Carlo Pasini 4AI 28 gennaio 2012
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IL CORREGGIO
Il Correggio, pseudonimo di Antonio Allegri, nacque nel 1489 nell’ omonimo paesino situato nella bassa padana,
non distante da Reggio Emilia, e proprio in virtù di questo è stato definito da Giorgio Vasari come il primo padano
a dipingere secondo i modi della maniera moderna. Nella sua tecnica pittorica sono infatti concentrate le
caratteristiche sia del Mantegna, del quale divenne collaboratore durante il soggiorno a Mantova, ereditandone
pacatezza ed equilibrio, sia di Leonardo, dal quale apprese l’ armonia cromatica, riuscendo a trasmettere nei suoi
dipinti grazia ed espressività. La definitiva maturazione artistica avvenne comunque nella capitale, dove recatosi
per un breve soggiorno, ebbe l’ opportunità di studiare le opere di Michelangelo e di Raffaello. La sua carriera
artistica, sicuramente sottovalutata nel Rinascimento, acquista un’ importanza fondamentale nel ‘600,
diventando il modello di riferimento per molti pittori.
LA CAMERA DELLA BADESSA
L’ opera, che costituisce la prima prestigiosa commissione per l’artista emiliano, è collocata all’ interno del
convento di San Paolo a Parma, in particolare in quelli che erano gli appartamenti privati della badessa Giovanna
da Piacenza, una donna di famiglia nobile amante dell’ età classica. I soggetti raffigurati sono tutti legati alla
mitologia classica ed in particolar modo al culto di Diana, dea della caccia identificata con la Luna, che era anche
considerata simbolo di castità e purezza, tanto che la stessa badessa aveva adottato come stemma la falce della
dea.
L’ opera richiama palesemente un pergolato, diviso in sedici spicchi e contenente ognuno un ovato, ovvero un
apertura di forma ellittica, nei quali si affacciano, sullo sfondo del cielo, dei putti raffigurati assieme ad oggetti
tipici della dea della caccia come cani, archi, trofei, corni e frecce; alla base di ogni spicchio inoltre è dipinta una
lunetta concava che rappresenta al suo interno una figura divina, come per esempio Pan, Giunone o Cerere. Tutte
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queste figure sono monocromatiche con il chiaro intento di imitare le sculture tipiche dell’ età classica. Per finire
sulla cappa del camino è raffigurata la dea Diana, centro della composizione, sopra la sua biga trainata da cervi.
Nel complesso l’ opera è ispirata a due capolavori dell’ arte rinascimentale: da un lato la camera degli sposi del
Mantegna, da cui è tratto il pergolato, e dall’ altro dagli affreschi di Leonardo fatti nel castello sforzesco.
LA CUPOLA DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA
Dopo la realizzazione della camera della badessa, al Correggio fu commissionata da parte dei benedettini con cui
era in buoni rapporti un’ altra grande opera, ossia la cupola della chiesa di San Giovanni Evangelista, nella quale il
pittore decise di rappresentare la scena della visione di Cristo da parte di San Giovanni.
Al centro della composizione è raffigurata, in mezzo alla luce abbagliante e ai cherubini, la figura di Gesù, la quale
richiama grazie allo scorcio molto accentuato la cappella sistina. Spostandosi verso i lati si nota un marcato
cambiamento della luminosità dei colori, che dalla tonalità accesissima dei cherubini si spostano sempre più verso
il nero. Poco sopra i limiti d’ imposta della cupola si possono osservare tutti gli apostoli assisi su una corona
circolare di nubi, l’ effetto di sfondamento delle quali è tratto dal Mantegna, e contornati da angeli. Nel suo
complesso l’ affresco del Correggio unisce all’ attentissimo studio dell’ effetto chiaroscurale, una prospettiva
estremamente efficace, che anticipa di quasi un secolo un elemento tipico dell’ arte barocca, ovvero l’ esasperata
amplificazione dei volumi e dello spazio, arrivando addirittura a confondere i fedeli seduti nella navata centrale
con un turbino della testa, dovuta appunto all’ effetto prospettico, che consente loro di immedesimarsi ancora di
più nell’ opera.
ASSUNZIONE DELLA VERGINE - DUOMO DI PARMA
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Come la visione di San Giovanni Evangelista, anche l’ assunzione di Maria è caratterizzata dalla scelta del
Correggio di fare ricorso ad un uso della prospettiva molto accentuato; l’ opera è studiata per essere osservata
gradualmente dal fedele, infatti i primi elementi che si presentano agli occhi di chi procede verso la cupola del
Duomo sono i ritratti dei santi patroni della città di Parma: San Bernardo, San Giovanni, San Tommaso e Sant
Ilario, mediatori fra uomo e divinità. Man mano che ci si avvicina al presbiterio ci si avvicina sempre più al centro
della cupola e quindi anche al centro dell’ opera: in primo piano spicca ancora la corona di nubi, che però qui
procede secondo una spirale concentrica verso il centro dell’ affresco; su di queste è raffigurata una moltitudine
di santi protesi verso l’ alto, simboleggiando quindi la beatitudine della gloria eterna, e conferendo all’ insieme
una sensazione di movimento e dinamicità che non era mai stata sperimentata prima. Alla base della cupola si
trovano anche gli apostoli che, come si usava ai funerali, stanno bruciando dell’ incenso; l’ attenzione è focalizzata
su due elementi in particolare, ossia lo scorcio della figura di Cristo, che tende verso la madre, e quello della
stessa Madonna, sorretta dagli angeli e nel estasi della beatitudine . Nel suo complesso la composizione risulta
ricca di contrasti: da una parte gli sorci e le posizioni del corpo conferiscono grazia all’ opera, ma dall’ altra l’
altissima concentrazione di figure, spesso accavallate, i movimenti e la scelta dei colori creano delle deformazioni,
delle simmetrie e un’ enfasi teatrale tipica del secolo successivo.