Esame di stato di liceo scientifico

M. Macchioro - La prova di fisica per la maturità scientifica
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Esame di stato di liceo scientifico maxisperimentazione Brocca
Tema di fisica, anno 2006
Il candidato svolga una relazione su uno solo dei seguenti due temi, a sua scelta, prestando particolare
attenzione al corretto uso della terminologia scientifica e delle cifre significative nella presentazione dei
risultati numerici.
Primo tema
L'effetto fotoelettrico, che presenta oggi tante applicazioni tecnologiche, si basa su una fondamentale
interpretazione teorica che ha contribuito in modo essenziale allo sviluppo della Fisica contemporanea.
Il candidato risponda ai seguenti quesiti e, dove è necessario effettuare calcoli, descriva i passaggi
intermedi e commenti le conclusioni.
1. Relazionare sulla spiegazione teorica dell'effetto fotoelettrico proposta da Albert Einstein,
confrontandola con i falliti tentativi d'interpretazione basati sulla Fisica classica.
2. Dopo avere scritto e commentato le leggi che governano l'effetto fotoelettrico, proporre un
esempio pratico descrivendo un'applicazione tecnologica e spiegandone il funzionamento.
3. Calcolare la lunghezza d'onda corrispondente alla frequenza di soglia per l'estrazione di
fotoelettroni dal potassio, sapendo che il suo lavoro di estrazione è 2,21 eV.
4. Calcolare, in J e in eV, la massima energia cinetica e la corrispondente quantità di moto degli
elettroni estratti da una superficie ricoperta di potassio irradiata con raggi ultravioletti di lunghezza
d'onda λ = 248,2 nm e calcolare la corrispondente lunghezza d'onda di de Broglie.
Si ricordano i seguenti valori approssimati:
e = 1,6 ∙ 10-19 C;
me = 9,11 · 10-31 kg;
h = 6,6 ∙ 10-34 J · s;
c = 3 ∙ 10-8 m/s
Secondo tema
L'effetto Joule ha tantissime applicazioni pratiche, anche all'interno delle nostre case. Il candidato risponda
ai seguenti quesiti e, dove è necessario effettuare calcoli, descriva i passaggi intermedi e commenti le
conclusioni.
1. Descrivere e spiegare l'effetto Joule con una breve relazione scientifica.
2. Spiegare perché la resistenza di un conduttore aumenta con l'aumento della temperatura. Cosa
succede, invece, nel caso di un semiconduttore?
3. Rappresentare graficamente e commentare l'andamento dell'intensità di corrente nel filamento di
una lampada, in funzione del tempo, da quando è freddo a quando è diventato incandescente (si
supponga costante la ddp applicata al filamento).
4. Spiegare il significato dell'espressione “corto circuito" che si sente qualche volta come causa
d'incendio in un appartamento.
5. Spiegare il concetto di “potenza elettrica" e ricavare le formule che permettono di calcolare sia
l'energia e sia la potenza in corrente continua e alternata. Ricavare anche le rispettive unità di
misura come grandezze derivate del Sistema SI.
6. Uno scaldabagno elettrico, con una potenza di 1,2kW, contiene 80 litri d'acqua alla temperatura di
18 °C. Ammettendo che vi sia una dispersione di energia del 5%, calcolare:
a) l'intensità di corrente che attraversa la resistenza, sapendo che la tensione di rete è 220V;
b) quanto tempo è necessario, approssimando al minuto, perché il termostato interrompa
l'alimentazione elettrica sapendo che esso è predisposto per interromperla quando l'acqua
ha raggiunto la temperatura di 40 °C;
c) la spesa da sostenere per portare l'acqua da 18 °C a 40 °C, sapendo che il costo del servizio è
di 0,13 Euro/kWh;
d) la spesa sostenuta inutilmente a causa della dispersione di energia nello scaldabagno.
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Svolgimento tema 1
1.
Relazionare sulla spiegazione teorica dell'effetto fotoelettrico proposta da Albert Einstein,
confrontandola con i falliti tentativi d'interpretazione basati sulla Fisica classica.
L’effetto fotoelettrico consiste nell’emissione di elettroni da parte di un metallo, quando viene investito da
radiazione elettromagnetica di opportuna frequenza. Gli elettroni liberi del metallo prossimi alla sua
superficie, in condizioni normali, non hanno l’energia sufficiente per superare la piccola barriera di
potenziale che ne impedisce l’emissione. Tuttavia se essi assorbono una piccola quantità di energia, in
genere di pochi eV, pari al cosiddetto lavoro di estrazione, essi abbandonano la superficie del metallo.
Questa energia può essere fornita mediante riscaldamento (effetto termoelettronico) o mediante
radiazione elettromagnetica (effetto fotoelettrico).
Sperimentalmente, l’effetto fotoelettrico può essere studiato ponendo in un tubo a vuoto due elettrodi, di
cui uno ricoperto del metallo che si vuole studiare. Si collegano gli elettrodi a una sorgente di f.e.m.
variabile, in modo da variare la d.d.p. tra gli elettrodi, e a un microamperometro per misurare la corrente.
Illuminando la placca metallica, si possono notare due fatti inspiegabili per la Fisica classica:
 il primo è la presenza di una frequenza minima della radiazione, detta frequenza di soglia, al di
sotto della quale non vengono emessi elettroni neanche per fasci molto intensi. Secondo la
concezione classica, l’energia trasportata da un’onda elettromagnetica è legata al modulo quadro
del campo elettrico (o magnetico) secondo le relazioni:
oppure
è la densità media di energia, notiamo che nelle formule compaiono i valori efficaci dei campi.
E’ noto inoltre che, per definizione, la grandezza intensità di un’onda è proporzionale all’energia,
essendo data dalla relazione:
quindi, immaginando la radiazione racchiusa in un volume di forma cilindrica
l’intensità media di un’onda è, pertanto, direttamente proporzionale alla densità di energia media.
Per la Fisica classica, quindi, l’energia che la radiazione trasporta dipende unicamente dall’intensità
e non dalla frequenza, quindi non trova alcuna spiegazione la presenza di una frequenza minima, al
di sotto della quale neanche fasci molto intensi riescono ad estrarre elettroni.
 Il secondo può essere evidenziato, una volta ottenuta l’emissione di elettroni con radiazione di
frequenza superiore a quella di soglia, studiando la relazione tra tensione e corrente, e ripetendo la
prova con fasci di diversa intensità. Si ottiene il seguente grafico:
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Ponendo la placca metallica a un potenziale minore dell’altro elettrodo (ΔV > 0), gli elettroni vengono
accelerati provocando un aumento della corrente, fino ad arrivare a un valore di saturazione,
corrispondente al fatto che tutti gli elettroni emessi nell’unità di tempo raggiungono l’elettrodo positivo. La
corrente di saturazione aumenta all’aumentare dell’intensità, e ciò è spiegabile ammettendo che fasci più
intensi determinino l’emissione di un maggior numero di elettroni nell’unità di tempo.
Invertendo le polarità degli elettrodi (ΔV < 0), gli elettroni vengono invece respinti fino ad annullare la
corrente. La d.d.p. per la quale la corrente si annulla è detta potenziale d’arresto. In questa situazione,
anche gli elettroni dotati di maggior energia cinetica non riescono a raggiungere l’elettrodo negativo, per
cui è facile ottenere la relazione tra energia cinetica massima degli elettroni e potenziale d’arresto:
Dal grafico tensione-corrente appare evidente il fatto non spiegabile classicamente: fissato il metallo e la
frequenza della radiazione, il potenziale d’arresto dovrebbe aumentare, in valore assoluto, col crescere
dell’intensità del fascio, ciò perché a maggior intensità dovrebbe corrispondere una maggiore energia
ceduta agli elettroni, e quindi, per la relazione precedente, un maggior potenziale d’arresto. Il grafico,
invece, evidenzia un potenziale d’arresto sempre uguale a qualunque intensità.
Questi fatti non spiegabili classicamente furono brillantemente spiegati da Einstein nel 1905 con il modello
a fotoni della radiazione elettromagnetica, in base al quale la radiazione viene pensata come quantizzata.
Einstein immaginò la radiazione composta da un numero grandissimo di particelle, dette appunto fotoni,
ciascuna delle quali trasporta una quantità di energia proporzionale alle frequenza dell’onda, secondo la
relazione:
E = hf
dove h = 6,63 ∙ 10-34 J∙s è la costante introdotta pochi anni prima da Planck nella soluzione del problema del
corpo nero.
Secondo la spiegazione di Einstein, l’estrazione di elettroni avviene grazie all’interazione tra i singoli fotoni
e gli elettroni. Un fotone riesce a strappare un elettrone dalla superficie del metallo se la sua energia hf è
almeno uguale al lavoro di estrazione W0:
avendo indicato con f0 la frequenza di soglia. Quindi, in accordo con le evidenze sperimentali, se la
radiazione elettromagnetica non possiede una frequenza almeno uguale a quella di soglia, neanche fasci di
grande intensità possono generare l’emissione di elettroni. I valori di f0 corrispondono alla radiazione
visibile per alcuni metalli, ultravioletta per altri.
L’indipendenza dell’energia cinetica massima degli elettroni dall’intensità del fascio fu spiegata da Einstein
imponendo che essa fosse uguale alla differenza tra l’energia del fotone e il lavoro di estrazione:
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l’energia cinetica massima cresce linearmente al crescere della frequenza della radiazione (
è una
costante) ed è indipendente dall’intensità. Un fascio più intenso, pertanto, è costituito da un maggior
numero di fotoni ed è in grado di estrarre un maggior numero di elettroni (viene confermato, quindi, il
crescere della corrente di saturazione al crescere dell’intensità), ma non influisce sull’energia degli stessi.
Introducendo il potenziale d’arresto, la relazione precedente diventa:
potenziale d’arresto
Graficamente, questa legge, che ha significato solo per f ≥ f0, è rappresentata da una semiretta di
coefficiente angolare
, mentre il termine noto
rappresenta il potenziale di estrazione. Si nota che
per metalli differenti le semirette che rappresentano il potenziale d’arresto in funzione della frequenza
della radiazione hanno tutte la stessa pendenza e, pertanto, saranno parallele tra loro; ciò in quanto il
coefficiente angolare dipende unicamente da due costanti, cioè la costante di Planck e la carica
dell’elettrone. La conferma sperimentale a questa previsione del modello a fotoni di Einstein avvenne nel
1916 per opera di Millikan, che eseguendo misure per diversi metalli ottenne una serie di semirette
parallele.
metallo A
f0A
f0B
metallo B
frequenza
2.
Dopo avere scritto e commentato le leggi che governano l'effetto fotoelettrico, proporre un
esempio pratico descrivendo un'applicazione tecnologica e spiegandone il funzionamento.
In sintesi, l’effetto fotoelettrico nell’interpretazione quantistica di Einstein può essere ricondotto alla legge:
Questa legge, infatti, non solo lega l’energia massima degli elettroni alla frequenza della radiazione, in
accordo con le evidenze sperimentali, ma contiene anche la frequenza di soglia. Notiamo infatti che, per
f < f0 l’equazione perde significato non potendo essere negativa l’energia cinetica, e quindi è impossibile
avere emissione di elettroni. Nel caso particolare in cui f = f 0 l’energia del fascio è uguale a quella di
estrazione, pertanto gli elettroni vengono emessi fermi.
La legge ricavata precedentemente:
è perfettamente equivalente alla precedente, ma ha il vantaggio di contenere il potenziale d’arresto, che è
facilmente misurabile sperimentalmente con l’apparato descritto nel punto 1.
Tra le applicazioni tecnologiche dell’effetto fotoelettrico, la più importante è la cellula fotoelettrica. Essa è
costituita da un involucro sotto vuoto nel quale sono disposti 2 elettrodi collegati a una batteria: il catodo,
collegato al polo negativo, rivestito di una sostanza fotosensibile, e l’anodo, collegato al polo positivo.
Illuminando il catodo, esso emette elettroni per effetto fotoelettrico e si genera così una corrente nel
circuito. Se però un oggetto si interpone tra la sorgente luminosa e il catodo, quest’ultimo non emette più
elettroni e la corrente si interrompe. Questo semplice dispositivo è usato, per esempio, nei cancelli ad
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apertura automatizzata, nei quali il passaggio di una persona ne blocca la chiusura, e negli impianti
d’allarme, nei quali l’interruzione del raggio luminoso provoca un segnale acustico.
3.
Calcolare la lunghezza d'onda corrispondente alla frequenza di soglia per l'estrazione di
fotoelettroni dal potassio, sapendo che il suo lavoro di estrazione è 2,21 eV.
Trasformiamo innanzitutto il lavoro di estrazione in joule, ricordando che 1 eV = 1,60 ∙ 10 -19 J
Dalla relazione
possiamo ricavare, per formula inversa, la lunghezza d’onda di soglia:
Nello svolgimento dell’esercizio abbiamo considerato tutti i dati con tre cifre significative, per una
maggiore precisione dei risultati.
4.
Calcolare, in J e in eV, la massima energia cinetica e la corrispondente quantità di moto degli
elettroni estratti da una superficie ricoperta di potassio irradiata con raggi ultravioletti di lunghezza
d'onda λ = 248,2 nm e calcolare la corrispondente lunghezza d'onda di de Broglie.
Trasformiamo la lunghezza d’onda della radiazione in metri:
λ = 248,2 nm = 248,2 ∙ 10-9 m = 2,482 · 10-7 m
e ricordiamo la lunghezza d’onda di soglia del potassio ricavata nel punto precedente:
λ0 = 5,62 ∙ 10-7 m
L’energia cinetica massima degli elettroni può essere ricavata con la legge dell’effetto fotoelettrico:
Notiamo che l’energia a riposo di un elettrone è
essendo l’energia dei fotoelettroni molto minore di essa, il problema può essere trattato con le formule
della meccanica newtoniana.
Sfruttando la relazione
ricaviamo la corrispondente quantità di moto:
Per finire, possiamo ricavare la lunghezza d’onda di de Broglie degli elettroni emessi, ricordando che essa
esprime la caratteristica ondulatoria di essi:
Anche nello svolgimento di questo esercizio si è preferito considerare tutte le grandezze con tre cifre
significative.
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Secondo tema
L'effetto Joule ha tantissime applicazioni pratiche, anche all'interno delle nostre case. Il candidato risponda
ai seguenti quesiti e, dove è necessario effettuare calcoli, descriva i passaggi intermedi e commenti le
conclusioni.
1. Descrivere e spiegare l'effetto Joule con una breve relazione scientifica.
2. Spiegare perché la resistenza di un conduttore aumenta con l'aumento della temperatura. Cosa
succede, invece, nel caso di un semiconduttore?
3. Rappresentare graficamente e commentare l'andamento dell'intensità di corrente nel filamento di
una lampada, in funzione del tempo, da quando è freddo a quando è diventato incandescente (si
supponga costante la ddp applicata al filamento).
4. Spiegare il significato dell'espressione “corto circuito" che si sente qualche volta come causa
d'incendio in un appartamento.
5. Spiegare il concetto di “potenza elettrica" e ricavare le formule che permettono di calcolare sia
l'energia e sia la potenza in corrente continua e alternata. Ricavare anche le rispettive unità di
misura come grandezze derivate del Sistema SI.
6. Uno scaldabagno elettrico, con una potenza di 1,2kW, contiene 80 litri d'acqua alla temperatura di
18 °C. Ammettendo che vi sia una dispersione di energia del 5%, calcolare:
a) l'intensità di corrente che attraversa la resistenza, sapendo che la tensione di rete è 220V;
b) quanto tempo è necessario, approssimando al minuto, perché il termostato interrompa
l'alimentazione elettrica sapendo che esso è predisposto per interromperla quando l'acqua
ha raggiunto la temperatura di 40 °C;
c) la spesa da sostenere per portare l'acqua da 18 °C a 40 °C, sapendo che il costo del servizio è
di 0,13 Euro/kWh;
d) la spesa sostenuta inutilmente a causa della dispersione di energia nello scaldabagno.
1.
Descrivere e spiegare l'effetto Joule con una breve relazione scientifica.
Con il termine “effetto Joule” si intende il riscaldamento subito da un conduttore quando viene
attraversato da corrente. E’ noto che per corrente elettrica si intende un moto ordinato di cariche causato
dall’applicazione di una differenza di potenziale ai capi di un conduttore. Nel caso dei metalli, le cariche
mobili sono elettroni, quindi cariche negative, che in assenza di d.d.p. sono animati da un movimento
casuale dovuto all’agitazione termica. Applicando una certa d.d.p., la forza elettrica tende ad accelerare gli
elettroni in verso opposto al campo. Nel loro cammino, però, essi urteranno continuamente gli ioni positivi
del reticolo cristallino, sicché il loro moto d’assieme può essere considerato uniforme. In termini
energetici, l’energia conferita dal campo elettrico agli elettroni, non potendo variare l’energia cinetica degli
stessi se non nel breve tratto tra un urto e l’altro, viene ceduta durante gli urti proprio agli ioni del reticolo,
che iniziano a vibrare più intensamente causando a livello globale un aumento della temperatura del
conduttore. In un tempo generalmente abbastanza breve, la temperatura del conduttore si stabilizza su un
valore costante. Questo effetto è largamente sfruttato nella pratica ogni volta che si desidera generare
energia termica per gli scopi più disparati (stufa elettrica, ferro da stiro, asciugacapelli, ecc.); il conduttore
attraversato da corrente raggiunge una temperatura di funzionamento e cede calore all’ambiente
circostante essenzialmente per irraggiamento.
2.
Spiegare perché la resistenza di un conduttore aumenta con l'aumento della temperatura. Cosa
succede, invece, nel caso di un semiconduttore?
Ricordiamo che per resistenza elettrica si intende l’opposizione che un corpo offre al passaggio di corrente
elettrica. Nei conduttori ohmici (metalli, semiconduttori) la resistenza è definita dalle due leggi di Ohm:
prima legge di Ohm
seconda legge di Ohm
La seconda legge, in particolare, lega la resistenza ai parametri geometrici lunghezza e sezione di un
conduttore e alla grandezza resistività (ρ), che è legata al materiale di cui è costituito il conduttore.
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E’ proprio quest’ultima grandezza che possiede la proprietà di variare al variare della temperatura. Nel
caso dei conduttori metallici, l’aumento della resistività con la temperatura può essere attribuito
classicamente a due cause, suggeriteci dal modello microscopico illustrato nel punto 1. La prima è che, al
crescere della temperatura, la maggior intensità con cui vibra il reticolo cristallino rende più difficoltoso il
movimento degli elettroni, con conseguente aumento della resistività. La seconda può essere attribuita
all’aumento con la temperatura della velocità di agitazione termica degli elettroni, con conseguente
aumento della frequenza degli urti col reticolo cristallino e dell’ostacolo al loro movimento. In realtà,
nessuna delle due spiegazioni appare del tutto convincente: per la prima, infatti, si nota che l’aumento del
moto oscillatorio degli ioni del reticolo cristallino è di entità troppo piccola per giustificare l’aumento della
resistività; la seconda, invece, non è in accordo con molte verifiche sperimentali, che dimostrano che
l’energia degli elettroni di conduzione non varia apprezzabilmente con la temperatura. Una più corretta
spiegazione del fenomeno è data solo dalla teoria quantistica dei solidi. La legge con cui varia la resistività è
di tipo lineare:
in questa legge
è la resistività misurata a una temperatura di riferimento generalmente posta uguale a
20 °C, T - T0 è la differenza tra la temperatura T e quella di riferimento T 0, α è un coefficiente di
temperatura caratteristico di ogni metallo.
Al contrario di quanto accade nei metalli, si osserva che nei semiconduttori la resistività diminuisce
all’aumentare delle temperatura. Il motivo va ricercato nella struttura microscopica di un semiconduttore
come, per esempio, il germanio o il silicio. A basse temperature, i semiconduttori non hanno cariche mobili
a causa del legame covalente tra i loro atomi. L’aumento di temperatura, però, provoca, a causa
dell’agitazione termica, il distacco di alcuni elettroni che, diventando liberi, aumentano la conducibilità del
materiale. La diminuzione della resistività in un semiconduttore è descritta dalla stessa legge precedente,
però con valori del coefficiente α negativi.
3.
Rappresentare graficamente e commentare l'andamento dell'intensità di corrente nel filamento
di una lampada, in funzione del tempo, da quando è freddo a quando è diventato incandescente (si
supponga costante la ddp applicata al filamento).
Possiamo dare al quesito una risposta qualitativa. La corrente ha un valore che, a causa dell’aumento della
resistenza con la temperatura, diminuisce rispetto al valore iniziale. Notiamo che, a causa
dell’irraggiamento verso l’esterno, la temperatura del filamento si stabilizza in brevissimo tempo su un
valore che rimarrà costante, e altrettanto avverrà per la resistenza e per la corrente. Pertanto,
mantenendo costante la d.d.p. , si può ipotizzare un grafico nel quale, partendo da un valore massimo
all’istante iniziale, la corrente decresca per poi assumere un valore costante.
i
i0
if
tf
t
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All’istante tf , si raggiunge un equilibrio dinamico tra l’energia elettrica fornita al filamento dal generatore e
l’energia termica ceduta per irraggiamento all’ambiente esterno, per cui la temperatura, la resistenza e la
corrente non varieranno più.
4.
Spiegare il significato dell'espressione “corto circuito" che si sente qualche volta come causa
d'incendio in un appartamento.
Dato un circuito, con l’espressione “corto circuito” si intende un collegamento mediante un conduttore di
resistenza trascurabile (in genere un filo metallico) di due punti a diverso potenziale.
R1
A
i
R2
ε
i=0
B
I punti A e B sono a diverso potenziale, essendo il primo a monte e il secondo a valle di R 2. Se li colleghiamo
con un filo di resistenza trascurabile, la corrente entrante nel nodo A viene interamente convogliata nel
filo, escludendo di fatto R2 dal circuito. Il corto circuito, pertanto, è una tecnica di laboratorio molto
comune e viene utilizzata per escludere una o più resistenze dal circuito. Nell’applicare questa tecnica,
però, bisogna fare attenzione a verificare che la resistenza della maglia nella quale la corrente circola sia
adeguata, altrimenti il valore della corrente può diventare molto alto e provocare danni al sistema. Questo
è quello che avviene, per esempio, in un normale circuito domestico quando, per cause accidentali,
vengono a contatto tra loro due punti a potenziale diverso: l’elevata corrente provoca la fusione del filo e
la conseguente combustione del rivestimento di plastica, e, se la cosa avviene nelle vicinanze di materiale
infiammabile, c’è rischio di un incendio.
5.
Spiegare il concetto di “potenza elettrica" e ricavare le formule che permettono di calcolare sia
l'energia e sia la potenza in corrente continua e alternata. Ricavare anche le rispettive unità di misura
come grandezze derivate del Sistema SI.
In Meccanica, la potenza è definita come la rapidità con cui una forza compie un certo lavoro:
o, in maniera analoga, come la rapidità con la quale varia l’energia di un sistema fisico:
Nel caso elettrico, la potenza è legata al lavoro compiuto dal generatore per far circolare corrente, e alla
sua successiva dissipazione nelle resistenze per effetto Joule.
Quando in un circuito circola corrente, il generatore compie un lavoro sulle cariche
dove
è la quantità di carica spostata nel tempo Δt e
Ricordando che
la differenza di potenziale ai capi del conduttore.
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si ottiene per il lavoro l’espressione:
Ricordando che, per definizione, la potenza è data dal rapporto tra il lavoro e il tempo:
si ottiene per la potenza elettrica la relazione
Questa formula può essere utilizzata sia per calcolare la potenza fornita dal generatore, utilizzando la
f.e.m. come differenza di potenziale:
sia per calcolare la potenza dissipata in un conduttore per effetto Joule:
dove per
intendiamo la d.d.p. ai capi del conduttore.
In entrambi i casi notiamo che la potenza elettrica può essere calcolata semplicemente moltiplicando la
tensione per la corrente.
Se il conduttore è ohmico, sfruttando la prima legge di Ohm:
si ottengono, per la potenza dissipata, le seguenti relazioni:
Dalla prima di queste 2 relazioni, in particolare, si nota che la potenza dissipata è direttamente
proporzionale al quadrato della corrente.
Moltiplicando per il tempo, si ottengono le corrispondenti formule per l’energia.
energia erogata dal generatore
energia dissipata per effetto Joule.
In corrente alternata, per calcolare la potenza media si ricorre ai valori efficaci della tensione e della
corrente:
con
e
abbiamo indicato i valori massimi della tensione e della corrente. Le formule precedenti,
pertanto, diventano le seguenti:
per la potenza media erogata
per la potenza media dissipata
Per giustificare l’introduzione dei valori efficaci, è bene ricordare l’espressione della tensione e della
corrente alternata in un circuito puramente resistivo:
La potenza istantanea può essere ricavata in questo modo:
Passando alla potenza media, si considera che il valore medio di
vale ½:
introducendo i valori efficaci si ottengono le relazione precedenti.
Per ciò che riguarda le unità di misura, è noto dalla Meccanica che l’energia si misura in joule (1J = 1N∙1m)
e la potenza in watt (1W = 1J/1s). possiamo comunque ricavare le unità di misura partendo dalla formula
della potenza elettrica:
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riottenendo così la definizione data in meccanica.
6.
Uno scaldabagno elettrico, con una potenza di 1,2kW, contiene 80 litri d'acqua alla temperatura
di 18 °C. Ammettendo che vi sia una dispersione di energia del 5%, calcolare:
a)
l'intensità di corrente che attraversa la resistenza, sapendo che la tensione di rete è 220V;
b)
quanto tempo è necessario, approssimando al minuto, perché il termostato interrompa
l'alimentazione elettrica sapendo che esso è predisposto per interromperla quando l'acqua ha
raggiunto la temperatura di 40 °C;
c)
la spesa da sostenere per portare l'acqua da 18 °C a 40 °C, sapendo che il costo del servizio
è di 0,13 Euro/kWh;
d)
la spesa sostenuta inutilmente a causa della dispersione di energia nello scaldabagno.
Per rispondere al quesito a), consideriamo la relazione:
e ricaviamo l’intensità di corrente:
Per ricavare il tempo richiesto nel punto b) dobbiamo considerare la legge fondamentale della termologia:
e ricordare che
Nel nostro caso dobbiamo tenere conto della dispersione del 5%, per cui la potenza da utilizzare nella
formula è:
Combinando le formule precedenti si ha:
Notiamo che il risultato, per le regole sulle cifre significative, andrebbe arrotondato a 110 min, ma
seguiamo l’indicazione del testo che chiede di arrotondarlo al minuto.
Per risolvere il punto c), calcoliamo innanzitutto l’energia dissipata in 108 min:
considerando che
si può convertire l’energia in kWh:
Per calcolare la spesa sostenuta per riscaldare l’acqua, consideriamo che:
per cui avremo
Il punto d) chiede la spesa sostenuta inutilmente a causa della dispersione; per calcolarla è sufficiente
calcolare il 5% della spesa totale: