RAVENNA IN ETÀ OTTONIANA (966-1002) I caratteristici campanili cilindrici aggiunti a varie basiliche ravennati nel X secolo costituiscono le testimonianze monumentali più significative superstiti delle rinnovate fortune della città adriatica in età ottoniana. Incoronato imperatore il 2 febbraio 962 da papa Giovanni XII, Ottone I risiedette infatti sovente a Ravenna, dove fece anche costruire un palazzo, che ospitò anche i suoi successori. La scelta della città si inquadrava in una politica imperiale che non solo mirava a mantenere saldi rapporti con il mondo bizantino (non a caso Ottone I sposare il figlio Ottone II alla principessa bizantina Teofane) ma che fu anche promotrice di missioni volte a cristianizzare i popoli pagani dell’Europa orientale. Nel 967/68 la basilica di S. Apollinare Nuovo fu sede di un concilio di vescovi indetto da Ottone I a cui partecipò anche il papa Giovanni XIII: in esso si decise l’elezione del monaco tedesco Adalberto come primo vescovo di Magdeburgo presso l’Elba, nella Germania Orientale, con il compito di evangelizzare gli Slavi e in particolare il popolo polacco, il cui re, Mieszko I, si era da poco convertito al cattolicesimo. Allievo di Adalberto di Magdeburgo fu il giovane boemo Vojtech, che con il nome di Adalberto diventerà vescovo di Praga (983); inviato in Prussia come missionario, finirà ucciso da alcuni pagani nel 997. Dopo il regno decennale di Ottone II (973-983), Ottone III, salito al trono appena a 3 anni, soggiornò spesso in Italia. A Roma nel 995 riuscì a imporre il proprio cugino ventiquattrenne Brunone di Carinzia come papa (Gregorio V), dal quale si fece incoronare imperatore; in quello stesso periodo incontrò qui anche Adalberto di Praga. Assentatosi da Roma per combattere contro gli Slavi, Ottone trovò al suo ritorno il papa spodestato dal patrizio romano Crescenzio, che aveva messo al suo posto l’antipapa Giovanni XVI. Dopo aver fatto decapitare il primo e aver chiuso in convento il secondo, orrendamente mutilato, Ottone III riportò al potere Gregorio V (998) e si trasferì a Ravenna, dove fece eleggere vescovo della città l’intellettuale più prestigioso dell’epoca, Gerberto di Aurillac. Gerberto, monaco francese esperto di astronomia, geometria, aritmetica e musica, aveva conosciuto da giovane a Roma Ottone I, ed era stato chiamato da lui come precettore di Ottone II; nel 981, alla presenza di quest’ultimo, aveva vinto una disputa filosofica proprio a Ravenna con Otrico di Magdeburgo, venendo eletto subito dopo vescovo di Bobbio da Ottone II. Nel 991 era stato nominato vescovo di Reims, in sostituzione del contestato Arnulfo, figlio del re Lotario. Nel 999 Gregorio V morì, e Ottone III fece eleggere papa proprio Gerberto di Aurillac, che prese il nome di Silvestro II, in riferimento al papa dell’età costantiniana. Il progetto di Ottone e Silvestro era quello di dare vita ad una nuova Europa cristiana, con Roma capitale, favorendo altresì l’evangelizzazione dei popoli slavi, i quali solo nel IX secolo, con i santi bizantini Cirillo e Metodio, erano stati introdotti al Cristianesimo. Ma, al ritorno da un viaggio in Polonia, dove aveva pregato sulla tomba del martire Adalberto, Ottone fu cacciato da Roma (1001) e si rifugiò con il Papa a Ravenna. In S. Apollinare in Classe il 4 aprile 1001 si svolse in presenza di entrambi un concilio, che sancì l’istituzione di vescovati in Ungheria, dove il re Stefano I aveva abbracciato il cristanesimo. Egli infatti cinque anni prima si era fatto battezzare a Colonia da Adalberto di Praga alla presenza di Ottone III e il 1° gennaio del 1001 (o nel Natale precedente) era stato consacrato re ricevendo sul capo una corona inviata da Silvestro II, tradizionalmente identificata con quella celeberrima (peraltro forse posteriore), oggi conservata nel parlamento ungherese. Fra l’altro nel 1030 re Stefano, diretto a Roma, passerà anche da Ravenna, dove fondò un’abbazia presso S. Pietro in Vincoli. Nel soggiorno ravennate Ottone fu in stretto contatto con il monaco benedettino san Romualdo, che nell’isola del Pereo, formata da un’ansa della foce del Po, vicino all’odierna Sant’Alberto, aveva fondato un eremo. Ottone lo ingrandì, per destinarlo alla formazione dei monaci destinati alla missione; ad esso donò anche una reliquia di Sant’Adalberto, tuttora conservata nella chiesa di Sant’Alberto. Obbedendo alla richiesta di missionari da parte del re Boleslao di Polonia, Ottone si rivolse a san Romualdo e due discepoli, Giovanni di Classe e Benedetto di Benevento partirono volontariamente. Tuttavia la loro missione fu compromessa dalla morte di Ottone III (gennaio 1002) e dalla dichiarazione di guerra alla Polonia presentata dal successore Enrico II; mentre attendevano l’autorizzazione papale per la missione, i due monaci romualdini furono uccisi insieme ad altri tre compagni da una banda di ladri: essi sono considerati i primi martiri della Chiesa polacca. Un altro discepolo di Romualdo, Benedetto (Bruno) di Querfurt, dal Perèo si recherà nella Germania Orientale, in Moravia, Ungheria, in Russia presso Kiev e quindi in Prussia, dove apprende la sorte di Giovanni e Benedetto (di cui scrive la vita) e in Lituania; qui viene ucciso, assieme ad altri diciotto compagni nel 1009. Altri discepoli di Romualdo andarono in Boemia e Ungheria.