E] Bruno Ferrero, L`albero generoso, in Il canto del Grillo, LDC

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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
1
Dalla
PAROLA
di Dio
al DIO
della
Parola
02 Novembre
MMIX
Sussidio a cura di TONINO FALCONE sdB [Dimensione teologico-biblica]
e di JESUS MANUEL GARCIA sdB [Dimensione teologico-spirituale].
COMMEMORAZIONE
DEI FEDELI DEFUNTI
[CICLO B]
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI [B]
“Dalla PAROLA di DIO al DIO della PAROLA!”
1
11]] E
Evvaannggeelloo11:: G
Giioovvaannnnii 66,,3377--4400
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo
caccerò fuori, perché sono disceso dal Cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha
mandato. E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato,
ma che lo resusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in
Lui abbia la vita eterna; e io lo resusciterò nell’ultimo giorno».
22]] E
Esseeggeessii ee T
Teeoollooggiiaa222
 La lettura evangelica si trova nel capitolo VI dell’Evangelo di Giovanni. Tale capitolo appare come un
dramma in quattro atti. Il primo atto è costituito dalla narrazione della moltiplicazione dei pani e dei
pesci [Gv 6,1-15]; il secondo dalla venuta di Gesù sulle acque del lago verso i suoi discepoli [Gv 6,1621]; il terzo è il discorso di rivelazione [Gv 6,22-59]; il quarto, attraverso la ripresa del parlare di Gesù,
presenta l’effetto del suo precedente discorso sugli ascoltatori [Gv 6,60-71]. Ciascuna di queste parti
può a sua volta venire suddivisa. L’articolazione del grande discorso Gv 6,22-58 che occupa il posto
Prendiamo le Letture dal Lezionario del Messale Romano [LEV, 2007], preparato secondo l’editio typica altera
dell’Ordo lectionum Missae, utilizzando la versione della Santa Bibbia curata dalla Conferenza Episcopale Italiana
[CEI], approvata secondo le delibere dell’Episcopato. L’edizione 2007 del Lezionario del Messale Romano deve essere
considerata “tipica” per la lingua italiana, ufficiale per l’uso liturgico. Il Lezionario si potrà adoperare a partire dal 2
dicembre 2007, Prima Domenica di Avvento; diventerà obbligatorio dal 28 novembre 2010.
1
2
Si avvisa il lettore che nel commentare “liturgicamente” la Santa Scrittura ci si attiene all’ormai pluridecennale
proposta del compianto amico e collega prof. TOMMASO FEDERICI pubblicata nei suoi numerosi scritti [a cui si rinvia in
nota e in bibliografia] e da noi rilanciata con le diverse pubblicazioni sullo studio del suo metodo “unico” di lavoro. Per
i dettagli cfr. ANTONIO FALCONE, Tommaso Luigi Federici [in memoriam], in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 576583.801-806; La lettura liturgica della Bibbia: il Lezionario, in Rivista Liturgica 89 [4-5 2002], 747-756; La Bibbia
diventa Lezionario, in Atti della Settimana Biblica Diocesana [21-23 febbraio 2002], Piedimonte Matese 2002, 1-16;
Profilo biografico e bibliografia di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 17-55; Il metodo della “Lettura
Omega” negli scritti biblici, patristici, liturgici e teologici di Tommaso Federici, in Itinerarium 11 [2003], 71-95; La
comunità religiosa oggi, “scuola di preghiera”, in A. STRUS - R. VICENT [a cura di], Parola di Dio e comunità
religiosa, ABS-LDC, Torino 2003, 87-97; The religious community today “a school of prayer”, in M. THEKKEKARA
[edited by], The word of God and the religious community, ABS, Bangalore 2006, 117-134; “Annuncia la Parola ...” [2
Tim 4,2], in R. VICENT - C. PASTORE [a cura di], Passione apostolica. Da mihi animas, ABS-LDC, Torino 2008, 161172; Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte I], in Parola e Storia 3 [2008], 67101; Il discorso della montagna. Lettura analitica e retorica di Mt 5,13-16 [Parte II], in Parola e Storia 4 [2008], 241288. È utile avere sotto mano anche TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al
lezionario domenicale cicli A,B,C, Quaderni di “Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001;
“Resuscitò Cristo!”. Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Quaderni di “Oriente cristiano” 8,
Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 1996; Cristo Signore Risorto amato e celebrato. La scuola di preghiera
cuore della Chiesa locale, Dehoniane, Bologna 2005; Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per
una lettura teologica del Lezionario, Ciclo C, Dehoniane, Roma 1988, III, 828; Per conoscere Lui e la potenza della
Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Dehoniane, Napoli 1987, I, 444; Per conoscere Lui e la
potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo B, Dehoniane, Napoli 1987, II, 587;
Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario, Ciclo A, Dehoniane,
Roma 1989, IV, 1232.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
centrale nel capitolo si svolge in sette sezioni; la prima introduce l’intero discorso [Gv 6,22-25]; la seconda
esprime l’esigenza da parte di Gesù di una comprensione più profonda dell’evento della
moltiplicazione dei pani e dei pesci e manifesta la richiesta da parte dei Giudei di un “segno” [Gv
6,26-30]; la terza è la rivelazione sul Pane del Cielo, con citazione della Scrittura e la interpretazione
da parte di Gesù [Gv 6,31-35]; la quarta espone la necessità della fede nella rivelazione [Gv 6,36-40]; la
quinta descrive il mormorare dei Giudei e propone il discorso di Gesù sull’incredulità e sulla fede [Gv
6,41-47]; la sesta presenta l’autorivelazione del Signore come Pane della vita disceso dal Cielo [Gv
6,48-51ab]; la settima contiene le parole “sulla carne e sul sangue” di Gesù e conclude il discorso [Gv
6,51c-59].
 In questa composizione la quarta sezione, centrale 6,36-40, che costituisce la lettura, presenta una
concentrazione di temi sparsi nelle altre sezioni e può essere vista come punto di riferimento
sintetico dell’intero discorso: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò
fuori, perché sono disceso dal Cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E questa
è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma che lo resusciti
nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita
eterna; e io lo resusciterò nell’ultimo giorno» [Gv 6,37-40]. Dopo aver rivelato se stesso come Pane della vita
disceso dal Cielo, il discorso continua descrivendo e svolgendo il mistero della salvezza nel rapporto
tra se stesso, il Padre e gli uomini, che della salvezza sono i destinatari: «Tutto ciò che il Padre mi dà,
verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori» [6,37]. Ecco il concetto di Dono espresso con il
verbo dare; tale verbo prima di rivelare il rapporto tra Dio Padre e gli uomini, tra Gesù e gli uomini,
rivela il rapporto tra il Padre ed il Figlio. Il dare del Padre a Gesù è totale e Gesù ne ha piena
consapevolezza. Il primo dei doni del Padre al Figlio, quello che li inaugura, li preannuncia, li
precontiene è il Dono dello Spirito Santo [1,32-33], che viene dato senza misura [3,34]. I singoli doni
sono realtà salvifiche: il dono di essere fonte della vita e di giudicare [5,26-27], il dono delle opere e
dell’opera [5,35; 17,4]; il dono del comandamento [12,49] e del calice [18,11]; il dono di tutto ciò che
Gesù chiede al Padre nella preghiera [11,22]; infine, il dono della gloria [17,24]. Il dono più
caratteristico del Padre al Figlio è costituito dalle persone da salvare [17,2.6.9.24; 18,11].
 Nel nostro testo l’espressione: «tutto ciò che il Padre mi dà», indica gli uomini nell’aspetto di collettività:
è l’immagine del “gregge dei credenti”. L’espressione: «colui che viene a me» è designazione di chi crede
in Gesù. Il Signore descrive la propria azione nei confronti del credente in Lui con un’espressione
negativa: «io non lo caccerò fuori»; cacciare indica un’esclusione dolorosa di qualcuno da una Comunità;
Gesù accoglie chi crede in Lui e lo salva. Gli aspetti positivi dell’accoglienza da parte di Gesù qui
non sono esplicitati, essi saranno descritti nel discorso sul rapporto tra il Pastore e le pecore e nella
“Preghiera sacerdotale” [Gv 17,1-26]: quelli che vanno a Gesù sono, infatti, mossi verso il Figlio dal
Padre; perciò il Figlio non li respinge, ma li accoglie e li custodisce [17,6-15]. Osserviamo in questa
rivelazione l’uso di una terminologia di movimento spaziale: venire a me, gettare o cacciare fuori,
allontanare. Il significato è sempre in relazione a Gesù. Gesù è il centro verso cui tutti devono
convergere per ottenere la salvezza. Nel mezzo di tutto questo sviluppo sta l’affermazione: «sono
disceso dal Cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato» [6,38]. Vi è rivelata
l’origine di Gesù come discesa dal Cielo, vi è rivelato lo scopo di tale discesa attraverso la negazione
della propria volontà e l’affermazione del compimento della volontà del Padre. Il verbo discendere
nell’Evangelo ha come soggetti principali lo Spirito Santo e il Signore Gesù; il Cielo, da cui proviene
il movimento significato dal verbo «discendere» designa l’ambito di Dio; infatti, dopo la preghiera
che Gesù rivolge a Dio Padre: «Padre, glorifica il tuo [di Te] Nome» [12,28] accade questa risposta:
«Venne una Voce dal Cielo: l’ho glorificato e lo glorificherò di nuovo» [12,28]. La “Voce dal Cielo”
appartiene al Padre, ed è il Padre. All’inizio dell’Evangelo, Giovanni vede «lo Spirito Santo discendere
come una colomba dal Cielo e rimanere su Gesù» [1,32-33]. Tale provenienza dal Cielo dello Spirito
Santo manifesta la sua origine dal Padre. Il medesimo verbo designa Gesù; anzitutto come Figlio
dell’uomo [3,13], poi come Pane vivente [6,33.41.50.51.58]. In intimo legame con queste
affermazioni su se stesso, Pane vivente, sta la rivelazione assoluta: «Sono disceso dal Cielo» [6,42].
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
 Il Cielo, indicando il luogo di origine di Gesù donde egli viene, e anche il suo punto di arrivo, dove
egli va, è la designazione concreta di Dio Padre. I due verbi correlativi: discendere-salire sono una
forma di manifestazione del Mistero del Signore. L’espressione «discendere dal Cielo» usata da Gesù
per sé rivela il Mistero dell’Incarnazione storica del Figlio di Dio. La discesa dal Cielo di Gesù è il
farsi uomo del Figlio di Dio, che in quanto Verbo del Padre, Parola di Dio, è il Pane che nutre
coloro che lo accolgono con fede. Lo scopo dell’Incarnazione storica viene indicato in modo duplice:
negando di «fare la mia volontà» e affermando di fare la volontà del Padre. Quale sia la volontà del
Padre nel presente testo viene ora dichiarato nelle due affermazioni che seguono, le quali si
completano a vicenda: «E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto Egli
mi ha dato, ma che lo resusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio
e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo resusciterò nell’ultimo giorno» [6,39-40]. Dio vi è designato come
«Colui che mi ha mandato» [6,39] e come «il Padre mio» [6,40]. Il verbo «mandare», per lo più, ha come
soggetto Dio Padre in relazione a Gesù; vi sono due appellativi di Dio, uno completo: «il Padre che mi
ha mandato», l’altro che omette il nome Padre: «Colui che mi ha mandato». Questa formula della missione
rivela l’unione intima tra Gesù e il Padre che lo invia, unione che sta al di sopra di ogni
immaginazione umana e mostra Gesù e il Padre collocati in parità nella stessa sfera divina.
 All’espressione negativa: «non perda nulla di quanto Egli mi ha dato» [6,39] corrisponde quella positiva:
«chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna» [6,40]. Da parte di Gesù «non perdere nulla o
nessuno» di quelli che il Padre gli ha dato significa in forma negativa, il valore positivo della salvezza
esplicitato con il possesso della vita eterna in 6,40. La formula: «lo resusciterò nell’ultimo giorno» [6,39.40],
che conclude ambedue i versetti in modo eguale, manifesta l’aspetto futuro della vita eterna; sono,
così, significati i due momenti dell’escatologia, attualità della salvezza nel presente della vita,
compimento e pienezza nel futuro, a partire dall’ultimo giorno. Tale è il contenuto della volontà del
Padre rivelato qui da Gesù: la salvezza mediante la fede degli uomini nel Figlio, l’accoglienza da parte
di Gesù dei credenti in lui, il dono della vita eterna, la resurrezione finale. Tutto questo implica per
Gesù l’ora del sacrificio, implica di bere il calice doloroso della Passione. Questo tratto di Evangelo,
proclamato nella Commemorazione dei Fratelli defunti, rivolge il pensiero di fede alla certezza della
resurrezione già presente in questa vita con la fede in Gesù, e pienamente compiuta nella vita futura
con la partecipazione alla gloria della sua Resurrezione.
33]] L
Leettttuurraa ee M
Meeddiittaazziioonnee
 La speranza e l’invocazione di Giobbe di una comunione con Dio dopo la morte trova eco nella
promessa di Gesù di resuscitare coloro che il Padre gli ha affidato. La stessa morte di Gesù,
vivificata dall’amore di Dio, è stata fattore di riconciliazione, di vittoria sul peccato, di vittoria della
vita sulla morte. «Contro tutte le altre realtà è possibile procurarsi una sicurezza, ma a causa della
morte, noi uomini abitiamo una città senza mura». La morte, ricorda EPICURO, pone un sigillo di
precarietà e di insicurezza sulla vita umana. E l’insicurezza produce la paura, e la paura schiavizza.
Gli uomini, ricorda la Lettera agli Ebrei, sono schiavi tutta la vita a causa della paura della morte [Eb
2,15]. E sentendoci Città senza mura, cerchiamo di costruirci protezioni e difese che, mentre
vogliono preservarci da morte in realtà ci allontanano dalla vita. E tanta parte della nostra vita passa
in questo inganno. Le parole di Gesù nell’Evangelo non invitano ad atteggiamenti difensivi e di
paura, ma alla fede, ad affidarsi al Signore, a credere in Lui: «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna»
[Gv 6,40]; ed ancora: «Chi crede in me, fosse anche morto, vivrà» [Gv 11,25]; «Chi crede ha la vita
eterna» [Gv 6,47]. La fede in Cristo è il luogo della Resurrezione. Quando la nostra persona si decide ad un
affidamento al Signore senza riserve, senza nulla da difendere, senza mura e baluardi, allora essa
abita lo spazio della resurrezione e conosce l’amore e la speranza, l’audacia e la libertà che Gesù
stesso ha vissuto. E Gesù ha vissuto le sue relazioni con gli altri sotto il segno del dono del Padre e
del suo personale affidamento al Padre che è divenuto la sua consegna ai fratelli: gli altri sono ciò
che il Padre gli ha dato [Gv 6,37.39] e di cui lui assume la responsabilità fino in fondo [Gv 13,1].
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
 Affidandosi al Padre egli non respinge da sé chi viene a lui, non rigetta, non si difende dagli altri, ma
accoglie. Vivendo il primato della fede nel Padre che l’ha mandato, Gesù vive non per fare la sua
volontà, ma la volontà del Padre, che è volontà di vita piena per ogni uomo. Una vita così vissuta, è
una vita che integra la morte e la trasforma in amore, che è forza di resurrezione. Se la fede è il luogo
della resurrezione, l’amore è la forza della resurrezione. Non vi è solo la paura della morte che ci porta a
difenderci, ma anche e soprattutto la paura della vita, delle perdite che il vivere comporta, dei
confronti impietosi con gli altri che ci conducono a chiuderci in noi e a vivere nel risentimento, nel
timore che gli altri ci possano sottrarre qualcosa. Aver fede in Gesù Cristo significa fare dell’amore il
luogo in cui la morte viene messa a servizio della vita, e anzitutto della vita degli altri. In tutto questo
ci vengono in aiuto le esperienze di morte che la vita ci fa fare. L’esperienza del lutto segna lo scacco
del narcisismo e rivela la vanità del perseguire la volontà propria, del costruire barriere per difenderci
dalla morte che la vita ci potrebbe recare.
 E ci può aprire, con la sua muta lezione, all’unica cosa necessaria e vitale: credere l’amore, vivere l’amore,
fare della vita un atto di amore. La logica della Resurrezione, espressa nei termini di non perdere nulla e
nessuno di quanto il Padre ha dato al Figlio [Gv 6,39], è la logica dell’amore. Quella logica che spesso
non è nostra perché noi sappiamo perdere l’altro, le relazioni, i doni ricevuti. Una Comunità cristiana
è fatta anche di una memoria condivisa e le persone che sono morte e che abitano la memoria di
ciascuno, e che ciascuno coglie oggettivamente nella fede nel Cristo morto e Risorto e porta
nell’Eucaristia, chiedono di rendere sempre più armonici i rapporti tra le membra del corpo affinché
sia l’agape la linfa vitale che percorre e unifica il corpo comunitario e sia il rendimento di grazie
[gratitudine] l’alveo in cui essa vive. Allora potrà avvenire forse anche a noi di morire nella gratitudine
e nella benedizione, dando sostanza cristiana alla bella e antica immagine formulata dall’imperatore
filosofo: «L’oliva matura cade benedicendo la terra che l’ha portata in sé e rendendo grazie all’albero
che l’ha fatta crescere» [MARCO AURELIO].
44]] PPrriim
maa lleettttuurraa [[PPrrooffeezziiaa]]:: G
Giioobbbbee 1199,,11..2233--2277aa
Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse
con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si
ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io
stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».
 Nella struttura generale del libro di Giobbe il breve tratto della lettura appartiene ai dialoghi tra
Giobbe e i suoi amici e forma una parte del VI poema di Giobbe in cui egli esprime la fede nel
Redentore. Queste parole, destinate ad essere incise sulla roccia, costituiscono uno dei vertici di tutto
il libro. Giobbe esprime la speranza che contraddice tutto ciò che egli ha appreso di Dio come suo
accusatore e nemico, e che appare qui quale speranza contro ogni speranza. Giobbe esprime la
convinzione ferma, la fede che l’atto finale della dolorosa vicenda che sta sperimentando sarà
l’incontro con Dio che starà dalla sua parte. Il pensiero è presentato in modo enigmatico con uno
stile misterioso, caratteristico dello stile e del vocabolario profetico. Questo testo, che dal punto di
vista della critica testuale, della grammatica, della sintassi è uno dei più difficili e oscuri dell’A.T.,
poiché in esso vari termini hanno polivalenza semantica, che può dare luogo a grande diversità di
interpretazioni, è famoso nella letteratura religiosa come espressione di fede.
 Diamo alcuni cenni: «il mio Redentore è vivo». Il termine Redentore indica una situazione giuridica di
Israele: essa stabiliva che un membro della famiglia o della tribù era obbligato a rivendicare il diritto
di un suo congiunto, pagando una somma per liberare uno schiavo, riscattando un terreno in
vendita, uccidendo l’omicida del parente; la legislazione antica non ammetteva compensazione.
L’obbligo della vendetta si basava sul legame di solidarietà. Il termine «Redentore» fu applicato anche a
Dio in quanto Vendicatore e Difensore del suo popolo, di tutti i suoi membri, specialmente dei piccoli e
degli oppressi. Giobbe è convinto che Dio o un suo rappresentante, gli restituirà i diritti che egli aveva
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
per la sua vita innocente. Il Redentore è vivo, cioè possiede la vita come proprietà essenziale, vive e
vivrà anche quando Giobbe sarà morto e avrà l’ultima parola, chiuderà la discussione circa la
consapevolezza di Giobbe della propria innocenza. Negli ultimi giorni tale Redentore si ergerà per
pronunciare la sentenza come Giudice supremo, come Difensore e Salvatore. È l’espressione della
fede nel Dio vivente che apparirà alla fine dei tempi, libererà dalla morte e manifesterà la sua
giustizia. È, in Giobbe, l’attesa della Teofania finale. L’espressione: «Dopo che questa mia pelle sarà
strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro»,
vera croce degli interpreti, descrivono l’atto decisivo dello sperato esaudimento della preghiera e
della giustificazione: essa è come un incontro di Giobbe con Dio, cioè una nuova conoscenza di Dio
da parte di Giobbe: «Senza la mia carne, vedrò Dio» è affermazione che può avere significato cultuale,
equivalente a visitare il Tempio, può indicare una Teofania o un’esperienza del favore divino, il
godimento della pienezza della vita nella gioia dell’esaudimento e del ringraziamento. Giobbe è
convinto che Dio lo dichiarerà giusto e sarà pienamente riconciliato con lui. Riletto alla luce della
rivelazione cristiana, questo testo esprime la fede e la speranza della gioia della vita con Dio
nell’esistenza risorta. Perciò è stato scelto come Lettura per la Commemorazione dei Fedeli defunti.
3
55]] SSaallm
moo rreessppoonnssoorriiaallee33:: 2266,,11..44..77--99aa..1133--1144,, SSFFII [[““SSuupppplliiccaa ddii FFiidduucciiaa iinnddiivviidduuaallee””]]

 Con il Versetto responsorio, v. 13, i fedeli ripetono che il Signore concederà loro di contemplare e
sperimentare che Lui è Buono e manifesta la sua Bontà nella terra dei vivi.
66]] SSeeccoonnddaa lleettttuurraa [[AAppoossttoolloo]]:: R
Room
maannii 55,,55--1111
Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo
che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento
qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il
suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione
ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati
riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante
la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora
abbiamo ricevuto la riconciliazione.
 Il brano della lettera appartiene alla sua I parte, quella dottrinale, in cui l’Apostolo espone il tema della
salvezza mediante la fede. Il testo, partendo dal suo inizio, che tratta della speranza e della carità,
indica il fondamento della fede nella salvezza definitiva, che ancora non possediamo. Paolo rivela che
i fedeli sono giustificati dalla fede [v.1a]. La fede biblica però non è quella dogmatica [che è
intellettualistica e riduttiva: l’adesione certa alle verità proposte dalla Chiesa e dalla norma prossima
che è il Magistero], ma è ampia e reale, e si deve definire come «l’adesione d’amore a Dio che chiama
3
T. FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al lezionario domenicale cicli A,B,C, Quaderni di
“Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001. Cfr. anche Comprendiamo e celebriamo i
Salmi. A. I Salmi di Supplica e Fiducia, «Doxologia» 9, pro manuscripto, P.U.U., Roma 31994, 1-307; Comprendiamo e
celebriamo i Salmi. B. I Salmi di Lode, «Doxologia» 10, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1990, 307-482;
Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro
manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660; Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina.
Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862; Comprendiamo e celebriamo
i Salmi. E. I Salmi di Azione di Grazie, «Doxologia» 19, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1996, 858-1020;
Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion, «Doxologia» 11, Parte I, pro
manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660; A. WEISER, I Salmi, I-II, Edizione italiana a cura di T. FEDERICI, Paideia,
Brescia 1984.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
per sé e per i fratelli nostri». E di fatto la fede procura la pace con il Padre mediante il Figlio [v.1b]. Il
Figlio con la Croce, la Resurrezione e la Gloria ci ha ottenuto quello che prima era impedito,
l’accesso per fede alla Grazia ottenuta, che è la nostra consistenza, la nostra unica glorificazione, ed è
l’unica speranza: la Gloria di Dio a cui siamo chiamati ad alla quale tendiamo [v. 2]. La trattazione
paolina è interrotta qui, per i soliti motivi “pastorali” inesplicabili.
 Al v. 5 Paolo prosegue: “La speranza divina è fondata, e mai delude chi la possiede”. Essa è fondata
così: la Carità del Padre à stata effusa nei nostri cuori sotto forma del Dono dello Spirito Santo. Il
che significa che lo Spirito Santo è la divina Libagione sacrificale, il divino Liquido di Fuoco
riversato sull’altare che è il cuore dei fedeli, trasformati per questo e resi capaci dell’offerta nello
Spirito Santo [cfr. Rom 12,1]. Tutto questo è ottenuto da Cristo, che quando gli uomini erano empi,
senza Dio, nell’impotenza spirituale, ha accettato di morire [Rom 5,6]. In genere non si accetta di
morire per i giusti stessi, forse solo per un uomo buono [v. 7]. Ma il Padre nel suo amore dette la
grande prova, di far morire il Figlio in favore di noi, mentre eravamo peccatori senza merito [v. 8].
Riassumendo in un solo versetto [5,1] l’esposizione dei cc. 1-4 della lettera ai Romani, Paolo descrive
la condizione del cristiano nel tempo presente: egli è reso conforme al progetto di Dio attraverso la
fiducia che ripone nel contenuto dell’«annunzio di salvezza» [kérygma]. Questo gli dona di sperimentare
la pace con Dio perché è certo dell’amore di Cristo. Egli solo, che con la sua morte è mediatore della
nostra giustificazione/riconciliazione [v. 10], può concederci fin d’ora di accedere alla grazia, alla
comunione di vita con Dio [v. 2a]. Ciò suscita un’allegrezza nuova, caparra della gloria futura [v.2b].
Le tribolazioni non faranno che radicare più profondamente in noi la speranza [vv. 3s.]. Essa infatti
non delude, perché lo Spirito di Dio è stato riversato nei nostri cuori come Potenza divina di vita
nuova [v. 5] e generosa caparra della nostra eredità [Ef 1,14]. Lo Spirito Santo attesta al nostro spirito
l’amore folle che Dio ha per noi in Cristo: Egli ci ha portato la salvezza la quale ci rende giusti
venendo a raggiungerci nell’estrema lontananza del peccato e dell’inimicizia [vv. 8-10]; chi potrà
allora separarci, nel tempo e nell’eternità, dal suo amore [Rom 8,38s.]?
 La speranza e la carità: «La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» [Rom 5,5]. La speranza, che ha origine dalla prova vissuta dai
credenti nelle sofferenze, non inganna, perché la certezza di trovarsi ora e per l’avvenire nelle mani
di Dio è tale che si distingue radicalmente dalla certezza terrena: questa non è altro che un’incertezza
mitigata; la speranza, invece, si fonda sulla fede sicura, quella fede nella realtà inattesa dell’amore di
Dio che determina il presente e l’avvenire dei credenti; tale amore di Dio è quello con cui Dio ci
ama, e di cui è caparra lo Spirito Santo con la sua attiva presenza nei credenti; in Lui, Dio ci ama, noi
amiamo Dio e amiamo anche i nostri fratelli con lo stesso amore con cui Dio Padre ama il suo Figlio
e noi; lo Spirito Santo è principio dello stesso amore con cui Dio Padre ama il Figlio suo e noi; lo
Spirito Santo è principio di vita nuova che Dio ci dona. Con lo Spirito Santo Dio ci dona il suo
amore per noi e rende possibile il nostro amore per lui e per i fratelli: «Infatti, quando eravamo ancora
deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse
qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre
eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati
dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del
Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» [Rom 5,6-10]. Si ha qui
un’argomentazione che è anche una spiegazione di quanto è stato detto nel v. 5 sull’amore di Dio
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. L’idea è questa: la speranza non inganna
perché lo Spirito di Dio, dato da Dio, produce nei nostri cuori, con la fede, una sovrabbondante
certezza di essere amati da Dio; l’amore di Dio si mostra paragonandolo con l’amore che si osserva
nei rapporti umani. Ora, nei rapporti umani: «a stento si trova chi sia disposto a morire per un
giusto: forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene», mentre «Dio
dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per
noi». Tale argomentazione viene ripetuta sinteticamente: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati
riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
7
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
la sua vita». Viene così introdotto l’inno finale che è una Dossologia: «Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio,
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione» [Rom 5,11].
 Ciò che è stato detto fin qui ci spinge a rendere grazie calorosamente a Dio fin da ora. Gloriarsi è un
atto che se viene compiuto rettamente, equivale a gloriarsi di Dio, a riconoscere e lodare Dio come
causa unica di ogni salvezza; tale vanto può esserci attribuito soltanto «per il Signore nostro Gesù
Cristo», cioè attraverso la mediazione del Signore glorificato.
77]] PPrreegghhiieerraa ee C
Coonntteem
mppllaazziioonnee
A] La morte non è la conclusione, ma un passaggio4
 Non dobbiamo rattristarci perché il Signore ha chiamato i nostri fratelli liberandoli da questo
mondo; sappiamo infatti che non sono perduti, ma che ci hanno preceduto come usano fare quelli
che partono in viaggio per terra o per mare. Dobbiamo provarne nostalgia, non piangere né vestirci
con abiti neri dal momento che quelli che sono morti già hanno ricevuto vesti bianche. Non
dobbiamo offrire ai non credenti l’occasione di rimproverarci meritatamente, a buon diritto, perché
piangiamo come scomparsi e perduti quelli di cui diciamo che vivono presso Dio e non
confermiamo con la testimonianza dei sentimenti del nostro cuore quella fede che proferiamo a
parole, con la nostra voce. Tradiamo la nostra speranza e la nostra fede; quel che diciamo risulta
falsità, finzione, artificio. Non serve a niente mostrare la virtù a parole e con i fatti demolire la verità.
[...] La Morte non è la conclusione, ma un passaggio, un cammino temporaneo verso le realtà eterne.
 Chi non si affretta verso il meglio? Chi non desidererebbe essere trasformato, conformato a Cristo e
ammesso alla dignità della grazia celeste?
 L’Apostolo Paolo proclama: «La nostra cittadinanza è nei Cieli da dove aspettiamo anche il Signore
nostro Gesù Cristo che trasfigurerà il nostro misero corpo conformandolo al suo corpo glorioso»
[Fil 3,20-21]. E il Signore Gesù Cristo promette che questo avverrà anche a noi quando prega il
Padre per noi affinché siamo con Lui e viviamo nella gioia con Lui nelle dimore eterne e nei regni
celesti: «Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano con me dove sarò io e vedano la gloria che mi
hai dato prima che il mondo fosse» [Gv 17,24]. Chi deve andare nella dimora di Cristo, alla gloria
celeste del Regno, non deve rattristarsi e piangere, ma piuttosto, secondo la promessa del Signore,
forte della sua fede nella verità, deve gioire della sua partenza e del suo transito.
B] La Morte
 Il grande esegeta RIESENFELD ha scritto: «Dobbiamo considerare la Morte come un tutto suddiviso
in diversi momenti; ciò che accade al termine della vita terrena non è che il compimento finale di
quanto abbiamo già subito in parte al momento del Battesimo. Così, quando un giorno dovremo
morire, quel fatto non conterrà niente di veramente nuovo per noi. Per analogia con la vita eterna, la
Morte, sia quella che è dietro di noi sia quella che aspettiamo, riceve la sua impronta da ciò che
accade sul Golgota. La Morte appare in tutto il suo orrore in quanto giudizio dell’esistenza umana
decaduta [cfr. Gv 12,31]. Ma proprio allora la Morte cessa una volta per tutte di presentarsi come
qualcosa di definitivo e senza speranza [cfr. 1 Cor 15,55]».
C] “Io Sono” la Resurrezione5 e la Vita
4
CIPRIANO DI CARTAGINE, La morte 20.22, CCL III A, 27-29.
5
H.J.M. NOUWEN, Lettere a un giovane, in ID., Mostrami il cammino. Meditazioni per il tempo di Quaresima,
Queriniana, Brescia 22005, 117.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
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 Trovare una nuova vita attraverso la sofferenza e la morte: è questo il cuore della buona notizia.
Gesù ha vissuto questa via di liberazione prima di noi e ne ha fatto il grande segno. Gli esseri umani
hanno sempre la smania di vedere segni: eventi meravigliosi, straordinari, sensazionali che li possano
distrarre un poco dalla dura realtà ... Ci piacerebbe vedere qualcosa di meraviglioso, di eccezionale,
che interrompa la vita ordinaria di tutti i giorni. In questo modo, anche se per un solo momento,
possiamo giocare a nascondino. Ma a coloro che dicono: «Signore ... vorremmo che tu ci facessi
vedere un segno», Gesù risponde: «Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma
nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e
tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della
terra». Da tutto questo, si può vedere quale sia il segno autentico: non un miracolo sensazionale, ma
la sofferenza, la morte, la sepoltura e la Resurrezione di Gesù. Il grande segno, che può essere
compreso solo da coloro che sono disposti a seguire Gesù, è il segno di Giona, il quale volle anche
lui fuggire dalla realtà, ma fu richiamato indietro da Dio perché adempisse il suo arduo compito fino
in fondo. Guardare la sofferenza e la morte dritto in faccia e attraversarle con la speranza di una
nuova vita data da Dio: è questo il segno di Gesù e di ogni essere umano che desidera vivere una vita
spirituale a sua imitazione. È il segno della Croce: il segno della sofferenza e della morte, ma anche
della speranza di un totale rinnovamento.
D] L’amore di Dio è più forte della morte6
 Anche se Gesù ha contrastato direttamente l’inclinazione umana ad evitare la sofferenza e la morte, i
suoi discepoli si resero conto che era meglio vivere la verità con occhi aperti che non vivere la loro
vita nell’illusione. La sofferenza e la morte appartengono alla via stretta di Gesù. Gesù non le
glorifica, né le dichiara belle, buone o qualcosa da desiderare. Gesù non chiama all’eroismo o al
sacrificio suicida. No, Gesù ci invita a guardare la realtà della nostra esistenza, e ci rivela che questa
dura realtà è la strada da percorrere per arrivare a una nuova vita. Il nucleo del messaggio di Gesù è
che la gioia e la pace non si possono mai raggiungere aggirando la sofferenza e la morte, ma soltanto
affrontandole con coraggio. Potremmo dire che in realtà, non abbiamo alcuna possibilità di scelta.
Chi, infatti, sfugge alla sofferenza e alla morte? Eppure c’è ancora una scelta. Possiamo negare la
6
H.J.M. NOUWEN, Preghiere dal silenzio, in ID., Mostrami il cammino. Meditazioni per il tempo di Quaresima,
Queriniana, Brescia 2003, 118.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
realtà della vita, o possiamo affrontarla. Se la affrontiamo non da disperati, ma con gli occhi di Gesù,
scopriamo che dove meno ce l’aspettiamo, è nascosto qualcosa che sostiene una promessa più forte
della morte stessa. Gesù ha vissuto la sua vita con la sicurezza che l’amore di Dio è più forte della
morte e che la morte non ha, quindi, l’ultima parola. Egli ci invita ad affrontare la realtà dolorosa
della nostra esistenza con la stessa fiducia.
E] BRUNO FERRERO, L’albero generoso, in Il canto del Grillo, LDC, Torino 2008.
 C’era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni.
Raccoglieva le sue foglie con le quali intrecciava delle corone per giocare al re della foresta. Si
arrampicava sul suo tronco e dondolava attaccalo ai suoi rami. Mangiava i suoi frutti e poi, insieme,
giocavano a nascondino. Quando era stanco, il bambino si addormentava all’ombra dell’albero,
mentre le fronde gli cantavano la ninna-nanna. Il bambino amava l’albero con tutto il suo piccolo
cuore. E l’albero era felice. Ma il tempo passò e il bambino crebbe. Ora che il bambino era grande,
l’albero rimaneva spesso solo.
 Un giorno il bambino venne a vedere l’albero e l’albero gli disse: «Avvicinati, bambino mio,
arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e
sii felice».
 «Sono troppo grande ormai per arrampicarmi sugli alberi e per giocare», disse il bambino, «io voglio
comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?».
 «Mi dispiace, rispose l’albero, «ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti,
bambino mio. e va’ a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice».
 Allora il bambino si arrampicò sull’albero, raccolse tutti i frutti e li portò via. E l’albero fu felice. Ma
il bambino rimase molto tempo senza ritornare ... E l’albero divenne triste. Poi un giorno il bambino
tornò; l’albero tremò di gioia e disse:
 «Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l’altalena con i miei rami e sii felice».
 «Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi», rispose il bambino. «Voglio una
casa che mi ripari», continuò. «Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una
casa.
 Puoi darmi una casa?».
 «Io non ho una casa» disse l’albero. «La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e
costruirti una casa. Allora sarai felice».
 Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa. E l’albero fu felice. Per molto
tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l’albero era così felice che riusciva a malapena a
parlare.
 «Avvicinati, bambino mio», mormorò, «vieni a giocare».
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
10
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
 «Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare», disse il bambino. «Voglio una barca per fuggire
lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?».
 «Taglia il mio tronco e fatti una barca», disse l’albero. «Così potrai andartene ed essere felice».
 Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire. E l’albero fu felice ..., ma non del
tutto. Molto, ma molto tempo dopo, il bambino tornò ancora.
 «Mi dispiace, bambino mio», disse l’albero, «ma non resta più niente da donarti ...
 Non ho più frutti».
 «I miei denti sono troppo deboli per dei frutti», disse il bambino.
 «Non ho più rami», continuò l’albero, «non puoi più dondolarti».
 «Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami»,disse il bambino.
 «Non ho più il tronco», disse l’albero, «non puoi più arrampicarti».
 «Sono troppo stanco per arrampicarmi», disse il bambino.
 «Sono desolato», sospirò l’albero.
 «Vorrei tanto donarti qualcosa ... ma non ho più niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce
tanto ...».
 «Non ho più bisogno di molto, ormai», disse il bambino, «solo un posticino tranquillo per sedermi e
riposarmi. Mi sento molto stanco».
 «Ebbene», disse l’albero, raddrizzandosi quanto poteva, «ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci
vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati».
 Così fece il bambino. E l’albero fu felice.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
PER L’ELABORAZIONE DELLA «RIFLESSIONE SULLA PAROLA DI DIO» DI QUESTA COMMEMORAZIONE DEI
FEDELI DEFUNTI [CICLO B], OLTRE AL NOSTRO MATERIALE DI ARCHIVIO, CI SIAMO SERVITI DI:
- Lezionario domenicale e festivo. Anno B, a cura della Conferenza Episcopale Italiana, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 2008;
- TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. Commento al lezionario domenicale cicli A,B,C,
Quaderni di “Oriente cristiano” 11, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 2001;
- TOMMASO FEDERICI, “Resuscitò Cristo!”. Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Quaderni di
“Oriente cristiano” 8, Eparchia di Piana degli Albanesi, Palermo 1996;
- TOMMASO FEDERICI, Cristo Signore Risorto amato e celebrato. La scuola di preghiera cuore della Chiesa locale,
Dehoniane, Bologna 2005;
- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario,
Ciclo C, Dehoniane, Roma 1988, III, 828;
- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario,
Dehoniane, Napoli 1987, I, 444;
- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario,
Ciclo B, Dehoniane, Napoli 1987, II, 587;
- TOMMASO FEDERICI, Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui. Per una lettura teologica del Lezionario,
Ciclo A, Dehoniane, Roma 1989, IV, 1232;
- TOMMASO FEDERICI, La Trasfigurazione del Signore. Saggio d’esegesi antica e moderna per una «tradizione
ermeneutica», P.I.B., Roma 1971, 35;
- TOMMASO FEDERICI, Echi d’Oriente, La Trasfigurazione “Ascolto” del “Figlio diletto”, in La vita in Cristo e nella
Chiesa, 7 [1979], 13;
- TOMMASO FEDERICI, La «narrazione visiva» della Trasfigurazione, in «L’Osservatore Romano», 06.08.1995, 3;
- TOMMASO FEDERICI, La Trasfigurazione gloria dell’uomo, in «L’Osservatore Romano», 03.08.1997, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. A. I Salmi di Supplica e Fiducia, «Doxologia» 9, pro
manuscripto, P.U.U., Roma 31994, 1-307;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. B. I Salmi di Lode, «Doxologia» 10, pro manuscripto,
P.U.U., Roma 1990, 307-482;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion,
«Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion,
«Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. E. I Salmi di Azione di Grazie, «Doxologia» 19, pro
manuscripto, P.U.U., Roma 1996, 858-1020;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion,
«Doxologia» 11, Parte I, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 483-660;
- TOMMASO FEDERICI, Comprendiamo e celebriamo i Salmi. C. Salmi della Regalità divina. Cantici di Sion,
«Doxologia» 11, Parte II, pro manuscripto, P.U.U., Roma 1994, 661-862;
- TOMMASO FEDERICI, Celebriamo Cristo Risorto Battezzato nello Spirito. La grande Festa del Battesimo del Signore Domenica 1 per l’Anno, in Culmine e Fonte, II/7 [1981], 1-10;
- TOMMASO FEDERICI, Teologia Biblica. La Resurrezione, «Doxologia» 16, P.U.U., Roma 1994, 146;
- TOMMASO FEDERICI, Unica Fonte: la Resurrezione e lo Spirito, in Cristo e lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento, 49110;
- TOMMASO FEDERICI, Dopo la Resurrezione il tempo ha un senso, in «L’Osservatore Romano», 15.04.1992, 7;
- TOMMASO FEDERICI, La Notte del Natale e la Notte della Resurrezione, in «L’Osservatore Romano», 12.04.1995, 6;
- TOMMASO FEDERICI, La Resurrezione: mandato missionario perenne, in «L’Osservatore Romano», 20.04.1997, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, Resurrezione dono di pace, in «L’Osservatore Romano», 11.04.1993, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, Resurrezione recupero della certezza, in «L’Osservatore Romano», 07.04.1996, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, Sulla Resurrezione una letteratura portatrice di enormi sviluppi, in «L’Osservatore Romano»,
03.04.1996, 8;
- TOMMASO FEDERICI, Notte della Resurrezione. Omelia di s. Giovanni Crisostomo per la Resurrezione, pro manuscripto,
2;
- TOMMASO FEDERICI, Una Pentecoste continua, in Diaspora 5 [1972] 1-5;
- TOMMASO FEDERICI, Parola Sapienza Spirito, Una Pentecoste continua: la normale vita di fede della Chiesa è la
Pentecoste in atto, in La vita in Cristo e nella Chiesa, 5 [1977], 4;
- TOMMASO FEDERICI, Quella Pentecoste che è pienezza e totalità, in «L’Osservatore Romano», 31.05.1998, 4-5;
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
12
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo: Amore vivificante che feconda l’opera della Redenzione, in «L’Osservatore
Romano», 9-10.05.1997, 6;
- TOMMASO FEDERICI, «Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Lo Spirito Santo nella Theologia e
nell’Oikonomia, pro manuscripto, «Incontri con il clero dell’Archidiocesi di Manfredonia-Vieste», 76;
- TOMMASO FEDERICI, «Spirito Vivificante». Cristo e lo Spirito Santo nel Nuovo Testamento, «Doxologia» 2, P.U.U.,
Roma 51995, 270;
- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo nell’Anno Liturgico. Annotazioni al Messale Romano di Paolo VI, in RL 62
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- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo Protagonista della missione [RM 21-30], in Cristo Chiesa Missione. Commento
alla «Redemptoris Missio», «Studia Urbaniana» 38, Urbaniana University Press, Roma 1992, 107-151 +
Preliminare;
- TOMMASO FEDERICI, Lo Spirito Santo Protagonista della Missione, in L. SACCONE [Ed.], Pozzuoli: una Chiesa in
cammino, «Puteoli Resurgentes» 8, Pozzuoli 1993, 211-249;
- TOMMASO FEDERICI, Testi Trinitari del Nuovo Testamento, «Doxologia» 7, P.U.U., Roma 1993, 400;
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- TOMMASO FEDERICI, L’Eucarestia convito. Verso una gerarchia di valori, pro manuscripto, 85-118;
- TOMMASO FEDERICI, I Santi, dono dello Spirito Santo, in «L’Osservatore Romano», 01.11.1992, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, L’Unico Santo e il popolo dei santi, in «L’Osservatore Romano», 28.10.1990, 4-5;
- TOMMASO FEDERICI, La santità, il puro e l’impuro, in «L’Osservatore Romano», 24.11.1995, 10.
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- ALCESTE CATELLA - RINALDO FABRIS, Guidami nelle tue vie. Anno B, Dehoniane, Bologna 1998;
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Messa della Domenica 1 di Quaresima. [Ciclo A], P.I.L., Tesi di licenza moderata dal Prof. TOMMASO FEDERICI, 19811982;
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
13
“Dalla Parola di Dio al Dio della Parola”
Commemorazione dei Fedeli defunti [B]
- FRANCESCO ARMELLINI, Ascoltarti è una festa. Le letture dominicali spiegate alla comunità. Anno A, Messaggero,
Padova 2001;
- GIORGIO CASTELLINO, Il Libro dei Salmi, LSB, Torino 1965;
- GIORGIO ZEVINI - PIER GIORGIO CABRA [edd.], Lectio divina per ogni giorno dell’anno, Queriniana, Brescia 2000;
- GIUSEPPE GIOVANNI GAMBA, Vangelo di San Matteo. Una proposta di lettura, Las-Roma 1998;
- GIUSEPPE POLLANO, Alla mensa della Parola. Omelie per l’anno B, LDC, Torino 2007;
- GIUSEPPE SALA - GIULIANO ZANCHI [postfazione di SILVANO PETROSINO], Un volto da contemplare, Ancora, Milano
2001;
- JESUS MANUEL GARCIA, pro manuscripto, UPS-Roma 2004-2009;
- JOACHIM JEREMIAS, Il messaggio centrale del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1968;
- LORENZO ZANI, I Salmi preghiera per vivere. Breve guida al Salterio, Ancora, Milano 2003;
- MANLIO SODI - GIUSEPPE MORANTE, Anno liturgico: Itinerario di fede e di vita, LDC, Torino 1988;
- MARC GIRARD, I Salmi specchio della vita dei poveri, Paoline, Cinisello Balsamo 1994;
- MARIO CIMOSA, Con te non temo alcun male. Lettura esegetica e spirituale della bibbia, Dehoniane, Roma 1995;
- MARIO CIMOSA, Nelle tue mani è la mia vita. Lettura esegetica e spirituale della bibbia, Dehoniane, Roma 1996;
- MARIO CIMOSA, Se avessi le ali di una colomba. Lettura esegetica e spirituale della bibbia, Dehoniane, Roma 1997;
- PIERRE GRELOT, Il Mistero di Cristo nei Salmi, Dehoniane, Bologna 22000;
- SALVATORE GAROFALO, Parole di vita. Commento ai vangeli festivi. Anno A, LEV, Città del Vaticano 1980.
- SALVATORE PETTI, Temi biblici del lezionario nella solennità della Pentecoste, P.I.L., Tesi di licenza moderata dal Prof.
TOMMASO FEDERICI, 1973-1974.
A cura di Tonino Falcone sdb [Dimensione teologico-biblica]; Jesus Manuel Garcia sdb [Dimensione teologico-spirituale].
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