Generatori d’onda sinusoidale La retroazione Sistema non retroazionato Data la struttura in figura, il guadagno ad anello aperto è definito da: Che, nel caso di guadagno di tensione sarà AV A X0 XS VU VS Questi sistemi sono fortemente instabili in quanto il guadagno del quadripolo dipende fortemente da fattori ambientali e non vi è alcun controllo automatico dei risultati ottenuti. Es.: se si riscalda l’acqua dell’impianto di riscaldamento di una casa senza verificare la temperatura ambientale non è possibile ottenere un riscaldamento adeguato. Per adeguarlo si dovrà effettuare un controllo con una retroazione. Sistemi retroazionati (o ad anello chiuso) Retroazione negativa Xd Xi Xf ma Xf Xo Xo poi Xo A Xd quindi Xd A Xo Xi Xo a questo punto sostituendo si avrà A Xo perciò Xi Xo dunque A 1 1 A Xi Xo( ) Xo A A Xo A Ma per definizione Ar Xi 1 A Oss 1: se, come nell’Amplificatore Operazionale è A molto elevato posso dire che Ar 1 Quindi se usiamo un amplificatore con elevato guadagno, il guadagno di un sistema retroazionato non dipende dall’amplificatore stesso. Retroazione positiva Se il nodo comparatore ha l’ingresso di retroazione positivo, sarà Ar A 1 A Immaginiamo ora di aprire il ramo con Xf , avremo che il segnale di retroazione sarà Xf =AXs. Avremo quindi che se esiste un ω=ωo tale per cui φ (βA) =0 o 2 o 4, ecc.. (coiè risultano in fase) e se 1. A( jo ) 1 si ha Xf =Xi cioè se richiudiamo il ramo con Xf e apriamo il ramo con Xs l’amplificatore si autoeccita e l’oscillazione permane. 2. A( jo ) 1 si ha Xf <Xi quindi l’oscillazione si smorza. 3. A( jo ) 1 si ha Xf >Xi quindi l’oscillazione si incrementa nel tempo La condizione 1. , cioè A( j0 1 e 0 è detto criterio di Barkhausen Perciò se esiste un valore di ω tale per cui valga il criterio suddetto, il sistema si autosostiene anche in assenza di segnale (basta un impulso iniziale) e questo è il principio di funzionamento degli oscillatori. Il criterio citato va soddisfatto ad una sola frequenza, quella di oscillazione; altrimenti il segnale generato è, sì, periodico ma non è sinusoidale 1 Per fare in modo che la condizione di oscillazione sia soddisfatta alla sola frequenza di oscillazione: la rete di retroazione dovrà essere molto selettiva, presentando una risposta in frequenza a campana (poli complessi coniugati a parte reale nulla). E’ quindi necessario che il quadripolo di reazione sia selettivo (può essere una rete RC, oppure RL o ancora RLC). Il funzionamento degli oscillatori si basa sul rumore a larga banda prodotto dai resistori e da altri componenti presenti nel circuito; per il teorema di Fourier, tale segnale è dato dalla somma di infinite armoniche: sono quindi generati segnali sinusoidali con vaste gamme di frequenze, tra cui quella che rispetta le condizioni di Barkhausen. Tale condizione porterebbe però ad avere segnali di ampiezza molto piccola. Perciò, per innescare l’oscillazione, è necessario che il guadagno dell’anello sia superiore all’unità, per poi ridursi ad uno quando l’ampiezza della sinusoide in uscita raggiunge un valore sufficiente, senza portare in saturazione l’amplificazione. Oscillatori sinusoidali Gli oscillatori sinusoidali sono degli amplificatori che forniscono un segnale armonico di ampiezza e frequenza desiderata, senza l’ausilio di alcun segnale di ingresso. Questi operano in regione lineare e, sostanzialmente, sono degli amplificatori che, a regime, si autopilotano. Per generare il segnale armonico, essi utilizzano la reazione positiva con βA=1 e, perciò, lo schema di un oscillatore sinusoidale è quello di un amplificatore retroazionato privo di sorgente esterna. Osserviamo che: negli oscillatori sinusoidali, a regime, il segnale di ingresso, necessario all’amplificatore per funzionare, è fornito dall’uscita dell’amplificatore stesso gli oscillatori sinusoidali hanno di sicuro una coppia di poli complessi e coniugati a parte reale nulla; infatti, essi rispondono al gradino dell’accensione con una risposta oscillatoria persistente Ma cosa succede all’accensione? In altri termini, come nascono le oscillazioni? Per innescare le oscillazioni, si procede nel modo seguente: si dimensiona l’oscillatore facendo in modo che, all’atto dell’accensione, risulti βA>1 alla frequenza di oscillazione fo ; in queste condizioni, il sistema è instabile e risponde al gradino dell’accensione con una risposta oscillatoria crescente, alla frequenza fo per evitare che l’ampiezza delle oscillazioni cresca in modo eccessivo,e il segnale di uscita risulti distorto, si stabilisce un controllo automatico su βA; in pratica si fa in modo che, all’aumentare dell’ampiezza delle oscillazioni, βA si vada riducendo; quando βA diventa 1 le oscillazioni si stabilizzano (fig. 3) fig. 3 2 In altri termini, l’oscillatore sinusoidale all’accensione ha una coppia di poli complessi e coniugati a parte reale positiva; esso è instabile e risponde al gradino dell’accensione con una risposta oscillatoria crescente; all’aumentare dell’ ampiezza della tensione di uscita la parte reale dei poli si riduce a zero e le oscillazioni diventano persistenti. Oscillatore a ponte di Wien E’ un oscillatore di bassa frequenza molto diffuso; il suo schema è quello in figura. Osservando lo schema di fig. 4, possiamo notare che l’oscillatore a ponte di Wien è costituito da: un amplificatore invertente, la cui amplificazione è: V Vo R1 R1 A R1 R2 R1 R2 un amplificatore non invertente, la cui amplificazione è una rete RC selettiva, del secondo ordine, anticiporitardatrice, detta rete di Wien, la cui risposta in fase è riportata nella figura sottostante 100d fo 0d -100d 1.0Hz P(V(out)) 100Hz 10KHz 1.0MHz Frequency Come possiamo vedere, lo sfasamento prodotto dalla rete di Wien, al cui ingresso è applicata la tensione Vout uscente dall’amplificatore, è circa +90, a frequenze molto basse, tende a -90, a frequenze molto alte ed è nullo alla frequenza fo , indicata in figura. Ricerca del guadagno non invertente A+(jω) La rete di Wien ha il comportamento seguente: A( j ) Z2 Z1 Z 2 1 1 jR1C1 jC1 jC1 1 R2 R2 R2 jC 2 jC 2 Z2 1 1 jR 2C 2 1 jR 2C 2 R2 jC 2 jC 2 Z1 R1 Perciò la funzione di trasferimento sarà: R2 R2 Z2 1 jR 2C 2 1 jR 2C 2 A( j ) R2 (1 jR1C1) (1 jR 2C 2) jC1R 2 Z1 Z 2 1 jR1C1 jC1 1 jR 2C 2 jC1 (1 jR 2C 2) 3 R2 1 jR 2C 2 jR1C1 2 R1R 2C1C 2 jC1R 2 jC1 R2 1 jR 2C 2 jR1C1 2 R1R 2C1C 2 jC1R 2 jC1 jC1 jC1 jC1 jC1 R2 1 R 2C 2 R1R 2C 2 R1 R2 jC1 C1 j Raccolgo la parte immaginaria A( j ) R2 R2C 2 j R1 R2 jR1R2C 2 C1 C1 R2 ( R1 R2 R2C 2 1 ) j (R1R2C 2 ) C1 C1 La funzione ha un punto di massima quando la parte immaginaria è nulla, cioè quando: (R1R 2C 2 cioè quando 2 R1R2C 2C 2 1 o in questo caso A(o ) 1 )0 C1 1 R1R2C1C 2 R2 ( R1 R2 R2C 2 ) C1 quindi avremo sfasamento nullo (manca la parte immaginaria) e modulo Nel caso in cui sia R1=R2=R e C1=C2=C avremo che A( o ) A(o ) 1 1 mentre o 3 RC Nel caso dell’oscillatore a Ponte di Wien il circuito si riduce al seguente: Dove A sarà: (1 R2 R1) Z2 che è la A(jω) calcolata precedentemente. Z1 Z 2 1 Si è quindi già visto che in ωo è A( o ) perciò 3 R2 1 A (1 ) R1 3 Il criterio di Barkhausen è verificato quando A 1 e φ=0 R2 1 ) 1 Quindi (1 R1 3 R2 R2 3 1 1 R1 R1 A Trasformata di Laplace Nel caso citato la fdt sarà: A( j ) jCR (1 jRC ) 2 jRC Poniamo s=jω A( s) sCR s 2 1 (1 sCR) sCR 3s s 2 RC RC 4 Ora cerco i poli della funzione: s 2 RC 3s 1 0 RC 3 9 4 RC 1 RC 3 5 2 RC 2 RC Per esempio potrebbe risultare: s1 2618 e s2 382 Perciò s Cioè la funzione è esprimibile secondo la A( s) s ( s 2618) ( s 382) Perciò si vede che: 1. non presenta valore costante né per s=0 né per s=∞ ma in entrambi i casi tende a 0, quindi A(0 o ∞)→∞ 2. lo zero dell’origine fa partire il diagramma con pendenza di 20 dB/dec finchè il primo polo non lo rende orizzontale (ω1=382 rad/sec cioè f1=61Hz). Quando si incontra il secondo polo (ω2= 2618 rad/sec cioè f2=417Hz) In definitiva: fo 1 2CR l’oscillatore a ponte di Wien può oscillare solo alla frequenza a questa frequenza lo sfasamento introdotto dalla rete di Wien è nullo; quindi è nullo lo sfasamento lungo l’intero anello di reazione, perché l’amplificatore è non invertente alla frequenza di oscillazione, la rete di Wien attenua di un fattore 1 ; l’amplificatore deve avere, allora, 3 un’amplificazione pari 3 per fare in modo che l’amplificazione di anello sia unitaria Ora il circuito può oscillare alla frequenza fo ma se si costruisce il circuito non funzionerà perché è necessario l’innesco. Per stabilire il controllo automatico su A-, si può scegliere tra varie possibilità; ad esempio, si può usare: una rete limitatrice in parallelo a R2 (fig. sotto). All’accensione i due Zener sono interdetti e la resistenza R5 è staccata; per garantire l’innesco delle oscillazioni, deve essere R2 2 ; quando l’ampiezza delle oscillazioni diventa sufficientemente R1 elevata, i due Zener entrano in conduzione (uno in conduzione diretta, l’altro in conduzione inversa) e il blocco costituito dalla resistenza R5 e dai due diodi in conduzione va a porsi in parallelo alla resistenza R2. L’ampiezza delle oscillazioni si stabilizza se regoliamo R5 in modo che sia R2 //R5 rdir rz 2 R1 R5 D1 D2 rdir è la resistenza del diodo in conduzione diretta, rz è la resistenza del diodo in conduzione inversa. R1 4 Altri modi per stabilire il controllo automatico possono essere: R2 2 ; ciò R1 V- - out OUT 3 un PTC (resistenza con coefficiente di temperatura positivo) al posto di R1; il valore di R1, all’accensione, deve essere scelto in modo che sia R3=R4=R Vee 2 C1=C2=C R2 + 7 6 V+ Vcc R3 R4 C1 C2 provoca l’innesco delle oscillazioni ed un regime oscillatorio crescente in tutto il circuito. La potenza dissipata dal PTC 5 va, allora, aumentando e, con essa, la temperatura del PTC e il valore di R1; di conseguenza il valore del rapporto R2 va diminuendo sino a riportarsi a 2; quando ciò accade, le oscillazioni si stabilizzano. Spesso, al posto di R1, R1 si utilizza un filamento al tungsteno che si comporta, appunto, da PTC. un NTC (resistenza con coefficiente di temperatura negativo) al posto di R2; il valore di R2, all’accensione, va scelto in modo che sia R2 2 provocando, così, l’innesco delle oscillazioni ed un regime oscillatorio crescente R1 in tutto il circuito. La potenza dissipata da R2 (NTC) va, allora, aumentando e, con essa, la sua temperatura; il valore di R2, quindi, va diminuendo all’aumentare dell’ampiezza delle oscillazioni; di conseguenza il valore del rapporto R2 va diminuendo sino a riportarsi a 2; quando ciò accade, le oscillazioni si stabilizzano. R1 Stabilità della frequenza di oscillazione La frequenza di oscillazione tende a variare lentamente nel tempo in modo più o meno casuale; per i motivi più svariati, infatti, lo sfasamento prodotto dall’amplificatore varia lentamente; ciò è vero soprattutto negli amplificatori di alta frequenza dove, a determinare lo sfasamento introdotto dall’amplificatore, intervengono pesantemente le capacità parassite, che dipendono da molti fattori soggetti a deriva. Il quadripolo di reazione è costretto, allora, a variare lo sfasamento che esso produce per compensare le variazioni di fase che avvengono nell’amplificatore, e in qualunque punto dell’anello di reazione, e ciò provoca uno slittamento della frequenza di oscillazione. In fig. 11 è riportata la risposta in fase del quadripolo di reazione di un oscillatore; essa mostra che: se l’amplificatore introduce uno sfasamento di 20 in anticipo, allora il quadripolo di reazione deve sfasare di 20 in ritardo e le frequenza di oscillazione è 2.7kHz (punto A) se, nel corso del tempo, lo sfasamento prodotto dall’amplificatore dovesse aumentare, diventando di 40 in anticipo, allora il quadripolo di reazione deve sfasare di 40 in ritardo e le frequenza di oscillazione diventa 4.55kHz (punto B) 100d fa=2.7kHz fb=4.55kHz 0d A B -100d 1.0Hz P(V(out)) 100Hz 10KHz Frequency 1.0MHz fig. 11 Per ridurre la variazione di frequenza provocata dalle inevitabili variazioni di fase che avvengono all’interno dell’anello di reazione, e che il quadripolo di reazione è costretto a compensare, è necessario che la risposta in fase del blocco di reazione vari nel modo più ripido possibile nell’intorno della frequenza di oscillazione fo 6 100d 1 3 fo 0d 2 -100d 1.0KHz P(V(1)) 10KHz P(V(2)) 100KHz P(V(3)) Frequency 1.0MHz 10MHz fig. 12 In fig. 12 troviamo la risposta in fase di 3 distinti quadripoli di reazione; come possiamo notare: il quadripolo che ha la risposta in fase 1 è quello che riesce a compensare le eventuali variazioni di fase, aventi origine nell’anello di reazione, con una variazione di frequenza minima attorno a fo ; la sua curva di fase, infatti, varia in modo ripidissimo attorno alla frequenza di oscillazione; ciò significa che il quadripolo di reazione adoperato è molto selettivo il quadripolo di reazione 2 e il quadripolo di reazione 3, per compensare la stessa variazione di fase, devono variare la frequenza di oscillazione in misura maggiore; il quadripolo meno selettivo è il “3” ed esso garantisce una stabilità di frequenza minore che gli altri due Negli oscillatori di alta frequenza, dove il problema della stabilità di frequenza è molto sentito, il quadripolo di reazione è di tipo RLC;infatti, le reti RLC che operano alle alte frequenze riescono a garantire una buona selettività ad un basso costo e con un ingombro minimo delle bobine (che devono avere poche spire e sono a bassa perdita). Oss.: in figura sono rappresentati due filtri selettivi dove la banda passante B è data da Dove Q è il coefficiente di risonanza. Da questa relazione si deduce che quanto più è elevato Q tanto più è stretta la banda e quindi più selettiva la risposta in frequenza del circuito risonante. Le due frequenze di taglio non sono simmetriche rispetto a f0, ma f0 è la media geometrica delle due. Tuttavia nei circuiti applicativi, dove Q è normalmente elevato, si può considerare con buona approssimazione f0 pari alla media aritmetica fra le due frequenze di taglio. Oscillatori al quarzo La selettività delle reti LC, però, non va oltre un certo limite, determinato dal coefficiente di bontà delle bobine che, nel campo delle radiofrequenze, non va oltre il centinaio. Se si vuole ottenere una selettività eccellente bisogna ricorrere ai cristalli di quarzo che si comportano come circuiti risonanti estremamente selettivi; infatti, i cristalli di quarzo riescono ad avere coefficienti di risonanza compresi tra 10000 e alcune centinaia di migliaia e garantiscono, perciò, una grande stabilità della frequenza di oscillazione. Il quarzo è un cristallo piezoelettrico nel senso che: se provochiamo una deformazione meccanica (una compressione o uno stiramento) tra due facce del cristallo, tra di esse si manifesta una differenza di potenziale opportuna viceversa, se applichiamo una differenza di potenziale tra due facce del cristallo, esso subisce una deformazione meccanica. Togliendo la differenza di potenziale, la deformazione non scompare immediatamente ma solo dopo 7 un certo numero di oscillazioni smorzate; la frequenza delle oscillazioni smorzate è quella naturale del cristallo che si comporta, perciò, come un circuito risonante. In sostanza, nel quarzo abbiamo una trasformazione di energia da meccanica ad elettrica e viceversa; questo scambio avviene a bassissima perdita e il cristallo si comporta come un circuito risonante ad elevatissimo coefficiente di risonanza. La frequenza naturale fo (fondamentale) del cristallo dipende dalle dimensioni e dal taglio del cristallo; anzi fo aumenta al diminuire delle dimensioni del cristallo; in particolare fo aumenta al diminuire dello spessore del cristallo. In realtà i quarzi hanno altre frequenze naturali oltre alla fondamentale; queste frequenze, tutte multiple dispari della fondamentale fo , vengono chiamate frequenze overtone. Le armoniche pari non sono consentite dalla struttura del cristallo. La frequenza di oscillazione dei quarzi commerciali va dal centinaio di kHz a 30 MHz; cristalli di frequenza più elevata dovrebbero avere uno spessore molto piccolo e ciò li renderebbe molto fragili. Per questo motivo, gli oscillatori quarzati che lavorano a frequenze superiori ai 30MHz utilizzano cristalli accordati su una frequenza overtone del quarzo. Le frequenze overtone effettivamente usate sono la 3 a, la 5a, la 7a e la 9a e permettono di arrivare a frequenze di oscillazione di 200MHz. In fig. 27 troviamo il simbolo elettrico del quarzo e il suo circuito equivalente, nell’intorno della sua frequenza fondamentale. R1 L1 C1 Co fig. 27 E’ importante sapere che: C1 tiene conto dell’elasticità del cristallo, dello spessore e della forma e anche dell’area degli elettrodi; il suo ordine di grandezza è di 10-15 F, cioè 0.001pF (1 femtoFarad) L1 tiene conto della massa del cristallo; i cristalli di frequenza più bassa sono più voluminosi ed hanno valori di L1 di qualche Henry; nei cristalli di frequenza più elevata, la massa del cristallo è più piccola ed L1 è qualche mH R1 rappresenta la perdita di energia all’interno del cristallo; il suo valore va dalla decina di ohm per i cristalli di frequenza intorno a 20MHz ai 200kΩ nei cristalli di frequenza 1kHz Co, detta capacità di shunt, tiene conto del contenitore e delle placche applicate al cristallo; il valore di Co, nei cristalli la cui frequenza è di qualche MHz, è di alcuni pF e, perciò Co>>C1 Per fare un esempio, un cristallo di frequenza fo = 8MHz ha: Co = 4.5 pF , C1 = 0.018 pF , L1 = 22mH , R1 = 30 e di conseguenza, il coefficiente di risonanza del cristallo è: Q= o • L1 R1 = 2 • fo • L1 2 • 8 • 106 • 22 • 10-3 36861 = R1 30 ed è, quindi, molto elevato. Ma vediamo, almeno qualitativamente, come varia la reattanza del quarzo al variare della frequenza, tenendo presente il circuito equivalente del cristallo (fig.27): A frequenze molto basse, nella serie C1-L1 prevale la reattanza capacitiva e il cristallo, nel suo complesso, si comporta come una reattanza capacitiva, tanto più elevata quanto più piccola è la frequenza 8 All’aumentare della frequenza, la reattanza di L1 va aumentando, mentre quella di C1 diminuisce; ad un certo 1 e, perciò, la reattanza del ramo e anche quella complessiva si annullano; ciò accade alla C 1 1 frequenza fs = , chiamata frequenza di risonanza serie 2 • L1C1 punto L1 = Aumentando ulteriormente la frequenza, nella serie L1-C1 prevale la reattanza induttiva; il ramo C1-L1 si 1 , che, ad una certa frequenza, entra in C 1 1 1 = risonanza parallelo con la capacità di shunt Co; ciò accade quando L1 , cioè quando C1 Co 1 1 1 C1 • Co L1 = + = , dove Cs = . A questa frequenza, chiamata frequenza di risonanza C1 Co Cs C1 + Co comporta allora come una bobina, di reattanza equivalente L1 - parallelo, la reattanza complessiva diventa molto grande. La frequenza di risonanza parallelo è fp = 1 2 • L1Cs Bisogna osservare che, essendo C1 << Co , allora Cs è solo leggermente più piccola di Co e la frequenza di risonanza parallelo fp è solo di poco più grande della frequenza di risonanza serie fs . Ciò risulta evidente dalla fig. 28 che riporta l’andamento della reattanza del quarzo al variare della frequenza; la figura mostra che: Le due frequenze di risonanza sono vicinissime La reattanza del quarzo è induttiva solo nella zona di frequenza compresa tra le due risonanze; all’esterno di tale intervallo, la reattanza del quarzo è capacitiva fig. 28 Il quarzo viene fatto lavorare spesso nella zona di frequenza compresa tra le due risonanze, chiamata zona induttiva perché, come abbiamo già visto, il quarzo, in questa zona, ha un comportamento induttivo; in questo caso, il cristallo viene inserito, ovviamente, al posto di una bobina. Non è superfluo osservare che, quando il cristallo lavora nella zona induttiva, o in prossimità di essa, la sua reattanza varia bruscamente con la frequenza e, con essa lo sfasamento che il quarzo produce; di conseguenza, il cristallo riesce a compensare grandi variazioni di fase con variazioni minime della frequenza di oscillazione e l’oscillatore al quarzo ha, perciò, una grande stabilità di frequenza. 9