clicca qui per il TESTO INTEGRALE dell`articolo

annuncio pubblicitario
“BREVI RIFLESSIONI IN TEMA DI NEGOZIO FIDUCIARIO IN RAPPORTO
ALL’ALIENAZIONE DI BENI IMMOBILI” – Maria Talarico
In riferimento all’alienazione di beni immobili, può verificarsi il caso che le parti contraenti
circoscrivano la titolarità del bene compravenduto con pattuizioni di carattere obbligatorio tese a
conseguire effetti ulteriori da quelli scaturenti dal negozio tipico.
Allo scopo, le parti possono stipulare un negozio fiduciario.
Vale la pena ricordare che nel nostro ordinamento il negozio fiduciario è inquadrato nella
categoria dei negozi indiretti, ovvero di quei contratti in cui lo scopo perseguito dalle parti va oltre
la causa tipica del negozio prescelto, nel senso che realizza effetti ulteriori (e voluti) rispetto a quelli
naturalmente scaturenti dal negozio stipulato. L’ordinamento riconosce validità e tutela al negozio
indiretto poiché le parti contraenti vogliono consapevolmente conseguire gli effetti ulteriori (ed in
questo si differenzia dal negozio simulato in cui le parti non vogliono la produzione degli effetti),
con il limite, ope iuris, che esso non può essere diretto a realizzare un’attività in frode alla legge o a
perseguire scopi illeciti.
Il negozio fiduciario è, per l’appunto, un negozio indiretto in quanto realizza il trasferimento
della titolarità di un diritto da un soggetto ad un altro con l’ulteriore finalità che il soggetto avente
causa (fiduciario) si obbliga ad esercitare il diritto alienato secondo le modalità stabilite dal dante
causa (fiduciante), per perseguire uno scopo mediato (oggetto del patto fiduciario) consistente
nell’incarico di far godere ad altri il beneficio dell’atto, fiducia cum amico, oppure la prestazione di
una garanzia reale, fiducia cum creditore (Trabucchi, “Istituzioni di diritto civile” Cedam 2009).
In sostanza, nel negozio fiduciario sono individuabili due negozi, uno c.d. esterno, con il
quale le parti conseguono lo scopo naturale del negozio di trasferimento della titolarità di un diritto,
come può essere l’alienazione di un bene, e che realizza le forme di pubblicità verso i terzi previste
per quel tipo di negozio, e un altro negozio, c.d. interno, diretto a modificare l’esito del negozio
esterno, in attuazione del patto fiduciario tra venditore ed acquirente, per cui si produrranno degli
effetti in capo ad un terzo, estraneo al primo negozio.
Sul punto, il Tribunale di Pistoia, con sentenza n°806/2006, osserva che il negozio interno è
quello intercorrente tra la parte acquirente del negozio esterno ed un terzo, nei riguardi del quale la
prima si obbliga a trasferirgli in tutto o in parte il titolo acquistato in proprio, realizzando la c.d.
interposizione fiduciaria, in virtù della quale il terzo consegue effetti quali quelli che avrebbe
conseguito partecipando in prima persona al negozio esterno, da solo o unitamente alla parte
acquirente figurante in esso.
In riferimento alla compravendita immobiliare, sono ugualmente ravvisabili due distinti
negozi, quello esterno, con efficacia reale, per cui l’acquirente risulta essere titolare del diritto di
proprietà, e quello interno, costituito dall’accordo privato intercorrente tra venditore dante causa ed
acquirente avente causa, fondato sul patto di fiducia stretto tra i contraenti e volto a realizzare le
direttive del venditore in ordine al verificarsi di effetti giuridici in capo ad un terzo estraneo o al
venditore stesso.
I due negozi, pur collegati tra loro dal patto fiduciario intercorrente tra i contraenti, sono
soggetti ciascuno alla propria disciplina giuridica, stante il fatto che il negozio esterno ha efficacia
reale e quello interno ha efficacia obbligatoria, producendosi distinte conseguenze delle quali
sono un esempio quelle considerate di recente dalla sentenza n°3648/2011 emessa dalla decima
sezione civile del Tribunale di Roma il quale ha sancito la prescrizione, per lo spirare dell’ordinario
termine decennale, del diritto del fiduciante di riottenere la proprietà di una casa alienata con
negozio fiduciario, in attuazione del quale era stata stipulata una scrittura privata in cui l’acquirente
s’impegnava a disporre dell’immobile alienatole, secondo le direttive della parte venditrice.
Nella fattispecie esaminata dal giudice romano, la parte acquirente aveva firmato un atto in
cui disconosceva di essere la reale proprietaria dell’immobile, ma è risultato che tale atto avesse
carattere unilaterale, in quanto sottoscritto dalla sola acquirente e non valesse come contratto, per
cui il diritto della fiduciante ad ottenere l’adempimento della scrittura privata, in assenza di atti
interruttivi della prescrizione, doveva essere dichiarato non più esigibile. Piuttosto, stante
l’imprescrittibilità del diritto di proprietà regolarmente conseguito a seguito dell’alienazione, la
parte acquirente poteva continuare a godere della proprietà dell’immobile a pieno titolo.
Tale fattispecie esemplifica il concetto che nell’alienazione di immobili il negozio traslativo
ha efficacia reale, tanto è vero che per effetto della trascrizione ai sensi dell’art. 2643 ss. cod. civ.,
l’acquirente è, ad un tempo, proprietario in senso formale ed in senso sostanziale, mentre il negozio
interno basato sul pactum fiduciae ha soltanto efficacia obbligatoria, per cui “se esso viene violato il
fiduciante non ha a sua disposizione azioni reali, ma solo azioni tese a perseguire l’adempimento
dell’obbligazione (e quindi l’azione di esecuzione in forma specifica se ne ricorrono le condizioni)
oppure quelle tese ad ottenere il risarcimento del danno” (così, Tribunale Pistoia, sent. 806/06),
azioni che rimangono soggette all’ordinario termine decennale di prescrizione.
Infine, per ciò che attiene alla forma del negozio fiduciario, pur nel principio generale della
libertà delle forme, nel caso della compravendita immobiliare, per la quale l’ordinamento richiede
la forma scritta ad substantiam, è necessaria la medesima forma anche per il negozio fiduciario,
come ribadisce il costante orientamento giurisprudenziale che, tra l’altro, sancisce l’inammissibilità
della dichiarazione confessoria di una delle parti diretta come elemento integrante del contratto o
come mezzo per provarne l’esistenza, così come le testimonianze, all’infuori dell’evento
eccezionale della perdita incolpevole del documento (vedasi Cassazione 13.04.2001 n°5565).
Scarica