La filosofia e/o le filosofie nel Novecento

annuncio pubblicitario
La filosofia e/o le filosofie nel Novecento?
Non è raro che qualche studente ponga una domanda del tipo: “ Qual è oggi la
filosofia? Quali sono oggi i filosofi?”. Provocazioni non ingenue e che possono
suscitare imbarazzo perché sovente i nostri programmi si fermano alle soglie del
Novecento (la morte di Nietzsche) o, ben che vada, viene trattato qualche filosofo del
Novecento, come un assaggio o un antipasto che rimangano tali, nell’ultimo squarcio
dell’anno scolastico in Quinta. Oppure perchè spesso la Storia della filosofia viene
trattata come un cronologico divenire di opinioni, rispetto alle quali non ci si sa
orientare in quanto non forniamo un metro di giudizio per cui, da un lato, sembra che
in una visione progressista il filosofo successivo sia sempre “migliore” del
precedente, o dall’altro, che, in un’impostazione relativistica, ogni trattazione od
opinione siano comunque valide; o perché siamo abituati a trattare la Storia della
filosofia puntando, spazio, tempo ed energie, sui Grandi (Platone, Aristotele,
Cartesio, Kant, Hegel…ricordo che qualche anno addietro la trattazione
dell’idealismo e di Hegel occupava tutto il primo quadrimestre). Sui Grandi come
sistemi generali, come sintesi dialettiche storico-teoretiche delle istanze filosofiche
precedenti e dei percorsi della filosofia seguente. Da ciò deriva la conclusione che il
Novecento, figlio dell’Ottocento, caratterizzato sostanzialmente dai “neo”: criticismo,
idealismo, marxismo, positivismo, non meriterebbe poi una così impegnata e lunga
trattazione. Anche perchè un lavoro di ricerca di una filosofia sistematica è difficile e
impervio per il Novecento, infatti, se in epoca classica e, in parte, in quella moderna,
è meno problematico invenire un’idea unitaria di filosofia, diventa almeno
complicato in epoca contemporanea di fronte all’apparente parcellizzazione ed
estrema varietà e variabilità del sapere ed anche quindi della filosofia: “ In molti
punti – osserva Banfi – la continuità della tradizione sembra spezzata, in altri ripresa
su direzioni e su piani insospettati e apparentemente arbitrari. Le scuole tradizionali si
sciolgono e si contaminano, i problemi si sfaldano e si differenziano, sfaccettandosi
in mille direzioni, le ricerche particolari si intersecano e si sovrappongono, prive
spesso di un saldo riferimento sistematico. I motivi spirituali consacrati nei secoli
come tipici contenuti dell’esperienza filosofica danno luogo a nuove esperienze di
vita e di cultura ancora confuse e incandescenti, che esigono d’essere universalmente
comprese e impongono tutta una nuova curvatura al sistema dei concetti. E non solo
la forma, il metodo, il contenuto, ma anche il senso e il valore del sapere filosofico
mancano di una definizione univoca”1
Oggi infatti non si parla più solo e tanto di “filosofia”, ma c’è stato sempre più il
bisogno, a volte teoreticamente e culturalmente giustificato, di appiccicare
qualcos’altro, indugiando nei vari settori del sapere o della cultura: filosofia della
scienza, storia, arte, religione, morale, politica, diritto, abbinamenti quest’ultimi
ampiamente trattati e dibattuti rispetto alla loro possibilità istituzionale (pensiamo al
rapporto in Hegel tra storia e filosofia, in Wittgenstein tra filosofia e scienza…) ma
anche rispetto al loro diritto a presentarsi come saperi autonomi, tanto che si sono
1
A.BANFI, Situazione della filosofia contemporanea, in Filosofi contemporanei, a cura di R. cantoni, Milano, Parenti,
1961, p. 5
1
andati consolidando e allontanandosi dalla filosofia generale sono diventate
discipline universitarie (certo anche discipline così parossistiche nella loro
specializzazione come Storia della storiografia della filosofia della storia) per arrivare
alle più recenti “filosofia della musica” (accenni in Schopenhauer, Nietzsche…) e,
forse, alla meno nobile “filosofia del vino” (il titolo di un testo pubblicato nel 2003)
perché “in vino veritas” come suggeriscono Kierkegaard e per certi versi l’esaltazione
dionisiaca presente nella riflessione di Nietzsche. Sembra quasi che il prefisso
“filosofia” voglia oramai genericamente significare “parlare in maniera raffinata,
approfondita, argomentata di…” come se il vino, e tutto ciò che lo riguarda
socialmente e culturalmente, si nobilitasse e magari si gustasse meglio, solo se gli
appiccichiamo prima quel termine: “filosofia”.
La filosofia inoltre sembra quel sapere che offre un tocco di originalità problematica,
fuori dalla norma, dalla banalità e dal conformismo; e se poi magari è accompagnata
dalla “stranezza” di chi filosofa, il filosofo o chi si reputa o è ritenuto tale, allora ciò
può venire maggiormente accreditato ed avvalorato: il filosofo, in certi stereotipi, è il
trasandato, il non curato (ma forse a volte il troppo curato), lo spensierato, lo
sregolato, colui che è fuori dal coro della banalità e della normalità della vita. Ora se
ciò è frutto di una visione della vita fatta di sobrietà, di spesa del proprio tempo non
in frivolezze ma nelle grandi domande, allora tale vezzo o non curanza estetici sono
almeno capibili anche se non troppo giustificabili, ma se ciò è volutamente ostentato
chi ne perde è proprio la filosofia che non si sa più che cosa sia, se non sapere
stravagante, elitario, per pochi selezionati ed esclusivi iniziati, ma pure il filosofo
stesso perché si contraddice in quanto per ostentare bisogna comunque essere attenti
e ricercati e quindi perdere tempo in frivolezze perchè si è come tutti gli altri, come
d’altronde non può non essere il filosofo: un uomo, che semmai accentua, nella
parvenza esclusività della sua umanità, le più clamorose bassezze proprio della vita
umana che forse vorrebbe redimere.
Ma se la filosofia sembra aver perso la sua identità, per cui appare tale cioè un sapere
compiuto, organico ed autonomo solo se intesa come capacità critica o se è
accompagnata da altro, appunto dalle “filosofie di…”, ma chi ha bisogno di farsi
accompagnare non è certo autonomo, ciò accade perché spesso, e a dir il vero non
solo nel Novecento (Sartre, Gentile…), ma anche precedentemente (Platone,
Hegel…) si è asservita o compromessa con il potere di turno e si trasforma spesso in
docile strumento del sistema che di volta in volta si presenta sulla scena come
possibile vincitore. Basti pensare a certi assolutismi, di destra o di sinistra che siano,
e all’uso appunto strumentale del filosofo e della cultura in genere, per cui la filosofia
perdendo la propria specifica criticità razionale, assiste al progressivo svanire della
domanda originaria di Totalità, nel senso che la presunta ideologia totalitaria ha
riassunto in sé la domanda filosofica diventando dogmaticamente e forzatamente la
risposta alla filosofia o al filosofo di turno. Non solo sapere è potere sulla natura (F.
Bacone), ma il controllo del sapere è potere sugli uomini, non a caso, secondo la
Arendt, come abbiamo già detto in altra occasione, l’imposizione di una ideologia e
l’indottrinamento ideologico, magari proprio attraverso l’opera di sistematica
2
giustificazione del filosofo di turno, rappresentano, assieme al terrore, gli elementi
costitutivi del totalitarismo2.
Quindi “filosofia” o “filosofia di…? Ma accanto a tale interrogativo ne sorge
spontaneo un altro da cui forse il primo dipende: “filosofia” o “filosofie”? Esiste una
filosofia generale ed unitaria oppure neppure la filosofia è riuscita a sottrarsi a quel
processo di specializzazione che, a partire dall’Ottocento, ha investito nel Novecento,
con forza particolare, l’intero mondo del sapere?
Se diamo uno sguardo al panorama filosofico del Novecento annoveriamo, cosa mai
capitata nei precedenti periodi storici, come abbiamo letto in Banfi, una varietà
spettacolare di correnti filosofiche, ne cito solo alcune: epistemologia,
esistenzialismo, strutturalismo, analitica, ermeneutica, fenomenologia, pragmatismo,
spiritualismo, senza parlare poi delle riprese filosofiche : neo-idealismo, neocriticismo, neo-positivismo, neo…. Ebbene, sovente il limite di tali correnti
filosofiche consiste nel fatto che si soffermano, anzi si fermano, in genere, ad alcuni
particolari della filosofia: al linguaggio ( neopositivismo e filosofia analitica), al
metodo d’indagine (epistemologia, strutturalismo, fenomenologia, ermeneutica),
all’oggetto indagato (Pragmatismo, neomarxismo), al soggetto indagante
(esistenzialismo e certo spiritualismo). Ora studiare unicamente il “linguaggio” della
filosofia, cosa comunque importante, non è la filosofia; studiare il “metodo” della
filosofia o degli altri saperi è altrettanto importante, non è, tuttavia, la filosofia;
analizzare il soggetto che indaga è pure essenziale, ma non basta per parlare di
filosofia: magari, come in quest’ultimo aspetto, si approfondiscono aspetti particolari
della vita dell’uomo esistente, del soggetto-filosofo, come ci propone ad esempio,
l’Esistenzialismo, ma si dimentica che l’ente-esistente senza l’essere, aspetto
dell’indagine filosofica, non è esistente, gli manca la consistenza per essere un
esistente veramente e realmente esistente. Sono aspetti propedeutici, preambula
philosophiae, non philosophia. Si tratta di aspetti introduttivi che , tra l’altro, non
vanno tra loro disgiunti se si vuole un’indagine completa sui mezzi del far filosofia,
ma sono appunto mezzi, per cui si confondono i mezzi del “far filosofia” con la
filosofia stessa: l’indagine su di essi, per quanto importante e per certi aspetti
essenziale e necessaria, rischia di farci rimanere sempre ad un livello introduttivo alla
filosofia come di quella persona che, parafrasando Pascal, si impegna tutta la vita per
prepararsi a vivere e non vive mai. E’ come quel proverbio cinese: 2E’ proprio dello
stolto, quando il dito indica la Luna, guardare il dito”. Per cui come la filosofia si
pone il “perché” e non il “come”, oggetto invece dell’indagine scientifica, così se
vogliamo parlare di filosofia bisogna rispondere, certo con mezzi adeguati, al suo
“perché” e non al suo “come”. Si indugia, quindi, sui particolari e sui mezzi,
d’altronde lo stesso Wittgenstein riconosce che il linguaggio, quello scientifico e
quindi vero, non può dire tutta la realtà, ma unicamente quella sperimentabile “di
quello di cui non si può dire si deve tacere”, ma quello di cui si dovrebbe tacere è
proprio l’oggetto della filosofia, e se una filosofia non aspira al tutto, all’intero
dell’essere che filosofia è ? E’ quindi strutturale alla ragione umana e suo essenziale
2
Cfr.: H.ARENDT, Le origini del totalitarismo, tr. it., Milano 1997, pp. 471-535.
3
compito spiegare la realtà in tutti i suoi fattori, perché è la domanda di senso totale,
che è a sua volta strutturale al nostro io che lo esige e ciò non è certo compito
esclusivo di una ragione dimostrativa o scientifica che punta unicamente sui
particolari e sul “come”. Nell’esperienza dell’incontro con la realtà la ragione si svela
come esigenza di significato totale anche se non totalizzante, infatti, per sua natura,
tende a stabilire nessi, ma sostenuta continuamente dalla domanda di un “perché”
sempre più esaustivo. Per cui la ragione non si può accontentare per convenienza o
calcolo di risposte parziali se non snaturando e sottovalutando se stessa, in quanto il
senso di una cosa è dato dal suo rapportarsi con tutti i fattori in gioco. Si è perso il
senso, e quindi la ricerca dell’intero, dell’interezza dell’uomo e della totalità della
realtà, unico fine della ricerca filosofica. E come di volta in volta uno di questi aspetti
è stato assolutizzato fino a determinare il presunto senso unitario ed esaustivo della
storia umana, così la filosofia, fondandosi su tali presupposti, inebriando e
sottovalutando la sua peculiare criticità e ricerca dell’intero, s’è resa strumento di
assolutizzazioni ideologiche e quindi di asservimento acritico alla mentalità o
all’andazzo dominante, giustificando tutto: il filosofo è uno dei tanti “tuttologi” che
imperversano nei media, e parlano di tutto, sentenziando su tutto, tuttavia non sanno
cogliere il Tutto. Per cui: “Anche quando la filosofia – afferma Agazzi - riconosce ad
altri campi di ricerca il compito di fornire all’uomo una ricchezza di “sapere”, essa si
assume ciò nondimeno il compito di “conferire un senso” e di “ricercare un
fondamento” a questo sapere, di interpretarlo da un punto di vista critico e globale,
senza il quale l’esigenza di comprensione del reale che si realizza nelle scienze, e in
generale nelle discipline particolari, resterebbe insoddisfatta. In altri termini, il
problema del senso e quello del fondamento si pongono all’interno delle discipline,
ma non vi trovano una trattazione adeguata. Può accadere persino che siano degli
scienziati ad occuparsi di questi problemi, ma in questo caso essi non fanno più della
scienza, bensì della filosofia (non è questione di mestiere ma di prospettiva)…Le
grandi questioni circa l’essere, il dovere, il destino dell’uomo, il valore della persona,
della libertà, della democrazia, il senso della vita, le possibilità della conoscenza, le
modalità del pensare rigoroso, sono tutti aspetti che nessuna “filosofia di” coltiva in
modo specifico (anche se si trova volta a volta prevalentemente attratta nell’orbita
dell’una o dell’altra di queste tematiche, ma mai di tutte”3
Ora se la filosofia fa difficoltà a proporsi come sapere unitario (anche perché queste
presunte filosofie, pur nei loro settorialismi, pretendono ergersi a “filosofia”,
all’unica e vera filosofia, scambiando appunto il particolare con il tutto) non deve
meravigliare che il termine filosofia sia inflazionato e, come ogni inflazione è perdita
di valore, così è per la filosofia che, ben che le vada, diventa strategia, tattica, abilità
intellettuale, “consulenza filosofica” (è l’ultima frontiera della ricerca e del mestiere
del filosofo un frammisto tra psicoterapeuta e padre spirituale), così come spesso
viene citata nello sport, nel desing, nella moda, fino ad arrivare alle affermazione,
oramai proverbiali e popolari: “vivi con filosofia”, “prendila con filosofia”. Credo,
come spesso accade, che in tali ultime affermazioni ci sia una parte di verità, nel
E. AGAZZI, Filosofia “filosofia di”, in Filosofia e filosofia di, a cura di E.Agazzi, Brescia, La Scuola, 1961, p. 2325.
3
4
senso che la filosofia riguarda, in primo luogo, proprio il “vivere” e quindi non può
esimersi dalla considerazione di “chi” filosofa, del soggetto della filosofia, dell’uomo
che di fronte alla realtà, a tutta la realtà (oggetto) prova una tale drammatica
corrispondenza con la profondità del suo cuore da provare una meraviglia da far
sorgere domande di verità, da immetterlo in un cammino di ricerca della verità che
possa rispondere esaurientemente e totalmente al suo intimo desiderio di verità totale.
Non si può far filosofia, né la si può studiare se non si hanno domande da fare
all’esistenza di me soggetto e della realtà oggetto che mi sta inesorabilmente di
fronte. Non posso mettermi con frutto a far filosofia se questa non nasce dalle
domande che io pongo alla vita e queste domande nascono se c’è un’esperienza in me
di me e della realtà circostante. E per esperienza si intende l’uomo nella sua
esperienza primaria, nelle sue strutture fondamentali, quindi l’uomo come desiderio
di…di felicità, di giustizia, di amore, di verità, ma della verità ultima di sé e di tutto
ciò che lo attornia. E la domanda nasce proprio dallo stupore che reca in sé
l’esperienza umana, dallo stupore di percepirsi esistente e desiderante, ma nello
stesso tempo nel giudizio di non trovare in sé il principio ultimo; nello stupore di
percepirsi pensante ma finito, contingente, limitato “Riconosci dunque – asserisce
Agostino - qual è la suprema armonia: non uscire fuori di te, rientra in te stesso, la
verità abita nel profondo dell’uomo; e se troverai che la tua natura è mutevole,
trascendi te stesso. Ricordati però, mentre trascendi te stesso, che trascendi un’anima
razionale: tendi, dunque, là dove si accende la stessa luce della ragione. Dove giunge,
infatti, un buon ragionatore, se non alla verità? La verità non giunge a se stessa col
ragionamento, ma essa è quel che ricercano gli uomini che ragionano. Vedi là
un’armonia superiore ad ogni altra, e conformati ad essa. Confessa che tu non sei
quel che essa è; infatti essa non cerca se stessa, mentre tu sei giunto ad essa con la
ricerca, non attraverso lo spazio, ma con la passione della ragione, perché l’uomo
interiore si conformi col suo ospite interno, in una gioia non bassa e carnale, ma
suprema e spirituale”4.. La filosofia è allora il tentativo di rendersi ragione
dell’esperienza, di scoprire la ragionevolezza dell’esperienza, di mostrare la struttura
sostanziale dell’esperienza umana nel senso che questa intelligenza avviene
nell’uomo, ma non riguarda solo l’uomo bensì tutta la realtà, perché tutto ciò che è:
l’essere, è domanda di ragionevolezza del proprio esistere. La filosofia non si riduce
ad un esercizio del pensiero e del discorso volti ad affinare il senso critico o i suoi
strumenti logici, ma socraticamente per una messa in questione dell’esistenza, essa è
interrogazione da cui non si può sfuggire senza perdere della propria umanità, un
discorso sulla condizione umana colta in atteggiamento fondamentale ossia in quello
dell’uomo che misura la sua possibilità di conoscenza del vero. Si tratta, come
afferma Heidegger, di un “mettere in questione se stessi” o come sottolinea
Kolakowsky di una “lotta per il significato”, dove ogni cosa sia fornita di senso e di
finalità. L’uomo è strutturalmente aperto al senso del tutto, alla Totalità, è fatto per
essa, perché non può appagarsi se non in essa anche se, non riuscendo pienamente a
raggiungerla spesso tende continuamente a convincersi che la totalità sia quella che
4
AGOSTINO, De vera religione, XXXIX, 72.
5
egli ha raggiunto, che egli ha determinato. La storia della filosofia è piena di queste
assolutizzazioni e quindi piena di menzogna nei confronti della domanda di totalità
dell’uomo, per cui una cosa che è giustissima rimanendo un pezzetto, viene gonfiata e
fatta diventare il tutto: si chiama ideologia: “La menzogna – afferma Chesterton –
non è una falsità, ma è una verità isolata dal suo contesto, portata attraverso un
gonfiamento ad essere il tutto”. Ora che uno voglia bene ad una persona è una verità,
ma che per voler bene a quella persona dimentichi tutto il resto, è una menzogna,
perché per quanto bene le possa volere non può essere il senso esauriente della sua
domanda di totalità. Il problema fondamentale della filosofia è proprio lasciare che
gli occhi siano liberi di vedere e che gli orecchi sentano. La filosofia è un discorso
sulla condizione umana colta in un atteggiamento fondamentale: quello dell’uomo
che riconosce il desiderio esistenziale che nasce dalla profondità del suo cuore e nello
stesso tempo misura ontologicamente le sue possibilità e i suoi limiti nel conoscere il
vero, nel riconoscere nella realtà le tracce dell’Essere.
Certo allora siamo tutti filosofi, ma non siamo tutti filosofi: tutti filosofi rispetto alle
domande di cui tutti facciamo esperienza elementare, solo alcuni sono filosofi per
l’affronto razionale (metodo) di tali domande e della loro razionale o quantomeno
ragionevole risposta in una ricerca incessante della verità nella sua totalità.
E allora filosofia e/o filosofie nel Novecento? Lascio a voi interpretare la mia scelta
di campo, certo ho proposto una chiave di lettura attraverso la quale poco rimane nel
Novecento della filosofia generale nelle cosiddette filosofie specifiche
contemporanee e delle “filosofie di” che non facciano organico e teoretico
riferimento alla filosofia generale, senza nulla togliere ai vari meriti nella ricerca e
non solo filosofica insiti in molte di tali specifiche filosofie. E comunque, piuttosto
che un acritico e dogmatico o ideologico conformismo, meglio il rischio della
parcellizzazione e della diaspora senza, però, mai dimenticare il tentativo di costruire
un quadro organico, unitario (così esige la nostra natura, così esige la filosofia) nel
quale le parti, le tendenze, i problemi e i metodi della filosofia trovino una loro
coerente e sistematica collocazione teoretica, aspetto quest’ ultimo che dovrebbe
accompagnare non solo la filosofia o la ricerca in generale, ma la vita stessa
dell’uomo. Scrive Archiloco: “ Molte cose sa la volpe, una sola il riccio, ma grande”.
Maurizio Sfriso
6
Scarica