Misteri antichi e moderni
il sorriso
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di Ade Capone
ulier ingenua, così il marito la definiva. Una donna semplice, nata a
Firenze nel 1479. Il suo nome era
Lisa Gherardini, da tutti conosciuta come Monna Lisa. A rendere
immortale la sua immagine è stato
un piccolo ritratto a olio su legno
di pioppo, dipinto da Leonardo da
Vinci agli inizi del Cinquecento.
Monna Lisa visse nella zona di Ponte Vecchio, il cuore della città. Aveva solo 16 anni quando la famiglia la
diede in sposa a Francesco del Giocondo.
E proprio per via del cognome del marito venne
chiamata la Gioconda.
Oggi il dipinto è conservato al Museo del Louvre, a
Parigi, dove i visitatori possono osservarlo solo da una
certa distanza per evitare tentativi di furto o vandalismi.
Fotografie e riprese video sono proibite.
Ma perché, tra tutti i capolavori di Leonardo e di altri maestri della pittura, proprio la Gioconda è diventato il quadro più famoso, più falsificato, più paro-
è il volto femminile più famoso della storia
dell’arte. Ma non è quello di una regina, o
di una santa: è il viso di una donna come
tante, moglie di un commerciante di tessuti
e madre di cinque figli. Una donna passata
alla storia grazie a un quadro...
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diato? Per via del suo mistero. O meglio, dei suoi misteri.
Racchiusi non soltanto nel suo enigmatico sorriso, ma
nell’origine stessa dell’opera.
«Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il
ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il
re Francesco di Francia in Fontanableau».
Sono parole del Vasari, un grande pittore rinascimentale che scrisse anche due libri sulle vite degli artisti
fiorentini. In base a questa importante testimonianza, la
Gioconda sarebbe proprio Lisa Gherardini, e Leonardo vi avrebbe lavorato per ben quattro anni, ritoccandola
più volte in una continua ricerca di
perfezione, tipica del geniale artista.
Da analisi ai raggi X, infatti, è emerso che sotto l’immagine della Gioconda ce ne sono altre due, simili ma non
identiche.
Ma ci sono anche altre teorie sull’identità della Gioconda, teorie collegate allo sfondo del dipinto. L’ipotesi più probabile è che si tratti del ponte di Buriano, in
provincia di Arezzo, dove il torrente Chiana si getta
nell’Arno. C’è chi, invece, afferma si tratti del Ponte
Gobbo sul Trebbia, a Bobbio, in provincia di Piacenza,
chiamato anche “Ponte del diavolo”. Altri che si tratti di
uno scorcio del lago d’Iseo e del paesaggio prealpino. E
a seconda dell’ipotesi sullo sfondo, cambia anche quella
sull’identità della modella. Era forse la nobildonna Giovanna Sforza, figlia di Ludovico il Moro, protettore di
Leonardo durante la sua permanenza a Milano?
Ipotesi, appunto. A volte fantasiose, a volte accompagnate da prove ben precise.
Leonardo amava confondere con enigmi, messaggi
in codice, trucchi. In un certo senso era un grande illusionista dell’arte. A confermarlo, gli studi compiuti dal
Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni storici, culturali e ambientali, lo stesso che ha ricostruito
il vero volto di Dante (vedi Mistero
magazine n.1) e ritrovato i resti del
Caravaggio a Porto Ercole (vedi Mistero magazine n. 2).
Veri e propri “C.S.I.” dell’arte e
della storia, i membri del Comitato, capeggiati dal professor Silvano
Vinceti. è stato lui a scoprire che gli
occhi della Gioconda nascondono dei misteriosi simboli,
due lettere molto piccole, celati in ciascuna delle pupille di Lisa. E un terzo simbolo, forse due lettere, forse
due numeri, sarebbe nascosto anche in un altro punto
del quadro, sotto la prima arcata a destra del ponte che
fa da sfondo al ritratto. L'ingrandimento dell'immagine, spiega Silvano Vinceti, rivela la presenza nell'occhio
destro della donna (il sinistro per chi guarda il quadro)
«di un monogramma che sembra essere LV, forse proprio le iniziali di Leonardo». Ancora più difficili da ☛
Gli occhi della Gioconda, in realtà,
nascondono due misteriosi simboli,
due minuscole lettere celate negli
occhi della donna fiorentina...
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Misteri antichi e moderni
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risolvere un mistero
decifrare i caratteri riconoscibili all'interno dell'occhio sinistro: secondo Vinceti, potrebbe trattarsi di
CE o di una B. I segni nascosti sotto l'arcata del ponte
sembrano invece due numeri, 7 e 2, che potrebbero però
essere anche essere rovesciati: in questo caso si tratterebbe di una L e di un 2.
«La scoperta è stata dovuta», dice Vinceti (ben
noto agli spettatori di Mistero) «al contributo
casuale di un bidello pugliese, Luigi Borgia, che
aveva ingrandito una riproduzione del quadro
per ricavarne un poster, notando così i misteriosi
simboli. Abbiamo fatto esami dettagliati e chiesto
la consulenza di pittori esperti; tutti hanno confermato che questi segni non possono essere stati fatti per
caso o per errore, sono stati inseriti volutamente dal
pittore».
Nessuno dei tanti esperti di Leonardo si era mai
accorto della presenza di simboli nello sguardo
enigmatico della Gioconda:
«Dopo la scoperta abbiamo sottoposto a esame anche la Dama con l'Ermellino», prosegue
Vinceti. «E nei suoi occhi non abbiamo trovato
nulla. Però dobbiamo tener conto del fatto che
la Gioconda è un quadro leonardiamo molto particolare, iniziato intorno al 1490 e finito
molti anni dopo. Il grande artista lo portò a lungo con sè, durante i suoi spostamenti da una città
all’altra, e sicuramente gli attribuiva un valore particolare, non era un semplice ritratto, aveva un significato
filosofico; con quest'opera Leonardo voleva lasciare una testimonianza che andasse oltre la pittura.
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Leonardo da Vinci avrebbe
iniziato il quadro dipingendo
Lisa Gherardini a Milano, ma
lo avrebbe concluso pensando
al suo amante, il Salai
Leonardo avrebbe volutamente
dipinto un "sorriso enigmatico",
quasi come se avesse cercato
di sviare gli studiosi e i posteri
lasciando domande insolute
Monna Lisa è un testamento filosofico,
esoterico, religioso e teologico. Nella
tradizione cabalistica 72 lettere compongono il nome di Dio e il 7 è la creazione del mondo. Ma 7 e 2 rimandano
anche all'Apocalisse di Giovanni nel Nuovo Testamento.
Il 2 è il dualismo, l'opposizione, ma anche l'armonia dei
principi maschile e femminile». Vinceti, infatti, vede
nella Gioconda una creatura maschile e femminile al
tempo stesso: la L rimanderebbe al pittore stesso, ma anche a Lisa Gherardini, mentre la S rimanderebbe al Salai, soprannome di Gian Giancomo Caprotti, amante di
Leonardo, un ragazzo «di una passionalità sprigionante» che iniziò a frequentare la bottega del Maestro proprio nel 1490. Il Comitato ha trovato somiglianze con
il Salai nell’Angelo Incarnato, nel San Giovanni Battista, nella Monna Nuda e nella Gioconda. La Gioconda
sarebbe dunque un androgino, metà
uomo, metà donna perché Leonardo
avrebbe iniziato il quadro pensando a
Lisa Gherardini, ma lo avrebbe concluso pensando al suo amante, il Salai.
Vinceti, non a caso, anticipa la datazione del quadro al
periodo di Leonardo a Milano, tra il 1482 e il 1499. Il sorriso enigmatico della Gioconda sarebbe, a questo punto,
un’espressione ambigua e provocatoria.
Come vedete, più si scava nelle opere di Leonardo,
più si trovano elementi nascosti che rimandano ad altri misteri. Un po’ come navigare in un sito Internet e
scoprire dei link che ti portano da tutt’altra parte. Non
sappiamo se la ricerca sui capolavori del grande artista
avrà mai fine, ma in fondo anche in questo risiede il loro
fascino. Simboleggiato da un enigmatico sorriso...
Ade Capone
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