L`analisi del discorso in Michel Foucault

L'analisi del discorso in Michel Foucault
progetto di ricerca a cura di Deborah De Rosa
Ipotesi preliminare di ricerca:
Oggetto della riflessione che si intende sviluppare è il contributo di Michel Foucault alla
teoria
del
linguaggio.
Inquadrando
la
questione
nell'ambito
della
concezione
epistemologica e storica foucaultiana, e sulla base di una analisi approfondita della sua
teoria del potere, si vuole cercare di delineare i dettagli del pensiero del filosofo francese
sull'uso del linguaggio, sulla sua funzionalità al sapere, e, infine, sul suo legame con la
questione del soggetto e dei soggetti.
In Foucault l'analisi del discorso si distingue da quella della lingua. Quest'ultima, infatti,
costituisce un complesso di regole in base al quale diventa possibile un numero illimitato
di formulazioni linguistiche; al contrario tra gli eventi discorsivi rientrano esclusivamente
le sequenze linguistiche effettivamente formulate. Mentre l'analisi della lingua si chiede
quali siano le regole sottese alla costruzione di un enunciato, la descrizione degli eventi
del discorso si chiede perchè siano comparsi determinati enunciati e non altri. Oggetto
della prospettiva foucaultiana è il discorso in quanto insieme di performance verbali, di
sequenze di enunciati cui si possano attribuire delle particolari modalità di esistenza. La
legge di tali sequenze costituisce quella che il filosofo definisce una “formazione
discorsiva”, la quale si dà là dove tra gli oggetti, i tipi di enunciazione, i concetti e le scelte
tematiche, si possa definire una regolarità: il “sistema enunciativo generale” a cui
obbediscono degli insiemi di performance verbali, che, naturalmente, obbediscono anche a
sistemi logici, linguistici e psicologici.
La ricerca foucaultiana sui discorsi, strettamente intrecciata al tema del rapporto tra potere
e sapere e al tema della costituzione e autocostituzione dei soggetti, rispecchia in pieno ed
è figlia della concezione epistemologica di Foucault, molto vicina a quella bachelardiana. Il
movimento del pensiero nella storia è discontinuo, segato da “rotture epistemologiche”
che tagliano l'ordine del sapere e comportano, di volta in volta, nuove sistemazioni dei
paradigmi conoscitivi, risultati di modificazioni nelle regole di formazione degli enunciati
che sono, di volta in volta, accettati come scientificamente veri. Da queste riflessioni avrà
origine lo studio di Foucault sugli effetti di potere che circolano tra gli enunciati scientifici,
sul loro regime interno di potere e sui motivi delle trasformazioni globali di questo regime
di potere che non pesa dall'esterno sulla scienza, ma che è interno alle dinamiche del
discorso.
Le due grandi discontinuità di episteme che Foucault rileva nella sua analisi dei discorsi
della cultura occidentale – e che rende oggetto di trattazione in Le parole e le cose - sono
quella che dà inizio all'età classica (metà del secolo XVII), e quella con la quale, all'inizio
del XIX secolo, si apre l'età moderna. Le parole e le cose passano dalla somiglianza del
Rinascimento, attraverso la rappresentazione, fino alla disarticolazione operata dalle
scienze umane nel Novecento. Il prodotto di tutto ciò è uno stato in cui la morte dell'uomo
è prossima: “siamo condotti nel posto indicato da Nietzsche e da Mallarmè allorchè il
primo aveva chiesto 'Chi parla?' e il secondo aveva veduto scintillare la risposta nella
Parola stessa” 1. E' proprio in relazione a questo tema della scomparsa del soggetto,
donatore di senso per il quale non sembra esserci posto nel sistema anonimo del
linguaggio, che si intersecano due linee di ricerca foucaultiane: quella sulla letteratura e
quella sui sistemi anonimi.
Finalità :
Si vuole condurre una ricerca sul significato e sul peso che le ricerche di Michel Foucault
in ambito di linguaggio e discorso hanno avuto e possono ancora avere nella teoria del
linguaggio. Scopo del progetto è quello di produrre una ricerca accurata sui rapporti che
Foucault ebbe, nelle varie fasi del suo pensiero, con lo strutturalismo, il poststrutturalismo e la filosofia analitica, sondando come i cambiamenti di prospettiva da lui
abbracciati abbiano condizionato la sua ricerca e lo abbiano collocato tra i protagonisti
1 M. Foucault, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano 1967
della cosiddetta “svolta linguistica” 2. Si cercherà inoltre di rintracciare similitudini e
differenze con le teorie linguistiche contemporanee.
Fasi di ricerca preventivate:
1)
Come prima fase, si ritiene necessario uno studio approfondito e analitico della
produzione foucaultiana, con attenzione primaria verso gli scritti dal 1967 al 1970 (nella
fattispecie Le parole e le cose, L'archeologia del sapere e L'ordine del discorso). Seguendo l'ottica
foucaultiana di rifiuto di ogni filosofia della storia,di ogni visione finalistica o continuista
delle rotture, così come di una conoscenza dell' “origine” delle epistemi, si farà luce sul
metodo genealogico e sulla prospettiva archivistica propri degli studi del filosofo francese,
nella convinzione di una stretta coerenza tra mezzi e fini nella sua opera.
Alla fine del XVIII secolo il discorso ha smesso di avere il ruolo organizzatore che aveva
nel sapere classico: non c'è più stata trasparenza tra l'ordine delle cose e quello delle loro
rappresentazioni; di fronte a tutto ciò, nella lacuna lasciata dal discorso, l'uomo si è
costituito. Con Saussure, Freud e Husserl, come Foucault illustra in una intervista del
19663, riappare il problema del senso e del segno, e ci possiamo chiedere se si tratti di
contrassegni che annunciano la scomparsa dell'uomo. Sin dalla fine del XIX secolo le
scienze umane sono apparse, come come prese in un doppio postulato simultaneo: da un
lato quello dell'ermeneutica, per il quale bisogna capire il senso che si nasconde;
dall'altroquello della sistematizzazione: bisogna trovare l'invariante strutturale.
Da questi punti prende le mosse la seconda fase della ricerca: analizzare come le
2)
riflessioni foucaultiane si inseriscono nello strutturalismo, nel post-strutturalismo e nella
filosofia analitica. La convinzione di una esperienza e di un comportamento umani non
liberi ma determinati da varie strutture è più presente nel primo Foucault, e va
2
3
Nel 1967 R. Rorty pubblica un'antologia intitolata “The Linguistic Turn. Recent Essays in
Philosophical Method”, in cui raccoglie i testi che mettono in luce l'importanza dell'analisi
linguistica nella soluzione dei tradizionali problemi filosofici.
Les mots et les choses, intervista con R. Bellour, in “Les Lettres Françaises”, 1966, riportata da V.
Sorrentino in Antologia. L'impazienza della libertà, Feltrinelli, Milano, 2005
ammorbidendosi a mano a mano che la ricerca si avvicina alla dimensione etica degli studi
degli anni ottanta. Egli stesso dichiara di sè: “Se si ammette che lo strutturalismo è stato lo
sforzo più sistematico per eliminare […] da tutta una serie di […] scienze ed al limite dalla
storia stessa il concetto di avvenimento, non vedo chi possa essere più antistrutturalista di
me. Ma ciò che importa è di non fare per l'avvenimento ciò che si è fatto per la struttura” 4.
Nel corso di una conferenza tenuta a Tokyo nel 1978 5, Foucault, al fine di spiegare il modo
in cui ritiene più sensato trattare il problema del potere, propone al pubblico una analogia
con la filosofia analitica anglosassone. Una grande visione della filosofia analitica è quella
di aver intuito che non è utile stare a
decidere se, nel rapporto uomo-mondo, il
linguaggio sia tutto (Humboldt) o non possa niente (Bergson); non c'è da dare definizioni
positive o negative, perchè il linguaggio non inganna mai, né rivela nulla: il linguaggio va
giocato. Sta qui l'analogia con le relazioni di potere: anch'esse vanno giocate, sono giochi
da studiare in termini di tattica e di strategia, di regola e di caso, di posta in gioco e di
obiettivo. I giochi di potere possono essere affrontati da diverse angolature, e invece di
studiare il grande gioco dello Stato con i cittadini o con gli altri Stati, Foucault preferisce
interessarsi a giochi di potere molto più circoscritti, molto più modesti, che in filosofia
solitamente non godono dello statuto nobile e riconosciuto dei grandi problemi: giochi di
potere intorno alla follia, alla medicina, alla malattia, al corpo malato, alla penalità e alla
prigione. sostiene Foucault, potremmo immaginare una filosofia che abbia il compito di
analizzare quello che avviene quotidianamente nei rapporti di potere, una filosofia che
cerchi di dimostrare in cosa consistono i rapporti di potere, le forme che assumono, le loro
scommesse e i loro obiettivi; una filosofia incentrata sui rapporti che permeano il corpo
sociale: qualcosa di simile ad una filosofia analitico-politica.
Con l'espressione "svolta linguistica" si intende designare un fenomeno intellettuale
3)
che ha contraddistinto ampia parte della filosofia del Novecento: in sintesi è consistito in
un attento studio, pressoché ad ogni livello, delle problematiche poste dal linguaggio. Il
4
5
Intervista a Michel Foucault, in Microfisica del potere, Einaudi, Torino 1977, p. 8
M. Foucault, La filosofia analitica della politica,in Archivio Foucault, Feltrinelli, Milano 1996,
vol. 3
termine è stato coniato dal filosofo statunitense contemporaneo Richard Rorty, il quale,
come curatore del volume “The linguistic turn” (1967), scrisse un'ampia prefazione
intitolata "Metaphilosophical difficulties of linguistic philosophy", in cui affrontava le
conseguenze filosofiche della svolta linguistica, prefigurando scenari futuri. Si suole far
coincidere la svolta linguistica con la nascita della filosofia analitica, una corrente nata in
Inghilterra ai primi del '900, che si propone un'analisi rigorosa del linguaggio su una base
logica il più possibile solida. Essa viene comunemente attribuita al grande logico e
matematico Gottlob Frege, che la realizzò nella sua opera più importante di filosofia della
matematica, Fondamenti dell'aritmetica, pubblicata nel 1884 .La svolta linguistica, della cui
portata Frege non era del tutto consapevole, si presentò in filosofi successivi – quali
Bertrand Russell, Rudolf Carnap e soprattutto Ludwig Wittgenstein – come il risultato di
uno sviluppo naturale di alcuni aspetti già presenti negli scritti fregeani. Più precisamente,
tale svolta verrà esplicitata da Wittgenstein nel Tractatus logico-philosophicus dove si
afferma che tutta la filosofia è "critica del linguaggio" (§ 4.0031). Non si può certamente
negare che diversi filosofi continentali abbiano dedicato ampio spazio nelle loro ricerche
alle problematiche poste dal linguaggio. Tra i filosofi neokantiani – per esempio – Ernest
Cassirer [1923] ha elaborato una concezione del linguaggio come forma logica ispirandosi
agli scritti di Rudolf Hermann Lotze. A Hans-Georg Gadamer [1960] può essere attribuito
invece il merito di aver rinnovato l'ermeneutica attribuendo una portata ontologica al
linguaggio e a Martin Heidegger [1947] di aver offerto un'ontologia come indagine
linguistica le cui questioni principali possono trovare, secondo alcuni, una risposta nella
semantica formale. Manifestazioni della svolta linguistica sarebbero presenti anche nel
post-strutturalismo francese. Cosa dunque definì esattamente la svolta linguistica? Delle
tesi che condussero al compi-mento di essa è possibile individuare le seguenti tre: (i) la
filosofia del linguaggio è filosofia prima; (ii) i pensieri vanno ‘estromessi’ dalla nostra
mente; (iii) i pensieri hanno un carattere pubblico e articolato. La svolta linguistica
attribuisce all’enunciato - espressione linguistica attraverso la quale possiamo fare
qualcosa, o, come direbbe Wittgenstein, una mossa “nel gioco linguistico”- una certa
supremazia su tutte le altre espressioni linguistiche.
Ebbene, ultima fase della ricerca si presume sarà quella di uno studio del ruolo degli studi
di Foucault nell'ambito della teoria del linguaggio in generale, e della “svolta linguistica”
in particolare.
Attualmente, gli studi su Foucault sono prevalentemente orientati all'approfondimento
della teoria sul potere, alla luce della sua forte attualità. Numerosi studi sono stati
pubblicati sugli scritti degli anni settanta, nonché sulla svolta etica degli ultimi tre anni di
vita e di produzione del filosofo francese, al fine di chiarire l'apparente contraddizione tra
la prima e l'ultima concezione del rapporto tra soggetto e libertà. Con questo progetto di
ricerca si intende mettere in luce l'importanza che l'uso del linguaggio e lo studio del
segno hanno nella teoria generale di Foucault, e che possono rivestire per rinnovare la
riflessione linguistica: “quello che mi sembra deludente, ingenuo nelle riflessioni, nelle
analisi sui segni, è che si presumono sempre già esistenti, depositati sulla faccia della
terra, o costituiti dagli uomini, e che mai si interroga l'essere stesso dei segni. Che cosa
vuol dire il fatto che ci siano segni, marche di linguaggio? Bisogna porre il problema
dell'essere del linguaggio come compito per non ricadere a un grado di riflessione che
sarebbe quello del XVIII secolo, al grado dell'empirismo”6
Rilevanza della ricerca rispetto all'indirizzo scelto
(Filosofia della comunicazione e dello spettacolo: teoria e storia dei linguaggi):
L'intera ricerca è guidata dall'idea di fondo dell'importanza di uno studio approfondito
delle idee foucaultiane in campo linguistico, ed epistemologico in senso lato. L'originalità
e la radicalità della messa in discussione del soggetto e di tutto ciò che è fenomeno storico
possono dare, se adeguatamente analizzate e sviluppate, risultati interessanti per la teoria
del linguaggio, campo di ricerca principale dell'indirizzo scelto.
6
Les mots et les choses, intervista con R. Bellour, in “Les Lettres Françaises”, 1966, riportata da V.
Sorrentino in Antologia. L'impazienza della libertà, op. cit.
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