Questione islam -1 / A pochi giorni dagli arresti nella vicina Cremona con l’accusa di terrorismo
Il dialogo prima di tutto
Don Bavagnoli: la cultura islamica non ha conosciuto l’illuminismo con la distinzione tra religione
e Stato
(d.m.) - Torna alla ribalta della cronaca la situazione del centro islamico di via Massarotti a
Cremona. Anche l’attuale imam, come del resto i precedenti, è stato arrestato con l’accusa di
terrorismo. Nel centro, secondo gli inquirenti, si stavano progettando attentati al Duomo di
Cremona e alla metropolitana di Milano.
Lo scalpore è ancora più grande se si considera che uno degli arrestati, Khalid Khamlich, 38 anni,
marocchino, a lungo calciatore dilettante e oggi responsabile amministrativo del centro, ha più volte
invitato i cremonesi all’accoglienza verso gli immigrati. E ha anche pregato in un incontro pubblico
per la pace insieme al vescovo Dante Lafranconi.
Il primo pensiero è che Cremona è molto vicina a Piacenza. E se nella città oltre il Po la presenza
degli immigrati non raggiunge quota 2mila, a Piacenza città si va molto più su: 5.600. In tutta la
provincia si sfiora quota 15mila.
Difficile calcolare la presenza degli islamici, ma la media nazionale li fa attestare sul 40% degli
stranieri presenti.
Prima di creare inutili allarmismi, è importante conoscere la realtà islamica. L’argomento è stato dal
nostro settimanale già affrontato in passato. Ora lo affrontiamo in questo “Primo piano” attraverso
le parole di un teologo, don Gigi Bavagnoli, parroco al Preziosissimo Sangue in città e docente di
teologia all’Università Cattolica, e di Yusuf Pisano, islamico italiano, residente a Piacenza e
responsabile per l’Emilia Romagna della Comunità Religiosa Islamica Italiana, una delle
associazioni che nel nostro Paese raggruppano i fedeli di Maometto.
— Don Bavagnoli, i musulmani vedono Gesù come un profeta. L’islam e il cristianesimo hanno
quindi punti di contatto... Così vicini e così lontani: in che cosa l’esperienza cristiana si differenzia
dall’Islam?
È molto difficile poter descrivere una religione in un discorso: qualunque presentazione, per quanto
accurata, non è in grado di restituire quel concentrato di sentimenti-atteggiamenti-riti-parole-regole
che costituiscono l’essenza vitale di una religione. Se poi si tiene conto del fatto che l’Islam
presenta molti volti, e che non è facile distinguere l’aspetto più propriamente religioso da quello
storico e politico, diventa ancora più difficile tentare una presentazione sintetica di quella religione.
Mi atterrò alla dimensione “spirituale” dell’Islam, cercando di far vedere come essa poi si traduca in
atti concreti e in pratica sociale e politica.
“Islam” significa sottomissione: sottomissione al Dio misterioso e onnipotente, Allah, che è il
Signore di tutto e ha in mano il destino di tutti gli uomini. A questo Dio si deve obbedienza, che
consiste fondamentalmente nell’esecuzione di alcuni precetti decisivi, i famosi cinque pilastri
dell’Islam.
Essi sono: la professione nell’unico Dio Allah e nel suo profeta Maometto, la preghiera (cinque
volte al giorno, da recitare possibilmente rivolti verso la Mecca), il digiuno del Ramadan (che dura
un mese lunare e ricorda il tempo della Rivelazione del Corano), la carità ai poveri, il pellegrinaggio
annuale alla Mecca una volta nella vita, cui sono tenuti tutti coloro che se lo possono permettere.
Possiamo dire che la fede islamica si concentra in questi gesti, nel senso che tutto quello che è
richiesto al fedele è di eseguire con diligenza e scrupolo quello che il Corano prescrive.
Di fatto questo legame molto stretto tra fede e azione, per cui c’è fede solo nel gesto è
estremamente significativo: il problema dell’atteggiamento del cuore, dell’interiorità, della
spiritualità personale è lasciato alla buona volontà del singolo credente, se non in alcune linee
spirituali che sono emerse nell’Islam in vari momenti storici e in varie situazioni geografiche,
mentre tutti convengono nell’adempimento esteriore della legge coranica.
La religione cristiana è religione del cuore, dell’interiorità, della libertà. Ma credo che la differenza
sostanziale stia nella concezione della Rivelazione: mentre per l’Islam la Rivelazione di Dio è la
parola contenuta del Corano che Maometto ha fedelmente riportato sotto dettatura, per la fede
cristiana la Rivelazione di Dio è Gesù. E’ Lui la Parola che si fa carne, Egli non è solo un profeta,
uno che parla a nome di Dio, ma egli vive e testimonia e rappresenta al vivo la verità di Dio, con la
sua vita e la sua morte.
— A fare problema nel dialogo con l’Islam sono in primo luogo i problemi pratici: la concezione
della famiglia dove la donna è subordinata all’uomo e sottoposta a pressioni anche fisiche non
piccole, una visione politica che coincide con la religione... Qual è l’origine di questi elementi?
La rilevanza dell’azione e della prassi conforme al dettato di Maometto ha sempre costituito un
forte legame tra religione e struttura sociale, compresa l’organizzazione della vita politica, in un
rapporto così stretto che a noi, abituati a vivere in una società secolarizzata, sembra del tutto
superato.
La cultura islamica non ha conosciuto l’illuminismo e tutto il movimento storico che ha portato in
Occidente ad una distinzione tra religione e stato, e per di più si è prodotta a partire da una
concezione religiosa in cui la legge è unica, in cui non c’è vera distinzione tra legge religiosa e
legge civile.
In particolare la condizione della donna secondo i nostri parametri attuali è decisamente superata:
credo che quando le donne musulmane avranno la forza di prendere posizione anche l’Islam
cambierà. E non è solo questione di velo.
— Quando si sottopongono ai musulmani i passi del Corano molto duri contro la donna o contro i
cristiani, in genere ci si sente rispondere che occorrerebbe parlarne con un sapiente. E’ lui che sa
interpretarli veramente. Cosa ne pensi?
Un grave problema per questa religione, che ha conosciuto nell’ultimo secolo un enorme sviluppo
soprattutto in Africa e Asia, è quello di non avere un’autorità spirituale e morale riconosciuta, che
possa fare da interprete autentica del testo sacro nei mutati contesti storici: ci sono tante scuole di
pensiero, tanti movimenti.
Purtroppo stanno fiorendo anche movimenti integralistici, che interpretano i concetti basi
dell’Islam, quale quello di “guerra santa”, in senso assolutamente letterale, mentre le linee
spiritualistiche intendono questa guerra come una lotta interiore per custodire la purezza della fede,
e in particolare di scontro con la cultura occidentale. Certamente questa non è la posizione di tutto il
mondo musulmano, ma alcune cause esterne - ad esempio il problema di Israele e dello Stato
palestinese - favoriscono l’affermarsi di tali derive fanatiche, in particolare presso gli strati più
poveri e socialmente arretrati della popolazione.
— Questione moschee in Italia: varrebbe la pena di dire sì quando anche nei Paesi islamici ci sarà
piena libertà per le altre religioni. Quali problemi vedi in campo? Tu sei anche parroco. Che
impressioni ricavi tra la gente di queste questioni?
Davanti a questo fenomeno così complesso, credo che il ruolo dell’Occidente, e del mondo
cristiano, sia quelli di favorire il dialogo, e l’affermazione delle correnti più spirituali e aperte
dell’Islam: questo significa anche esibire quella giusta tolleranza verso la necessità delle comunità
musulmane di ritrovarsi per celebrare il culto, ovviamente impedendo l’insorgenza di concomitanti
fenomeni di violenza e di ostilità. Credo che questo sia un grande segno di accoglienza e che aiuti
anche i musulmani a sentirsi ospiti non indesiderati, per avviare un cammino di integrazione che
sarà lungo e faticoso, ma a mio avviso inevitabile.
Per quanto riguarda la gente, credo che viviamo tutti con un po’ di paura questo fenomeno
dell’immigrazione, anche perché sui media prevale la presentazione degli aspetti problematici,
legati alla delinquenza o al terrorismo di facciata religiosa, su altri aspetti più positivi. Ma con la
paura non si fanno passi avanti per l’integrazione e l’accoglienza di queste persone.
Credo che questo sia un problema più della società civile che della comunità cristiana, anche se un
lavoro di educazione e di corretta informazione potrebbe aiutare la gente ad andare al di là del
luoghi comuni.