mar 20 e mer 21 marzo 2012
LE ALLEGRE
COMARI
DI WINDSOR
di Wiliam Shakespeare
con Leo Gullotta, regia di Fabio Grossi
Prosa
LE ALLEGRE
COMARI
DI WINDSOR
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Fabio Grossi e Simonetta Traversetti
scene e costumi Luigi Perego
musiche Germano Mazzocchetti
coreografie Monica Codena
luci Valerio Tiberi
regista assistente Mimmo Verdesca
regia Fabio Grossi
Personaggi e interpreti
Sir John Falstaff, cavaliere
Mastro Page, borghese di Windsor
Mastro Ford, borghese di Windsor
Madonna Page, moglie di mastro Page
Madonna Ford, moglie di mastro Ford
Anna Page, figlia di mastro e madonna Page
Fenton, giovane gentiluomo
Slender, borghese di Windsor
Simplicius, servo di Slender
Don Hugh Evans, parrocco gallese
Dottor Caius, medico francese
Mistress Quickly, governante di Caius
Oste della Locanda della Giarrettiera
Robin, paggio di Falstaff
Pistol, compagnaccio di Falstaff
Nym, compagnaccio di Falstaff
Leo Gullotta
Gerardo Fiorenzano
Fabio Pasquini
Rita Abela
Valentina Gristina
Cristina Capodicasa
Giampiero Mannoni
Fabrizio Amicucci
Federico Mancini
Paolo Lorimer
Alessandro Baldinotti
Mirella Mazzeranghi
Vincenzo Versari
Sante Paolacci
Gennaro Iaccarino
Francesco Maccarinelli
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NOTE
DI REGIA
Fu per volontà della regina Elisabetta I
che il Bardo riesumò Sir John Falstaff,
fatto morire nella sua precedente opera,
l’Enrico V: nacque così Le allegre comari
di Windsor.
Ad accreditare questo aneddoto fu infatti
John Dennis, che lo riferì nel 1702.
La smania della regina, come precisò
pochi anni dopo un altro attento cronista
shakespeariano, Nicholas Rowe, derivava
da un suo divertito “invaghimento” per
la poderosa figura comica di Falstaff;
invaghimento che le istillò il desiderio
di vederlo in un altro dramma, e per
di più innamorato. Sicché, per non
venir meno al dictat dell’imperiosa
Elisabetta, Shakespeare avrebbe, non
già “resuscitato” Falstaff, che è moderno
espediente da soap-opera, ma escogitato
l’intreccio narrativo delle Allegre comari
collocandone la vicenda in un tempo
immediatamente precedente alla morte
del cavaliere, raccontata da Mistress
Quickly, altro personaggio riproposto,
nell’Enrico V.
Anche questa nostra edizione, benché
passati parecchi secoli, nasce sotto
l’occhio vigile e severo della Grande
Regina: intrighi, scherzi e maramaldate,
sfileranno così secondo il divertito gusto
shakespeariano.
Protagonista della vicenda è Sir John,
con le sue esuberanti smargiassate da
guascone, la sua sovrabbondante figura,
la sua pletorica simpatia cialtrona, il
suo amore per la crapula e il bicchiere e
la sua irresistibile, endemica disonestà
viziosa e bonaria.
Con gli occhi di oggi, lo considereremmo
un diverso, sia per verbo che per figura,
un avverso al presupposto bigotto di una
società borghese.
Ma la tessitura della commedia stessa,
va oltre l’apparenza e, per andar al di
là del detto che “l’apparenza inganna”,
proprio d’inganni e scherzi, per lo più
perfidi, questa è avviluppata.
Vi si racconta di una società, che vive
sotto l’occhio della Corte, dove il dileggio
l’uno dell’altro dei componenti della
comunità, fa da quotidiano passatempo:
la protervia della condizione di nascita
e dello svolgersi dei fatti della vita
d’ognuno la farà da presupposto
dominante.
Tanto pronti ad impugnar le spade, a
difesa di supposti e ridicoli onori, quanto
a deporle per sostituirli con boccali di vin
di Spagna, al fin inconscio di proporsi
come innocue prede di chi del borseggio
fa scopo di vita.
Un ventaglio di più svariata umanità la
farà da protagonista della vicenda: il
bonario benestante, il meschino geloso,
lo scaltro pedante, il servo scimunito, il
pavido baciapile, l’ampolloso bottegaio,
l’antipatico saccente. Ma su tutti
trionferanno le donne, le qua raccontate
Comari, che con furbizia e lungimirante
intelligenza, collocheranno in maniera
indolore per la comunità, la parola fine
alla vicenda.
Quindi, amori e amanti, guasconi
maldestri e burocrati vacui, mariti gelosi
e golosi mercanti, mercenari allettanti ed
infingardi, ci racconteranno la storia che,
come nelle migliori tradizioni teatrali,
verrà in alcune parti rafforzata dalla
partitura musicale, sottolineando di volta
in volta momenti o comici, o grotteschi, o
romantici.
Alla fine, l’amore giovanile uscirà
trionfante, la smania tardiva gabbata,
in un turbinio, ammantato da magiche
visioni, che concluderà riportando nelle
proprie case i protagonisti, lasciando
il Nostro Grasso e Grosso personaggio
principale a tirar le fila di una vita
vissuta ai margini, ma con l’onor d’una
filosofica consapevolezza.
Rispettando appieno la struttura voluta
e pensata da Shakespeare, proponendo
allo spettatore, in luogo dei cinque
atti, i più canonici e moderni “due
più intervallo”, si lascerà indubbia la
correlazione ai Nostri tempi e alle Nostre
vicende sociali, sottolineando qua e là
lo scherzo, acre e cattivo, denominante
una società che pedissequamente ripete
i suoi stilemi, nei confronti di chi viene
considerato un diverso, sia per aspetto,
che per attitudini o usi.
Fabio Grossi
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FABIO
GROSSI
Attore, debutta in teatro nel 1977,
toccando in seguito altre discipline,
dal cinema alla televisione e alla
radio, passando per il doppiaggio e la
pubblicità. Collabora con alcuni dei
più importanti registi teatrali italiani:
da Ronconi a Puecher, da Fenoglio a
Nanni. Curiosa e particolare è la sua
interpretazione di Polonio nell’Amleto
di W. Shakespeare per la regia di A.
Di Stasio, che lo ha diretto anche nel
ruolo di Tiresia in uno studio su Edipo
re di Sofocle nel 1997. Nella stagione
2003/2004, partecipa allo spettacolo,
che vede Daniele Costantini autore e
regista, dal titolo Chiacchiere e Sangue
– i fatti della banda della Magliana. Dal
lavoro teatrale ne è stato tratto anche
un film, per il grande schermo, dal titolo
I fatti della Banda della Magliana. Nella
stagione 2007 del Globe di Roma, sotto
la regia di Riccardo Cavallo, interpreta
il ruolo di Puck nel Sogno di una notte di
mezza estate di W. Shakespeare
Prolifica è la partecipazione in lavori
televisivi, che lo vedeno co-protagonista
in svariati varietà, fino ad arrivare, a
metà degli anni ’90, ad interpretare
personaggi tra i più svariati, in film
TV e serial televisivi di gran successo,
come Un ciclone in famiglia (2004),
Los Borgias (2005), ‘O Professore e
Lo Smemorato di Collegno (2008). Nel
cinema varie sono le sue esperienze,
ultima Vajont di R. Martinelli. Negli ultimi
anni, pur continuando la professione
LEO
GULLOTTA
d’attore, i suoi interessi si sono rivolti
alla drammaturgia e alla regia teatrale.
La sua prima produzione letteraria
è una sacra rappresentazione della
passione, dal titolo Ecce homo. Nel
2000 a Roma, presso il teatro Piccolo
Eliseo, è presentata una costruzione
drammaturgica sulla tragedia sofoclea di
Edipo e Giocasta dal titolo Figlio di madre
vedova, della quale cura la regia teatrale,
oltre che la scrittura drammaturgica. Nel
giugno 2003 mette in scena lo spettacolo,
del quale cura la stesura del testo, dal
titolo Lapilli - suoni e voci dall’Isola, di
cui è protagonista Leo Gullotta assieme
all’ensemble musicale degli Al Qantarah.
Sempre nel 2003, collabora in qualità di
regista assistente alla messa in scena
italiana del musical Fame. Nell’estate del
2004 cura l’allestimento dello spettacolo
teatrale di Giuseppe Manfridi Prima della
guerra, di cui è l’ideatore dell’omonimo
progetto di multimedialità. Il suo ultimo
lavoro teatrale è Gender Gangup Here,
una nuova drammaturgia che prende
spunto dal dramma Spettri di H. Ibsen.
Per la stagione teatrale 2005/2006 cura
la regia de L’Uomo, la Bestia e la Virtù
di Luigi Pirandello, spettacolo prodotto
dal Teatro Eliseo. Nella stagione 2008
del Globe di Villa Borghese, sotto la
direzione artistica di Gigi Proietti, firma la
regia de La Commedia degli Errori di W.
Shakespeare. Nel 2008 dirige Il Piacere
dell’Onesta di Pirandello con protagonista
Leo Gullotta.
Nato a Catania, debutta giovanissimo
al Teatro Stabile della città. Dieci anni
passati con grandi maestri come Turi
Ferro e Salvo Randone sono la base
della sua solida carriera recitativa.
Conclusa la proficua esperienza con lo
Stabile si trasferisce a Roma, dove, da
subito, imponendo il suo irresistibile
talento comico, si afferma soprattutto
nel cabaret. Contemporaneamente
lavora anche nel cinema, soprattutto
quello commerciale, molto popolare in
quegli anni. L’incontro con Nanny Loy,
segna profondamente la sua carriera
cinematografica. Loy lo dirige affidandogli
ruoli primari sempre più drammatici: da
Cafè Express nel 1979, a Mi manda Picone
nel 1983 fino a Scugnizzi nel 1989, per
citarne alcuni. Negli stessi anni giovani
registi si lasciano conquistare della sua
grande versatilità di interprete. Tra tutti,
Giuseppe Tornatore. Nel 1986 è nel suo
film d’esordio Il camorrista, nel ruolo di un
determinato commissario di polizia, per
la cui interpretazione riceve il suo primo
David di Donatello e nel 1988 commuove
il pubblico di tutto il mondo grazie ad
un’altra straordinaria interpretazione
nel film premio Oscar Nuovo Cinema
Paradiso. La sua poliedricità lo porta ad
alternare il grande cinema d’autore con il
grande varietà degli spettacoli televisivi
del Bagaglino. In questo festoso contesto
crea la popolarissima figura della Signora
Leonida che, assieme alle numerose e
riuscite parodie di personaggi politici e
dello spettacolo, lo rendono uno degli attori
più amati dal pubblico. Se nel varietà
televisivo continua a esibire tutto il tuo
talento comico, al cinema continuano a
susseguirsi i ruoli in storie impegnate
come nel film La scorta di Ricky Tognazzi,
Il Carniere e Un uomo perbene di Maurizio
Zaccaro, e nel più recente Vajont di Renzo
Martinelli. Ma anche ruoli di grande poesia,
come nel film Palla di neve di Maurizio
Nichetti, o affrontanti con sensibile
delicatezza, come nella commedia amara
di Cristian De Sica Uomini, uomini, uomini,
o nel drammatico Territori d’ombra di Paolo
Modugno sul tema oscuro della pedofilia.
Altrettanto intensi sono i numerosi
personaggi da lui interpretati per alcuni
apprezzati film televisivi. Durante tutta la
sua lunga carriera di attore televisivo e
cinematografico, non ha mai abbandonato
il suo primo amore: il teatro. Dal debutto
nel 1963 con Questa sera si recita a
soggetto di Pirandello con Turi Ferro, e dai
tanti spettacoli con lo Stabile di Catania,
ha poi preso parte a spettacoli diretti
da Enriquez (I Viceré di De Roberto), da
Landi (Il giorno della civetta di Sciascia),
e poi Fenoglio, Cobelli, fino agli spettacoli
più recenti tra cui Lapilli con la regia di
Fabio Grossi. Dopo 15 anni assenza torna
al teatro con L’uomo la bestia e la virtù
che, girando in 70 piazze italiane per 226
recite, diventa uno degli spettacoli di prosa
più visti degli ultimi anni. Nel 2009 Leo
Gullotta affronta di nuovo un testo di Luigi
Pirandello, Il piacere dell’onestà.
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