CATECHESI SULLA FAMIGLIA CRISTIANA CRISTIANA

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Parrocchia San Sisto – L’Aquila
Anno Pastorale 2006/2007
www.sansistoaq.it
CATECHESI SULLA
FAMIGLIA
FAMIGLIA
CRISTIANA
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BIBLIOGRAFIA
La Sacra Bibbia (la Bibbia di Gerusalemme, traduzione CEI)
RH
Redemptor Homini
FC
Familiaris consortio
DPF
Direttorio di pastorale familiare
CCC
Catechismo della Chiesa cattolica
Comp
Compendio del CCC
Atti Conv Atti VIII convegno regionale di formazione per operatori di
pastorale familiare
D C est
Deus Caritas est, di Papa Benedetto XVI
ESM
Evangelizzazione e Sacramento del matrimonio
GS
Gaudium et spes
PrSM
Preparazione al Sacramento del Matrimonio
FC per III° La famiglia cristiana una buona novella per il III° millennio
Articoli di specialisti letti in vari giornali:
o La vita in Cristo e nella Chiesa;
o Presenza pastorale n° 6/96;
o Via, Verità, Vita n° 199/04.
PREGHIERA PER LA FAMIGLIA
Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, Padre, che sei Amore e
Vita, fa che ogni famiglia umana sulla terra diventi, mediante il Tuo Figlio, Gesù
Cristo, “nato da donna”, e mediante lo Spirito Santo, sorgente di divina carità, un vero
santuario della vita e dell’amore per le generazioni che sempre si rinnovano.
Fa che la tua grazia guidi i pensieri e le opere dei coniugi verso il bene delle loro
famiglie e di tutte le famiglie del mondo.
Fa che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno per la loro
umanità e la loro crescita nella verità e nell’amore.
Fa che l’amore, rafforzato dalla grazia del Sacramento del Matrimonio, si dimostri
più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le quali, a volte, passano le
nostre famiglie.
Fa infine, te lo chiediamo per intercessione della Sacra Famiglia di Nazaret, che la
Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra possa compiere fruttuosamente la sua
missione nella famiglia e mediante la famiglia.
Per Cristo nostro Signore, via, verità e vita nei secoli dei secoli.
AMEN.
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Sommario
L’annuncio – Vocazione ............................................................4
Fidanzamento.........................................................................8
Il Matrimonio Sacramento ...................................................... 11
Nasce Gesù
Genitori e figli. ........................................................................ 15
La Fuga in Egitto ................................................................... 21
Gesù cresce e lavora
Famiglia, Eucaristia e lavoro ......................................................... 23
Gesù inizia la Sua vita pubblica
I figli vanno via ........................................................................ 25
Gesù muore in Croce - Maria sotto la Croce
Padre e madre per sempre .......................................................... 26
Parrocchia San Sisto
Pro manoscritto ad uso interno
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L’ANNUNCIO – VOCAZIONE
Lc 1,26: “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio…a una vergine promessa
sposa…”
Mt 1,19. A Giuseppe “apparve in sogno un angelo del Signore…”.
Lc 1,38: “Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello
che hai detto”.
Mt 1,24: “Destatosi dal sonno, Giuseppe…prese con sé la sua sposa…”
In questi nostri incontri con voi, genitori dei bambini e ragazzi che frequentano il
catechismo nella parrocchia, abbiamo pensato di trattare un argomento molto
importante: La famiglia cristiana, cioè come Cristo ha inteso e pensato la famiglia
umana e come la Chiesa cattolica tramanda e rende attuali gli insegnamenti di Gesù
Cristo suo Fondatore e Maestro.
Per trattare bene l’argomento è necessario premettere una breve nota sulla
vocazione.
La vocazione è la chiamata di Dio, rivolta a ciascuno di noi personalmente, a
compiere nella nostra vita la sua volontà. Questa chiamata noi la avvertiamo in vario
modo: c’è chi la “sente”, la avverte, attraverso la voce e/o l’invito di un amico, il
consiglio di un genitore, di un sacerdote, comunque di qualcuno che ci sta vicino e ci
ama; altri possono sentirla per mezzo di una lettura ed in svariati altri modi.
La vocazione al matrimonio, poi, spesso si manifesta attraverso il cuore/il
sentimento/la gioia -prima di tutto spirituale -che proviamo nell’incontrare una
persona dell’altro sesso. Se cominciamo a sentirci legati a lei in modo continuativo, se
ci comprendiamo, se nasce l’amore e l’amore continua…, ecco, può essere che quella
sia la nostra vocazione, non solo a vivere nel matrimonio, ma a vivere il matrimonio
proprio con quella persona.
Prima di credere di aver ricevuto una vocazione, però, è necessario comprendere se
è vera vocazione o se trattasi di nostra infatuazione. È necessaria allora molta
preghiera per poter discernere. Non è sbagliato neanche ricorrere all’aiuto di persona
esperta nel campo specifico.
I primi e migliori consiglieri sono certamente i genitori. Subito dopo può essere utile
ricorrere all’aiuto del proprio confessore o del Padre spirituale se lo abbiamo. È
sbagliato parlare e fidarsi dei coetanei che, spesso, ne sanno meno degli interessati.
Come potete vedere abbiamo esposto una immagine della Sacra Famiglia: sia
perché ad essa chiediamo- con la preghiera- di illuminare le nostre riflessioni, sia
perché ad essa vogliamo riferirci per ricavare le linee guida delle nostre famiglie.
Scriveva Papa Giovanni Paolo II: “La Santa Famiglia è l’inizio di tante altre famiglie
sante… Attraverso la famiglia fluisce la storia dell’uomo e della salvezza dell’umanità”
(LaF,23).
È necessario precisare subito che Maria e Giuseppe sono persone come noi. Perciò noi
come loro possiamo vivere una vita di preghiera e di unione con Dio e tra noi pur nelle
nostre diverse attività quotidiane. Maria è “Piena di grazia”, ma questo non fa di Lei
un automa. Lei è libera; proprio per questo l’angelo del Signore si presenta a lei e
chiede il suo consenso. Alle parole dell’angelo “ella rimase turbata e si domandava
che senso avessero quelle parole” (Lc1,29).
Maria vuole essere informata, vuole capire qual è la vocazione a cui Dio la sta
chiamando: “Come è possibile? Non conosco uomo” (Lc 1,34).
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Maria ha una fede grandissima, chiara, cristallina: quando l’angelo le dice “Nulla è
impossibile a Dio” (Lc 1,37), lei risponde: “Eccomi,…avvenga di me quello che hai
detto” (Lc1,38).
Alla chiamata a vivere per Dio e con Dio la Vergine di Nazaret risponde positivamente:
“Eccomi”, e avendo compreso che non le viene chiesto solo un comportamento, ma le
viene richiesto di mettere la sua vita a completa disposizione del Progetto di Dio
aggiunge: “avvenga di me quello che hai detto” cioè da questo momento in poi la mia
vita non è più mia ma la dono a Dio, perché Egli faccia di me ciò che desidera.
Maria accetta di essere madre.
Ogni donna che accoglie la vocazione a vivere nel matrimonio accetta di essere
madre, se Dio vorrà mandarle dei figli. La generazione di una nuova vita non avrebbe
luogo se da parte dei genitori - ma in particolare da parte della donna – non
prevalesse la fiducia nell’umanità e nella provvidenza di Dio. L’essere genitori è vero
che appartiene ad entrambi, ma –è chiaro – si realizza molto più nella donna,
specialmente nel periodo della gestazione. Di questo ogni uomo, ogni marito, ogni
papà, e l’umanità tutta deve essere pienamente consapevole e sentire un “debito di
riconoscenza” verso la donna-madre. Nessun programma di parità di diritti di donne
ed uomini è valido, se non si tiene presente questo fatto in modo tutto essenziale”
(MD,18).
È la donna-madre il primo “tu” della relazione umana con il nuovo nato, è lei che
trasmette e insegna a figli e figlie il linguaggio e la comprensione della realtà
circostante, e la giusta comprensione e stima di sé e degli altri.
*Giuseppe è colui che si fida di Dio, ma è anche colui di cui Dio si fida: Giuseppe è
Giusto. Accoglie in silenzio la vocazione, obbedisce alla Parola del Signore. Anche lui,
come Maria, mette la sua vita a disposizione del Progetto di Dio. Entrambi, Maria e
Giuseppe attraverso l’ascolto e l’obbedienza alla Parola divengono la Madre e il padre
(putativo) di Gesù.
Ecco la Sacra Famiglia! L’immagine vivente della Chiesa di Dio, prototipo ed esempio
di tutte le famiglie cristiane (DPF,273).
Maria e Giuseppe erano “promessi”, ma restavano ciascuno a casa sua almeno per un
anno. Era ciò che noi chiamiamo fidanzamento. Come lo trascorreva Maria? Come lo
trascorreva Giuseppe? Chiediamocelo per vedere quanto c’è di sbagliato nei
fidanzamenti di oggi.
Il tempo di fidanzamento non era senza termine, ma conduceva gli sposi e le loro
famiglie a prendere delle decisioni perché potesse essere celebrato il matrimonio.
Gli sposi si preparavano con la preghiera: L’angelo del Signore incontra Maria mentre
prega. E a Giuseppe va in sogno mentre egli stava “meditando in cuor suo cosa fare”.
Ecco la nostra fede: il Dio in cui crediamo è il Dio della vita! Perciò è essenziale per noi
“il rispetto di ogni vita”, specialmente la vita più debole e non ancora nata.
“L’educazione dei bambini inizia prima della nascita, nell’ambiente in cui il nascituro è
atteso ed accolto, specialmente con il dialogo d’amore della madre con la sua
creatura”
(PrSM,23).
Tutta la nostra vita è “vocazione”, è “chiamata”. Vocazione all’amore, ma anche
educazione alla vita e all’amore, affinché avvenga/si realizzi la formazione della nostra
persona in vista del suo fine ultimo: la salvezza. Siamo chiamati, cioè, a fare un
cammino per crescere secondo la verità impressa in noi dall’atto creatore di Dio. Dio
ci crea a sua immagine e somiglianza, e quindi ci lascia liberi; tuttavia ci indica la
strada per andare a Lui.
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Nel nostro spirito, dentro di noi, è impressa/è iscritta la capacità e la responsabilità
dell’amore e della comunione. Poiché l’amore è la naturale e fondamentale vocazione
di ogni essere umano.
Ma l’amore, per l’essere umano, come si esprime?
L’essere umano si realizza pienamente quando sa donare se stesso, nella certezza che
la sua vita ha senso solo nel donarsi per amore. Dove e come si realizza realmente
questa vocazione?
Principalmente in due stati di vita:
• Nel dono di se stessi a Dio nel sacerdozio e nella vita consacrata,
• nella vita matrimoniale.
Esistono, tuttavia anche altri stati di vita, anch’essi importanti, ma che esulano da
questo nostro discorso.
Sia nel caso della vita consacrata, come pure nella vita matrimoniale l’essere umano si
realizza pienamente perché le due forme di vita, diverse e complementari, si
favoriscono reciprocamente e convergono nell’esprimere lo stesso mistero sponsale
e l’unione feconda e salvifica di Cristo con la Chiesa.
Noi, ora, parliamo della vocazione dell’essere umano all’amore coniugale. Questa
vocazione coinvolge la persona nella sua totalità, nella sua interezza. Difatti, ogni
uomo e ogni donna è chiamato a vivere l’amore come totalità unificata di spirito e di
corpo. Ciò richiede, però, una formazione continua ed un impegno finalizzato a
promuovere la maturità globale della persona.
Per svolgere il nostro discorso faremo riferimento innanzitutto a quanto si dice nel
Vangelo e negli altri scritti Neo-testamentari il tutto collegato con l’A.T. Poi terremo
presenti e citeremo il CCC ed anche il Compendio del CCC. Ma vedremo ancora cosa
dice la Chiesa in alcuni suoi documenti. Tuttavia dobbiamo precisare che la Chiesa
poiché guarda con grande interesse alla famiglia, ha prodotto e pubblicato tantissimi
documenti al riguardo. Per questo motivo citeremo solo quelli che più direttamente ci
interessano, pur tenendo presente tutta la dottrina in materia.
Nello svolgimento concreto degli incontri seguiremo il costituirsi reale della famiglia
che inizia con l’incontro dei due: “maschio e femmina” e con la loro preparazione
attraverso:
• il fidanzamento che serve per la conoscenza reciproca dei giovani –
soprattutto spirituale, sociale, culturale e religiosa, per maturare la ferma
convinzione di voler unire le loro due vite in una sola vita vissuta insieme “
finchè morte non li separi”.
Convinti che la loro scelta è giusta,
• il Sacramento del Matrimonio cristiano celebrato alla presenza del
Signore e benedetto dal Sacerdote, rappresentante di Cristo e della
comunità sarà il punto di arrivo di tutta la loro preparazione.
Celebrato il matrimonio si costituisce:
• la famiglia. Vedremo cosa di essa ha detto Gesù e come oggi la Chiesa
viene incontro ai coniugi e cosa viene chiesto ai coniugi nel loro essere
• genitori e padre e madre della prole, cioè dei figli che il Signore vorrà
loro donare e che essi accoglieranno come dono da curare con amore e far
“crescere in sapienza età e grazia”.
Questo compito dei genitori è arduo, perciò la Chiesa si impegna a mettere a
disposizione dei genitori molti strumenti tra cui si possono scegliere quelli più
rispondenti nei vari momenti della educazione dei figli all’amore.
In questo difficile compito ai genitori è richiesto di iniziare a preparare i figli fin
dalla preadolescenza, coniugando itinerari di fede ed esperienza di vita,
accompagnando (spiritualmente e con assiduità) i ragazzi e i giovani e restando loro
vicini nelle difficoltà e nelle “ferite” delle prime “rotture” dell’amore che- a volte- sono
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tremendamente traumatiche e possono portare a scelte pericolose. Per fare questo è
però necessario che i genitori, padre e madre, abbiano vissuto e vivano attualmente
un grande amore di coppia, sereno, pacifico, gioioso, indiviso e delicato.
Come genitori cristiani essi dovranno “annunciare” con la loro vita vissuta, con il loro
esempio quotidiano la fedeltà come Valore e non come legge. La fedeltà è una “vetta
incantevole” da raggiungere, è la bellezza realizzata, è la gioia della perfezione, è il
risultato di una vita vera, è capacità di accogliere e realizzare il progetto di Dio!
Il loro segreto? Il segreto per la felicità della coppia? –Saper comunicare! Il dialogo
fatto di gesti e di parole attraverso cui ci si confronta, ci si corregge, si converge su
posizioni condivise, sempre più sicure e stabili, ma non statiche/fisse. La staticità
conduce alla asfitticità della coppia e delle famiglie. La qualità della relazione tra i
componenti dipende dalla disponibilità reciproca a lasciar perdere una parte delle
proprie abitudini, dei propri sistemi di valori, ma soprattutto, della mentalità acquisita
nella famiglia di provenienza.
È nata una famiglia nuova: quella di loro due! Anche mentalità, valori, abitudini
devono essere nuove e rispondenti alla situazione.
È la costruzione del loro nuovo mondo che sarà tanto più loro quanto meno vi sarà di
ciò che viene dalla loro vita precedente che deve essere superato e non rifiutato.
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FIDANZAMENTO
Abbiamo visto precedentemente come Maria e Giuseppe si preparavano al loro
matrimonio.
Ma al giorno d’oggi i giovani hanno una vita di relazioni molto ampia: si incontrano
con facilità, si frequentano per i motivi più diversi (scuola, parrocchia, sport, gruppi,
movimenti, ecc.), e si conoscono a volte in modo superficiale e a volte in modo più
approfondito.
E poiché “l’uomo non può vivere senza amore” in quanto egli “rimane per se tesso un
essere incomprensibile, la sua vita non è piena di senso se non gli viene rivelato
l’amore se non lo esperimenta e se non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente”,
ecco che in maniera naturale i giovani passano dalla conoscenza e dalla amicizia a
quel sentimento profondo che attrae e conduce a desiderare di restringere il numero
delle amicizie, per concentrare il proprio affetto, il proprio interesse psicologico,
spirituale e fisico verso una persona “speciale” dell’altro sesso.
Nasce l’innamoramento che, se corrisposto, forma la coppia. Se la coppia con il passar
del tempo comincia a pensare di voler costruire e vivere una vita bella e gioiosa
insieme, sorge spontanea l’idea del fidanzamento.
I giovani sono in un momento evolutivo della loro vita e devono educarsi all’amore
con un lavoro lungo e difficile. In questa loro preparazione possono, se vogliono, se
ben indirizzati dalle loro famiglie, trovare “nella Parola di Dio spezzata nella e dalla
Chiesa”, l’aiuto formativo necessario
Sappiamo che Dio fin “dal principio” ha collocato al centro del suo progetto la realtà
dell’amore tra l’uomo e la donna come risulta da Genesi 1,27 in cui si dice che “Dio
creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò; e
“Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen. 1,31).
Queste parole del Libro della Genesi, questo testo “fonda” in modo radicale l’idea di
unità dei due nel matrimonio e l’idea di pari dignità dell’uomo e della donna.
E poiché i due sono stati creati a immagine di Dio, e la vera immagine di Dio è
relazione delle Tre Persone della Trinità, anche l’uomo e la donna vivono la loro
relazione “maschile-femminile” nella reciprocità radicale. Per questo motivo “l’uomo
abbandonerà suo padre e sua madre, si unirà a sua moglie e i due saranno una carne
sola”.
Cosa intende la Chiesa per “fidanzamento”?
Il tempo di fidanzamento:
• è tempo di crescita durante il quale la coppia matura nella capacità di vivere
insieme, cioè si costruisce, si allena alle fatiche - anche psicologiche – della
vita a due.
• è tempo in cui si precisano, si condividono e si consolidano le convinzioni in
grado di reggere la convivenza di tutta una vita, e ci si affina nella conoscenza
di sé, delle proprie doti e dei propri difetti e nella difficile arte del volersi bene e
del comprendersi, superando chiusure, passioni ed egocentrismo. È un tirocinio
molto utile. Anzi indispensabile.
Nella Bibbia, (AT) vi è un Libro chiamato “Il Cantico dei Cantici” il quale riporta il
dialogo appassionato tra due sposi liberi il cui amore è indiviso e ci mostra un quadro
del matrimonio come unione d’amore. Così descrive l’amore tra i due: “Le sue
(dell’amore!) vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque
non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo” (Ct 8,6-7).
Anche il Libro di Tobia che narra una storia familiare, ci mostra una famiglia
profondamente religiosa dalla quale il figlio Tobia parte per sposare Sara e contrarre
con lei una unione veramente amorosa e gradita a Dio.
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Da qui può cominciare l’educazione all’amore autentico. Questo è tale solo diventando
amore di bene-volenza che sa accogliere la persona amata, sa considerare il bene di
lei come proprio, sa educarsi ai rapporti giusti con gli altri, tra gli sposi e con Dio.
La legge di Dio sull’amore e sulla famiglia richiede di vivere il periodo di fidanzamento
nella virtù e nella verginità. La preghiera personale e la partecipazione settimanale
all’Eucaristia, la frequenza assidua al Sacramento della Riconciliazione sono degli aiuti
formidabili per vivere in grazia di Dio e per essere in grado di costruire, in futuro, una
famiglia santa: “la piccola chiesa domestica”.
Purtroppo, però, nella mentalità corrente ci troviamo di fronte alla crisi dei valori del
matrimonio e della famiglia; le giovani generazioni sono state portate a banalizzare la
sessualità e ad aver paura degli impegni definitivi. Il “per sempre”è, secondo loro,
contro l’idea di libertà che essi vagheggiano, perché ciascuno vuol vivere una propria
vita/esistenza “privatizzata”. Dicono: “Alla mia libertà, alla mia felicità non posso e
non voglio rinunciare”.
Non mancano, però, nella mentalità corrente, anche aspetti positivi.
Rispetto al passato i giovani godono di una maggiore libertà di scelta; non vi sono più
fidanzamenti e/o matrimoni “combinati” dalle famiglie; risalta una giusta parità tra
uomo e donna.
Restano invariati, se non peggiorati, gli interventi della famiglia di origine in merito
alla preparazione dei giovani alla vita di fidanzati e di coniugati.
Neanche la Chiesa riesce più a raggiungere e a guidare i giovani perché, subito dopo
la Cresima essi, in massa, disertano la Chiesa, non partecipando più all’Eucaristia
domenicale, e rifiutando di incontrare chi può avvicinarli alla Parola del Signore. Così,
molto spesso preparare i fidanzati al matrimonio cattolico si risolve in pochi incontri
affrettati e rivolti a persone che già hanno la mente rivolta a preparare casa, vestiti,
fiori, inviti, pranzo, viaggio di nozze.
A volte il “corso” viene frequentato non perché si crede e si chiede il Sacramento,
ma soltanto per “avere il nulla osta” per sposarsi in chiesa, in quanto questo consente
una cerimonia più bella…
Vi sono, poi, non (più) pochi casi in cui i giovani cristiani rifiutano la cerimonia in
chiesa e si sposano civilmente.
Addirittura l’idea stessa di famiglia da parecchie persone viene oggi messa in
discussione: si ricorre alle convivenze di fatto, ma poi si chiede che vengano
riconosciute legalmente. (è una contraddizione!).
A noi sta a cuore il rapporto affettivo- fidanzamento, matrimonio tra un giovane e
una giovane entrambi cristiani (vi sono anche i matrimoni misti di cui ora non
parliamo) i quali dopo i Sacramenti della Iniziazione cristiana: Battesimo, Eucaristia,
Cresima, non rinunciano ad essere ciò che sono divenuti e vivono e praticano la loro
fede davanti al mondo.
Per realizzare questo obiettivo è necessario che le famiglie collaborino con la
Parrocchia a far sì che i ragazzi non “abbandonino” né la fede, né la partecipazione
alla vita della Parrocchia e nemmeno la partecipazione “assidua e vissuta”
all’Eucaristia festiva.
La Chiesa chiede troppo ai genitori?
No, perché essa sa e riconosce che questo è il suo compito pastorale in forza della
missione che Gesù Cristo suo Sposo e Signore le ha affidato. Essa guarda al bene
delle famiglie di oggi e a quelle che i ragazzi e i giovani costituiranno in un domani. La
Chiesa guarda al bene dei genitori e dei figli; guarda al bene della società e della
nazione. Quando questi beni saranno salvaguardati, la vita dei cristiani e della ChiesaComunità di credenti diventerà “un Vangelo del matrimonio e della famiglia”. Cioè
verranno messi in luce e saranno mostrati al mondo sia ciò che il Vangelo dice sul
matrimonio e sulla famiglia, sia come la vita matrimoniale e familiare- se vissuta
secondo Dio- diventi testimonianza e profezia.
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Perché parliamo di queste cose in questa sede dove sono presenti i genitori di
bambini, ragazzi ed adolescenti?
Cosa diremo, noi, ai nostri giovani a proposito del periodo di fidanzamento?
Dice il Direttorio di Pastorale familiare al n° 30 che “contemporaneamente alla
catechesi per i Sacramenti di Prima comunione e Cresima”, deve mirarsi:
• alla formazione di una autentica mentalità di fede,
• alla comprensione della vita come vocazione,
• ad aprirsi ad una significativa esperienza di vita.
Perciò sia proposto e spiegato a bambini, ragazzi ed adolescenti il valore cristiano
dell’amore e della famiglia (a seconda che consenta l’età) affinché essi possano viverlo
nella loro esperienza quotidiana. Questo difficile compito non può essere affrontato
dai catechisti, e non viene infatti affrontato, perché chi frequenta il catechismo deve
essere prima preparato, a queste problematiche, dai propri genitori: dalla mamma e
dal papà, che sono sia coloro che parlano di queste cose, sia coloro che, vivendole, le
mostrano in essere. Del resto proprio loro, i genitori, sono i primi responsabili della
crescita spirituale, sociale e culturale, oltre che fisica, dei propri figli.
A loro, infatti, è demandata la missione, fondata sulla grazia del Sacramento del
Matrimonio, della “edificazione della Chiesa” e della costruzione del Regno di Dio nella
storia (DPF,99).
“I coniugi svolgano il loro servizio anzitutto in seno alla propria famiglia con la
testimonianza della vita matrimoniale e familiare condotta secondo il progetto di
Dio…con l’educazione e la formazione cristiana dei figli…” (ESM,263).
Genitori ed educatori, poi, potranno aiutare i giovani a riconoscere la propria
vocazione alla santità attraverso la vita matrimoniale o la vita consacrata, tenendo
presenti sia la Dottrina della Chiesa cattolica sul matrimonio, sia la bellezza, per chi
sceglie la vita consacrata, della scelta della verginità nell’amore oblativo.
A coloro che si sentiranno chiamati a realizzarsi nel matrimonio sia spiegato che il
tempo del fidanzamento è, e va vissuto, come tempo di crescita, di responsabilità e di
grazia (DPF,41), e non come semplice tempo di passaggio e di preparazione ad “un”
futuro. È un periodo importante da vivere come tirocinio nella maturazione spirituale
del rapporto affettivo e nutrendo e potenziando il fidanzamento con un amore casto,
per la conoscenza reciproca e per la accettazione vicendevole della personalità.
Il fidanzamento vissuto secondo la visione cristiana trova il suo sbocco naturale nel
matrimonio.
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IL MATRIMONIO SACRAMENTO
Gli Sposi. La coppia. Marito-Moglie.
Il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna, marito e moglie, in maniera di
imitare nella carne, la generosità e la fecondità di Dio Creatore. Da tale unione
derivano tutte le generazioni umane.
Il matrimonio tra due battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla
dignità di Sacramento.
Per noi cristiani è di fondamentale importanza il fatto che Gesù volle nascere
all’interno di una coppia (Maria e Giuseppe) uniti nel vincolo del matrimonio. Questo ci
dà la certezza che in ogni matrimonio cristiano lo Spirito che il Signore effonde sugli
sposi dona loro il cuore nuovo e li rende reciprocamente capaci dello stesso amore col
quale Cristo ci ha amati.
Il Matrimonio-Sacramento “chiarisce” la vocazione a cui Dio ci chiama e la grazia che
Egli ci dona perché possiamo adempiere e sviluppare per questa via la grazia ricevuta
nel Battesimo.
“Il sacramento del matrimonio è strettamente collegato ai sacramenti della
iniziazione cristiana, poiché
• trova il suo fondamento nel Battesimo ed esplicita la vocazione battesimale,
• ha la sua ricchezza vitale nella Confermazione, dono dello Spirito,
• ottiene il suo permanente sostegno nel sacramento della Riconciliazione,
• e il suo alimento nell’Eucaristia”(ESM,pag. 62).
“La celebrazione del Sacramento del matrimonio è realtà evangelizzante ed
ecclesiale.
Evangelizzante perché “proclama nella Chiesa la Buona Novella
sull’amore
coniugale…
Ecclesiale perché coinvolge l’intera comunità ecclesiale nella quale gli sposi sono
inseriti e alla cui vita e missione prendono parte…” (DPF,69).
Questo è il motivo per cui la Chiesa insiste perché i matrimoni siano celebrati nelle
parrocchie di appartenenza e non nelle varie chiese belle ma non frequentate di norma
dagli sposi né dagli invitati.
Quali sono gli elementi del matrimonio?
• La consegna del corpo,
• la formazione di una vera comunità di persone,
• il servizio alla vita,
• la partecipazione allo sviluppo della società.
Nel matrimonio cristiano a tali compiti si aggiunge anche quello di “partecipare alla
vita e alla missione della Chiesa”. La Chiesa consegna agli sposi il triplice dono della
Parola di Dio, della Grazia sacramentale, e della Carità. La famiglia, ricevendo questi
doni, è abilitata ed è impegnata a svolgere il suo ministero a favore degli altri,
innanzitutto dei figli. (Cfr 1 Cor 7,7).
Quando nasce questo sacramento? Fin dalle origini dell’umanità!
Nel Libro della Genesi troviamo due racconti della creazione e – accanto ad essi – due
racconti della istituzione del matrimonio. Vediamoli:
In Genesi 1,27-28 leggiamo che “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di
Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra…”
In Genesi 2,20-24 leggiamo che dopo che Dio aveva presentato all’uomo tutti gli
animali creati e dopo che l’uomo aveva dato a ciascuno di essi il nome come segno
della sua signoria su tutto il creato , “l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile”.
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Dio, allora, creò Eva e la condusse all’uomo. Adamo esclamò: “Questa volta essa è
carne della mia carne e osso delle mie ossa…” A questo punto l’autore sacro annota:
“Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre, si unirà a sua moglie e i due
saranno una carne sola”. Questo è il disegno originario di Dio sul matrimonio:
Unione fedele tra un uomo e una donna per tutta la vita!
Quale il rapporto tra l’uomo e la donna nel matrimonio?
Nella Sacra Scrittura vi sono molti richiami alla pari dignità e responsabilità dei due
nella vita di coppia. Nel Libro dei Proverbi incontriamo il ritratto della perfetta padrona
di casa (Pro 31,10-31) che ha le stesse capacità e responsabilità del marito nella
conduzione della famiglia.
Nel Libro del Profeta Malachìa troviamo anche un riferimento al matrimonio e al
divorzio. Dice: “Dio non guarda i vostri sacrifici e le vostre preghiere e voi chiedete
“perché”? Perché il Signore è testimone tra te e la tua donna (il tuo uomo) che tu
perfidamente tradisci, mentre ella (egli) è tua consorte legata a te da un patto…
Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca…il coniuge. Perché io
detesto il ripudio, dice il Signore Dio di Israele, e chi copre di iniquità la propria vita.
Custodite la vostra vita, dunque, e non vogliate agire con perfidia” (Mal 2,14-16).
Entrambi gli sposi debbono prendere coscienza che l’uomo e la donna sono segnati
nel fondo dell’anima da una componente sacra, che li valorizza, e di cui è garante Dio
stesso. Per questo motivo la persona e la vita umana sono sacri. Anche la vita che
“sorge” da loro amore è sara perché il valore dell’essere umano “dal concepimento
sino alla sua fine naturale” è in relazione innanzitutto a Dio e l’uomo non può disporne
a proprio piacimento.
Il matrimonio- dunque- sia ben chiaro, non consiste “solo”in un bel vestito, un bel rito
con canti e musica, una bella cerimonia con tanti invitati, con tanti regali, con un
viaggio di nozze in località alla moda…Certo che sono parte integrante del matrimonio
tutte queste, ma bisogna tener presente che il matrimonio mette in primo piano gli
sposi, cioè la loro anima e il loro corpo che attraverso la reciproca accoglienza davanti
a Dio diventano “un solo essere” per vivere uniti nella verità e nella fedeltà, nella gioia
e nel dolore: quindi con i piedi per terra!
Pronti a perdonarsi reciprocamente, accogliendosi con sempre rinnovato e gioioso
affetto. Convinti che “l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito”.
“Gli sposi cristiani, vivendo il loro matrimonio santamente, rivelano al mondo i valori
di un amore gratuito, responsabile, disinteressato e generoso nel dono della vita,
indissolubile e fedele anche nelle difficoltà. Essi mostrano come sia possibile superare
e vincere l’egoismo che riduce la persona a strumento, e come sia possibile ed anzi
esaltante vivere la fedeltà al vincolo coniugale”(ESM,103). Essi sanno, come li
esortava Papa Giovanni Paolo II, che “Lo Sposo, Gesù, è con voi. Dovete rinascere
dall’alto…da acqua e da Spirito. Proprio voi cari padri e madri, siete i primi testimoni e
ministri di questa nuova nascita dallo Spirito Santo. Voi che generate i vostri figli per
la patria terrena, non dimenticate che al tempo stesso li generate per Dio”(LaF,22).
Il matrimonio cristiano è “segno e strumento” di liberazione e di salvezza integrale.
Esso è una realtà esigente e consolante ad un tempo. Gli sposi, che già per il
Battesimo sono partecipi della vita e della missione della Chiesa, in forza del
Sacramento del matrimonio da essi celebrato, sono chiamati a ravvivare e a vivere
continuamente i loro impegni battesimali in forme e contenuti sempre nuovi. Siamo
chiamati da Dio a vivere nel matrimonio la nostra vocazione alla santità. Il
Signore ci sostiene attraverso l’Eucaristia che ci rende uomini e donne di comunione,
costruttori di unità, segni credibili ed efficaci. Dall’Eucaristia la famiglia in tutti i suoi
membri, riceve forza per il proprio rinnovamento: per essere sale, lievito e luce del
mondo, portatori della serenità e della pace donata a tutti da Cristo-Risorto.
12
L’Eucaristia dona alla famiglia la capacità e la forza di vivere nella “logica del dono” e
del “perdono”. La famiglia che “vive” l’Eucaristia ri-presenta quel rapporto che San
Paolo istituiva tra dono nel vincolo coniugale e il dono che Cristo fa di se stesso sulla
croce.(cfr Ef 5,25).
Papa Benedetto XVI nella Enciclica “Deus Caritas est” afferma il forte legame
dell’amore umano con quello divino e riconosce che l’amore sacramentale della vita
coniugale è icona cioè immagine visibile dell’amore di Dio per l’uomo (DC est,11).
Gli sposi sanno, o dovrebbero sapere, che le loro mani unite durante la
celebrazione stanno a significare:
• l’unione delle loro due vite in una sola con il fermo proposito di camminare
insieme per sempre: essi sono “chiamati”ad “essere-in-due” e all’essere in due
“significativamente”, cioè
“dando significato”,
spiegando, anche
indirettamente, il particolare valore e la effettiva realtà della loro condizione e
dei loro sentimenti;
• che in quel momento sta nascendo il loro meraviglioso progetto di vita amorosa
da costruire insieme,
• che tale progetto non è mai compiuto, ma sempre in via di realizzazione,
• che il matrimonio è un “dono” reciproco che va continuamente accolto e
coltivato.
Questa è la loro volontà espressa che deve poi essere vissuta consapevolmente,
affinché generi il nuovo stile di vita nel quale essi devono perseverare modificando le
precedenti abitudini e coordinando un nuovo complesso di comportamenti tra i quali
spiccano le relazioni interpersonali, la vita interiore e l’apprendimento dei valori da
vivere nel nuovo stato.
La Chiesa è sollecita verso gli sposi consacrati che diventano/ che sono i ministri della
santificazione della famiglia. Gesù nel nostro Battesimo ci ha chiamati a sé e ci ha
uniti alla sua vita, ora attraverso il sacramento del matrimonio ci unisce alla sua
missione nella fede e ci rende “diaconi” cioè “servi”dei nostri figli che sono i “fratelli”
del Signore nostro Gesù Cristo.
La diaconia, il “servizio particolare” che Gesù affida agli sposi cristiani è lo stesso che il
Padre affidò alla prima coppia dell’umanità: “crescete e moltiplicatevi” (Cfr Gen. 1,23).
Crescete indica, per i coniugi cristiani, il “sapersi ritrovare” ogni giorno, in ogni
istante della vita di coppia, in intima comunione di vita e di amore insieme a Cristofondamento della vita matrimoniale, impegnati nella costruzione della famiglia, “al di
là di ogni tendenza verso l’individualismo e il narcisismo” (DPF,7), mentre ci è
richiesta la com-passione nel senso di “sentire con” e la sovra-abbondanza di amore,
per essere capaci di servizio gratuito, di accoglienza (del prossimo e) dei figli e di
solidarietà con il mondo. Solo così la famiglia accoglie pienamente lo Spirito del
Signore, si dispone a “vivere la carità di Cristo” e gioisce e fruttifica (FC,63).
13
L’amore umano contiene la benedizione divina che allieta, rende intimo, esclusivo,
unico e definitivo il rapporto di coloro che si amano e fa sgorgare il miracolo della
vita che non è frutto casuale, ma è sigillo, cioè compimento e significato dell’amore
stesso.
L’unione degli sposi congiunge, unisce, lega anche le loro libertà e i loro
condizionamenti nella scelta di condividere la vita. Decidere è sempre un lasciare
qualcosa (la propria libertà) per ottenere qualcos’altro (la libertà di coppia). Questa
rinuncia alla propria libertà implica certamente una certa sofferenza alla quale si deve
essere preparati, sapendo però che essa può essere facilmente accettata e superata
quando vi è amore, amore grande, amore gioioso.
Ma, attenzione! Gli sposi cristiani per restare “coniugi” devono affrontare ogni giorno
la qualità della loro relazione.
Per questo è necessario:
• creare un clima di fiducia e stima reciproca,
• saper affinare sempre più la propria capacità di ascolto,
• condurre un dialogo rispettoso possibilmente senza interromperlo, perché i
musi lunghi e i silenzi prolungati sono deleteri!
• saper perdonare e saper chiedere perdono con umiltà,
• ricercare occasioni per la gratuità e la contemplazione per la preghiera e per la
gioia vera.
L’unione matrimoniale va continuamente ricostruita perché la lontananza, le assenze, i
silenzi possono penetrare nella vita di coppia. Ogni volta che i due si incontrano, si
ritrovano, è/deve essere una sorpresa, un dono, un incontro atteso con
trepidazione come fosse il primo incontro.
L’attesa va vissuta sempre in modo intenso, appassionato, una attesa d’amore vero e
profondo.
14
NASCE GESÙ
Genitori: padre-madre. I figli.
Mentre Maria e Giuseppe si trovavano a Betlemme per farsi registrare…
Lc 2,6: “…si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito..”
Mt 1,24: “Giuseppe prese con sé Maria sua sposa…la quale partorì un figlio,
che egli chiamò Gesù”.
La Chiesa definisce i figli “un dono di Dio”. Tale è per Maria e Giuseppe il loro figlio
Gesù.
• Maria diviene Mamma di Gesù. Non un avvenimento improvviso, ma il termine
di un cammino fisico e, soprattutto spirituale. All’inizio l’abbandono alla volontà
di Dio, poi il servizio alla cugina dove è andata portando Gesù in grembo, e
dove ha condiviso con Elisabetta la gioia della maternità e con lei ha cantato la
gloria del Signore. Il ritorno a Nazaret, la vita con Giuseppe, l’attesa della
nascita del Figlio.
• E Giuseppe? Anche lui ha atteso quel Figlio. Anche per lui si avvera quello che
l’angelo gli ha detto nel sogno: “Lo chiamerai Gesù”.
Giuseppe impone il nome, perché a lui spetta secondo la Legge. Ma non impone
un nome qualunque secondo il proprio capriccio o le mode, bensì quello “indicato”
dall’angelo, cioè da Dio stesso. Il nome “dice” la missione che il bambino appena nato
è chiamato a svolgere nella sua vita secondo Dio e per Dio.
Anche i nostri figli, pur essendo stati generati da noi, non sono solo nostri, ma sono
figli di Dio.
Guardiamo al comportamento di Maria e di Giuseppe per confrontare quanto le nostre
vie sono lontane dalle vie della Santa Famiglia di Nazaret che osserva la volontà di
Dio.
Al tempo stabilito i genitori portano il figlio nel Tempio. Non aspettano il tempo
propizio secondo i loro voleri, ma ottemperano alle disposizioni della Legge ebraica.
Non ricercano lo sfarzo, ma si presentano a Dio con modestia, con povertà di mezzi e
con pienezza di spirito. (Cfr Lc 2,22-24).
Presentato a Dio il figlio, i genitori tornano a Nazaret dove Gesù “cresceva e si
fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui” (Cfr Lc 2,39-40).
L’amore di Dio non manca mai, se ognuno pone l’impegno necessario per
corrispondere alla Sua grazia. Leggendo nel Vangelo che Gesù cresceva in sapienza e
grazia comprendiamo che nella crescita della persona chi compie la parte più
importante è Dio Creatore e Provvidente, ma è anche vero che i genitori debbono
aiutare i figli a formarsi una retta coscienza e a comprendere l’importanza di
frequentare i Sacramenti.
Come fare tutto questo? Camminando davanti a loro con il proprio esempio!
Anche Maria e Giuseppe “si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di
Pasqua”, ed erano di esempio, con la loro vita vissuta, al loro figlio Gesù.
L’ambiente della famiglia è “il luogo normale ed ordinario” per la formazione dei
bambini e dei giovani al consolidamento e all’esercizio della virtù della carità, della
temperanza e della fortezza. Come chiesa domestica, infatti, la famiglia è “la scuola
della più ricca umanità” (GS,52), particolarmente per l’educazione morale e spirituale.
È necessario perciò che i genitori trovino il tempo di stare con i figli e di intrattenersi
a dialogare con loro, sapendo ascoltarli con attenzione, sforzandosi di comprenderli e
sapendo riconoscere nei loro comportamenti a volte ribelli, la parte di verità che vi
può essere presente.
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I figli, dono e impegno, sono il loro compito più importante, anche se
apparentemente meno redditizio. I figli sono molto, molto più importanti del lavoro,
dello svago, della posizione sociale. Ai figli non si può imporre una linea di condotta,
ma vanno sempre spiegati i motivi –soprannaturali ed umani– che raccomandano
quella linea di condotta. Questo è sempre possibile se ci mettiamo veramente al loro
livello con amore.
Noi siamo convinti che Dio, concedendo ai coniugi il privilegio e la grande
responsabilità di diventare genitori, dona loro anche la grazia per compiere
adeguatamente la propria missione. “Essi nello svolgere il compito di educatori sono
illuminati da due verità fondamentali:
• l’uomo è chiamato a vivere nella verità e nell’amore;
• ogni essere umano si realizza pienamente attraverso il dono sincero di sé”
(LaF,16).
Inoltre, mentre condividono il dovere di formare i figli, i genitori si pongono, o
dovrebbero porsi tra loro, in volenterosa collaborazione nutrita da un mutuo dialogo
che li colloca all’interno dell’amore materno della Chiesa e li sostiene con i Doni dello
Spirito Santo.
Come la Chiesa vede la famiglia? Ascoltiamo le parole di due Pontefici.
• Ecco un passo del discorso tenuto da Papa Giovanni Paolo II agli sposi e alle
famiglie nel 2001: “ A voi sposi e padri e madri di famiglia,… che siete il futuro
e la speranza della Chiesa e del mondo io dico: È indispensabile ed urgente che
ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare e a promuovere i valori e le
esigenze della famiglia. A voi, figli della Chiesa, che nella fede conoscete
pienamente il meraviglioso disegno di Dio, richiedo uno sforzo particolare a
questo riguardo. Avete una ragione in più per prendervi a cuore la realtà della
famiglia in questo nostro tempo di prova e di grazia. Amate, amate in modo
particolare la famiglia! Sappiate stimarne e valorizzarne i valori e le possibilità,
individuate i pericoli e i mali che la minacciano e ricercate e mettete in pratica i
rimedi per superarli. Adoperatevi per creare alla famiglia un ambiente che
favorisca il suo sviluppo, ridatele ragioni di fiducia in se stessa. Annunciate con
gioia e convinzione la “buona novella della famiglia” che è chiamata, ancora
oggi, a svolgere la sua missione nella città degli uomini e in quella di Dio”.
• Ed ecco cosa ha detto Papa Benedetto XVI: “La famiglia fondata sul matrimonio
costituisce un “patrimonio dell’umanità”, una istituzione sociale fondamentale…e
questo interessa sia i credenti che i non credenti…perché “l’avvenire
dell’umanità passa attraverso la famiglia”… Inoltre nella visione cristiana il
matrimonio conferisce maggiore splendore e profondità al vincolo coniugale.
Centro e cuore della famiglia è il Signore, che accompagna gli sposi nella
loro unione e li sostiene nella missione di educare i figli verso l’età matura. Così
essi cooperano con Dio non solo nel generare la vita, ma anche nel coltivare i
germi della vita divina donata nel Battesimo. Purtroppo le famiglie, oggi,
appaiono talora insidiate dalla paura per la vita, per la paternità e la maternità.
La Chiesa intende ridare loro fiducia perché possano continuare a compiere la
loro nobile missione di procreare nell’amore. Ricordiamo sempre che “ Dio è
Amore” e ha creato l’uomo per amore e lo ha chiamato ad amare”.
Citazioni interessantissime ed attuali, poste a fondamento di tutto ciò che può essere
detto sulla famiglia, della famiglia e alla famiglia.
La famiglia cristiana nasce e si fonda sul Sacramento del Matrimonio celebrato
all’interno del “Sacramento primordiale”: l’Eucaristia, fonte e culmine della comunione
ecclesiale.
16
L’Eucaristia è forza di comunione e ci rende tutti insieme un’unica cosa. Nell’Eucaristia
la famiglia trova la forza di rendere saldi i suoi molteplici vincoli di comunione: vincoli
sponsali, genitoriali, filiali, fraterni. Nell’Eucaristia e attraverso l’eucaristia celebrata,
ricevuta e adorata la famiglia è capace di aprirsi all’esterno per fare comunione con
gli altri, specialmente con i poveri, con gli ultimi, con il forestiero, con chi soffre nel
corpo e nello spirito.
La famiglia per sua natura è chiamata a essere segno di unità quale “piccola chiesa”,
cellula della società ed icona della Comunità Trinitaria. E la chiesa, lungo i secoli ed
ancora oggi non cessa di ricordare a tutti, in particolare ai credenti, l’altissima
vocazione del matrimonio cristiano.
“Il matrimonio cristiano è aperto alla vita. Gli sposi cristiani accolgono i figli che il
Signore vorrà loro donare. Dio ci ha dato il Comandamento “Onora tuo padre e tua
madre, perché essi sono per te –figlio- in un certo senso, i rappresentanti del Signore:
ti hanno dato la vita, ti hanno introdotto nell’esistenza umana, in una stirpe, in una
cultura, in una nazione. Dopo Dio essi sono i tuoi primi benefattori. Se solo Dio è
Buono, anzi il Bene stesso, i tuoi genitori partecipano in modo singolare di questa
bontà di Dio” (LaF,15).
Gesù nel Vangelo dice: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente…Amerai il prossimo tuo come te stesso”(Mt 22,37-39).
E chi è più prossimo dei tuoi familiari: sposi, genitori, figli? Tra “onora” e “ama”vi è un
vincolo profondo. Onora vuol dire riconosci, riconosci ciò che sei (sposo, sposa,
padre, madre, figlio) e ama. Ama perché Dio è il Dio dell’amore e della vita”(LaF,15),
è il Dio che chiama i credenti a costruire la civiltà dell’amore” (LaF,12). La civiltà
dell’amore richiama la gioia:
• perché nasce una nuova creatura,
• perché i coniugi diventano genitori,
• perché crescono e maturano la vicinanza e l’intensità di legami tra le persone e
le generazioni.
Se la famiglia è “piccola chiesa” e “chiesa domestica”, essa è alla base della civiltà
dell’amore. È la prima e la più importante via della Chiesa. Essa è centro e cuore della
civiltà dell’amore, e se ne è il cuore, avrà sistole e diastole, contrazioni e dilatazioni,
cioè momenti di raccoglimento e di intimità e momenti di apertura agli altri, al mondo,
nella solidarietà.
Nei Salmi troviamo un riferimento preciso alla famiglia. Vediamo il Salmo 127 (128) al
quale è stato posto il titolo “La pace di Dio nella famiglia fedele”.
È un canto delle ascensioni, cantato dal popolo di Israele durante i pellegrinaggi a
Gerusalemme e dice: “Beato l’uomo che teme il Signore, e cammina nelle sue vie…La
tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti
d’ulivo intorno alla tua mensa” (Sal 127,1-3).
Per noi cristiani è importante, anzi è necessario conoscere Gesù e a Lui fare
riferimento quale Via, Verità e Vita del nostro amore coniugale.
Gesù è Via per amarsi, è la Verità che ci rivela come vivere in modo autentico l’amore
coniugale; ed è la Vita, cioè l’energia vitale dell’amore. Gesù è il Maestro nell’arte di
amare l’altro “come la propria carne”; Egli è il Signore, cioè il nostro Dio, Colui che
orienta la nostra relazione di amore. Per questo Egli deve “regnare” in casa nostra ,
ossia deve poter agire in noi e per mezzo nostro, attraverso noi.
Chi genera figli è persona di speranza. Il cristiano che da la vita a nuove creature
fonda la sua speranza in Cristo-Risorto, fondamento della nostra fede e della nostra
speranza.
“La famiglia, la paternità e la maternità vanno insieme, di pari passo”(LaF,23). Poiché
ai genitori è affidato il tesoro della famiglia ricordiamo ciò che diceva Papa Paolo VI:
“l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e, se ascolta i
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maestri, è perché sono dei testimoni” (Discorso,2/10/’74). Ecco, allora la famiglia
posta nelle mani dei credenti chiamati ad essere “testimoni e maestri”. Per questo è
necessario essere informati, convinti e coscienti delle tante problematiche connesse
col matrimonio (ad esempio: procreazione responsabile) e dei comportamenti da
tenere come sposi, come genitori, come padri e madri. In questa sede non
affrontiamo tali argomenti…
Il cristiano sa che la vita vale per l’incontro centrale e decisivo con una Persona
capace di comprenderci, di perdonarci, di fare nuova la nostra vita, e non per le tante
esperienze negative che pur ci sono e che viviamo! Questa Persona è Gesù, il Figlio di
Dio e di Maria. Gesù con la sua resurrezione è il punto più alto dell’intera storia della
salvezza ed anche del nostro cammino di fede. Al centro della nostra fede, poi, si pone
l’Eucaristia: “culmine e fonte” della vita della Chiesa. Agli sposi cristiani la Chiesa, a
nome di Dio, chiede di “rispettare il diritto dell’uomo alla vita dal concepimento sino
alla fine naturale, perché questo diritto dell’uomo è il primo e fondamentale diritto ed
è radice e fonte di tutti gli altri diritti” (Giovanni Paolo II, alla Associazione medica
mondiale,1983). Infatti solo chi è vivo è soggetto di diritti, ed è evidente per tutti che
il concepito –se non viene ucciso con l’aborto- è vivo ed è persona in sviluppo.
Il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et spes afferma: “la vita, una volta concepita,
deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come l’infanticidio son
abominevoli delitti”.
La famiglia ha molti nemici occulti insiti nella natura stessa dell’essere umano, per
questo la Sacra Scrittura, ispirata da Dio, la difende con severità.
Nel Libro dell’Esodo il VI e il IX Comandamento affrontano l’argomento.
VI Comandamento: “Non commettere adulterio”.
IX Comandamento: “Non desiderare la donna (l’uomo) del tuo prossimo”.
Sembrano comandi tesi ad affrontare solo il tema della vita sessuale del singolo,
mentre in realtà mirano a difendere direttamente il matrimonio. Dietro a due
apparenti negazioni, o due proibizioni: “Non commettere…” “Non desiderare…”, si
svela la difesa dell’unione/del legame tra un uomo e una donna. Da questo legame
nasce la famiglia!
Nella Sacra Scrittura la famiglia e il matrimonio non sono presentati solo come un
valore per chi li vive, ma sono valori anche per gli altri, per la società intera. Infatti la
famiglia è istituzione intermedia tra individuo e società e niente può supplirla
totalmente. Essa si fonda soprattutto su una profonda relazione interpersonale tra
marito e moglie, sostenuta dall’affetto e dalla mutua comprensione.
Come è evidente da quanto viene mostrato dai mass media, la cultura
contemporanea non condivide il modo di intendere il matrimonio ed anche l’esercizio
della sessualità prospettato dalla Sacra Scrittura e difeso dalla Chiesa. Eppure la
Chiesa si presenta a fidanzati, coniugi e famiglie come la loro migliore alleata, anche
se a sentire molti sembrerebbe il contrario. Vi è bisogno, nel mondo di oggi così
sconvolto nella valutazione dei veri valori, di chi, come la Chiesa, difenda i valori di
matrimonio e famiglia e ricordi a tutti che, si creda o no, la famiglia e la coppia
vengono da Dio. Perché “Dio stesso è l’autore del matrimonio” (GS,48).
La Sacra Scrittura e la Chiesa difendono il Matrimonio come “l’unione tra un uomo e
una donna che si sono liberamente scelti e si sono uniti in matrimonio di fronte ad una
autorità che dà alla loro espressa volontà il riconoscimento pubblico sociale ed
ecclesiale. Inoltre dal matrimonio nasce, per gli sposi, il compito “assolutamente
inderogabile” di dare al mondo nuove creature.
È importante rilevare, tuttavia, che matrimonio e famiglia non sono una “invenzione”
della Bibbia o della Chiesa, bensì appartengono alle culture dei popoli fuori e prima di
ogni religione rivelata. Se leggiamo la storia dei popoli prima che si formasse il popolo
di Israele e fosse scritta la Bibbia, vi troviamo una propensione naturale al
matrimonio.
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Allora la Sacra Scrittura e Gesù Cristo e la sua chiesa cosa hanno innovato?
Ascoltiamo cosa ha detto Papa Benedetto XVI in uno dei suoi discorsi all’Incontro
mondiale delle famiglie di Valencia (Spagna):
Per chi crede “I genitori, partecipi della paternità divina, sono per i figli i primi
responsabili della educazione e i primi annunciatori della fede. Essi hanno il dovere di
amare e rispettare i figli come persone e come figli di Dio…In particolare hanno la
missione di educarli alla fede cristiana. Perché il linguaggio della fede si impara
nel focolare domestico dove la fede cresce e si fortifica attraverso la preghiera e la
pratica cristiana. La fede della Chiesa viene dall’amore di Dio, per mezzo delle vostre
famiglie”. (Papa Benedetto XVI, 8/07/2006).
La Bibbia e la Chiesa quando parlano di matrimonio e di famiglia, vogliono far
comprendere agli uomini e alle donne ciò che vivono e vogliono salvare la vita di
coppia da tutto ciò che la minaccia, che la impoverisce e la altera.
“La fede e l’etica cristiana non pretendono di soffocare l’amore, bensì di renderlo più
sano, forte e realmente libero. Perciò l’amore umano deve essere purificato e deve
maturare per essere pienamente umano e principio di una gioia vera e duratura.”
(Papa Benedetto XVI).
Tutta la Sacra Scrittura presenta il matrimonio finalizzato alla piena realizzazione della
coppia e dei figli. Il figlio deve essere amato, protetto ed educato alla fede; insieme al
fondamentale diritto a nascere e ad essere educato, egli ha diritto anche a
vivere in una casa che abbia come modello la casa della Santa Famiglia di Nazaret e
dove vengano preservati da tutte le insidie e minacce e possano svilupparsi come
persone libere e responsabili.
Per questo “i genitori cristiani sono chiamati a dare una attestazione credibile della
loro fede e speranza cristiana, in modo che la chiamata di Dio e la Buona Novella di
Cristo arrivino ai loro figli con la più grande chiarezza e autenticità. Lungo gli anni
della formazione questo dono di Dio dovrà essere coltivato con saggezza e dolcezza,
facendo crescere nei figli la capacità di discernimento”.
Come trasmettere la fede ai figli?
“Insegnando loro a pregare e pregando con loro, partecipando con loro alla vita
della Chiesa, accostandosi insieme a loro al Sacramento della Riconciliazione e
ricevendo insieme l’Eucaristia, leggendo e meditando con i figli la Parola di Dio in
famiglia…
In questo cammino di fede i figli troveranno grande sicurezza e conforto se la madre
avrà come modello Maria di Nazaret. La Madonna è l’immagine esemplare di tutte le
madri, della loro grande missione come custodi della vita, della loro missione di
insegnare l’arte di vivere e l’arte di amare”(Papa Benedetto XVI).
Purtroppo, però, numerose coppie di sposi avvertono come un rischio per il loro
equilibrio e come una minaccia alla loro stabilità la nascita di un figlio. Si pongono,
perciò, il problema di “come non averne” oppure di “quando averne”. Pensiero
pericoloso, questo, perché pian piano porta a considerare il figlio come “oggetto” e
non come soggetto. Quando è voluto il figlio è visto come “accessorio” alla felicità
propria di uno dei due genitori o della coppia. Da qui nasce la terribile espressione “il
diritto al figlio” da volere quando e come stabilisco io. Ma è un grave errore credere
che la felicità di avere un figlio produca uno stato di soddisfazione alla stessa maniera
che acquistare l’auto nuova. No. Non è così. La felicità è un cammino che la coppia fa
preparandosi ad accogliere il figlio quando Dio lo manda e la natura lo consente. E non
diversamente! E non solo ad accoglierlo, ma ad accudirlo insieme, a vivere entrambi
per lui e secondo le sue esigenze, a saper rinunciare ciascuno a una parte di sé per
lui.
Questa preparazione avviene se vengono messi a “lavorare insieme” cuore,
intelligenza, ragione, fede.
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Nella odierna società, sulla e con la parola “famiglia” vengono costruite le “torri di
Babele”. C’è confusione di lingue, di significati. C’è mistificazione. Da parte di molti si
tende a presentare la famiglia come “prodotto della cultura”. Questo non è vero! La
famiglia è “anteriore” ad ogni cultura. Non può essere ridotta a “fatto privato” e
personale. La famiglia non è neanche un “aggregato” ossia una associazione, una
unione qualunque, un sodalizio, né un patto variabile.
La famiglia è “quella che nasce tra un uomo e una donna da vincoli pubblicamente
assunti e comporta doveri sociali di stabilità, di garanzia tra i contraenti, per la prole,
per la società. E per i cristiani, per la Chiesa-Comunità.
Nella nostra società pluralistica, in cui molte famiglie dicono di non credere e molte
hanno fedi diverse, che significa “essere famiglia cristiana”?
Significa essere capaci di confrontarsi, di dialogare, di proporre, di suscitare motivi
di speranza.
A volte ci sentiamo, e forse lo siamo, minoranza come i cristiani agli inizi del
cristianesimo.
Essi erano fieri di essere cristiani, ma non erano arroganti. Annunciavano la gioia di
Cristo-Risorto con la loro vita, con l’esempio delle loro famiglie e comunicavano a tutti
l’amore, anzi l’Amore. Anche oggi questo è il compito delle nostre famiglie!
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LA FUGA IN EGITTO
Lc 2,33-35: “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che dicevano
di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria sua madre: Egli è qui… segno di
contraddizione. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Mt 2,13: “Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse:
Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto”.
La nascita di Gesù per i suoi genitori è gioia, come per tutti i genitori.
Però contemporaneamente alla gioia vediamo sorgere anche il pericolo che la
Sacra Famiglia deve affrontare. Abbiamo ascoltato le parole del vecchio Simeone a
Maria e sappiamo cosa successe a Betlemme per ordine di Erode: la strage degli
innocenti da cui Gesù fu salvato dall’angelo che andò in sogno a Giuseppe. Gesù fin
dalla nascita è posto di fronte a minacce e pericoli. Cosa pensare? Che “l’annuncio
della vita che si compie nella nascita…è fortemente contrapposto alla minaccia alla
vita…Questo mette in luce la gravità di ogni attentato alla vita del bambino nel
grembo della madre”(LaF,21). Dio, infatti, comanda “Non uccidere”.
La coppia è un mistero di Dio che solo la fede può rivelare pienamente e solo la Chiesa
di Gesù Cristo può celebrare nella sua realtà più profonda: Dio Trinità - Amore.
• Il Padre ha stretto con l’umanità una alleanza sponsale: “Ti farò mia sposa per
sempre” dice il Signore al suo popolo. “Ti farò mia sposa nella benevolenza e
nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Osea
2,21-22).
• Il Figlio di Dio sposa l’umanità facendosi carne nell’incarnazione. In Gesù c’è
tutto Dio perché “Egli è un solo Dio con il Padre e lo Spirito Santo”. Così Dio
passa in noi attraverso Gesù Cristo e noi, purificati e trasformati dalla sua
Pasqua, passiamo in Dio attraverso Gesù Cristo.
Se tra gli sposi tutto è comune, e se Dio ha sposato l’umanità in Cristo, tutto è condiviso fra Dio e gli uomini. Attraverso la Chiesa Dio chiede che uomo e donna,
donandosi l’un l’altra in un amore “per tutta la vita” accettino l’onore e la grazia di
significare l’unione di Cristo con la sua Chiesa, di esserne cioè il “Sacramento”, il
segno visibile a tutti.
In ogni famiglia ci si rende conto che il vitto, il pane quotidiano, consumato senza
colloquio amorevole perde molto del suo gusto, come pure dove manca il “pane”, il
colloquio diventa difficile. Questo in linea generale, ma vi sono comportamenti positivi
che a volte sostituiscono in parte le parole.
Vi sono, ad esempio, i comportamenti gioiosi ed affettuosi tra i componenti la
famiglia, in primo luogo gli sposi tra di loro, e poi i genitori verso i figli e questi verso i
genitori e, quando vi è più di un figlio dei fratelli tra di loro.
La famiglia è fondata, vive e cresce sull’amore: amore tra le persone e amore
profondo e vivo tra esse e Dio.
Nella famiglia il Signore affida i figli a guide sicure e significative, autorevoli e credibili,
li affida al padre e alla madre. Perché? Perché il carattere e l’educazione dei figli non
siano definiti né dalla cultura, né dalla mentalità correnti che al giorno d’oggi sono
effimere o discutibili, ma da Dio stesso- attraverso i genitori che si sono uniti in
matrimonio con la benedizione solenne della santa Trinità. Infatti l’amore che unisce i
cuori degli sposi “proviene” dalla fonte trinitaria e tende con forza a ritornare a Dio
Trino e Uno, che è Pace, che è Amore.
Amare, infatti, è sentirsi chiamati ed incamminati verso l’eternità.
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L’amore umano “collabora” con Dio-Creatore nella sua incessante attività: chiamare
alla vita nuovi esseri che canteranno per sempre la loro riconoscenza a Dio per la gioia
dell’esistenza.
I figli sono “il frutto e il significato” dell’amore e non sono solo per il tempo, solo per
questa vita, ma sono destinati alla gioia immortale, alla comunione con la Trinità, alla
vita eterna.
Dio “collabora” con gli sposi e gli sposi “collaborano” con Dio quando offrono la loro
disponibilità all’Onnipotente. Questi sposi vivono l’amore sponsale-coniugale come
“amore per sempre” con la benedizione divina. Essi si son detti SI’ l’un l’altra e anche
Dio ha detto il suo SI’ sulla loro unione, perché possano vivere nella grazia
sacramentale. La grazia, se accolta e vissuta, aiuta a far sì che tra i due vi sia rispetto
tra loro e rispetto per il loro amore, che non può essere materializzato, tradito, reso
squallido o sterile, ma che –invece- li aiuta a crescere insieme spiritualmente lungo
tutta la loro esistenza per fare della loro vita una “esperienza” di dolcezza e di
edificazione reciproca, e della loro famiglia una comunione di sentimenti, di
atteggiamenti, di dedizione totale. Con la grazia l’amore coniugale si alimenta e
cresce, dona trasparenza, fedeltà unità fino al sacrificio.
Nella Lettera agli Efesini San Paolo “ci” esorta a “comportarci da cristiani e tra le virtù
che sono richieste a chi crede risaltano: l’umiltà, la pazienza, la sopportazione
reciproca, l’unità per mezzo della pace. Sappiamo bene che la pace e l’armonia
familiare sono “cemento di unità”. Quindi adoperiamoci sempre perché in famiglia
regni l’armonia dei cuori indispensabile per la crescita di ciascun membro e perché i
giovani si aprano alla vita.
Ma non bastano le esortazioni soltanto, come cristiani dobbiamo tenere aperti
gli occhi per vedere i vari problemi “negativi” per la famiglia ed adoperarci al meglio
perché vi si possa porre rimedio attraverso una migliore educazione dei singoli, ma
anche con il miglioramento delle leggi. Questo è compito della politica, ma è anche
compito dei singoli cittadini che alla politica devono chiedere con forza di operare a
favore delle famiglie.
• Il primo che risalta nei comportamenti individuali è che ognuno è concentrato
su se stesso, preoccupato solo della propria realizzazione personale; l’egoismo,
l’Io, annulla il Noi! La soggettività esasperata ci fa rinchiudere in noi stessi e
non vi è spazio per altri: né per l’altro coniuge, né per i figli, per i parenti e per
la società. Vi è attenzione esasperata a proprio corpo e prevale l’esteriorità sulla
interiorità. Siamo distratti, delusi, disaffezionati, impazienti, impulsivi,
superficiali. Queste “negatività”, questi “vizi” distruggono la famiglia.
• Altro problema: non crediamo più seriamente ai valori della fedeltà e della
stabilità. Tutto è provvisorio, tutto può cambiare, tutto cambia. I figli, in questo
contesto, sono visti come peso come freno come impossibilità a cambiare.
Perciò non si vogliono. E se ci sono ci si comporta come se non ci fossero, salvo
poi a litigarseli in caso di separazione e divorzio.
• Vi è poi il “costo” dei figli. La nostra società dei consumi fa sì che essi, oltre a
richiedere sempre maggiori spese, a volte pongono i genitori nel dover scegliere
tra lavoro, carriera e assistenza dei figli, a causa di asili nido insufficienti, scarse
possibilità di lavoro part-time, difficili se non impossibili possibilità di carriera
per chi si assenta dal lavoro per maternità, ecc…
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GESÙ CRESCE E LAVORA
Famiglia - Eucaristia – Lavoro
Lc 2,51-52: Gesù dodicenne dal Tempio di Gerusalemme “partì con loro e
tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste
cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e
agli uomini”.
Come educare i figli?
San Luca riferisce che i genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per
la festa di Pasqua. Vi salirono di nuovo quando Gesù aveva dodici anni…(Cfr Lc 2,41 e
seg.)
Tra i compiti dei genitori cristiani si pone in grande evidenza il “compito ecclesiale,
perché la famiglia è posta al servizio della edificazione del Regno di Dio nella nostra
storia, nella storia umana, partecipando alla vita e alla missione della Chiesa. La
famiglia è insostituibile nella educazione religiosa dei figli, grazie alla quale essafamiglia cresce come chiesa domestica” (FC per III°, pag. 18-19). “In seno alla
famiglia, infatti, i genitori sono per i loro figli –con la parola e con l’esempio- i primi
annunciatori della fede e i primi responsabili della vocazione propria di ognuno, di
quelle alla vita consacrata in modo particolare” (id. pag. 12).
Gesù Cristo rinnova la famiglia cristiana con la fede e i sacramenti affinché i coniugi
come coppia e come famiglia di genitori e figli vivano il loro servizio alla chiesa e al
mondo.
Vediamo, invece, in quale mondo viviamo. La cultura propalata da TV e giornali
spinge le persone ogni giorno a credere che la vita è un grande spettacolo la cui
riuscita è affidata alla capacità di suscitare lo sguardo ammirato degli altri. Ecco,
allora, l’affannosa ricerca di notorietà, il voler diventare famosi ad ogni costo, il
restare il più a lungo possibile al centro della scena. Nascono le rivalità. La diversità di
opinioni non è più vissuta nel dialogo, ma spinge le persone a chiudersi, a
contrapporsi, a difendere con risentimento i propri punti di vista. Questo fa sì che
nascano personalità fragili, senza forza interiore per affrontare con sicurezza gli alti e
bassi della vita. È appena il caso di ricordare ciò che diceva san Paolo nella I° Lettera
a Timoteo: “l’attaccamento al denaro è radice di tutti i mali” (I Tim. 6,10). Noi
possiamo estendere il concetto a tutti i “mali” sopra ricordati.
Il cristiano considera la persona umana e quindi se stesso come il primo dei valori. I
genitori, padre e madre, insegnano ai propri figli, fin dalla più tenera età il rispetto e
la cura per la propria persona intesa nella sua interezza di corpo e di anima.
Non bisogna cadere nell’egoismo fine a se stesso, ma il rispetto di sé va poi
allargato/esteso a rispettare gli altri, tutti gli altri, dai parenti più stretti fino alle
persone più lontane, fino all’intera umanità. Questa visione deriva sempre dalla
capacità di “direzione”che si vive dentro la famiglia dove mamma e papà sono guide
autorevoli e significative, affidabili perché mentre “dicono” ai figli come comportarsi,
così essi si comportano nella vita dando l’esempio. Poiché la relazione con se stessi è
fondamentale per orientare la nostra esistenza, dobbiamo aiutare i figli a “prendere
coscienza” del valore della propria persona; valore stabilito non da conquiste da fare
con chissà quali lotte e sacrifici, bensì derivante dall’essere stati creati a immagine e
somiglianza di Dio Creatore. Allora il compito dei genitori consiste nel far crescere i
propri figli in modo tale che siano capaci di camminare da soli, di sentirsi ed essere
liberi e responsabili, per poter essere autonomi nella vita. Come fare?
Confidando nell’insegnamento che ci viene dai Padri della Chiesa attueremo quanto
essi ci hanno lasciato come frutto delle loro esperienze. Scriveva San Policarpo nella
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sua Lettera ai Filippesi: “Insegnate l’un l’altro a camminare nella fede ricevuta nel
Battesimo, nell’amore e nella purezza, amatevi reciprocamente di vero cuore con
fedeltà, amate gli altri con grande carità ed in tutta castità, educate insieme i vostri
figli nell’amore e nel timore di Dio”
Ogni essere umano è composto di anima e di corpo. Il corpo fa parte del mondo
visibile, si vede e si tocca come ogni altro oggetto visibile. L’anima invece non la si
vede eppure sappiamo che c’è, perché l’essere umano è intelligente, è libero- cioè non
condizionato dal solo istinto, ma capace di dominare gli istinti; ha la memoria per
ricordare…, è capace di relazioni con le altre persone.
Padre e madre debbono tener presente la seguente affermazione apparsa un decennio
fa sui giornali, ma che anche oggi svela tutta la sua verità: “Se il lavoro diventa
totalizzante, la comunione familiare si fa sporadica, si inaridisce, e questo porta i
componenti a cercare altre strade. Di qui possono sorgere conseguenze a volte
funeste perché può entrare in crisi la coppia, ma, peggio ancora, il rapporto con i figli
non è vissuto e viene delegato. Stiamo attenti! Quando nessuno più è disponibile a
rinunciare al proprio “percorso” individuale, alla propria personale realizzazione, si
rischia- anzi diventa inevitabile, normale- che venga ricercato in altre dimensioni
affettive il “completamento” di se stessi. La famiglia, qui, soffre, soffre e si rompe.
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GESÙ INIZIA LA SUA VITA PUBBLICA
I figli vanno via!
Lc 4,1-25: Gesù tentato nel deserto, ritorna in Galilea, chiama i primi
discepoli, insegna e guarisce. (Cfr anche Mt 4,1-5,11).
Gn 2,24: L’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie…
I genitori sanno che i loro figli vengono da Dio e a Lui ritornano, quale che sia lo
stato di vita che hanno scelto. È vero che tutto è iniziato in famiglia, ma questo inizio
è proprio in vista del momento in cui dalla famiglia usciranno. Per questo i genitori li
hanno, o dovrebbero averli formati, perché siano capaci di andare da soli incontro al
loro futuro.
I figli devono essere sicuri dei loro genitori: devono sapere che per papà e mamma
essi sono oggetto di attenzione e di amore, ma dovranno anche essere consapevoli di
essere liberi perché avvertono che per i genitori è più importante la felicità dei figli che
la propria. Da questa sicurezza nascerà una certa facilità nell’allontanarsi dalla
famiglia di origine e nel contare sempre su di essa. L’atteggiamento dei genitori è
difficile perché mentre devono tenersi nell’ombra il più possibile, d’altro canto non
dovranno lasciare soli i figli nei momenti difficili che essi certamente incontreranno. I
genitori seguiranno i figli innanzitutto con la preghiera e, poi, con la loro presenza
quando sia richiesta.
I figli, passato l’incanto del primo sogno di libertà conquistata, passato il momento
delle scoperte che contraddistinguono il loro particolare momento di vita, si
troveranno davanti alla scelta di stabilire quali atteggiamenti e quali decisioni
prendere per raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. Vorranno dedicare la loro
vita a una scelta matrimoniale? Oppure alla vita consacrata? Nel primo caso dovranno
aver chiaro cosa significhi per loro matrimonio, famiglia, paternità e maternità
responsabile, ecc. Questi sono discorsi da fare per tempo e farli bene; anzi dovrebbero
essere stati fatti già prima che i giovani andassero via da casa, durante la loro
preparazione alla vita. Però sia che pensino alla vita matrimoniale che alla vita
consacrata, essi dovrebbero sapere bene che una scelta è veramente decisiva e
saggia solo quando amiamo ciò che vogliamo fare. Decidiamo per la famiglia?
Scegliamo la persona che amiamo, e teniamo presente che dovremo amare solo
quella persona per sempre. Che significa amare? Amare col cuore, con la volontà con
l’intenzione buona di formare una coppia per essere, prima, una unità in due persone,
e poi essere aperti a diventare tre o più a seconda dei figli che Dio vorrà inviare.
È così che abbiamo preparato –e stiamo preparando- i nostri ragazzi ad affrontare la
vita e a conoscere l’amore? Oppure facciamo loro solo discorsi moraleggianti e
predicozzi tanto barbosi quanto inutili, che lasciano il tempo che trovano ma non
incidono veramente dentro la vita?
I genitori non insegnano tanto con le prediche, quanto più di tutto con la loro
testimonianza.
Se mamma e papà avranno “fatto vedere” che amare è dare più che prendere, che
l’amore è un valore senza prezzo, che non è un qualcosa di statico, ma che è ciò che
si esercita liberamente a favore di un altro per il suo bene e che l’amore ha sempre
origine da Dio che è Amore, i figli sapranno costruire la loro casa sulla roccia e
verranno le tempeste della vita e quella loro casa resterà salda sulle sue fondamenta.
Gioia grande per i figli, ma gioia ancora più grande per i genitori.
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Il padre e la madre che “non lasciano andare i figli” li costringono alla solitudine e alla
infelicità. È la vita vissuta che crea gli incontri, anzi “l’incontro”, e crea l’amore, e crea
i progetti, e le prove, e le occasioni…è necessario che tutto ciò non venga vanificato
dai comportamenti irresponsabili dei genitori.
“Chi ascolta queste mie parole …costruisce la sua casa sulla roccia” dice Gesù.
GESÙ MUORE IN CROCE - MARIA SOTTO LA CROCE
Padre e madre sempre!
Gv 19,25-27: “Stavano presso la croce di
Gesù sua madre, la sorella di sua madre,
Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù
allora vedendo la madre e lì accanto a lei il
discepolo che egli amava, disse alla madre:
Donna ecco il tuo figlio! Poi disse al
discepolo: Ecco la tua madre!”
La famiglia umana deve trasmettere ai figli
valori, tradizioni, patrimoni.
La famiglia cristiana trasmette il patrimonio più
prezioso: il patrimonio del Vangelo, che non è
soltanto un compendio di suggerimenti spirituali,
bensì una regola di vita moralmente e
socialmente valida per tutti e per sempre. La
vita, ogni essere del creato l’ha avuta gratis:
quindi è un dono! Dono che ci viene da Dio,
perciò “dono misterioso”. La vita è in fondo l’unico, vero bene che abbiamo, e ciò a cui
siamo istintivamente attaccati, anche senza rendercene conto.
Noi ci amiamo: ed è giusto che sia così!
Apprezzare, rispettare, difendere, amare la propria vita non significa essere egoisti;
anche perché amare la vita non vuol dire tenerla solo per sé, tutta per sé, ma ci è
data per essere donata a nostra volta.
Ma…cos’è la vita? È questa una domanda urgente ed importantissima, ed istintiva.
Dalla concezione della vita che la famiglia ha avuto ed ha inculcato nei figli dipenderà
interamente il “senso” che essi sapranno darle, l’orientamento spirituale e morale dei
loro pensieri, dei loro sentimenti, affetti, azioni, ed ogni loro impulso creativo ed
operativo. Da come abbiamo risposto e rispondiamo anche oggi a tale domanda
dipenderà tutto il loro agire.
Se la risposta inculcata sarà stata retta, elevata e nobile, così sarà il corso della loro
esistenza.
Se invece la risposta sarà stata errata, limitata, scialba, vi saranno grandi possibilità
di fallire nella realizzazione di quanto essi desiderano e noi desideriamo per loro.
Se durante il periodo di formazione dei figli avremo spiegato loro che la vita ci è data
per raggiungere una mèta, e per questo è anche necessario avere uno scopo da
raggiungere nella vita, i giovani saranno preparati a fare la loro scelta. La mèta e lo
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scopo apriranno loro il cammino, li stimoleranno ad un approfondimento spirituale, a
desiderare qualcosa che “valga”, che abbia valore, e saranno indirizzati alla ricerca dei
valori eterni. Si troveranno così davanti la Parola di Dio, la vera Fonte, l’unica Fonte
che ci permette di approdare all’origine della vita. L’Antico e il Nuovo Testamento ci
daranno l’autentica dimensione della vita. Perché trasmettere la vita è possibile anche
ad una coppia qualunque, ma donare la vita, accogliendola nella maniera voluta dal
Creatore, custodirla, proteggerla e farne una cosa sacra è cosa che troviamo solo nella
Bibbia. Già in Genesi 4,1 troviamo le parole di Eva: “Ho ottenuto un uomo con l’aiuto
di Dio”.
Se l’uomo considera la sua vita priva di scopo, è già uno squalificato nella vita. Si è
squalificato da se stesso per non aver voluto capire, né sapere, né credere che per
vivere bisogna impegnarsi, bisogna prepararsi ad affrontare, di essa, gli aspetti meno
rosei, tra cui il dolore, che va affrontato e combattuto e sopportato poiché esso è
“sorgente di virtù e causa di progresso”. Per fare tutto questo non possiamo
prescindere da Dio. Non possiamo rincorrere la cultura moderna che nega Dio e
valorizza solo la materia, il corpo. E dopo la morte prevede solo il nulla. Infatti, cosa
vale la vita se le neghiamo ogni idealità ed ogni speranza di eternità? Nulla! Siamo in
pieno materialismo, edonismo, scetticismo e superficialità. Dove ci condurranno? Al
disgusto della vita e alla stanchezza di vivere.
Se la realtà della famiglia si è basata innanzitutto nell’accoglienza della vita, fin dal
suo concepimento, di fronte a questo dono di Dio e grande mistero, quando sarà
arrivato il momento in cui i figli, pur se hanno lasciato casa per costruire la loro vita
indipendente, avranno di nuovo bisogno dei genitori, questi saranno certamente e
sempre accanto ai figli, non per criticare o per rimbrottare, ma solamente per dare
ancora e sempre il loro incondizionato amore.
L’amore paterno e materno è “prevalentemente” unilaterale e non può esigere il
contraccambio.
I genitori “devono” amare i figli e il comandamento di Dio non dice ai figli di amare i
genitori, ma di onorarli. Quando i genitori “esigono” l’amore dei figli, innescano/
mettono in moto strane dinamiche che garantiscono ai figli anni di sofferenza psichica
e spirituale. Proprio perché vive l’amore coniugale (che più è esclusivo, più è assoluto
e più è sano, e più custodisce la reciprocità), un genitore non può/non deve esigere
l’amore dei figli. Solo così i figli possono crescere in una relazionalità libera, non
condizionante la loro vita da adulti.
Questa è l’ora di farsi da parte. Specialmente oggi, nella scelta della loro strada e/o
del proprio partner i giovani vogliono essere liberi. E ne hanno tutto il diritto. Tuttavia
ciò non autorizza i genitori a restare a braccia conserte a guardare cosa avviene. Nulla
e nessuno potrà impedire loro di vigilare amorosamente sui figli e sul loro destino. Ciò
che va accuratamente evitato è il voler dispensare continuamente e senza esserne
richiesti, i loro pareri e consigli. Vanno evitati anche le imposizioni, il brontolare, il
vietare con durezza. Bisogna, invece non essere né invadenti, né egoisti, dicendo che
lo si fa per il loro bene.
Ricordiamo tutti quel passo del Vangelo in cui la Madre e i cugini di Gesù lo cercano
per timore che i Giudei lo accusino, lo prendano e lo uccidano. Gesù non si lascia
condizionare dai parenti, ma continua nella sua missione. Maria, sua Madre, non lo
abbandona, gli resta accanto nell’ombra, nell’anonimato. Infatti il Vangelo non parla
più della Madre di Gesù fin quando ci ricorda che Maria era sotto la croce da cui
pendeva il Figlio. L’abbiamo detto, vale però la pena di ricordarlo: lasciare liberi i figli
ma non disinteressarsi di loro, restare loro accanto ed essere sempre presenti quando
essi sono nel dolore e nelle difficoltà della vita. Ma non per brontolare od altro, bensì
soltanto per con-dividerne le sofferenze e, dove possibile, alleviare le pene.
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