Convegno Ecclesiale 2016 "Sognate anche voi questa Chiesa"
ABITARE
Una prima riflessione che emerge con chiarezza è che "abitare" è un verbo che, come viene espresso
chiaramente nella "Evangelii gaudium", non esprime una condizione di sedentarietà e passività, quanto
piuttosto implica una dinamicità ed una vitalità che attraversano capillarmente e integralmente la vita degli
uomini e delle donne di ogni tempo. Abitare non indica dunque qualcosa che si realizza semplicemente in
uno spazio, poiché prima ancora di abitare i luoghi siamo chiamati ad abitare le relazioni. Tutto questo
però deve nascere da una consapevolezza che per il cattolico è imprescindibile: bisogna "farsi abitare da
Cristo" dal momento che solo a partire da Lui possiamo fare spazio all'altro, perché per condividere la
nostra vita con la gente donandoci generosamente, abbiamo bisogno di riconoscere che ogni persona è
abitata ,come noi, da Cristo e tante volte dal Cristo sofferente. Dunque, ogni persona è meritevole della
nostra attenzione, non perché ci è gradita a motivo di qualche sua particolare caratteristica, ma perché è
opera di Dio, sua creatura. Scrive Papa Francesco nella "Evangelii gaudium" "Ogni essere umano è oggetto
dell'infinita tenerezza del Signore, ed Egli stesso ABITA nella sua vita. Gesù Cristo ha donato il suo sangue
prezioso sulla croce per quella persona. Al di là di qualsiasi apparenza, ciascuno è immensamente sacro e
merita il nostro affetto e la nostra dedizione. Perciò , se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio,
questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. E' bello essere popolo fedele di Dio. E
acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!" Un
episodio evangelico che ci può aiutare a comprendere in profondità il senso del verbo ABITARE è quello
che ci offre l'evangelista Marco: "E subito , usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea ,
in compagnia di Giacomo e Giovanni". Gesù passa dal luogo di culto e di preghiera, alla casa di Simone e
Andrea , trasmettendoci una certezza: che tra i due luoghi sussiste un legame molto stretto e che anzi,
addirittura Egli " trova il modo di far si che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita
nuova". (Evangelii gaudium 24). Dunque siamo chiamati ad intessere relazioni buone in ogni ambito e
circostanza della nostra vita e a tal proposito ci possono essere di aiuto dei verbi che sintetizzano e
sostanziano il verbo ABITARE. Questi verbi sono: ascoltare, lasciare spazio, accogliere, accompagnare e fare
alleanza, ed essi devono rappresentare la linfa stessa che alimenta il nostro rapporto con i fratelli, con la
consapevolezza che la nostra attenzione nei loro confronti non deve consistere nel moltiplicare azioni o
programmi di promozione o assistenza, ma piuttosto si deve concretizzare lasciandosi ispirare e dirigere
dallo Spirito Santo che aiuta a vedere il fratello non con uno sguardo paternalistico e distaccato, ma
piuttosto come un'unica cosa con noi stessi. Siamo chiamati allora a ripensare insieme i nostri modelli di
ABITARE, del trascorrere il tempo libero,del festeggiare e del condividere. Dunque, abitando relazioni oltre
che spazi e luoghi, noi dobbiamo acquisire la capacità di ascoltare, magari promuovendo sempre più
situazioni nelle quali, in un'epoca di grandi solitudini, vi sia la possibilità di parlare essendo davvero
ascoltati. Ascoltando, impariamo ad uscire dall'autoreferenzialità, che è presente dovunque, a partire dalle
nostre famiglie, dove può purtroppo accadere che si vada perdendo la capacità di ascoltare l'altro.
Ascoltando, possiamo imparare a lasciare spazio all'altro e questo aspetto emerge sopratutto nell'ambito
dei rapporti che intercorrono tra le generazioni: tra i giovani e i loro genitori, ma anche tra gli adulti e i
propri genitori, molte volte trascurati e ritenuti uno "scarto". Nella dimensione dell'ABITARE è pure molto
importante accogliere tutti, sopratutto coloro che sono segnati da forme di fragilità: i disabili, coloro che
hanno perso il lavoro, le persone che vivono in una condizione di disorientamento psicologico ed
esistenziale, la famiglia come luogo di relazioni affettive e generative tra un uomo e una donna, oggi messa
a dura prova anche da ideologie che ne minacciano i fondamenti antropologici; gli immigrati che cercano
nel nostro paese un'onesta occasione di riscatto per la loro vita e per quella dei loro figli: tutti siamo
chiamati ad accogliere , sovvenendo si, alle necessità materiali dei fratelli, ma anche aiutandoli a far
emergere da ciascuno la propria dignità, mettendoli nelle condizioni di sentirsi utili, in grado di restituire
cio che hanno ricevuto, affrancandoli da una dimensione di mero assistenzialismo che non fa crescere, ma
che al contrario, sclerotizza le situazioni di disagio. E' anche molto importante "fare alleanza" con le
persone che abitano i nostri spazi, accompagnandole nelle difficoltà, nella malattia ed anche nella morte,
concretizzando una vera e propria "pastorale del condominio". Papa Francesco ci ricorda che: "Ogni
cristiano ed ogni comunità sono chiamati a essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei
poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e
attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo. Rimanere sordi a quel grido, quando noi siamo gli
strumenti di Dio per ascoltare il povero,ci pone fuori dalla volontà del Padre dal suo progetto, perché quel
povero "griderebbe al Signore contro di te".
Ciascuno di noi ABITA luoghi molteplici, spesso simultaneamente, e in tutti siamo chiamati a vivere in
maniera buona: dal Creato "nostra casa comune" da custodire (Laudato sì 13), al mondo complesso e
variegato delle nostre relazioni, alle città e ai paesi in cui viviamo, ai luoghi dello studio ,del lavoro e del
tempo libero, senza dimenticare il luogo dove per eccellenza nascono, crescono e si evolvono tutte le
nostre relazioni: la famiglia.
E' molto importante anche avere a cuore una politica che sia mossa dalla passione per l'umano, che miri a
costruire il bene comune essendo luogo di condivisione della cittadinanza. Ma oggi abitiamo anche spazi
virtuali, che se non sono gestiti bene, rischiano di sovrapporsi alla realtà producendo un pericoloso
scollamento da essa con una conseguente perdita di una identità sana e ben definita.
Più in generale oggi i luoghi sono diventati frontiere e cioè linee di incontro/scontro tra diverse culture, ma
anche tra visioni del mondo all'interno delle diverse culture e questo sta producendo dei cambiamenti che
non possiamo ignorare, per riuscire a discernere in essi i segni dei tempi alla luce del Vangelo, affinché "la
verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più
adatta". (Gaudium et spes 44). Alla luce di tutto questo, allora possiamo comprendere che il significato più
profondo di ABITARE è quello di vivere "la storia della famiglia umana", andando verso il prossimo e
condividendo con gli altri il mondo che Dio ha creato, cercando di tradurre nella carne viva del popolo di
Dio la Sua Parola, con la consapevolezza che la dimensione della fede è da sempre iscritta nella
configurazione stessa delle nostre città, con le tante Chiese che raccolgono intorno a se le comunità che
ABITANO il territorio. E proprio l'immersione nel territorio, la scelta di una " via popolare", è una
particolarità di quel cattolicesimo che da sempre ha voluto fare parte della vita degli uomini ,attraverso
una presenza solidale e compartecipe che è riconosciuta da tutti, anche dai non credenti. In questo tempo
di veloci trasformazioni, occorre che la Chiesa si lasci sempre di più accendere dalla intensa luce dello
Spirito Santo, rifuggendo un convulso attivismo che impoverisce l'autentico slancio soprannaturale e
missionario , senza avere paura a "toccare" il povero, perché come ci ricorda Papa Francesco " se non lo
hai toccato, non lo hai incontrato".
Allora, accogliendo l'invito del Pontefice ad essere una Chiesa povera per i poveri, nel tessuto connettivo
della nostra Diocesi di Monreale, nelle nostre realtà parrocchiali, desideriamo fare uno sforzo sincero e
costruttivo e desideriamo domandarci:
1)Abbiamo compreso che ABITARE non indica soltanto qualcosa che si realizza in uno spazio,ma implica
un'azione dinamica che deve trarre la sua linfa dal lasciarsi abitare da Cristo? Ci accorgiamo che tante
volte quei poveri che il Signore ci esorta ad ascoltare, accogliere ed accompagnare, sono più vicini a noi
di quanto non pensiamo, addirittura nella nostra stessa famiglia? Spostando lo sguardo appena un poco
più in la, abbiamo consapevolezza delle situazioni di sofferenza e di deprivazione umana e spirituale che
possono affliggere anche la nostra comunità parrocchiale e più in generale, le nostre città e i nostri
paesi?
2) Una volta individuate le varie forme di povertà, in che modo riusciamo a relazionarci con esse, sia a
livello individuale che comunitario? Ce ne facciamo carico? Ce ne prendiamo cura con metodologie e
strumenti appropriati? Oppure rimaniamo inermi di fronte ad esse e siamo incapaci di intervenire
davvero positivamente nella vita dei fratelli che sono in difficoltà?
3)Cosa possiamo fare per ABITARE queste povertà? Comprendiamo che è necessario ripensare anche alla
politica in una chiave che sia davvero comunitaria e che dobbiamo superare la cattiva abitudine di
delegare ad altri ciò che viene deciso in nostro nome? Ci è chiaro che Papa Francesco ci chiede di sognare
anche noi una "Chiesa beata, sul passo degli ultimi", che sia capace di abitare con umiltà nel cuore delle
nostre città?