$LOGOIMAGE IL PROTOCOLLO DI KYOTO:SUE APPLICAZIONI E DISTORSIONI (PRIMA PARTE) Il protocollo di kyoto: sue applicazioni e distorsioni (prima parte) La disciplina in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (1) (gas climateranti, greenhouse gases, GHG) prende avvio dal Protocollo di Kyoto (2) entrato in vigore il 16 febbraio 2005, originata dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) del 1992, ed approvato con decisione 2002/358/Ce del 25 aprile 2002 (3). Nella UE è stata poi emanata la famosa direttiva 2003/87/CE. In buona sostanza, nel sistema del Protocollo di Kyoto si prevede di utilizzare, tra altro, strumenti di mercato, ossia di scambio, pensando che si formi un equilibrio tra domanda e offerta (tra società o Nazioni) (4) in un sistema chiamato emission trading (5), ovvero di un sistema di mercato (flessibile, di costi, di efficienza, ma commerciale) dove il prezzo riflette il costo marginale degli interventi di riduzione delle emissioni (6). Ma il mercato per lo scambio dei sistemi di emissione può avvenire anche in mercati non organizzati (cosiddetti markets over the counter), con costi di transazione non trascurabili, con asimmetrie informative tra le parti, per quanto possibile colmabili anche con contratti dettagliati. Nei mercati organizzati, ovvero in presenza di una disciplina regolamentare e con la presenza di determinati operatori, di un monitoraggio, della certificazione degli scambi, della diffusione al pubblico delle informazioni sulle negoziazioni e così via. Del resto il carbon risk e la sua gestione riguardano le strategie di medio-lungo termine delle aziende. Il Protocollo di Kyoto "impone ai paesi industriali obblighi minimi giuridicamente vincolanti. L'obiettivo principale (...) è secondo l'art. 2 l'impegno a evitare «un pericoloso disturbo antropogeno del sistema climatico»" (7). Va tenuto presente che "la riduzione delle emissioni fissata dal protocollo, non significa in alcun modo immediata diminuzione di concentrazione del gas nell'atmosfera. L'aggiustamento delle concentrazioni di gas di serra in funzione della riduzione delle emissioni dipende dalla natura chimica e fisica dei processi coinvolti per rimuovere ogni gas dall'atmosfera. La concentrazione atmosferica finale è determinata dal bilancio tra la velocità di immissione degli inquinanti da parte delle sorgenti (attività umane e naturali) e la velocità di rimozione degli stessi da parte dei bacini (rimozione dei gas dall'atmosfera attraverso reazioni chimiche, ad esempio negli oceani)" (8). In primo luogo una autorità pubblica funge da ente regolatore - che determina sulla base delle quote di emissione attribuite ad ogni Paese in base al Piano Nazionale di Assegnazione (PNA) (9) - una certa quantità di emissioni (tonnellate equivalenti di CO2 (10)) identificate e misurate, o comunque verificabili, da un sistema nazionale che istituisce il registro nazionale delle quote di emissioni, il registro comunitario, il catalogo indipendente comunitario delle operazioni e quello dell'UNFCCC ed il registro del CDM Executive Board. Ove le contrattazioni delle quote di emissioni siano bilaterali (OTC) il venditore è obbligato ad inserire l'operazione nel Registro nazionale delle emissioni tenuto dall'ISPRA (11). L'unità di misura (rectius, di riduzione) delle emissioni diventa una "quota di emissioni" ossia un diritto, un credito, ad emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente per un periodo determinato. Oltre al credito, si può creare una nuova merce (12) con il trasferimento delle emissioni. Sono però previste delle sanzioni a carico dei gestori degli impianti (all. 1 direttiva 2003/87/CE) che omettano la domanda di autorizzazione (13) al Ministero dell'Ambiente (14) (euro 40 per tonn. di CO2 emessa senza autorizzazione), oppure per informazioni false o altre ipotesi. I gas ad effetto serra di cui alla normativa comunitaria sono sei: Biossido di carbonio (CO2); Metano (CH4); Protossido di azoto (N20); Idrofluorocarburi (HFC); Perfluorocarburi (PFC); Esafluoro di zolfo (SF6). Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 1/5 $LOGOIMAGE I settori interessati (allegato I della direttiva 2003/87/CE del 13 ottobre 2003) sono (15): • Attività energetiche; • Raffinerie di petrolio e gas; • Cockerie; • Industria del ferro e dell'acciaio; • Industria del cemento e della calce; • Industria del vetro e della ceramica; • Industria della carta e del cartone. Occorre un impianto gestito da una persona (fisica o giuridica) cui si associano le attività rilevanti agli effetti di cui trattasi, ove le quote in pratica attestano la avvenuta certificazione di riduzioni di emissioni ottenute da uno specifico progetto (per esempio per aver introdotto una migliore tecnologia,etc.). All'inizio dell'esercizio si assegnano quote di emissione all'impianto, il quale monitora le proprie emissioni, a fine esercizio l'impianto dichiara le emissioni prodotte facendo verificare da soggetti accreditati la veridicità dei dati, l'impianto deve restituire le quote secondo le tonnellate di CO2 effettivamente emesse, talchè la differenza tra quote assegnate e le emissioni prodotte potrà essere ceduta o acquistata sul mercato. Ogni impianto deve essere autorizzato a emettere gas serra. Il meccanismo, oltre gli aspetti obbligatori, dovrebbe riorientare i soggetti ad un ripensamento delle proprie decisioni gestionali lato sensu, stante le implicazioni econonomiche (incentivi/disincentivi; allocazione di costi; costi marginali, et cetera) connessi al medesimo meccanismo e al mercato di cui trattasi. Per alcuni strumenti (vedasi oltre: JI e CDM) le riduzioni dei costi di adempimento agli obblighi di cui trattasi possono sfruttare la differenza tra i costi marginali di abbattimento, migliorando la redditività di un investimento contando sui ricavi da cessione delle quote ed eventuali spostamenti in altri mercati emergenti (16). Invero "molto spesso, se non addirittura nella maggior parte dei casi, i differenti interessi volti allo sfruttamento delle risorse naturali sono finiti addirittura per collocarsi al centro di veri e propri conflitti armati, spostando gli attriti dal livello politico a quello militare. E così gas, petrolio, risorse minerarie ma anche idriche, anziché arricchire il paniere delle opportunità che i common goods dovrebbero rappresentare per l'umanità intera, sono al centro di cruente contese per il loro impadronimento e che finiscono per impoverire ancor più i territori che al contrario dovrebbero beneficiare della loro presenza" (17). Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 2/5 $LOGOIMAGE NOTE: (1) Riscaldamento, che aumenta la temperatura atmosferica, provocato da alcuni gas detti climateranti o serra capaci di assorbire una parte dei raggi infrarossi emessi dal suolo e agli oceani. Essi sono da attribuire principalmente alle emissioni da produzione e uso di energia elettrica "In particolare, la produzione di energia elettrica è la principale fonte di emissioni di CO2 le cui quantità dipendono dalla tecnologia e dal tipo di combustibile fossile utilizzato. A ciò si aggiungano i danni derivanti dalla deforestazione e dalla persistente presenza di rifiuti sulla terra in termini di CO2 rilasciata nell'atmosfera" M. MARIANI, Finanza ambientale, Milano, 2011, p. 53. (2) Sul Protocollo di Kyoto in talune prospettazioni e tematizzazioni si vedano: A. FORNI, G. BROGNA, Gas climalteranti: Protocollo di Kyoto, Emission Tranding e Bilanci CO2 di termovalorizzatori di rifiuti, in A. PIEROBON (a cura di), Nuovo Manuale di diritto e gestione dell'ambiente, Rimini, 2009, p. 785 ss. F. MUSCO, D. PATASSINI, Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: valutazioni di efficacia di piani e politiche in Usa, in Europa e in Italia, in Nuovo Manuale cit., p. 809 ss. (3) "The Kyoto Protocol is not a negligible achievement, not is incapable of development in stronger and more universal terms, but real reduction in greenhouse gas emission will depend on the willingness of Annex 1 states to ratify and implement that agreement, on long-term trend for energy-efficient economic, growth in the major developing countries, and on success in deterring and remedying non-compliance. Nor should the continued influence of scientific research be forgotten; like the other agreements in this chapter, the evolution of emission targets and other controls on climate change is driven by the combination of politics, science, and institutions" P. BIRNIE, A. BOYLE, International law & the environment, Oxford, 2002, p. 533. (4) Si prevede però esplicitamente il requisito della supplementarietà in base al quale le parti "cercano di dare priorità alle azioni nazionali, in modo che queste rappresentino una parte significativa dei loro sforzi complessivi nella lotta contro il cambiamento climatico" M. MONTINI, La protezione dell'atmosfera e della fascia d'ozono e la prevenzione dei cambiamenti climatici, in A.FODELLA, L.PINESCHI (a cura di), La protezione dell'ambiente nel diritto internazionale, Torino, 2009, p. 255. (5) Che può essere un sistema cap and trade (definizione da parte degli Stati, di un tetto massimo alle emissioni complessive), oppure baseline and credits (definizione di un livello di emissioni che si verificherebbero in assenza di azioni da parte degli operatori). Invero, "la crisi del sistema cap and trade (CTS), già abbastanza tossico e sotto accusa, non consentirà la creazione di un vero e proprio mercato e metterà in crisi il dispositivo d'asta e di monetizzazione che garantisce il "diritto all'inquinamento" in cambio di discutibili incentivi alla crescita. I presunti prezzi per "unità di emissione" lasceranno spazio ad una più aggiornata tariffa pigouviana, secondo la quale verranno tassate le attività che generano esternalità negative. Ciò richiederà innovazioni di policy, un approccio più formale e meno volontario, un diverso rapporto fra mercato e amministrazione pubblica". F.MUSCO, D.PATASSINI, op.cit., p. 829. (6) "I costi marginali di riduzione dell'inquinamento sono sempre crescenti, in quanto sono soggetti alla legge dei rendimenti decrescenti all'aumentare della quantità/percentuale delle sostanze inquinanti da abbattere. Al pari dei costi di produzione, tenendo costanti tutti gli altri fattori produttivi, ogni unità aggiuntiva di riduzione delle emissioni inquinanti sarà soggetta a rendimenti decrescenti e quindi costi marginali crescenti. Virtualmente la riduzione a zero di ogni inquinante esterno potrebbe raggiungere un costo infinito, o comunque economicamente non accettabile. Questo consente all'azienda, a fronte di un sistema di sanzioni o di quote negoziabili, di valutare la convenienza economica della riduzione delle emissioni rispetto all'acquisto di Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 3/5 $LOGOIMAGE permessi, o di s anzioni per sforamento della quota assegnata" E. CICIGOI, P. FABBRI, Mercato delle emissioni ad effetto serra, Bologna, 2007, nota 11, pp. 88-89. (7) WUPPERTAL INSTITUT, Conflitti sulle risorse e giustizia globale. Un report del Wuppertal Institut a cura di W. SACHS e T. SANTARIUS, Milano, 2005, p. 196, il quale ricorda (a pag. 198) che "Nei negoziati sulle politiche del clima, quasi tutti i soggetti coinvolti dimenticano che porre dei limiti alle emissioni di gas serra equivale a una scelta tra i diritti umani e i diritti di lusso". (8) L. ANTONUCCI, Le politiche pubbliche ambientali, in M.MIGLIOVACCA, L.RIGAMONTI (a cura di), Cambiamenti climatici. Un approccio interdisciplinare per capire un Pianeta in trasformazione, Bologna, 2010, p. 235. (9) "L'idea è che gli Stati limitino le emissioni di CO2 da parte dei settori energetico e industriale attraverso l'assegnazione di quote di emissione, provocando in tal modo scarsità di quote, in modo che possa svilupparsi un mercato funzionante e chele emissioni complessive siano quindi ridotte effettivamente" così D. VERDESCA, R.BASOSI, Emission trading e piano assegnazione quote, Milano, 2006, p . 35. (10) Unità di misura che pesa le emissioni di gas serra diversi con differenti effetti climateranti. Es. 1 tonnellata di metano ha un potenziale climaterante 21 volte superiore alla Co2 equivalente, i potenziali climateranti dei vari gas sono elaborati dall'intenrgovernmental Panel on Climate Change (IPCC). (11) Il registro contiene: 1. Le quote di emissione che sono assegnate per i singoli impianti; 2. Tutte le transazioni dovute a trasferimenti di quote tra i conti; 3. Le emissioni annuali dichiarate dagli operatori e convalidate dai verificatori; 4. La restituzione annuale delle quote a fronte delle emissioni verificate. (12) Cfr., ex multiis, S. NESPOR, Il governo dell'ambiente. La politica e il diritto per il progresso sostenibile, Milano, 2009, p. 444. "Per quanto concerne la natura giuridica dei permessi di emissione, questi sono stati assimilati, anche in funzione dell'ordinamento giuridico vigente, a licenze, a concessioni, a titoli ovvero a merci. Per esempio nei paesi di common law i permessi di emissione sono sovente assimilati a titoli di credito. Nei paesi di civil law, invece, questi ultimi sono sostanzialmente assimilati ad autorizzazioni" G. VAGNANI, Ambiente fisico e dinamiche d'impresa: verso la formulazione di un modello di analisi, Padova, 2005, nota 29, p. 19. (13) Si tratta di una autorizzazione nel senso classico, ovvero di un provvedimento della pubblica amministrazione prevista dall'art. 4 del d.lgs. 216/2016, dal quale nasce il rapporto giuridico con l'impianto, anche se taluno sostiene che il provvedimento sia in realtà di concessione "Infatti, in considerazione della natura pubblica del bene oggetto della norma e della qualifica di "quota" quale diritto ad emettere CO2, il provvedimento autorizzatorio, che crea il rapporto tra pubblica amministrazione e privato, attribuisce a quest'ultimo il diritto e quindi la facoltà di utilizzare un bene comune entro i limiti quantitativi fissati dalla stessa autorità pubblica. Con l'autorizzazione, dunque, il soggetto diventa legittimato alla titolarità di un diri tto ad emettere, che gli viene conferito direttamente dalla pubblica amministrazione. Sembra dunque plausibile ritenere che, in questo modo, il Comitato attribuisca un quid novi nella sfera giuridica del privato" E. CICIGOI, P. FABBRI, op.cit., pp. 70-71. (14) Autorità Nazionale competente per l'attuazione della direttiva 2003/87/CE - Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo. (15) Anche se a livello nazionale le cose possono avere diverse risposte. Si veda, sintomaticamente, il commento alla nuova delibera del CIPE per l'attuazione del Protocollo di Kyoto presentato dal ministero dell'Ambiente l'8 ottobre 2002, ove "La crescita di emissioni di CO2 nel settore dei trasporti si prospetta, infatti, come molto elevata e fuori controllo. Nel settore della produzione di energia elettrica, inoltre, i miglioramenti potrebbero essere compensati da una crescita sregolata dall'offerta, con la massiccia costruzione di nuovi centrali termoelettriche, attivata dal decreto "sblocca centrali", e con un impegno marginale della promozione Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 4/5 $LOGOIMAGE delle fonti energetiche rinnovabili. Ed è proprio in questi due settori (trasporto ed energia) che la nuova delibera si limit a ad offrire liste di possibili interventi, senza la scelta di un'adeguata strategia industriale e di settore" E. RONCHI, Ecologia come seconda modernità e altri scritti, Roma, 2003, p. 188. (16) Per alcuni il protocollo di Kyoto risente di un certo "fondamentalismo ambientale", il protocollo "che era nato velleitariamente come un'azione determinata e irrinunciabile per il bene del pianeta terra viene derubricato a una funzione psicologica e di esercizio propedeutico a nuovi interventi di difficile immaginazione" L. GOBBI, U. AMODEO, Alcuni aspetti della gestione ambientale, Roma, 2004, pp. 136-137. "Anche il protocollo di Kyoto è stato il risultato dell'azione di forze contrapposte. I puritani sono impersonati dalle organizzazioni ambientaliste, per le quali la fissazione di obblighi vincolanti di riduzione delle emissioni a carico dei paesi ricchi costituiva un dovere morale, prima ancora che uno strumento giuridico. Tra i"contrabbandieri" stanno i paesi emergenti, per i quali giusti richiami all'equità e alla responsabilità differenziata che stavano alla base di questa scelta si coniugano con i loro specific interessi: avrebbero infatti usufruito di un lungo periodo nel quale, sottratti a ogni obbligo, avrebbero potuto operare per rincorrere i paesi ricchi nell'incessante gara per lo sviluppo. Quel che per i primi era un importante accordo in materia ambientale, per i secondi era l'opportunità di riequilibrare, usando l'emergenza ambientale, la situazione di disparità economica tra paesi ricchi e paesi poveri. Se si focalizza l'attenzione non sull'ambiente e sul cambiamento climatico, ma sullo sviluppo, ci si accorge che puritani e contrabbandieri ci sono anche tra le fila dei paesi ricchi" S. NESPOR, op.cit., pp. 452-453, &ldquo ;il protocollo di kyoto viene spesso considerato insufficiente, quando non un vero e proprio fallimento. Dal punto di vista pratico, i suoi effetti sono limitati" G. BRAVO, Alle radici dello sviluppo insostenibile. Un'analisi degli effetti ambientali di società, istituzioni ed economia, Roma, 2009, p. 197. (17) D.PORENA, La protezione dell'Ambiente tra Costituzione italiana e "Costituzione globale", Torino,2009, pagg. 80-81, dove alla nota 159 richiama "L'ultimo conflitto militare, in ordine temporale, apertosi a causa di contrapposti interessi circa lo sfruttamento di risorse minerali, è quello tra Russia e Georgia dell'agosto 2008, quando a causa della prospettata costruzione di un gasdotto lungo la Georgia diretto in Europa, tale da mettere in discussione il primato monopolistico del colosso russo Gazprom, si è assistito all'aggressione russa in territorio georgiano mascherato da intervento di "pace" volto a proteggere le popolazioni di origine russa stanziate nell'Ossezia del sud". Copyright © Alberto Pierobon - Tutti i diritti riservati 5/5