LA SALINA DI MARGHERITA DI SAVOIA bacini del sale Si estendono su una fascia lunga circa 20 km, spingendosi nell’interno per una profondità massima di circa 5 km.La superficie totale è di circa 4500 ettari. La superficie utile coperta dalle acque è di circa 4000 ettari. Quest’ultima superficie è suddivisa in evaporante (3500 ettari) e salante (500 ettari). Gli altri 500 ettari di superficie sono costituiti da strade, argini, aie di ammassamento, officine, uffici, alloggi ecc. La superficie evaporante serve a portare le acque del mare a saturazione rispetto al cloruro di sodio (l’acqua di mare ha una densità di 3,5 Baumè e la saturazione la si raggiunge ad una densità di 25,7 Bè alla temperatura di circa 15° C); l’altra superficie coperta dalle acque costituisce la zona salante nella quale si ha a disposizione il sale. Questa zona viene continuamente alimentata con acqua satura preparata dalla zona evaporante e raggiunge a fine campagna salifera i 30 gradi Bè. Le vasche evaporanti della Salina hanno superfici e forme variabili in dipendenza dell’andamento altimetrico del terreno. Le vasche salanti pur conservando la variabilità nelle superfici sono invece perfettamente regolari nella forma per esigenze di raccolta. La natura del terreno è per la massima parte argilloso e presenta un elevato grado di impermeabilità. Il movimento delle acque a ciclo continuo viene realizzato sfruttando nella maggior parte della superficie il dislivello naturale del terreno; ove ciò non è possibile provvedono sei stazioni idrovore dislocate nelle varie zone della salina. La prima di queste stazioni, in ordine di grandezza, è quella che provvede al prelevamento delle acque di mare. La quantità di acqua di mare utilizzata per la produzione del sale varia a seconda dell'’andamento stagionale ; essa si aggira in media intorno ai 30.000.000 di metri cubi annui. L’acqua di mare raggiunto il grado di saturazione (25,7 Bè) si riduce a circa 1/10 del suo volume; quando invece raggiunge il grado finale di 30 Bè il suo volume iniziale si riduce ad 1/40. Il periodo più favorevole alla produzione comprende i mesi di giugno, luglio, agosto e settembre. La produzione media annua di sale è di circa 6 milioni di quintali. LA STORIA DELLA SALINA lavorazione del Sale La storia di Margherita di Savoia vive da sempre in perfetta simbiosi con la storia della sua salina. L’attuale Salina di Margherita di Savoia è situata lungo una fascia costiera, nella parte settentrionale della Puglia, che va dal territorio di Barletta a sud e termina a nord tra quello di Zapponeta e quello di Manfredonia (cart top tav 1 e 2 ). I primi insediamenti risalgono al IV secolo a.C., quando gli Illiri, sbarcati dalla Dalmazia colonizzarono questa zona e la resero fertile e fiorente: sfruttando la posizione strategica tra le città di Arpi, Salpi e Canne, favorirono il commercio con l’Oriente. Successivamente, nonostante le turbolente invasioni in Puglia, la Salina continuò ad esportare sale in Oriente e nella Repubblica di Venezia. Le saline furono anche territorio di dominio da parte dei Romani che si insediarono attorno al lago Salpi (lago salato), attualmente zona evaporante. Di qui passava anche la via Salaria, che dall’Adriatico portava fino a Roma. Con il diffondersi del cristianesimo, Saliniis assume il nome di Sancta Maria de Saliniis (1105 d.C.) e fu donata al vescovo di Canne dal Conte di Canne Goffredo il Normanno. Distrutta Canne, Sancta Maria de Saliniis fu ceduta nel 1158 ai Templari di Barletta. Pur avendo resistito alle varie lotte per il suo predominio e alla pressione fiscale, questo casale si spopolò quasi completamente a causa della malaria: i salinari si rifugiarono (fine 1200 inizi 1300), attorno alla chiesa di S. Agostino di Barletta, dove fondarono una comunità autonoma: le Saline si chiamarono Salinelle di Barletta. A questo primo esodo fece seguito, verso la fine del 1600, un secondo esodo, quello dei salinari che da Barletta cominciarono a stabilirsi in salina. Infatti, dopo le opere di bonifica del lago Salpi, avvenute sotto Carlo III di Borbone, furono costruite le prime abitazioni, i pagliai. Nella prima metà del 1700 il centro rappresentava uno dei più grossi concentramenti di mano d’opera salariata del Mezzogiorno. Il nuovo nucleo di abitanti comincia a coltivare gli arenili, a seminare nella sabbia su cui aveva costruito le proprie capanne: era una produzione appena sufficiente per la sopravvivenza. A quel tempo era lo Stato ad occuparsi di tutte le spese (dallo stipendio al medico, al farmacista, al salassatore, e a tutte le spese occorrenti alla comunità), essendo questo popolo destinato principalmente alla coltivazione del sale. Tra il 1700 e il 1800 ci fu un forte incremento demografico e l’espansione degli orti costieri. Nel 1813 i Salinari si separarono dal Comune di Casale della Trinità (attuale Trinitapoli, a 5 Km. da Margherita nell’interno), del quale erano stati una frazione. Risale a questo periodo la figura del direttore-sindaco che coincideva con quella del direttore della salina. A causa del sensibile aumento della popolazione, nel 1847 oltre 1500 salinari si trasferirono nella colonia di S. Cassano (attuale S.Ferdinando, a 10 Km da Margherita). Con il Regno d’Italia la popolazione elesse una sua amministrazione, con un suo consiglio comunale ed un suo sindaco. Da quel momento in poi i rapporti tra gli amministratori della salina e gli amministratori del comune furono controversi. Nel 1894 il comune, che ormai dal 1879 aveva preso il nome di Margherita di Savoia dalla prima regina d’Italia, ottenne dallo Stato i mezzi necessari alla sua sussistenza. Soltanto nel 1927 questo comune ottenne il suo primo stemma civico. Risale al 1897 la prima visita ufficiale dello Stato, compiuta dal ad opera del ministro Prinetti e dall’onorevole De Cesare, il quale in un articolo della “Nuova Antologia” del 1° Marzo 1897 dal titolo Agro Romano e Tavoliere di Puglia scrisse : “Per Margherita di Savoia il caso è addirittura inverosimile. Quella Salina rappresenta una vera ricchezza dello Stato, mentre la sua popolazione, così paziente e laboriosa, senza territorio nè strade è condannata alla miseria […]. Quella gente ancora spera di avere un territorio che emerga dalla palude”. La Salina sembrava un campo per lavori forzati, che tra l’altro ha ospitato i prigionieri di guerra, portati qui in mancanza di mano d’opera). Ma si dovette aspettare gli anni Sessanta del 1900 per essere testimoni di una vera e propria rivoluzione tecnologica all’interno della salina : dalla fase artigianale si passa a quella industriale: nasce la macchina-raccoglitrice (detta anche macchina-carello[, oggi in disuso). Il Saliniere da operaio manovale-contadino si trasforma in meccanico, elettricista, motorista. Nasce la divisione del lavoro, l’operaio specializzato. LA FLORA NELLE SALINE Le paludi sono ambienti di notevole interesse naturalistico, tra i più produttivi e ad altissima biodiversità. Per questi motivi, ed a causa della drastica riduzione subita negli ultimi sessanta anni a causa della bonifica, sono da tempo all’attenzione degli organi di conservazione ed oggetto di convenzioni e trattati internazionali perché ancora fortemente minacciati. Questi ambienti, in gran parte sutuati nelle zone costiere in corrispondenza degli ultimi tratti di fiumi e trorrenti, sono in genere caratterizzati da una ricca vegetazione idrofila ed igrofila oltre che acquatica. La composizione floristica varia a seconda del grado di salinità, anche se vi sono specie eurialine come la Lenticchia d’acqua, che colonizzano sia le acque dolci che quelle salmastre. Tra le specie tipiche di questi habitat troviamo la Canna di palude, la Mazze sorde, il Giunco, la Tamerice, ecc. I suoli prossimi alle paludi costiere salmastre. cosiddetti "terreni salsi" poichè ricchi di sale che, ove non danneggiati dall’uomo, danno origine ad una interessante formazione vegetale: il Salicornieto. Questo tipo di prateria molto particolare, riconosciuta dalla Comunità Europea come habitat prioritario, è costituita da specie alofile (amanti del sale) con una dominanza delle Chenopodiacee, in particolare la Salicornia, frutice con rami carnosi, un tempo utilizzati anche per l’alimentazione. LA FAUNA NELLE SALINE Piropiro la fauna è spiccatamente ornitica, anche se non è da trascurare la presenza ittica, memoria di quando alcune vasche erano adibite all’allevamento del pesce e la presenza di pipistrelli, attirati nell’area dall’abbondante presenza di insetti. Altri mammiferi che frequentano la salina sono la Volpe e la Donnola, quest'ultima osservata proprio presso le strutture dell’Osservatorio naturalistico. La potenzialità faunistica delle saline è dovuta in gran parte alla presenza di una serie di vasche a crescente salinità e differente profondità che consentono di soddisfare le esigenze di differenti specie. Le saline costituiscono uno straordinario habitat soprattutto per la sosta e lo svernamento dei limicoli (piccoli uccelli che si muovono dove l’acqua è meno profonda in cerca di piccole prede quali molluschi, larve e vermi) trai i quali il Piovanello pancianera che a volte supera i 10.000 individui, il Gambecchio, l’Avocetta, il Chiurlo e anche il rarissimo Chiulottello, la specie in assoluto più a rischio di estinzione dell'intero Paleartico. Tra gli anatidi è di rilievo la presenza di un curioso uccello dal becco rosso, la rara Volpoca (così detta per l’abitudine di nidificare nelle cavità scavate nel terreno da volpi e conigli) ed il Fischione, purtroppo oggetto di bracconaggio ancora presente nella zona. A questi uccelli si aggiungono per interesse la presenza invernale di Spatole, Gru, Aironi bianchi maggiori, e di piccoli gruppi di Oche che un tempo si riversavano a migliaia ricoprendo le aree incolte ai margini della riserva. Tra i nidificanti in fine il Cavaliere d’Italia, l’Avocetta, il Fratino, il Fraticello, la Sterna zampenere, la Pernice di mare, il Gabbiano roseo, il Gabbiano corallino oltre all’ormai famoso Fenicottero rosa che ormai costantemente al di sopra del migliaio di individui ha costituito proprio nella salina una delle più importanti popolazioni europee di questa specie ZONA UMIDA DI MARGHERITA DI SAVOIA Zona umida di Margherita di Savoia La Zona Umida della città salinara annovera circa 100 specie di uccelli diverse fra stanziali e svernanti, e annualmente raggiunge una popolazione di circa 40.000 esemplari. Si estende su una superficie totale di circa 4500 ettari parallelamente alla costa adriatica, su una fascia lunga 20 chilometri e larga 4. La profondità delle vasche varia tra i 2 e i 3 metri. Le Saline di Margherita di Savoia sono inserite nel Sito di Importanza Comunitaria “Zone Umide della Capitanata” (CODICE IT9110005) ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE. All’interno del SIC sono stati individuati gli habitat prioritari relativi alle lagune e alle steppe salate, caratterizzati da flora e fauna idonei a vivere in presenza di elevate concentrazioni saline. Essa è costituita da una vasta distesa di acque calme di profondità variabile suddivise, tramite arginelli artificiali, in vasche adibite alla produzione del sale marino. È la salina più grande d'Italia e una delle più vaste dell'intero bacino mediterraneo. Sul luogo dell'odierna salina si trovava originariamente una vasta laguna costiera, il lago Salpi. A seguito probabilmente di periodici allagamenti di acqua marina nei terreni retrodunali l'evaporazione formava estese incrostazioni di sale. Fu questo che con ogni probabilità suscitò l'interesse dell'uomo per questo luogo nel corso dei secoli. L'area vide insediamenti già nel periodo neolitico e in seguito, con la fondazione della città di Salpi, vi si succedettero i Greci e i Romani. Questi ultimi utilizzarono Salpi, nel frattempo rinominata Salapia, con la vicina Siponto anche da punto di imbarco per i cereali prodotti nel Tavoliere. Della floridezza della città rimangono oggi soltanto rovine sommerse ed un molo costruito con lastroni di pietra dell'VIII secolo a.C. I Romani utilizzarono intensamente i depositi salini e questa attività continuò a svilupparsi in tutte le epoche successive nel corso delle quali l'intero assetto territoriale della zona progressivamente si modificò in funzione delle nuove tecniche di estrazione del sale. I deflussi delle acque basati sulla pendenza naturale dei terreni furono sostituiti da vasche e in seguito da sistemi di idrovore. Nelle saline operarono già dal medioevo, nel rinascimento e nelle epoche successive progettisti famosi ed illustri. Sono ancora osservabili delle strutture fatte costruire da Ferdinando I di Borbone nella prima metà dell'ottocento che rappresentano importanti testimonianze di archeologia industriale. La raccolta manuale del sale è stata progressivamente sostituita da sistemi meccanizzati. Unitamente alle funzioni produttive le acque della salina hanno attirato sin dall'antichità l'attenzione dell'uomo per le loro proprietà terapeutiche. Oggi con le famose "Acque Madri " o "acque rosse " delle saline si praticano cure nello stabilimento termale di Margherita di Savoia. Il salicornieto che forma una vera e propria prateria, rappresenta a sua volta un habitat prioritario ed è costituito, come suggerisce il nome, dalla presenza della salicornia. Questa pianta rappresenta un’importante difesa per i suoli grazie alla sua capacità di trattenimento dei fanghi ipersalini che quindi non si disperdono nei terreni circostanti. La caratteristica colorazione rossa delle acque dei bacini salanti (acque madri) è dovuta alla presenza di alghe contenenti elevate concentrazioni di betacarotene, come la Dunaliella salina e di numerosi microrganismi capaci di tollerare la salinità. Le Saline di Margherita di Savoia rappresentano l’habitat idoneo a ospitare una grande varietà di organismi viventi: microrganismi alofili, molluschi, insetti e crostacei adattati alle diverse condizioni di salinità delle acque. La specie più caratteristica di questi ambienti é l’Artemia salina, crostaceo delle dimensioni di qualche millimetro ben adattato a vivere in acque a elevata salinità. L’Artemia salina è l’unica specie in grado di tollerare acque con un tasso di salinità superiore ai 300 grammi/litro, perché ha sviluppato la capacità di assorbire acqua salata ed eliminare i sali in essa contenuti. I microrganismi che vivono attaccati al fondo delle vasche, contribuendo a creare uno strato isolante, favoriscono la produzione di sale e arricchiscono di sostanze organiche le acque. Tra questi microrganismi l’Halobacterium salinarum, tipico degli habitat ipersalini che richiede concentrazioni saline almeno del 20-25 per cento e alcuni cianobatteri capaci di sopravvivere in condizioni estreme di aridità e salinità. La variabilità nella concentrazione dei sali, tra le diverse vasche, determina la formazione di innumerevoli nicchie ecologiche ciascuna delle quali è occupata selettivamente e periodicamente da una moltitudine di specie di uccelli. Molte tra le specie ospitate in questi specchi d’acqua sono tutelate dalla Direttiva Uccelli e Direttiva Habitat (79/409/CEE e 92/43/CEE) e altre sono inserite nella Lista Rossa Nazionale. La zona costituisce infatti un ambiente umido particolarmente adatto alla sosta e al rifugio di numerosi uccelli migratori che trovano nutrimento nelle acque della laguna, alimentandosi di molluschi, larve, vermi e insetti. Le vasche delle saline ospitano numerosi uccelli svernanti appartenenti a quasi tutti i gruppi di specie presenti nel bacino del Mediterraneo tra cui la volpoca, le fischione, il piovanello, il gabbiano roseo e l’avocetta. La presenza del fenicottero rosa come nidificante è una acquisizione recente (1996) che ha ulteriormente rafforzato il valore del sito. La colonia è la sola presente nel Mediterraneo centro-orientale e ha quindi un elevato valore biogeografico.