IL PROFUMO Premessa L'olfatto è il più "dionisiaco" dei sensi, quello che più di tutti denuncia la nostra animalità nativa. Sono proprio gli odori a far scattare negli animali un'improvvisa ed irresistibile attrazione sessuale, quell'"estro" che li fa impazzire, magistralmente descritto da Lucrezio nel suo "Inno a Venere" (De rerum natura I 1-40); e scoprire che l'essere umano, in circostanze analoghe, non è poi tanto diverso, è alquanto imbarazzante per il Re del Creato. Non c'è dubbio, infatti, che nei fenomeni di attrazione reciproca l'olfatto giochi un ruolo fondamentale, rivelandosi uno dei principali mezzi di seduzione, tanto più subdolo quanto meno comprensibile. Così esso ha finito per essere relegato da quasi tutti i filosofi in una posizione di subordine rispetto ad altri sensi più "nobili", come se si trattasse di un residuo di animalità in qualche modo da superare. Al contrario, i personaggi più sensibili al fascino dell'irrazionale - alchimisti, scrittori e poeti - sono sempre stati profondamente attratti dal mondo degli odori e dei profumi. Ben Whishaw nei panni di Jean-Baptiste Grenouille Forse però nessuno ha saputo esprimere in forma artistica l'ossessione per la "cattura" dell'essenza sublime meglio di Patrick Süskind, autore del romanzo Il profumo, da cui è stato tratto il celebre film del 2006. Protagonista della vicenda è Jean-Baptiste Grenouille, un orfano che vive in condizioni miserabili nella Parigi del XVIII secolo, dotato di un olfatto sovrumano, ma completamente privo di un proprio odore e (non a caso, si direbbe) incapace di provare qualunque sentimento. Divenuto un esperto profumiere, nel tentativo, riuscito, di creare l'essenza perfetta della seduzione erotica, si trasformerà in un singolarissimo serial killer olfattivo ed ucciderà ventiquattro ragazze, concludendo la vita con il più spettacolare e surreale dei suicidi. E' interessante notare, a proposito di "dionisiaco", come il regista Tom Tykwer abbia volutamente distorto la conclusione del libro per dedicare gli ultimi quattro minuti del film alle Baccanti di Euripide, facendo letteralmente divorare il suo protagonista in piazza dopo un'orgia e una danza generale, con un aperto riferimento allo sparagmòs e all'omofaghìa (squartamento e cannibalismo): sono questi infatti i "segreti" del rituale bacchico ai quali alludono chiaramente la fine di Pènteo, protagonista della tragedia, e l'epodo finale della pàrodos, in cui compare la misteriosa figura del bacchèus, l'officiantevittima. Il libro è subito diventato un bestseller e ha fatto molto scalpore, tanto da ispirare perfino due gruppi rock: a questa storia infatti sono dedicate Scentless Apprentice ("Apprendista senza profumo") dei Nirvana e Du riechst so gut ("Sai di buono") dei Rammstein. La riscoperta degli odori tipica della nostra epoca, connessa all'ampia diffusione di oggetti profumati e di pratiche legate al mondo degli aromi, non ha contribuito a diffondere la consapevolezza dell'importanza dell'olfatto per la nostra specie; anzi: l'innaturalezza della vita moderna, contrassegnata dalla cura maniacale del corpo e dalla proliferazione massiccia di sostanze chimiche presenti nei cibi, nelle bevande e nel nostro ambiente, non ha fatto che indebolire la nostra sensibilità olfattiva. Condizionati quindi da quella mentalità visivo-acustica che da duemilacinquecento anni ha determinato il nostro modo di sentire e di pensare, abbiamo relegato l'olfatto tra i sensi "minori" e ne abbiamo dimenticato l'attitudine intellettiva e la fondamentale importanza per la vita. Solo per fare un esempio, l'atto del concepimento è frutto di una seduzione di tipo chimico che potremmo definire olfattiva: un team di scienziati israeliani e americani ha scoperto che l'arma impiegata dall'ovulo maturo per condurre verso di sé gli spermatozoi è una molecola odorosa dispersa nell'organo sessuale femminile, un "profumo di vita" che sedurrà uno spermatozoo e uno solo. I filosofi e il naso Un naso impegnato ad annusare porta il marchio dell'animalità e per questo è guardato con sospetto e con diffidenza dalla maggior parte dei filosofi. Platone, pur assolvendo l'olfatto a determinate condizioni, finisce per accostarlo alla lussuria e ai piaceri frivoli (Repubblica 373a e 573a). Aristotele definisce l’olfatto il più mediocre di tutti i sensi. Indifferente al problema è Epicuro, per il quale tutti i sensi si equivalgono e forniscono sempre indicazioni vere (è il Lògos che sbaglia nel giudicarle), mentre al contrario gli Stoici non attribuiscono in generale grande importanza ai sensi, dato che la vera conoscenza si ottiene attraverso il Lògos. Kant, il più anosmico dei filosofi, lo definisce il senso "più ingrato e apparentemente meno necessario" (1798: 575). L’olfatto, inteso come senso del desiderio legato al consumo, viene escluso dall’estetica di Hegel in modo ancora più esplicito che in Kant. La svalutazione dell’olfatto di Kant ed Hegel fa parte, secondo Feuerbach, di un idealismo di cui la filosofia hegeliana costituisce l'apogeo. Rompendo con il sistema idealistico del suo maestro, Feuerbach constata che a questa filosofia manca "un naso": con questa affermazione il filosofo sottrae l’olfatto dalla sua degradante animalità e gli restituisce l’autonomia che gli veniva negata. Ancora più radicale è la rivalutazione dell'odorato compiuta da Nietzsche, il più olfattivo dei filosofi, che non esitò ad affermare «il mio genio è nel mio naso». Friedrich Nietzsche Nietzsche rivendica, per l’odorato in particolare e per l’uomo in generale, l’animalità di cui si vuole privarlo. Da animale più forte, perché più astuto, l’uomo si è trasformato in anima perfetta, racchiusa però in un cadavere di corpo. Questo a causa della privazione delle sue forze istintuali, che hanno portato l’umanità a soffrire di se stessa e della propria esistenza. Il cristianesimo ha contribuito in maniera significativa alla manifestazione della patologia dell’istinto. Nietzsche muove guerra anche ai filosofi che disprezzano il corpo, tra i quali Schopenhauer è il bersaglio principale: quest’ultimo nega all’olfatto qualunque facoltà intellettuale e lo colloca, insieme al gusto, tra i sensi inferiori in quanto soggettivi. L’odorato, inoltre, viene da lui inteso come servo del desiderio e fonte di sofferenza di cui bisogna liberarsi tramite la negazione della volontà di vivere (la noluntas) e la conversione all’ascetismo e alla castità. Di questa filosofia cupa che emette "odore di cerimoniere funebre", che si ritorce conto la vita, Nietzsche decide di essere l’esatto contrario, proponendo una vera e propria apologia dell’olfatto. Il filosofo infatti, al di là della sua funzione primaria, affida all’olfatto una funzione di "sesto senso": il senso della conoscenza intuitiva. Darwin e Freud, dal canto loro, affermano che l'atrofia del naso umano sarebbe il prezzo da pagare per l'evoluzione della specie, soprattutto a causa della repressione culturale. È evidente, infatti, che nella cultura occidentale non c'è spazio per l'educazione olfattiva. Helen Keller, la cieco-sorda che aveva sviluppato un olfatto straordinario, alla quale è dedicato il bellissimo film Anna dei Miracoli, lo ha drammaticamente denominato «l'angelo decaduto». Gli artisti e il naso Gli odori hanno l'impareggiabile potere di materializzare i nostri ricordi più intimi, di accendere l'interruttore della memoria, di renderci presenti eventi lontani nel tempo, riportandoci improvvisamente all'infanzia o a un episodio della nostra vita passata. Niente è più memorabile di un profumo, capace di resistere al logorio del tempo come nessun altro dato sensoriale. Questo fenomeno è noto come "sindrome di Proust", da una famosa pagina del primo libro della Recherche, in cui lo scrittore evoca un episodio della sua infanzia legato al sapore e all'odore di un pezzetto di madeleine che la zia Léonie gli offriva dopo averla inzuppata nella sua stessa tazza di tè o di tisana. Anche la ricerca scientifica attesta l'assoluta singolarità cognitiva della memoria olfattiva: laddove il passare del tempo affievolisce gli stimoli visivi e verbali, non sembra incidere sugli stimoli olfattivi, nonostante essi vengano immagazzinati per lo più in modo accidentale e involontario. Fotomontaggio di Proust con la madeleine di zia Léonie La memoria olfattiva si sottrae però al potere della parola: così, tutte le volte che, riconosciuto con certezza un odore, cerchiamo di identificarlo riconducendolo a una classe e designandolo con un nome, le parole ci abbandonano. Un'altra specificità del naso, definito non a caso il «senso muto, l'unico privo di parole» (Ackerman). Così, per sopperire alla mancanza di un vocabolario specifico, la lingua attinge alle sue risorse più creative: metafore, metonimie, perifrasi, analogie, che rinviano in maniera incerta e approssimativa ad altre esperienze sensoriali, creando involontarie sinestesie: di qui la sua straordinaria importanza per la creazione poetica. Forse proprio la creatività linguistica alla quale costringe l'olfatto, oltre alla sua capacità evocativa, ha fatto degli odori e dei profumi una delle principali fonti d'ispirazione dei poeti e degli scrittori di tutti i tempi: solo per fare qualche esempio, attentissima alle sensazioni olfattive è Saffo, che spesso cita il profumo dei fiori e possiede un "unguento regale" dall'effluvio divino; in una felicissima intuizione artistica, Ippolito ormai cieco e morente riconosce dal profumo l'amata dea Artemide nel finale dell'Ippolito coronato di Euripide; l'oratore Iperide ricorda un certo Atenògene che aveva ereditato dal nonno il commercio dei profumi e possedeva addirittura tre profumerie nell’agorà di Atene; il peripatetico Teofrasto dedica un intero trattato, noto latinamente come De odoribus, al mondo dei profumi; fragrante e denso di seduzione erotica è il reggiseno che indossa la giovanissima Medea delle Argonautiche di Apollonio Rodio quando si reca al primo incontro con Giàsone; Catullo nel carme 13 promette all'amico Fabullo di compensare la magra cena con un profumo paradisiaco che lo farà diventare totum nasum; il Trimalcione del Satyricon di Petronio fa abbondante uso di profumi; Apuleio nel De magia si vanta di usare un dentifricio per avere la bocca sempre profumata e mostra un assoluto disprezzo per coloro che non si curano di avere un alito fetido, mentre nelle sue Metamorfosi il profumo gioca un ruolo negativo in almeno due circostanze: quando Lucio, nel tentativo di trasformarsi in uccello come la maga Pànfile, si cosparge il corpo di un unguento profumato che però lo trasformerà in asino, e quando Psiche cade in catalessi per avere respirato il profumo mortale dell'unguento di Prosèrpina. Nella successiva civiltà cristiana, ovviamente, il profumo è visto con sospetto, a meno che non si tratti di aromi sacri destinati a Dio, come l'incenso; tuttavia è proprio alla metafora del profumo che ricorre spesso Sant'Agostino nelle Confessioni quando vuole indicare il suo rapporto intimo con Dio, che egli "sente" con l'immediatezza con cui si percepisce un odore, non senza accenti erotici (fragrasti, et duxi spiritum et anhelo tibi: "hai esalato il tuo profumo, e io l'ho respirato, e anelo a te", Confessiones X 38). Se, come si diceva, in ogni epoca gli scrittori hanno tributato al mondo olfattivo un particolare interesse, è tuttavia soprattutto il Decadentismo ad essere affascinato da questo tema, proprio perché sedotto dall'irrazionale: solo per citare gli esempi più noti, Baudelaire descrive la capacità degli odori di interagire con la psiche umana nelle terzine finali del celebre sonetto Correspondances; letteralmente ossessionato dagli odori è il protagonista del "testo sacro" del Decadentismo, À rebours di Joris Karl Huysmans, quel Des Esseintes che ad un certo punto della sua devastante esperienza sensoriale sarà affetto da allucinazioni olfattive che lo porteranno quasi sull'orlo della pazzia; Rimbaud lavora alla creazione del poeta "veggente" attraverso "la sregolatezza di tutti i sensi" e la creazione di una lingua "dell'anima per l'anima", che riassumerà tutto, "profumi, suoni, colori, pensiero", in una ininterrotta sinestesia; D'Annunzio era un vero maniaco dei profumi, che creava anche personalmente. Gli artisti del naso Pur essendo classificati come una specie microsmatica, cioè poco olfattiva, noi umani siamo gli unici animali capaci di comporre gli odori per creare un profumo, di apprezzarne le qualità estetiche, capaci di descrivere a parole gli aromi di un vino o di una pietanza. Se la nostra sensibilità olfattiva è all'incirca duecento volte inferiore a quella di un cane, la straordinaria duttilità dell'odorato agli apprendimenti e alle influenze dell'ambiente fa tuttavia sì che esso si possa sviluppare con l'esercizio a qualunque età. Una chiara evidenza di questo ci viene da una professione poco conosciuta e riservata a un'élite, i cosiddetti "nasi", ovvero i nasi per antonomasia: i creatori di profumi. Ancora una scena del film Profumo del 2006 Simbolo del lusso per eccellenza, il profumo, con i suoi ingredienti preziosi e la sua complessità strutturale, è da sempre espressione della volontà umana di distinguersi ed è quindi una forma di comunicazione: indossarlo significa comunicare la propria presenza, un po' come fanno gli animali, e per farlo bisogna scegliere un profumo che rappresenti la nostra personalità. Al pari degli enologi e dei sommeliers, i profumieri devono aver sviluppato una particolarissima competenza olfattiva, cioè un'expertise, frutto di una lunga formazione personale e professionale, che prevede l'acquisizione di altissime abilità tecniche e scientifiche, nonché di una certa competenza artistica, trattandosi di un mestiere in cui scienza e arte si fondono perfettamente; e poi, ancora, viaggi per il mondo a caccia di odori sconosciuti, di idee nuove, di suggestioni olfattive e anche di ingredienti naturali. Questi «esteti dell'olfatto», compositori di odori come i musicisti lo sono dei suoni, i cuochi dei sapori e i pittori dei colori, capaci di evocare un odore anche in sua assenza, capaci cioè di annusare con l'immaginazione, si creano prima un'immagine nella mente per giungere, dopo innumerevoli approssimazioni, alla formula conclusiva e finalmente alla sua realizzazione pratica, con l'intento di trovare l'armonia o l'equilibrio tra le diverse note e i vari accordi attorno a un tema, proprio come accade a un musicista. L'odorato inoltre è il senso principale della degustazione: il senso del gusto, in sé, è davvero elementare, in quanto limitato a quattro sensazioni fondamentali: dolce, amaro, acido e salato. E' proprio l'olfatto che ci permette di assaporare gli alimenti e le bevande come il vino, un privilegio esclusivo degli esseri umani, le uniche creature capaci di cuocere i cibi e di gustarli, laddove gli altri animali si limitano a sfamarsi e a dissetarsi. Ce ne accorgiamo quando siamo raffreddati e perdiamo il piacere di assaporare gli alimenti, nonostante la lingua conservi il suo stato normale; e d'altronde, se proviamo a mangiare tappandoci il naso, non sentiremo alcun sapore, se non in modo imperfetto. Di recente (2007) è stato realizzato su questo tema un delizioso film di animazione della Pixar, Ratatouille, una vera e propria celebrazione del ruolo che l'olfatto ha nell'esaltare il gusto: non per niente ha per protagonista un ratto dal fiuto infallibile, Rémy, che coltiva l'utopistica ambizione di diventare chef nel ristorante più prestigioso di Parigi, e vi riuscirà per interposta persona. Rémy si concentra intensamente sul mix di profumo di due cibi L'esistenza di questi “artisti dell’olfatto”, quindi, testimonia che il fenomeno della percezione olfattiva va ben oltre la dimensione emotiva e risulta particolarmente interessante per esplorare il nesso tra l'emozione e la cognizione.