Dietro la curva di domanda: Qd=Qd(P) Ovvero: Come ci comportiamo? E perché? (Capitolo 3 del libro di testo di micro) Mio Prologo Ripeto i concetti della prima lezione: Nessun uomo dovrebbe essere un'isola: gli scambi ci migliorano la vita. Dunque si scambia, cioè si agisce, cioè ci si comporta. Le due ipotesi fondamentali della teoria economica, il cui oggetto di studio è un insieme di decisori interagenti, richiedono che le loro azioni siano compatibili e derivino da scelte libere (ne abbiamo già discusso). Compatibili significa che non si ostacolano tra di loro, per cui è possibile arrivare all'equilibrio economico. Comunque la compatibilità è un requisito di “sistema” e non individuale. Qui, invece, ci limitiamo al livello individuale: studiamo le scelte di uno di noi, non ci preoccupiamo di se/come le nostre scelte impattano sul benessere degli altri. L’ipotesi che le azioni siano delle “scelte” presuppone che: 1. siano disponibili e possibili azioni alternative, 2. ci sia un criterio di scelta, ad esempio il perseguimento di un obiettivo. Ovvero: agire/scegliere è opportuno, ma come scegliere? Senza un criterio di scelta, senza un obiettivo, l’azione è indeterminata e può essere una qualsiasi. Ad esempio, può essere scelta a caso fra le alternative possibili. Il criterio di scelta di un agente è associato, nell’analisi economica, a preferenze sull’insieme delle azioni: preferisco ergo scelgo. M. Bovi Pag. 1 Sono dunque le preferenze, cioè i gusti, che riflettono il fine dell’agente. Lo trovate realistico? Quando agite/scegliete voi, lo fate a caso? O avete un obiettivo? Ad esempio, Bentham (un filosofo padre dell’Utilitarismo) alcuni secoli fa diceva che noi agiamo col fine di massimizzare il nostro benessere e di minimizzare le nostre sofferenze. Vi ci riconoscete? Lo trovate strano? Faccio notare che l’Economia è una scienza teoretica e quindi si astiene dai giudizi di valore, cioè non stabilisce i fini degli individui, non dice se il fine scelto è giusto o sbagliato. Studia solo le conseguenze delle scelte e prende i fini umani come un dato. Dunque, i (nostri) gusti sono importanti e meritano di essere studiati in modo approfondito e con criteri scientifici: Spesso, in Economia, le migliori domande sono di natura filosofica, le migliori risposte sono di tipo analitico. Vediamo meglio. Gli economisti “standard” (es. Walras, ma anche noi in questa e nelle prossime lezioni) ipotizzano che l’agente è un Homo Economicus. Cioè: * razionale (persegue una funzione obiettivo); * informato (conosce la propria funzione obiettivo e l’ambiente in cui agisce/sceglie); * intelligente (ha capacità di calcolo); * auto-interessato (il suo benessere dipende solo da quanto consuma lui, gli altri non contano). Bene, ma perché l’Economia (standard) si è messa a studiare proprio questo genere di persona? M. Bovi Pag. 2 La Filosofia e l’Economia Suggerimenti dei filosofi su “cosa” guida i comportamenti nell’Uomo come individuo e come parte della Società. IV secolo aC: Felicità e Razionalità Scuola cirenaica L’ origine di ogni comportamento umano è il piacere (edonismo). Solo il piacere è il bene e solo il dolore è il male. Platone La ricerca del piacere allontana dal sommo bene, che è la felicità. La felicità individuale dipende direttamente dalla giustizia e dalla felicità collettiva, nel senso che nessun individuo può sperare di vivere felicemente se non in una Società ben ordinata. La psiche(=anima in greco) è costituita da tre parti: 1. Razionalità 2. Due componenti non razionali: 2a Pulsioni irrazionali 2b Volontà di obbedire alla ragione La parte razionale dell'anima è quella piccola parte che deve guidare le altre due componenti in modo che l'anima possa raggiungere la felicità. (La Repubblica,IV,442) Cristianesimo La felicità non è di questo mondo. I-IV secolo dC: l’Uomo è fallibile ma, razionalmente, dovrebbe imparare Cicerone nullius nisi insipientis, in errore perseverare (errare è cosa comune; è solo dell'ignorante perseverare nell'errore) S. Agostino M. Bovi Pag. 3 errare humanum est, perseverare autem diabolicum XVII secolo: L’Uomo è soprattutto e semplicemente Ragione e Egoismo Cartesio La psiche ha una sola componente, che è razionale. “(…) i nostri piaceri dipendono totalmente dalle Passioni. Ma la Saggezza si dimostra utile soprattutto in questo, dato che insegna a rendersene talmente padroni, e a trattarle con tanta sagacia, che i mali che esse causano sono molto sopportabili. (Les Passions de L’Âme, 1649) Hobbes Homo homini lupus: “Man's destructive hand spares nothing that lives; he kills to feed himself, he kills to clothe himself, he kills to adorn himself, he kills to attack, he kills to defend himself, he kills to instruct himself, he kills to amuse himself, he kills for the sake of killing.” (De Cive, Epistola dedicatoria. The Elements of Law, Natural and Politic, 1651) XVIII secolo: L’Uomo è una summa di Egoismo e Ragione David Hume Se devono fare una cosa insieme, è molto difficile, anzi impossibile, che molte persone possano mettersi d’accordo (…). Ognuno cerca un pretesto per sottrarsi alla preoccupazione ed alla spesa e cerca di scaricarne l’intero peso sugli altri. (A Treatise of Human Nature, Volume II, 1739) Adam Smith Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo e parliamo dei loro vantaggi, e mai delle nostre necessità. (…) Pur agendo egoisticamente una mano invisibile ci porta, inconsapevolmente, a buoni risultati sociali. (The Wealth of Nations, 1776). M. Bovi Pag. 4 Immanuel Kant L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. [...] Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo intelletto! (Risposta alla domanda: che cos’è l’illuminismo, 1784) Cartesio e Smith sembrano aver ragione: La rivoluzione industriale, l’illuminismo, il progresso scientifico e tecnologico, tutto sembra dimostrare la potenza della ragione e il suo ruolo centrale non solo nella psiche umana ma, ipso facto, anche nella società. Hobbes e Hume sembrano aver ragione: Il progresso scientifico e tecnologico (razionalità) è molto più veloce di quello sociale (egoismo). La Scienza Economica Standard si sviluppa in questo periodo storico. Il che spiega la scelta degli economisti del tempo di Walras. La Storia, invece, non finisce qui: XIX secolo: I dubbi dell’Uomo sulla razionalità dell’Uomo Freud: E’ la sessualità, non il raziocinio, l’energia primaria della psiche. Metà XX secolo: L’Uomo crea il suo “clone razionale”, il Computer La rivincita di Cartesio: la mente umana è così potente che è in grado di ricreare se stessa (intelligenza artificiale, sistemi esperti). Fine XX secolo: L’Uomo capisce che non è un Computer Platone e Freud sembrano aver ragione: La Psicologia Cognitiva dimostra che l’Uomo, di fronte a problemi che M. Bovi Pag. 5 richiedono un ragionamento logico, molto spesso sceglie istintivamente e usa delle scorciatoie mentali. Non riuscendo a trovare le soluzioni più razionali, che pure sarebbero disponibili evitando le scorciatoie, l’Uomo sbaglia e non impara dai suoi errori. Kanheman, uno psicologo cognitivo, vince il Nobel per l'Economia nel 2002). La Neuroscienza dimostra che le emozioni interferiscono profondamente e sistematicamente con la razionalità. Insomma: dopo vari millenni e molti pensatori geniali molte domande restano senza una risposta definitiva: Come agiamo? Perché agiamo? Forse siamo razionali ma non così tanto da capire che lo siamo? Forse siamo così emotivi da crederci razionali? Ora, comunque, dovrebbero essere più chiari sia il quadro concettuale di riferimento sia i pregi, i difetti e i limiti di analizzare l’Homo walrasiano. Detto ciò, la Scienza Economica è sempre attenta ai nuovi schemi comportamentali. E’ il nostro mestiere e, d'altronde, abbiamo strumenti analitici a “geometria sociale variabile”. Per dire, si studiano anche preferenze sociali quali l’altruismo, il senso di colpa, l’invidia, ecc. ma anche altre caratteristiche molto umane come le tentazioni e il modo di affrontare il futuro o situazioni rischiose a cui accenneremo dopo queste lezioni sull’homo walrasiano. Esempio. Perché studiare l'altruismo? Come si può spiegare con l’economia standard che in molti paesi ci sono milioni di “volontari” che lavorano gratis? Milioni? Sì: in Italia sono più di 6 milioni e mezzo: M. Bovi Pag. 6 Sei milioni sono tanti, ma è ovvio che non tutti fanno volontariato. Per cui ora torniamo all'uomo walrasiano che non è ancora estinto. M. Bovi Pag. 7 DALLE PREFERENZE ALL’UTILITA' Ingredienti della Teoria Economica standard: Utilità (totale e marginale) Preferenze e loro ordinamento Curva di indifferenza (CI) Saggio Marginale di Sostituzione (pendenza della CI) M. Bovi Pag. 8 UTILITA' TOTALE Come possiamo quantificare il “benessere” (soddisfazione, piacere...) che ci dà il consumo di un bene che abbiamo scelto di consumare? A domanda psico-filosofica, segue risposta analitica: la fz. di utilità. Intuitivamente: si ha una funzione quando si riesce a stabilire un legame tra due insiemi diversi in modo che ad elementi del primo insieme corrispondano (uno o più) elementi del secondo insieme. Esempio “economico” con gli insiemi U e q: U = 2q ovvero, ogni unità di consumo del bene q mi fornisce una Utilità pari a 2. Naturalmente, il legame deve avere certe caratteristiche. Perciò definiamo la funzione e facciamo delle ipotesi sulla sua forma. M. Bovi Pag. 9 UTILITA' MARGINALE Le ipotesi non finiscono con “più è meglio”, per la nostra Teoria serve di più. In particolare, si suppone che l’Utilità marginale sia decrescente: più è meglio, ma il piacere del consumo si riduce con la quantità consumata. Andiamo con ordine e definiamo: M. Bovi Pag. 10 Logica della ipotesi di utilità marginale decrescente: il piacere diminuisce col consumo. Dalla 11a unità consumata in poi, l’ulteriore consumo non dà ulteriore utilità. Immaginate che qa=bicchieri d’acqua: il troppo stroppia… Bevendo ancora, probabilmente l’utilità totale calerebbe poiché quella marginale diverrebbe negativa. In questo esempio, qa=11 è il PUNTO DI SAZIETA’. M. Bovi Pag. 11 Ovviamente, il punto di sazietà è soggettivo (dietro le curve ci siamo noi). M. Bovi Pag. 12 UTILITA' E ORDINAMENTO DELLE PREFERENZE Il sistema di preferenza è rappresentabile con una funzione di utilità se è possibile associare ad ogni azione (i.e. ad ogni scelta) un numero in modo che se un’azione è preferita ad un’altra, allora ad essa corrisponde un numero relativamente più grande. Ricordate che il nostro fine qui è “quantificare i nostri gusti”: dalle preferenze (elemento “sensoriale”) all’utilità (elemento analitico). Curiosità intellettuale: il Teorema della Rappresentazione di Debreu Giusto per vedere come si possono studiare analiticamente assunzioni comportamentali di tipo psico-filosofico, vi scrivo la parte finale del Teorema della Rappresentazione di Debreu. Dati due beni x, y, se le preferenze, definite su , sono (riflessive,) complete, transitive, continue e strettamente monotoniche, allora esiste una funzione tale che: M. Bovi Pag. 13 In parole semplici: date le citate ipotesi sui gusti è possibile rappresentare questi ultimi mercé funzioni di utilità che conservano l’ordine dei miei gusti. Cioè: se secondo i miei gusti io preferisco (debolmente) x a y allora, se consumo x la funzione di utilità mi darà un valore (=mi quantificherà un livello di piacere) non minore rispetto a quello che mi darebbe se consumassi y. Vale anche il viceversa (dall’utilità alle preferenze). Insomma: Teorema della Rappresentazione = posso rappresentare i gusti attraverso funzioni di utilità. I gusti, però, possiamo solamente ordinarli (q1 mi piace più di q2) ma non quantificarli. In modo non rigoroso, ma utile per i nostri scopi, possiamo dire che: un numero può essere usato per due scopi differenti. 1) per descrivere una grandezza => numero cardinale, 2) per descrivere una posizione => numero ordinale. Utilità ordinale vuol dire infatti che conta solo il segno della differenza [U(q1)-U(q2)] poiché è questo segno che ci indica se q1 è preferito a q2 (o viceversa). Tuttavia, NON possiamo dire di quanto q1 è preferito a q2 (o viceversa) perché l’utilità è solo ordinale. Ma perché l’utilità è concetto solo ordinale e non anche cardinale? Risposta: M. Bovi Pag. 14 Perché teorizzare l’utilità cardinale vorrebbe dire che si riesce a quantificare esattamente i gusti/preferenze: - un conto è dire che la panna mi piace più della nutella, - un altro è dire che mi piace il 31% in più della nutella. Siete d’accordo che la seconda frase è eccessiva? Come si può quantificare una sensazione? (NB in questi ultimi anni stanno provando a farlo i neuroscienziati, ma qui limitiamoci all’analisi standard). Ma, forse ancor di più, la cardinalità implicherebbe una questione politica piuttosto seria. In presenza di due o più persone, infatti, la faccenda della quantificazione si complica ulteriormente. E’ giusto e ha senso dire che: a me la panna piace 3,2 volte più che a te? Tenete presente che sulla base di questi “calcoli” e teorie ci si basano (o potrebbero basarsi) interventi politici. Per ora non approfondiamo e diciamo che, grazie agli studi degli economisti, si può dimostrare che l’ordinalità può essere sufficiente per costruire una Teoria del (comportamento del) Consumatore. In merito è oltremodo importante notare che le funzioni di utilità – e le quantificazioni che ne derivano - NON sono necessarie per la Teoria del Consumatore. La Teoria del Consumatore, infatti, regge anche se ci si limita alle assunzioni che stanno dietro alle curve di indifferenza (CI) che vedremo tra qualche pagina. Procediamo, dunque, come se non avessimo mai parlato di funzioni di utilità: si riparte dalle preferenze e si definisce l’oggetto grafico – le CI - facendo delle ipotesi che lo rendano realistico o, almeno, plausibile. M. Bovi Pag. 15 Preferenze del consumatore e loro rappresentazione M. Bovi Pag. 16 RELAZIONI DI PREFERENZA M. Bovi Pag. 17 ASSUNZIONI SULL'ORDINAMENTO DELLE PREFERENZE Vediamole una alla volta. M. Bovi Pag. 18 COMPLETEZZA TRANSITIVITA' Dati tre panieri A, B, C se A BeB C => deve essere che A C se A ~ B e B ~ C => deve essere che A ~ C Poi vedremo meglio il perché con l’ausilio di un grafico. Per ora continuiamo con altre ipotesi alla base della Teoria del Consumatore via Curve di Indifferenza. M. Bovi Pag. 19 ULTERIORI IPOTESI: GUSTI “REGOLARI” (well-behaved) Vediamole una alla volta. M. Bovi Pag. 20 3. NON SAZIETA' (MAGGIORE QUANTITA' E' MEGLIO) M. Bovi Pag. 21 4. PREFERENZA PER LA VARIETA' (PIU' QUALITA' E' MEGLIO) M. Bovi Pag. 22 DALLE PREFERENZE ALLE CURVE DI INDIFFERENZA Finora abbiamo visto come trasformare le preferenze in funzioni di utilità, ovvero come “graficare ordinatamente” i nostri gusti. Similmente, qui trasformiamo le preferenze in un “oggetto grafico”, la Curva di Indifferenza (CI). Evidentemente, CI e funzioni di utilità hanno dei legàmi. Ma, come già detto, posso studiare le preferenze direttamente tramite le CI, senza usare le fz. di utilità. Definiamo il nuovo oggetto grafico. Vale la pena ripeterlo: è il consumatore (cioè noi) che liberamente sceglie (scegliamo) quali panieri gli (ci) sono indifferenti: la CI rappresenta i suoi (nostri) gusti. M. Bovi Pag. 23 Una mappa di curve di indifferenza: la “Collina del Piacere” • insieme di CI che descrivono le preferenze del consumatore per tutti i possibili panieri di consumo • ad ogni CI di una mappa corrisponde un diverso livello di soddisfazione • A CI più alte sono associati livelli di soddisfazione maggiori NB le scritte “U …” sono solo per farvi vedere che la linea più bassa è la meno preferita: non è necessario alcun legame con l’utilità. Ricordiamoci ora le 4 proprietà delle preferenze: 1. 2. 3. 4. Completezza Transitività Non sazietà Preferenza per la varietà Ancora una volta: si parte da assunzioni sui gusti per derivare un oggetto grafico utile per fare delle analisi. Infatti: Vediamo punto per punto come disegnare curve che soddisfino le nostre ipotesi circa i nostri gusti (o, se non vi ci riconoscete, i gusti di una persona walrasiana). M. Bovi Pag. 24 LA CURVA DI INDIFFERENZA HA INCLINAZIONE NEGATIVA Perciò la CI non può essere rettilinea Se non può essere rettilinea, vediamo come l’ipotesi sui gusti che la “media sia preferita agli estremi” renda curva la CI (i panieri F e H devono essere più in alto del - cioè devono essere preferiti al – paniere A): M. Bovi Pag. 25 LA CURVA DI INDIFFERENZA E' CONVESSA: in ogni suo punto il Saggio Marginale di Sostituzione (SMS) è diverso NB SMS è la pendenza della CI (ricordate il discorso sull’elasticità?). Vediamo meglio perché l’ipotesi di preferenza per la varietà sembra plausibile M. Bovi Pag. 26 SIGNIFICATO ECONOMICO DELL’SMS: A quanto sono disposto a rinunciare? Dipende da quanto ne ho e da quanto lo preferisco! ESEMPIO: se ho tanti vestiti (V) e poco cibo (C), a parità di piacere, scambierei molti V per poco C. Vi convince? Gli economisti (di 100 anni fa) erano poi così fuori dal mondo? Non assomiglia all’ipotesi di utilità marginale decrescente? Vedremo che è proprio così M. Bovi Pag. 27 SMS COME CONCETTO GRAFICO SMS COME CONCETTO ANALITICO Supponiamo che il consumatore cambi il consumo di quantità pari a q1 e q2. La sua utilità cambia così (U=differenziale totale): U=U’1q1 + U’2q2 Se costui vuole rimanere sulla stessa CI allora U=0 => U = 0 = U’1q1 + U’2q2 => -U’1U’2 = q2/q1 => SMS = U’1U’2 = -(q2/q1) IL SMS E’ UN CONCETTO CON DUE SIGNIFICATI. ESSO E’ UN 1) RAPPORTO DI VARIAZIONI TRA BENI (q2/q1) 2) RAPPORTO TRA UTILITA’ MARGINALI (U’1U’2) Come detto, la Teoria del Consumatore regge anche solo col primo concetto che usa le CI e non necessariamente le funzioni di utilità. M. Bovi Pag. 28 PIU' ALTA LA CI, PIU' GRANDE E' IL PIACERE (UTILITA’…) A parole: D è preferito ad A (ha maggiori quantità di entrambi i beni => non si discute: più è meglio); D e E sono indifferenti per il consumatore: stanno sulla stessa CI Ergo E è preferito ad A Si può generalizzare: qualunque paniere su una CI più alta è strettamente preferito a qualunque paniere su una CI più bassa. Ricordo che ad ogni CI di una data mappa corrisponde un diverso livello di soddisfazione. D’altronde, come potrebbero coesistere due CI diverse ma con lo stesso contenuto di piacere? E’ chiaro che si tratta di un ossimoro. Le CI, possono incrociarsi? No! Qui la logica di questa caratteristica grafica delle CI deriva dall’ipotesi di coerenza del consumatore. M. Bovi Pag. 29 LE CI NON SI POSSONO INCROCIARE Transitività NON soddisfatta! M. Bovi Pag. 30 DUE CASI PARTICOLARI BENI SOSTITUTI => CONSUMO ALTERNATIVO BENI COMPLEMENTI => CONSUMO PROPORZIONALE I BENI PERFETTI SOSTITUTI SODDISFANO LO STESSO BISOGNO (diciamo: benzina Agip o Q8): M. Bovi Pag. 31 Qui si scambiano 1 a 1 (ma potrebbe essere 1 a 2,…comunque: SMS=cost) M. Bovi Pag. 32 BENI COMPLEMENTARI Es. Linea celeste: se q2 passa da 2 a 4 rimango sulla stessa curva celeste => avere 2 o 4 guanti sx, se ho solo 2 guanti dx, non mi dà maggiore utilità. M. Bovi Pag. 33 DOPO I GUSTI, ENTRANO IN SCENA I PREZZI: IL VINCOLO DI BILANCIO Entrate coi vostri bimbi in un negozio di giocattoli: vi spiegheranno molto chiaramente che cosa vuol dire avere preferenze senza vincoli…! Se tutti (o in molti) ci comportassimo così, la Scienza Economica cambierebbe assunzioni comportamentali e studierebbe questo nuovo “Mondo Bimbo”. Ma cosa succederebbe in un simile Mondo? Vincolo: non posso spendere più del mio budget M. Bovi Pag. 34 Perché il rapporto tra R e prezzi è il valore della relativa intercetta? Perché il rapporto tra i due prezzi è la pendenza della retta di bilancio? Ecco i calcoli per un bilancio generico (cioè con beni x e y): M. Bovi Pag. 35 Dunque: Al solito, vediamo che cosa succede cambiando una sola cosa alla volta (i.e., ceteris paribus). Iniziamo con R: perché in parallelo? M. Bovi Pag. 36 NB: pendenza=PC/PV Con PV = 2= costante. Notate che scrivendo R=PcC+PvV sto implicitamente assumendo che spendo tutto. Cioè non risparmio nulla. Infatti qui il Mondo è “senza Tempo”, cioè tutto (scelte, consumi,…) avviene in un istante. In altre lezioni il Tempo entrerà nelle nostre teorie. Qui ne facciamo a meno per focalizzare l’attenzione sulla scelta ottima del consumatore quando non è possibile risparmiare. Notate, infine, il fondamentale ruolo dei prezzi nell’economia di mercato: come scritto nelle dispense “introduzione”, essi eliminano gli squilibri tra Dom. e Off. Inoltre, i prezzi evitano sprechi di risorse. Pensiamo all’aria: essa è gratis e, quindi, non c’è un mercato dell’aria. Bene, direbbe qualcuno: l’aria è di tutti e guai a chi ce la tocca. Però, siccome è gratis(=non c’è il freno dei P) e l’Uomo si comporta come un bimbo egoista, allora la si “consuma” in eccesso. Cioè la si inquina perché “tanto è gratis” (cfr. dispense “introduzione”). Si potrebbe fare un discorso simile per l’enorme indebitamento e spesa pubblica presente in molti paesi? M. Bovi Pag. 37 Perché il paniere deve trovarsi proprio SULLA retta di bilancio? Iniziamo con la “scelta del bimbo”, il punto D: Dobbiamo dunque ridurre le nostre pretese: caliamo al punto B. M. Bovi Pag. 38 Anche a occhio si capisce che potrei permettermi una CI (e => una utilità) più elevata di quella che ottengo consumando B. Infatti, punto A: (Unità alla settimana) Un caso particolare: M. Bovi Pag. 39 Torniamo al caso generale e vediamone le logiche Logica economica del punto A: vorrei di più, ma non posso; se ho di meno, voglio e posso. Infatti, per ipotesi, più è meglio: desidero la CI più elevata possibile. Insomma: voglio usare tutto il budget per raggiungere la CI più alta possibile. Logica analitica del punto A: se la retta di bilancio è tangente alla CI allora sto sulla CI più alta possibile. Quand’è che due curve sono tangenti? Quando le loro pendenze sono uguali. M. Bovi Pag. 40 Vista la scelta ottima tramite CI, vediamola con la fz. di utilità: M. Bovi Pag. 41 A parole – qui con due soli beni o panieri (q1 e q2) ma vale in generale - questo principio funziona così: all’inizio scelgo/acquisto/consumo il bene con la maggiore utilità (diciamo q1). Per il principio delle utilità marginali decrescenti, però, ad un certo punto l’utilità che mi dà l’ultimo consumo (appunto l’utilità del consumo marginale) di q1 mi diventa pari a quella di q2. A questo punto ragiono: se continuassi a consumare q1 allora l’utilità che mi dà q1 scenderebbe al di sotto di quella di q2; se mi fermassi prima allora l’utilità che mi dà q1 sarebbe ancora maggiore di quella di q2. In entrambi i casi, potrei dunque migliorare il mio piacere. Ecco perché ci si ferma proprio quando le utilità marginali (divise per i prezzi che sono esogeni) sono uguali. Il ruolo dei prezzi è il seguente: sarò all’apice (vincolato) del mio colle del piacere se e solo se l’ultimo euro speso in q1 mi dà la stessa soddisfazione dell’ultimo euro speso in q2. Fermarmi prima o dopo mi ridurrebbe inevitabilmente il piacere. Dopo quanto detto dovrebbe essere chiaro che: 1) questo è un principio normativo: se vogliamo massimizzare il nostro benessere dovremmo comportarci esattamente così. 2) il concetto di “utilità” non è necessario e, da questo punto di vista, la Teoria non è criticabile per il suo uso. M. Bovi Pag. 42 MASSIMIZZAZIONE VINCOLATA COL METODO DI LAGRANGE Abbiamo visto che il problema del consumatore è massimizzare il proprio benessere dato il vincolo di bilancio. C’è un metodo matematico per risolvere questo genere di problemi. Vediamone l’essenza. Abbiamo due beni, x1 e x2, che costano rispettivamente p1 e p2 e dobbiamo scegliere quanto consumare di entrambi volendo massimizzare (=trovare il valore più alto del) la nostra funzione di utilità (u): Abbiamo però un vincolo di bilancio: non possiamo spendere più del nostro budget (m): Il metodo elaborato da Lagrange risolve la faccenda così: mettiamo insieme il vincolo e la funzione di utilità in una nuova funzione (detta L=lagrangiana) in modo da avere solamente una funzione da massimizzare (il vincolo entra in L col segno meno: vi sorprende?): è il cosiddetto moltiplicatore di Lagrange. M. Bovi Pag. 43 Il buon Lagrange ha dimostrato che, se massimizzo L, allora sono sicuro che sto massimizzando tenendo conto anche del vincolo. Dovrebbe essere noto che il massimo di una funzione si trova uguagliando a zero la derivata prima. Facciamolo per tutti e tre gli argomenti di L: A questo punto, tralasciando la terza, si nota che le prime due equazioni sono entrambe uguali a zero. Pertanto si uguagliano e si può scrivere: Perché abbiamo scritto così? Risp. perché le due seguenti espressioni non sono altro che le utilità marginali dei due beni calcolate nel punto di massimo=ottimo. Si mettono gli asterischi proprio perché si tratta di derivate nel punto di massimo=ottimo. Dovreste riconoscere che la precedente uguaglianza è proprio il già visto principio di ottimo stabilito dell’uguaglianza delle utilità marginali ponderate (per i prezzi) quando i due beni sono x1=Cibo e x2=Vestiti: Morale di queste lezioni: Filosofia, Economia e Matematica al servizio del consumatore… M. Bovi Pag. 44