il suo studio

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CONSUMISMO
RADIOLOGICO
E
SOSTENIBILITA’.
UNA
MAGGIORE
CONSAPEVOLEZZA DEI RISCHI PER IL BENE DEL PAZIENTE E DELLA SOCIETA’
Dr Mariano Dimonte
Dirigente Medico Ospedaliero di I Liv.; Specialista in Medicina Nucleare e in Radiodiagnostica.
Associazione Italiana Medici per l’Ambiente
----------------------------------. Introduzione
Radiologia e Sostenibilità. Molti si chiederanno che sorta di nesso ci sia tra i due termini. Ma il nesso
evidentemente c’è, ed è a mio avviso fortissimo.
I media infatti non mancano di riferire quotidianamente di episodi più o meno gravi di cosiddetta malasanità,
di danni più o meno gravi che i medici direttamente o indirettamente hanno procurato ai pazienti; della
assurda lunghezza delle liste d’attesa; della spesa sanitaria che pesa sempre di più sul Prodotto Interno
Lordo.
Questi pochi esempi credo rendano bene l’idea di un’organizzazione sanitaria in profonda crisi, che da un
lato, per vari motivi, vedi anche la dilatazione del concetto di salute che ha finito per includere anche il
“diritto al supporto medico dei desideri” e l’iperconsumismo di “generi sanitari”, non riesce a far fronte alla
domanda di salute della popolazione, dall’altro aumenta paradossalmente le possibilità di recare qualche
danno alla salute dei cittadini.
Oltre all’innalzamento dei costi per la continua rincorsa all’innovazione, la sanità dei paesi occidentali si
caratterizza quindi per l’alto tasso di iatrogenicità sociale. Pertanto la sanità diventa economicamente,
ecologicamente e socialmente insostenibile.
In questo contesto si inserisce appunto l’Imaging diagnostico, con il suo contributo in termini di continuo
innalzamento dei costi legati al rapido ritmo di obsolescenza delle strumentazioni e di stimolo alla crescita
della domanda di prestazioni.
Ma quello che ci preoccupa di più è che il costo dell’innovazione non solo non è giustificato dai benefici clinici
di fatto sempre più marginali, ma addirittura si associa ad un incremento progressivo dei rischi sociali.
Nella fattispecie si tratta del fenomeno del forte aumento dell’esposizione della popolazione mondiale (a dire
il vero prettamente occidentale, dovendo i Paesi in via di sviluppo piuttosto rincorrere standard minimi di
assistenza sanitaria) alle radiazioni ionizzanti artificiali - agenti cancerogeni di classe I (IARC) -
per la
massiccia diffusione degli esami radiologici e scintigrafici.
Un’altra questione, e di non poco conto, è che l’invadenza della tecnologia rischia di impoverire sempre più la
cultura clinica dei medici e soprattutto inaridire la relazione umana tra medico e paziente.
1. Consumismo e inconsapevolezza radiologica: un coktail micidiale
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Radiografie, Tomografie Computerizzate (TC), scintigrafie e Tomografie ad Emissione di Positroni (PET)
sfruttano raggi X e gamma, le onde a più elevata frequenza dello spettro elettromagnetico (Figura 1).
Figura 1 (tratta da Grandolfo M. Campi elettromagnetici e salute. In Dimonte M: Salute e Sostenibilità. Levante Ed. 2005; pag. 86)
Tali indagini rappresentano probabilmente l’emblema del progresso medico e forniscono un contributo
fondamentale alla pratica clinica.
Tuttavia, possedendo tali radiazioni energia sufficiente a “strappare” un elettrone dagli atomi che incontrano
nel loro percorso, producono dei non trascurabili rischi biologici, riassunti nella Tabella I, primo tra tutti
l’induzione di tumori solidi e leucemie.
Tabella I: Gli effetti nocivi di raggi X e gamma
1. Deterministici: per grosse dosi (incidenti nucleari; attività lavorative);
immediati o ritardati; superamento di una soglia; gravità proporzionale alla
dose assorbita: a) esposizione in utero: morte dell’embrione;
malformazioni fetali; deficit mentale nei bambini; b) danni tissutali:
vasculiti; dermatiti; ustioni, cataratta, infertilità, ecc. c) sindrome da
pan-irradiazione o “male da raggi”
2. Probabilistici: per basse dosi (radiazione naturale; esami radiologici);
tardivi (latenza dell’ordine di anni); gravità svincolata dalla dose; frequenza
proporzionale alla dose: a) cancro (anche a carico del prodotto del
concepimento) e leucemie; b) mutazioni genetiche e aberrazioni
cromosomiche trasmissibili alla discendenza
L’aumentata incidenza di neoplasie radioindotte e l’iniquità delle sempre più lunghe liste d’attesa (che
determinano ritardo nell’assistenza ai più bisognosi di cure; prolungamento delle degenze ospedaliere, ecc.),
rende quindi l’attuale attività radiologica insostenibile.
Le origini della “crescita radiologica” vanno a mio avviso ricercate in un complesso mix di “consumismo
sanitario”, nel quadro del fenomeno della ipermedicalizzazione dell’esistenza, e di comportamenti medici
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irresponsabili che si traducono in inappropriatezza delle prescrizioni e passiva esecuzione delle indagini: in
sostanza il 20-30% di esami inutili che attualmente si eseguono espone il singolo paziente ad un rischio
aggiuntivo (minimo) di morire di cancro, ma che su vasta scala si concretizza in un danno economico ingente
per la collettività.
L’inappropriatezza non è solo dovuta all’inconsapevolezza dei rischi, ovvero all’ignoranza degli aspetti
radiobiologici e dosimetrici dell’attività radiologica: da uno studio condotto nel Regno Unito su un ampio
gruppo di medici è emerso che nessuno aveva idea delle dosi erogate al paziente nelle più comuni indagini e
che queste erano comunque in gran parte sottostimate; una piccola percentuale di medici addirittura
ignorava che ecografia e Risonanza Magnetica non esponessero il paziente a radiazioni ionizzanti.
All’inappropriatezza contribuiscono anche: esami ripetuti per sbadatezza o per scarsa fiducia in referti già
disponibili; eseguiti in tempi eccessivamente ravvicinati; imposti al medico curante da pazienti che si
ritengono più informati e competenti; richiesti da medici sempre più ossessionati dal rischio di possibili
denunce; che servono a completare cartelle cliniche o, peggio, a motivare la parcella delle visite private.
Ricordo, a proposito, che la legge affida al radiologo e al medico nucleare il giudizio ultimo sulla regolarità
dell’esame richiesto (o meglio, proposto) e l’obbligo di indirizzare l’iter verso procedure non-ionizzanti quali
ecografia e RM se in grado di fornire informazioni ugualmente attendibili.
Oltre a giustificare clinicamente l’esame gli operatori dovranno poi attuare ogni accorgimento atto a
minimizzare la dose erogata e quindi assorbita dal paziente, considerando che in moti casi è possibile ridurla
sensibilmente senza una perdita significativa dell’informatività iconografica.
2. I numeri della radio-esposizione medica
Il massiccio uso della radiologia è tale che l’esposizione della popolazione alle radiazioni artificiali ha oggi
praticamente equiparato quella al fondo naturale (crosta terrestre + radiazione solare e cosmica), che a
seconda delle zone geografiche varia da 1 a 20 milliSievert (mSv) all’anno, mentre solo dieci anni fa nei
paesi industrializzati l’esposizione alla “radiazione medica” era un quinto dell’esposizione al fondo ambientale.
L’esposizione media annuale agli esami radiologici è intorno ai 2-3 mSv, uguale o poco superiore a quella del
fondo ambientale. Mediamente la dose degli esami radiologici non supera tuttavia i 10 mSv.
Annualmente si eseguono nel mondo due miliardi di esami, dei quali il 68% costituiti da RX e TC, il 3% da
scintigrafie. Nell’ultimo decennio il numero di esami radiologici è cresciuto al ritmo del 10% all’anno. Dal
1991 al 2002 le TC dell’addome sono aumentate del 25%; quelle pediatriche del 200%. Nel 2001 sono state
eseguite in USA 65 milioni di TC e 10 milioni di scintigrafie cardiache. Statisticamente, nel 1997 ogni tedesco
si è sottoposto a 1,7 esami radiologici.
A fronte della enorme potenza diagnostica, la TC spirale multidetettore sta peggiorando il carico radiante al
paziente: la rapidità e la semplicità della procedura stimola infatti ad eseguire scansioni sempre più sottili, a
moltiplicare le fasi contrastografiche, ad estendere l’esame a tutto il corpo.
Oltre a predisporre al cancro (condizione comunque mediata da numerosi e complessi “fattori di resistenza”,
tuttavia sempre più stressati dalla concomitante e crescente pressione inquinante ambientale), per quanto
piccola possa essere la dose di radiazione dell’Imaging, dati sperimentali ed epidemiologici suggeriscono che
nei soggetti irradiati si verifica un accorciamento della vita di qualche giorno o settimana.
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Ma se il rischio di contrarre un tumore da raggi è minimo in termini individuali - e molto limitato anche
rispetto ad altri fattori di rischio come il fumo di sigaretta, l’obesità e l’ipertensione - su scala sociale,
ripetiamo, la sovraesposizione della popolazione alle radiazioni mediche diventa un problema rilevante.
Secondo l’ICRP-1977, ma i dati relativi al 1990 sono peggiorativi, il rischio totale di mortalità per cancro
radioindotto è di 1 a 80, ovvero ogni 80 persone che subiscono un’irradiazione a basse dosi, una morirà. Con
l’attuale diffusione delle indagini radiologiche, nel Regno Unito si stimano 700 cancri radiogeni all’anno; nei
paesi industrializzati la quota di cancri radiogeni è compresa tra 0,6 e 3,2%.
Una radiografia del torace e una mammografia causano otto casi di cancro per milione di esami; una
coronorografia 280; un clisma opaco equivale a 350 RX del torace; una TC del torace e una scintigrafia
miocardica equivalgono a 500 RX del torace; una PET cerebrale a 250; una scintigrafia ossea a 200.
Ma, ricordo, è la TC a dare il massimo contributo all’irradiazione collettiva (75%). A livello individuale,
l’esposizione indebita di occhi, tiroide, mammelle e gonadi raggiunge le diverse decine di mSv. Sottoporsi ad
una TC Total Body equivale agli effetti di un’esplosione nucleare avvenuta a circa 3 Km di distanza. Altri dati
sulla potenziale tossicità della TC sono riportati nella Tabella II.
Tabella II. TC e rischi biologici
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Il rischio di cancro dovuto ad una TC dell’addome equivale a quello di un anno di fumo di
sigaretta; quello di una TC del torace è uguale a fumare 700 sigarette o al rischio di avere un
incidente automobilistico ogni 4000 Km
Per ogni TC dell’addome il rischio di morte per cancro è annualmente di 1,25 per mille
Ogni anno muoiono per cancro radiogeno dalle 700 alle 1800 persone, di cui 310 per esami TC
eseguiti in età pediatrica
Per ogni 600.000 TC eseguite annualmente in pz. con meno di 15 anni, si attendono 400 morti
per cancro
Una TC dell’addome in un bambino con meno di un anno aumenta il rischio di cancro dello 0,18%
Un pz. di 45 anni che si sottopone annualmente ad una TC Total Body ha un rischio di morire
per cancro del 2%
3. Comunicare il rischio radiologico
In generale comunicare alla popolazione i rischi ambientali e sanitari non è sicuramente cosa facile. La gente
poi percepisce differentemente i rischi, magari ostinandosi in comportamenti assolutamente rischiosi (fumo;
sedentarietà; guidare parlando al cellulare; tossicomanie; ecc.) e preoccupandosi invece fortemente dei
rischi più incerti allo stato delle conoscenze (influenza aviaria; ogm; elettrosmog; ecc.).
Comunicare il rischio radiologico diventa ancora più problematico se si considera che gran parte dei medici
ignora o sottostima gli effetti radiobiologici, mentre quelli più volenterosi finiscono per arrendersi di fronte ad
un muro di simboli, formule e percentuali.
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Mentre un rischio di morte di un caso su un milione è tutto sommato accettabile, il rischio di morire per
cancro radiogeno, che po’ arrivare a un caso su mille se da piccoli ci si è sottoposti ad una TC o se da adulti
si esegue una scintigrafia cardiaca con tallio, meriterebbe una maggiore attenzione da parte di medici e
pazienti.
Secondo Eugenio Picano la via per la sostenibilità in ambito radiologico passa dall’attivo coinvolgimento del
paziente, che con il medico deve stringere una franca alleanza basata sulla corretta ed esaustiva
informazione in merito al rapporto rischio/beneficio di ogni accertamento strumentale o terapia
farmacologica.
In particolare la comunicazione del rischio radiologico tra colleghi e tra medici e pazienti diventerebbe per
esempio più facile se i medici imparassero a esprimerlo in termini di multipli della radiografia del torace
(nella sola proiezione frontale), la cui esposizione è pari a 0,02 mSv, e lo rappresentassero graficamente,
come mostrato nella Figura 2, in modo da consolidare l’idea che ad ogni particolare esame radiologico
corrisponde approssimativamente un determinato livello di rischio.
Il cosiddetto attributable lifetime risk di cancro radioindotto per la popolazione è di conseguenza facilmente
calcolabile moltiplicando la dose di 50 RX del torace (= 1 mSv) per il coefficiente di rischio di cancro mortale
(5x10-5). In questo modo ad un esame pari a 50 RX del torace (per es. un RX del rachide lombare)
corrisponde un extra-rischio di cancro mortale di 1 caso su 20.000 pazienti; ad un esame pari a 500 RX (per
es. una TC dell’addome) un extra-rischio di un caso su 2.000; ad un esame superiore a 1000 RX (per es. una
scintigrafia surrenalica) un extra-rischio di un caso su 1.000.
A questi ultimi quindi il “bollino rosso” dell’Imaging.
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Figura 2. Esami radiologici e livelli di rischio (tratta da Picano E. BMJ 2004; 329:849-851)
4. Conclusioni
Pochi sono a mio avviso i medici che conoscono le reali potenzialità dell’Imaging e, per loro stessa
ammissione, la dose ricevuta dal paziente durante l’esame. Solo il 7% dei pazienti dichiara di essere stato
informato dei rischi di un esame TC; nessun medico e nessun paziente sanno rapportare la dose di un esame
TC, di una coronarografia o di una scintigrafia a quella di un RX del torace, come abbiamo visto, un semplice
riferimento per stimare il rischio di effetti a lungo termine degli esami radiologici.
Un maggiore consapevolezza del livello di accettabilità dei rischi biologici, una più attenta osservanza di
norme e buone prassi (v. Tabella IV) e un più responsabile approccio a salute e malattia possono
sicuramente ridimensionare il fenomeno del consumismo e dello spreco radiologico e, in prospettiva,
migliorare qualità, sicurezza e sostenibilità dell’assistenza sanitaria. Ma soprattutto servirebbero a recuperare
il rapporto umano con il paziente, messo sempre più in crisi dall’invadenza crescente della tecnologia.
Tabella IV.
Buone prassi radiologiche
 Riduzione del tasso di esami inappropriati; evitando di irradiare
ingiustificatamente soprattutto le giovani donne
 Analisi del rapporto rischi/benefici di ogni esame
 Verifica delle informazioni già disponibili
 Valutazione della possibilità di ottenere la stessa informazione con
ecografia o RM
 Negli esami clinicamente giustificati, minimizzazione della dose
 Utilizzo nei bambini dei relativi protocolli tecnici
 Schermatura degli organi più radiosensibili
 Misura e registrazione delle dosi erogate al paziente
N.B.: non esistono prove sui benefici della TC Total Body per “screening”
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