Ossigeno Ozono Terapia e infezioni virali Prof. Giulio Tarro Come è noto, da tempo l’Ossigeno Ozono Terapia viene utilizzata nel campo antivirale per la capacità dell’ozono di modulare in dose e tempo dipendente la sintesi delle cellule immunocompetenti ed una difesa antinfettiva complementare a quella specificata. Così come evidenziato in un interessante studio del Prof. Beniamino Calmieri dell’Università di Modena e del Dott. Massimiliano Manno, L’inattivazione dei virus è stata finora meno studiata di quella dei batteri, risulta comunque noto che anch’essa avviene rapidamente con l’Ozono, anche se richiede una somministrazione di gas a concentrazione superiori che per i batteri, le curve di inattivazione dimostrano una rapida caduta delle colture fino al 99%; il restante 1% richiede un tempo maggiore per la totale in attivazione. Questo comportamento sembra dovuto all’agglutizione dei virus con l’Ozono, il trattamento con ultrasuoni, che elimina l'agglutizione, sembrerebbe confermare questo dato. Sulla sensibilità dei virus all’Ozono, sono stati effettuati vari studi, le ricerche sembrano dimostrare che i virus provvisti di membrana, sono nettamente più sensibili di quelli che ne sono sprovvisti. Il meccanismo di azione dell’Ozono sui virus non è sicuramente quello di una distruzione, come nel caso dei batteri, ma di un’inattivazione, l’azione dell’Ozono consisterebbe in una ossidazione e conseguente inattivazione dei recettori virali specifici utilizzati per la creazione del legame con la parete della sua cellula da invadere. Verrebbe così bloccato il meccanismo di riproduzione virale a livello della sua prima fase: la invasione cellulare. Di particolare interesse risulta poi l’impiego della ossigenoterapia per particolari patologie di origine virale quali, ad esempio la virosi respiratoria sinciziale (RSV) una patologia che, secondo dati dell’OMS, determina negli USA l’ospedalizzazione di 75.000 casi con una media di 1900 morti annuali. In otto paesi europei, il 19 per cento delle infezioni respiratorie acute del tratto inferiore in pazienti ospedalizzati sotto i cinque anni di età è stato attribuito all’RSV, circa l’80 per cento di tutte le infezioni di origine virale. E’ stata inoltre evidenziata una crescente importanza del virus RSV come causa di malattie parainfluenzali sulle persone anziane. Come è noto il trattamento delle infezioni da RSV è imperniato da molto tempo su una terapia di mantenimento mediante somministrazione di Ossigeno ed idratazione per via venosa che, tra l’altro, sono il cardine di qualsiasi terapia per le infezioni delle basse vie respiratorie. Di riflesso, l’impiego di broncodilatatori nei bambini con bronchiolite è ancora controverso. I primi studi non evidenziano significativi benefici con l’uso di isoprenalina, adrenalina, salbutamolo e albuterolo o teofilina, nell’ipotesi di un’assenza di beta 2 recettori adrenergici nel polmone del lattante. Studi recenti hanno invece evidenziato un effetto benefico dei broncodilatatori in pazienti con bronchiolite anche di età inferiore all’anno. Va comunque sottolineato che la risposta ai broncodilatatori deve essere attentamente monitorata perché in alcuni pazienti si può verificare un calo della saturazione arteriosa di O2. Nessun dato clinico sembra raccomandare l’impiego di corticosteroidi sistematici nel trattamento della bronchiolite da RSV anche se sono stati sperimentati in molti centri nei pazienti ad alto rischio e nella terapia intensiva. Accanto a questi trattamenti aspecifici è attualmente disponibile anche un trattamento specifico che consiste nella somministrazione di ribavirina, un nucleoside sintetico dimostratosi attivo verso molti virus sia a RNA che a DNA. Il meccanismo di azione di questo farmaco rimane poco chiaro anche se sembra interferire nelle sintesi dei messaggeri virali e, nel caso del virus influenzale di tipo A, anche sulla polimerasi virale.