Già professore ordinario al Dipartimento di fisica teorica dell’Università degli Studi di Torino, Stefano Sciuto si è recato nel nostro liceo e ha tenuto una lezione sulla fisica quantistica di base nell’ambito del progetto “Bravi in ricerca” finanziato dalla Fondazione CRB. Con questa intervista ci racconta il suo rapporto con la materia che ha insegnato per molti anni e che da sempre lo appassiona, senza però farci mancare la sua opinione sull’ambiente e sulla crisi del settore scientifico italiano. 1) Dunque professore, come si è appassionato alla fisica? Il merito (o la colpa?) è del mio maestro delle elementari a Mondovì. In quarta e quinta, il maestro Santero ci appassionava alla scienza con qualche semplice esperimento, sul quale la classe redigeva collettivamente una vera e propria relazione scientifica, a partire dai temi svolti sull’argomento dai singoli scolari. Inoltre fra i “personaggi storici” che bisognava portare per l’ammissione alla scuola media ci propose M.me Curie, scopritrice del radio e pioniera della fisica nucleare. Pochi anni più tardi lessi “L’evoluzione della fisica” di Einstein e Infeld e così fui cotto a puntino. E decisi di fare il teorico, non solo per la mie scarse abilità manuali, ma soprattutto per la mia passione per la matematica, in cui un fisico teorico sguazza a volontà e che è infinitamente più bella di quella che studiate a scuola. 2) Ci ha rivelato essere la stringa l’argomento più emozionante che abbia mai affrontato,potrebbe raccontarci in breve la sua storia e cosa la rende affascinante? Negli anni '60 si pensava che le interazioni "forti" non si potessero studiare con le tecniche della teoria quantistica dei campi, perché questa funziona solo con interazioni molto piccole. Si cercavano allora tecniche alternative, brancolando un po' nel buio; nel 1968 il venticinquenne Gabriele Veneziano venne da Firenze a Torino a spiegarci un suo modellino; questo piacque molto a Sergio Fubini, un grande maestro di quei tempi, e a molti altri, tanto che nel giro di pochi mesi furono fatti molti progressi. Un anno dopo, nel maggio 1969, Gabriele e Sergio erano di nuovo a Torino, e raccontandoci i loro risultati Fubini disse: "Siamo riusciti a capire quali sono le (infinite) particelle descritte dal modello e anche a descrivere l'interazione delle più semplici fra esse; per una vera teoria dobbiamo solo trovare l'espressione dell'interazione fra tutte le altre particelle". Io andai alla lavagna e cominciai "A me sembra che basterebbe fare una trasformazione..", al che Fubini mi interruppe: "Basta così, fai i conti e poi ne riparliamo". Qualche giorno dopo ritornai con il compito fatto; Fubini mi invitò a pubblicare subito e mi aiutò molto a scrivere l'articolo, pur non accettando di firmare pure lui, per lasciare tutto il merito solo a me. In realtà per ogni problema che si risolveva se ne aprivano molti altri; la teoria era solo ai primissimi passi (non si era ancora nemmeno capito che essa descriveva la dinamica quantistica di una corda, o “stringa”, come ci siamo abituati a dire), ma con requisiti di coerenza interna così stringenti che si ostinava a camminare dove voleva lei e non dove volevamo noi. Ci fu grande sconcerto appena ci si accorse che la teoria imponeva la presenza di una particella che con le interazioni forti non c'entrava proprio nulla, ma che aveva tutte le proprietà del gravitone (cioè della particella quantistica che porta la gravità, come il fotone porta la luce)! La storia continua ancora oggi, sempre con la teoria estremamente esigente e piena di sorprese; ci impone il numero di dimensioni dello spazio tempo (6 in più delle 3+1 cui siamo abituati, ma così arrotolate su se stesse da essere molto difficilmente rilevabili) e soprattutto la "supersimmetria", con un insieme di nuove particelle sconosciute, partner di quelle note. Purtroppo però al momento non ci sono proposte per un experimentum crucis che possa trasformare la bellissima costruzione matematica in una teoria fisica predittiva; in fisica gli indizi non bastano.. Certo, la fortuna potrebbe aiutarci con un doppio colpo grosso: se LHC potenziato (Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelledel CERN), che quest'anno tornerà al lavoro, riuscisse a rivelare qualche particella prevista dalla supersimmetria, avremmo sia un indizio a favore della teoria della stringa che dei candidati per la materia oscura! Se invece queste particelle fossero così pesanti da rimanere fuori dalla portata di LHC, rimarremmo con un palmo di naso... Chissà.. magari qualcuno di voi avrà un’idea di come proseguire! 3) Come giudica l’ambiente scientifico in Italia e la conseguente fuga di cervelli all’estero di cui tanto i media parlano? Dati oggettivi, quali il numero di citazioni su riviste scientifiche internazionali, mostrano il livello di eccellenza della ricerca scientifica di base in Italia in parecchi settori, fisica in primis. Paradossalmente, una conferma arriva anche dalla fuga dei cervelli, perché la preparazione dei nostri laureati e dottori di ricerca è così alta che i più importanti centri scientifici internazionali li accolgono volentieri. Attenzione, è patologica la fuga dei cervelli senza ritorno, mentre lo scambio dei cervelli è molto positivo. Un neo laureato, che voglia tentare la via della ricerca, fa bene ad andare all’estero per il dottorato, e a maggior ragione per il “postdoc”; per quanto sia buona la preparazione ricevuta “in casa”, è assolutamente necessario allargare i propri orizzonti. Scambio significa però reciprocità; io sono molto contento di incontrare al Dipartimento di Fisica di Torino parecchi giovani postdoc provenienti dall’estero. Soprattutto, un paese saggio dovrebbe attirare con posizioni permanenti e buone condizioni di lavoro i migliori ricercatori. Gli Stati Uniti hanno costruito così la loro egemonia; adesso li stanno imitando con successo i paesi del sud est asiatico, mentre l’Europa fatica a tenere il passo. 4) Quali consigli darebbe ai maturandi e potenziali futuri studenti di fisica? Agli studenti come voi consiglio soprattutto di avere come suprema aspirazione un lavoro divertente, e nulla come la ricerca è divertente, se si è capaci a farla.. Noi diciamo: “Iscrivetevi a Fisica e vi divertirete!”. La sacrosanta preoccupazione dello sbocco lavorativo non deve distorcere la scelta; uno studente che abbia seguito studi che lo appassionano avrà anche migliori chance nella ricerca di un lavoro. Un bravo fisico, idem per le altre discipline scientifiche, nei 5 anni di studi, specialmente nell’ultimo dedicato alla tesi, impara a risolvere problemi con la sua testa e non ad applicare formulette studiate a memoria. Ha così le armi migliori per competere nel mondo del lavoro, che non si limita solo alle industrie ad alta tecnologia, ma coinvolge anche altri settori, a volte impensabili: dalla sanità (pensate alla PET, c’entra addirittura l’antimateria) alla postgenomica, al mondo finanziario ed economico (non c’è nessuno che sappia applicare i metodi statistici meglio dei fisici). Naturalmente per trovare un lavoro adeguato non bisogna aver paura di spostarsi, spesso anche all’estero, anche per le carenze del tessuto economico italiano. 5) Come migliorerebbe il rapporto delle nuove generazioni con il mondo della scienza? Domanda troppo impegnativa per una breve risposta. Una sola battuta: per far amare la scienza basta farla conoscere! Iniziative come questa vanno nella direzione giusta e io ringrazio di avermi dato la possibilità di collaborarvi. Giunti alla conclusione delle domande più personali, c’è ancora tempo per qualche domanda più tecnica, per gli appassionati, nata da alcuni accenni nelle diapositive mostrate durante la lezione tenuta nel nostro liceo. 6) In cosa consiste l’incompatibilità tra relatività generale e teoria quantistica dei campi? La risposta richiede due corsi di 90 ore al quart’anno di fisica, ma cerco di darvene un'idea assai rozza. La teoria quantistica dei campi è l’applicazione della meccanica quantistica e della relatività ristretta alla descrizione del moto (e della creazione e distruzione) di particelle puntiformi. Ma già nella fisica classica le particelle puntiformi creano problemi: due punti carichi, o massivi, possono avvicinarsi fino ad annullare la loro distanza, che sta a denominatore nelle leggi di Coulomb e Newton; quindi la forza diventa infinita! Lo stesso, e peggio, succede nella teoria quantistica dei campi; però, fino a quando non interviene la gravità, queste quantità infinite possono essere tenute sotto controllo, ridefinendo i parametri della teoria in modo che le grandezze misurabili diano i risultati fissati dall'esperimento. Invece, nella versione quantistica delle equazioni di Einstein della gravità (relatività generale) gli infiniti saltano fuori da tutte le parti in modo incontrollato, generando infiniti parametri liberi e facendo perdere ogni potere predittivo alla teoria. Questi infiniti assomigliano a falle in una barca; fin che i buchi sono pochi si possono tappare e la barca va... ma, quando entra in gioco la gravità, per ogni buco che si tappa ne saltano fuori altri cento e la barca affonda! Si può intuire la ragione profonda del comportamento maligno della gravità quantistica: combinando la costante di gravitazione universale di Newton G con la costante di Planck h si costruisce una lunghezza fondamentale (detta di Planck) sotto la quale lo spazio perde senso. Bisogna quindi rinunciare a fondare tutto sulle particelle puntiformi. Il miracolo della teoria della stringa sta nella sua lunghezza non nulla, che fa sì che gli infiniti non si sognano nemmeno di spuntare e così non c’è nessuna falla da tappare; il bello è che le particelle puntiformi vengono fuori lo stesso, ma come innocui modi di vibrazione della stringa. Addirittura, dalla stringa spunta anche la teoria quantistica di oggetti estesi in più dimensioni (membrane, etc.), che è assolutamente impossibile affrontare direttamente. E’ proprio un pozzo di san Patrizio! 7) Ci potrebbe dire qualcosa in più della teoria della stringa, ma senza troppi tecnicismi? Un gran passo in avanti si fece all’inizio degli anni ’70 quando si interpretò il “modello di Veneziano generalizzato”, cui ho accennato nella risposta 2, come la descrizione quantistica del moto di una cordicella (string in inglese) in accordo con le leggi della relatività ristretta, cioè nello spazio piatto, senza gravità; il fatto che la dinamica della stringa (aperta) generi necessariamente il gravitone (modo di vibrazione della stringa chiusa) è in realtà un “regalo” eccezionale ed emozionante: è il moto della stringa a generare esso stesso la gravità e a incurvare lo spazio, senza che quell'ingrediente sia stato messo nella torta! Avendo a disposizione una teoria quantistica che realizza la “Grande unificazione”, aggiungendo la gravità alle interazioni fondamentali (elettromagnetica, debole e forte) descritte dal modello standard, qualcuno, specialmente negli USA, ha pensato di aver trovato la ”teoria del tutto”. In mancanza (per ora?) di conferme sperimentali, accontentiamoci della constatazione seguente: la teoria della stringa, quando la sua lunghezza diventa molto piccola, riproduce l’ordinaria teoria quantistica dei campi, gravità inclusa, ma senza quantità infinite fra i piedi; basta il singolo parametro lunghezza della stringa a smussare tutti gli infiniti! Nessuno può quindi negare che la stringa sia perlomeno un’ottima cornice in cui inserire la teoria quantistica dei campi per liberarla in un colpo solo da tutti gli infiniti che la affliggono, e scusate se è poco... 8) Lasciando stare i difficili meccanismi della fisica quantistica, cos’è l’antimateria e come facciamo a sapere della sua esistenza? Nel 1928, il non ancora trentenne Paul Dirac era alla ricerca di una teoria che conciliasse i principi della meccanica quantistica con quelli della relatività ristretta. Ci riuscì, e ancora adesso non riesco a capire come gli venne in mente un’equazione così inimmaginabile (altro che fantascienza..). Metà delle soluzioni dell’equazione di Dirac funzionavano benissimo e davano le correzioni necessarie per velocità prossime a quella della luce , in perfetto accordo con gli esperimenti di spettroscopia. Ma l’altra metà delle soluzioni erano un disastro totale, in contrasto con ogni legge della fisica e con tutti i segni sbagliati! Dirac ebbe il coraggio, l’audacia direi (forse era un supereroe?), di interpretarle ipotizzando l’esistenza dell’antimateria, cioè di una copia identica alla materia ma con carica opposta e “vista allo specchio” (per darvi delle arie, dite: coniugazione di carica C e parità P). Quattro anni dopo, Carl Anderson studiava con una camera a nebbia (una camera piena di vapore, in cui il passaggio di una particella carica viene visualizzato dall'apparire di una scia di bollicine) i raggi cosmici, particelle che ci arrivano continuamente addosso dallo spazio; non so se fu più grande la sorpresa o la gioia quando trovò la traccia di una particella identica a quella di un elettrone, che, sotto l’effetto di un campo magnetico, si incurvava però nel verso opposto: aveva scoperto il positrone, identico all’elettrone ma di carica opposta! Negli anni successivi la temeraria ipotesi di Dirac trovò infinite altre conferme sperimentali; ora di ogni particella di materia si conosce l’antiparticella! Di per sé l’antimateria ha le stesse proprietà di stabilità della materia (un universo tutto di antimateria sarebbe quasi indistinguibile dal nostro: giusto lo zucchero, e il DNA, sarebbero destrogiri anziché levogiri… e ci sarebbero più mancini che destri…); ma quando materia e antimateria vengono a contatto si annichilano a vicenda, generando enormi quantità di energia sotto forma di fotoni. Subito dopo il big bang, materia e antimateria si creavano e annichilavano continuamente, in equilibrio con la luce; a un certo punto la simmetria fra materia e antimateria si ruppe, e rimase solo la materia che conosciamo. Indizi di questa asimmetria possono essere trovati anche in laboratorio, ma c’è ancora molto da capire: tutto lavoro per la vostra generazione! Per saperne di più, guardate l'articolo di Gino Isidori “Materia e antimateria” sul sito INFN "Scienza per tutti", percorsi divulgativi (lo trovate subito con google o simili); è scritto molto chiaramente e in linguaggio piano, ne vale la pena! Intervista fatta da Fonio Niccolò e Marco Garbaccio