Confronti PROBLEM SOLVING IN OSPEDALE Adottando una visione sistemica, i servizi sanitari possono essere visti sia come organizzazioni sia come sistemi complessi. La loro gestione richiede tecniche e strumenti manageriali che rispondano alle domande poste dalla consapevolezza professionale della complessità e dell’approccio sistemico, inteso quest’ultimo come metodologia per la comprensione e gestione efficace dei sistemi sanitari complessi. Questo lavoro vuole fornire alcune indicazioni pratiche e descrivere le principali metodologie di intervento, che un professionista deve mettere in atto nell’intraprendere la difficile arte della gestione sanitaria. l l l l TRADIZIONALI TECNICHE DI PROBLEM SOLVING Si potrebbe definire l’attività di problem solving come quella abilità che consente di affrontare qualunque problema in qualunque ambito, abilità che si attua solitamente attuando in modo sistematico il cambiamento dei punti di vista. In quest’area potremmo meglio precisare tale attività nelle seguenti fasi, secondo il pragmatico schema anglosassone: l problem finding: rendersi conto del disagio; l problem setting: descrivere, definire ed inquadrare la questione in termini precisi, trasformando così un disagio in un problema ben definito; l problem analysis: scomporre il problema principale in problemi secondari; l problem solving: eliminare le cause e rispondere alle domande poste dal problema; l decision making: decidere come agire in base alle risposte ottenute; l decision taking: passare all’azione. In ambito aziendale esistono varie tecniche di problem solving. La più famosa è riassunta nell’acronimo FARE. LA MOTIVAZIONE DEL PERSONALE Le tecniche di problem solving trovano giovamento anche dall’analisi motivazionale del personale. La motivazione può essere definita come un’energia che orienta i comportamenti verso una meta; pertanto è rilevante, al fine della risoluzione delle problematiche ospedaliere, effettuare un’analisi motivazionale al fine di meglio coordinare gli sforzi. Per lavorare secondo una modalità motivante, la progettazione di una posizione organizzativa e/o più in generale di un’attività dovrebbe tener conto dei seguenti principi: l combinare i compiti: i compiti elementari devono essere rag- 30 CARE 2, 2012 l gruppati originandone uno più complesso, eventualmente da assegnare a un gruppo costituito ad hoc; organizzare unità di lavoro naturali: non è opportuno frammentare le attività che possiedono al loro interno un senso compiuto; stabilire una relazione con i clienti (interni ed esterni): ciò consente ai lavoratori di percepire l'utilità di ciò che fanno ed ottenere un feed¬back sulla prestazione; attribuire responsabilità personali: gli individui devono sentirsi direttamente responsabili (avere senso di ‘ownership’) dei risultati del proprio lavoro; incrementare la discrezionalità: è importante attribuire agli individui potere decisionale e possibilità di controllo delle risorse; aprire diversi canali di feedback: il feedback può essere intrinseco all'esecuzione del compito oppure provenire da altri, in modo diretto (tramite incontri faccia-a-faccia) o indiretto (attraverso un rapporto di qualità). Altre metodologie da tener presenti per motivare il personale sono la ‘gestione per obiettivi’, la ‘giustizia organizzativa’ e la ‘partecipazione’. La gestione per obiettivi, proposta da Drucker (1954), è un sistema che implica la puntuale definizione degli obiettivi affidati a ciascun attore organizzativo, unita a un attento monitoraggio e a SCHEMATIZZAZIONE DEL PROCESSO DI PROBLEM SOLVING RIASSUNTA NELL’ACRONIMO FARE Focalizzare Creare un elenco di problemi Selezionare il problema Verificare e definire il problema Descrizione scritta del problema Analizzare Decidere cosa è necessario sapere Raccogliere i dati di riferimento Determinare i fattori rilevanti Valori di riferimento Elenco fattori critici Risolvere Generare soluzioni alternative Scelta della soluzione del problema Selezionare una soluzione Piano di attuazione Sviluppare un piano di attuazione Eseguire Impegnarsi al risultato aspettato Eseguire il piano Monitorare l’impatto Impegno organizzativo Piano eseguito Valutazione dei risultati Confronti una sistematica valutazione, prevedendo al tempo stesso la partecipazione del dipendente a ciascuna fase di questo processo. Tale formula ha trovato e trova tuttora ampia applicazione, grazie anche alla possibilità di legarsi a politiche di compensation che, a fianco della retribuzione fissa, prevedono una quota di retribuzione variabile legata alla misura in cui gli obiettivi vengono raggiunti. La giustizia organizzativa, elaborata su una teoria di Adams (1965), si propone di promuovere la percezione di equità all’interno dei contesti di lavoro. Il concetto di partecipazione , maturato dall’invito che cinquant’anni fa McGregor (1960) aveva rivolto a un’intera generazione di manager e progettisti organizzativi di cambiare la propria concezione di individuo al lavoro, invitandoli a passare da uno stile gestionale di tipo autoritario a uno stile gestionale di tipo partecipativo, ha conosciuto un ampio sviluppo e viene attualmente considerato un imprescindibile strumento a sostegno della motivazione. In termini concreti vi sono differenti aree di attività in cui è possibile realizzare una più alta partecipazione: l la trasformazione degli obiettivi generali in obiettivi specifici; l la presa di decisione; l l'individuazione, l’analisi e la soluzione dei problemi; l la definizione di valori e politiche; l l'attuazione e il monitoraggio degli interventi di cambiamento; l il controllo sulle risorse (strumenti, budget, consulenti). Tra i vantaggi dello stile gestionale partecipativo le ricerche hanno evidenziato il miglioramento delle prestazioni e della produttività, la crescita della qualità e dell'attenzione al cliente, la creazione di un'atmosfera cooperativa con il conseguente calo della competitività interna, la probabilità di utilizzare le risorse dei ‘talenti nascosti’. LA GESTIONE DELLE INFORMAZIONI Qualunque gestione del sistema passa necessariamente attraverso la conoscenza del sistema stesso e quindi anche la risoluzione delle principali problematiche dell’ospedale deve essere preceduta da un’approfondita conoscenza dello stesso. Ci riferiamo non solo alla conoscenza strutturale o funzionale, acquisibile dai dati ufficiali, ma anche alla conoscenza delle dinamiche relazionali interne, per la quale è necessario ricorrere alla tecnica dell’intervista o della comunicazione sistematica. Poiché le dinamiche interne hanno a che fare con la parte più profonda della motivazione del personale sanitario, normalmente sfuggono alla tradizionale tecnica dell’intervista, limitandosi quest’ultima alla comunicazione di modalità lavorative o modalità tecniche di approccio all’attività sanitaria. In tal caso è necessario utilizzare la tecnica della comunicazione indotta. Si trat- 31 CARE 2, 2012 ta di una tecnica di intervista attraverso la quale il manager legge nell’interlocutore situazioni di incertezza o di nervosismo o di palese difficoltà, sulle quali è utile far leva per indurre la comunicazione delle realtà più difficili da ammettere. Sono quelle situazioni di difficoltà emotiva, che sono presenti in tutte le Unità Operative, anche le migliori, che per lo più hanno rappresentato un fallimento di uno o più sanitari e che solitamente il responsabile della Struttura ha difficoltà a confessare. La conoscenza delle situazioni di difficoltà emotiva consente al manager di intervenire sulle dinamiche interne, portando messaggi di tranquillità laddove la dinamica genera ansia, ma anche intervenendo drasticamente laddove si ravvisasse il pericolo di una mancata gestione della situazione, con possibile rischio per i pazienti. La tecnica dell’intervista di solito si rivolge al responsabile della Unità Operativa, o comunque a persone con funzioni direttive. La tecnica della comunicazione sistematica è invece rivolta a tutto il personale, senza distinzione gerarchica. Normalmente quest’ultima è molto più faticosa e dispendiosa, ma a volte fornisce informazioni indirette o informazioni di ritorno, che possono dare una chiave di lettura delle dinamiche esistenti all’interno del reparto o all’interno di più reparti. L’induzione della comunicazione è una delle arti più delicate che il manager deve coltivare in quanto richiede tatto, astuzia e discrezione. L’intervistato deve avere piena fiducia nella segretezza della comunicazione e deve avere la percezione che, pur mostrando una certa debolezza, la sincerità verrà premiata attraverso un rapporto preferenziale con i vertici direttivi. Una molla spesso utilizzata nell’induzione della comunicazione è il narcisismo. Molti responsabili ambiscono ad una considerazione forte nell’ambito dell’Ospedale e sono quindi disponibili a cedere qualcosa per ottenere il consenso, ovvero per ottenere una posizione apparentemente dominante su altri colleghi. Altra tecnica di governo dell’ospedale è basata sull’acquisizione di informazioni non convenzionali. Il manager, attraverso conoscenze extraospedaliere, acquisisce informazioni che non hanno direttamente un nesso con l’attività sanitaria ospedaliera, ma che possono riferirsi ad attività libero-professionali esterne o talvolta ad attività non sanitarie o addirittura ad orientamenti politici, in pratica informazioni che afferiscono alla sfera privata del sanitario. Sebbene ciò sia disdicevole e talvolta sfoci nel pettegolezzo, l’ambiente di lavoro produce molte di queste informazioni e non è infrequente che le stesse vengano portate all’attenzione del manager senza essere esplicitamente sollecitate. Una notevole quantità di informazioni sull’ospedale si ottiene dagli organi di stampa. Spesso amplificano informazioni sfuggite ai normali canali di comunicazione e che vengono fornite dallo stesso personale sanitario, in barba ai divieti esistenti. Per lo più si tratta di episodi di malpractice, ma a volte la stampa dà sfogo a situazioni di malessere interno nelle quali è il personale sanitario a passare la notizia al giornale allo scopo di aumentare la visibilità della questione. Poiché si tratta di un uso strumentale, Confronti non è opportuno porre in essere azioni correttive, ma la lettura dell’articolo pubblicato dai giornali può facilitare la conoscenza delle dinamiche interne. In definitiva si è esposta qui la metodologia con la quale il manager persegue l’obiettivo della asimmetria informativa. Anche senza esplicitarlo, molti manager perseguono tale obiettivo, che pone il gestore in una condizione di vantaggio rispetto al dirigente, in quanto quest’ultimo si viene a trovare in una posizione di inferiorità psicologica. Il manager che ‘sa di più’ gioca le sue informazioni in modo sapiente, come in una partita a carte, e svela i suoi assi solo se e quando sarà necessario, aspettando che sia l’avversario a commettere qualche errore. Si sta parlando in definitiva di gestione del potere, in quanto la gestione delle informazioni è in molti casi strettamente legata alla gestione del potere. Pertanto si viene a concludere che, nell’ambito delle tecniche di problem solving in ospedale, il manager farà un uso sapiente delle informazioni (convenzionali e non convenzionali) di cui verrà in possesso, accrescendo le situazioni di asimmetria infor- mativa allo scopo di usare il potere gestionale per indirizzare i comportamenti del personale nella direzione della migliore performance organizzativa. TECNICHE DI GESTIONE OPERATIVA La risoluzione di alcune problematiche gestionali in ospedale passa attraverso cinque modalità fondamentali: 1. l’inquadramento delle responsabilità; 2. l’innalzamento del conflitto; 3. l’attuazione di tecniche di dilazione; 4. lo spostamento delle responsabilità; 5. la gestione per competizione. La prima metodologia fa riferimento alle più consolidate tecniche gestionali che insegnano la definizione del “chi fa cosa”. L’inquadramento delle responsabilità è in realtà definito dall’Atto Aziendale, dall’Organigramma e dal Funzionigramma e pertanto Figura 1 - Funzionigramma dei Dipartimenti del Presidio Ospedaliero Rieti-Amatrice (per gentile concessione ASL Rieti). Polo ospedaliero Direzione Presidio Ospedaliero Rieti - Amatrice UOC Direzione amministrativa Funzione ospedaliera Territorio Stabilimento ospedaliero Rieti Dipartimento di Chirurgia Stabilimento ospedaliero Amatrice Dipartimento di Oncologia Dipartimento di Medicina Dipartimento Emergenza e Accettazione Dipartimento di Scienze Diagnostiche 32 CARE 2, 2012 Stabilimento ospedaliero Magliano Sabina Confronti il manager, utilizzando con sapienza questi ultimi strumenti, può pervenire alla risoluzione delle problematiche emergenti, semplicemente effettuando la corretta distribuzione delle responsabilità tra i Dirigenti. La seconda metodologia consiste nel prendere atto che il livello del conflitto si svolge tra operatori appartenenti a categorie gestionali non decisive (per esempio, discussione tra ausiliario e infermiere) e quindi nell’investire della questione i livelli gerarchici immediatamente sovraordinati (nel caso specifico, caposala, direttore di struttura, direttore delle professioni sanitarie). Qualora lo spostamento non sortisca gli effetti desiderati, si risale nella scala gerarchica investendo progressivamente i livelli più alti dell’organizzazione. Normalmente l’innalzamento del conflitto spegne il conflitto stesso, in quanto lo priva dell’emotività e dell’interesse diretto. La terza metodologia si mette in atto quando la richiesta è palesemente sproporzionata rispetto alla disponibilità di risorse materiali o di tempo per poter fornire una risposta adeguata. Si metteranno in atto pertanto tecniche di dilazione, che possono consistere nel far compilare una modulistica complicata, far scrivere una relazione dettagliata, far telefonare ad un ufficio del quale è nota la scarsa presenza o tempestività nelle risposte e così via. Il pachiderma burocratico si impadronirà della richiesta e la farà praticamente sparire nei meandri dell’illogicità amministrativa. La quarta metodologia sfrutta l’indeterminatezza o la complicazione di alcuni assetti organizzativi e consiste nel rinviare la questione ad un ufficio terzo, per un parere pro veritate, per una consulenza tecnica, per un ulteriore accertamento di laboratorio allo scopo di distrarre l’attenzione del richiedente dal cuore del problema e indirizzarlo verso un improbabile responsabile esterno. La modalità materiale di coinvolgimento di terzi è la lettera inviata per conoscenza, nella quale si chiede qualcosa anche a chi legge per conoscenza, ben sapendo che solo un lettore attento discernerà l’insidia nascosta nella missiva. La quinta metodologia (gestione competitiva) è basata sul principio del narcisismo. Quando una problematica non viene affrontata da un sanitario, si farà accenno alla possibilità che il settore venga affidato ad altro sanitario “dalle ben note capacità”, che sarebbe ben contento di potersi appropriare dell’area in questione. Normalmente la molla narcisistica fa superare le difficoltà contingenti e il dirigente cambia facilmente idea, rendendosi più disponibile a situazioni di compromesso. IL METODO CREATIVO O EURISTICO Recentemente è stato proposto un modo innovativo di problem solving, definito ‘creativo’, che risponde a diverse caratteristiche: imparare modi diversi per pensare in modo creativo, liberarsi di schemi prefissati e stereotipati, arricchire l’approccio ai problemi. 33 CARE 2, 2012 Il problem solving creativo è particolarmente utile in fase di disegno di un progetto, quando l’obiettivo è quello di identificare correttamente problemi e soluzioni, utilizzando strumenti che potenziano la creatività, facendo emergere idee originali e innovative. Questo tipo di approccio fa uso di metodi euristici che non utilizzano un fondamento matematico. La soluzione viene individuata in modo iterativo, cercando di ottimizzare una o più funzioni obiettivo all'interno di una regione ammissibile. Per la generazione di idee si fa spesso ricorso al brainstorming e all’utilizzo di mappe mentali. L’obiettivo è quello di focalizzare bene il problema e poi lasciare emergere – deliberatamente senza un ordine prestabilito – varie proposte di soluzione originale. La discussione e lo scambio di opinioni permette di mettere in atto il processo iterativo, che porta ad identificare la soluzione ritenuta ottima. I processi di base della modalità creativa sono: l stabilire le priorità; l cercare alternative; l formulare ipotesi; l generare nuove idee. IL METODO PRAGMATICO Un esempio tipico di approccio pragmatico è il lean thinking, cioè il pensare snello. L’obiettivo è quello di fare sempre di più, consumando sempre di meno, ovvero eliminando gli sprechi. Le problematiche vanno analizzate, mentre le attività sono in corso e le soluzioni devono essere molto semplici. Il termine lean (‘snello’ per indicare un processo produttivo tendente alla massima efficienza) descrive chiaramente il processo di ottimizzazione, caratterizzato dalla continua ricerca ed eliminazione degli sprechi (attività a non valore). È stato coniato negli anni ’90, ma già nel dopoguerra Taiichi Ohno, in Toyota, metteva a punto il Toyota production system, che si può considerare il suo precursore. La metodologia lean consiste nell’analisi dei processi, nella mappatura delle attività connesse al processo individuato, nell’identificazione delle attività a valore e del loro fluire senza interruzione. In altre parole, consiste nel distinguere le attività che conferiscono valore da quelle che ne determinano una perdita o una riduzione. Questo tipo di modello ha trovato applicazione nelle realtà sanitarie negli ultimi 7 e 8 anni. Si basa sul riconoscimento del fatto che tutte le attività sono in linee di produzione. Le linee di attività hanno un percorso ideale, che raramente viene riconosciuto e seguito. L’obiettivo è quello di cercare di raggiungere la velocità ottimale di scorrimento delle attività, senza interruzioni inutili e intoppi inaspettati. Tutti i componenti di un determinata linea di attività si riuniscono e decidono qual è il percorso migliore con la tempistica migliore e con le risorse adatte. Confronti Per esempio: le riunioni saranno alcune, e costanti, per raggiungere la condivisione. Tutti i componenti, non abituati a parlarsi, esprimeranno una grande quantità di problemi, soprattutto di tipo organizzativo, che andranno ordinati per priorità e poi risolti; l le tecniche organizzative, che fanno da supporto a questo principio, sono riconosciute nella “mappa del flusso del valore e negli eventi a miglioramento rapido”, che si possono applicare in aree produttive specifiche chiamate “cellule di produzione”. l Le tecniche, chiaramente descritte e apprendibili facilmente, devono essere condivise e fatte proprie dal personale operativo, che entra nel meccanismo del cambiamento verso il miglioramento grazie a piani di coinvolgimento progressivi. L’obiettivo è per tutti quello di ridurre spazi, percorsi, sforzi, scorte e tempo nell’erogazione delle attività al cliente. Il raggiungimento degli obiettivi richiede tempo e pianificazione da parte della direzione generale, senza il cui supporto è possibile ottenere solo progressi molto piccoli. Tuttavia, quando si inizia, i risultati immediati sono incredibili. Vengono migliorate le erogazioni nei punti dove si sono studiate le mappe. La necessità di percorsi di assistenza territoriale proveniente dall’ospedale è un’altra arma vincente, necessaria, ma non sufficiente. Senza il concetto di flusso, valore da migliorare e spreco da eliminare continuamente e ossessivamente, non si va lontano. Se si pensa di applicare uno schema e di lasciarlo andare, il meccanismo si ferma. Al contrario, se alimentata dalla messa a fuoco dei veri requisiti, l’intensità di cure rende gli ospedali pulsanti, con sincronie di attività a flusso pianificato. Questo è possibile perché accanto al concetto di flusso, inteso non come afflusso di clienti in un area dell’Azienda (ambulatori, pronto soccorso, area dell’emergenza o sale operatorie, con problemi di variazione della domanda), ma come fluidità di erogazione delle prestazioni, è basilare riconoscere nelle attività interne il concetto di spreco, che si calcola vicino all’80-90% delle attuali linee di attività degli ospedali. Si calcola che le azioni eseguite nelle linee di attività siano largamente migliorabili in termini di organizzazione, logistica ed efficienza della prestazione. Occorre rifuggire dal concetto di velocità e volume di attività, scoprendo la fluidità giusta per il volume di attività necessario e utile al paziente. A prescindere dalla provenienza clinica, chi lavora in direzione medica acquisisce negli anni una buona pratica nelle tecniche del problem solving, in modo per lo più autodidattico in quanto nel corso di studi delle scuole di specializzazione tale materia è spesso trascurata. Come abbiamo visto nel corso della trattazione, il problem solving richiede un approccio multidisciplinare scientificamente determinato, ma psicologicamente governato in modo tale da adattare il metodo al contesto. Le capacità di lettura complessiva del sistema e la capacità di mescolare sapientemente le varie tecniche di gestione (metodi motivazionali, gestione delle informazioni, gestione competitiva, gestione partecipativa, metodologia creativa, pragmatica) non sono per tutti e anche i colleghi più versati hanno bisogno di tempo e di pratica. L’auspicio di chi scrive è che questo articolo contribuisca alla riflessione sul tema, suggerisca spunti di approfondimento e stimoli al giusto riconoscimento dei medici che lavorano per l’organizzazione. Pietro Manzi⁄ e Paolo Barbini2 ⁄Direttore UOC Direzione Medica di Presidio, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese; 2Direttore UOC Ingegneria Biomedica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese BIBLIOGRAFIA Agnelli GM: Strumenti di analisi e di interpretazione dei problemi: le tecniche di problem solving. Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, 2004. Argentero P, Cortese CG, Piccardo C: Psicologia del lavoro. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2008, pp 123-127. Avery DR, Quiñones MA: Disentangling the effects of voice: the incremental roles of opportunity, behavior, and instrumentality in predicting procedural fairness. J Applied Psychol 2002; 87 (1): 81-86. Buzan T, Buzan B: Mappe mentali. Alessio Roberti Editore, Assago (Mi), 2003, pp 69-70. 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