ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2007
Adolescenza, identità personale e
sessualità: il ruolo del ginecologo
consultoriale e il rapporto con le altre figure
professionali
Sara Mariorenzi
Introduzione
II ruolo strategico del ginecologo consultoriale nell'accoglienza
dei bisogni dell'adolescente e nella prevenzione di possibili forme
di disadattamento psicologico e sociale.
Il medico, "toccando" il corpo, mette in moto emozioni la cui origine e le
cui possibili conseguenze a breve o lungo termine non possiamo cogliere con
immediatezza.
Il ginecologo adolescenziale, in particolare, è un primo riferimento per
molte adolescenti che cominciano a provare le nuove sensazioni dell'essere
adulti e le prime responsabilità di decidere tanti significati della propria vita,
a cominciare dalla sessualità.
Il giovane maschio dovrebbe trovare un analogo riferimento nella figura
del-l'andrologo; tuttavia sussistono ancora notevoli resistenze culturali
proprio da parte di molti uomini, oltre ad un'oggettiva difficoltà delle
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istituzioni sanitarie pubbliche a recepire l'importanza di una tale figura
nell'ambito consultoriale.
È interessante tuttavia far presente che anche ad un ginecologo capita
spesso di raccogliere le confidenze di adolescenti maschi che hanno
accompagnato la fidanzata o un amica durante una visita e soprattutto
nell'ambito dei corsi di educazione alla sessualità, all'affettività e alla
relazionalità nelle scuole.
Al medico viene richiesta una grande capacità di saper ascoltare, proprio
per stabilire quel rapporto empatico che permetta di approfondire tanti
aspetti della vita relazionale dell'adolescente al di là di una specifica
valutazione medica.
Il ginecologo consultoriale deve esser capace, perciò, di cogliere il "non
detto" e tutte le possibili "sofferenze nascoste" per mettere in atto "un invio
senza traumi" verso specialisti più competenti, aiutando, quindi, i ragazzi a
considerare l'invio ad una terapia psicologica o ad altre terapie mediche,
come una indicazione di aiuto e prevenzione e non come sconfitta
eistenziale.
Accompagnare verso scelte responsabili, far riflettere su situazioni in atto
poco chiare e aiutare a far comprendere l'importanza di un aiuto
specialistico, è un passaggio basilare per rendere realmente completa e
moderna la figura del ginecologo consultoriale proprio perché l'età
adolescenziale, per sua natura, è caratterizzata da contraddizioni e conflitti.
L'adolescente vive una fase di delicata maturazione fisiologica e psicologica
in cui, pur non essendo più un bambino, non è ancora un adulto: oscilla tra
comportamenti ed esigenze di sostegno affettivo e relazionale vivendo, in
modo spesso conflittuale, tra il bisogno di autonomia e indipendenza e la
paura dell'abbandono, parentale e genitoriale.
Il suo inserimento nella società implica generalmente il superamento di
una serie di tappe fondamentali e necessarie:
- in primo luogo, l'accettazione dei cambiamenti fisiologici e la
maturazione sessuale, attraverso un processo intrapsichico, che
permette il superamento dei vecchi equilibri raggiunti nella fanciullezza
e la graduale accettazione di un fisico adulto con tutte le implicazioni
che ne conseguono;
- la costruzione di un'identità nuova rispetto a quella infantile, che gli
consenta di interagire col mondo esterno e di emanciparsi dai genitori,
sia sul piano concreto che su un piano emotivo-affettivo;
- l'enucleazione di una scala di valori e di obiettivi che si accompagni alla
ricerca dei motivi e delle finalità dell'esistenza, nonché alla prospettiva
di un futuro nel mondo degli adulti.
Naturalmente, questo processo necessita di tempo e può avere esiti
differenti, a seconda delle caratteristiche del singolo e delle sue capacità di
vivere il cambiamento, come anche delle risposte che trova nel mondo degli
adulti. A tutto questo si deve aggiungere il ruolo di internet che ha accelerato
i processi di socializzazione, talvolta sostituendosi ai tradizionali canali di
formazione dell'identità dell'individuo.
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Le nuove modalità comunicative dell'adolescente
del terzo millennio
SMS, Chat, e-mail, MMS, identità virtuali, cyber-relazioni per citare una
terminologia più nota: solo qualche anno fa si sarebbe pensato al linguaggio
di un altro pianeta.
Gli enormi progressi in campo tecnologico stanno permettendo una grande
facilità comunicativa in tempo reale tra persone diverse, in posti e culture
molto lontane favorendo, almeno apparentemente, una vicinanza e
solidarietà. In realtà non sempre è così: l'esperienza clinica ci insegna che
moltissime persone soffrono di solitudine, di un vuoto interiore che si tenta
di colmare attraverso rapporti stabiliti tramite le nuove tecnologie.
Forse non è fuori luogo dire che "non si parla, ma si digita". I rapporti
amorosi sono costruiti in rete, il corteggiamento avviene tramite le sintetiche
sigle degli SMS, la realtà e la virtualità rischiano di non avere più confini
controllabili.
La grande possibilità di comunicare con persone diverse è,
potenzialmente, una grande ricchezza perché permette di aprire i propri
orizzonti ed essere più tolleranti davanti a qualsiasi fonte di diversità. Il vero
problema è, tuttavia, la mancanza di un filtro per difendersi da chi utilizza la
rete per finalità molto ambigue .
L'esperienza in chat, per esempio, ruota attorno al nickname che si decide
di "indossare": lo pseudonimo on line rappresenta il simbolo della propria
presenza in rete e, come tale, rispecchia le caratteristiche di stabilità e di
mutevolezza.
Il nickname si pone come l'interfaccia tra la propria identità reale e quella
on line, configurandosi come la "pelle telematica".
Il nick costituisce un mezzo critico di presentazione attraverso il quale
sarà possibile una prima impressione di noi stessi nel cyberspazio.
I numerosi studi svolti finora, pur avendo un'attendibilità limitata
(soprattutto per quanto riguarda quelli eseguiti on-line), hanno portato alla
luce una nuova gamma di disturbi psichici: considerando l'inarrestabile e
rapida espansione della Rete, le psicopatologie Internet correlate
acquisiscono grande rilievo ed è prevedibile che negli anni futuri possano
assumere dimensioni sempre più ampie.
Le valutazioni eseguite sui possibili rischi psicopatologici della
comunicazione multimediale hanno consentito l'identificazione di una nuova
entità diagnostica: la IAD (acronimo di Internet Addiction Disorder),ovvero la
sindrome, da dipendenza da Internet.
II fatto suscita dubbi e perplessità in molti, che sostengono non si possa
sviluppare alcuna dipendenza psicologica da un dispositivo, per quanto
sofisticato. I "retomani", però, non dipendono da una macchina, ma dalle
sensazioni e dalle esperienze vissute mentre usano quella macchina. Negli
ultimi vent'anni gli psicologi hanno cominciato a riconoscere che è possibile
sviluppare dipendenze non solo da sostanze chimiche: le persone sviluppano
dipendenza da quello che fanno e da ciò che provano mentre lo fanno.
La Canadian Medicai Association sostiene che la IAD «è reale quanto
l'alcolismo; provoca - come le altre patologie da dipendenza - problemi
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sociali, desiderio incontrollabile, sintomi astinenziali, isolamento sociale,
problemi coniugali, difficoltà economiche e lavorative». I soggetti
maggiormente predisposti al suo sviluppo sono persone di età compresa fra i
15 e 40 anni, con difficoltà comunicative derivanti da problemi psicologici e
psichiatrici, familiari e relazionali .
Prendendo in riferimento molte ricerche, si può affermare che i
preadolescenti italiani che usano abitualmente Internet dichiarano di
navigare generalmente da soli, prevalentemente di sera, utilizzando
soprattutto le chatline in collegamento non solo con coetanei, ma con chi
capita. Questo mezzo comunicativo è considerato una via utile per scoprire
nuovi amici e, di solito, nessuno racconta ad altri con chi e su cosa chatta.
Per gli adolescenti si può dire che usano la rete per:
a) sperimentare ed esplorare la propria identità;
b) gratificare bisogni di intimità e appartenenza;
e) gestire la vita fuori delle mura domestiche, in un processo di separazione
dalla famiglia finalizzato all'ingresso nell'età adulta;
d) sperimentare un'identità sociale;
e) sperimentare forme di sesso virtuale.
La "fase del guardone" (lurker) è considerata lo stadio embrionale della
dipendenza da Internet: il soggetto passa fugacemente da un sito all'altro,
approfondendo le conoscenze sulla Rete e appropriandosi del suo gergo.
Tra le psicopatologie correlate con Internet le più diffuse sono:
a) La dipendenza da cyber-sesso (cybersexual addiction),
b) La dipendenza da cyber-relazioni.
La dipendenza da cyber-sesso (cybersexual addiction): con tale termine si
può intendere non solo tutto il materiale vietato ai minori di 18 anni
disponibile in Rete, ma anche la relazione erotica fra due utenti attraverso email e mezzi similari .
La dipendenza da cyber-relazioni (cyber relationship addiction): sollecita a
stringere legami amicali-affettivi mediante e-mail, chat o newsgroup, a
scapito dei rapporti familiari e sociali. Le chat sono il servizio attraverso cui
più facilmente si sviluppa tale dipendenza, perché le persone che
s'incontrano in chat sembrano poter offrire non solo una compagnia gentile e
premurosa, ma quel tipo d'interessamento, di sostegno e d'incoraggiamento
che spesso richiede anni per essere raggiunto in un'amicizia reale; dai gruppi
di discussione - ove nessuno esprime un giudizio negativo sugli altri, e chi lo
fa può essere ignorato - si ricava, poi, quella sensazione dì conferma e di
riconoscimento immediati su cui è così difficile poter contare nella maggior
parte delle situazioni sociali. Mentre chatta, il cybernauta può assumere
qualsiasi identità ed essere di qualsiasi prestanza, sesso e religione,
colmando il vuoto costituito dai bisogni insoddisfatti di comunicazione
interpersonale o che avverte nella propria personalità, nell'autostima, nel
senso di sé. Quindi, la psicologia dei legami che si stringono in Rete è
interessante, ma anomala: si realizza la situazione di due "intimi
sconosciuti", nella quale il tempo di costruzione del rapporto interpersonale
è molto accelerato (forse troppo) e gli individui sono portati a esprimersi e
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ad aprirsi agli altri come non farebbero nella vita reale.
Salute sessuale e identità personale
A) Il ginecologo e l'identità dell'adolescente
L'identità di genere è il risultato di 3 ordini di fenomeni:
- somatico (genitali, caratteri sessuali secondari, differente fisiologia,
ormoni ecc.),
- psicologico (meccanismi psicologici di auto ed etera attribuzione
dell'identità sessuale),
- culturale (immagini più o meno stereotipe sui ruoli familiari e sociali tra
i due sessi).
Nonostante l'ambiguità del termine, è indubbio che, per coloro i quali siano
dediti a questa attività, il sesso migliore sia quello praticato con un partner
senza alcun tipo di coinvolgimento. A questo si aggiunge l'impossibilità di
essere rintracciati ovvero l'opportunità d'interrompere a piacimento la relazione, dileguandosi, e di mantenere segreto questo aspetto della vita intima e
la possibilità di esprimere tutti quegli impulsi che normalmente si pensa
vadano repressi nella vita quotidiana. Il messaggio che si riceve è che tutto
sia perfettamente ammesso e normale nell' ambiente Internet, anche le più
sfrenate fantasie sessuali. Il rapporto fra questi tre ordini di fattori e
l'ipotetica prevalenza di uno di essi sugli altri nella strutturazione dei
comportamenti costituisce il vero problema.
Le dimensioni che qui ci interessano maggiormente riguardano l'identità
sessuale nucleare (il considerarsi maschio o femmina da parte del soggetto) e
l'identità di ruolo sessuale, ovvero il complesso di attitudini psicologiche e di
comportamenti interpersonali che differenziano i due sessi. Sia l'una sia
l'altra identità nascono e si forgiano in seno alla famiglia d'origine, secondo
stili e modelli di comportamento tipici della cultura prodottasi al suo
interno. Questi stili sono, in parte, legati al genere (e, quindi, soggetti a
grande influenza da parte dei modelli sociali più ampi), ma, per altri versi, si
situano a un livello meta rispetto alla differenza e ai ruoli sessuali, per
costituire una struttura mentale comune e distintiva di ogni specifico nucleo
familiare: le modalità di espressione delle emozioni, stili comunicativi, scale
di valori ecc.
L'adolescente vive angosciosamente il tema del possesso del proprio
corpo.
Quali sono i comportamenti appropriati, accettati e condivisi per un uomo
o per una donna? Per rispondere a queste domande, vorremmo partire da
alcuni stereotipi di genere, cioè immagini e rappresentazioni comuni e
ipersemplificate della realtà che influenzano il pensiero collettivo,
riempiendo di specifici contenuti le convinzioni e le idee di un determinato
gruppo sociale rispetto a uomini e donne e ai rapporti tra essi. Tra questi
troviamo: "i bambini sono più forti e più vivaci delle bambine", "i maschi non
piangono",
"gli
uomini
sono
più
bravi
nella
attività
di
riparazione/manutenzione della casa, le donne nei lavori domestici", "i figli
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devono stare con la madre".
L'analisi degli stereotipi tradizionali fornisce preziosi elementi per
comprendere i condizionamenti storici connessi ai comportamenti
"femminili" e "maschili":
Da quanto abbiamo detto risulta estremamente rilevante il modo in cui il
soggetto interpreta, nell'ambito cognitivo, le proprie reazioni emozionali e i
propri conseguenti comportamenti. Ciò dipende dall'immagine o schema di
sé e dai sistemi di valori, di convinzioni e di abilità, cioè dalla struttura
cognitiva che l'individuo ha elaborato in base alle sue esperienze personali e
al processo di acculturazione. La qualità emotiva, infatti, di una stessa
risposta di attivazione varia in base alle aspettative, alle convinzioni e alla
conseguente interpretazione che ne elabora il soggetto.
Tale struttura cognitiva guida da una parte la percezione, focalizzando
l'attenzione su aree rilevanti dell'ambiente esterno e interno, e
l'interpretazione di essa, che viene adeguata alle convinzioni e alle regole
proprie di ogni singolo individuo; dall'altra parte dirige il processo di
emissione delle risposte, in quanto vengono prodotte solo quelle che hanno
la massima probabilità di successo o riducono al minimo l'ansia o
l'incertezza del soggetto.
Vediamo più specificamente le componenti di tale struttura cognitiva:
a. Immagine o schema di sé. È l'insieme delle caratteristiche che il soggetto si
attribuisce sia da un punto di vista fisico (bello, forte, brutto, debole,
maschio, femmina ecc.) sia da un punto di vista morale e intellettuale
(buono, intelligente, cattivo, stupido ecc.). Fondamentale a questo
proposito è - come ampiamente specificato prima - lo sviluppo di
un'identità di genere (maschile, femminile) e di un'identità di ruolo,
entrambe risultato di processi di apprendimento derivanti
dall'organizzazione di esperienze esistenziali. Strettamente legato a
questi aspetti è lo stabilirsi dell'orientamento e delle preferenze
sessuali, anch'esso legato a modificazioni apprese di strutture
preprogrammate biologicamente.
b. Sistemi di convinzioni e di valori. Costituiscono l'insieme delle credenze
del soggetto circa le leggi che regolano il mondo e i rapporti con gli altri,
la possibilità di agire efficacemente sull'ambiente, le caratteristiche dei
vari ruoli sociali, le azioni che ci si possono aspettare dagli altri ecc. Per
quanto riguarda la sessualità, intervengono a questo proposito le
valutazioni di natura morale, estetica e talvolta anche igienica, che
vengono attribuite alla sfera sessuale in generale (sesso come peccato o
sporco, oppure sesso come piacere o responsabilità ecc.) e a talune
pratiche o abitudini sessuali specifiche. Vi sono anche le convinzioni
circa quelle che dovrebbero essere le caratteristiche adeguate di chi
occupa un dato ruolo (maschio, femmina, amante, marito, moglie ecc.) e
ciò che gli altri si aspettano da lui in particolari situazioni (per es.,
durante un rapporto sessuale).
e. Sistemi di conoscenze e di abilità. Rappresentano la somma totale dei
fatti noti o accertati (o presunti tali) in possesso del soggetto e delle
abilità di vario tipo, cognitivo, comportamentale ecc., che egli ha
appreso nel corso dell'esistenza. In ambito sessuale, troviamo dunque le
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conoscenze circa i fatti della fisiologia del sistema riproduttivo, del
concepimento, della gravidanza, della contraccezione, delle abitudini e
dei costumi sessuali, nonché talune abilità cognitive specifiche. Fra
queste ultime, abbiamo l'autocontrollo di tipo esclusivamente cognitivo,
esercitato su idee o immagini di sé.
Sinteticamente possiamo distinguerne quattro componenti:
- self-monitoring (automonitoraggio): il sapere osservare il proprio ruolo e
i propri obiettivi, soprattutto a breve termine;
self-evaluation (autovalutazione): il sapere attribuire correttamente le
responsabilità dei propri successi e insuccessi a se stessi o agli altri;
questo
è
estremamente
importante
anche
a
proposito
dell'individuazione dell'origine della causalità degli eventi in agenti
esterni o interni;
self-efficacy (autoefficacia): il saper avere delle aspettative realistiche
circa la propria probabilità di successo in una data situazione
problematica; questo aspetto è strettamente connesso al cosiddetto
achievement need, il grado, cioè, in cui il soggetto aspira al successo e
viene da esso motivato;
- self-reinforcement (autorinforzo): il sapersi gratificare quando si sono
raggiunte delle mete, anche se minime.
Un individuo con una falsa percezione di sé, sia in senso svalutativo sia
sopravvalutativo, tende ad avere processi di self-evaluation e self-efficacy
disfunzionali, per cui non inizierà alcuna nuova azione per paura
dell'insuccesso, oppure si lancerà in imprese troppo azzardate con
inevitabile fallimento.
B) Il ginecologo e la salute sessuale dell' adolescente
L'obiettivo che accomuna vari ricercatori è comprendere come favorire e,
quindi, permettere di raggiungere un'armonica salute sessuale relativamente
a tre aspetti:
- la capacità di gioire e di controllare il comportamento sessuale e
riproduttivo in accordo con l'etica personale e sociale;
- la liberazione da paure, vergogna e sensi di colpa, false credenze ed altri
fattori psicologici che possono inibire la risposta sessuale ed interferire
sulle relazioni;
- l'assenza di disturbi, di disfunzioni organiche, di malattie o di
insufficienze che possono interferire con la funzione sessuale e
riproduttiva.
La salute sessuale va comunque integrata in un quadro più ampio. L'OMS
ha delineato il concetto di salute prospera nel suo documento Obiettivi per la
salute per tutti, adottato dagli stati membri della Regione Europea, che esorta
a:
» garantire equità di salute riducendo l'attuale divario nello stato di salute
tra vari paesi e tra tutte le comunità che vi dimorano;
« aggiungere vita agli anni garantendo il pieno sviluppo e impiego di
tutte le capacità fisiche e mentali integrali o residue per trame pieno
beneficio e per affrontare la vita in modo sano;
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« aggiungere salute alla vita riducendo le malattie e le invalidità;
» aggiungere anni alla vita riducendo le morti premature accrescendo
quindi l'aspettativa di vita.
Questa visione ampia e favorevole per la Promozione della Salute
comporta profonde implicazioni - per la qualità della vita di ogni singolo
individuo, delle famiglie, delle comunità e della società - ed esorta a
cambiamenti innovativi nel modo di valutare la salute in tutta la società.
La definizione di Promozione della Salute fornita nella Carta di Ottawa,
descritta come "il processo che consente alla gente di esercitare un maggiore
controllo sulla propria salute e di migliorarla", enfatizza la necessità del
controllo delle proprie risorse, importanti sia per l'individuo sia per la
società, e da rilievo all'importanza dell'empowerment personale. La salute
viene pertanto vista come uno stato di capacità, capacità di influire sul
proprio organismo e sul proprio ambiente. La salute è una combinazione
dinamica di aspetti biologici e comportamentali determinata da molti fattori:
- Fattori individuali:
biologici: tra i quali le predisposizioni genetiche e il processo di
invecchiamento;
comportamentali: tra i quali l'alimentazione, il consumo di alcol e
sigarette, l'abuso di sostanze, il tipo di esercizio fisico svolto, le
abitudini sessuali, lo stress, le abitudini del sonno, le attività ricreative;
psicologici: tra i quali l'autostima, le capacità comunicative e di
risoluzione dei problemi.
- Fattori familiari: tra i quali la solidità della struttura familiare, l'entità
del sostegno emotivo.
- Fattori socioeconomici: tra i quali lo stato socioeconomico, l'istruzione,
l'accesso alle cure sanitarie e loro adeguatezza, le condizioni di lavoro,
le attività ricreative, l'adeguatezza delle abitazioni, l'alimentazione,
l'esercizio fisico, la disponibilità di lavoro, la qualità delle relazioni
sociali e del sostegno sociale.
- Fattori culturali: tra i quali le convinzioni sulla salute, le abitudini
sanitarie, le abitudini alimentari, le attività sociali, le pratiche sessuali,
il genere sessuale e le aspettative di ruolo.
- Abitudini di consumo: tra le quali la pubblicità, i costi e la disponibilità
di beni e servizi.
- Fattori ambientali: tra i quali gli inquinanti atmosferici, l'inquinamento
acustico, la qualità dell'acqua, i rifiuti chimici e nucleari, la
deforestazione, i processi industriali.
- Struttura della società: che comprende le leggi, le normative.
I disturbi psichici in adolescenza
I disturbi psichici in adolescenza si manifestano spesso attraverso il corpo
e il ginecologo ha l'opportunità di percepirli talvolta allo stato nascente.
Ci soffermeremo solo sulle patologie alimentari e su quelle dell'identità
che sono quelle con cui più facilmente il ginecologo viene a contatto.
La funzione strategica del ginecologo consultoriale permette di intervenire
in maniera preventiva su ogni possibile forma di disadattamento. La ragazza
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ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2007
vive, in genere, con maggiore accettazione la visita ginecologica come
momento importante nel suo cammino di donna: se l'approccio è impostato
in maniera empatica e di ascolto attento, permette di aprire canali
comunicativi chiusi e entrare con discrezione nei progetti di vita della
giovane, per discuterne insieme e ampliarne le vedute in un'ottica di possibili
prevenzioni sanitarie.
È evidente che tutto questo richiede tempo e una grande capacità di
accoglienza: solo così si può creare fluidità ed armonia in un "incontro"
capace di permettere il passaggio da una visita medica alla possibilità di
stabilire un dialogo.
Creando ascolto si possono creare le premesse positive per un invio ad
altri specialisti, qualora necessario, senza che questo crei ansia e anzi
favorendo una sorta di punto di riferimento.
Diventa prioritaria l'importanza dell'equipe che condivide una strategia
operativa e una sua peculiare condivisione di un modello di lavoro. Tutto
questo porta a prevenire:
- eventuali patologie della sessualità
- eventuali malformazioni
- fantasie negative sul proprio corpo
- l'infertilità
- IVG
- un vissuto immaturo della contraccezione.
Il ginecologo consultoriale diventa una figura medica che deve
accompagnare l'adolescente verso la crescita.
Trattiamo in maniera più approfondita alcune problematiche che possono
portare a gravi forme psicopatologiche se non affrontate in tempo e sulle
quali - almeno inizialmente - si tende a fuggire da qualsiasi aiuto
specialistico psicologico.
A) Anoressia e bulimia
Durante il Medioevo alcune sante praticavano forme di rinuncia e
controllo del corpo che avevano il significato di avvicinamento al divino.
Chiara d'Assisi, Margherita da Faenza, Angela da Foligno durante il XIII
secolo, Caterina da Siena nel secolo successivo, fino ad arrivare a Teresa
d'Avila durante il XVI secolo, rappresentano esempi di ascetismo in cui il
digiuno era una pratica abituale, al punto che sono state definite "sante
anoressiche".
Oltre al significato mistico che la pratica del digiuno aveva tra le sante
asceti-che nel Medioevo, l'astinenza dal cibo ha assunto anche significati
differenti. Ad esempio, durante il periodo dell'Inquisizione, astenersi dal cibo
poteva essere interpretato come segnale di possessione del demonio. In
Giappone, durante il Medioevo, esisteva una setta religiosa i cui adepti,
chiamati mura, praticavano una forma estrema di ascetismo. Questi asceti
cercavano un completo controllo del corpo attraverso lo spirito e, nella loro
ricerca del "corpo perfetto", si facevano seppellire vivi per tentare la
mummificazione del corpo.
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ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 2007
Bisogna arrivare al 1689 per avere la prima descrizione clinica, da parte
del medico inglese Morton, di quella che viene considerata, nell'epoca
moderna, l'anoressia nervosa. Nei due secoli successivi, l'anoressia compare
raramente nei resoconti clinici dei medici. A parte il lavoro di Morton, lo
studio dell'anoressia viene fatto risalire generalmente alla seconda metà del
XIX secolo. Due medici, William Withey Culi ed Ernest Charles Lasègue,
diedero descrizioni cliniche dettagliate dell'anoressia. Successivamente, per
tutto il XX secolo, l'anoressia nervosa è stata oggetto di studi sempre più
accurati, sia in ambito psicologico e psichiatrico, sia in ambito storico,
sociologico e antropologico. L'anoressia nervosa è un disturbo caratterizzato
da un insieme di aspetti quali:
- distorsione dell'immagine corporea e paura patologica di ingrassare;
- eccessiva influenza del peso e della forma corporea sui livelli di
autostima;
- alterazioni organiche provocate dalla denutrizione;
- sindromi psichiatriche associate.
La distorsione dell'immagine corporea e la paura patologica di ingrassare
consistono in un atteggiamento irrealistico nei confronti del proprio corpo e
in un'eccessiva preoccupazione di assumere peso. La persona si sente in
sovrappeso anche se è obiettivamente al di sotto del proprio peso forma,
oppure ritiene "troppo grasse" alcune parti del proprio corpo, come ad
esempio le cosce o i glutei. Al fine di dimagrire, la persona anoressica mette
in atto digiuni di lunga durata, tenta di eliminare il cibo assunto attraverso
condotte di compenso (vomito e/o uso improprio di lassativi, enteroclismi o
diuretici), o svolge un'intensa attività fisica. L'effetto di queste pratiche è
generalmente una diminuzione del proprio peso corporeo al di sotto della
soglia considerata adeguata per l'età e la statura.
La seconda caratteristica dell'anoressia riguarda i livelli di autostima, che
risultano eccessivamente influenzati dal peso e dalla forma del corpo.
Avendo un'immagine distorta del proprio corpo, la persona anoressica si
percepisce inadeguata ed incapace, mantenendo così un basso livello di
autostima. Soltanto attraverso il controllo del proprio corpo e della fame la
persona anoressica può percepire una sensazione positiva, compensando
parzialmente la bassa autostima. L'effetto di questi atteggiamenti distorti
può essere un progressivo isolamento sociale, facilitato dal desiderio di
tenere nascoste le abitudini almentari disfunzionali.
La terza caratteristica riguarda le alterazioni organiche che possono
derivare dalla denutrizione. Le conseguenze della perdita di peso riguardano
problemi fisici (come ad esempio la scomparsa delle mestruazioni o il loro
ritardo, la perdita di minerali a livello osseo, le alterazioni della cute, i
disturbi a livello gastrointestinale o muscolare) associati ad una cattiva
nutrizione.
Nei casi più gravi si può riscontrare il decesso della persona anoressica in
seguito a disturbi del funzionamento cardiaco.
La quarta caratteristica riguarda le sindromi psichiatriche associate al
disturbo. I soggetti anoressici, infatti, possono presentare sindromi
depressive, associate, a volte, a pensieri di suicidio e stati d'ansia.
Generalmente, il disturbo anoressico compare per la prima volta in seguito
ad una dieta intrapresa con l'obiettivo di perdere peso. L'evoluzione del
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disturbo anoressico prevede alcune fasi. All'inizio la persona si sente
soddisfatta poiché percepisce di essere riuscita nell'intento di dimagrire e di
avere un controllo sul proprio corpo. Successivamente, quando il peso
continua a diminuire nel corso del tempo, la persona anoressica giunge a
perdere del tutto il controllo sulla propria alimentazione e la perdita di peso
continua inesorabilmente senza possibilità di intervenire su questo processo.
La bulimia nervosa, invece, è un disturbo caratterizzato dai seguenti
aspetti:
- abbuffate alimentari frequenti;
- comportamenti di compenso ricorrenti e inappropriati;
- livelli di autostima eccessivamente influenzati dal peso e dalla forma
corporea;
- sindromi psichiatriche associate.
La caratteristica tipica della bulimia nervosa, che la distingue nettamente
dall'anoressia, è il ricorso a frequenti abbuffate alimentari. La persona
bulimica avverte, in diversi momenti della giornata, un incontrollabile
desiderio di cibo che soddisfa puntualmente ingerendo consistenti quantità
di alimenti diversi: la sensazione prevalente è quella di non poter dominare
tale stimolo e, di conseguenza, di non riuscire a smettere di mangiare. La
condotta di iperalimentazione può essere generata da sensazioni negative di
tensione, noia, tristezza o solitudine. L'abbuffata può concludersi per diversi
motivi: la persona si sente nauseata o completamente sazia, oppure ha il
timore di essere scoperta o, ancora, ha terminato il cibo a disposizione.
Anche se questa condotta può diminuire la tensione e i sentimenti negativi
associati, il senso di colpa che ne consegue può, a sua volta, sviluppare ansia
e nuova tensione che, in modo circolare, possono spingere la persona a
reiterare lo stesso comportamento.
Un'altra caratteristica della bulimia riguarda la presenza di frequenti e
inappropriati comportamenti di compenso. Dopo aver ingerito grandi
quantità di cibo, la persona bulimica intraprende una serie di condotte di
compenso volte a controllare l'aumento di peso - come detto in precedenza con l'induzione del vomito, l'uso improprio di lassativi, le diete restrittive o i
digiuni prolungati, l'uso di farma-ci dimagranti e l'eccesso di esercizio fisico.
Un'ulteriore caratteristica della bulimia è data dall'eccessiva influenza del
peso e della forma corporea sui livelli di autostima. Anche le persone
bulimiche, così come le anoressiche, sono molto preoccupate per la forma e
il peso del loro corpo: l'immagine distorta del proprio fisico provoca in loro
un abbassamento del livello di autostima e un vissuto di inadeguatezza o di
incapacità.
Anche nei casi di bulimia, come in quelli di anoressia, si riscontrano
sindromi psichiatriche associate. Possono manifestarsi, anche con frequenza,
disturbi depressivi e ansiosi o condotte di abuso di alcool e/o di altre
sostanze nocive.
Le persone bulimiche però, a differenza di quelle anoressiche, hanno un
peso normale o sono leggermente in sovrappeso. Nel caso della bulimia,
inoltre, gli effetti a livello organico dei comportamenti alimentari
disfunzionali non sono così gravi come per l'anoressia nervosa.
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Fattori di rischio, caratteristiche e possibili cause
A parte la scarsa autostima, indicata come fattore di rischio sia per
l'anoressia che per la bulimia, esistono fattori di rischio diversi per i due tipi
di disturbi. Quelli considerati più importanti per lo sviluppo dell'anoressia
sono l'alto livello d'istruzione e di reddito dei genitori, i problemi alimentari
precoci, gli alti livelli di nevroticismo, l'iperprotezione materna e i disturbi
dell'alimentazione tra i membri familiari.
L'anoressia è spesso caratterizzata da una distorsione dell'immagine del
proprio corpo, dalla paura di ingrassare, nonché da una eccessiva
importanza che il peso e la forma fisica hanno nell'influenzare l'autostima.
La distorsione dell'immagine del corpo si manifesta, ad esempio, attraverso il
sentirsi grassi anche se si è obiettivamente sottopeso.
I fattori più probabili che predispongono all'anoressia nervosa nelle
femmine sembrano riguardare:
-
aspetti di personalità (tendenza al perfezionismo, dipendenza
dell’autostima dal giudizio degli altri);
- relazioni familiari disturbate;
- fattori socio-culturali (pressione dei mass-media nell'enfatizzare
un'immagine di bellezza basata su un corpo magro);
- disfunzioni nei sistemi di regolazione della fame e della sazietà.
Per i maschi alcuni fattori predisponenti, come la bassa autostima, la
scarsa consapevolezza degli stimoli provenienti dal corpo, l'ansia di
accettazione sociale, le difficoltà nel fronteggiare emozioni, problemi
personali e familiari, o i disturbi dell'umore, sono simili a quelli presenti nei
disturbi dell'alimentazione femminili. In generale, un quarto dei maschi che
soffrono di disturbi dell'alimentazione soffre anche di disturbi della
personalità o di tipo psichiatrico: la depressione maggiore è stata riscontrata
in più della metà dei casi, l'abuso di sostanze in poco più di un terzo dei casi
e i disturbi ossessivo-compulsivi in poco meno di un terzo dei casi.
Un fattore di rischio specifico per i maschi è l'esperienza di obesità
infantile, con le conseguenze che questa facilmente comporta in termini di
isolamento e derisione da parte dei compagni.
B) I disturbi dell'identità di genere
Uno dei punti basilari per uno sviluppo sano, sia psichico che fisico, è la
formazione di una precisa identità sessuale (o meglio, identità di genere
maschile o femminile) e di un ruolo sessuale non rigido.
Come accennato l'identità di genere è la percezione sessuata di sé e del
proprio comportamento, acquisita attraverso l'esperienza personale e
collettiva, che rende gli individui capaci di relazionarsi agli altri. In altre
parole, è il riconoscimento delle implicanze e della propria appartenenza a
un sesso, in termini di sviluppo di atteggiamenti, comportamenti, desideri
più o meno conformi alle aspettative culturali e sociali.
L'identità di genere è una delle componenti fondamentali del processo di
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costruzione dell'identità: un processo dinamico, plasmato dalle relazioni
sociali -perché può andare incontro a modifiche e rimodellamenti nel corso
della vita - e che va nella direzione di riuscire a dare un'immagine di noi
stessi, che sia convincente e, al tempo stesso, in linea sia con le richieste e le
aspettative altrui, sia con le nostre aspirazioni e inclinazioni.
La costruzione dell'identità di genere inizia con l'assegnazione a una
categoria sessuale in base all'aspetto degli organi genitali: al momento della
nascita ogni bambino viene indicato come femmina o maschio mediante
l'osservazione dei genitali esterni. Tale riconoscimento è estremamente
importante perché costituisce la base su cui va a innestarsi il processo di
apprendimento dell'identità di genere.
In sintesi possiamo dire che l'identità di genere è legata ad una triade di
processi:
a) i modi in cui la famiglia (ma anche altri sistemi significativi), all'interno
della trama delle sue relazioni, favorisce le differenze di genere, le
modalità con cui le gestisce, come le co-costruisce e come può
permettersi, a volte, di sfidarle, in base alle tre dimensioni
paradigmatiche della differenziazione, della narrazione e della
negoziazione collettiva;
b) i modi in cui un soggetto e gli "altri significativi" raccontano e si
raccontano storie di maschi e femmine, storie che attribuiscono a
maschi e femmine certe qualità e non altre, certi valori, certe possibilità
(storie permesse e storie proibite);
e) i modi di essere che ognuno inventa per sé, scegliendo di aderire alle
aspettative sociali, ma anche esercitando la sua "capacità biografica",
tipicamente umana, e cioè la capacità di scegliere il proprio destino.
La caratteristica essenziale dei disturbi dell'identità di genere è
l'incongruenza tra il sesso biologico e l'identità di genere, cioè la
consapevolezza del sesso di appartenenza. Quando un'alterazione
dell'identità di genere è lieve, il soggetto si rende conto di essere maschio o
femmina, ma prova disagio e senso di estraneità nei riguardi del sesso
assegnato. Quando è grave, come nel transessualismo, il soggetto non solo è
a disagio verso il sesso assegnato, ma ha la sensazione di appartenere al
sesso opposto.
Le storie che seguono ci possono dare un'idea di quanto sia importante
cogliere il "non detto" e guidare il/la giovane a farsi aiutare.
Luigi, vent'anni, ha subito, cinque anni prima, delle continue molestie
sessuali da parte di un parente. Lui non ha saputo mai reagire, ma questo lo
ha portato ad una grande confusione interiore perché non sa quali siano le
sue vere tendenze sessuali. A volte pensa di essere eterosessuale anche se ha
paura di affrontare qual-siasi donna; altre volte teme di essere omosessuale,
soprattutto quando nota che un uomo lo sta osservando.
Marta, diciott'anni, ha sempre indossato abiti maschili, soprattutto per
comodità ma anche per nascondere le sue gambe, da lei ritenute troppo
muscolose. Questa continua negazione della femminilità si è sempre più
accentuata col passare del tempo; per lei oggi è assolutamente impossibile
poter indossare una gonna e dedicare un po' di tempo alla cura del suo
corpo.
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Samuele, 21 anni, non ha mai accettato il suo corpo maschile e da qualche
mese sta cercando di cambiare sesso. Le sue problematiche sono accentuate
da una forte ostilità della famiglia e dall'isolamento in cui è avvenuto a
trovarsi.
Mimmo, 19 anni, ha fatto da sempre una scelta omosessuale sfidando
senza timore gli ostacoli dei genitori. Ha frequentato da subito altri
omosessuali e questo lo ha aiutato ad affrontare la situazione. Il suo grande
desiderio è poter avere la comprensione della famiglia.
Maria, vent'anni, ha avuto esperienze sessuali sia con uomini che con
donne. La sua è una storia molto travagliata che talvolta l'ha portata anche a
prostituirsi trovando, però, il grande aiuto di un sacerdote per uscire da
questo pericoloso vortice. Oggi è molto confusa sulla sua identità e su cosa
voglia dalla vita.
Stefania, vent'anni, non ha dubbi sulla sua omosessualità anche se rifiuta
qual-siasi vicinanza anche amicale ad una donna. Entra subito in conflitto
con qualsiasi uomo e cerca di imporre le sue idee che spesso sono più
improntate a contraddire per principio l'interlocutore. Con le figure
femminile dialoga meglio, ma appena il rapporto si fa più intenso, tronca
subito il nascere di qualsiasi confidenzialità.
Giuseppe, 21 anni e Amanda, 19 anni, fidanzati da due anni hanno solo
rapporti di petting; lei si sente anormale rispetto a quello che dicono le
amiche perché non prova nulla; lui la ossessiona chiedendole continuamente
cosa senta quando amoreggiano.
Paolo, 18 anni, ha avuto una storia durante le vacanze estive; pur avendo
paura di contrarre malattie, non ha preso nessuna precauzione per vergogna.
Ha avuto "grossi problemi di erezione", come ci dice e questo ha ampliato le
sue insicurezze, le sue ansie e ha abbassato la sua autostima. Crede di avere
una grave malattia perché anni prima un compagno di scuola gli aveva dato
un calcio ai testicoli.
Riccardo, 19 anni, si sente molto turbato perché la fidanzata Anna, di 18
anni, è molto emancipata quando parla con gli altri e teme di essere visto
come ridicolo e non all'altezza della sua cultura. Il suo vero problema è che
all'improvviso ritiene di avere l'organo sessuale troppo piccolo rispetto a
quello che si vede nel film (!) e che se Anna se ne accorgesse, lo lascerebbe
sicuramente.
Renzo, 20 anni, viene a chiedere una consulenza perché non si sente
normale rispetto ai dati statistici che ha letto nel giornale: la sua frequenza
di rapporti sessuali non è come "quella di tutti i giovani della sua età ". È
subentrato sempre più quello che possiamo chiamare "un tabù scientifico":
ciò si verifica quando aspetti della ricerca scientifica vengono, talvolta,
travisati dai mass media diventando riferimento di "norma" con la
conseguenza che finiscono per sentirsi malate le persone che non rientrano
in quei parametri statistici.
Giada, 19 anni, è fidanzata da sei mesi con un giovane di 21 anni. Viene al
consultorio familiare perché ha dolore e non riesce ad vedere rapporti
sessuali. In realtà emerge come il sintomo rappresenti una sua difesa
psicologica perché non è convinta di volere un rapporto.
Paola, 20 anni, ha avuto un rapporto sessuale contro la sua volontà con
problemi di vaginismo che si sono manifestati più volte. Non rifiuta la
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sessualità, ma si sente un po' usata anche se vuole bene al fidanzato e sa che
anche lui gliene vuole.
In casi come questo conviene, quando è possibile, parlare anche con il
partner per approfondire insieme una valutazione sul sintomo e spingere i
due giovani a dare un significato diverso alla loro sessualità che metta al
primo posto il rispetto dei tempi soggettivi di ognuno e i suoi valori.
Saverio, 18 anni, viene a chiedere un consiglio perché durante i rapporti
sessuali soffre di eiaculazione precoce. Cerchiamo di valutare la situazione
ed emerge che ormai da un anno il giovane ha diverse storie con ragazze:
ogni donna, però, è solo una prova per valutare se riesce o meno. Ha avuto
rapporti anche con prostitute per lo stesso motivo.
Nicola, 19 anni, ha lo stesso problema e ci chiede la prescrizione di un
farmaco che usa anche un suo zio di trent'anni. Non è facile far comprendere
al giovane come quel farmaco gli possa essere nocivo .
In questi casi è strategicamente opportuno limitarsi a prescrivere qualche
crema specifica che ha la funzione di limitare la sensibilità del pene. Questo
passaggio è utile per poter continuare ad approfondire con il giovane la
situazione e leggerla in un contesto più ampio. Talvolta per curare
l'eiaculazione precoce vengono prescritti degli psicofarmaci che hanno come
effetto collaterale proprio quello di ritardare l'eiaculazione.
Nino, 20 anni, da due anni frequenta solo prostitute perché non vuole
perdere tempo con le donne. Per lui è ormai un'abitudine e viene solo perché
insospettito da una macchia sull'organo sessuale. Nella storia di questo
giovane emerge grada-tamente la sua aggressività verso le donne sin dalla
giovane età : la madre l'ha abbandonato, il padre si è sposato con una donna
che è sempre stata ostile con lui; ha trovato un riferimento solo nella nonna
paterna visto che anche a scuola veniva allontanato dai compagni "perché
vestiva male" (parole che ci riferisce lui).
Manuela, 20 anni, si sente frigida perché non prova alcuna sensazione
quando balla con i compagni che invece sono molto attratti da lei. Si sente
anormale e questo la spinge a cercare più flirt possibili per misurare - come
ci dice - "la sua eccitabilità".
Bruno, 18 anni, viene a chiedere una consulenza perché non tutte le
mattine ha una buona erezione e questo non solo gli ha messo l'ansia di
essere anormale, ma addirittura evita gli incontri con le coetanee per il
timore di avere qualche proposta sessuale a cui non è in grado di rispondere.
Boris, 17 anni, ha i genitori separati. Da quando la mamma ha una
relazione con un altro uomo è diventato collerico, geloso, tratta malissimo
sua madre e si scatena anche contro le coetanee giudicate sesso-dipendenti.
La sua sessualità diventa quasi violenta in molte occasioni, soprattutto
quando gli piace una ragazza: gli inevitabili rifiuti a cui si espone, lo hanno
spinto talvolta ad atteggiamenti antisociali.
Azzurra, 19 anni, ha i genitori separati ed è fidanzata da tre anni con un
ragazzo di 22 anni. Da un anno è gelosa del padre in maniera ossessiva e la
cosa si è aggravata quando questi ha avuto un figlio dalla sua nuova
relazione.
Se la prende con il fidanzato accusandolo di essere un mascalzone come
tutti gli uomini. Ha poi reazioni contraddittorie: in certi periodi è presa da
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una vera e propria fobia del sesso, in altri diventa molto seduttiva con tutti,
scatenando, ovviamente, molta gelosia nel fidanzato.
Valerio, 19 anni, ha avuto esperienze con prostitute e ogni volta ci sono
stati problemi di deficit erettivo.
Ci dice che "sta allenandosi", perché deve partire per le vacanze come
animatore e tutti gli hanno detto che avrà molte avventure per cui deve
essere all'altezza della situazione. La sua richiesta è quella di avere il Viagra
«così sicuramente -continua - mi rispetteranno tutti».
Maddalena, 21 anni, ha avuto esperienze sessuali molto precoci e sta
molto male perché si sente vuota interiormente. È una ragazza all'apparenza
molto sveglia e intraprendente, ma in realtà molto sola. La sua vita sessuale è
iniziata a tredici anni e da allora ha avuto diverse esperienze tutte deludenti.
In ogni ragazzo cercava quel calore e quell'amicizia che non ha mai trovato
nella sua famiglia, dove regna un clima arido: il padre sempre al lavoro, sua
madre presa dalla attività commerciale, la sorella maggiore sempre depressa
per le sue continue crisi sentimentale. Maddalena a 16 anni ha fatto
un'interruzione di gravidanza all'insaputa della famiglia. Ora ha avuto una
crescita interiore grazie all'amicizia di una ragazza di diciassette anni
conosciuta per caso. Si è avvicinata alla Chiesa e sente il bisogno di qualcosa
di diverso, ma teme che ormai possa essere troppo tardi per lei.
Rina, 18 anni, ha avuto esperienze sessuali durante l'estate con sintomi di
precocità.
Torna disperato dalle vacanze e chiede subito una medicina per guarire. Si
sente anormale e si vergogna di vedere la fidanzata che ha in città, ma non
per averla tradita, ma perché ha scoperto di essere malato. "Non posso
perderla, ci dice, perché è l'unica che mi capisce".
Serena, 18 anni, teme di essere frigida perché ha avuto diverse storie senza
provare nulla. Da tre mesi , ci dice, conosce un ragazzo molto bello e molto
esperto sessualmente , ma appena lui si avvicina , non prova assolutamente
nulla .
Giulia, 16 anni, teme di essere anormale perché quando vede un ragazzo
non ha gli stimoli sessuali di cui parlano le amiche.
Gli adolescenti e la vita di coppia. Il modello dei
genitori e i loro sogni
I giovani di oggi guardano alla vita affettiva con chiari obiettivi.
Alla moderna relazione di coppia si chiede molto. Le coppie
contemporanee non accettano l'immagine di marito e moglie che vivono in
mondi emozionali diversi, che si trovano in una relazione con poca
comprensione, accettazione o intimità.
La storia di molte famiglie ci insegna, inoltre, che i rapporti affettivi
nascono talvolta su aspettative utopistiche dell'uno sull'altro, oscurate da
bisogni personali di cui non sempre si è consapevoli e con la tendenza a
riversare sul partner le responsabilità di ogni proprio fallimento. Gli eccessivi
inquinamenti familiari in molti rapporti di coppia si ripercuotono a catena, di
generazione in generazione, creando insicurezze personali difficilmente
gestibili e che vengono mascherate da iperattività o in rifugi alienanti.
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Numerose ricerche psicologiche hanno evidenziato come l'adolescente
risenta fortemente dei problemi coniugali dei genitori.
Rogers ha mostrato che, a prescindere dall'orientamento teorico di un
terapeuta, i più importanti fattori predittivi della capacità di un cliente di
affrontare con successo i problemi, sono il grado in cui il terapeuta fornisce
empatia, accettazione ed autenticità. Queste condizioni sono altresì il
fondamento di ciò che è necessario per creare "un matrimonio efficace"
(Howell & Jones, 2002) che è fondamentale per "donare" ai figli un modello
relazionale di coppia che li aiuterà nella crescita e non li renderà prigionieri
di vincoli patologici che rispecchiano i bisogni dell'uno e dell'altro.
Una coppia capace di questo creerà figli felici che, crescendo, saranno
capaci di vivere serenamente la loro affettività.
Soltanto l'ascolto apre le porte alla comprensione. L'ascolto costruisce la
fiducia. L'ascolto facilita la risoluzione dei conflitti. L'ascolto porta intimità.
L'ascolto alimenta la crescita della relazione. Il teologo Paul Tillich ne
riassume l'importanza dicendo: "II primo dovere dell'amore è quello di
ascoltare".
L'ascolto è la cosa più potente che possiate fare per incoraggiare il vostro
partner a parlarvi. Se parlate sempre e ascoltate raramente, non dovreste
sorprendervi se il vostro partner non dice molto." (Howell & Jones, 2002).
Conclusioni
Le realtà dell'adolescenza cambiano sempre più in fretta di generazione in
generazione producendo molte difficoltà a "creare sintonie comunicative": il
dialogo confuso, o addirittura inesistente, diventa la fonte di moltissime
problematiche che, talvolta, diventano vere e proprie patologie.
Il tema dell'affettività ci porta, per esempio, a riflettere su numerosi
aspetti della vita di un adolescente e di quella dei suoi genitori. Uno dei punti
più rilevanti è che non può esistere "una vera capacità ad amare" senza
precisi valori di riferimento e, quindi, senza un significato profondo del
valore della vita (Gillini e Zattoni, 2005).
Esiste, nell'adolescenza, un bisogno di trasmettere e di ricevere che trova
una sua spontanea espressività solo nel diario, uno strumento senza tempo:
quando capita che qualche giovane ci fa leggere "alcuni passaggi", si capta
sempre questa difficoltà a parlare "con i grandi".
Discutendo con i giovani emerge ancora di più il bisogno d'essere capiti e
di trovare un ascolto che gli adulti non sanno dare (e questo amplifica
l'esigenza di portare fuori dalla famiglia questi bisogni).
Parlare di sesso non è poi tanto facile perché dare "risposte informative"
alle domande dei giovani è troppo semplicistico e non crea quella mentalità a
vivere la sessualità come una piena componente della propria vita. La
risposta facile, al contrario, settorializza il sesso e lo isola dal contesto della
personalità: come ampiamente sottolineato, uno degli obiettivi prioritari è
guidare i giovani verso delle scelte serene e responsabili, lontane dal
consumismo sessuale che pericolosamente si sta riaffacciando con mezzi più
sofisticati e tecnologicamente precisi (videotel, telefono sexy, videofilm a
circuito chiuso , internet ecc.).
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È necessario, quindi, favorire una precisa identità personale che è base
indispensabile di un'identità di genere maschile e femminile: solo così può
esserci un eros vissuto serenamente, e si può essere in grado di affrontare
con serenità le eventuali problematiche che possono manifestarsi durante la
vita.
Aiutare i giovani a crescere è solo la prima fase di un lavoro, costante e
continuo, in cui la prevenzione non s'inserisce nella scuola come momento
sporadico, ma viene intesa nell'accezione più ampia e globale di strumento
formativo, di conoscenza e di crescita personale.
Un vero progetto educativo deve mirare sinteticamente a favorire:
1. un'adeguata immagine della propria individualità;
2. un adeguato riconoscimento delle proprie capacità e dei propri limiti;
3. un'adeguata immagine della propria famiglia;
4. un'adeguata immagine della propria appartenenza a gruppi (classi,
associazioni, rapporti di amicizia);
5. un adeguato rapporto con gli oggetti di consumo;
6. un'adeguata idea del concetto e del fenomeno "droga" e dipendenze in
genere;
7. un'adeguata idea del concetto "aggressività";
8. un'adeguata consapevolezza dell'uso della TV, di internet ed eventuali
altri strumenti di comunicazione (ad es. giornaletti, riviste, ecc.);
9. un'adeguata comprensione del linguaggio e del messaggio pubblicitario;
10.
un'adeguata capacità critica dei valori, modelli, miti, seguiti
individualmente o nel gruppo;
11. un'adeguata comunicazione con gli altri, sia pari che adulti;
12. un'adeguata espressione, a livello interpersonale e sociale, dei propri
bisogni legati alla propria individualità ed alla specifica età.
Desidero concludere sottolineando come tutti gli adolescenti che ho finora
incontrato mi hanno dimostrato che esiste una ricchezza giovanile
sommersa, non sempre manifestata a pieno, e che l'immagine del giovane
d'oggi non deve assolutamente corrispondere a quella dello sprovveduto che
si nasconde dietro il suo walkman e col telefonino sempre collegato alla Rete.
Per non parlare, poi, della grandissima ricchezza che ognuno di noi
acquisisce giorno dopo giorno: quello scambio tra generazioni che alla base
di un vero rinnovamento.
Tutto quanto abbiamo detto evidenzia come il ginecologo non può limitare
il suo lavoro a componenti esclusivamente genitali, ma deve "saper leggere il
corpo e le sue emozioni". A questo esigenza si deve aggiungere la presenza
di un'equipe consultoriale attenta e sensibile che, strategicamente, sappia
prendere in carico l'adolescente in un lavoro coordinato.
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Bibliografìa
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Young K. S., (1998) Internet Addiction Test, In Caught in the net. John Wiley &
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Zattoni M. e Gillini C., (2005) II piercing nell'anima. Capire il dolore nascosto
dell'adolescente, Ancora, Milano.
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