LA MUSICA
La natura della musica è stata in parte colta e in parte turlupinata perché per un verso
affascina e par l’altro condiziona fortemente i moti dell’anima.
I greci e i romani usavano al musica soprattutto per attività teatrali, banchetti e feste.
L’uso della musica in questi ambiti era abbondante e quasi esclusiva. Il crollo
dell’impero romano fece spuntare esperienze nuove non senza contrasti incertezze
anche in campo musicale. La Chiesa si impegnò soltanto quando intuì che non c’era
solo un rischio di sensibilità e un rispetto della relazione umana a favorire il canto
“unisono”,. I presenti furono educati al gusto del canto ad una sola voce per
esprimere la concentrazione comunitaria.
Il medioevo accolse la tradizione del canto gregoriani. La musica gregoriana era molto
semplice come sviluppo e richiedeva la ripetizione fedele dei principi che la musica
infiorava. In questo canto liturgico l’uomo medioevale provava ancora gioia e
entusiasmo, ma nasceva dentro di lui la voglia di prendere nuove vie verso la musica
libera e varia; nacquero così le prime espressioni di musica profana.
Non fu facile per la Chiesa ufficiale accettare questa intrusione di mottetti o madrigali
di stampo secolarista. Soprattutto fu difficile accettare la polifonia. In questo contesto
storico emergono i nomi di grandi artisti della musica come Josquin Després e
Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Fu soprattutto Josquin Després a entusiasmare l’Europa con espressioni musicali
impensabili e troppo libere; in particolare va ricordata la Messa del Soldato Ferito, il
Miserere, il Pater Noster, l’Ave Maria.
Dopo di lui venne il grande Giovanni Pierluigi da Palestrina: un autore instancabile nel
lavoro di produzione di musica sacra ma rigido nel suo programma di vita e geniale
tanto da condizionare positivamente l’approdo della musica profana nella liturgia della
Chiesa.
Palestrina fu molto intelligente e consequenziale nell’esprimere con musica “nuova” lo
spirito del tempo. Si moltiplicarono in questo modo le composizioni che sfruttarono le
dissonanze e i grossi gruppi musicali. Ci fu un po’ di malintesi, di messi all’indice, di
giudizi negativi ma Palestrina restò fedele al suo orientamento musicale e questo servì
a rimuovere molti ostacoli alla diffusione della musica popolare.
Siamo ancora in un periodo di grande sensibilità culturale per cui c’è una profonda
venerazione della parola che, rivestita di musica, è più valida per la salvezza
dell’uomo. Ma prima di arrivare ad una composizione e dialogo, si dovette attendere
molto e tutto finì in una battaglia culturale che creò poi molti ritardi .
ARS NOVA
Nel primo medioevo la musica era di solito considerata come un fatto di sostegno e di
richiamo all’unità della comunità cristiana. Era intesa come un fatto secondario perché
la parola di Dio era primaria. Entrò così la polifonia e la strumentistica anche nella
Liturgia.
Fu sviluppato inizialmente in modo un po’ abnorme l’Alleluja; questo canto divenne il
segno della novità della musica anche se per il resto si era fermi alla voce unica e ad
una musica congelata negli schemi antichi.
Nel secondo medioevo si cominciò a cantare a più voci. La melodia era cantata dalla
voce prima e le altre accompagnavano anche con il basso continuo (violone e
organo).
La nuova arte comportò un metodo diverso di scrittura della musica. Dopo Guittone
d’Arezzo che battezzò le note e il pentagramma, si cominciò a fare musica col
contrappunto cioè si stabilì un dialogo tra le varie voci che marciavano insieme. Nella
fase finale del Medioevo la abilità dei musicisti arrivò a comporre fino a trentadue voci
(Ockeghem) ma ormai il campo musicale era occupato dai madrigalisti e dai
compositori di musica da teatro.
Allievo di Ockeghem fu il grande Josquin Desprès (1450-1521) che fu cantore di
cappella a Milano, visse a Roma dieci anni, indi a Cambrai (1495-1499), a Modena, a
Parigi, a Ferrara (1503), a Condé.
Il giudizio che diede di lui Martin Lutero coglie mirabilmente la trasformazione in corso
nella polifonia tra quattro e cinquecento: “Gli altri maestri” ha detto Lutero “devono
fare come vogliono le note ma Josquin è il padrone delle note, che hanno dovuto fare
come vuole lui”.
Egli sostenne il principio italiano dell’armonia totale; egli ha, al più alto grado, il senso
del patetico, dei sentimenti sottili, delle immagini più varie. Si può dire di lui che parlò
all’uomo con potenza drammatica; di lui è bene che ascoltiamo la Missa “Hercules dux
Ferrariae”, e il “Miserere mei, Deus”.
Nella scia dei musicisti soprattutto fiamminghi si rafforzò principalmente in Italia la
linea ritmico-melodico-armonica di una musica che era sentita come novità. Per
questo la definirono come “Ars Nova”.
I primi due rappresentanti di questa
maturazione musicale furono Giovanni Pierluigi da Palestrina e Orlando Di Lasso.
Il primo dei grandi maestri italiani fu il Palestrina che si addossò il compito di dare
ordine e calma alla composizione musicale. Era necessario un uomo calmo e sicuro per
traghettare la musica sul suo carro che avanza nella storia.
Così soprattutto all’atto musicale la posizione di Palestrina appare in sicura dolcezza;
nel comporre la musica si evidenzia la delicatezza della persona, il desiderio profondo
di vedere la musica operare un cambiamento nell’uomo. Non sarebbe avvenuto questo
miracolo senza la pazienza di Palestrina. Questa operazione è avvenuta perché la
musica di Palestrina era veramente cattolica.
Anche lui sentì il bisogno di una musica non sacrale e si cimentò con gli altri musicisti
nel dare forma definitiva al contrappunto che dopo di loro fu dominatore assoluto della
forma musicale.
Tanto per segnare dei confini sopportabili, riportiamo qui le pagine più gloriose della
Missa Papae Marcelli (a sei voci), la Missa Assunta Est Maria, il mottetto celebre
Factae Sunt, i due Stabat Mater, la Salve Regina e le Lamentazioni.
E’ assolutamente necessario che il lavoro di scoperta dei personaggi che presentiamo
sia un fatto di interiorità e di profonda comprensione. Non è più il tempo della musica
limitata al momento di esecuzione, per cui non cade la incidenza della musica anche al
di fuori dell’esecuzione vera e propria, perché la tecnica moderna ci permette in ogni
momento fa riecheggiare la musica gradita. Ma l’interiorità richiede impegni di tempo
di energie, uno studio delle opere, un tentativo di capire le diramazioni e i
suggerimenti che offre per diventare noi stessi musicisti e anche creatori di semplici
pezzi musicali. Dovremmo essere in grado di comporre anche dei brani musicali.
Un aktro pericolo è quello di impadronirsi di qualche autore o della sua musica in
modo esclusivo perdendo così il contatto con la storia; non si vede la fatica costruttiva
dell’autore e si prepara la confusione.
06/10/12