FIERA DI VICENZA
Venerdì 19 Aprile 2002
IL MARKETING IN MOVIMENTO
L'evoluzione del marketing nel mercato
governato dal cliente e trasformato dalla tecnologia
Relatore: PHILIP
KOTLER
In collaborazione con
Con il patrocinio di
___________________________
Resoconto integrale da traduzione simultanea
realizzato da Meeting Service S.r.l.
sito Internet: www.meeting-service.it
e-mail: info@meeting–service.it
numero verde: 800 247 464
Il Marketing in movimento
KOTLER
Bene, sono molto felice di trovarmi qui e spero che voi siate pronti ad ascoltare
il mio discorso. In un certo senso vorrei veramente essere con voi, mi sarebbe
piaciuto trovarmi con voi in Italia ora, ma in ogni caso direi che comunque
avremo almeno un incontro diviso in due, diviso in due perché all'inizio io vi
presenterò delle idee, alcune mie idee, e nella seconda parte ascolterò le vostre
domande, che vi prego di fare brevi e concise, e vi dirò subito quella che è
l'esperienza che io ho avuto.
C'è stato un qualcuno che è ve nuto da me e mi ha chiesto di firmare la prima
edizione del mio testo di marketing management e io ho detto a questa persona
che mi ha chiesto l'autografo: “Ma usi ancora la prima versione di marketing
management, la prima edizione? Sono molto sorpreso, perché francamente è
inutile ormai!”.
E lui mi ha detto: “Ma perché è inutile?”.
Ed io ho risposto: “E’ inutile perché la prima edizione di marketing management
è cambiata, o meglio il marketing management è cambiato così tanto che lei sta
usando un libro che è ormai è superato come concetti, che non parla del
concetto della segmentazione, non menziona mai il marketing per segmenti o il
marketing
virtuale
o
la
segmentazione
dei
consumatori
o
ancora
l'ipercompetizione, il cyberconsumo, l’equità tra clienti, la trasparenza, lo spazio
di mercato, i network di valore…”. E il punto che voglio sottolineare è che il
marketing è in continua evoluzione, cambia continuamente. E questo è il titolo
del mio più recente libro e forse uno dei temi della vostra conferenza e cioè
veniamo sorpassati continuamente e molto rapidamente nel marketing.
Quello che volevo ancora dirvi è parlarvi del fatto che molte imprese usano in
modo errato il marketing, o non lo usano del tutto. In molti reparti del marketing
l'unica cosa che avviene è quello che chiamiamo il “mar.com”. Cos'è il
“mar.com”? Il “mar.com” è la comunicazione nel marketing, marketing
comunication. Allora “mar.com”, Mac Donald’s, per esempio, un'impresa
globale.
Quello che io vedo che avviene al Mac Donald’s è nella sostanza che abbiamo
delle
comunicazioni.
Il
marketing
non
riguarda
le
strategie,
riguarda
l'esternalizzazione di comunicati stampa, di tutta una serie di documenti, quindi
quello che io voglio suggerire è un nuovo concetto, il concetto seguente:
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abbiamo iniziato, siamo partiti dall'idea che il marketing fosse vendita,
marketing uguale vendita e quindi questo era il concetto della vendita. Poi
abbiamo compreso che avevamo bisogno di passare a qualcosa di più
sofisticato e quindi siamo passati al concetto che il marketing sia la
comprensione delle necessità e il loro incontro, cioè venire incontro alle
necessità così come le abbiamo comprese, quindi trovare delle necessità, dei
bisogni e rispondere a questi bisogni. Poi abbiamo iniziato a dire: ma c'è di più,
c'è ancora di più! C'è un qualcosa ancora di meglio, cioè anticipare i bisogni,
quindi un'impresa molto creativa, si va al di là di semplicemente ascoltare
quello che è un bisogno. Ma un'impresa creativa è una impresa che osserva e
anticipa i nuovi trend, i nuovi bisogni. Quindi siamo giunti alla conclusione che
le imprese più creative di fatto creano le necessità, i bisogni, e il marketing non
deve per forza avere un solo tipo di rapporto rispetto ai bisogni esistenti, ma,
piuttosto, deve essere messo in rapporto allo sviluppo di nuovi livelli di stili di
vita, per esempio la Sony.
La Sony dedica molto tempo a creare prodotti che nessuno ha mai chiesto
prima o sapeva che esistessero. Quindi, ai livelli più alti, vedete, una ditta crea
nuove offerte, il che migliora la qualità della vita dei fornitori, con prodotti che
non erano neanche nell’immaginazione dei consumatori.
Quello a cui stiamo lavorando noi ora è un concetto che chiamiamo “marketing
olistico”, e voglio spiegarvi che cosa intendo con “marketing olistico”.
Intendiamo tre cose con questa definizione: la prima, che il marketing può
funzionare solo se viene, diciamo, compreso da tutta l'impresa, se è pervasivo,
non può funzionare solo se è un reparto che lo attua; ha bisogno che tutti
pensino al cliente, non è sufficiente che le cosiddette “quattro P” vengono
sviluppate come Piano di marketing, cioè Prodotto, Piano, Luogo e Produzione,
in italiano non sono tutte e quattro delle P ma comunque…! Ma di fatto tutto può
crollare perché magari il prodotto è buono ma non viene spedito in tempo utile,
oppure non è stato costruito con la qualità giusta, oppure perché il reparto della
contabilità non ha risposto alle domande poste dal cliente, così che il primo
significato di “olistico” è che questa idea deve essere abbracciata, sposata da
tutti all'interno di un'impresa.
La seconda cosa, il secondo fattore, è che dobbiamo considerare il cliente,
guardarlo in modo più olistico, cioè non solo l'impresa deve essere più olistica
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ma anche i clienti devono essere considerati in modo più olistico perché
dobbiamo, infatti, interessarci almeno due dimensioni del cliente: la prima, la
differenza tra il suo comprare qualcosa e il suo utilizzare un qualcosa. Cioè
dobbiamo iniziare a fare attenzione ad aiutare il cliente a trarre valore dal suo
acquisto. In altre parole: vi vendo un'automobile ma ecco che la persona,
l'acquirente, avrà dei problemi con questa macchina, dovrà mantenerla.
Un'ottima ditta, un ottimo venditore di auto vi dirà non solo vi vendo una
macchina, ma farò sì che traiate il maggiore valore possibile da questo
investimento di 30.000 dollari che avete appena effettuato, e questa è la
differenza tra il creare valore d'acquisto e il creare valore d'uso.
La seconda idea è dell'essere olistici e cioè che dobbiamo vedere l'acquisto da
parte del cliente in un contesto più ampio, cioè dobbiamo chiederci a che
cos’altro può essere interessato questo consumatore, cioè in altre parole il
contesto.
Molte imprese ora stanno passando ad un'idea che si chiama customer share e
che proviene proprio da un'idea olistica, cioè vogliamo essere messi in
compartecipazione, vogliamo una quota maggiore del business del cliente, cioè
se vendiamo al cliente un abito, ecco che probabilmente gli diremo: questa è
una camicia e una cravatta che andrebbero molto bene con l'abito che lei ha
appena acquistato. Cioè il punto è quello di considerare il cliente al di là della
transazione appena effettuata.
È un discorso miope quello di considerare solamente la transazione e supporre
che il rapporto sia terminato. Quindi quello che stiamo dicendo è che il
marketing deve essere più olistico. L'idea è che un'impresa, per essere olistica,
deve abbracciare una terza idea, ovvero l'impresa deve lavorare con dei
partner, deve lavorare con dei collaboratori, ci deve essere collaborazione, non
può fare tutto da sola. Questo è particolarmente vero quando guardiamo quello
che avviene con l'outsourcing. Molte imprese ora stanno decapitalizzando, si
stanno liberando della proprietà di molti assett, quindi preferirebbero cioè
essere proprietari di marchi e lasciare ad altri invece la proprietà degli assett.
Un ottimo esempio è la (SE.RA.LEE.) che è un portfolio di propri marchi
piuttosto che non un'impresa che ha delle industrie, diciamo. Le industrie
spesso si trovano in Cina, quindi gli stabilimenti si trovano all’est per lo più; la
Cina sembra fare tutto quello che consumiamo oggi e molte ditte non vogliono
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legare il proprio capitale in assett fisici, quindi in stabilimenti, se volete.
Sono i marchi i vostri assett e se riuscite a vedere ciò allora riuscite a vedere il
cosiddetto “brand assett management”, che non è semplicemente una persona
che gestisce, non so, l'idea della Coca Cola o l'idea della FIAT; piuttosto si
tratta di tutto un gruppo di persone, di una équipe che si occupano di
assicurarsi che gli assett, che si chiamano Coca Cola o FIAT o Mc Donalds, di
fatto vengano proiettati nel futuro con tutta la freschezza e vivacità di cui c'è
bisogno per un loro buon mantenimento. Ed ecco dove pensiamo che possano
espletare i loro compiti le imprese, sono tutti dei compiti di marketing.
Il primo compito è identificare le opportunità di mercato, e questo è lavoro di
coloro che sono addetti al marketing, è lavoro di tutti ma in particolare degli
addetti al marketing, quello cioè di aiutare l'impresa a identificare e qualificare e
valutare le opportunità. Queste opportunità non verranno scoperte dalle
persone della produzione o dai contabili, ma sono piuttosto gli addetti al
marketing, perché hanno una mentalità di marketing, che vuole dire notare le
necessità potenziali, le offerte potenziali, e queste sono quelle che chiamiamo
le opportunità.
Il secondo compito di un'impresa è quello di progettare delle offerte distinte, che
vengano incontro alle diverse opportunità, e non avere delle copie di prodotti
preesistenti, già esistenti sul mercato, i cosiddetti prodotti “me too”, che non
andranno da nessuna parte, ci deve essere una capacità non solo nel creare
l'offerta ma anche nel creare un'offerta che sia distintiva, offrire qualcosa di
diverso. Dopo che abbiamo trovato l'opportunità, dopo che abbiamo effettuato
un'offerta distintiva, ecco che creiamo, in terzo luogo, quella che chiamiamo una
business architecture, un modello di business, una architettura di business.
Con questo intendo dire che abbiamo messo insieme le persone e i processi
che sosterranno e porteranno al successo questo brand, questo marchio.
L'architettura del business o il modello del business vuol dire che ho anche un
modello economico che mi dice, mi predice che produrrò denaro. Uno dei motivi
per cui le industrie tecnologiche, nella tecnologia dell'informazione, hanno in un
certo senso fallito è che il loro modello di business era il seguente: se io riesco
ad avere abbastanza visitatori nel mio sito WEB, se arrivo ad avere abbastanza
persone che cliccheranno Amazon.com, Ibe.com o qualsiasi .com ecco che i
profitti deriveranno semplicemente dal fatto che le persone vengono a cliccare il
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nostro sito.
Ma ahimè, questo non è un modello di business, questo è un sogno e tale
rimane. Cioè quando ci troviamo in un business abbiamo bisogno di una
architettura di business e un modello di business per vincere, per avere
successo.
Dopo avere riconosciuto questi tre compiti di cui abbiamo appena parlato,
quello di trovare le opportunità, quello di rendere la vostra offerta unica e quello
di avere un modello di architettura di business, il compito è quello di creare
valore. È questo il marketing, è il lavoro del marketing, cioè creare valore,
perseguire il valore, il valore non solo dal vostro punto di vista ma anche dal
punto di vista del cliente potenziale. E poi sviluppare le competenze chiave di
cui avete bisogno per portare questo valore al cliente. Sviluppare queste
competenze e quindi stabilire una rete di partner, di collaboratori. Ora in parte
ciò è scritto già nel mio testo: Il marketing cambia, Marketing moves, quindi non
voglio farvi sprecare del tempo, ma vorrei che sviluppaste i seguenti punti: a) il
marketing è più che un solo reparto; b) è più che semplicemente una funzione;
c) è la forza motrice del successo economico; d) è il principio guida del
successo e dell'avere successo sul mercato.
In un mercato dove ci sono già troppi prodotti, oggi il problema non è la
mancanza di prodotti sul mercato, oggi il problema è piuttosto la mancanza di
clienti, e quindi la capacità di cui abbiamo bisogno è di essere migliori nel
creare valore, valore unico, distintivo, superiore, che vi porterà i clienti, che
vincerà sugli altri e porterà i clienti a voi. Quindi guardiamo questo punto,
osserviamolo.
Quali erano le capacità tradizionali nel marketing e quali sono le nuove capacità
richieste nel marketing?
Ci sono quattro capacità tradizionali nel marketing e queste quattro devono
essere comunque fatte bene.
La prima: ricerche di mercato; quindi la ricerca all'interno del marketing è il
punto di partenza per l'identificazione delle opportunità e per lo sviluppo di
prodotti che siano in linea con le aspettative dei clienti.
Due: la capacità di pubblicizzare, pubblicizzare e quindi fare pubblicità, la
capacità di comunicare un marchio, dare cioè un lato emotivo, un potere
emotivo alla vostra offerta.
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Tre: la capacità della promozione delle vendite, che non è la stessa della
pubblicità, attenzione! Il termi ne che noi usiamo per descrivere questi pacchetti
di incentivi che possiamo dare ai nostri clienti è proprio "promozione delle
vendite", cioè perché comprino oggi ecco che noi abbiamo dato loro degli
incentivi ieri.
La pubblicità non fa sì che il cliente si alzi dal televisore e vada immediatamente
in negozio a comprare un prodotto; quello che fa la pubblicità è depositare nella
mente del consumatore una coscienza, forse un interesse, se forse è un
prodotto fantastico, una preferenza, ma non porta direttamente all'acquisto.
D'altro canto, se vi viene detto che solo oggi potete acquistare il prodotto al
50% del prezzo, questa è promozione di vendita, sales promotion, e la sales
promotion è fatta di coupon, è fatta di sconti, è fatta di cedole; se comprano
qualcosa, è dare loro un regalo. Vogliamo essere bravi in sales promotion, nella
promozione delle vendite.
Quarto punto estremamente importante è la gestione delle vendite, sales
management. Sappiamo che le forze sono costose, queste forze, soprattutto
quando si tratta degli strumenti ovvero soprattutto nel business to business, nel
B2B, dobbiamo essere in grado di gestire proprio l'economia di una forza di
vendita. Potete scrivere un libro sulla ricerca di mercato, uno può scrivere un
libro sulla pubblicità, un altro un libro sulla sales promotion o un libro sulla
gestione delle forze vendita.
Potete scrivere un libro sulla ricerca di mercato, uno può scrivere un libro sulla
pubblicità, un altro un libro sulla sales promotion o un libro sulla gestione delle
forze vendita. Questi testi sono tutti già stati scritti, eppure vi sono molte
imprese che sono pessime in questi reparti, e non sto entrando nelle nuove
competenze, sto parlando di competenze tradizionali, di quelle nuove ne
parliamo fra un attimo, rimaniamo nelle quattro competenze tradizionali chiave.
La ricerca di mercato in genere viene fatta pessimamente, i cosiddetti “focusgroup” sono molto utili ma spesso pensiamo che sia tutto lì, il campione sia tutto
lì, invece di riconoscere che il “focus-group” è una opportunità da cui trarre delle
idee, da cui imparare qualcosa in più su come le persone possono accettare un
prodotto; non è un modo per quantificare le dimensioni di un mercato. E ancora
molti questionari delle ricerche di mercato e molti campioni stessi, dimensioni
dei campioni, possono essere messi in discussione, c'è ancora molto da fare
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nel campo della ricerca di mercato, ci sono delle nuove tecniche di ricerca di
mercato che sono molto promettenti, al di là di quelle tradizionali che ormai
conosciamo a sufficienza.
Il professor Zarthman ad Harward sta utilizzando un approccio che chiama
l'”approccio Zarthman”, appunto, che di fatto bypassa la nostra struttura di
competenze ed entra nel profondo dei significati. Quindi se state vendendo per
esempio un attrezzo a qualcuno o se vendete un letto a qualcuno, ecco che con
questa tecnica arrivate ai livelli più inconsci, cioè si opera a livello più inconscio
del cliente.
Anni fa aveva (Any Structure) aveva fatto qualcosa di simile, era lo psicologo
sociale o se volete il Sigmund Freud della ricerca di mercato, e ha scritto un
libro chiamato appunto Il manuale delle motivazioni del consumatore. Era un
libro alfabetico, cioè ogni prodotto che potete immaginare era presente in
questo libro dove lui diceva quelle che erano le dinamiche sottostanti ad ogni
singolo prodotto, che cosa le persone pensavano delle automobili, che cosa
pensavano delle mele, che cosa pensavano del vino….
Ma ora passiamo alla pubblicità, un qualcosa in cui dovremmo essere bravi.
Ebbene, non ho visto tutte queste grandi capacità ultimamente. Quello che ho
visto ultimamente sono molte pubblicità che sono semplicemente copie di
quelle preesistenti. Ho visto gettar via denaro, ho visto sprechi enormi. Per
esempio, stiamo mostrando sempre un'automobile che va a 100 all'ora in una
strada di montagna; benissimo, in tutte le pubblicità, tutte le pubblicità mostrano
la stessa fotografia! Non mi ricordo più quale marca è quella della pubblicità che
sto vedendo, peggio ancora! Questa pubblicità non parla a una persona che
abita in una città in pianura, dove non ci sono montagne, dove c'è un limite di
velocità magari di 110 chilometri all'ora. È una pubblicità che non mi parla! Ed io
penso che a questo punto dovremo tornare nella nostra ditta e chiederci: ma le
nostre pubblicità sono poi così valide? Funzionano? O dovremmo invece
prendere una parte del denaro devoluto alla pubblicità e metterlo nella
promozione vendite o nei comunicati stampa, nelle public relations, cioè
lavorare con gli opinion-leaders. O forse, ancora, dovremo prendere parte dei
fondi devoluti alla pubblicità che non funzionano e immetterli nella costruzione
di un prodotto migliore, per esempio. Perché magari un prodotto migliore… è
chiaro che qualsiasi prodotto migliore è meglio delle parole, ovviamente. Oggi
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Il Marketing in movimento
abbiamo l’e-business, con Internet, ci sono tantissime chat e le persone
chattano dei prodotti, chattano di tutto, chattano di automobili, chattano di
prodotti elettronici e chiaramente un prodotto superiore viene subito alla ribalta.
Quindi io dico, il vostro budget per la pubblicità magari è gonfiato, è eccessivo.
E, ancora, non dimenticate le promozioni alle vendite: il 70% dei nostri fondi
oggi, dei fondi che devolviamo alla pubblicità e alla promozione delle vendite,
oggi andrebbe devoluto alla promozione delle vendite. Questo in media.
Ora, con così tanta parte del denaro speso in promozione delle vendite, con
così tante (diciamo) regalie di soldi, siamo in pericolo di rischiare di tagliare un
po' le gambe al nostro prodotto, al nostro marchio, perché può sembrare che il
nostro prodotto sia molto diciamo di bassa lega. Perché se una birra, per
esempio, viene continuamente abbassata di prezzo, la gente inizierà a pensare
che questo prezzo così scontato sia il vero prezzo e quindi penserà che quella
birra sia un prodotto di serie B, per così dire. In uno studio di promozioni delle
vendite si è concluso che solo il 17% delle promozioni delle vendite erano
veramente redditizie per il produttore, il 17%, attenzione! Ed una delle cose che
io suggerisco è: all'interno della vostra impresa, se usate promozione alle
vendite, dovete avere un esperto in sales promotion, e con questo intendo una
persona che studia le sales promotion, le promozioni, che va ai seminari sui
diversi strumenti di sales promotion e che diventa il consulente a qualsiasi
brand manager, product manager che ha bisogno di far promozione, e abbiamo
bisogno delle promozioni. Ma ecco che ci vuole un esperto che vi possa
suggerire qual è il miglior mezzo per quel prodotto, perché la maggior parte dei
brand manager non sanno niente di sales promotion. Avete bisogno cioè di
qualcuno nella ditta che impara a utilizzare le sales promotion e studi i risultati
di ogni azione di promozione delle vendite; il risultato potrebbe essere quello
per esempio di avere un maggior risultato da quello che investite.
E poi, per quanto riguarda il sales management ci sono tre o quattro cose che
stanno avvenendo a livello di forza vendita. La prima cosa è che stiamo
cercando di impiegare sempre meno persone, sempre meno addetti alle
vendite, cioè agenti. Abbiamo bisogno del loro aiuto ma cerchiamo di cercare,
ovviamente, di arrivare ai costi più bassi per la distribuzione, ovviamente la
forza lavoro è un canale di distribuzione e qui stiamo cercando di ridurre i costi.
Un passo in questa direzione consisterebbe nel fare più telemarketing, per
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Il Marketing in movimento
esempio.
Per esempio: un certo venditore non deve recarsi presso il cliente
necessariamente, non deve pernottare in un hotel, non deve spendere soldi in
un ristorante; può fare tanto di questo lavoro proprio al telefono, soprattutto se
uno parla di clienti più piccoli. Ora, per i clienti più grandi, invece, naturalmente,
bisogna vederli, bisogna andarli a trovare più spesso; ma il piccolo cliente può
essere raggiunto molto facilmente attraverso per esempio questo telemarketing.
Quindi praticamente che cosa si fa? Si assumono, non so, dei rappresentanti,
dei produttori, perché loro per esempio possono portare tanti prodotti, e quindi
qui può essere più conveniente mandare loro che non gli agenti di vendita;
oppure il nostro prodotto può diventare disponibile attraverso per esempio i
negozi, i negozi di dettaglio.
L'IBM per tanti anni prima del 1970, praticamente diceva che l'unico modo per
comprare un pezzo di IBM era attraverso un agente. Ecco, diversamente da
questo, oggi si possono comprare articoli della IBM (il computer e così via)
attraverso dei dettaglianti, quindi nei negozi, quindi utilizzando proprio la rete
del dettaglio possiamo abbassare i costi. Quindi possiamo ottenere tante
vendite anche attraverso il marketing diretto, possiamo quindi per esempio
vendere direttamente, possiamo vendere anche su Internet entrando nel
commercio elettronico e facendo sì che i nostri prodotti diventino accessibili
attraverso degli ordini che ci arrivano attraverso il sistema elettronico. Quindi
quello che voglio dire qui è che la forza vendita cerca in tutti i modi di ridurre, di
arrivare a dei costi più bassi per questo canale distributivo, si cerca di ridurre i
costi in questo senso. Questa è la prima tendenza.
Poi abbiamo riscontrato che tante aziende, tante società non vogliono
continuamente ricevere visite dagli agenti, non hanno piacere di riceverne così
tante. Prendiamo per esempio il marketing dei farmaceutici: alle volte, proprio
perché ci sono molti agenti che sono seduti nelle sale d'attesa dei dottori,
spesso ce ne sono più loro che non pazienti, e i medici ci dicono: “Ma non
abbiamo tempo per vedere, per parlare con questi venditori!”. E i venditori alla
fine non apportano grosso valore, perché alla fine il medico quello che deve
conoscere del farmaco commercializzato lo sa e vede già, basta che vada sul
sito Internet e può leggere benissimo tutte le caratteristiche di un determinato
farmaco. E quindi quello che dicono tanti venditori è questo, o quello che dicono
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tante aziende, dicono: “Signor venditore, io non ho bisogno di lei come
comunicatore, perché io o la persona interessata può scoprire tutto su Internet
o sulla letteratura”. Per cui magari la persona che deve comprare può dire: “Io
la voglio vedere solo se mi può aiutare a guadagnare di più. Quindi non mi
interessa che lei sia un bravo comunicatore, mi interessa più vederla se lei può
fungere diciamo da consulente per me”.
E quindi adesso essere un venditore, essere un agente di vendita significa
sapere molto di più, non soltanto del prodotto, ma anche di quella che è
l'azienda del cliente, quindi deve sapere aiutare il cliente a risparmiare danaro o
a fargli guadagnare di più. È questo il nuovo obiettivo. Quindi il venditore, come
consulente, è diventato ora il nuovo modello.
Poi un'altra cosa che è successa alla forza lavoro è la seguente: la Compaq,
per esempio, sta chiudendo alcuni dei propri uffici vendita. Questi uffici, almeno,
dove tutti i venditori hanno il loro ufficio, per esempio, quindi adesso si pensa
che il venditore non abbia bisogno di un suo ufficio, il venditore può lavorare al
di fuori di un ufficio, al di fuori della propria casa, perché naturalmente il
venditore sa tutto, ha tutto sul suo computer o comunque tutto è disponibile, gli
basta scaricare le informazioni dal computer o dalla sede centrale, si può
scaricare tutto dal mainfraime della sede centrale. Quindi, per esempio, se un
venditore vuole un certo catalogo o una certa brochure, lo può scaricare
semplicemente attraverso il suo computer. Quindi tante società, tante aziende
stanno cercando di economizzare sui costi della gestione di una forza lavoro, di
una forza vendita, eliminando addirittura la struttura, gli uffici vendita stessi. Ora
forse a voi può interessare ancora di più quelle che sono le nuove competenze,
che secondo me non ci sono nei nuovi dipartimenti, nei nuovi reparti di
marketing, ma che sono assolutamente necessari per il marketing del
Ventunesimo Secolo.
Vorrei
adesso
elencarvi
queste
nuove
competenze,
dopodiché
le
commenteremo più dettagliatamente. La prima consulenza è quella che io
definirei la “Customer Relationship Management”, la gestione del rapporto con il
cliente, si chiama “CRM” ed è un argomento molto molto caldo oggi come oggi.
Poi abbiamo una seconda competenza che è “Partnership Relationship
Management“, gestione dei rapporti con i partner, quindi non si devono soltanto
gestire i clienti ma bisogna anche gestire i propri partner. Quindi questa è la
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Il Marketing in movimento
“PRM”. Poi abbiamo una terza competenza che è la Database Marketing &
Maining”, quindi il marketing del database e
il maining del database. Il marketing fa parte del “CRM”, “Customer
Relationship Management” naturalmente, e questo poi lo descriverò in seguito.
Poi abbiamo una quarta competenza che è quella del telemarketing, e il
telemarketing è sicuramente un’idea molto grossa, molto importante di cui vi
parlerò successivamente.
Poi abbiamo la quinta competenza che è quella del marketing delle pubbliche
relazioni: “Pubblic Relation Marketing”, quindi la creazione per esempio di
eventi, di attività sponsorizzate, di per esempio riuscire ad avere più copertura,
non so, sui giornali, sulla stampa….
Poi abbiamo una sesta competenza che è la “Assett brand management”.
Poi abbiamo quello del marketing esperenziale, “Experiential marketing”, cioè il
marketing diventa un'esperienza, le transazioni diventano esperienza, cioè
offrire al cliente un'esperienza e non soltanto un prodotto. Poi la prossima
potrebbe
essere
quella
dell'”Integrated
Marketing
Comunication”,
comunicazione di marketing integrata, quindi “IMC”. E poi bisogna essere sicuri
che tutto quello che uno fa, comunica quello che uno è in maniera coerente.
Invece di avere una comunicazione molto frammentaria, che talvolta invia
messaggi contraddittori, bisogna essere coerenti. Poi l'ultima competenza, che
secondo me è nuova ma è assolutamente necessaria, è quella dell'analisi della
redditività, la “profity ability analisies”, attraverso segmenti, attraverso canali,
per segmenti, per canale, per cliente, sapendo esattamente dove esattamente
noi riusciamo a guadagnare, in che settore, a che livello riusciamo a
guadagnare. Ora parliamo un po’ più dettagliatamente di ognuna di queste
competenze.
Ecco, la maggiore parte dei reparti di marketing, la maggiore parte delle
aziende non hanno persone che adesso abbiano queste competenze, perché
sono diventate competenze estremamente cruciali.
Partiamo dal primo che è “CRM”, “Crustomer Relationship Magement”. Ora,
anni fa si era partiti con una filosofia che si chiamava la filosofia del mercato di
massa, massificata, il “mass marketing filosofy” Questo viene ancora praticato
per esempio dalla Pepsi Cola, dalla Mac Donald’s e da altri in cui noi
praticamente noi facciamo pochissime distinzioni tra i nostri clienti, per noi sono
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
più o meno tutti eguali. Quello che noi vogliamo che succeda è che tutti
conoscano questo prodotto e tutti lo acquistino, quindi non ci troviamo a un
livello di segmentazione. Questo è il marketing di massa. Alcune persone
dicono che questo tipo di marketing di massa funziona molto bene, soprattutto
quando vi erano poche stazioni televisive, quindi tutti dovevano vedere gli stessi
canali e se volevano guardare la televisione i bisogni erano piuttosto terra terra
ed erano piuttosto tutti uniformi, omogenei. Oggi, invece, sempre più aziende
stanno capendo che devono invece segmentare, è necessario farlo in modo
tale da avere una maggiore efficienza e efficacia sul mercato. Quindi devono
definire per chi è questo prodotto, devono definire che persone devono
raggiungere, perché una volta che loro fanno quello che noi chiamiamo il “target
marketing”, possono scegliere meglio il canale, possono determinare il prezzo
meglio, possono migliorare e rendere più importanti le caratteristiche di un
determinato prodotto e quindi adesso quasi tutti facciamo questo tipo di
marketing segmentato, questo target marketing, un marketing che ha un
obiettivo prestabilito. Adesso, però, c'è una grossa tendenza verso la
comprensione non soltanto del segmento ma poi di ogni cliente all'interno di
questo segmento. Ora, questo sicuramente è un problema ed è una questione
molto importante, dobbiamo conoscere queste persone come individui, oppure
basta considerare il segmento? Ricordiamoci che il segmento viene definito
come un gruppo di persone che sono simili, diciamo, non è un segmento a
meno che, ovviamente, queste persone non abbiano delle analogie, non
ricerchino per esempio gli stessi vantaggi, gli stessi benefici. Come
conseguenza perché è necessario sapere che il signor Jones o il signor Rossi,
che in questo segmento ha 62, poi c'è anche il signor Bianchi che ne ha 59, e
che il signor Rossi per esempio è andato all'università mentre il signor Bianchi è
andato ha fatto un master in America. Perché è necessario conoscere gli
individui?
Bene, viene sostenuto da persone tipo Peppers, da persone come Rogers e
anche da altri che sostanzialmente è importante o è utile quanto meno sapere,
conoscere dei dati a livello individuale. Ma chi è esattamente che sostiene
questo? Beh, un esempio potrebbe essere quello delle banche. Prendiamo una
banca: una banca per esempio ha ovviamente diversi segmenti di clienti,
vediamoli da un punto di vista di vendita al dettaglio, dei prodotti. Naturalmente
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
sarebbe molto utile se la banca non soltanto dicesse: “Bene, ecco, qui ci sono
delle famiglie in cui per esempio i genitori hanno tra i 40 e i 50 anni”. È anche
utile sapere per esempio quali di queste famiglie hanno un figlio o una figlia che
è lì pronta ad andare all'università, un figlio o una figlia che deve comprare la
macchina, perché se uno conosce queste informazioni a livello così individuale,
così particolaristico, sapendo questo è possibile andare dalla famiglia e dire:
“Perché non fa un mutuo per la macchina piuttosto? Perché non approfitta di un
credito per gli studi universitari?”. Quindi le banche dicono che è importante
conoscere non soltanto il comportamento generale del segmento, ma poi anche
quelli che sono i dati più particolareggiati, più individuali, più specifici delle
diverse persone, dove certi bisogni finanziari naturalmente varieranno nel corso
o nell'arco della vita di queste persone. Quindi la domanda che voi dovrete
affrontare è la seguente: diciamo che voi avete sempre affrontato i segmenti,
dovete passare a fare un ulteriore passo e parlare al marketing su database, in
cui si raccolgono informazioni su tutti gli individui a cui avete venduto dei beni e
le informazioni che cercherete di raccogliere sono praticamente basate sulle
transazioni passate, sugli acquisti passati, di chiunque a cui voi avrete venduto.
Poi avrete anche i dati demografici, per esempio se è utile sapere che reddito
hanno, quanti anni hanno e così via. Poi i dati psicografici, per esempio se è
utile conoscere quelle che sono le loro attività, i loro hobby, le loro opinioni, i
loro interessi. Ora, se voi dite: “Sì, per me sarebbe buono fare questo passo”, vi
state impegnando in un percorso di investimenti che sicuramente costerà
decine di migliaia se non milioni addirittura di dollari, perché, per costruire e
mantenere un sistema database di questo tipo c'è dietro un grosso
investimento, c'è la Royal Bank del Canada che ha dovuto spendere 5-6 milioni
di dollari con la società che si chiama “Sigal” per poter proprio avere e
semplicemente creare un sistema di database di questo tipo. E quindi bisogna
un po' vedere se questo investimento vale la pena o meno di fare. Abbiamo
chiesto a questa banca e la banca ha detto: “Beh, se noi spendiamo 6 milioni di
dollari per sviluppare questo sistema di database, quanto tempo ci vorrà prima
che sia operativo? Partendo oggi quanto ci vorrà?”. Gli è stato detto: “Beh, ci
vorranno un paio d'anni”. Ed allora la banca ha chiesto: “Beh, ma quanto più
venderemo? Proprio per il fatto stesso di avere questa banca dati, quale sarà
l'impatto incrementale sulle nostre vendite, proprio, che può scaturire dal fatto di
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Il Marketing in movimento
avere queste informazioni? E allora sapremo quanti più potremo vendere,
quanti anni poi ci vorranno per ammortizzare quei 5-6 milioni che abbiamo
speso per creare questo sistema?”.
E la banca è stata molto intelligente, secondo me, a porre queste domande,
cioè loro hanno detto: “Va bene, investiamo 6 milioni di dollari in questo sistema
di database e sappiamo che entro 5-6 anni, per dire, li avremo ammortizzati e
saremo in una situazione molto migliore anche rispetto ai nostri concorrenti”.
Alla fine, nel loro caso ha funzionato piuttosto bene, loro hanno recuperato i
costi dopo 4 anni dall'inizio dell'investimento. Ma vediamo gli aspetti negativi:
come prima cosa non soltanto dobbiamo raccogliere tutte queste informazioni,
che è abbastanza costoso già di per sé, ma va costantemente aggiornato: le
persone continuano a muoversi, le aziende cambiano, le persone hanno delle
promozioni, cambiano indirizzi… quindi c'è tutto un up-date, un aggiornamento
che si rende necessario in modo continuativo. In secondo luogo che cosa
succede? Bisogna fare anche il data maining, non basta avere semplicemente i
dati, bisogna poi assumere degli esperti, che sono anche degli esperti di
statistica, che possono fare le due cose che vanno fatte con questi dati. Quindi
in primo luogo bisogna identificare quelle che sono le tendenze, quindi se avete
un esperto di statistica bravo che osserva tutti questi milioni di informazioni
deve naturalmente capire le tendenze prima dei concorrenti che non sono
altrettanto per esempio sofisticati, lo deve fare prima. Poi l'esperto di statistica vi
può anche aiutare, per esempio, a scoprire nuovi segmenti, segmenti nascosti,
attraverso proprio questa operazione, questa tecnica di data maining. Il data
maining comporta tante tecniche: il clustering, il network neurale e così via.
Quindi quello che io vi voglio dire dicendovi questo è che sicuramente qui c'è
una opportunità, nella fattispecie è possibile per esempio lavorare meglio
conoscendo ogni cliente di più: se uno conosce meglio i vari clienti sicuramente
può migliorare. Ma il sistema necessario per poter fare questo è costoso. E
quindi dovete vedere, mettere sulla bilancia i costi e i benefici e decidere,
quindi, se passare a questo database marketing oppure no.
Adesso vi voglio dire qualcosa, invece, sul telemarketing. Ora, alcune persone
sostengono oggi come oggi che il centro telefonico di una società è proprio il
centro nervoso, dovrebbe essere il luogo in cui i clienti vi possono raggiungere
e il luogo in cui voi potete raggiungere i clienti, in modo tale da conoscerli di più,
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Il Marketing in movimento
da offrir loro dei servizi migliori. Alcune aziende lo chiamano in effetti centro di
contatto, come il centro telefonico diventa il luogo in cui si apprende: volete che
i clienti vi chiamino, per esempio, se hanno delle domande o anche quando
hanno delle lamentele da fare, oppure quando hanno delle nuove idee da
esporvi? E quindi voi utilizzate proprio questa struttura, questa possibilità per
poter servire meglio i vostri clienti. Il centro di contatto originariamente era lì per
il servizio ai clienti, non era stato creato proprio per un servizio di marketing,
l'idea originaria era proprio quella di: “Vabbè, lasciamo che i clienti ci chiamino
per i loro servizi”. Adesso, invece, questa idea si è ampliata, si è allargata e
praticamente questo centro di contatti viene utilizzato non soltanto per
rispondere a delle domande sui servizi ma anche per chiamare noi i clienti, per
offrire loro per esempio delle opportunità nuove che abbiamo creato, e lo
chiamiamo “out bound telemarketing”, quindi telemarketing che va verso
l'esterno. Quindi praticamente la prima domanda che uno si pone è: “Dobbiamo
creare questo noi, o dobbiamo darlo a terzi?”. Ed è risultato che molte aziende
sono emerse, che gestiscono le operazioni di telemarketing di altre aziende,
ovviamente. Quando io sono andata in Giappone ho incontrato il Presidente del
Beu-twentyfor , i suoi clienti includevano la Sony, Toshiba, Panasonic e tutti
questi. Lui ha una struttura con circa 2.000 persone che sono lì con le cuffie
sulla testa e che parlano ai clienti, che li chiamano, che chiamano potenziali
clienti. E queste società che ho menzionato hanno tutti assunto questa azienda
affinché questa facesse il lavoro di centro di contatto. Quindi una delle prime
domande da porsi è: “Lo facciamo noi o assumiamo un gruppo professionista
che abbia una grossa esperienza in questo senso, e nell'utilizzo del telefono e
di questo tipo di comunicazione?”.
Ora, per quanto riguarda le pubbliche relazioni, io qui voglio sottolineare una
cosa importante: molti hanno investito in tante attività di pubbliche relazioni e
questo sicuramente porta a più attenzione spesso che non alla pubblicità. Oggi
siamo talmente assaliti dalla pubblicità, sul video, sulla televisione, sui giornali,
sulle riviste, che compaiono un po' ovunque, che compaiono, non so, anche
negli ascensori dei grattacieli, non so, salendo in un ascensore di un grattacielo,
fino al cinquantesimo piano, ecco che ci sono pubblicità, e le troviamo nei
supermercati, le troviamo sui muri, sui pavimenti… siamo letteralmente assaliti
da tutte queste pubblicità! E noi a questo punto la vediamo un po' come
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Il Marketing in movimento
tappezzeria. Molto spesso le persone dicono: “Ma io veramente non ci ho
neanche fatto caso, io proprio non ci faccio caso, non ci faccio più caso”.
E quindi bisogna creare dei drammi, degli episodi, degli eventi importanti che
possano catturare l'attenzione di qualcuno. Uno degli esempi che preferisco,
per quanto riguarda le pubbliche relazioni, è quando Undoline ha introdotto per
esempio la Civic, questa macchina, la Honda Civic, per le persone giovani era
stata intesa. Invece di semplicemente pubblicizzarla hanno creato questo
evento e l'evento praticamente consisteva nell'invitare questi diciottenni,
persone tra i 18 e i 22 anni affinché venissero e potessero proprio mettere la
mano sulla macchina e quello che riusciva a rimanere lì per più tempo, con la
mano sulla macchina, alla fine avrebbe vinto la macchina. È stata una specie di
gara, avevano una pausa ogni 15 minuti, poi dovevano tornare a rimettere la
mano sulla macchina. E questa ovviamente è una gara che è durata giorni e
giorni. Alla fine sono rimasti solo in due e poi è stato un dramma pazzesco per
chi vinceva! Quindi ovviamente la stampa raccontava di tutto questo episodio,
tutti seguivano la cosa, le famiglie andavano lì a vedere queste persone, questi
due che rimanevano sempre lì con la mano sulla macchina, è diventato un
evento grosso. Quindi è possibile catturare attenzione, creando degli eventi
forti, drammatici, che la stampa poi rileva, e le persone sicuramente le
noteranno molto di più, quindi noteranno come risultato molto di più quel
prodotto che non una pubblicità.
Un altro esempio di pubbliche relazioni è per esempio questo: se uno produce
un nuovo prodotto ad alta tecnologia, può essere per esempio un nuovo
computer, un nuovo laptop, non so, della Apple piuttosto che di altre, piuttosto
che un desktop computer, personal digital assistance, quelli che noi chiamiamo
i palmari, qualunque cosa sia non bisogna mai partire pubblicizzandolo. La cosa
che va fatta prima è un lavoro preliminare affinché gli opinion leader, quelli che
contano, lo consiglino.
Oggi abbiamo dei giornalisti del Wall Street Journal che praticamente sono loro
che poi fanno sì che un prodotto abbia o meno successo. Uno può leggere un
articolo per esempio in un cui un opinion leader parla di 12 telefoni diversi nuovi
dicendo: questo ha questo punto di debolezza, quest’altro ha questo punto di
forza, questo è il migliore che vi consiglio. Sono loro praticamente a
determinare il successo, quindi le pubbliche relazioni è il lavoro che uno fa
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Il Marketing in movimento
prima che il prodotto venga effettivamente commercializzato sul mercato di
massa, così che parte la voce, si chiama proprio gestione del passaparola, ci
sono tante cose.
Adesso è stato scritto molto su come fare sì che questi opinion leader si
concentrino o lancino dei nuovi prodotti, molti studi sono stati fatti in questo
senso, e secondo me è molto importante questo. Noi in passato non abbiamo
messo le pubbliche relazioni nel dipartimento di marketing, le abbiamo messe
da qualche parte nell'azienda affinché si preoccupasse delle public relations
finanziarie piuttosto che delle public relations dei dipendenti, invece che
dobbiamo fare è di avere una public relation del marketing. Un grande mio
amico, Marc Harris, ha scritto un libro, che è una guida per chi si occupa di
marketing affinché entrino nel settore delle public relations.
Lui è quello che ha gestito la Mc Donalds per gli ultimi 30 - 40 anni, e Mc
Donalds è a tutti gli effetti una storia di successo di pubbliche relazioni. Pensate
a tante cose, pensate a tutto quello che c'è all'interno di Mc Donalds, i giochi,
quelli che ti danno, i giochini per i bambini, tutto questo è marketing, ma è
marketing di pubbliche relazioni.
Un'altra area che è molto importante è il brand building, cioè la costruzione del
marchio. Se uno va a leggere la quinta versione del mio libro, Marketing
Managing, non trova molto sul marchio, tutto quello che dicevo è che il marchio
è un nome, ci può essere un suo trade mark e così via, ma solo questo.
Poi invece, con il passare degli anni e grazie ad alcuni studiosi che hanno
condotto ricerche, il branding è diventato proprio il fulcro di tutto; il brand è
sicuramente molto di più che non soltanto un nome, non è semplicemente una
etichetta, non è semplicemente un logo, non è semplicemente una serie di
tattiche, va al di là di tutto ciò. Il marchio è proprio l'essenza della propria o della
vostra impresa, si parla proprio di essenza del marchio.
Per essere specifici in questo senso prendiamo la Volvo, la società
automobilistica, per dare un esempio: loro hanno costruito l’idea che la loro
essenza di marchio è la sicurezza, hanno creato questa idea. Loro dicono: noi
creiamo le macchine più sicure che ci siano, e tutto quello che fa l'azienda è
proprio di pensare a tutti gli elementi che compongono la sicurezza.
E, per darvi una prova di ciò, loro erano molto preoccupati dell'aggiunta di un
sistema G.P.S. alle loro macchine, il cliente ha detto: ”Per favore, lo renda
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Il Marketing in movimento
disponibile”. Ora G.P.S. che cosa significa? Significa localizzare sul cruscotto
praticamente… uno schermo televisivo in cui è possibile vedere una mappa di
dove uno è o dove dovrebbe andare. Ora perché la Volvo si dovrebbe
preoccupare nell'aggiungere un tale sistema? La risposta è che praticamente gli
occhi del guidatore dovrebbero essere concentrati sulla strada e non sul
cruscotto e quindi, se uno allontana gli occhi dalla strada, potrebbe avere un
incidente e quindi hanno posto resistenza, nonostante ci fosse questo
desiderio, alla fine sì, l'hanno aggiunto perché erano stati posti sotto grossa
pressione, ma all'inizio avevano opposto questa resistenza, ma è sicuramente il
sistema G.P.S. più sicuro che ci sia probabilmente al mondo, l'hanno messo nel
punto più vicino alla strada, alla vista della strada, proprio perché volevano che
fosse il sistema G.P.S. più sicuro possibile. E lo stesso anche quando gli è stato
chiesto di fare una decappottabile, una decappottabile ovviamente è una
macchina pericolosa per natura, l'hanno resa la decappottabile più sicura che ci
sia anche lì, hanno insistito su questo aspetto.
Quindi il marchio è proprio una piattaforma per potere gestire il proprio
business, è sostanzialmente una serie di valori che uno persegue, a cui dà
importanza. Per esempio, se uno ha come brand l'intrattenimento, non so,
come Disneyland, tutti quelli che vanno e tutti quelli che lavorano lì fanno in
modo che voi vi divertiate. Quindi qualunque cosa voi esprimiate come brand
essence è poi quello che le persone vengono a comprare. Se voi vendete o
avete come essenza la qualità o l'essere veloci piuttosto che invece essere i più
sicuri, qualunque cosa essa sia è comunque qualcosa che poi verrà comprata.
E’ per questo che i clienti vengono da voi, e quindi il marchio diventa una
piattaforma, diventa una raffigurazione di quello che io otterrò come cliente, io
otterrò questa cosa prendendo questo marchio.
Prendiamo l'Ikea. L'IKea la conosciamo tutti, produce mobili. Ora, la missione
dell'Ikea è quella di rendere più semplice trovare dei buoni mobili che siano
però alla portata di tutti e quindi tutto il negozio porta all'abbassare i prezzi per il
cliente, con un'ottima gamma, un'ottima varietà e un'ottima distribuzione dei vari
mobili nelle varie stanze. Ora, ci sono altre cose però in cui dobbiamo
migliorare, ma lasciate che vi menzioni ancora una o due cose che potreste
trovare interessanti.
Molte imprese ora iniziano a parlare dello sviluppo di un cosiddetto “dashport by
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Il Marketing in movimento
marketing”, so che non conoscete questo termine, “marketing dashport”. Sapete
cos'è il dashport? E’ un cruscotto. Que llo che stanno tacendo queste imprese
però, è cercare di sistematizzare i loro processi e renderli disponibili sul vostro
schermo del computer. Per esempio, supponiamo che siate brand manager e
vogliate fare un concept test. Non ne avete mai fatto uno, dovreste essere in
grado di accedere al computer, cliccare concept test e sullo schermo avrete i
sei passi che dovrete espletare se volete fare un concept test.
Per ogni passo ci sarà una serie di suggerimenti e di consigli per seguire ed
espletare il passo e vi sarà un’illustrazione di alcuni prodotti per cui è già stato
fatto questo passo. Per ogni passo ci saranno anche le cosiddette best pratices,
le pratiche migliori, quindi senza parlare ad alcuno voi vorrete guidati su come
passare il vostro concept test e diciamo che avete fatto un test di grande
successo.
Ora avete sviluppato un nuovo prodotto e volete fare un test market, che
consiste invece, di 8 step, 8 passi. Potete fare la stessa cosa che avete fatto
precedentemente cioè farvi guidare dal computer. Cioè quello che chiediamo
alle imprese è di qualificare, di sistematizzare ogni processo che volete usino i
vostri brand manager, e questo sulla migliore esperienza che potete mettere
insieme, e questo aiuta ogni brand manager quando deve scegliere un tipo di
promozione delle vendite inizierebbe da zero.
Che tipo di promozione alle vendite dovrei usare? Tuttavia se all'interno vi è un
processo che dice qual è lo scopo di questa promozione, dove vogliamo andare
e che elenca tutti i possibili tipi, i vantaggi e gli svantaggi, ebbene questo vuol
dire sviluppare un cruscotto, un marketing dashport, per così dire.
E un'altra cosa che è molto utile è un sistema informativo in tempo reale.
Idealmente le imprese dovrebbero sapere quali prodotti hanno venduto il giorno
prima, o dovrebbero essere più vicini a saperlo.
Per esempio prendiamo il Wall Mart. La Wall Mart opera quasi in tempo reale
attualmente, la Wall Mart sa quanti pannoloni per bambini della Procter &
Gamble ha venduto il giorno prima in ognuno dei suoi supermercati. La Wall
Markt non solo lo sa ma dice al suo cliente: le diamo queste informazioni, le
diamo anche a lei perché sarà il suo lavoro quello di inviare ai nostri
supermercati una fornitura, cioè dovrete fornirci lo stesso numero di pannolini di
quelli che abbiamo venduto ieri, il che significa che noi come Wall Markt,
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Il Marketing in movimento
lasciando voi Procter & Gamble a conoscenza di ciò non dobbiamo scrivervi
una e-mail, non dobbiamo cliccare sul computer per dirvi quanto sarà il nostro
ordine perché voi avete già a disposizione le informazioni relative alle nostre
vendite, e questo significa: inventario gestito dal venditore. Praticamente la
Procter & Gamble oggi è il venditore che deve sapere lui, il venditore, quanti
pannolini inviare alla Wall Markt, al supermercato, e non viceversa.
Cioè bisogna essere in grado di sapere il più attentamente ed esattamente
possibile quanto si è venduto ogni giorno, ogni settimana, e non ogni mese. In
passato non sapevamo quali erano i movimenti di prodotti fino a uno, due, tre
mesi dopo, e a quel punto eravamo scioccati, andavamo incontro alle crisi,
avevamo un crollo magari delle vendite, oggi invece sappiamo quali sono le
movimentazioni giornaliere dei nostri prodotti. E questo problema del tempo
reale prenderà la forma di una specie di stanza spaziale da guerre stellari.
Ora, in ogni ufficio principale per le linee aeree c'è una stanza in cui si controlla
il tutto, quindi quale aereo deve essere spostato dalla pista A alla pista B, cioè
si gestisce in tempo reale tutto. Le linee aeree cambiano i prezzi, per esempio,
di diverse rotte aeree, e noi chiamiamo questo “(iold) management”, cioè
quando vogliamo ottimizzare gli introiti che derivano dal sapere se un aereo è
pieno per metà o già diciamo pieno, tutti i posti sono sta ti acquistati. È un po'
come l'immagine di una guerra, in cui vogliamo sapere che cosa avviene sul
campo di battaglia costantemente, così da poter prevedere le prossime
manovre o, non so, destinare tot risorse qua piuttosto che di là.
A questo punto io, direi, vi elenco come punto finale, prima che voi prepariate le
vostre domande, alcuni dei punti deboli che io più frequentemente trovo
all'interno delle imprese dal punto di vista del marketing, la numero 1.
Oh, man mano che le elenco tra le altre cose, potete pensare, fare un esame di
coscienza per quanto riguarda la vostra ditta e metterci un Sì o No perché
questi sono problemi che troviamo in tante imprese. Innanzitutto una differenza
o un gap nella comprensione di che cosa vuole veramente il cliente. Molti
manager pensano di sapere che cosa piace ai clienti, ma se vi sedete tutto il
giorno nel vostro ufficio e restate lì non sapete che cosa piace davvero al
cliente, perché non li avete chiamati, non avete parlato con loro, non siete stati
da loro. Troppe persone nelle funzioni marketing, all'opposto di quella delle
vendite, usano informazioni secondarie, le ricerche di mercato per esempio, per
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Il Marketing in movimento
comprendere il cliente, e noi spesso diciamo che l'antidoto a ciò è attaccarsi a
un cliente, trascorrere del tempo con il cliente, stare sul campo di battaglia e
non solo nel proprio ufficio. Ogni volta per esempio che una catena di ristoranti
mi chiama, io vado nel ristorante, mi siedo nel ristorante come se io fossi un
cliente, eppure fargli da consulente. Ma voglio vedere come vengo trattato da
queste persone prima di poter dire loro come trattare il cliente. Quindi voglio
che voi come manager arriviate al telefono, prendiate il telefono, parliate con il
cliente, facciate la spesa, cerchiate cioè di mettervi nei panni del cliente.
E ancora, secondo problema, una scarsa segmentazione, una scarsa
segmentazione del mercato. In altre parole i vostri segmenti sono troppo
grossolani, ovvero, per esempio, questi tipi di cereali per colazione vanno bene
dai bambini agli anziani; è una cosa troppo generale, non aiuta a pubblicizzarla,
non c'è una immagine di un target ben preciso o di un acquirente ben preciso.
Ecco perché abbiamo bisogno di una segmentazione molto migliore. E ancora
abbiamo bisogno di strategie migliori che devono entrare a far parte dei nostri
piani di marketing. Quando guardo i nostri piani di marketing, non vedo piani,
vedo dei budget. Il CEO, io dirò al CEO: “Abbiamo bisogno della stessa quantità
di denaro per la pubblicità, per la forza vendite, ma magari ci piacerebbe
spendere un po' più per la pubblicità e un po' meno per la forza vendite”. Ma,
attenzione, c'è una situazione burocratica piena di inerzia nello sviluppo del
piano che domani sarà più o meno quello di ieri. E questa non è una cosa
creativa, non è un porsi delle domande, non è un dire: “Mah, forse dovremo
spendere la metà nelle pubblicità e il doppio nelle public relation”. E questa non
è una mentalità imprenditoriale. Dobbiamo invece averla, dobbiamo effettuare
questi piccoli compiti, anche se, certo, magari stanziamo le stesse risorse ieri e
oggi nella maggior parte dei territori. Eppure, magari, pensiamo se non
dobbiamo destinare poche risorse a fare un esperimento, magari solo in una
città, magari solo a Pisa, per dire. Facciamo qualcosa di diverso, magari a
Roma invece. Cioè facciamo dei piccoli esperimenti qua e là per vedere qual è
la resa a diversi livelli pubblicitari, a diversi livelli di campagne pubblicitarie, a
diversi livelli di relazioni, di public relation, insomma. Quindi, vedete, le
strategie, aprite un piano di marketing e io mi chiedo: “Ma dov'è la strategia?
Dov'è la grande idea?”.
Per me la strategia deve essere una grande idea, un'idea che ci premia e che
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Il Marketing in movimento
premia i primi ad avere quell'idea, soprattutto, perché vedo che la maggior parte
delle imprese hanno magari un piano di marketing ragionevole, ma
l'organizzazione non è abbastanza forte per portarlo a termine. Magari dite:
“Bene, vogliamo aprire degli uffici in Medio Oriente o in Estremo Oriente”.
Pensiamo che la Cina sarebbe un ottimo mercato per i nostri prodotti, ma, nel
stesso tempo, siamo un'impresa in cui non c'è nessuno che parla cinese,
nessuno che ha una mentalità internazionale, non abbiamo infrastrutture a
supportare lo sforzo per raggiungere la Cina. Questo è un ottimo esempio di
una incongruenza tra lo scopo e il tipo di organizzazione che abbiamo per
espletare, per raggiungere quell'obiettivo. Ancora il mancato investimento nel
futuro, ovvero: è chiaro che dobbiamo produrre nuovi prodotti e nuovi servizi;
ogni prodotto prima o poi è destinato a distinguersi, anche la Cola Cola deve
preoccuparsi del suo futuro, se vendesse solo la Coca Cola, attenzione! La
Coca Cola ora sta lavorando molto sulle acque minerali in bottiglia, succhi di
frutta; la Mac Donald’s si occupa solo degli hamburger, se fondate tutto
sull’hamburger e le persone si preoccupano della qualità della carne, forse
dovreste estendervi a vendere anche pizza. Cioè dovete avere un budget, un
bilancio previsionale che comprenda lo studio di nuove opzioni, di nuove
direzioni che magari potete prendere, così che magari fate delle forti
scommesse sul futuro, certo. E trovo che spesso un altro problema è che molte
imprese hanno troppi prodotti. È così facile aggiungere altri prodotti alla gamma
dei prodotti ed è così difficile restringere la gamma dei prodotti, diciamo che
facciamo zuppe: facciamo zuppa di cavolfiori, zuppa di pollo e poi vediamo che
la metà delle nostre zuppe però, di fatto, non ci dà dei profitti. La Unilever per
esempio ha tagliato il numero dei suoi prodotti recentemente, è passata da
15.000 a 9.000 e ora vuole passare a 400 perché in realtà preferisce vendere
meno prodotti ma essere molto forte in quelle aree di prodotto, piuttosto che
essere rappresentata in ogni tipo di categoria di prodotto. E sto parlando di
passare da una politica di prodotto indisciplinata ad una molto disciplinata. E poi
c'è questa terribile tentazione di aumentare il valore riducendo il prezzo. O
meglio, questa deve essere l'ultima spiaggia; dobbiamo sempre chiederci:
“Posso aggiungere altro valore con il prezzo attuale?”. Cioè o faccio sì che la
mia offerta diventi più trasparente agli occhi del cliente, o ci butto dentro magari
la consegna a casa gratuita, o l'installazione gratuita, piuttosto che tagliare il
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Il Marketing in movimento
prezzo. Una volta che abbiamo tagliato il prezzo ogni unità che vendiamo ci dà
meno, quando aggiungiamo del valore manteniamo il flusso di entrate, che
chiaramente diventa più costante, migliore. E a questo punto ancora un'altra
miopia, quando si dice: “Beh, il marketing in fondo è solo vendita”.
Si vede spesso il marketing come un qualcosa di un po' fantastico, un po'
creativo,
ma,
come,
diciamo,
parte
del
reparto
vendite.
Mi
ricordo
un'osservazione di un personaggio famoso che ha distrutto quest'idea, che ha
detto: “Lo scopo del marketing è rendere la vendita non necessaria; quello di
individuare una necessità esistente, essendo i primi ad andare incontro a
questa necessità, a rispondere a questa necessità”. Cioè arrivare sul mercato
con un prodotto che tutti dicano: “Oddio, ecco, erano anni che lo volevo”. Cioè
non ci vuole un grosso sforzo di vendita. Una volta che abbiamo capito bene la
necessità e abbiamo risposto a questa necessità, è chiaro che non ci vuole
molto sforzo da parte delle vendite. Il motivo per cui dobbiamo invece puntare
sul reparto vendite è che di solito il nostro prodotto non è sempre nuovo, non ha
qualcosa di nuovo, si tratta perlopiù di prodotti “me too”, anch'io, cioè di prodotti
già esistenti. E ancora la maggior parte dei prodotti non gestiscono il loro
marchio con cura. Il marchio, il brand è per loro solo un nome, non lo vedono
come un qualcosa che definisce l'essenza di tutta l'impresa rispetto
semplicemente ad un nome.
In quest'era in cui avremo una concorrenza sempre più feroce, delle pressioni
sempre più violente sui prezzi, le due difese contro ridurre i prezzi mi sembrano
essere: uno, il brand assett management, cioè il marchio non è solo un prodotto
che esiste già sul mercato, ma deve funzionare in un certo modo, per un certo
gruppo target; e l'altra difesa è il “customer relationship manager”. E con questo
non voglio dire di sapere un tot di ogni cliente, ma dire: “Beh, non sono una ditta
che gestisce prodotti ma piuttosto io gestisco clienti. Sono un'impresa che è
interessata nella “customer equity” più di tutt'altro”. E quello che intendo per
“customer equity” è che voglio costruire valore per il cliente e posso costruire
valore per il cliente in tre modi: posso offrirgli un servizio con una migliore
performance; posso creargli un marchio più forte, una relazione emotiva con il
prodotto o anche il marchio o ancora posso instaurare un rapporto migliore,
cioè o l'offerta è migliore o la sensazione emotiva del marchio è migliore o il
rapporto con il cliente, l'intimità se volete, la vicinanza che ho con il cliente è più
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Il Marketing in movimento
forte.
Quindi quando riusciamo a costruire questa “customer equity”, ecco che molte
idee vengono di per sé, cioè io dico: “Voglio più customer share che, market
share, voglio più quota clienti che quota di mercato”. Customer share è quello
di cui parlano le banche quando dicono: “Non voglio solo che lei depositi i suoi
soldi nella mia banca, voglio anche stabilire dei rapporti con lei, assicurazioni,
cioè voglio quota di clienti, vendere più cose allo stesso cliente: customer
share. E poi arriviamo all'idea del life time value, del valore di tutta una vita.
Invece di concentrarsi sul valore ottenuto da una singola transazione vogliamo
fidelizzare con il cliente per tutta la vita. Siamo una ditta di automobili, vogliamo
vendere una Mercedes a quel cliente per ogni tre anni per i prossimi 30 anni.
Se ci riusciamo quel cliente ci vale una paccata, scusate il termine, di denaro. E
questo è quello che chiamiamo customer share thinking. È chiaro che una delle
idee migliori qui è pensare più attentamente a come fidelizzare i clienti piuttosto
che i prodotti e a possedere marchi, non solo prodotti. E qui voglio fermarmi
perché spero che a questo punto abbiate delle domande o anche dei commenti.
Spero di essere stato sufficientemente chiaro, vorrei essere con voi nella stessa
aula perché sarebbe bellissimo vederci di persona e poter così scambiarsi delle
idee in modo formale ma anche informale. Ma a questo punto so che il mio
amico Walter Giorgio Scott dell'Università Cattolica di Milano è uno dei vostri
moderatori, quindi intanto vorrei salutarlo e sentire da lui come devo
comportarmi per le domande e le risposte alle vostre domande.
BRIOSCHI
Buongiorno e grazie per il vostro contributo che è giunto in sala, il contributo ai
lavori di questa conferenza. Come avete visto anche l'Italia è un paese di
cambiamenti, infatti io sono cambiato, nel senso che sono un collega del
professor Scott. Il professor Scott sarà tra noi appena possibile, ma in questo
preciso momento non sta benissimo e quindi si è assentato momentaneamente.
Ora abbiamo raccolto delle domande e queste domande le porgiamo appunto a
lei. Quindi posso partire con le domande?
Prego, dice il professor Kotler.
La prima domanda proviene da Bianca Mutti, proveniente dalla Campania. Il
processo di espansione del web ha reso topica l'importanza del reverse
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Il Marketing in movimento
marketing, e questo fa sì che le logiche normali delle transazioni di mercato si
sono diciamo invertite e ormai si sviluppano scambi e informazioni in modo
diverso. Quindi lo scopo del reverse marketing è forse quello di aumentare il
grado di adattamento di un prodotto e resistere quindi alle necessità del cliente?
Il ruolo dei clienti è di guida delle strategie delle imprese?
I mercati come possono affrontare tutti questi cambiamenti e quali tecniche in
sua opinione sono più adatte a sviluppare e mantenere i rapporti con questi
nuovi tipi di clienti? Mi rendo conto che è una domanda lunga ma siamo pronti
anche a una risposta lunga.
KOTLER
Sì, speravo una risposta breve a una domanda lunga, ma comunque... Mi sono
sempre interessato molto delle ditte di IT di informatica, hanno cambiato quelli
che sono i paradigmi del mercato. Per esempio oggi il cliente è sempre più ricco
di informazioni, cioè il cliente di oggi ha altrettante informazioni del fornitore di
ieri; il cliente di oggi, che vuole acquistare un'auto, può andare alla
Edmonds.com e imparare tutto quello che vuole sapere di qualsiasi auto, da un
punto di vista emotivo, tecnico, dettagli; poi lui o lei può dire: sì, bene, sono
disposto a spendere 22.000 dollari, vado a vedere se c'è un concessionario che
me la vende per questa quantità. Quindi, a quel punto, va alla Priceline.com,
che dà queste informazioni a dodici concessionari dell'area del cliente, e dice:
bene, ho qualcuno disposto ad acquistare una Escort a 22.000 dollari, c'è un
concessionario disposto a vendere a questo prezzo? Il che… voglio dire che in
effetti sì, il potere è un po' ribaltato, cioè il cliente dice quanto è disposto a
pagare un qualcosa, piuttosto che vedere passivamente il prezzo. Beh, l'intera
idea del reverse marketing è di dire che molte delle cose che sono state fatte
dal venditore ora vengono fatte dal cliente, il cliente è in grado di cercare meglio
il prodotto di cui ha bisogno; il cliente non è così succube della pubblicità come
magari lo era una volta, ed ora la domanda diventa: qual è la risposta che le
imprese devono dare a questo tipo di potere, a queste informazioni, che sono
potere, che sono state date al cliente? Beh, questo significa innanzitutto che, se
siamo un'impresa in cui il prodotto non è un ottimo prodotto, siamo fuori in poco
tempo, perché ora i clienti riescono a scoprire chi ha un buon prodotto e chi no.
Ancora, d'altro canto è chiaro che, se fate dei prodotti o date dei servizi
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Il Marketing in movimento
superiori, è chiaro che venite premiati, perché anche questo verrà a
conoscenza del cliente prima di ogni altra cosa. Per cui diciamo che voi siete su
sei mercati, presenti in sei mercati, il numero 1 in tre di questi mercati, il numero
3 o 4 in due di questi mercati e in pessima posizione sull'ultimo mercato, uscite
da quell'ultimo mercato subito; uscite anche dagli ultimi mercati in cui non siete
molto bravi, perché non sopravviverete se non siete i migliori o quasi nel vostro
mercato. Io dicevo, e penso ancora, che non bisogna appartenere ad un
mercato in cui non si sia il meglio. Sappiamo che, anche se vogliamo essere su
Internet, dobbiamo essere i migliori; è chiaro che questo non succede dall'oggi
al domani, perché non molte persone ovviamente sono abituate ancora ad
usare Internet, ad usare le chatroom a piena potenza; molti comprano ancora
nel modo tradizionale, non controllano tantissimo le cose, quindi ancora per un
po' una ditta di secondo livello può farcela. Ma alla fine il significato di Internet è
che dobbiamo essere migliori nella nostra categoria di prodotto. Con questo
spero di avere risposto alla domanda.
INTERVENTO
Veniamo ora ad un'altra domanda di Augusta Angelino della Synt: in Europa le
differenze tra le varie culture, gli stili di vita, i comportamenti, si stanno
restringendo. Le forze che stanno dietro a questi cambiamenti sono Internet, il
fenomeno dell'emigrazione ed altri fenomeni. Gli Stati Uniti hanno già affrontato
problemi di questo genere; quali sono le implicazioni per il marketing e le
comunicazioni di tutto ciò? Come pensa che noi, in Europa, possiamo affrontare
problemi come questi?
KOTLER
Alcuni anni fa (Chet Lever) di Harward
ha scritto un articolo sulla
globalizzazione in cui sosteneva che il mondo sta convergendo piuttosto che
divergere, che gli stili di vita stanno diventando più uniformi piuttosto che
difformi, e questo ha portato alcune ditte a cercare di offrire meno varietà nella
loro offerta e ad avere delle offerte più standard, il che si è rivelato un fallimento
in molti casi. Una ditta, una impresa, che era la Penny Company, un produttore
di penne che ha detto: perché dobbiamo produrre 45 tipi diversi di penne se a
tutti piacciono quell'una o due penne che noi produciamo? Quindi io sono
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
sempre molto attento al fatto della globalizzazione piuttosto che la
localizzazione. Mentre è vero che i media ed altre cose fanno sì che molti
giovani in Europa ascoltino la stessa musica che in America, hanno gli stessi
eroi cinematografici, ciò non vuol dire e non nega che ci siano delle differenze,
per esempio nelle preferenze culinarie, delle differenze culturali, quindi ecco
che non farei il passo più lungo della gamba nel dire che l'unica implicazione è
che tutti gli stili di vita vanno a convergere e che quindi dobbiate ridurre il
numero di offerte ed evitare la localizzazione, al contrario. Io penso che tutti i
mercati siano locali, i mercati sono locali, e dobbiamo essere sensibili a questo
fatto. Il mio consiglio è che un'impresa dovrebbe chiedersi dove può
guadagnare dalla standardizzazione e dove dalla localizzazione. È bello
ovviamente poter standardizzare gli aspetti fisici di un prodotto ma magari non
la confezione. Forse il prezzo dovrebbe rimanere variabile, forse il mix di
servizio alla clientela deve cambiare; questa è una vecchia domanda, ma state
attenti a non standardizzare troppo. Grazie.
INTERVENTO
Arrivo così ad un'altra domanda, mi dice lei, al limite, quando abbiamo
terminato il tempo. Questa domanda è di Guido Porro e la domanda è la
seguente: il concetto tradizionale del marketing mix come verrà cambiato dai
nuovi mezzi di comunicazione, strategie, sviluppati grazie alla rete, grazie ad
Internet?
KOTLER
Beh, il marketing mix è quello che è stato chiamato le quattro P: prodotto,
luogo, produzione. Ed è stato attaccato da tutto questo tipo di domande, tipo:
dove sono i venditori? Sono forse parte della produzione? E il packagin è parte
del prodotto stesso? Alcuni magari lo chiamano quello delle 15 P invece delle 4
P, non fa niente perché poi in italiano non sono neanche 4 P, ma comunque il
punto è: i nuovi canali di comunicazione cambieranno il nostro concetto di
marketing mix? No. Ecco quello che succede, c'è una proliferazione crescente
di due cose: il numero di media e il numero di canali. Eppure questi rientrano
nel nostro marketing mix. Uno dei canali principali che sta crescendo,
ovviamente, è Internet. Il telefono, Internet, i cellulari, i palmari, vi sono così
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
tanti nuovi media, nuovi mezzi e nuovi canali, ed io penso che noi scopriremo
che Internet diventa una forza crescente. Però attenzione, io la penso un po'
diversamente dalla maggior parte delle persone: io penso che Internet sia molto
più importante non tanto per l'e-commerce ma per collegare la nostra impresa
con altre imprese. Per esempio ogni impresa dovrebbe essere collegata tramite
Internet con i propri fornitori, così che i fornitori sappiano rapidissimamente che
cosa inviare all'impresa ed ogni società dovrebbe essere collegata meglio
tramite Internet con i fornitori, i dettaglianti, i clienti, così che i fornitori possano
mandare gli ordini più rapidamente, arrivare diciamo agli stock, alle riserve più
rapidamente, ottenere le spedizioni più rapidamente, cioè la vera forza di
Internet è che è una piattaforma elettronica per arrivare a più accuratezza,
maggior velocità nelle nostre transazioni, poiché siamo una ditta con fornitori e,
diciamo, venditori; non solo, ma le nostre comunicazioni all'interno con i nostri
venditori, con i nostri produttori. È quello che chiamano l'intranet, cioè usiamo
intranet come modo per comunicare meglio all'interno anche della nostra stessa
ditta. Ora, la parte di web, quella grazie a cui possiamo informare i nostri clienti
circa il nostro mestiere ed ottenere informazioni non solo riguardo ai nostri
clienti ma anche vendere cose direttamente, attraverso una rete di ecommerce, ai clienti, ebbene, questa è anch'essa una cosa importante, non ne
nego la forza, e penso che dobbiamo anzi considerare l'importanza di questi
due elementi.
INTERVENTO
Un'altra domanda da Sara Masiero: a seconda di quella che è la tendenza della
globalizzazione, il marketing è praticamente responsabile di quello che è il
cambiamento e la manipolazione del mercato. I marketer adesso, forse,
dovrebbero fare un marketing di loro stessi, forse è il tempo è venuto perché
loro facciano marketing di sé stessi.
KOTLER
I marketer non è che possano fare le magie, gli operatori di marketing certe
volte si fanno una reputazione non tanto buona, sono l'obiettivo di tante critiche
di quello che é adesso la condizione del mondo, soprattutto da parte di persone
che pensano che ci sia troppa enfasi sul sovraconsumo e così via. Il marketing
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
sì, sicuramente ha bisogno di un sistema di pubbliche relazioni, anch'esso,
questo è vero. La cosa migliore che possiamo fare per il marketing è
semplicemente che la gente lo comprenda meglio, comprenda meglio che
cos'è. Il problema è che solo l'esito degli sforzi di marketing si vede molto
spesso, tipo le pubblicità, gli spot, i prodotti cosiddetti me too, anch'io, e non
vedono che tipo di processo, vedono la punta dell'icebearg e non la logica che
c'è dietro, non la logica che fa sì che le aziende alla fine sfornino quello che
stanno sfornando, facciano quello che stanno facendo.
INTERVENTO
Una domanda da Marica Ranaldo della Main Marketing Net Company: c'è un
collegamento tra il concetto di un mercato di un certo tipo e la globalizzazione?
Com'è possibile rendere compatibile il processo di sviluppo di un marketing
olistico e quello che è il digital divide, cioè quella differenza che esiste tra le
diverse parti nel mondo nell'utilizzo di dispositivi, di mezzi digitali, le
diseguaglianze che esistono?
KOTLER
Quello è il problema relativo alla diffusione delle innovazioni. Internet è una
innovazione che si diffonde ad un certo tasso, un tasso molto più basso nei
Paesi emergenti, ovviamente, ed un tasso più alto nei Paesi più industrializzati.
Io vedo che c'è uno sforzo di alfabetizzazione digitale, che c'è questo sforzo
che viene fatto adesso in Africa, in Asia, in tante altre parti del mondo, ed io
sono d'accordo con questo, perché penso che se noi riuscissimo ad inserire
tutto ciò nelle nostre scuole, nel sistema d'istruzione, porterebbe ad un mondo
dove le persone sono più collegate, sanno più che cosa succede anche nelle
altre parti del mondo. Ora, il concetto olistico non ha ancora, diciamo,
considerato questa idea di contribuire nell'accelerazione dell'utilizzo di Internet
in tutto il mondo, ma penso che quello che ha detto questa signora è molto
molto importante, tra l'altro ci rifletterò, creare questo collegamento.
INTERVENTO
Da Luca Scrimieri della società Ceccato: c'è il rischio che il cosiddetto reverse
marketing - quindi stiamo tornando sul reverse marketing - possa ridurre
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
l'importanza di quello che è l'approccio tradizionale che si basa sulla
segmentazione, sul target, sul posizionamento? Cioè quali modelli di marketing
più avanzati sono ora necessari per poter sviluppare una vera strategia che si
basi suoi clienti?
KOTLER
Beh, uno potrebbe parlare di fantascienza, potrebbe immaginarsi una società in
cui i clienti hanno praticamente tutto il potere nelle loro mani, in cui hanno i
mezzi per sapere tutte le cose che hanno bisogno di sapere per comprare sul
mercato una qualsiasi cosa di cui possano avere bisogno.
Beh, tutta l'iniziativa da questo punto di vista sarebbe dai clienti alle società,
quindi sarebbe questa l'azione, non l'inverso, e questo andrebbe a distruggere
l'idea della segmentazione, del targeting, del professioning, o la ridurrebbe
quanto meno, se ciò avvenisse. Sicuramente cambierebbe le cose se ai
clienti… stesse sempre a loro l'iniziativa. Gli esperti di marketing non
comprenderebbero più come segmentare, se appunto sono i clienti ad avere
tutta l’iniziativa e tutte le informazioni, sarebbero difficile per loro capirlo. È
sicuramente una situazione interessante, io purtroppo non riesco a rispondere
in maniera esauriente ma tutti noi dovremmo pensare a quello che potrebbe
essere l'impatto del reverse marketing su quella che è la logica di base di base
del marketing. La logica di base del marketing è di partire dalla R, che è la
ricerca, arrivando alla segmentation targeting professioning, quindi alla STP, al
marketing mix, all'implementazione, per poi finire con il controllo. Questo è il
percorso del marketing. Ora, secondo me ci dobbiamo chiedere se questo
percorso verrà cambiato, invertito, riducendo per esempio il nostro lavoro a
livello si STP, ma non ho una risposta, comunque è un'ottima domanda, grazie.
INTERVENTO
Adesso una domanda da Marco Campagna: qual è il trade off tra le
comunicazioni on-line e quelle off-line con riferimento a quello che è
l'abbigliamento casual? Quale può essere il collegamento tra comunicazione
on-line e comunicazione off-line? La distinzione tra la comunicazione on-line e
quella off-line?
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
KOTLER
Beh, off-line sarebbe semplicemente suppongo le solite pubblicità, la pubblicità
di abbigliamento, mentre on-line sarebbe - se capisco bene la domanda - come
possiamo praticamente utilizzare Internet per poter fare sì che le persone si
interessino al proprio abbigliamento on-line. Abbiamo per esempio delle società
come Gap, come (Lenvent), e loro hanno entrambe creato sicuramente dei siti
estremamente interessati, che vengono visitati da tantissime persone che
proprio ordinano on-line abbigliamento, pezzi di abbigliamento. Se uno parla
dell'abbigliamento d'alta fascia, quindi per esempio, non so, sartoria, alta
sartoria, secondo me ovviamente è un po' difficile che questo venga venduto
attraverso il commercio elettronico. Invece per cose tipo, non so, magliette
piuttosto che jeans, piuttosto che un abbigliamento così, più casual, beh,
sicuramente questo abbigliamento potrebbe essere comprato on-line, e tra
l'altro questo succede già regolarmente.
INTERVENTO
Grazie. Io ho terminato le domande. Non so se lei desidera magari aggiungere
altri suggerimenti, altri commenti appunto alle persone che la stanno
ascoltando.
KOTLER
Io concluderei semplicemente dicendo che ho apprezzato moltissimo le
domande, la mentalità italiana è veramente stupenda, è favolosa nel sollevare
non soltanto delle domande estremamente pratiche ma anche domande molto
filosofiche. Ogni volta che mi reco a Milano, almeno una volta all'anno, io ho
sempre avuto modo di, proprio, parlare di alcune del problematiche che sono
state sollevate da alcuni degli esperti italiani, e questo mi ha fatto sempre
riflettere molto, quindi è stato un grosso piacere ascoltare le vostre domande e
rifletterci sopra.
INTERVENTO
Ringraziamo noi lei, grazie di tutto. Come avete capito dalla breve premessa
che ho fatto a queste domande, il nostro professor Scott purtroppo non è stato
bene, ha avuto un calo di pressione e quindi non ha potuto continuare a
Meeting Service S.r.l.
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Il Marketing in movimento
coordinare i lavori di questo convegno, quindi pertanto io mi sono
indegnamente sostituito. Adesso facciamo un quarto d'ora di intervallo, c'è
persiano persino un caffè, quindi vuole dire internazionalmente coffee break, e
dopo riprendiamo i nostri lavori. Grazie.
Meeting Service S.r.l.
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STAMPA A CURA DI
Resoconto integrale da traduzione simultanea
realizzato da Meeting Service S.r.l.
sito Internet: www.meeting-service.it
e-mail: info@meeting–service.it
numero verde: 800 247 464
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