. Alla signora Beatrice, che le donne savie si contentano dell'onesto, e le vanità delle mode rovina le famiglie. Al signor Ottavio, che il lusingarsi troppo della fortuna è una pazzia, e le cabale sono imposture e falsità. Alla signora Diana, che la finzione è dannata, e che la donna d'onore deve essere sincera e leale. Al signor Lelio che l'affettazione è ridicola, e che il cavaliere non dev'essere millantatore. Al signor Momolo, che lasci le ragazzate, attenda al sodo e non faccia disonorare la patria. Al signor Dottore, che il buon avvocato deve amare la verità e non ingannare i clienti. Dirò altresì alla signora Isabella, che una moglie deve amare e rispettare il marito. Dirò al mio caro Florindo, che un marito deve amare e compatire una moglie. Dirò a tutti che l'onore è più della vita pregevole, che il far bene ridonda in bene, e che chi ha per guida la verità e l'innocenza, non può perire. Tutto questo a voi dico; e se vi pare che il mio dire meriti approvazione ο compatimento, ditemi allora ch'io sono una Donna di Garbo. L'attrice specialista nel ruolo di servetta conserva sempre il suo nome di scena da una commedia all'altra, per cui quando in una compagnia di attori una nuova servetta viene a sostituirne un'altra, nelle commedie scritte per l'attrice nuova cambia il nome del personaggio. Così abbiamo Smeraldina nelle commedie scritte per la compagnia Imer al Teatro di San Samuele, dove faceva la servetta Anna Baccherini. Dopo Smeraldina, nelle commedie scritte per i Medebach al Sant'Angelo, a partire dal 1748, viene Colombina, che non sappiamo chi fosse e che diventa, un paio di volte Fiammetta, e una volta, come cameriera francese di Rosaura Vedova Scaltra, Marionette. Ma nel 1751 tornò coi Medebach, cioè col marito Giuseppe Marliani che era Brighella di quella compagnia, la brava servetta Maddalena Raffi in arte Corallina (Bartoli, Notizie Storiche, Π, 27-9). Insomma non si può distinguere il ruolo della servetta dalla personalità dell'attrice che lo interpreta. Da Venezia a Parigi, annoveriamo dunque Maddalena Marliani che è Corallina e poi la Locandiera; Giustina Campioni che è Argentina e poi Valentina. Infine in Francia troviamo Camilla Veronesi nel Figlio di Arlecchino perduto e ritrovato. L'elemento distintivo della servetta è legato alla personalità dell'interprete. Degli elementi costitutivi della maschera goldoniana, autore/attore/personaggio, è questa volta il secondo, l'attrice, a mantenere il sopravvento (esattamente come nel '500). Mauda Bregoli-Russo 205 Per me la servetta delle commedie goldoniane rappresenta un alter ego dell'autore ο della padrona protagonista. Si pensi ad esempio alla commedia Gl'Innamorati dove Lisetta, la cameriera, sa interpretare meglio di tutti gli altri, la psicologia di Eugenia. Nel terzo atto Lisetta spiega la presunta gelosia della padrona con un'analisi così approfondita ed accurata dei sentimenti da far invidia ad un moderno psicanalista: È puntigliosa. Non le dispiacciono le attenzioni che usa il signor Fulgenzio alla signora Clorinda, non perché li dubiti innamorati, ma perché vorrebbe essere ella sola servita, corteggiata, distinta, e non soffre che l'amante usi una menoma attenzione a qual si sia persona di questo mondo. Lo vorrebbe sempre qui, lo vorrebbe sempre con lei. Crede che la premura per la cognata distragga il signor Fulgenzio dall'assiduità di servirla; s'immagina che gli possano insinuare delle massime poco a lei favorevoli. Sa di aver poca dote. Ha sdegno che la signora Clorinda abbia portato in casa seimila scudi. Dubita che il signor Fulgenzio la stimi e la veneri anche per questo, e che concepisca dell'avversione alla di lei povertà. Noi donne, se nol sapete, siamo per solito ambiziosette. Abbiamo a sdegno quelle che sono, ο quelle che possono più di noi. Ogni una vorrebbe essere la sola stimata, la sola riverita ed amata, da colui specialmente che si è dichiarato per lei, e ogni cosa le fa ombra; e chi più, e chi meno, dubita, sospetta, s'inquieta. Ed ecco le fonti donde derivano le smanie della padrona: amore, timore, vanità e sospetto. (561-2) Da queste considerazioni ed analisi possiamo concludere che la servetta goldoniana, Colombina, Corallina, ecc., si presenta come un personaggio assolutamente teatrale, di sicuro successo per il pubblico perché avvenente, intelligente, furba e onesta. Ma soprattutto perché, attraverso le varie fasi (commedie) della riforma teatrale goldoniana, la Colombina è un'attrice che ha in sé la possibilità di cambiare, migliorare la propria condizione, ascendere dal ruolo di servetta a quello di padrona (Locandiera) ο compagna e moglie del padrone (La donna di garbo). C'è un'evoluzione in lei non solo come personaggio ma anche come attrice professionista: dalla parte di fantesca sempre uguale di tono si perviene nello scenario Il figlio di Arlecchino perduto e ritrovato (recitato a Parigi per la scena italiana il 12 luglio 1761) ad uno strepitoso successo per la mescolanza di comico e patetico. Camilla Veronese, nata a Venezia 25 anni prima, nella parte della sposa di Mauda Bregoli-Russo 206 Arlecchino, strappò le lacrime ai Parigini nel rappresentare il dolore della madre per la perdita del figlio dopo averlo invano cercato attraverso le fiamme e le rovine dell'incendio. MAUDA BREGOLI-RUSSO University of Illinois at Chicago, Chicago, Illinois OPERE CITATE Bartoli, Francesco. Notizie Istoriche de' comici italiani che fiorirono intorno all'anno 1540 fino a giorni presenti. Padova: Conzatti, 1781. Enciclopedia dello Spettacolo, a c. di Silvio D'Amico. Roma: Le Machere, 1954-1966. Fido, Franco. The Science of Buffoonery: Theory and History of the "Commedia dell'Arte", a c. di Domenico Pietropaolo. Toronto: University of Toronto Italian Studies, Dovehouse Editions, 1989. Gleijeses, Vittorio. Le Maschere e il teatro nel tempo. Napoli: Società Editrice Napoletana, 1981. Goldoni, Carlo. Tutte le Opere, a c. di Giuseppe Ortolani, Vol. I. Milano: Mondadori, 1936-67. . Commedie, a c. di G. Davico Bonino. 2 Voll. Milano: Garzanti, 1981. . La Donna di Garbo e Il Figlio di Arlecchino perduto e ritrovato in Opere, a c. di Giuseppe Ortolani. Vol. I e XII. Milano: Mondadori, 1936-67. Rasi, Luigi. I Comici Italiani, 2 Voll. Firenze: Fratelli Bocca, 1897-1905.