Programma St.dell`arte - Liceo Linguistico P. Lanza

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LICEO SCIENTIFICO GALILEO GALILEI – MACOMER
Programma di
Storia dell’Arte
Classi 5^A-D
Prof.ssa Franca Barbara Straullu
A.S.2008/09
MODULO 1: dal secondo ‘700 al primo ‘800
Il Neoclassicismo
Jacques Luis David e il Giuramento degli Orazi
Fasi dell’arte neoclassica
La scultura neoclassica e Canova
Dedalo e Icaro
Teseo e Il Minotauro
Monumento funebre a Clemente XIV
Monumento funebre a Clemente XIII
Amore e Psiche
Paolina Borghese
L’architettura Neoclassica
L’architettura Neoclassica in Italia
Il teatro alla Scala
Gli architetti dell’Utopia (Boullèe e Ledoux)
Il cenotafio di Newton
La biblioteca Nazionale di Parigi
Le saline reali di Arc-et-Senans
Il cimitero di Chaux
Il preromanticismo e Ingres
La Bagnante di Valpinçon
Il sogno di Ossian
Francisco Goya
Il parasole
Il colosso e La famiglia di Carlo IV
Le fucilazioni del 3 maggio 1808
MODULO 2: il primo ‘800: romanticismo e realismo
L’ottocento (caratteri generali, correnti artistiche)
Il romanticismo, caratteri costitutivi
Il romanticismo in Germania e Friedrich
Monaco in riva al mare
Viandante sul mare di nebbia e Bianche scogliere di Rugen
Il romanticismo in Francia
Gericault - La zattera della medusa
Delacroix – La Libertà che guida il popolo
Il romanticismo in Italia (Hayez – Il bacio)
Il romanticismo in Inghilterra (Fussli – L’incubo)
L’architettura romantica: il neogotico
Il realismo
Daumier – Il vagone di terza classe
Millet – Le spigolatrici
Courbet – Funerale a Ornans
La scuola di Barbizon
I macchiaioli (Giovanni Fattori – In vedetta)
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MODULO 3: il secondo ‘800: la rivoluzione impressionista e le premesse del ‘900
L’impressionismo
Monet – Impressione: sole nascente
Manet – Colazione sull’erba
Renoir – Moulin de la Galette
Il postimpressionismo
Cézanne – La montagna di Sainte Victoire
I giocatori di carte
Van Gogh – I mangiatori di patate
Camera da letto di Arles
La notte stellata
Toulose-Lautrec – Al Moulin Rouge
Gauguin – Il Cristo giallo e Ia orana Maria
Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?,
Divisionismo e Puntinismo
Seurat - Una domenica pomeriggio all'isola della Grande Jatte
Pelizza da Volpedo – Il quarto stato
Il simbolismo - Munch (L’urlo)
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Il Neoclassicismo
Si sviluppa in Europa tra la seconda metà del „700 e i primi decenni dell‟800 in corrispondenza di un vero e
proprio movimento culturale, collegato alle istanze portate avanti dal pensiero illuminista.
L'Illuminismo, aveva nel 1700, visto nella ragione un elemento di riscatto degli uomini e aveva determinato
una profonda modificazione nel modo di concepire la produzione artistica.
Per Winckelmann, archeologo tedesco, il riferimento all'arte greca diventerà una sorta di elemento di paragone
o parametro di giudizio sul bello ideale.
Le scoperte archeologiche di Pompei ed Ercolano, effettuate nel 1748 e nel 1768, avevano determinato nei
confronti delle antiche rovine un atteggiamento volto ad indagare proprio il concetto di bellezza assoluto.
Tuttavia, il riferimento all'arte classica, non si limiterà solamente a quella greca, infatti, se per Winckelmann il
parametro di bellezza sarà nell'arte greca, per Mengs sarà riposto nell'arte classica di Raffaello.
Il Neoclassicismo nacque quindi proponendo un recupero dei modelli fatti di compostezza e armonia delle
antichità classiche in contrapposizione alle forme barocche di cui si rifiutarono gli eccessi e i contenuti e ci si 3
ispirerà ai modelli antichi cui verranno attribuiti caratteri etico-ideologici.
È un movimento culturale e artistico che volle , quindi, tornare ai contenuti, agli ideali di bellezza e ai modi di
rappresentazione degli antichi.
In questo periodo fioriscono numerosi trattati, per definire la composizione, le proporzioni fra le parti e le
categorie secondo cui classificare i vari tipi di espressione artistica.
Si amplia la committenza, che, a sua volta, modifica la figura stessa dell'architetto che adesso si vede portatore
di un ruolo utile alla comunità.
L'arte neoclassica con il suo riferirsi all'antichità classica, ma anche a quella etrusca o egiziana, non fu sempre
omogenea.
L‟imitazione degli antichi è preferibile a quella della natura, perché le opere classiche possiedono una
perfezione e un‟armonia introvabili nella realtà.
Degli antichi non si ammira più solo la bellezza delle forme, ma anche i princìpi etici che guidano il
comportamento e l‟ordine: si diffonde una vera e propria “febbre dell‟antico”.
In architettura lo stile si fa monumentale, le forme sono rigorose e si arricchiscono di colonne, timpani,
architravi e lesene.
In genere le chiese sono a pianta centrale, hanno un portico d'ingresso arricchito da colonne e completato dal
timpano.
Le colonne, doriche, ioniche o corinzie, e sono appoggiate su di un alto zoccolo.
I palazzi privati invece, presentano facciate molto allungate e racchiudono un cortile interno.
Anche in Italia si assiste alla nascita dello stile neoclassico e si propone una rispondenza della forma alla
funzione ed una spiccata sobrietà della decorazione. L‟Italia svilupperà modelli che si diffonderanno in tutta
Europa.
In Italia, gli architetti di maggiore rilievo del periodo neoclassico sono Luigi Vanvitelli e Giuseppe Piermarini.
Vanvitelli agisce nella II metà del 1700, e Piermarini, suo allievo, realizzò opere nelle quali la luce si poneva
sulle forme priva dei violenti contrasti d'ombra del barocco.
Gli architetti neoclassici danno grande importanza a:
 Simmetria
 Ordine
 Sobrietà
L‟imitazione dell‟antico venne considerato il mezzo per creare opere che esprimessero una bellezza ideale,
ossia una bellezza non solo estetica ma anche civile e morale.
Le caratteristiche del neoclassicismo sono:
 Ritorno al classicismo. Vengono criticate l‟arditezza e la sregolatezza formale delle età precedenti. Si
recuperano i valori e le forme dell‟antichità classica; a stimolare tale orientamento fu la scoperta dei
resti di Pompei ed Ercolano.
 Attività di catalogazione. Le espressioni della cultura e dell‟arte classica non vengono solo imitate, ma
studiate in modo metodico e catalogate.
 Ricerca del bello ideale. L‟opera d‟arte deve essere caratterizzata da semplicità, ma deve anche
esprimere il dominio sulle passioni umane e mirare ad una bellezza ideale superiore.
Jacques-Luis David
CENNI BIOGRAFICI
Jacques-Luis David fu uno dei protagonisti del Neoclassicismo Europeo. Nacque a Parigi nel 1748.
Accede all‟accademia reale di pittura e vince nel 1774 il “Prix de Rome”. Nel 1775 parte per Roma dove
rimarrà fino al 1780. Nel 1779 fa un viaggio a Napoli e decide di ripudiare le esperienze giovanili per poter
guardare l‟antico con gli occhi di Raffaello.
Torna a Parigi e affascinato dalla personalità di Bonaparte, ne divenne il pittore ufficiale dedicandogli una
serie di celebri dipinti e ritratti.
Esiliato a Bruxelles dopo la caduta dell‟impero napoleonico, morì nel 1825.
IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI
Data di esecuzione: 1784.
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Tecnica e materiali: olio su tela.
Dimensioni: 335 per 425 cm.
Collocazione: Parigi, Museo del Louvre.
È importante perché è considerato il manifesto del
Neoclassicismo.
Dipinto durante il soggiorno romano per il conte
d‟Angiviller, che intendeva donarlo al re Luigi XVI.
Mostra un profondo interesse nei confronti dell‟arte
classica, come dimostrano la fedele riproduzione dei
costumi dell‟antica Roma; l‟architettura dello sfondo
ed il soggetto tratto dalla storia romana.
La storia
Ha origine nella leggenda che narra di tre gemelli Romani (Orazi) e di tre fratelli Albani (Curiazi) che
decisero con il loro combattimento le sorti della guerra tra Roma e Albalonga. Dei sei si salvò solo uno degli
Orazi aggiudicando la vittoria a Roma.
Descrizione del soggetto
La scena rappresentata è quella del giuramento degli Orazi davanti al padre. L‟azione si svolge davanti a un
portico diviso da tre archi a tutto sesto, ognuno dei quali fa da sfondo ai tre gruppi principali di personaggi: gli
Orazi, il padre, il gruppo di donne.
L‟impianto prospettico attira l‟attenzione al centro.
Il pittore non rappresenta il momento del combattimento, ma quello del giuramento dei tre giovani. I gesti
sono fermi e determinati.
Il giovane al centro cinge la vita del fratello a fianco in un moto di solidarietà, mentre le mani di tutti e tre si
tendono verso il vecchio padre.
I loro volti sono tesi, le espressioni concentrate.
Analisi dei codici visuali
La linea e la composizione: le linee di forza principali corrispondono alla figura del padre e a quelle dei figli
che unite ai piedi, vengono sbilanciate dinamicamente verso l‟esterno dalla disposizione dei corpi.
Le figure occupano tutte il primo piano della composizione.
Il gruppo femminile, racchiuso in una linea circolare chiusa, comunica intimità e raccoglimento.
La linea delimita le figure.
I personaggi hanno diverso rilievo: il peso maggiore della scena è determinato dalle figure maschili, maggiori
per dimensione e per estensione.
In questo modo David esalta la virtù morale e patriottica dei guerrieri contro il sentimentalismo delle donne.
Lo spazio
Lo sfondo è scandito da tre arcate che inquadrano la scena; l‟azione si svolge su un unico piano spaziale come
su un palcoscenico.
La luce
Una luce fredda, proveniente dal lato sinistro in alto, illumina la scena facendo scintillare il metallo degli elmi
e delle spade e conferendo rilievo plastico e consistenza scultorea alle figure.
Il colore
I colori evidenziano i personaggi rispetto allo sfondo che è quasi di tonalità monocroma.
La figura del padre domina per il panneggio rosso che viene richiamato dal vestito del figlio in primo piano e
si riequilibra nell‟arancione rossastro delle figure femminili.
Il costume bianco della donna in primo piano trova corrispondenza simmetrica nel mantello di uno degli
Orazi. I toni sono prevalentemente caldi, tranne alcuni toni freddi distribuiti fra i personaggi, che fanno
risaltare maggiormente i rossi e gli arancioni.
Il colore ha una funzione espressiva e simbolica: il rosso accentra l‟azione energica del giuramento; mentre la
rassegnazione delle donne è sottolineata da colori più tenui.
I contorni sono precisi, le pennellate omogenee.
LE FASI DELL’ARTE NEOCLASSICA
Prima fase: 1750-1780 Fase di preparazione
Si avviano gli scavi archeologici a Ercolano e Pompei, in Toscana, in Grecia e in Medio Oriente.
Winchelmann pubblica “Pensieri sull‟imitazione dell‟arte greca”.
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Vengono elaborate le teorie estetiche e filosofiche che saranno alla base del movimento.
Reazione allo stile Barocco e alle sue frivolezze contrapponendo temi di maggior impegno, con effetti più
misurati basati sulla compostezza della linea e sulla stesura uniforme del colore. Ogni forma di artificiosità
doveva essere sostituita da “un bello ideale.
Concezione estetica differente rispetto al passato, per cui all‟arte si chiese una finalità educativa, un contributo
al miglioramento dell‟individuo e della società.
Seconda fase: 1780-1796 Fase rivoluzionaria
L‟antichità come pretesto per attivare un discorso di carattere ideologico, morale o educativo.
Napoleone come personaggio diventa meritevole di mitizzazione; la sua azione, la sua funzione storica
assumono un valore esemplare.
Il valore militare del generale Napoleone (Marte Dio della Guerra) viene celebrato accanto ai meriti politici
dell' impero napoleonico "pacificatore" (l'idealizzazione della pace europea resa possibile dalle conquiste
francesi).
Il modello classico a cui Canova si riferisce è Augusto, primo imperatore romano, celebrato come il creatore
di un lungo periodo di pace, successivo alle guerre civili.
Le scelte stilistiche sono caratterizzate da massima semplicità, completamente priva di orpelli.
L‟architettura accentua la fase progettuale, (spesso utopica) in relazione a presunti bisogni; un esempio è il
progetto per il cenotafio di Newton, realizzato da E. Boullèe.
Terza fase: 1796-1814 Fase napoleonica
L‟antichità non è più rivissuta con finalità educative e morali, ma solo celebrative e propagandistiche.
Sono importanti le realizzazioni architettoniche ( archi di trionfo) ed urbanistiche, che si ricollegano alla
romanità imperiale; un esempio è Arc de l‟ Etoil a Parigi, realizzato nel 1806 da Jean Françoise Chalgrin.
Quarta fase: 1815-1830 Fase coincidente con la Restaurazione
L‟antichità diviene mito sognante, non più legata al presente.
Accanto alla compostezza di ispirazione classica si fanno strada istanze naturalistiche.
PERCORSI DEL NEOCLASSICISMO
RECUPERO DELL‟ANTICO
Si recuperano i principi formali dell‟arte greco-romana:
 Equilibrio
 Armonia
 Razionalità
E si ripropongono anche le ambientazioni e i costumi antichi.
IL BELLO IDEALE
L‟opera d‟arte deve esprimere il dominio sulle passioni umane e mirare ad una bellezza ideale superiore, che
diviene anche strumento di verità.
L‟IDEALE SOCIALE
L‟opera d‟arte spesso esalta e idealizza la figura dell‟eroe, che cosciente del proprio dovere assume l‟impegno
di lottare per il proprio popolo o per un più generale ideale di giustizia.
IL RUOLO CIVILE DELL‟ARCHITETTURA
Gli edifici dell‟architettura neoclassica diventano simboli di una nuova dimensione civile: i nuovi edifici
amministrativi o di pubblica utilità sono l‟emblema della nuova città borghese.
LA FUNZIONALITÀ E IL RECUPERO DELLA CLASSICITÀ NELL‟ARCHITETTURA
Si afferma una nuova concezione della bellezza, legata alla funzionalità degli edifici.
La pianta e le facciate mostrano un ordine razionale nella distribuzione delle varie parti.
Gli architetti utilizzano,rielaborandoli, gli ornamenti dell‟architettura antica (colonne, trabeazioni, lesene e
timpani).
LA SCULTURA NEOCLASSICA
ANTONIO CANOVA
Antonio Canova nasce a Possagno (presso Treviso) nel 1757.
La sua formazione artistica è accademica.
A differenza di Jacques-Luis David, non sceglie l‟impegno politico, ma l‟arte come impegno autonomo.
La sua arte è caratterizzata da:
 Equilibrio di bellezza
 Equilibrio di proporzioni
 Libertà da ingerenze di carattere politico
Egli fu in grado di collaborare, nello stesso tempo, con Napoleone e
con il governo Pontificio,di cui era ospite.
OPERE
Dedalo e Icaro
Datazione: 1778-1779
Altezza: 1,82 m
Materiale utilizzato: marmo
Collocazione: Venezia, Museo Correr
L‟opera fu commissionata dal senatore Falier.
È ritenuta il capolavoro della giovinezza; infatti Canova aveva solo 21
quando iniziò l‟opera nel 1778. All‟epoca il suo amore per la statuaria
antica aveva radici profonde.
Il soggetto di “ Dedalo e Icaro” è giocato sul contrapposto tra la figura
naturalistica del vecchio Dedalo e la figura idealizzata del giovane
Icaro.
I corpi si intrecciano e si compongono: il ragazzo inarca il corpo e
flette una gamba, mentre piega la testa sulla spalla. Il vecchio,
nell‟atto di spostarsi per allacciargli meglio le ali, sembra avvolgerlo
con le braccia. In questo ricercato equilibrio il lavoro presenta la
differenza dalla plastica barocca.
Ai piedi dei personaggi, Canova, ha posizionato gli attrezzi dello
scultore.
Alcuni leggono in questo, la volontà dell‟artista di fare di quest‟ opera
un‟allegoria della scultura. L‟opera ebbe grande successo e l‟artista,
col guadagno (cento zecchini) poté intraprendere il sospirato viaggio a
Roma, dove realizzò opere importanti che gli diedero fama e ricchezza.
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Teseo e il Minotauro
Datazione: 1781-1783
Materiale utilizzato: marmo
Altezza: 145,4 cm
Larghezza: 158,7 cm
Profondità: 91,4 cm
Collocazione: Londra, Victoria&Albert Museum
Nell‟eroe greco, seduto sul mostro che ha appena ucciso, è
simboleggiata “la vittoria della ragione sulla bestialità, cioè
sull‟irrazionale”.
Il corpo semidivino è perfetto, rispondente agli ideali espressi da
Winckelmann.
Sul volto, chiaramente modellato sulla statuaria antica, non trapela
l‟affanno e la furia della lotta ma solo la tranquillità, non priva di
fierezza, di chi ha ottenuto una difficile ma inevitabile vittoria
Monumento funebre a Clemente XIV
Ormai Canova, affermatosi nell‟ambiente romano, ricevette
importanti commissioni, a partire da quella, nel 1783, per la
“Tomba di Clemente XIV per la Chiesa dei Santi Apostoli a
Roma.
Canova attua il superamento del monumento funebre berniniano.
All‟animazione barocca si sostituisce una partizione rigorosa
degli elementi.
Sono esclusi gli effetti pittoreschi dei marmi policromi e
l‟esuberanza dei panneggi. Il papa è collocato in alto.
Compianto dalle allegorie dell‟umiltà e della temperanza.
Nella gestualità accentuata del papa, ritroviamo ancora un legame
col Bernini.
Ma l‟impianto, perfettamente geometrico, se ne allontana.
La struttura è scandita nettamente dal Basamento, dal sarcofago e
dalle figure.
Semplicità e quiete improntano il mausoleo dove le figure dolenti
piegano armoniosamente i corpi, avvolte in panneggi fluenti.
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Semplicità e quiete improntano il mausoleo dove le figure dolenti
piegano armoniosamente i corpi, avvolte in panneggi fluenti.
Il monumento funebre viene realizzato come un‟interpretazione, in
chiave classica, di un tema tradizionale della scultura barocca.
Nel monumento non c‟è simmetria, ma progressione. Dalla figura
dell‟umiltà (seduta in basso), si sale a quella della temperanza (in
piedi a sinistra), fino ad arrivare in alto e al centro, alla figura del
pontefice.
Per seguire il movimento tracciato dal Canova, lo sguardo deve
salire. Giunti in alto, vediamo il pontefice, col corpo addossato allo
schienale del trono, tendere in avanti il braccio fino a sfiorare il
piano limite dello spazio ideale.
Il percorso in ascesa sembra voler sublimare il passaggio dalla vita 8
alla morte che è ascesa, ingresso in una dimensione senza tempo,
ne spazio, suggerito dalla porta aperta e dal gesto del Papa.
Gian Lorenzo Bernini
(monumento funebre di Papa
Alessandro VII, 1673-1674, marmo e
bronzo dorato Città del Vaticano,
Basilica di San Pietro
Monumento funebre a Clemente XIII
Datazione: 1787-1792
Materiale utilizzato: marmo
Collocazione: Roma, Basilica di San Pietro
Ancora più impegnativa fu la commissione per il monumento a
Clemente XIII.
Canova approfondisce il tema della morte come sonno.
Il Papa è inginocchiato in preghiera.
Sotto la figura della fede.
Poi l‟adolescente con la torcia rovesciata, che rappresenta la morte
sorella del sonno.
Il monumento è caratterizzato da un notevole rigore nella scelta
dell‟apparato decorativo.
La posa del Pontefice, non rivolto verso lo spettatore, ma raccolto
lateralmente in preghiera, appare privo dell‟enfasi e della gestualità che comunemente caratterizzano i
monumenti funebri.
Calma e grandiosità caratterizzano ogni elemento dell‟opera.
Una certa severità, convive con la leggerezza che si esprime nel languore dell‟adolescente, incaricato a
rappresentare la morte, sorelle del sonno e priva quindi di tensione; visione tipicamente neoclassica.
L‟uso dei marmi policromi è sapiente e razionale.
Alla figura del Papa raccolto in preghiera fa da cornice un‟arcata a tutto sesto, che parte dalla figura
dell‟adolescente.
Anche in questo monumento la composizione è asimmetrica. Per arrivare alla figura culminante del papa. Lo
sguardo dell‟osservatore segue il classico percorso ascensionale.
Amore e Psiche
Datazione: 1781-1783
Materiale utilizzato: marmo
Dimensione: 155 per 168 cm
Collocazione: Parigi, museo del Louvre
Amore e Psiche è ispirata alla favola di Apuleio “l‟asino d‟oro”.
Psiche intraprende un viaggio nell‟Ade, dove Proserpina le consegna un vasetto da tenere chiuso. La fanciulla,
spinta dalla curiosità lo apre e sviene, impietosendo Amore (Cupido) che la ridesta con una saetta e la bacia
teneramente. Canova rappresenta il momento in cui Amore si appresta a baciare Psiche.
ELEMENTI DEL LINGUAGGIO VISUALE
Il gruppo è formato da una serie di geometrie compositive che si colgono solo nella visione frontale.
Le due teste accostate sono il centro di due direttrici ad x che dominano la composizione.
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Nel gruppo marmoreo Canova ricerca più di tutto l‟equilibrio.
Le ali spiegate di amore sembrano spingere verso l‟alto il corpo abbandonato dell‟amata e le due figure,
divergenti nelle posizioni, trovano stabilità solo nel culmine dell‟abbraccio.
Le linee di forza, si irradiano in molteplici direzioni e proprio le pose delle due figure sembrano togliere peso
ai corpi. Nella visione d‟insieme si coglie l‟impianto geometrico nella contrapposizione dei corpi: quello di
Psiche è sdraiato, le braccia alzate; quello di Amore è piegato, con una gamba tesa.
Il significato è senz‟altro una celebrazione dell‟amore. Non di una passione sfrenata ma di tenerezza e
moralità, tipiche espressioni neoclassiche.
Paolina Bonaparte Borghese come Venere vincitrice
L‟artista riprende la tradizione dell‟antica Roma, ritraendo un individuo mortale nelle vesti di un dio o, come
in questo caso, di una dea.
Datazione: 1804-1808
Materiale utilizzato: marmo
Dimensione: 200 cm
Collocazione: Roma, Galleria Borghese.
Chiaro esempio di applicazione dello stile neoclassico alla rappresentazione di un personaggio reale.
Sovrappone il mito classico di Venere al ritratto di Paolina Borghese (secondo il mito, Venere era stata scelta
come dea della bellezza da Paride, che le consegnò il dono della vittoria). Paolina diventa un personaggio
ideale.
Il ritratto è una chiara idealizzazione del personaggio rappresentato e la statua di Paolina impersona l‟ideale di 10
bellezza neoclassica.
ANALISI DEL SOGGETTO
È raffigurata seminuda, coperta solo da un panneggio come le veneri classiche. È sdraiata su un triclinio
dell‟antica Roma.
I drappeggi sul triclinio sono cedevoli, piegano come fossero veri e il materassino attutisce il peso corporeo
abbassandosi ripetutamente.
L‟abilità dell‟artista è eccezionale.
La Bonaparte è rappresentata come Venere Vincitrice, con il busto semieretto e nudo.
Il catafalco in legno contiene un meccanismo che permetteva alla scultura di ruotare, affinché lo spettatore
l‟ammirasse da ogni lato.
I nudi artistici non erano comuni, hanno infatti dei drappi che strategicamente coprono diversi punti del corpo.
È materia di dibattito se Paolina Borghese abbia posato veramente nuda per la scultura, dato che soltanto il
volto è realistico, anche se in parte idealizzato, mentre la parte superiore del corpo ricalca esattamente i canoni
di bellezza neoclassici.
La scultura presenta una sfaccettatura mitologica: Paolina in mano tiene una mela, evocando la vittoria di
Afrodite nel Giudizio di Paride che avrebbe potuto scegliere tra Giunone (potere), Minerva (arti e scienza) e
Venere (amore). Riprende infatti il momento decisivo in cui fu chiesto a Paride di esprimere un giudizio in
riferimento alla bellezza. Il premio consisteva in un pomo d'oro presentante un incisione sulla superficie:
"Alla più bella".
La scelta del Canova di posizionare quel pomo nella mano della donna pone la scultura stessa all'apice
dell'espressione della bellezza naturale femminile.
La testa ha un‟acconciatura tipica del periodo neoclassico.
Lo sguardo è tra il fiero e lo sprezzante.
La mano destra sostiene delicatamente il capo
eretto.
COMPOSIZIONE
La composizione è studiata in modo da
produrre il massimo effetto di equilibrio e
compostezza.
Nonostante l‟estrema cura nella resa dei
particolari realistici, il personaggio sembra
appartenere ad un mondo perfetto, lontano e
distaccato.
La Paolina Borghese è inscrivibile in un
triangolo rettangolo che poggia su un
rettangolo.
La linea di forza della statua corrisponde ad
una immaginaria curva ascendente che
percorre l‟asse della statua dai piedi alla testa.
Il canone usato è la circonferenza della testa, la
cui misura è ripetuta per sette volte nella
lunghezza totale.
Trasparenza, purezza, delicatezza delle forme: a questo pensa il Canova quando scolpisce la sua Paolina
Bonaparte.
Il marmo di Carrara ha una lunghezza di 200 cm per un‟altezza di 160 con il letto di legno intarsiato e dipinto
finto marmo.
Antonio Canova utilizzò spesso, per le proprie opere, marmo bianco di Carrara, particolarmente adatto, con il
suo candore, alla creazione di sculture piene di grazia e di armonia.
Dopo un lungo studio sul soggetto, Canova realizzò il modello in gesso, che sarebbe servito ai collaboratori
per la sbozzatura dell'unico blocco di marmo utilizzato per il capolavoro.
Le rifiniture, ovviamente, furono apportate dallo stesso Canova, che sapeva conferire alla dura materia uno
straordinario effetto di fluidità e morbidezza.
La voluttuosa immagine di Paolina Borghese fece scandalo, in tempi in cui non era certo comune vedere il
corpo nudo di una nobildonna, ma la grazia delle sue forme ancora oggi ne fa una delle opere più ammirate
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dell'artista, esposta a Galleria Borghese a Roma.
Il ritratto della giovane sorella di Napoleone fu commissionato nel 1803 dal marito, il principe Camillo
Borghese, all‟indomani del matrimonio fortemente voluto dall‟allora “primo console” per ragioni
eminentemente diplomatiche.
Concepito come “ritratto divinizzato”, tipologia a cui appartengono le effigi di numerosi personaggi della
famiglia Bonaparte, la Venere vincitrice fu tuttavia sempre considerata soprattutto come “un capolavoro nel
genere della scultura semplice e amorosa”.
Il motivo iconografico della Venere giacente, reso celebre da Giorgione nella celebre Dormiente di Dresda e
dalla Venere di Urbino di Tiziano (Firenze, Galleria degli Uffizi), fu rielaborato da Canova in un‟ideale
competizione con la pittura.
ARCHITETTURA NEOCLASSICA
L‟architettura del Neoclassicismo non fu solo una gelida imitazione dell‟antico, ma ricercò nuovi codici
linguistici:
Ritorno alla semplicità.
Ritorno alla funzionalità.
Ritorno alla razionalità.
Gli ideali di bellezza propri del Neoclassicismo si diffusero rapidamente, trovando soprattutto in architettura
applicazioni e caratteri straordinariamente omogenei in tutti i paesi.
Forme dell’antica Grecia
Simile ad un antico tempio greco, con la facciata
composta da eleganti colonne ioniche e da un timpano
adorno di sculture.
L‟ edificio ha una imponente monumentalità che si ispira
direttamente all‟arte greca, dalla quale ha tratto gli
elementi costruttivi e le proporzioni.
Il suo aspetto assume agli occhi dei visitatori un
significato simbolico, di richiamo al passato e alle
testimonianze che esso racchiude.
Costituito da un ingresso principale e due ali, è un misto
tra l‟ara di Pergamo e un tempio ionico.
Ha una facciata lunga 123 m con un colonnato di 44
colonne ioniche.
Il British Museum è il principale museo archeologico di
Londra e d‟Inghilterra e si trova a Bloomsbury, nel
centro della città.
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Robert Smirke, British Museum 1781-1867, Londra
Il campidoglio di Washington
Il campidoglio di Washington è la sede
del governo degli Stati Uniti.
Ha un corpo centrale sormontato da una
cupola maestosa, due ali con ampie
gradinate, colonne corinzie, timpani
decorati con rilievi.
È fra le architetture neoclassiche più note
del mondo, in quanto è il simbolo stesso
del paese e l‟immagine visibile della
grandezza che esso intende presentare al
proprio popolo.
Arc de l‟Etoil
Fu eretto in onore di Napoleone, ispirato a quelli romani sia nella struttura
che nelle finalità celebrative.
Ha un solo fornice.
Campidoglio, 1792-1865, Washington
È posto al centro di una grande piazza, dalla quale partono a
raggiera importanti vie della città, che valorizzano la
visione prospettica della costruzione e ne esaltano il
significato onorario. È evidente la funzione simbolica del
monumento, che vuole collegare le gesta di Napoleone a
quelle dei grandi condottieri dell‟antica Roma.
Jean Françoise Chalgrin,
Arc de l’ Etoil, 1806-1836, Parigi
ARCHITETTURA NEOCLASSICA IN ITALIA
In Italia, nella seconda metà del settecento, in coincidenza con una maggiore stabilità politica, si diede il via
ad una serie di riforme che avevano come obiettivo: il miglioramento delle condizioni di vita.
Inoltre si fondarono accademie per l‟aggiornamento, si introdussero misure per la tutela, la conservazione e il
riordino del patrimonio artistico e si incrementarono le attività di scavo archeologico.
Particolare rilievo venne assunto dal riordino edilizio. A Milano questo compito fu affidato a Giuseppe
Piermarini, che introdusse un linguaggio neoclassico di elegante sobrietà, adattandolo con intelligenza e buon
gusto ad un tessuto architettonico preesistente (medioevale e barocco).
Giuseppe Giorgio Pietro Baldassarre Piermarini nasce a Foligno, il 18 luglio 1734, da una famiglia di agiati
negozianti. Il 18 febbraio 1808 muore nella sua città natale.
Sappiamo che il Piermarini studiò da giovanissimo le scienze, in particolare quelle esatte, come la meccanica.
La tradizione biografica distingue, per l‟artista, due periodi di apprendistato a Roma: uno tra il 1756 e il 1757
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e un altro tra il 1763 e il 1764.
Durante la fase formativa studia e rielabora l‟architettura barocca cercando soluzioni che fondessero l‟estetica
e la funzionalità.
Piermarini rappresenta il periodo di transizione fra Barocco e Neoclassico. Egli è noto come originale
interprete del linguaggio neoclassico, utilizzò gli elementi architettonici come le colonne, i pilastri, le cornici,
per scandire ritmicamente le facciate più che per costruirne un fisico rilievo.
Vicino alle problematiche di carattere tecnico-funzionali, Piermarini volle anche operare per rendere la città di
Milano “alla moda”.
Una delle opere più importanti fu il Teatro alla Scala.
Teatro alla Scala
Il Teatro alla Scala è situato nell‟omonima piazza, nel centro di Milano, in prossimità del Duomo e di fronte a
Palazzo Marino, sede del Consiglio comunale.
Di aspetto austero e rigoroso all‟esterno, svela al suo interno preziose decorazioni e ricchi arredi, con quattro
ordini di palchi, due gallerie, un‟ampia platea e un vasto palcoscenico.
Noto a livello internazionale, il teatro è una delle più prestigiose istituzioni culturali milanesi; ospita concerti,
opere liriche e balletti.
Costruito sull'area dell'antica chiesa di Santa Maria alla Scala (da cui trasse il nome), in sostituzione del
Teatro Ducale distrutto da un incendio nel 1776.
L‟aristocrazia milanese chiese a gran voce un nuovo luogo di intrattenimento, promettendo di contribuire alle
spese in cambio della proprietà dei palchi.
I lavori furono commissionati a Giuseppe Piermarini, che scelse di realizzare una struttura in muratura e non
in legno, proprio per arginare il problema degli incendi.
La facciata, perfettamente simmetrica, è articolata in più corpi che ne animano la struttura.
Arcate a tutto sesto si aprono in basso.
Colonne corinzie in coppia si alternano alle finestre.
Un timpano decorato chiude in alto l‟edificio.
Il funzionale portico, destinato ad accogliere l‟arrivo e la
partenza delle carrozze, diventerà una costante dei successivi
teatri.
L‟interno riprende i tradizionali palchetti con camerini
retrostanti.
Innovatrice è la cura che dedica alla sonorità della sala
(ribassando la curvatura del soffitto).
Accurato è anche lo studio degli impianti di illuminazione e
riscaldamento. Sempre all‟interno si trovano: una casa da
gioco, un ristorante, botteghe, alloggi per gli attori, laboratori
e uffici.
La sala, a forma di ferro di cavallo, può contenere, tra palchi,
gallerie e platea, circa 3.200 persone.
Dal punto di vista architettonico la Scala si rifà al Teatro
della Reggia di Caserta, del Vanvitelli, ma divenne immediatamente il modello di riferimento per il "teatro
all'Italiana" a cui si ispirarono molti altri teatri, tra cui La Fenice di Venezia (rifacimento) il Teatro San Carlo
di Napoli (rifacimento) e vari altri.
Il suo interno all'origine era molto differente da quanto si vede oggi: è stato infatti rifatto più volte, con diversi
interventi.
Inizialmente i palchi erano decorati nel modo preferito dai singoli proprietari, che vi ponevano tappezzerie
colorate, mobili, specchi e sedie di loro scelta.
Ora le pareti sono state uniformate con del damasco rosso, ad eccezione di un palco (superstite al
bombardamento del 1943) che è stato mantenuto con l'arredo e le decorazioni originarie.
Quasi interamente distrutto da un bombardamento aereo, fu riedificato e riaperto al pubblico nel 1946 con un
concerto diretto da Arturo Toscanini.
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ARCHITETTI DELL’UTOPIA
Il rifiuto dell‟ornamento e la finalità di una architettura destinata a soddisfare le
esigenze dell‟uomo dà il via ad una architettura definita, in seguito, visionaria e
rivoluzionaria.
I maggiori esponenti furono due architetti e trattatisti francesi:
Etienne-Louis Boullèe
Claud-Nicolas Ledoux
Etienne-Louis Boullèe
Etienne-Louis Boullée è nato a Parigi il 12 febbraio del 1728 da Claude Louis, esperto architetto del re, e da
Marie-Louise Boucher.
Il giovane Etienne si rivelò subito un abile pittore, ma la sua strada fu condizionata dal padre che lo volle
architetto.
Per volontà del padre intraprese la professione di architetto ed iniziò il suo apprendistato come pittore presso
lo studio di Jean-Baptiste Pierre.
Nel 1746 all'età di 18 anni divenne insegnante all'École des Ponts a Parigi.
Nel 1762, dopo aver presentato una prospettiva per il progetto della Zecca Reale, venne ammesso
all'Accademia Reale di Architettura come membro di seconda classe, e nel 1777 fu candidato come membro
di prima classe.
Tra il 1780 e il 1790 esegue diversi lavori, ma mai realizzerà quei grandi progetti che lo hanno reso famoso e
che sono visibili unicamente sulla carta.
Paradossalmente, la sua ambizione giovanile di diventare pittore, repressa dal padre, la realizza nei suoi
disegni di architettura che vanno oltre la rappresentazione tecnica.
Nel suo trattato "Architettura. Saggio sull'arte" formalizza la sua pratica di architetto, asserendo in maniera
decisa che è fondamentale fare una distinzione tra architettura e tecnica della costruzione: "la vera architettura
nasce dall'ispirazione, mentre la costruzione non è che un procedimento tecnico".
Boullée affermava di essere l'inventore "dell'architettura delle ombre e delle tenebre". Questa "Architecture
des ombres", è stata sviluppata sotto i "lumi" della ragione con una grande fede nel progresso della civiltà.
Etienne-Louis Boullée è considerato tra i principali architetti visionari del diciottesimo secolo.
Boullée muore a Parigi nel 1799 all'età di 71 anni.
Progetti principali
Cenotafio di Newton (1783)
Il cenotafio è costituito da un'immensa sfera cava sorretta da un terrazzamento atto ad assorbirne le spinte e,
come in un mausoleo imperiale romano, è circondato da anelli concentrici di alberi.
L'interno è occupato solo da un sarcofago commemorativo.
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Cenotafio di Newton
Cenotafio di Newton, sezione
Biblioteca Nazionale di Parigi (1785)
Il disegno di Boullée per il Salone della Biblioteca Nazionale pare riproporre la visione raffaellesca de “La
Scuola di Atene”.
Una grande volta a botte cassettonata recante alla sommità un lucernario copre un ambiente rettangolare ed è
separata dai tre gradoni dove sono conservati i libri per il tramite di un colonnato ionico trabeato.
L'amore per la pittura diventa anche una fonte d'ispirazione per l'architettura. La "Scuola di Atene" di
Raffaello, ad esempio, dipinta dal grande maestro di Urbino per le Stanze Vaticane poco prima della sua
morte avvenuta nel 1520 a soli 37 anni, ha un legame ben definito con un progetto di Boullée, per sua stessa
ammissione. Egli infatti per il progetto della nuova sala della Biblioteca Nazionale di Parigi del 1784 si
immagina lo spazio della scuola di Atene di Raffaello.
L'architettura di Boullée è rivoluzionaria; le forme proposte ed utilizzate in maniera pura e grandiosa (tronchi
di cono, sfere, piramidi, cilindri, ecc.) sono innovative per l'epoca.
Più che l'immagine della funzionalità di una grande biblioteca, la visione di Boulée è un omaggio
all'universalità della cultura e all'erudizione.
I libri, addirittura, sembrano far parte dell'architettura, sono le pietre stesse su cui poggia l'intero, solenne
edificio.
Il più rivoluzionario fu sicuramente Boullèe, talmente avanzato nelle sue idee da non poter realizzare nessuno
dei suoi progetti.
Nelle sue progettazioni si faceva strada un‟idea di architettura formata dalla combinazione di elementi
essenziali (sfera, piramide, cubo e cilindro), con uno spirito di grandiosità che doveva rendere vivo l‟impatto
monumentale delle opere tardo-romane.
Chiesa metropolitana
Immensa è la chiesa metropolitana contraddistinta da una cupola convenzionale che si eleva su 4 porticati
classicheggianti, mentre l‟interno è di
dimensioni eccezionali.
Claude-Nicolas Ledoux
Dormans, 21 marzo 1736 – Parigi, 18
novembre 1806
Ledoux ebbe carattere meno visionario,
riuscendo a realizzare qualche opera, come ad
esempio le saline reali di Arc-et-Senans , in cui
la fabbrica è circondata da una vera e propria
città a pianta ellittica (che avrebbe dovuto
chiamarsi Chaux (dal nome di una foresta lì vicina)
Solo una parte del progetto venne eseguita, quella riguardante gli alloggi per gli operai e gli impiegati.Noi ,
comunque, possiamo osservare tutti i dettagli del progetto, pubblicati in un libro:
“L’Architettura considerata in rapporto con l’Arte, i Costumi e la Legislazione”, a cui egli si
dedicò per molto tempo e che comparve nel 1804. In quest‟opera visionaria, si trovano i progetti per
le abitazioni, previste tutte isolate una dall‟altra
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porta
porta, pianta
Casa del direttore delle sorgenti
La fantasia di Ledoux non conosce limiti: il CIMITERO
DI CHAUX assomiglia alle
Catacombe , costituito da una serie di gallerie sotterranee
che finiscono in un grande
spazio sferico del diametro di una settantina di metri.
La sfera, come già quella che Boullèe aveva ipotizzato
per celebrare Newton,
All‟interno non contiene nulla e non serve a nessuno
scopo, neppure per cerimonie funebri.
È un simbolo del “nulla eterno”, della vanità del tutto, o
dell‟infinito, anche all‟esterno,dove nessun albero,
nessun prato fiorito è previsto.
Negli edifici residenziali compaiono spesso
colonne e archi.
Al di là delle singole soluzioni, l‟obiettivo
fondamentale dell‟utopia di Ledoux
era quello di creare una città ideale dove
l‟uomo potesse trovare stimolanti occasioni di
lavoro e diventare un cittadino onesto e
rispettabile , alieno da ogni disordine.
IL PREROMANTICISMO
Il Preromanticismo è contemporaneo al neoclassicismo e segna il periodo di passaggio al romanticismo
contenendo già in esso i temi che caratterizzeranno l'inizio del nuovo movimento nella prima metà dell'800.
I temi fondamentali sono:
 Il sentimento
 Il sublime
Contrapposti alla razionalità del secolo precedente.
Emozioni fondamentali di questo periodo sono:
 La malinconia
 La cupezza
Il più importante movimento preromantico è lo Sturm und Drang (tempesta e impeto) il cui più grande
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esponente fu Johann Wolfgang Goethe, che scrisse il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther da cui
trasse ispirazione Ugo Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis.
Oltre il Neoclassicismo:
Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, Francia, 1780-Parigi, 1867)
L‟ARTE COME PURA FORMA
La sua opera, nonostante il rigore formale, non appartiene in senso stretto al neoclassicismo: né a quello
rivoluzionario di David, e neppure a quello conservatore di Canova.
Ingres non assegna alla pittura messaggi ideologici o politici ma vuole perseguire un suo ideale formale in cui
l‟immagine reale si semplifica e si sublima.
Si serve indifferentemente di soggetti diversi: scene storiche,mitologiche, religiose e produsse numerosi
ritratti.
La sua carriera artistica si svolse tra Parigi e Roma.
A Roma giunse dopo aver vinto il premio accademico del “Prix de Rome” col dipinto “Achille e gli inviati di
Agamennone”.
L‟artista si accosta alla rappresentazione di soggetti femminili orientali frequentemente nell‟arco della sua
produzione. Tale scelta rientra chiaramente a pieno titolo nella corrente culturale esotica comune in Europa,
soprattutto dopo il XVII secolo. Nell‟opera di questo artista, tuttavia, il contenuto “esotico” significa
soprattutto l‟evasione dal soggetto storico (egli fu allievo del pittore più celebre dell‟epoca a questo riguardo,
e non solo, ossia Jacques-Luis David) per rifugiarsi nella bellezza ideale.
In Italia rimase a lungo e conobbe direttamente i capolavori del
Rinascimento italiano.
Raffaello fu il suo maestro. Ne studiò la precisione del disegno, il
controllo delle forme e delle composizioni, l‟armonia dei rapporti
cromatici, delle linee e dei rapporti chiaroscurali.
Il legame con Raffaello è evidente nell‟opera La bagnante di
Valpinçon.
Data: 1808
Tecnica: Olio su tela.
Dimensioni: 146 per 97,5 cm.
Collocazione: Parigi, Museo del Louvre
Soggetto
Una donna nuda, ripresa di spalle, seduta su un lenzuolo bianco, i
capelli avvolti in una sorta di turbante.
Ambiente
Quasi privo di profondità una tenda chiara ne delimita il margine e
pochi gli oggetti che lo caratterizzano.
Analisi
Tutta l‟attenzione del pittore è concentrata sul nudo di donna di cui si
coglie al primo sguardo la grazia composta dell‟atteggiamento, la
morbidezza della pelle su cui si espande.
In modo chiaro e soffuso la luce proveniente dall‟alto.
Il corpo si flette ad arco,accompagnato dal braccio destro, collegandosi in senso opposto alla posizione della
gamba.
Il perfetto coordinamento dei ritmi (cui contribuisce la testa girata) porta l‟artista a sacrificare le proporzioni
della figura.
La donna presenta una sproporzione tra la parte superiore e le gambe esili.
Non è un errore. Ingres fu uno dei più grandi disegnatori dell‟800; questa fu una scelta intenzionale: per dare
rilievo al dorso in primo piano, il pittore non ha esitato a trascurare il disegno dal vero.
L‟armonia perseguita da Ingres dipende dall‟accordo di tutte le componenti formali del linguaggio pittorico.
L‟ideale del pittore, che non accettava regole precostituite, dipende dall‟integrazione di tutti gli elementi
visuali e non dal privilegiare uno di essi.
Nell‟opera, ad esempio, il segno è contemporaneamente linea, colore, volume e luce.
La figura è ritratta di spalle, in modo che la schiena, definita da una trama sensibilissima di luce, divenga
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protagonista, quasi una forma astratta, autonoma.
Non conosciamo il volto della modella, né all‟artista interessa farcelo conoscere: egli ritrova in questa insolita
visione una forma che è bellezza fine a se stessa.
Il sogno di Ossian
Data: 1813
Tecnica: Olio su tela.
Dimensioni: 348 per 275 cm
Collocazione: Montauban, Musée In gres
Ingres scelse proprio Ossian per
assecondare nel 1813 i gusti letterari di
Napoleone in questo quadro, destinato a
plafond per il soffitto delle camere
private dell‟imperatore al Quirinale.
In cima alla montagna il vecchio Ossian è
mestamente chinato sulla lira che
accompagna i suoi canti dedicati ai
compagni d‟arme perduti e ai figli morti.
Egli è ormai stanco, avvolto nella
solitudine e nel nostalgico ricordo dei
suoi cari che si materializzano, accalcati
sulle nubi, alle sue spalle.
In primo piano il padre Fingal avvolto
nella sua armatura.
Sullo sfondo il figlio Oscar, ucciso a
tradimento, abbraccia la moglie Malvinia.
Il lamento dei morti è accompagnato
dalla melodia delle lire suonate dalle
giovani figlie del re delle nevi.
Il mondo terreno è riconoscibile grazie
all‟adozione di toni cromatici caldi,
quello ultraterreno, popolato dai defunti,
per i toni freddi.
La bellezza formale dell‟opera, la sensualità delle figure femminili sono senz‟altro legate all‟esperienza
italiana di Ingres, in particolar modo allo studio dei manieristi toscani.
Il Sogno di Ossian è generalmente ritenuto dalla critica uno dei quadri più emblematici di Ingres, e per tale
aspetto molto caro alla poetica surrealista d‟inizio secolo.
Il quadro, all‟origine di forma ovale, fu commissionato ad Ingres durante il suo soggiorno romano da
Napoleone, destinato a decorare il soffitto della sua camera da letto nel Palazzo del Quirinale a Roma.
Il dipinto nel 1835 ritornò di proprietà all‟artista che, dopo aver eseguito alcune modifiche, nel 1867 lo donò
alla sua città natale dove si trova tutt‟oggi.
Del quadro restano alcuni disegni preparatori oggi conservati al Museo Ingres e al Louvre.
Francisco Goya
L’emergere dei turbamenti in Francisco Goya
A differenza di molti altri artisti dell‟epoca, Goya non percorre la facile strada del recupero dell‟antichità,
contrapponendo anzi alla sobria idealizzazione delle poetiche neoclassiche una pittura ironica e tragica,
fondata su colore ed ombra.
La sua opera esprime in tal senso un turbamento legato alle trasformazioni epocali che scuotono la Spagna.
La Spagna del tempo è una nazione contraddittoria che conosce il lusso dell‟aristocrazia e
contemporaneamente la miseria dei poveri. Una nazione che è fanaticamente religiosa
e laicamente critica, che alterna le superstizioni medievali al lucido razionalismo illuminista e, che ha una
forte componente popolare negli zingari, con i loro riti e le loro magie.
Francisco Goya, uno dei più grandi pittori spagnoli, nasce il 30 Marzo 1746 a Fuendetodos, un piccolo paese
vicino a Saragozza.
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Con la sua numerosa famiglia (Francisco è quarto di sei fratelli), si trasferisce nel 1759 a Saragozza, perché il
padre, maestro doratore, spera di migliorare le loro condizioni economiche.
Francisco Goya riceve un'istruzione sommaria, ma dall'età di quattordici anni, viene preso come apprendista
nello studio del pittore José Luzán y Martínez, dove studia la tecnica del disegno.
Nel 1763 si trasferisce a Madrid, con il sogno di essere ammesso all'Accademia delle Belle Arti di San
Fernando che assegna una borsa di studio.
Nel 1769, parte per l‟Italia e si stabilisce a Roma, dove dipinge con i pittori romani di via Condotti e piazza di
Spagna.
Il pittore, che a quel tempo era in linea con il gusto rococò, stava sviluppando una particolare attenzione per i
contrasti cromatici.
Da Roma Goya invia a Parma il quadro “Annibale vincitore che rimira per la prima volta dalle Alpi l'Italia”,
per partecipare al concorso per l'ammissione all'Accademia di Parma, ottenendo una menzione speciale, ma
non l'ammissione.
Tornato in patria Françisco Goya si stabilisce a Saragozza e gli vengono commissionati alcuni affreschi per la
basilica del Pilar.
Nel 1774 Francisco Goya riceve l'incarico di dipingere cartoni destinati all‟arazzeria reale di Santa Barbara e,
tra il 1775 e il 1792, ne dipingerà ben 63, con soggetti bucolici e popolari, rappresentati, secondo i gusti
dell'epoca, in modo artificioso e teatrale.
La fama di Francisco Goya, costretto a barcamenarsi fra gli obblighi da cortigiano e le sue legittime
aspirazioni artistiche, cresce lentamente, ma finalmente, nel 1780, viene accolto “de mérito”, come membro
della Reale Accademia di San Fernando di Madrid.
Nel 1783, ingaggiato dal fratello del re, Don Luis, Francisco Goya lavora al palazzo d'Arenas de San Pedro,
vicino a Toledo, dedicandosi prevalentemente a ritratti in vario formato, dipinti ad olio.
Il quadro più noto di questo periodo è senza dubbio “La famiglia dell'Infante Don Luis”, opera di grandi
dimensioni caratterizzata da una particolare luminosità notturna.
La fama di Francisco Goya cresce e con essa la sicurezza economica.
Goya viene nominato prima Vice Direttore della sezione di pittura all'Accademia e poi Primo Pittore di Corte
nel 1786.
All'inizio della Rivoluzione Francese, nel 1789, la vita di corte, a Madrid non sembra cambiata: i sovrani si
fanno ritrarre in piedi e a mezzo busto da Goya che viene nominato «pintor de camera del Rey».
Mentre si trova in Andalusia, Goya si ammala gravemente e solo alla fine del 1793 sarà in grado di tornare a
Madrid, sordo e duramente provato da un attacco di paralisi.
Nonostante la cattiva salute dal 1794 al 1800 dipinge un numero di capolavori impressionante.
I soggetti sono spesso ispirati dal gruppo dei suoi amici liberali, aspetti di vita popolare, ma anche le prime
scene di follia, stregonerie e supplizi.
Il suo stile cambia poco a poco, abbandona l'uso dei colori freschi per gli effetti monocromatici, usando una
pennellata più aspra ed incisiva.
Nel 1797 Francisco Goya inizia a lavorare ai “Capricci”, una serie di 80 incisioni in grande formato, numerate
e firmate, che sono una satira appassionata all'eterna miseria umana vista attraverso i costumi del suo tempo.
Con l'utilizzo, artisticamente sapiente dei bianchi e dei neri, Francisco Goya riesce ad ottenere effetti estetici e
psicologici unici, esprimendo, con grande fantasia, la sua ribellione contro ogni forma di oppressione e
superstizione.
Le incisioni “Disastri della guerra” eseguiti da Goya tra il 1810 ed il 1820 e le due celebri “Fucilazioni”del
1814: “il 2 maggio 1808” e il “3 maggio 1808”, documentano in modo drammatico le feroci rappresaglie
dell'esercito di Napoleone e le sofferenze del popolo spagnolo.
Per complesse ragioni politiche e per maneggi di cortigiani, Francisco Goya compromesso dalle sue posizioni
“liberali”, perde alcuni dei suoi protettori e cade in disgrazia a corte.
Questo è per il pittore, ormai ultrasettantenne, l'occasione per ritirarsi nella sua casa di campagna, la “Quinta
del Sordo”, dove ricopre le pareti con immagini angoscianti e visionarie: le cosiddette “Pitture nere”.
Nel 1824 parte per la Francia e si stabilisce a Bordeaux dove muore il 16 Aprile del 1828.
Nei suoi ultimi lavori, nonostante la malattia, i problemi di vista e la sordità, Francisco Goya si esprime con
una tecnica che mostra come la sua arte fosse ancora in evoluzione.
Francisco Goya
Le opere
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La produzione di Goya è immensa: all'incirca 500 pitture, 280 tra litografie e acqueforti e un migliaio di
disegni.
Sarebbe assurdo pretendere di racchiuderla in una formula che la definisse comprendendola in un unico
giudizio: significherebbe ignorarla.
Volerne fissare dei limiti non potrebbe che sminuirla e toglierle quella vigorosa carica di proiezione verso
l'avvenire che ne costituisce la grandezza.
Se si aggiunge a questo l'incognita che grava su parecchi periodi fondamentali della sua esistenza, il mistero di
cui sono circondate alcune sue opere importanti e per di più l'alone di leggenda che si era creato intorno a lui
quando ancora era vivo, non è difficile comprendere la straordinaria complessità del «caso Goya».
Confronto tra “Il parasole” e “Il colosso”.
Titolo: Il parasole
Data: 1777
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 104 per 172 cm
Collocazione: Madrid, Museo
del Prado
Questa tela è una delle opere più
importanti della prima produzione di
Goya.
L'artista, nel 1774, ebbe l'incarico di
fornire cartoni per l'altezza reale di Santa
Barbara.
L'esecuzione è di gusto rococò e risente
dell'influsso di Tiepolo, sia per il tema
svolto che per lo stile impiegato.
L'ispirazione è tratta dalla vita galante, descrivendo uno degli aspetti più tipici del costume delle corti europee
del XVIII secolo.
L'atmosfera che sprigiona il dipinto è carica di un erotismo soffuso, sebbene il gesto cavalleresco si limiti ad
un atto di pura cortesia.
La grazia e l'eleganza della composizione si rivelano appieno nel delicatissimo gioco di ombre sul volto della
giovane donna.
In questo aspetto particolare, come nel resto della composizione, l'estrema raffinatezza delle pose si unisce ad
un gusto squisito per la trasparenza della luce naturale.
Titolo: Il colosso
Data: 1810-1818
Tecnica: Acquatinta
Collocazione: Parigi, Biblioteca Nazionale
L'immagine di Goya è un'esempio di allegoria romantica.
Non è un quadro di un evento di genere, ma una visione fantastica
dell'artista, rappresentata realisticamente; in un paesaggio notturno,
un gigante è seduto su una collina dove si trovano delle case, ridotte
a puntini.
Sebbene Goya intendesse comunicare qualcosa, egli si limitò a
fornire una forma, di cui il significato rimane oscuro.
Secondo alcuni, l'apparizione rivelerebbe il rischio del popolo
spagnolo di essere assoggettato dalle truppe napoleoniche, altri
pensano che essa rappresenti la malinconia di fronte ad un universo
inconoscibile ed incontrollabile..
La famiglia di Carlo IV
Data: 1800-1801
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 280 per 336 cm
Collocazione: Madrid,
Museo del Prado
Nell‟estate del 1800 Goya riceve la
prestigiosa commissione di
immortalare Carlo IV e la sua
famiglia.
Dopo aver realizzato una decina di
bozzetti di tutti i membri della casata,
l‟artista dà inizio a questa superba
istantanea, dove al di là dell‟evidente
somiglianza fisica mette a nudo
l‟intima personalità di ciascun
personaggio: dalla baldanzosa arroganza dell‟erede al trono, Ferdinando, allo sguardo sciocco della sorella del
sovrano. Scompaiono la formalità e gli intenti celebrativi, tanto che l‟opera, dietro la veste sfarzosa, fa
percepire un‟altra realtà: “un mondo di corruzione, di vacuità, di decadenza sociale e morale”. Nella
rappresentazione dei volti, Goya, è spietato.
Da sinistra a destra i personaggi rappresentati sono: Goya stesso avvolto
nell‟oscurità, il principe Ferdinando, l‟infanta Maria Josefa, Maria Luisa,
l‟infante Antonio Pascual, il re Carlo IV, il principe di Parma e la sua
consorte. Sul fondo, nella penombra, fa la sua comparsa il pittore stesso,
che da dietro la tela osserva lo spettatore.
Goya preferisce calare le figure nel proprio tempo privilegiando gli
aspetti psicologici alla complessa elaborazione prospettica.
Il richiamo diretto è Las meninas di Velázquez, ma qui, a differenza
dell‟illustre precedente, non vi è alcuna profondità spaziale, le figure
sono allineate orizzontalmente mentre l‟artista si mantiene in discreta
penombra. Goya sembra compiacersi nel rendere goffi i suoi reali.
Las meninas di Velázquez
Essi rivelano d‟essere un‟aristocrazia corrotta destinata ormai al crollo
dinastico. Gli unici personaggi risparmiati sono i bambini, ancora innocenti, non ancora intaccati dalla miseria
morale della monarchia.
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Francisco Goya y Lucientes: Il 3 maggio 1808
Titolo: Il 3 maggio 1808:
le fucilazioni alla
montagna del principe Pio
Data: 1814
Tecnica: olio su tela
Dimensioni: 266 per 345
cm
Collocazione: Madrid,
museo del Prado
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Deluso dal crollo degli ideali sia religiosi sia politici, egli fissa nella sua opera di più alta intensità
drammatica, il martirio del suo popolo.
Nel celebre dipinto Goya rievoca le drammatiche vicende della guerra di liberazione spagnola, durante la
quale molti civili furono uccisi dai soldati dell'esercito napoleonico. La produzione tarda dell'artista si
caratterizza per lo stile fortemente espressivo, al quale concorrono violenti contrasti cromatici e un'estrema
sintesi formale.
L'unica fonte di luce colpisce i partigiani, che sono rappresentati di fronte, mentre dei soldati non si vede
neanche il volto, come a simboleggiare la loro mancanza di umanità.
Le pennellate sono veloci e sommarie, tecnica usata per rendere più espressivo un quadro soprattutto in
periodo romantico.
Questa tela anticipa infatti molto il romanticismo, in quanto vediamo rappresentati dei personaggi che perdono
per la causa e che hanno paura della morte: in essi non vi è nessun eroismo.
L'apparente spontaneità di atteggiamenti è frutto di un attento studio che si manifesta, per esempio, nella
lampada che illumina la camicia bianca della figura con le braccia alzate nel gesto della crocifissione, un
bianco simbolo della purezza del martire.
Una ricchissima gamma di emozioni è dipinta nelle espressioni dei volti dei condannati: chi con rabbia, chi
con terrore, chi con rassegnazione, in un'atmosfera resa più agghiacciante dal sangue che si sparge al suolo
fino a lambire i piedi dei carnefici, ognuno affronta il proprio terribile destino.
Specchio dei tempi, emblema e condanna per potenti e normali esseri umani, l‟arte ha sancito in molti casi
delle svolte epocali ed altre volte ha rappresentato la propria epoca.
L‟arte è costruzione e creazione, ma davanti alla distruzione umana si arma di tatto e pazienza, crea e ricrea la
realtà senza sconti e filtri.
Abbiamo imparato a rappresentare la vita umana, la sua formazione e la sua nascita , ma ora da quel fatidico
1814, Goya ci impone di istruirci sulla morte e sulla fine, sulla degenerazione umana.
Non ci sono più campi di battaglia , uomini in divisa da parata , ne generali altezzosi che si fanno immortalare
mentre compiono imprese storiche, rimane solamente l‟uomo e la sua cruda realtà, davanti alla morte non si
scappa.
In lontananza un campanile avvolto nel buio, le fucilazioni continuano e procederanno per tutta la notte, l‟arte
diventa tragedia e testimonianza dell‟orrore.
Ed allora si aprono le mani, ci si traveste da angeli e si crede che la fede ci possa salvare, mentre in verità essa
stessa si rifugia dietro ad una preghiera.
Francisco Goya non poteva trovarsi sul luogo della fucilazione ma l'ha comunque immaginata e dipinta
cogliendo lo sguardo implorante del ragazzo con la camicia bianca prima di essere colpito a morte.
La guerra è combattuta da uomini comuni, privi alle volte di coraggio e di certezze.
Il 2 maggio del 1808 il generale Gioacchino Murat dette l‟ordine di catturare tutti i popolani e i contadini che 23
si trovavano nelle strade di Madrid per essersi ribellati all‟invasione francese.
Dopo varie ore di lotta cruenta gli spagnoli furono debellati, molti di loro si rifugiarono nelle case o nelle
stalle, ma i contadini in particolare trovarono le porte chiuse e restarono in balia dei soldati francesi, i quali
ebbero l‟ordine di catturare e condannare a morte chiunque fosse trovato in possesso d‟un‟arma da fuoco o
d‟un‟arma bianca.
Le fucilazioni ebbero luogo all‟alba del giorno dopo, nel Valle del Manzanares, alle falde della montagna del
Principe Pio (non per niente, l'altro nome del quadro è “Le fucilazioni nella montagna del Principe Pio”).
Goya, sei anni dopo, propose al Consiglio della Reggenza di dipingere scene della sollevazione di Madrid.
Raffigura la rappresaglia del giorno dopo l‟insurrezione popolare spagnola, quando i francesi fucilarono senza
processo i patrioti spagnoli.
I soldati francesi di spalle, tutti simili fra loro non appaiono uomini, ma un‟unica macchina priva di identità e
volontà proprie, strumenti di distruzione.
L’OTTOCENTO
L‟800 è un secolo di profondi mutamenti nel campo dell‟economia, della società e della cultura.
(Nei primi anni del secolo l‟Europa fu sconvolta dalle guerre che opponevano diverse coalizioni di Stati
europei, alleati per fronteggiare l‟espansione napoleonica. Dopo la caduta di Napoleone, il Congresso di
Vienna diede all‟Europa un nuovo assetto, basandosi ancora sui criteri di equilibrio internazionale che erano
prevalsi nel settecento.) Dalla rivoluzione francese, che porta al trionfo della Borghesia, nascono l‟ideale di
libertà dei popoli e la rivendicazione di istituzioni liberali. Con la crescente industrializzazione si diffondono
le idee socialiste e le lotte di classe tra operai e capitalisti.
L’ARTE
All‟arte neoclassica, che si prolunga nei primi decenni dell‟800, si oppone il Movimento Romantico che mira 24
ad esaltare la libertà creativa dell‟artista, la libera ispirazione, l‟espressione dei sentimenti, non solo nelle arti
figurative, ma in tutti gli aspetti della cultura, come: nella letteratura italiana Foscolo, Manzoni, Leopardi;
nella musica : Schubert, Chopen, Bellini e Donizetti
Gli esiti della Rivoluzione Francese avevano fatto crollare le speranze di un mondo giusto e dalla delusione
nacquero i diversissimi aspetti del Romanticismo:
la contemplazione della natura di fronte alla quale l‟individuo si annulla oppure si esalta
ammirandone gli aspetti più selvaggi, pittoreschi o sublimi
l’amore per la patria e l‟adesione alle lotte per i movimenti di liberazione nazionale
il culto per il misterioso e per l’orrido;
il disprezzo verso le ambizioni borghesi;
lo sprofondare nella disperazione e nel dolore.
Contrario al Romanticismo è il Realismo che intende rappresentare la realtà com‟è, senza abbellimenti di
sorta; l‟artista, si dice, deve essere sincero e”come uomo del proprio tempo” interpretare anche gli aspetti
della vita finora ritenuti estranei all‟arte, la fatica degli operai e la denuncia della miseria degli strati popolari,
le ingiustizie sociali e la dignità del lavoro..
Contemporaneamente la diffusione della fotografia (che si sostituisce spesso alla pittura) sposta l‟interesse
degli artisti dalla raffigurazione fedele della realtà alla qualità della pittura e allo stile della rappresentazione.
Da questa posizione nasce il gruppo degli Impressionisti, affascinati dalla luce e dalla particolare visione del
nostro occhio. Il movimento ha breve durata, ma cambia completamente gli scopi della pittura.
Tra i pittori del periodo seguente, alcuni, i Puntinisti, intendono dipingere secondo le leggi fisiche della
scomposizione dei colori usando piccoli tocchi accostati gli uni agli altri;
I Simbolisti invece si propongono di rendere visibile nelle loro opere il desiderio, il sogno e tutto ciò che si
agita nella parte più profonda della natura umana.
Nell‟architettura trionfa ancora il gusto neoclassico, almeno per mezzo secolo, seguito da un ritorno alle forme
gotiche (neo gotico).
Alla fine del secolo un altro movimento, l‟Art Nouveau che predilige l‟ornamentazione floreale, le curve,
l‟arabesco, elementi che si sovrappongono all‟aspetto utilitario degli oggetti.
Il progresso tecnico introduce importanti novità: l‟uso del ferro, del vetro, dell‟acciaio e, verso la fine
dell‟ottocento, del cemento armato.
L‟enorme sviluppo delle aree urbane impone inoltre la ristrutturazione delle città secondo piani urbanistici più
razionali: strade larghe, quartieri operai, parchi pubblici e la costruzione di stazioni
IL ROMANTICISMO
Corrente di pensiero (nata in Germania, ma sviluppatasi in tutta Europa) che investe il campo delle arti visive,
della letteratura, della musica e interpreta con profonda inquietudine i grandi mutamenti avvenuti all‟inizio del
XIX secolo.
Il Romanticismo rifiuta l‟ideale neoclassico della bellezza perfetta, riscopre il sentimento, la fantasia,
l‟irrazionalità, sostiene la superiorità del sentimento sull‟intelletto, esalta la libertà e la spontaneità dell‟artista.
L‟artista romantico, infatti, è libero di esprimere il proprio mondo interiore e di dare spazio, nelle sue opere, ai
sentimenti per comunicarli all‟osservatore.
La pittura romantica sviluppa in particolare alcune tematiche:
- quella naturalistica indaga il rapporto uomo-natura e si diffonde soprattutto in Inghilterra;
- quella mistico- religiosa, con l‟uomo inserito in paesaggi spiritualizzati e immerso in atmosfere religiose, si
sviluppa principalmente in Germania;
- quella storica esalta i sentimenti patriottici e l‟aspirazione dei popoli alla libertà; si diffonde in particolare in 25
Francia e in Italia.
I termini cronologici del Romanticismo non sono definiti. Alcuni studiosi stabiliscono l‟inizio intorno al 1750
e la fine oltre la metà dell‟800; altri stabiliscono l‟inizio tra il 1820 e la fine intorno al 1848; la Germania e la
Gran Bretagna furono i Paesi dove le teorie Romantiche trovarono una precoce formulazione. Il termine
“Romantico” si contrappone a”Classico”.
Il nuovo artista punta sulla riscoperta della fantasia, dell‟irrazionalità del sentimento e sulla fusione tra uomo e
natura. Le radici storiche del Romanticismo sono costituite da due rivoluzioni:la rivoluzione francese e quella
industriale, ne deriva il crollo di credenze secolari, di valori e poteri fino ad allora ben saldi; da qui il
disorientamento e le reazioni non furono omogenee e portarono al prevalere di un individualismo che
autorizza le prese di posizione più diverse.
CARATTERI COSTITUTIVI DEL ROMANTICISMO
INDIVIDUALISMO: l‟artista come genio.
L‟individualismo si accentua nel corso del primo ottocento tendendo a trasformarsi in esaltazione della
libertà assoluta, l‟arte non è uno strumento di conoscenza e neppure mezzo di comunicazione, ma è
l‟espressione più compiuta della personalità o del genio dell‟artista. Pur non costituendo una novità assoluta,
l‟individualismo si accentua nel corso del primo ottocento, tendendo a trasformarsi in esaltazione della libertà
assoluta o in abbandono alle forze istintuali.
L‟artista vive con orgogliosa consapevolezza l‟irripetibilità della propria condizione, che gli permette di
accedere a una condizione privilegiata; l‟artista creatore diviene simile a Dio; la sua arte non è uno strumento
di conoscenza razionale e neppure necessariamente un mezzo di comunicazione, ma l‟espressione più
compiuta della propria personalità, del proprio genio, per queste ragioni egli appare insofferente dei limiti e
delle convenzioni,”costretto” a seguire il suo demone anche a dispetto del mondo.
Nasce così la figura dell‟eroe Romantico, forzato ad una solitudine propizia alla creazione, a un‟infelicità che
è l‟inevitabile conseguenza della sua diversità,
questa considerazione particolare che l‟artista ha di se stesso spiega anche la fortuna della ritrattistica.
LA NATURA
Nell‟estetica romantica è centrale il rapporto uomo-natura.
L‟artista riproduce il paesaggio nei suoi aspetti più intensi o drammatici, amplificandone il senso di mistero e
di grandiosità.
Il tema della natura si è espresso in un duplice modo:
Il sentimento del pittoresco: sviluppatosi soprattutto in Inghilterra, questo faceva riferimento a
un‟idea di bellezza spontanea, e quindi a un rapporto con una natura gradevolmente irregolare, quasi
selvaggia.
L’idea del sublime: Immanuel Kant riferisce l‟idea del sublime a “ciò che è assolutamente grande”.
La natura, riprodotta nei suoi aspetti più drammatici o struggenti, rappresenta lo scenario in cui l‟uomo
riflette sulla propria condizione, facendo emergere sentimenti di solitudine, di nostalgia, lontananza e
fragilità.
L’ESTETICA DEL SUBLIME
Il concetto di sublime venne elaborato per la prima volta nella metà del settecento da Edmund Burke, con la
sua opera “ Ricerca filosofica sull’origine delle idee del sublime e del bello”, e venne precisato da Immanuel
Kant nella “Critica del Giudizio”.
Bello è ciò che è equilibrato e armonico, sublime ciò che è eccessivo e che supera la misura umana. Secondo
Kant sono belle le aiuole di un giardino, sublimi le alte querce; bello il giorno, sublime la notte. La bellezza
suscita un sentimento di semplice piacere, invece il sublime provoca un‟emozione molto più intensa, una sorta
di “ orrore dilettevole” in cui, paradossalmente, dalla paura e dall‟angoscia deriva un sentimento complesso,
fatto insieme di repulsione e di attrazione. Così, fenomeni naturali quali le bufere e le tempeste spaventano ma
al contempo affascinano, fanno sentire la sproporzione tra l‟immensità della natura e la piccolezza dell‟uomo,
evocano l‟infinito.
La natura non è più sentita come oggetto di studio ma come forza creatrice e come potenza superiore
26
all‟uomo che in essa finisce per perdersi o per trovare rifugio contro i disagi della civiltà. Questo spiega la
preminenza accordata alla natura e quindi al culto del paesaggio da parte degli artisti romantici.
Si crea un rapporto speciale tra l‟uomo e la natura: la natura diventa l'espressione del divino in terra, di cui
l'uomo non è che un‟effimera manifestazione, essa, con la sua perfezione, stimola nell'uomo sentimenti
talmente intensi da devastarlo, a volte spaventandolo, a volte calmandolo, ma sempre tenendolo in pugno,
determinando i suoi umori e le sue vicende.
LA RELIGIONE
A conclusione del lungo periodo di scetticismo, se non di vero e proprio ateismo, rappresentato dalla
Rivoluzione e in genere dal Settecento illuminista, con la Restaurazione la religione potè riguadagnare gli
spazi perduti, affermandosi nuovamente come fattore di coesione sociale.
Anche come effetto della delusione storica dopo tante tumultuose vicende e della conseguente insicurezza
dell‟uomo, la nuova tensione spirituale assume varie forme, identificandosi con una fede tradizionale, oppure
sbocciando in un anelito verso l‟infinito e nel culto dei più alti valori spirituali.
L‟arte si fece allora strumento di questo risveglio grazie alla convinzione che la pittura, la poesia o la musica
permettessero di attingere alle zone più profonde del reale, a quella sfera misteriosa in cui nasce anche la
sensibilità religiosa.
I Romantici sentirono in modo profondo il fascino del Medioevo anche sul piano politico e religioso. Accanto
alle rievocazioni del passato si pone ora l‟attenzione per il presente della storia, anche in relazione alle
richieste celebrative da parte dei commitenti.
Una concretizzazione storicamente molto importante di questo slancio dell‟uomo verso l‟infinito è
sicuramente l‟amore della libertà, che in alcuni casi coincide con l‟amor di patria. La nazione diventa
un‟entità superiore verso cui convogliare le proprie energie, la propria ansia di dare, fino a morire per essa.
La pittura romantica, nello specifico, fu in alcuni casi particolarmente legata a fatti di cronaca recente in cui
erano riportati questo tipo di episodi, di morte, di sacrificio, di abnegazione per la patria,
Parlando di storia non possiamo non citare la riscoperta del Medioevo come epoca cui ispirarsi, in particolare
per la fede cristiana, per l‟intensità del rapporto uomo-Dio, specie dopo i “vaneggiamenti” pagani della
stagione neoclassica settecentesca; in nome di una ritrovata spiritualità si riscoprono gli aspetti più intimi e
drammatici della sensibilità medievale, insieme al concetto dell‟ineluttabilità della morte.
Il Romanticismo arrivò abbastanza tardi in Italia, mentre si formò in Paesi come la Germania, l‟Inghilterra e la
Francia, dove trovò esponenti di prima grandezza.
Grazie anche alla loro cultura letteraria e filosofica, questi artisti seppero enucleare con intensità i grandi temi
romantici come la natura, l‟infinito, la storia, il rapporto uomo-Dio.
I PROTAGONISTI
ROMANTICISMO IN GERMANIA
Sulla base di una premessa filosofica che vede la natura come manifestazione del divino, in Germania, ebbe
particolare sviluppo la pittura di paesaggio.
La pittura riproduce la natura nei suoi aspetti più intensi, drammatici o dolci
Di fronte ad essa, l‟uomo riflette sulla propria condizione.
Il paesaggio amplifica il senso di infinito e l‟artista lo descrive con toni commossi.
Caspar David Friedrich fu l‟artista più rappresentativo e che meglio interpretò in pittura la poetica del
sublime e l‟inquieta tensione romantica tra finitezza umana e infinita grandezza della natura.
CASPAR DAVID FRIEDRICH
Nacque a Greifswald, una piccola città medioevale della Pomerania, regione tedesca allora sotto la corona
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svedese.
La sua famiglia era di rigida osservanza protestante e l‟educazione spartana impartita dal padre, quasi
monastica, influenzerà per sempre il carattere dell‟artista.
Dal 1794 al 1798 Friedrich studiò all‟Accademia di Copenaghen specializzandosi
nel disegno. Nel 1798 si trasferì a Dresda, dove rimase per tutta la vita, lavorando in un austero studio, simile
alla cella di un convento.
Non visitò mai l‟Italia (come era la moda del tempo), e si rifiutò di seguire l‟esempio
dell‟arte classica mediterranea per non tradire lo spirito nordico delle proprie origini
e per rimanere fedele alla natura, principale fonte d‟ispirazione della sua pittura.
Dresda era uno dei principali centri artistici della Germania dove si era costituito un influente gruppo di poeti,
scrittori e filosofi, noto in seguito con il nome di “Romantici di Dresda”. Da loro Friedrich assorbì molte idee,
come l‟attrazione per gli aspetti mistici e irrazionali dell‟animo umano, l‟idea di un‟arte come specchio delle
sensazioni, il senso di mistero e finitezza dell‟uomo di fronte alla natura.
La natura e il paesaggio saranno del resto una costante fonte di ispirazione per il pittore, soprattutto i grandi
spazi selvaggi della sua terra d‟origine.
L‟animo di Friedrich, eccentrico e solitario, contemplativo e sensibile, è avvicinabile ai personaggi usciti dalle
pagine dei più celebri scrittori, come il Werther di Goethe, rimasto l‟emblema dell‟eroe romantico, creatura di
spiritualità troppo elevata per vivere nell‟arido mondo quotidiano e destinato all‟atto estremo del suicidio
(pare che anche Friedrich, dopo un momento di grave depressione, abbia tentato il suicidio tagliandosi la
gola).
Egli ritrasse nei suoi quadri le terre fredde del Nord, i boschi di querce, le scogliere
Frastagliate dell‟isola di Rugen, le rive del Baltico ma, anziché insistere sulla rappresentazione oggettiva di
ogni elemento naturale, (come avevano fatto i vedutisti), preferì focalizzare l‟invisibile significato simbolico
del paesaggio, concepito come manifestazione del divino; come,ad esempio,
nell‟opera Croce sulla montagna che, nasce come paesaggio, ma viene utilizzata
come pala d‟altare.
Il quadro non rappresenta una scena sacra ma un picco roccioso su cui s‟innalza un
crocifisso. Il significato allegorico (la presenza di Dio nella vita degli uomini) non è
espresso attraverso la ricostruzione di un evento sacro o attraverso simboli ma è
insito nel paesaggio stesso.
L‟opera suscitò molte polemiche per la libertà con cui Friedrich vi affrontò il tema
religioso. L‟artista non vi raffigurò infatti nessuna scena evangelica, ma si limitò a
dipingere un picco roccioso su cui si innalza un crocifisso, come spesso capita di
trovare in montagna. Il quadro, in cui si contrappongono chiaramente una brulla
montagna dalla sagoma piramidale e un luminoso spazio aereo, è inserito in una
cornice disegnata dallo stesso Friedrich; dalle due colonnine gotiche ai lati si
Croce in montagna
innalzano rami di palma, tra i quali si affacciano cinque angioletti. In alto
1808 – olio su tela –
115x110,5 cm – Dresda
splende la stella della sera, in basso l‟occhio di Dio tra i simboli eucaristici
Gemaldegalerie – Neue Meister
(spighe e tralci di vite).
Friedrich realizzò molte opere a carattere sacro, ricche di simboli cristiani e allo
stesso tempo ispirate alla letteratura inglese del settecento, in particolare ai “ Canti di Ossian” (poemi scritti
nel 1762/63 dallo scozzese James Macpherson e ispirati ad un ciclo di leggende
attribuite al mitico bardo e guerriero di tradizione celtica Ossian, vissuto nel III secolo; egli cantò le imprese
del padre in un ciclo di poemi popolari caratterizzati da toni lugubri e malinconici e da una cupa grandiosità; i
romantici ne fecero il mito della poesia popolare e nazionale).
I suoi dipinti sono caratterizzati da un‟impostazione del tutto moderna e
soggettiva,
a metà strada tra la pittura di paesaggio e l‟arte religiosa.
Una chiara esemplificazione di questo concetto la troviamo nel quadro
del 1809 “Abbazia nel querceto”. Sotto un cielo freddo di neve,
emergono dalla nebbia le rovine dell‟abbazia cistercense di Eldena,
presso Greifswald; un corteo di monaci si prepara alla sepoltura di un
confratello, portando lentamente la bara verso il portale diroccato,
attorniato da altissime querce spoglie, oltre le quali si estende uno spazio
indefinito ma luminoso (l‟al di là cristiano), in contrapposizione all‟oscurità della parte inferiore, che allude alla morte.
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"L'unica vera sorgente dell'arte è il nostro cuore, il linguaggio di un animo infallibilmente puro. Un'opera
che non sia sgorgata da questa sorgente può essere soltanto artificio. Ogni autentica opera d'arte viene
concepita in un'ora santa e partorita in un'ora felice, spesso senza che lo stesso artista ne sia consapevole,
per l'impulso interiore del cuore". (Caspar David Friedrich).
Friedrich fu l‟artista che meglio trasferì in pittura la concezione romantica di un‟anima universale,
comprendente l‟uomo e la natura e la tensione, sempre insoddisfatta, verso l‟infinito.
A tredici anni Caspar rischiava di annegare nell‟acqua gelata, essendosi rotta la lastra di ghiaccio su cui
pattinava. Il fratello provò a salvarlo e morì al posto suo. Anche la sorella morì in un incidente stradale. Questi
tragici eventi, uniti ad una rigida educazione religiosa ed alle letture romantiche giovanili ne determinarono il
carattere malinconico, triste, a tratti violentemente drammatico, oltre che il timbro cupo della sua pittura. In
pochi movimenti artistici la vita ha coinciso con l‟arte come nel romanticismo.
Nel 1828, tre anni dopo aver dipinto “ spiaggia
paludosa”, il pittore venne colpito da un grave colpo
apoplettico, ultimo di una serie di attacchi che lo avevano
tormentato fin dal 1825. Da questo l‟artista uscì
gravemente menomato, tanto che, dopo il 1836, fu quasi
incapace di dipingere ad olio e dovette limitarsi a piccoli
disegni con inchiostro di seppia nei quali,ancora più
frequenti, sono le meditazioni sulla morte.
Quando morì, nel 1840 a Dresda, Friedrich era un pittore
ormai quasi dimenticato.
La sua arte venne riscoperta solo dai simbolisti verso la
fine del XIX secolo.
Per un animo introspettivo, sofferente, solitario la natura
può essere approdo felice, come crudele matrigna, ma
sempre, imprescindibile punto di riferimento.
In pittura, il genere del paesaggio comincia allora a conquistare dignità ed autonomia, essendo prima solo
relegato agli sfondi dei fatti sacri, storici o mitologici. Il poeta tedesco Schiller nel 1794 scriveva: “Vogliamo
che l’arte del paesaggio eserciti su di noi lo stesso effetto della musica. Il sentimento è in essa risvegliato
dall’analogia fra i suoni o i colori e i moti dell’animo”.
L‟opera di Friedrich appare come la trasposizione pittorica delle frasi di Schiller.
Si applicò a paesaggi allusivi e pervasi dal senso del mistero; spesso in essi è presente una figura umana immobile, vista
generalmente di spalle, di fronte all‟infinito della natura. Per Friedrich scopo dell‟arte non è la riproduzione
dell‟ambiente naturale, ma l‟espressione di un sentimento.
Egli scrisse: “… il compito dell’artista non è la rappresentazione fedele dell’aria, dell’acqua, delle rocce, degli alberi,
ma riconoscere lo spirito della natura, comprenderlo, registrarlo e renderlo con tutto il cuore e il sentimento ….”
LE OPERE
MONACO IN RIVA AL MARE
E‟ conservato presso la Alte Nationalgalerie, a Berlino. Fu
acquistato dal re di Prussia Federico Guglielmo III.
Originariamente non era un notturno poi Friedrich eliminò due
navi ed aggiunse la falce lunare e la stella mattutina per rendere il
paesaggio ancor più misterioso.
Una luce di tempesta sembra insinuarsi tra le piaghe dell‟animo
umano, come nello spazio del dipinto.
Nel dipinto, il senso di precarietà della vita umana è reso dalla
figura del monaco che si distingue a fatica sulla spiaggia, quasi
scomparendo tra la vastità del cielo, la cupezza del mare e la
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desolazione della riva
Sono tre, infatti, le zone del dipinto:
- una superficie chiara in basso,
- una zona verde – azzurra – nerastra con pochi tocchi bianchi
dentro la quale penetra la forma bruna del monaco
- una zona luminosa e azzurra del cielo che occupa la maggior
parte del quadro che rimane irraggiungibile e alla quale il monaco
non arriva.
Monaco in riva al mare
“…… È proprio questa disarmonia che dà all’uomo l’apparenza
1808 1809 olio su tela 110x171 Berlino
dell’infelicità, dell’incompiutezza ……”.
Palazzo di Charlottenburg
La spiaggia è desolata, sta avanzando la notte e lo sguardo del
monaco resta fisso nel nulla; il suo corpo esile, in posizione
decentrata, amplifica il senso di vuoto, poiché rende più avvertibile il confronto tra la fragilità umana e
l‟infinita grandezza della natura.
Lo schema della figura umana in solitudine di fronte all‟immensità della
natura, si ritrova in altre opere dell‟artista, come in tre dipinti del 1818:
“Viandante sul mare di nebbia”, “Bianche scogliere di Rugen” e “La
donna al tramonto del sole”.
Tutti quadri che colpiscono profondamente i nostri contemporanei per
l‟essenzialità della rappresentazione, ma che vennero invece velocemente
dimenticati dopo la morte di Friedrich.
In “ donna al tramonto del sole” la figura femminile
è perfettamente centrale, vista di spalle, allarga leggermente le braccia in un gesto che sembra indicare stupore
e ammirazione.
È interessante notare che tali sentimenti sono espressi dall‟atteggiamento del corpo e sono suggeriti
dall‟insieme della scena senza bisogno di ricorrere alla fisionomica. Particolari le scelte cromatiche del
dipinto, per quell‟arancione che invade tutto il cielo e che ancora illumina una natura incontaminata, senza
apparente traccia di presenze umane. Una sorta di Eden atemporale a cui si contrappone il carattere
chiaramente datato, nell‟abbigliamento e nell‟acconciatura della donna.
VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA
La figura umana immobile, vista di spalle mentre contempla
l‟incommensurabile bellezza del creato, ritorna anche in questo
dipinto, e può essere considerata come una personificazione
dell‟artista.
COMPOSIZIONE.
L‟uomo al centro, in posizione elevata rispetto al paesaggio
circostante, funge da asse compositivo.
COLORE E SPAZIO.
Il paesaggio è scandito da diversi piani di profondità: i profili
montuosi, immersi nella nebbia, sono sovrapposti;
il progressivo sfocarsi dei colori e dei contorni aumenta la percezione
della distanza. L‟uomo, che occupando un terzo del dipinto, domina la
scena, si stacca dal paesaggio ed imprime un‟accelerazione allo
spazio, che appare illimitato.
ESPRESSIVITÀ.
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Viandante sul mare di nebbia
1818 circa, olio su tela, 95x75 Amburgo
kunsthalle
L‟uomo, immobile e solitario, osserva, dall‟alto del picco roccioso, il paesaggio, rappresentato in tutta la sua
stupefacente immensità. È questo un tema caro agli artisti romantici: l‟uomo non domina la natura, ma si
perde di fronte alla sua grandezza.
In questa opera, si avverte immediatamente la poetica del pittore. Il sublime, ossia il senso della natura
possente e smisurata, viene qui presentato con una evidenza di teorema matematico. Non vi è vegetazione che
crea angoli accoglienti, le rocce sono scure e inospitali ed emergono dai fumi di una nebbia che sembra quasi
il vapore che sprigiona la terra dal suo interno. Il paesaggio ha qualcosa di così arcaico che sembra di
ammirare la terra subito dopo la creazione; la nebbia che gli è innanzi è quasi come un mare da cui emergono
come isole le cime delle montagne.
Su una roccia di origine vulcanica un uomo, raffigurato di spalle, ammira il panorama che gli si apre davanti.
L‟uomo che ammira questo spettacolo ci da il confronto tra la piccolezza della dimensione umana e la vastità
dell‟opera della natura. È raffigurato di spalle così che lo spettatore deve condividere il suo punto di vista e
compenetrarsi nel suo stato d‟animo, lo stato d‟animo, cioè, di chi avverte dentro di sè il sentimento del
sublime: meraviglia e quasi sgomento di fronte all‟immensità dell‟universo.
LE BIANCHE SCOGLIERE DI RUGEN
Il pittore ha qui raffigurato sè stesso nell'atto di cogliere un fiore per la moglie
Caroline ed il fratello Christian.
Straordinario è il mare azzurro incastonato tra le scogliere e gli alberi.
Naturalmente come in tutte le sue opere Friedrich attribuisce ad ogni
particolare un significato simbolico, il più evidente è rappresentato dal mare e
dalle barche in lontananza che simboleggiano l'eternità ed il percorso della vita
da quella terrena a quella soprannaturale.
Resta però al di là di questi profondi significati, il grande amore che l'artista
prova per la natura ed una sensazione di radiosa serenità che questo paesaggio
ci trasmette.
Osservando l‟opera viene in mente Foscolo, le sue “Ultime lettere di Jacopo
Ortis”, quando solo, disperato, disamorato Ortis\Foscolo corre a gridare alla
natura i suoi patimenti, lasciandosi accarezzare dall‟idea, dolce, ma
irreversibile del suicidio. Quanti viaggiatori angosciati a quei tempi! Quanti
uomini soli con se stessi, con il loro bagaglio carico di emozioni, paure,
pensieri si affacciavano sui panorami incontaminati della natura cercandovi la risposta eterna, immutabile alle
mille domande senza soluzione che li spingevano a partire.
Ancora una volta il personaggio è di spalle. Friedrich dipinse se stesso, il suo mondo solitario, ma chiese in
qualche modo ai suoi contemporanei di immedesimarsi nelle sue opere, di creare quel solidale, innato contatto
tra uomini che la sua pittura, così sincera, così emozionale generava, come l‟ultimo Leopardi, quello della
“Ginestra”. La solitudine che l‟uomo lamenta o vagheggia è solo apparente.
Friedrich vuole che le figure umane ci appaiano piccole di fronte alla grandezza infinita della natura, l‟artista
le pone volutamente ai margini del quadro perché il soggetto centrale è costituito dal paesaggio che esse
contemplano. Il giovane a destra, ritratto mentre guarda assorto il mare, simboleggia forse la speranza, la
donna vestita di rosso che si aggrappa a un arbusto per non cadere potrebbe significare l‟amore e la carità
mentre l‟anziano appoggiato carponi sull‟erba evoca le virtù dell‟umiltà e della rassegnazione.
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Croce e cattedrale fra le
montagne 1812
Kunstmuseum, Düsseldorf
Un uomo e una donna che guardano la luna
1830-35
Alte Nationalgalerie, Berlin
La grande riserva
Due uomini contemplano la luna
"Levar della luna sul mare"
Il mare di ghiaccio (La spedizione artica fallita, Il
naufragio della Speranza)
1823-24
Kunsthalle, Hamburg
Paesaggio montano con arcobaleno
1810
Museum Folkwang, Essen
Donna alla finestra
ROMANTICISMO IN FRANCIA
Nel secondo decennio dell‟Ottocento si accentua la crisi del Neo- classicismo, arte ufficiale dell‟impero
napoleonico.
I temi trattati da Gèricault evidenziano una poetica dominata dall‟energia e da una forte spinta interiore.
Elementi che ci confermano la visione tragica dell‟esistenza sostenuta dal maestro. La “Radeau de la
Meduse” è l‟opera più famosa di Gèricault e racconta di un fatto realmente accaduto in Francia, uno storico
della rivoluzione considera questa opera come una metafora della Francia del periodo. L‟opera venne esposta
non ancora del tutto finita al Salon del 1819.
In Francia gli artisti si dedicarono con convinzione e coerenza al rapporto con la storia, anche del presente. I
protagonisti furono: Théodore Géricault e Eugene Delacroix.
Teodore Gericault si ispirò inizialmente all‟epopea napoleonica, o a episodi di vita, come “la corsa dei cavalli 32
bradi” con cui si chiudeva il carnevale romano o ad un tragico fatto di cronaca: “il naufragio della nave
Medusa”, per poi staccarsi dalla produzione corrente con i 10 ritratti di alienati che dipinse tra il 1822 e il
1823 su incarico del medico parigino Gerget
La sua opera più significativa è :
LA ZATTERA DELLA MEDUSA
In quest‟opera convivono perfezione formale
classica ed una nuova sensibilità romantica
Il dipinto mostra i pochi scampati al naufragio della
fregata francese Medusa nel momento in cui
avvistano in lontananza la nave che li porterà in
salvo. Sullo sfondo si presentano onde minacciose
sotto un cielo ancora in gran parte plumbeo.
Tutti gli uomini sono accalcati nella porzione ancora
solida del relitto.
SCELTA DEL SOGGETTO.
Per la sua opera più significativa, date le dimensioni
e dato il numero di studi preparatori (una cinquantina
tra disegni e studi ad olio ed acquerello), Géricault scelse un
1818/19 Olio su tela 491x716 Parigi - Louvre
tragico episodio della storia contemporanea, verificatosi nel
1816 al largo dell‟Africa occidentale: il naufragio della nave
Medusa, diretta in Senegal che affondò al largo delle coste africane, con circa quattrocento uomini a bordo.
Centocinquanta naufraghi trovarono posto su una zattera di fortuna. Dopo circa due settimane di deriva, solo
dodici di essi poterono essere tratti in salvo.
Il fatto creò grande indignazione in Francia, anche per le accuse mosse al governo, che non seppe organizzare
i soccorsi.
Per realizzare la grandiosa opera, Gericault, si documentò con i sopravissuti, fece costruire un modello in
legno della zattera, studiò i cadaveri e produsse circa 50 disegni e studi preparatori. Il pittore fu a lungo
indeciso circa il soggetto , decise infine di rappresentare un momento altamente drammatico: il momento in
cui i naufraghi avvistano una nave all‟orizzonte in modo da evidenziare “ tutte le sfumature del dolore umano
da quello fisico all‟angoscia morale”. Fu una scelta di stile epico, per rappresentare non vicende storiche o
mitologiche, ma un fatto di cronaca, che coinvolgeva gente comune, non erooi, ma uomini che, messi di fronte
ad una prova terribile, hanno reagito con le risorse della loro natura.
La scena è costruita su un sistema di diagonali che convergono verso due apici:
uno rappresentato dall‟albero della zattera,
l‟altro dalla camicia agitata dal naufrago.
Si determina così una spinta verso l‟orizzonte dove c‟è la salvezza.
Il mare spinge in direzione opposta rispetto alle speranze umane. È la direzione umana di chi ha ancora la
forza di agitarsi con la speranza di essere visto da qualcuno che vada a salvarli. Ma il vento soffia in direzione
opposta (la vela) e il mare respinge inesorabilmente la zattera col suo doloroso carico umano.
Il fluire e refluire degli stati d‟ animo viene controllato da un‟impostazione formale precisa: le vittime non
appaiono emaciate, ma imponenti e vigorose, realizzate accademicamente. Per la prima volta lo stile classico e
le vaste dimensioni, vengono usati per rappresentare le sofferenze di gente comune.
Il quadro è scisso in due gruppi ben distinti:
- quello in basso rappresenta la morte, con il padre meditabondo che abbraccia il corpo senza vita del figlio.
- quello più in alto invece, culminante nel giovane che sventola degli stracci, rappresenta la salvezza.
La luce è radente e crea bagliori di tempesta, i naufraghi avvistano una nave in lontananza.
Dominano i toni cupi sui quali spiccano alcuni particolari rossi
Un uomo trattiene il figlio morto. Il suo abbandono contrasta con la concitazione dei naufraghi. I corpi ,
modellati con perfezione anatomica e forza plastica, richiamano l‟arte di Michelangelo.
Alcuni ipotizzano che, attraverso un fatto di cronaca, l‟artista abbia voluto rappresentare una grande allegoria
della crisi politica e civile della Francia negli anni della Restaurazione.
EUGENE DELACROIX
Amico di Gericault ne seguì le orme, con i Romantici condivise l‟entusiasmo per la guerra d‟indipendenza.
Nasce a Charenton-Saint-Maurice nel 1798. Dopo aver
studiato con passione l‟arte di Michelangelo e Rubens, si
presentò al Salon a 24 anni con l‟opera “la barca di
Dante”, un‟opera che suscitò scalpore per il soggetto
inconsueto e la drammaticità della composizione.
Compi, poi, numerosi viaggi in Marocco, arricchendo la
sua pittura di elementi esotici. Il suo rientro in Francia
coincise con un periodo d‟intensa attività che lo rese uno
dei personaggi più in vista del suo tempo. Morì a Parigi
nel 1863.
LA LIBERTA’ CHE GUIDA IL
POPOLO
Un quadro politico.
L‟opera testimonia la nuova coscienza politica degli
1830 Olio su tela 2,60 x 3,25 Parigi Museo del
artisti del Romanticismo; Delacroix, infatti, esprime in
Louvre
una lettera al fratello il proprio orgoglio nel dipingere per
la patria e il proprio rammarico per non aver partecipato
di persona all‟avvenimento.
Il pittore si mise al lavoro alcuni mesi dopo le “tre gloriose giornate “ (27-28-29 luglio 1830) di insurrezione
popolare a Parigi contro il regime borbonico, che portarono alla destituzione del re Carlo X e alla salita al
potere di Luigi Filippo.
L‟opera rappresenta il momento in cui il popolo parigino avanza sulle barricate guidato da una figura
femminile che stringe la bandiera francese in una mano e una baionetta nell‟altra: l‟allegoria della
LIBERTA’ che stringe a sé tutti gli uomini, popolani e intellettuali, ricchi e poveri. Al centro della
composizione a al vertice di una immaginaria piramide, più grande e luminosa delle altre figure, la Libertà
procede impetuosa, avanza calpestando i morti e i feriti sacrificati per la causa, alcuni rappresentati con
tragico realismo in primissimo piano.
In lontananza, tra il fumo e la polvere, si intravedono altre figure, gli edifici della città e le torri della
cattedrale di Notre- Dame.
In testa porta il berretto frigio ( il copricapo rosso usato dai Frigi, popolo dell‟Asia Minore, adottato come
simbolo dai repubblicani durante la rivoluzione francese).
La seguono borghesi e popolani, dall‟uomo col cilindro sulla sinistra(autoritratto del pittore), al ragazzo sulla
destra che impugna due pistole e avanza con coraggio.
Delacroix ha studiato per quest‟opera una composizione rigorosa ed un efficace accostamento dei colori: la
luce del cielo ha i toni del rosso, del bianco e del blu (i colori della bandiera francese), che tornano nella
camicia azzurra e nella fusciacca rossa del ferito al centro.
Nel Romanticismo il popolo è visto spesso come eroe “ collettivo ”, non solo i ceti più umili, (qui
rappresentati con abiti dimessi e laceri), ma anche i borghesi e gli intellettuali (rappresentati dall‟uomo in
giacca scura e cilindro), lottano fianco a fianco per la libertà.
La pennellata è sciolta, i volumi dei corpi sono evidenziati dalle ombreggiature e dalla luce che irrompe nella
scena da sinistra.
33
Per Delacroix, la pittura doveva trasmettere emozioni, apassionare e coinvolgere lo spettatore, ispirare in lui
sentimenti di giusta ribellione. Fra gli adulti, emerge la figura di un ragazzino, in armi, che esprime il coraggio
che anima l‟intera popolazione e (allegoricamente), la nuova generazione.
Accanto al ragazzino, sullo stesso sfondo chiaro,l‟artista raffigura, in forma allegorica , la figura femminile
della Libertà che si erge sulla barricata, incitando il popolo , traducendo così un‟idea astratta in forma concreta
, ispirandosi alle antiche rappresentazioni della Vittoria.
I corpi dei soldati e popolani morti giacciono senza vita gli uni accanto agli altri nella parte in basso del
dipinto; la drammaticità dell‟evento è resa dal forte realismo della rappresentazione, del tutto assenta nella
pittura Neoclassica.
la stessa figura, quindi, può rappresentare anche l‟allegoria della Francia vittoriosa, come suggerisce anche il
berretto frigio che indossa(rivoluzioni dell‟89).
Proprio per aver mostrato con crudezza le pose scomposte dei corpi e per aver lasciato scoperte alcune parti
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delle figure, Delacroix fu aspramente criticato e accusato di volgarità dai suoi contemporanei.
Il forte realismo, però, vuole proprio sottolineare che la guerra distrugge ogni pietà e decoro.
Il vento della ribellione scuote le sue vesti e la bandiera.
La scena è dominata dalle figure, disposte secondo uno schema piramidale rivolto verso lo spettatore, al cui
vertice è posta la Libertà. Lo sfondo è indefinito, vi si dissolvono in colori chiari il fumo e il polverone della
battaglia. Solo due torrioni sulla destra , appena accennati, alludono a Notre-Dame.
La compostezza che caratterizzava i dipinti storici neoclassici è completamente stravolta e non ci sono più
pochi personaggi isolati, ben delineati sullo sfondo.
Le scelte compositive dell‟artista creano quindi un‟immagine che, pur rappresentando un evento storico, lo
rielabora fondendo elementi allegorici e realistici, per ottenere un insieme di forte espressività e coinvolgere
emotivamente l‟osservatore.
ROMANTICISMO IN ITALIA
In Italia, a causa della permanente impronta classicistica della cultura, le istanze romantiche tardarono a farsi
sentire, sia nel campo della letteratura che nelle arti figurative, anche se non mancano tentativi di
aggiornamenti culturali ed artistici.
Caposcuola del movimento romantico in Italia fu Francesco HAYEZ.
FRANCESCO HAYEZ
Francesco Hayez nasce a Venezia il 10 febbraio 1791, è l‟ultimo dei cinque figli di Giovanni, originario di
Valanciennes, e di Chiara Torcella, nativa di Murano.
La famiglia è poverissima e il piccolo Francesco viene affidato a una sorella benestante della madre, moglie di
un commerciante d‟arte che possedeva una discreta galleria di dipinti.
A sei anni il piccolo manifesta già una naturale inclinazione al disegno.
Nel 1806 viene ammesso ai corsi di pittura della Nuova Accademia di Belle Arti, appena costituitasi e inizia 35
così la sua attività .
Egli fu interprete di ideali patriottici in quasi tutti i suoi lavori, e continuò ad esserlo fino al celebre
“BACIO” dipinto nel 1859. Il celebre dipinto, in cui un giovane stringe in un abbraccio appassionato la sua
donna, si direbbe appartenere al filone sentimentale così di moda nell‟Ottocento.
L‟ambientazione infatti non è contemporanea: la i costumi dei due giovani non sono chiaramente definibili,
ma fanno pensare al tardo Medioevo.
Una lettura in chiave sentimentale non esaurisce però il senso del dipinto che, realizzato nel 1859, anno della
seconda guerra d‟indipendenza, assume un significato politico e patriottico.
BACIO
Il giovane che abbraccia con tanto calore la sua donna
simboleggia uno dei volontari del Risorgimento. L‟ardore del
bacio nasce anche dal pensiero della lontananza e dei rischi
connessi alle guerre.
Il giovane ha un‟aria da “cospiratore”, così che (in un periodo di
entusiasmi patriottici ), il pubblico, abituato a leggere le opere in
chiave politica, vede nel giovane un combattente del
risorgimento, tanto che il quadro venne ribattezzato “il bacio del
volontario”.
L‟addio dei due giovani è carico di tensione, le figure sono
dipinte con eccessivo realismo.
La pittura è ad olio ed è stesa sulla tela con impasti accurati e
sfumature che rendono invisibile la pennellata e valorizzano
ogni passaggio dalla luce all‟ombra.
Il messaggio non è pienamente ottimista.
L‟opera da Hayez, ormai settantenne, riscosse un enorme
successo.
1859 – Olio su tela - 112x88 cm
Il ragazzo, coperto da un ampio mantello marrone, si piega in avanti,
Milano - Pinacoteca di Brera
attirando verso di se il viso della fanciulla, questa, ritratta di spalle
con indosso un abito di seta azzurra, reclina il capo all‟indietro,
abbandonandosi completamente al bacio dell‟amante. Essi si trovano ai piedi di una scalinata, in un luogo
spoglio e imprecisato, forse l‟atrio di un castello; ad un attento esame, alcuni particolari suggeriscono
un‟interpretazione che va oltre il semplice sentimentalismo.
Le braccia della fanciulla si stringono con forza intorno alle spalle del suo compagno, come per trattenerlo; un
atteggiamento che tradisce una segreta preoccupazione, quasi si trattasse di un estremo saluto, l‟ultimo addio
all‟amato che si appresta ad affrontare una sorte incerta e pericolosa. L‟uomo, poggiando il piede sinistro sul
gradino, lascia intravedere dal mantello un pugnale. Il suo gesto manifesta un certo nervosismo, come se
avesse fretta di andar via.
Un‟ombra minacciosa compare sullo sfondo del dipinto, dietro l‟arco d‟ingresso.
Il quadro nasconde quindi un preciso messaggio allegorico – politico, che appare immediatamente evidente al
pubblico contemporaneo, decretando l‟enorme successo di quest‟opera e facendola diventare il simbolo della
giovane nazione italiana.
ROMANTICISMO IN INGHILTERRA
Nel tardo 700 in Inghilterra nasce un genere di pittura fantastica e visionaria, di matrice letteraria. Si tratta di
un arte prevalentemente fantastica e visionaria, alle volte pervasa da misticismo. In Inghilterra si sviluppano
anche tendenze più strettamente naturalistiche, che privilegiano ora il pittoresco, ora il sublime.
I pitturi più rappresentativi di questo periodo furono: Joann Heinrich Fussli, William Blake e John Constable.
JOANN FUSSLI
Fussli predilesse i temi del fantastico con opere incentrate sulla figura di satana. Le sue opere hanno la
propensione per il grottesco e il fantastico, cariche spesso di componenti erotiche.
L’INCUBO
Il quadro più noto di Fussli, da considerarsi il MANIFESTO
della sua pittura, sia dal punto di vista tematico che stilistico. In
uno spazio buio l‟artista raffigura una figura femminile riversa
su di un letto, un mostruoso nano è accovacciato sul suo ventre
e rappresenta l‟incubo materializzato. Una spettrale testa
equina spunta dalla tenda e rappresenta la portatrice di sogni.
I colori utilizzati, dalle tonalità basse, contribuiscono ad
amplificare l‟orrenda immagine dell‟incubo. E‟ un mondo
interiore, pieno di conflitti e di paure, qualcosa che è dentro ad
ognuno di noi e che cerchiamo di dominare con la ragione.
La donna è il soggetto principale e quindi maggiormente
illuminato, poi affiorano, su diversi piani, altre creature: il
volto grottesco e la spalla del nano e gli occhi spettrali della
L‟incubo - olio su tela- 64x75 Francoforte
cavalla.
L‟ambiente circostante è ridotto all‟essenziale, con un‟alternanza
drammatica di luci e ombre: un letto, un tavolino e u tendone (quasi un sipario teatrale), perché tutto
l‟attenzione sia rivolta alla potenza espressiva delle figure.
WILLIAM BLAKE
Blake nelle sue opere attinge a storie della bibbia per sottolineare una particolare concezione dell‟arte come
espressione delle proprie visioni interiori.
Blake, che era anche poeta, stampava personalmente i suoi libri accompagnandoli con illustrazioni. E‟ molto
difficile comprendere il percorso artistico di Blake, egli si ispira a simboli del mondo religioso e letterario.
Aveva un‟ammirazione smisurata per Michelangelo nel quale vedeva il principio dell‟ artista ispirato da forze
ultraterrene.
JOHN CONSTABLE
La sua produzione è ispirata al tranquillo paesaggio della sua infanzia reso con una visione obiettiva ed esatta.
Egli afferma che in nessun caso si possono appostare correzioni a ciò che si vede.
WILLIAM TURNER
Turner si interessò agli effetti atmosferici e pian piano si svincolò dalla rappresentazione oggettiva per
ottenere variazioni sui colori e la sua opera acquistò sempre più caratteri visionari.
L’ARCHITETTURA ROMANTICA: IL NEOGOTICO
All‟inizio del uovo secolo il ricorso allo stile Gotico si diffuse in varie parti d‟Europa. In stile gotico venne
costruito il nuovo Palazzo del Parlamento a Londra, dopo che il vecchio edificio era stato distrutto da u
incendio. Il progetto fu affidato a Charls Barry che ideò un edificio simmetrico (classico) e il rivestimento
esterno in stile gotico.
Anche in Francia si diffuse l‟amore per le cattedrali gotiche restaurate in gran parte dall‟architetto Viallet-leDue che propose una rilettura dell‟architettura medievale.
In Italia un primo esempio di neogotico è costituito dalla Pasticceria detta “Il Pedrocchiano” a Padova, che
l‟architetto Giuseppe Jappelli aggiunse al caffé Padrocchi (uno dei più raffinati luoghi di ritrovo d‟Europa).
Il Neogotico si sviluppò in modo differente nelle nazioni europee, ma divenne ben presto una moda.
36
Il realismo
Corrente artistica che si forma in Francia tra il 1825 e il 1846 per poi diffondersi in tutta Europa
Le vere origini del movimento vanno ricercate nella crisi delle tendenze spiritualistiche del Romanticismo,
nella situazione politica seguita allo scoppio rivoluzionario del 1848, nel sorgere del materialismo storico
(manifesto comunista) e nel fiorire delle dottrine positivistiche.
I Realisti abbandonano i soggetti storici e letterari cari ai Romantici, per volgere la loro attenzione alla realtà e
si proponevano di dare un contenuto sociale e umanitario all‟opera d‟arte mediante la raffigurazione degli
aspetti più umili della vita quotidiana, privata di ogni idealizzazione romantica.
I maggiori interpreti furono:
Honorè Daumier
Gustave Courbet
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François Millet
Essi abbandonarono risolutamente gli aspetti romantici e vennero elaborando una concezione per cui l‟arte
non è fine a se stessa, ma diviene uno strumento di partecipazione e di lotta, assumendo un preciso valore
politico.
Per i pittori realisti della metà dell‟ottocento nessun soggetto è troppo umile o volgare per essere
rappresentato.
L‟arte deve occuparsi delle cose fisiche, concrete, realmente esistenti, e deve quindi indagare la natura e la
società proprio nei loro aspetti meno artificiali, meno decorativi.
Un mondo fatto solo di signore eleganti e di ambienti raffinati, o addiritura di figure mitologiche dalla
bellezza perfetta è per i pittori realisti un‟illusione che nasconde gli aspetti negativi della società
contemporanea:
il lavoro massacrante
lo sfruttamento,
le insuperabili barriere sociali
Compito dell‟artista diventa allora la denuncia di queste ingiustizie, che per la prima volta ottengono di
diventare soggetto della pittura.
Honorè Daumier
Nato a Marsiglia nel 1808, muore nel 1879,di famiglia povera, iniziò la sua attività artistica come litografo.
Nel 1830 collaborò, con disegni satirici, alla rivista “ la caricature”.
Nel 1832, per una caricatura di Luigi Filippo, gli furono inflitti sei mesi di carcere; uscito dal carcere continuò
a realizzare disegni satirici sulle personalità politiche e su avvenimenti contemporanei. Nel 1835 venne
soppressa la libertà di stampa. Si ritirò dalla lotta politica nel 1852 dedicandosi definitivamente alla pittura. Le
sue opere sono sempre caratterizzate dall‟uso di chiaroscuri e da una vigorosa forma plastica.
Vagone di terza classe - Olio su tela 67x93, Ottawa , National Gallery of Canada.
Raffigura un affollato scompartimento. Il soggetto è la folla
anonima e indistinta, sicuramente povera, ma composta e
dignitosa, che si accalca su un vagone ferroviario della
classe più economica. La luce entra dai finestrini e rivela i
segni della stanchezza, della miseria e dei disagi sui volti
dei viaggiatori, grazie ai sapienti contrasti con le zone
d‟ombra.
I colori hanno toni semplici, profondi, caldi e tendono al
cupo e sono stesi con pennellate corpose.
Le tonalità usate creano un‟atmosfera fuliginosa e sono
quasi monocrome, con forti contrasti di luce e ombra con
riferimenti alla pittura fiamminga e olandese.
I volti dei personaggi sono volutamente deformati, quasi
grotteschi. Il viso della vecchia in primo piano e quell‟uomo di profilo con il cilindro nero sembrano
maschere, ma non c‟è derisione, anzi trapela un profondo senso di comprensione per la miseria e le sofferenze
di questi poveri.
Jean François Millet (1814 – 1875)
Di famiglia contadina – nel 1837 si reca a Parigi – le sue prime opere sono una serie di ritratti e dipinti con
soggetti mitologici.
L‟influenza del ceto sociale di appartenenza, segnarono in modo indelebile la sua vita di uomo e soprattutto la
sua vita di artista. Contemporaneo del grande realista Courbet egli si distinse per la particolare sensibilità, il
suo spiccato sentimentalismo e il senso di devozione e religiosità presente nelle sue eroiche figure. Nel 1849
si unì ai pittori della Scuola di Barbizon per dipingere nella foresta di Fontaineblau e lì trascorse il resto della
sua vita
Le spigolatrici - 1857 Olio su tela 83,5 x 1,11 Parigi – Musèe d‟ Orsay
Le tre donne sono rese in termini
quasi scultorei, mentre sono
intente nel loro umile lavoro. 38
Le spigolatrici, che chine sulla
terra mentre assolvono il loro
lavoro con una dedizione quasi
religiosa, simboleggiano la
classe povera della società.
Sullo sfondo , avvolto da una
intensa luce color paglierino, si
intravedono i covoni e il carro
col fieno che indicano il ricco
raccolto che solo pochi ne
godranno.
Non certo le tre contadine in
primo piano che si dedicano alla
raccolta delle poche spighe
rimaste sul terreno dopo la
mietitura
Le forme sono solide,
semplificate, sono figure
eroiche, monumentali , che compiono quotidianamente antichi rituali e in loro si rivela tutta la dignità del ceto
a cui appartengono.
I colori dai toni dorati, simili al colore della terra e del grano, fanno pensare all‟afa e al calore estivo sotto il
quale le spigolatrici erano costrette a lavorare.
Gustave Courbet
Nacque nel 1819 a Ornans e morì in Svizzera nel 1877
Di origini contadine, ma ben presto raggiunge una condizione borghese e frequenta scrittori, militanti
socialisti e bohèmien
Tra le sue opere la più rappresentativa è “ funerale a Ornans” che assieme ad altri due dipinti (realizzati nello
stesso periodo) : costituisce la Trilogia del realismo.
Gli spaccapietre
Contadini di Flagey che tornano dal mercato
Courbet si sofferma anche sui piccoli fenomeni del quotidiano e li registra con l‟impersonale distacco di un
osservatore oggettivo.
Ne è un esempio lampante lo "Spaccapietre" realizzato nel 1849. Il soggetto è totalmente diverso da quelli a
cui le accademie ci avevano abituati: l‟artista dipinge la realtà mettendo a nudo ogni suo risvolto, dalle toppe
delle maniche della camicia, al panciotto strappato; dai calzini bucati alla pentola con il pane simbolo del
povero pasto del lavoratore.
Funerale a Ornans
Questo enorme dipinto raffigura a grandezza naturale più di 50 ritratti degli abitanti di Ornans
Courbet descrive un avvenimento ordinario, un funerale, adottando le dimensioni che tradizionalmente erano
riservate al quadro storico, cosa che non fu tollerata dalla critica.
39
Nell‟opera non c‟è nessuna partecipazione all‟evento, nessun dolore, nessuna commozione.
I personaggi sono rappresentati in modo fisso e volutamente distratto.
I volti sono ben visibili, reali, ma hanno tutti la stessa espressione e nessuno sguardo è rivolto verso la tomba.
La composizione presenta le figure disposte in una lunga fila.
Il nero è il colore dominante e vi spiccano tonalità più brillanti:i volti, le mani, il bianco dei paramenti del
prete e delle maniche del seppellitore, dei colletti… ; i rossi di alcuni paramenti e l‟azzurro delle calze.
Funerale ad Ornans è un‟opera che si pone tra il ritratto di gruppo (posarono molti cittadini della città natale
dell‟artista), la pittura di storia (grazie alle dimensioni della tela l‟artista eleva un episodio familiare ad
avvenimento storico) e il realismo sociale (ritrae senza falso pudore gli usi e costumi della Francia
campagnola dell‟Ottocento).
Le figure appaiono in pose naturali, gli sguardi sono rivolti in diverse direzioni, i personaggi non sono
rappresentati in maniera gerarchica.
La struttura dell'opera si presenta abbastanza semplice: la parte superiore, un cielo di un colore giallognolo
con sfumature di colori che vanno dal bianco al giallo ad un leggerissimo azzurro è marcatamente divisa da
quella inferiore, dove è stato ritratto un folto gruppo di persone che occupa l'intera superficie orizzontale del
quadro. I colori sono terrosi e le pennellate pesanti e pastose mettono ben in evidenza la fisicità dei personaggi
ritratti.
Pur trattandosi di un funerale, come ricordano il titolo e i vari elementi rappresentati (la presenza di sacerdoti,
di una fossa, di un teschio, del crocifisso) non sembra che le figure provino grande dolore o partecipazione per
questa morte.
E questo era un elemento che non poteva non suscitare scalpore nella buona società dell'epoca. Altro elemento
strano è l'ambientazione, ad Ornans, paese natale dell'autore ma sconosciuto ai più ed il fatto che non si
conosca l'identità del defunto, di cui si scorge appena la bara, coperta da un pesante drappo bianco.
I personaggi rappresentati, come scrive lo stesso autore, erano effettivamente tutti abitanti di Ornans. Il
sindaco, il notaio, il prete, il padre del pittore, il commissario. Tutte persone comuni dunque, perlopiù
sconosciute e anonime.
Nel dipinto non c'è una costruzione prospettica rinascimentale e volumetrica, mentre sono evidenti i tagli
fotografici laterali, tipici di quell'epoca, grazie allo sviluppo della fotografia. Inoltre, il tema della denuncia
sociale molto calcato da Courbet si manifesta grazie alla presenza dei due sacerdoti, uno dei quali
vistosamente rosso, suggerendo incoerenza etica e il proprio vizio di bere.
La presenza del cane in primo piano, infine, enfatizza il realismo dell'opera, perché era raro vedere degli
animali contrapposti alla figura umana in primo piano.
SCUOLA DI BARBIZON
Come in Inghilterra, anche in Francia si
sviluppa, in età romantica, la pittura di
paesaggio. In modo particolare va
ricordato il movimento noto come
"Paesaggisti del 1830" o ,più
comunemente "Scuola di Barbizon".
Barbizon è un piccolo paese ai margini
40
della foresta di Fontainebleau, Qui si
riunivano alcuni pittori; diversi per
temperamento, erano però animati dallo
stesso desiderio di riscoprire la purezza
della natura, immergendosi in essa,
vivendo anzi in uno dei luoghi più
incontaminati, lontano dalla città.
La natura dipinta dalla "Scuola di Barbizon" non è quella idealizzata della tradizione francese, ma quella che
si presenta davanti ai nostri occhi, osservata e studiata con umiltà d‟intenti, come una cosa nuova,
dimenticando gli insegnamenti artificiali della scuola. Questo, tuttavia, non significa realismo: L‟esecuzione
dei quadri avviene non direttamente in presenza dell‟oggetto naturale, ma, successivamente, nel chiuso
dell‟atelier, i pittori di Barbizon non rendono oggettivamente la natura, ma, romanticamente, il sentimento, ora
patetico, ora grandioso, che la vista di un albero, di un bosco, di una pianura ha suscitato in essi.
Capo della "Scuola di Barbizon" unanimemente riconosciuto Theodore Rousseau, cui devono essere affiancati
Jules Dupré, Narcisse Diaz, Francois Millet e Charles Daubigny.
Realismo in Italia : I Macchiaioli
Il movimento artistico dei macchiaioli si forma a Firenze attorno alla metà dell'ottocento ed è considerato a
tutti gli effetti il più importante dell'Ottocento italiano.
Qui da ogni parte d'Italia convenivano giovani artisti attratti del glorioso passato di una città nella quale era
sorta la civiltà figurativa moderna.
Il luogo d'incontro era una saletta del Caffè Michelangiolo dove in un'atmosfera confusionaria ma libera era
possibile venire a conoscenza dei cambiamenti che si stavano verificando in Francia.
Nel 1856 giunge a Firenze dalla capitale francese Domenico Morelli che suscita entusiasmo e scalpore
parlando della sua esperienza parigina.
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E' nel 1856 dunque che si pone la data ufficiale di nascita della "macchia" anche se nessun movimento
artistico si genera improvvisamente ma in seguito ad una lenta maturazione.
Il critico Domenico Martelli nella conferenza del 1877 affermò che
- la "macchia" è l'arma con la quale si combatte la forma definita e fredda della pittura tradizionale
- la forma non esiste perché noi vediamo le forme non isolate dal contesto della natura mediante la linea di
contorno disegnata, ma come macchie di colore distinte o soprammesse ad altre macchie di colore, la luce
stessa, strumento indispensabile della nostra percezione visiva, colpendo gli oggetti, viene rinviata al nostro
occhio come colore.
Di quel gruppo facevano parte Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega, attivissimi pionieri
di un movimento pittorico rivoluzionario che predicava nuovi modi di dipingere, in largo anticipo rispetto al
sentire impressionista, per molti versi ad esso analogo ma non uguale.
L‟esponente più rappresentativo dei macchiaioli fu :
Giovanni Fattori
(Livorno, 1825 - Firenze, 1908)
Degli anni della sua formazione artistica esistono pochi documenti e quei pochi di
scarso valore; tuttavia fin dai primi anni cinquanta fu un frequentatore assiduo del
Caffè Michelangelo.
Il 1848 vede Giovanni Fattori coinvolto nei moti risorgimentali, con il compito,
modesto ma pericoloso, di fattorino del Partito d'Azione, ossia di distributore di fogli
"incendiari".
Il 1848 vede Giovanni Fattori coinvolto nei moti risorgimentali, con il compito,
modesto ma pericoloso, di fattorino del Partito d'Azione, ossia di distributore di fogli
"incendiari".
Dopo aver esordito con quadri di soggetto storico e di gusto romantico, l‟artista iniziò a ritrarre dal vero e
direttamente “ sul campo” scene di vita militare, dando inizio alla sua fortuna di pittore di battaglie
risorgimentali .
Tra i temi prediletti dell‟artista vi erano momenti quotidiani della vita del soldato e quelli meno eroici,
come la ronda attorno a un fortino, sotto il sole caldissimo di una giornata estiva, raffigurata nel dipinto
“ In vedetta!”.
In quest‟opera l‟artista ha aderito ai
prìncipi tecnici della pittura “a
macchia”, pur senza rinunciare
radicalmente all‟utilizzo del
chiaroscuro.
Le luci e le ombre sono rese mediante
l‟accostamento di toni differenti
L‟ambiente è descritto in modo
essenziale, con una rigida definizione
geometrica delle campiture cromatiche
dei diversi piani: il cielo, la terra e il
muro dando un‟impressione di
immediatezza comunicativa attraverso
la ragionata sintesi pittorica.
L‟IMPRESSIONISMO
Primo movimento dell‟arte contemporanea.Data ufficiale della sua nascita è il 15 aprile 1874, quando un
gruppo di pittori, Monet, Renoir, Sisley e Degas, espone le opere nella galleria del fotografo Nadar.
Già da anni dipingevano paesaggi en plein air (all‟aria aperta) lungo le rive della Senna.
Loro interesse principale è lo studio dei colori e della luce la cui azione modifica continuamente l‟aspetto
delle cose e della natura
Per rendere questo fenomeno, il colore è steso sulla tela in una serie di macchie e di tocchi che, osservati da
una certa distanza, suggeriscono il movimento e la vibrazione dell‟atmosfera, in un mosaico di luci e di riflessi
cromatici.
La conoscenza e l‟uso della fotografia suggeriscono inquadrature rivoluzionarie.
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I soggetti preferiti dagli impressionisti sono i paesaggi, scene di vita quotidiana, ritratti e nature morte.
L‟ARTE IMPRESSIONISTA
L‟ Impressionismo è stato un importante movimento artistico
Gli artisti erano legati dall‟esigenza di dipingere all‟aperto, uscire dagli studi, per osservare i soggetti in
condizioni di luce naturale.
Il nome IMPRESSIONISMO nacque per caso in occasione della prima mostra del gruppo, quando un critico,
prendendo spunto dal quadro di Monet : “ Impressione sol levante”, chiamò i pittori “ impressionisti”. Da
allora il termine divenne la denominazione della corrente artistica.
Gli Impressionisti vollero trasferire nei loro quadri le impressioni suscitate dalla realtà e gli effetti dovuti alle
variazioni di luce nelle varie ore del giorno e nelle diverse condizioni atmosferiche.
Per trasmettere sulla tela le loro impressioni, abolirono il disegno , il chiaroscuro sfumato e usarono
pennellate rapide di colore puro, date direttamente e velocemente sulla tela
Nell‟ottocento Parigi è la capitale indiscussa dell‟arte. Insieme all‟Inghilterra , la Francia è il Paese più
industrializzato e più moderno del mondo, e la sua capitale ne è il centro economico, politico e culturale .
L‟Accademia di Belle Arti forma gli artisti francesi e gli stranieri che arrivano da tutta Europa, secondo i
canoni della pittura ufficiale.
Il governo finanazia e controlla le esposizioni d‟arte, con i SALONS , che ogni anno ospitano migliaia di
opere d‟arte.
Monet, Pissarro, Sisley vedono spesso rifiutate le loro opere.
Ma, dal 1874 a Parigi , vengono aperte le prime GALLERIE PRIVATE, grazie alle quali gli artisti possono
vendere le loro opere, senza dover passare attraverso le severe giurie dei Salons
I quadri impressionisti decorano soprattutto interni borghesi e non più chiese o palazzi aristocratici : L‟ARTE
DIVENTA PARTE DELLA CULTURA BORGHESE
CLAUDE MONET
Passò l‟infanzia e la prima giovinezza a Le Havre; si trasferì poi a Parigi dove conobbe i pittori Auguste
Renoir e Alfred Sisley con i quali formò un gruppo che dipingeva all‟aria aperta.
Monet fu il creatore di quello stile che fu chiamato Impressionismo, una pittura che fu dapprima stroncata
ferocemente e poi pian piano accettata dalla critica e dal pubblico.
Monet dipinse una serie di quadri dedicati ai pioppi, ai covoni, alle cattedrali, alle ninfee.
Morì il cinque dicembre 1926
Impressione: sole nascente
1872
Olio su tela
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48 x 63
Parigi
Museo Marmottan
Nel quadro vediamo un paesaggio marino con alcune barche e , sullo sfondo, il porto e la città. Il disco del
sole appare tra la foschia.
La profondità non è resa con i sistemi classici della prospettiva lineare, ma con una libera e moderna
interpretazione della prospettiva aerea di Leonardo.
Con quest‟opera ha inizio l‟arte moderna perché per la prima volta, protagonista del quadro non è la
rappresentazione di una scena della realtà, quanto lo stile della pittura.
La luce non deriva da una sorgente definita, ma tutto il paesaggio è immerso in una luminosità diffusa.
Le pennellate sono spesso brevi e comunicano un senso di dinamismo.
Lo spazio si avverte dalle pennellate più scure in primo piano e dalla foschia che rende indefinito ciò che è in
lontananza .
I colori sono accostati in accordi tenui, delicatissimi. Manca il nero.
EDOUARD MANET
Édouard Manet nacque a Parigi nel 1832 in una famiglia ricca e influente.
Viaggiò in Germania, Italia, Spagna e Olanda dove conobbe le opere di Diego Velázquez e Francisco Goya.
Divenne amico degli impressionisti Edgar Degas, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley, Paul
Cézanne e Camille Pissarro. Manet morì per sifilide e reumatismi non curati, contratti a quarant'anni (o,
secondo alcuni, addirittura in gioventù, quando era imbarcato sulla nave).
Morì il 30 aprile 1883, dopo un'interminabile agonia sboccata nel coma.
Le déjeuner sur l'herbe - Colazione sull’erba
1863 - olio su tela - 208 × 264 cm - Parigi, Musée d'Orsay
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Quando Manet espose questo celebre quadro
suscitò un enorme scandalo . Sembrava assurdo il
soggetto che presenta due cittadini dignitosamente vestiti
impegnati a discutere e del tutto indifferenti alla donna
nuda seduta accanto a loro. Sembrava sconvolgente anche
la pittura priva di sfumato, con la figura femminile sullo
sfondo che pare sospesa sui personaggi in primo piano.
L‟opera suscitò invece l‟ammirazione dei giovani pittori
che diedero vita all‟impressionismo,
ne apprezzavano l‟impostazione rivoluzionaria, i contorni
netti, le zone di colore stese senza chiaroscuro, la
prospettiva alterata e la natura morta in primo piano.
AUGUSTE RENOIR
Nato a Limoges (Francia), fu ammesso nel 1862 all'Ecole des Beaux-Artes: qui conobbe Alfred Sisley,
Frédéric Bazille e Claude Monet, con i quali iniziò presto a recarsi a Fontainebleau per dipingere en plein air.
Morì il 3 dicembre 1919, a settantotto anni in seguito a una polmonite: aveva appena terminato Le bagnanti.
Le moulin de la Galette
1876 - Olio su tela - cm 131x175 - Museo 'Orsay, Parigi
Il “ Moulin” era una balera popolare frequentata dai
giovani di Montmartre; Renoir sceglie i modelli fra i
suoi amici e porta spesso la tela al Moulin per lavorare
dal vero
L‟azzurro è la tonalità dominante e i personaggi sono
uniti fra loro da macchie d‟ombra e di luce che filtrano
tra gli alberi
L‟atmosfera luminosa è ottenuta con un colore fuso in
cui le pennellate si sovrappongono in strati successivi.
Le figure mantengono la loro corporeità e non sono
dissolte come in Monet.
La composizione è asimetrica ed è resa dinamica dalla
diagonale che divide l‟opera in due immagini
triangolari dove la zona scura dei personaggi in primo piano è contrapposta alla zona più chiara dello sfondo
Le linee di forza sono determinate dai personaggi seduti intorno al tavolo e dalle figure che danzano nello
sfondo. La tavolozza è dominata da colori freddi.
IL POSTIMPRESSIONISMO
Nel 1886 venne allestita l‟ultima mostra della pittura impressionista: da allora inizia il suo declino.
Gli artisti si pongono nuove esigenze:
Occorre dare spazio anche ai valori soggettivi guardando dentro di se.
Forma e colore non solo per descrivere la natura ma per comunicare il proprio stato d‟animo.
Si rappresentano situazioni temi e argomenti di impegno sociale.
Si utilizza l‟arte come mezzo di provocazione e reazione ai valori della società borghese di fine secolo
presa dal vortice della produzione e del profitto.
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Cèzanne,Gauguin,Van Gogh,Toulose-Lautrec sono i promotori di questa trasformazione che porterà al
fauvismo all‟espressionismo e al cubismo
PAUL CEZANNE
Tranquillo e riservato. Trascorre gran parte della vita isolato nella città natale Aix-en-Provence. La pittura è il
suo unico interesse. Rimprovera agli impressionisti di essere solo “occhi” e di considerare la pittura una
semplice imitazione della realtà. Per Cèzanne ogni forma naturale ha una sostanza geometrica, solida. Egli
quindi semplifica le forme. Praticamente ignorato fino agli ultimi anni della sua vita, viene consacrato come
grande maestro da una mostra nel 1907, e diventa fonte di ispirazione di molti tra i migliori artisti del 900, tra
i quali Picasso. Fu il primo a staccarsi dal linguaggio Impressionista
Tra il 1904 e il 1906 dipinse una quarantina di versioni di uno stesso soggetto : “ la montagna di SainteVictoire”
Olio su tela
60x63
Zurigo, Kunsthaus
La scomposizione è totale. Le forme sono sintetizzate in tasselli cromatici che compongono una sorta di
mosaico. La profondità è annullata, la distanza è suggerita dalla nebbia che avvolge la montagna triangolare.
Ogni tocco colorato serve per costruire l‟immagine. I prati, gli alberi, le case, la montagna sono come
scomposti e sfaccettati per mezzo di toni chiari e scuri che mettono in luce la geometria dell‟ambiente.
Cezanne diceva: “ cerco di rendere la prospettiva col solo mezzo del colore”
I giocatori di carte
1890 - olio su tela - 45x57 - Parigi - musèe de la Gare d‟ Orsay
In quest‟opera Cezanne non vuole ottenere una
caratterizzazione psicologica dei personaggi, ma vuole
cogliere, attraverso l‟uso del colore e della luce, la solida
massa strutturale che trasforma i personaggi , quasi in
solidi geometrici , diventando così un precursore del
cubismo
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Vincent Van Gogh (1853-1890)
Ha una esistenza infelice e tormentata. Dopo vari lavori dipinge in Olanda soggetti a sfondo sociale. Nel 1886
va a Parigi e conosce gli impressionisti. Nel 1888 va ad Arles e inizia una febbrile attività pittorica che lo
porta a una pittura violenta. Viene ricoverato in manicomio e periodi di crisi lo portano al suicidio. Le sue
pennellate grosse e violente, rivelano il suo stato d‟animo, il suo male di vivere. Egli scrive “le emozioni sono
talvolta cosi forti che le pennellate si susseguono senza fine”
I mangiatori di patate (1885 – olio su tela)
Van Gogh, inizia la sua attività di pittore in una regione mineraria
dell‟Olanda. Dipinge visi di lavoratori e mani deformate dal duro
lavoro quotidiano. L‟opera più importante del suo primo periodo è “
i mangiatori di patate. Raffigura la povera cena di una famiglia
contadina, con straordinaria intensità. Racconta la povertà e
l‟umiltà di una famiglia di contadini, riuniti intorno ad una povera
tavola, in cui le patate sono l‟unico alimento. Non fa niente per
rendere più gradevole la scena: i personaggi riempiono interamente
la scena per rendere bene l‟idea di una stanza piccola e soffocante.
La bambina vista di spalle impedisce all‟osservatore di sentirsi
accolto nell‟ambiente. La miseria sembra non lasciare spazio alle
convenzioni dell‟educazione e dell‟ospitalità. I toni scuri e terrosi, i
volti espressivi, dipinti con grosse pennellate di colore denso, i forti
contrasti di luce e ombra accentuano la crudezza della scena. Van Gogh scrisse: “ ho voluto far capire l‟onestà
di questa gente”
Poco tempo dopo, a Parigi, conosce la pittura impressionista, schiarisce i colori e si trasferisce ad Arles, in
Provenza, dove scopre la bellezza dei cieli e gli straordinari colori delle stagioni. Dipinge campi di grano,
papaveri rossi nell‟erba, personaggi di Arles, cipressi, grandi vasi con girasoli.
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LA CAMERA DA LETTO DI ARLES
1888
72X90
Museo Van Gogh
Amsterdam
L‟opera è serena e rilassante e si pone in modo sereno sia
per lo spirito, sia per l‟atmosfera.In quest‟opera è
soprattutto il colore che conta; è usato in modo semplice,
dando un aspetto rassicurante agli oggetti, invogliando al
riposo o addirittura al sonno. Non ci sono ombre e si
vedono zone molto colorate. I colori sono freschi e
riposanti; l‟unica nota forte è la macchia di rosso sul letto.
La raffigurazione in coppia di oggetti: le sedie, i quadri, i
cuscini, contribuisce a dare un senso di tranquillità e
pulizia. L‟oggetto dominante è il letto, solido e semplice;
suggerisce calore, comodità e sicurezza. I contorni marcati
dei mobili, in modo particolare del tavolo nell‟angolo,
danno un rassicurante senso di sicurezza e stabilità.
La notte stellata
1889
-
73x92
- Museum of Modern Art
-
New York
In questo periodo egli aveva abbandonato la fede
Cristiana. Questo famoso quadro è uno dei dipinti
più visionari di Van Gogh, che mostra intensamente
il profondo e personale modo in cui percepiva e
interpretava la natura, proiettando i propri
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sentimenti sulle cose che vedeva intorno a sé. Il
cielo, le stelle e la luna crescente sono uniti da un
movimento ondulatorio che coinvolge lo spettatore
in una osservazione estatica.
Le spirali di luce inondano il cielo, creando una
rappresentazione stilizzata della galassia. Le stelle,
enormi, sono circondate da vorticosi aloni di luce,
come se stessero girando nel cielo. La luna
crescente, nell‟angolo in alto a destra, emana un
tale splendore da assomigliare al sole.
Gli alberi di cipresso sulla sinistra in primo piano si slanciano verso il cielo come una fiamma, ma quel colore
scuro dà loro il peso che serve ad “ancorare” la composizione in modo che il senso di movimento che
attraversa il cielo non diventi soffocante.
Henri de Toulose-Lautrec (1864-1901)
Discendente da un‟antica e nobile famiglia, cresce deforme a seguito di due cadute che gli spezzano i femori.
Sentendosi compatito, abbandona il mondo aristocratico per immergersi nella vita spregiudicata della Parigi
notturna, che diviene il soggetto preferito dei suoi quadri e manifesti.
Affascinato da Degas e dalle stampe giapponesi, rappresenta una folla di ballerine e cantanti che animano i
cabaret, i locali notturni e i circhi. Mette in ridicolo i borghesi, trasformandoli in fantocci.
Toulose-Lautrec eleva a forma d‟arte il “ manifesto pubblicitario” e disegna anche copertine di programmi
teatrali, menù e inviti.
Al Moulin Rouge, 1892-94
Olio su tela - Chicago Art Institute
Il Moulin Rouge viene inaugurato nel 1889 e diventa subito uno dei locali
notturni più frequentati di Montmartre. Nel dipinto alcuni clienti
conversano a uno dei tavoli. A destra la luce colpisce violentemente il
volto di una ballerina che le ombre verdi trasformano in una maschera. La
composizione ha un‟inquadratura fotografica. Il segno è nervoso; la
fisionomia dei personaggi tende alla caricatura. Lo stile è lontano dall‟
impressionismo. Toulose Lautrec può essere considerato il precursore
dell‟espressionismo. Ciò che caratterizza questo quadro è tuttavia la
dominante verde, creata forse dalle tappezzerie e dai velluti della sala, che,
riflettendosi negli specchi, creano una luce particolare, causa anche del
riflesso verde sul volto della donna in primo piano sulla destra. Ne deriva
un‟atmosfera irreale
Paul Gauguin (1848-1903)
È l‟artista geniale e ribelle che improvvisamente tronca ogni legame con la società borghese. Deluso dalla
civiltà corrotta e materialistica abbandona tutto e va in Polinesia alla ricerca di un mondo incontaminato,puro,
ma non riesce a organizzarsi e tutto si rivela solo un sogno e muore deluso e sconfitto rifiuta i modelli
tradizionali e si ispira all‟arte medioevale. La sua pittura è piatta i colori forti e contornati di nero hanno
valore simbolico.
La pittura di Gauguin è una sintesi delle principali correnti che attraversano il variegato e complesso
panorama della pittura francese di fine secolo.
Il Cristo giallo, 1889
«Il Cristo giallo», al pari della «Visione dopo il Sermone», è una tela di intenso valore mistico.
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La scena è dominata da un grande crocefisso, come spesso
compaiono nella campagna, sotto il quale tre donne, nei
tradizionali costumi bretoni, sono inginocchiate a pregare.
Fa da sfondo un paesaggio rurale che trasmette un sentimento di
calma e di serenità. La composizione riprende quello della
«Crocefissione» comune a tante immagini medievali, dove però
al posto del Cristo vi è un Crocefisso e al posto della Madonna,
la Maddalena e gli apostoli, vi sono delle contadine moderne.
Il significato è ben chiaro: rivivere nell'esperienza quotidiana il
mistero del sacrificio come dimensione sacra della rinascita
della vita.
Da questa visione proviene anche il colore giallo che domina nel
quadro, assumendo il valore di unione simbolica tra le messi di
grano e il Messia.
Stilisticamente l'opera deve molto al "cloissonisme", ovvero ad
uno stile che, prendendo ispirazione dalle vetrate gotiche, tende
a delimitare le figure con spessi tratti neri, quali le piombature
che circondano le figure delle vetrate, e a campirle con colori
uniformi e saturi.
IA ORANA MARIA, 1891
Il quadro è stato realizzato durante il primo soggiorno di Gauguin a Tahiti. È
anch‟esso un quadro di soggetto religioso, che riprende il tema
dell'Annunciazione ma lo ambienta nel contesto tahitiano. Sulla sinistra, tra i
rami di un arbusto, appare un angelo dalle ali bianche che indica a due donne
tahitiane la Madonna con il Bambino posti a destra in primo piano
Sulla sinistra, sempre in primo piano, Gauguin pone una natura morta di frutta
esotica e la scritta «Ia orana Maria» che in tahitiano significa «Ti saluto,
Maria». Il quadro testimonia, come le analoghe tele di soggetto religioso
realizzate nel periodo bretone, l'interesse suscitato in Gauguin dalle visioni
mistiche. È il suo modo per andare oltre le apparenze del reale e ritrovare una
dimensione spirituale nella vita di tutti i giorni.
Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?, 1897
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La grande tela, realizzata da Gauguin negli ultimi anni della sua attività, costituisce quasi un testamento
spirituale della sua arte.
La sua pittura, pur di grande qualità decorativa, non si limita all‟apparenza delle cose, ma cerca di scavare nel
profondo, soprattutto della dimensione umana, per cercare il confronto con i grandi interrogativi esistenziali
citati dal titolo.
La tela si presenta a sviluppo orizzontale con un percorso di lettura che va destra a sinistra. La vecchia in
fondo a sinistra, già presente in altre composizione di Gauguin, nella sua posizione fetale con le mani accanto
al volto, in realtà non simboleggia solo la vecchiaia ma soprattutto la paura della morte.
Ma straordinaria in questo quadro è soprattutto l‟ambientazione. Il percorso della vita si svolge in un giardino
che sa proprio di Eden. Come dire che, secondo Gauguin, in fondo la vita e la realtà non sono poi male, se non
fosse per l‟angoscia di non sapere con certezza a cosa serve tutto ciò.
Con questo quadro il senso di inquietudine e di instabilità, tipico dell‟artista e uomo Gauguin, ci appare alla
fine come un percorso senza fine, perché volto a traguardi che non sono di questo mondo. E così il suo fuggire
dall‟Occidente verso i paradisi dei mari del Sud, in fondo, altro non è che la metafora, non figurata ma reale,
della ricerca perenne ma inesauribile dell‟approdo ultimo della nostra serenità.
Lungo questa direzione, Gauguin dispone una serie di figure che ripropongono in sostanza le "Allegorie delle
età della vita". Dal neonato nell‟angolo a destra si giunge alla donna scura a sinistra passando attraverso le
varie stagioni della vita.
La donna al centro, che quasi divide il quadro in due, simboleggia il momento dela vita in cui si raccolgono i
frutti, ovvia allegoria del momento della procreazione.
DIVISIONISMO E PUNTINISMO
Negli ultimi anni dell‟800 i giovani artisti cercano vie diverse rispetto all‟impressionismo. Alcuni pittori,
ispirandosi alle nuove teorie del colore, iniziano a dipingere con una nuova tecnica: applicano piccoli punti di
colori puri con accanto i loro complementari. In questo modo è l‟occhio dell‟osservatore a mescolare i colori.
Anche gli impressionisti applicavano i colori con brevi pennellate, ma non avevano mai basato la loro tecnica
su rigorose teorie scientifiche, come i DIVISIONISTI, così chiamati perché “dividono” il colore sulla tela.
Le composizioni sono strutturate con rigore e le figure sono ben delineate, come nei dipinti antichi.
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PUNTINISMO ( FRANCIA)
movimento pittorico che cerca di
rendere l’effetto della luce
attraverso la scomposizione del
colore, Alle scoperte
impressioniste sul colore e sulla
luce viene data una base
scientifica, eliminando
l’improvvisazione. Secondo
Seurat La scienza non è un
limite per l’arte, ma un aiuto che
libera dalle incertezze.
Tra i maggiori esponenti :
George Seurat e Paul Signac
DIVISIONISMO (ITALIA)
Il Divisionismo italiano si
sviluppa indipendentemente dal
gruppo francese, con lieve
ritardo: le prime opere vengono
esposte alla triennale di Milano
nel 1891. La scomposizione del
colore è più libera , meno legata
a regole scientifiche . Oltre a
soggetti naturalistici i
divisionisti trattano temi sociali
Tra i maggiori esponenti :
Pellizza da Volpedo e Giovanni
Segantini
Georges Seurat
Georges Seurat (1859-1891), è il pittore che porta alle estreme conseguenze la tecnica pittorica degli
impressionisti. Il problema di dar maggior luce e brillantezza ai colori posti sulla tela era già stato
impostato da Manet e dagli impressionisti. La loro risposta a questo problema era stato il ricorso a colori
puri, non mescolati, così da evitare al massimo le sintesi sottrattive che smorzavano i colori rendendoli
privi di luminosità. Georges Seurat intese dare una nuova risposta a questo problema. Egli voleva giungere
ai risultati di massima brillantezza utilizzando la mescolanza ottica.
Una domenica pomeriggio all'isola della Grande
Jatte, 1883-85
Sulla tela monumentale è dipinta una scena di vita parigina.
La composizione è strutturata in modo rigoroso con la
donna al centro che divide verticalmente il dipinto.
Le figure sono statiche, immobilizzate ognuna nel proprio
gesto, sono monumentali e fuori del tempo. Seurat non
descrive la realtà, ma ci trasmette la sua immagine del
mondo. Vi è una aria lieve e rilassata che ispira sensazioni
piacevoli. L‟opera vuole essere una critica al formalismo e
alle ipocrisie del tempo.
Pellizza da Volpedo
Il quarto stato
1898/1901 olio su tela
Milano Galleria Civica di Arte Moderna
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La superficie della tela sembra dipinta con i colori tradizionali; in realtà è intessuta con una fittissima trama
di punti di colori puri con i loro complementari.
Il quarto stato è la classe dei lavoratori, che l‟artista raffigura in un lento e solenne avanzare; forti, nobili
come se fossero figure antiche, ben proporzionate, dai movimenti calibrati.
Come Seurat, Pellizza compone le figure in maniera artificiale per comunicare la sua personale
interpretazione della realtà.
Opera simbolo del XX secolo, rappresenta lo sciopero dei lavoratori
Non solo raffigura una scena di vita sociale, lo sciopero, ma costituisce un simbolo: il popolo, in cui trova
spazio paritario anche una donna con il bambino in braccio, sta avanzando verso la luce, lasciandosi un
tramonto alle spalle.
La composizione del dipinto è bilanciata nelle forme e movimentata nelle luci, rendendo perfettamente
l'idea di una massa in movimento.
IL SIMBOLISMO
La pittura simbolista si sviluppa e si diffonde in tutta Europa alla fine dell‟ 800.
Contro le teorie impressioniste, i pittori simbolisti propongono una pittura che esprima il mondo interiore,
le idee, le emozioni, gli stati d‟animo, i sogni, le figure dell‟immaginazione e i luoghi di fa ntasia
La natura deve essere trasformata secondo la visione soggettiva dell‟artista.
L‟arte simbolista si contrappone sia alla corrente realista dell‟Impressionismo che a quella razionale e
scientifica del puntinismo. L‟arte simbolista non è immediata e di facile lettura, ma è comprensibile solo
alla ristretta cerchia di persone colte. I dipinti sono spesso ricchi di riferimenti a temi mitologici, letterari,
biblici, che hanno doppi significati. Non essendo un‟arte che rappresenta la realtà esistente, il simbolismo
richiede un‟acuta capacità di interpretare e di svelare i significati nascosti.
Uno degli artisti più rappresentativi è:
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Eduard Munch
Eduard Munch (1863-1944) è senz‟altro il pittore che più di ogni altro anticipa l‟espressionismo,
soprattutto in ambito tedesco e nord-europeo. Egli nacque in Norvegia e svolse la sua attività soprattutto ad
Oslo. In una città che, in realtà, era estranea ai grandi circuiti artistici che, in quegli anni, gravitavano
soprattutto su Parigi e sulle altre capitali del centro Europa.
Nella pittura di Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo: dall‟angoscia
esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all‟incombere della morte, dalla
incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e militarista.
Del resto tutta la vita di Munch è stata segnata dal dolore e dalle sofferenze sia per le malattie che per
problemi familiari. Iniziò a studiare pittura a diciasette anni, nel 1880. Dopo un soggiorno a Parigi, dove
ebbe modo di conoscere la pittura impressionista, nel 1892 espose a Berlino una cinquantina di suoi dipinti.
Ma la mostra fu duramente stroncata dalla critica. Egli, tuttavia, divenne molto seguito ed apprezzato dai
giovani pittori delle avanguardie. Il sorgere dell‟espressionismo rese sempre più comprensibile la sua
opera. E al pari degli altri pittori espressionisti fu anche egli perseguitato dal regime nazista che dichiarò la
sua opera «arte degenerata». 82 sue opere presenti nei musei tedeschi vennero vendute. Egli morì in piena
guerra, nel 1944, presso Oslo, lasciando tutte le sue opere al municipio della città.
Nell‟opera di Munch sono rintracciabili molti elementi della cultura nordica di quegli anni, soprattutto
letteraria e filosofica: dai drammi di Ibsen e Strindberg, alla filosofia esistenzialista di Kierkegaard e alla
psicanali di Sigmund Freud. Da tutto ciò egli ricava una visione della vita permeata dall‟attesa angosciosa
della morte. Nei suoi quadri vi è sempre un elemento di inquietudine che rimanda all‟incubo. Ma gli
incubi di Munch sono di una persona comune, non di uno spirito esaltato come quello di Van Gogh. E
così, nei quadri di Munch il tormento affonda le sue radici in una dimensione psichica molto più profonda
e per certi versi più angosciante. Una dimensione di pura disperazione che non ha il conforto di nessuna
azione salvifica, neppure il suicidio.
L'urlo, 1885
Questo è senz‟altro il quadro più celebre di Munch ed, in
assoluto, uno dei più famosi dell‟espressionismo nordico. In
esso è condensato tutto il rapporto angoscioso che l‟artista
avverte nei confronti della vita. Lo spunto del quadro lo
troviamo descritto nel suo diario:
Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e
lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare e io
tremavo ancora di paura
e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la
natura.
Lo spunto è quindi decisamente autobiografico. L‟uomo in primo piano che urla è l‟artista stesso. Tuttavia,
il quadro ha una indubbia capacità di trasmettere sensazioni universali. E ciò soprattutto per il suo crudo
stile pittorico.
Il quadro presenta, in primo piano, l‟uomo che urla. Lo taglia in diagonale il parapetto del ponte visto in
fuga verso sinistra. Sulla destra vi è invece un innaturale paesaggio, desolato e poco accogliente. In alto il
cielo è striato di un rosso molto drammatico.
L‟uomo è rappresentato in maniera molto visionaria. Ha un aspetto sinuoso e molle. Più che ad un corpo, fa
pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto da una pelle
mummificata. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la
bocca si apre in uno spasmo innaturale. L‟ovale della bocca è il vero centro compositivo del quadro. Da
esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro: agitano sia il corpo dell‟uomo sia le
onde che definiscono il paesaggio e il cielo.
Restano diritti solo il ponte e le sagome dei due uomini sullo sfondo. Sono sordi ed impassibili all‟urlo che 54
proviene dall‟anima dell‟uomo. Sono gli amici del pittore, incuranti della sua angoscia, a testimonianza
della falsità dei rapporti umani.
L‟urlo di questo quadro è una intensa esplosione di energia psichica. È tutta l‟angoscia che si racchiude in
uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. Ma nel quadro non c‟è alcun elemento
che induca a credere alla liberazione consolatoria. L‟urlo rimane solo un grido sordo che non può essere
avvertito dagli altri ma rappresenta tutto il dolore che vorrebbe uscire da noi, senza mai riuscirci.
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