Piazza San Marco
Piazza San Marco è l'unica piazza di Venezia, in quanto tutti gli altri spazi urbani a forma di piazza sono propriamente
definiti campi. Essa ha forma trapezoidale ed è lunga 170 metri. Cuore della città lagunare e luogo simbolo dello Stato
veneziano, la zona monumentale di Piazza San Marco si compone di tre settori:

la Piazza propriamente detta, cioè la zona compresa racchiusa fra le Procuratie Vecchie e Nuove e quelle
Nuovissime, con uno sviluppo architettonico di rara suggestione sul complesso monumentale della omonima basilica e
l'appena prospiciente, svettante, campanile di San Marco.

la Piazzetta o Piazzetta San Marco, propaggine meridionale antistante il Palazzo Ducale e la Libreria,
accesso monumentale all'area marciana per chi proviene dal mare attraverso le due famose colonne fronteggianti il
Bacino San Marco, sul quale si affaccia il molo di Palazzo Ducale, l'unica riva di Venezia che porti il nome di molo.

la Piazzetta dei Leoncini, propaggine occidentale a lato della basilica e prospiciente il Palazzo Patriarcale,
così chiamata per le due statue di leoni accovacciati delimitanti l'area centrale sopraelevata.
Storia ed Evoluzione
La forma attuale della piazza è esito di successive modifiche ed espansioni che hanno interessato l'area. In origine la
zona era destinata ad orto ed attraversata dal rio Batario, congiungente gli attuali rii della Zecca e del Cavalletto. Il
palazzo ducale, vero castello munito di torri e difese era completamente cinto da un canale e fronteggiato nella zona
dell'attuale piazzetta da un bacino per il carico e lo scarico delle merci. Con l'arrivo nell'828 a Venezia del corpo di San
Marco e l'edificazione della prima Basilica di San Marco l'area iniziò ad assumere la sua caratteristica di cuore
monumentale della città. Nel 976 l'intera zona, con la basilica e il palazzo, fu distrutta da un furioso incendio, ma già
nel 978 una seconda basilica era stata edificata e il palazzo ricostruito. L'attuale basilica risale agli anni 1050-1094, con
la terza fondazione dell'edificio. In tale epoca la piazza risultava ancora limitata dal rio Batario (al di là del quale
sorgeva una chiesa dedicata a San Geminiano) e dal bacino di Palazzo: testimonianza del quale permane tutt'oggi con la
presenza sul lato della basilica rivolto verso la piazzetta di un'antica porta d'acqua murata, cioè dell'accesso rivolto
sull'acqua tipico degli edifici veneziani. Nel 1156, sotto Vitale II Michiel, il rio Batario venne interrato, presto seguito
dall'interramento del bacino antistante il Palazzo Ducale, dove venne realizzata la Piazzetta. Nel 1172, sotto il dogado di
Sebastiano Ziani, la piazza venne ulteriormente ampliata per far posto a nuovi edifici monumentali: la chiesa di San
Geminiano fu spostata al limitare della nuova piazza San Marco e furono inoltre poste due enormi colonne granitiche
(provenienti da Costantinopoli) fronteggianti il molo, quale monumentale accesso all'area marciana. Sopra una colonna
fu posto il leone alato simbolo di San Marco e sull'altra fu collocata la statua raffigurante San Teodoro, primo patrono
di Venezia. Nacque in questo modo un'area suddivisa in due piazze, l'una dinnanzi la Basilica, l'altra a completamento
del Palazzo e via trionfale d'accesso dall'acqua. Nel 1204 la conquista di Costantinopoli con la Quarta Crociata fornì ai
veneziani un fiume di marmi ed opere d'arte con cui decorare la basilica e la piazza. In questa occasione giunsero i
Cavalli di San Marco, posti a coronamento della basilica, e il gruppo dei Tetrarchi, attualmente sull'angolo del Tesoro,
presso la Porta della Carta di Palazzo Ducale. Nel 1264 la piazza venne infine pavimentata con mattoni disposti a spina
di pesce. Tra il 1301 e il 1442, con una continua e massiccia serie di lavori, Palazzo Ducale perse progressivamente il
suo aspetto militare sino ad assumere l'attuale conformazione. Tra il 1495 e il 1517 furono invece erette le Procuratie
Vecchie e la Torre dell'Orologio, mentre contemporaneamente si procedeva allo sgombero di tutti gli orti e i magazzini
ancora presenti nell'area della piazza. Il Sansovino fu il grande rinnovatore della piazza trasformandola da spazio ancora
gotico in un magnifico esempio di classicità romana, imprimendo così uno sviluppo culturale all'area marciana e
all'intera città. Tra il 1536 e il 1540 quest'architetto realizzò l'edificio della Libreria e la Loggetta ai piedi del campanile.
Tra il 1582 e il 1640 fu la volta delle Procuratie Nuove. Nel 1722 vennero sistemate le due statue della Piazzetta dei
Leoncini. Del 1723 è invece l'attuale pavimentazione in trachite euganea a fasce laterali in marmo bianco, progetto di
Andrea Tirali. È infine nel 1807 che la dominazione napoleonica procedette alla demolizione della chiesa di San
Geminiano e all'edificazione dell'Ala Napoleonica (detta anche Palazzo Reale o Procuratie Nuovissime), dando al
complesso dell'area marciana l'aspetto definitivo. Alle prime ore del mattino di lunedì 14 luglio 1902 il campanile di
San Marco, già aggredito da una vistosa crepa, rovinò improvvisamente demolendo la Loggetta ed un angolo della
Libreria e rischiando di travolgere la stessa Basilica (le macerie furono fortunosamente bloccate dalla Pietra del Bando
posta all'angolo tra la chiesa e il palazzo).
Uso dell'area
Cuore dello Stato veneziano, la piazza ha sempre seguito la vita e i costumi della città. Il Palazzo Ducale era sede del
governo e delle supreme magistrature della Repubblica, nonché prigione. Tra le due colonne di Marco e Todaro
avvenivano invece le esecuzioni capitali, mentre dalla Pietra del Bando erano annunciate le leggi e i decreti, poi affissi
sulla Porta della Carta. La Basilica era invece il centro delle cerimonie religiose di Stato grazie alla presenza delle
preziose reliquie e della sua funzione di cappella ducale, in un sistema nel quale in Doge era capo della chiesa
veneziana e riservava il diritto alla nomina dei vescovi. Il potere e la ricchezza della chiesa di San Marco erano tali che
essa aveva un proprio vescovo, distinto da quello della città e dal patriarca, e appositi magistrati (Procuratori di San
Marco) ne amministravano con carica vitalizia il patrimonio. La Loggetta era posto di guardia degli arsenalotti durante
le sedute del Maggior Consiglio, mentre l'attuale Palazzo Patriarcale era sede del salone per i pranzi e le feste del
Senato. L'ampia piazza era sede di processioni e tornei, di fiere e mercati, nel cortile del palazzo si tenevano cacce ai
tori. Nel Settecento comparvero il carnevale e i caffè, poi dopo la caduta della Repubblica giunsero la sede patriarcale e
il Palazzo Reale, prima di Napoleone, poi degli Asburgo e infine dei Re d'Italia.
Basilica di San Marco
La chiesa principale della città, sede del Patriarca. La prima Chiesa dedicata a San Marco fu costruita accanto al Palazzo
Ducale nell'828 per ospitare le reliquie di San Marco trafugate, secondo la tradizione, ad Alessandria d'Egitto da due
mercanti veneziani: Buono da Malamocco e Rustico da Torcello. Questa Chiesa sostituì la precedente cappella palatina
dedicata al santo bizantino Teodoro (il cui nome era pronunciato dai veneziani Tòdaro), edificata in corrispondenza
dell'attuale piazzetta dei leoni, a nord della basilica di San Marco. Risale al IX secolo anche il primo Campanile di San
Marco. La primitiva chiesa di San Marco venne poco dopo sostituita da una nuova, sita nel luogo attuale e costruita
nell'832; questa però andò in fiamme durante una rivolta nel 976 e fu quindi nuovamente edificata nel 978. La basilica
attuale risale ad un'altra ricostruzione (iniziata dal doge Domenico Contarini nel 1063 e continuata da Domenico Selvo
e Vitale Falier) che ricalcò abbastanza fedelmente le dimensioni e l'impianto dell'edificio precedente. La nuova
consacrazione avvenne nel 1094; la leggenda colloca nello stesso anno il ritrovamento miracoloso in un pilastro della
basilica del corpo di San Marco, che era stato nascosto durante i lavori in un luogo poi dimenticato. Nel 1231 un
incendio devasta la Basilica di S. Marco che viene subito restaurata. La splendida decorazione a mosaici dorati
dell’interno della basilica è già quasi completa alla fine del XII secolo. Entro la prima metà del Duecento fu costruito un
vestibolo (il nartece, spesso chiamato atrio) che circondava tutto il braccio occidentale, creando le condizioni per la
realizzazione di una facciata (prima di allora l'esterno era con mattoni a vista, come nella basilica di Murano). I secoli
successivi hanno visto la basilica arricchirsi continuamente di colonne, fregi, marmi, sculture, ori portati a Venezia sulle
navi dei mercanti. Spesso si trattava di materiale di spoglio, ricavato cioè da antichi edifici demoliti. In particolare, il
bottino del sacco di Costantinopoli nel corso della Quarta Crociata (1204) arricchì il tesoro della basilica e fornì arredi
di grande prestigio. Nel Duecento, nell’ambito dei lavori che stavano trasformando l’aspetto della piazza, le cupole
furono sopraelevate con tecniche di costruzione bizantine. Solo nel XV secolo, con la decorazione della parte alta delle
facciate, si definisce l'attuale aspetto esteriore della basilica; nonostante ciò, essa costituisce un insieme unitario e
coerente tra le varie esperienze artistiche a cui è stata soggetta nel corso dei secoli.
Le figure chiave: in quanto chiesa di Stato, la basilica era retta dal doge e non dipendeva dal patriarca, che aveva la sua
cattedra presso la chiesa di San Pietro. Il doge stesso nominava un clero ducale guidato dal primicerio. Solo dal 1807
San Marco divenne ufficialmente cattedrale. L’amministrazione della basilica era affidata ad un importante magistratura
della Repubblica di Venezia, i Procuratori di San Marco, la cui sede erano le Procuratie. Tutti i lavori di costruzione e di
restauro erano diretti dal proto: hanno occupato questa carica grandi architetti come Jacopo Sansovino e Baldassarre
Longhena. Procuratori di San Marco e proto esistono tuttora e svolgono per il Patriarcato gli stessi compiti di un tempo.
Dall'esterno, diviso in tre differenti registri — piano inferiore, terrazza, cupole — prevale la larghezza, poiché in una
città come Venezia, che appoggia su un terreno sabbioso, si tendeva a realizzare gli edifici in larghezza, dal peso più
equilibrato. È infatti lunga 76,5 metri e larga 62,60 (al transetto), mentre la cupola centrale è alta 43 metri (28,15
all'interno). La facciata marmorea risale al XIII secolo. Vi furono inseriti mosaici, bassorilievi ed una grande quantità di
materiale di spoglio eterogeneo. Ciò diede la caratteristica policromia, che si combina con i complessi effetti di
chiaroscuro dovuti alle multiformi aperture ed al gioco dei volumi. Le due porte di ingresso alle estremità vennero
realizzate con timpani ad arco inflesso, di chiara ispirazione araba, forse volute anche per ricordare Alessandria d'Egitto,
dove era avvenuto il martirio di San Marco. Le porte bronzee risalgono a epoche diverse: a sud la Porta di San
Clemente è bizantina e risale all'XI secolo; quella centrale, di produzione incerta, è del XII secolo; le porte secondarie
sono più tarde e sono decorate secondo un gusto antichizzante. Tra i mosaici della facciata, l’unico rimasto degli
originali duecenteschi è quello sopra il primo portale a sinistra, il portale di Sant'Alipio, che rappresenta l’ingresso del
corpo di San Marco nella basilica com’era allora. Gli altri, danneggiati, furono rifatti tra il XVII e il XIX secolo
mantenendo i soggetti originali, che fatta eccezione per il mosaico sopra portale centrale, hanno tutti come soggetto
principale il corpo del santo, dal suo ritrovamento presso Alessandria d'Egitto. La lunetta del portale centrale è decorata
secondo l'usanza tipicamente occidentale in epoca romanica, con un Giudizio universale, incorniciato da tre archi
scolpiti di diverse dimensioni, che riportano una serie di Profeti, di Virtù sacre e civili, di Allegorie dei mesi, dei
Mestieri e di altre scene simboliche con animali e putti. Questi rilievi mescolano suggestioni orientali e del romanico
padano, ma vennero realizzati da maestranze locali. Dagli archi inflessi dell’ordine superiore, decorati in stile gotico
fiorito, le statue delle Virtù cardinali e teologali, quattro santi guerrieri e San Marco vegliano sulla città. Nell’arco del
finestrone centrale, sotto San Marco, il Leone alato mostra il libro con le parole "Pax tibi Marce Evangelista meus".
La quadriga: tra le opere d'arte provenienti da Costantinopoli, la più celebre è rappresentata dai famosi cavalli di
bronzo dorato e argentato, di incerta origine, che furono razziati dai Veneziani, durante la IV crociata dall'Ippodromo di
Costantinopoli, la capitale dell'Impero romano d'Oriente e posti sopra il portale centrale della basilica. Delle molte
quadrighe che ornavano gli archi trionfali dell’antichità, questa è l’unico esemplare al mondo rimasto. Dopo il lungo
restauro iniziato nel 1977, i cavalli di San Marco sono oggi conservati nel Museo di San Marco all'interno della basilica,
sostituiti sulla balconata da copie.
I pilastri acritani: giunti a Venezia anch'essi durante l'epoca delle crociate, posti di fronte al fianco sinistro della
basilica proprio innanzi alla Porta della Carta, antico accesso degli archivi di stato della Serenissima, si trovano due
pilastri provenienti dalla basilica di San Polieucto, trafugati per nave da San Giovanni d'Acri, da cui deriva il nome. La
loro dislocazione nel panorama della Piazzetta, che e a ben notare priva di senso, deriva dall'effettiva sovrabbondanza di
manufatti di pregio accumulati dai veneziani durante le crociate, che riconoscendone il valore ma non avendo più spazi
vuoti all'interno o sulla facciata della basilica, decisero di piantarli lì dove oggi si possono ammirare. Finemente
lavorati, presentano motivi sassanidi come palmette alate, pavoni, uva, eseguiti con chiarezza distributiva e precisione
magistrale; rappresentano una delle prime evidenze dell'introduzione di decorazioni orientaleggianti nel panorama
artistico occidentale.
I tetrarchi: Opera databile verso la fine del III secolo, trasferita a Venezia dopo il saccheggio di Costantinopoli del
1204. Raffigura, in un blocco di porfido rosso dell'altezza di circa 130 cm, le figure dei "tetrarchi", ovvero i due cesari e
i due augusti (un cesare ed un augusto per ognuna delle parti in cui l'impero romano venne suddiviso dall'imperatore
Diocleziano con la sua riforma). Tra gli storici dell'arte è ancora in corso il dibattito in merito a quale delle due
tetrarchie si riferisca la scultura. Una leggenda popolare vuole invece che questa scultura sia quella di quattro ladroni
sorpresi dal Santo della basilica intenti a rubare il suo tesoro custodito all'interno e che furono da esso pietrificati e
successivamente murati di fianco alla Porta della Carta dai veneziani, proprio all'angolo del Tesoro.
Il nartece: Il nartece con la sua luce smorzata prepara il visitatore all’atmosfera soffusa dell’interno dorato, come
l’Antico Testamento rappresentato dai mosaici del soffitto prepara al Vangelo raffigurato in basilica. I soggetti
principali sono la Genesi ed episodi delle vite di Noè, Abramo, Giuseppe, Mosè. Attualmente l’atrio si compone di due
ambienti, in quanto Battistero e Cappella Zen furono ottenuti chiudendone il lato sud.
L'interno: La pianta della basilica è a croce greca con cinque cupole distribuite al centro e lungo gli assi della croce e
raccordate da arconi (presenti per esempio nella chiesa dei Santi Apostoli dell'epoca di Giustiniano). Le navate, tre per
braccio, sono divise da colonnati che confluiscono verso i massicci pilastri che sostengono le cupole; essi non sono
realizzati come blocco unico di muratura ma articolati a loro volta come il modulo principale: quattro supporti ai vertici
di un quadrato, settori di raccordo voltati e parte centrale con cupoletta. Le pareti esterne e interne sono invece sottili,
per alleggerire il peso dell'edificio sul delicato suolo veneziano, e sembrano quasi diaframmi tesi tra pilastro e pilastro;
non hanno una funzione di sostegno, solo di tamponamento. Pareti e pilastri sono completamente rivestiti, nel registro
inferiore, con lastre di marmi policromi.
Campanile di San Marco
Uno dei simboli della città di Venezia. I veneziani lo chiamano affettuosamente El paròn de casa (Il padrone di casa).
Alto 98,6 metri è uno dei campanili più alti d'Italia. Si erge, isolato, in un angolo di piazza San Marco di fronte alla
basilica. Di forma semplice, si compone di una canna di mattoni, scanalata, avente un lato di 12 metri e alta circa 50
metri, sopra la quale si trova la cella campanaria, ad archi. La cella campanaria è a sua volta sormontata da un dado,
sulle cui facce sono raffigurati alternativamente due leoni andanti e le figure femminili di Venezia (la Giustizia). Il tutto
è completato dalla cuspide, di forma piramidale, sulla cui sommità, montata su una piattaforma rotante per funzionare
come segnavento, è posta la statua dorata dell'arcangelo Gabriele. La base della costruzione è impreziosita, dal lato
rivolto verso la basilica, dalla Loggetta del Sansovino. La costruzione, che ebbe in origine funzione di torre di
avvistamento, iniziò nel IX secolo durante il dogado di Pietro Tribuno su fondazioni di origine romana. La costruzione
venne rimaneggiata nel XII secolo, durante il dogado di Domenico Morosini, su imitazione del campanile di Aquileia, e
ancora nel secolo XIV. La torre, già seriamente danneggiata da un fulmine nel 1489, che ne distrusse la cuspide in
legno, venne gravemente colpito da un terremoto nel marzo 1511, rendendo necessario l'avvio di opere di
consolidamento. Questi lavori vennero eseguiti sotto la direzione del bergamasco Bartolomeo Bon, Proto dei
Procuratori di San Marco, dando al campanile l'aspetto definitivo. In particolare vennero riedificata la cella campanaria,
realizzata in marmo, al disopra della quale, per dare maggiore slancio, venne realizzato un attico, sulle cui facce quale
vennero poste sculture raffiguranti il leone di San Marco e Venezia, il tutto sovrastato da una slanciata cuspide in
bronzo, per rendere la torre visibile dal mare. I lavori vennero completati il 6 luglio 1513 con il collocamento della
statua in legno dorato dell'Arcangelo Gabriele. Nei secoli successivi vennero fatti numerosi interventi, spesso per
riparare ai danni causati dai fulmini. Nel 1609 Galileo Galilei utilizzò il campanile per fare una dimostrazione del suo
cannocchiale. Nel 1653 fu Baldassare Longhena a seguire i restauri. Altri ne vennero eseguiti dopo che il 13 aprile 1745
un fulmine provocò uno squarcio della muratura, causando fra l'altro alcuni morti in seguito alla caduta di detriti.
Finalmente nel 1776 il campanile venne dotato di un parafulmine. Nel 1820 invece venne sostituita la statua dell'angelo
con una nuova, realizzata da Luigi Zandomeneghi, posta in opera nel 1822. Nel luglio del 1902 sulla parete nord della
costruzione venne segnalata la presenza di una pericolosa fenditura che nei giorni seguenti aumentò di dimensioni fino a
che, la mattina di lunedì 14 luglio il campanile crollò. Non ci furono vittime e, vista la posizione della costruzione, i
danni furono relativamente limitati. Venne distrutta completamente la loggetta alla base del campanile. La "piera del
bando", un tozzo tronco di colonna in porfido, su cui al tempo della repubblica venivano bandite le leggi, protesse dalla
macerie l'angolo della basilica di San Marco, salvandola dal crollo. I lavori di ricostruzione durarono fino al marzo 1912
e il nuovo campanile venne inaugurato il 25 aprile in occasione della festa di San Marco. La torre è dotata di cinque
campane, i cui nomi sono legati alle occasioni in cui venivano anticamente utilizzate:

la Marangona è la campana maggiore e l'unica ad essersi salvata dal crollo del campanile; i suoi rintocchi
annunciavano l'inizio e la fine dell'orario di lavoro dei marangoni, cioè dei carpentieri dell'Arsenale, e le sedute del
Maggior Consiglio;

la Nona, segnava e segna tutt'ora il mezzogiorno;

la Trottiera dava invece il secondo segnale ai nobili che dovevano partecipare alle riunioni del Maggior
Consiglio, che al suo suono mettevano dunque al trotto le cavalcature (prima che l'uso dei cavalli fosse proibito in città);

la Mezza terza o dei Pregadi, annunciava invece le riunioni del Senato, i cui membri erano detti Pregadi;

la Renghiera o Maleficio è infine la minore delle campane e i suoi rintocchi annunciavano le esecuzioni
capitali.
Curiosità

Ai tempi della Repubblica di Venezia, alcuni reati, in particolare se commessi dal clero, erano puniti col suplissio
dea cheba ovvero con l'esposizione del condannato in una gabbia appesa al campanile.

La base del campanile era, nel passato, circondata da osterie e botteghe in legno che vennero demolite in seguito ad
una delibera del consiglio comunale del 1872. Da queste deriva il modo di dire veneziano andemo a bever
un'ombra (andiamo a bere un bicchiere di vino), contrazione di andemo a bever un goto de vin all'ombra del
campanil (andiamo a bere un bicchiere di vino all'ombra del campanile).

I leoni scolpiti sul campanile erano stati scalpellati durante la dominazione austriaca e vennero rifatti in occasione
della ricostruzione del campanile.

Esistono numerose versioni della foto che raffigura il crollo del campanile, ma sono tutte dei falsi.

Durante il carnevale, e precisamente il Giovedì grasso una delle attrazioni consisteva nel svolo dell'angelo o del
turco. Era l'esibizione di un equilibrista che scendeva dal campanile ad una barca ancorata nel bacino di San Marco
camminando lungo una fune. In seguito, probabilmente a causa di cadute, venne sostituito da una colomba di legno.
Ancora oggi si può assistere allo spettacolo del volo della colombina, durante la domenica precedente il giovedì
grasso. Il tragitto però va dal campanile alla Loggia del Palazzo Ducale, inscenando l’antico rito di omaggiare di
uno scettro il doge che proclama l’inizio del Carnevale in un tripudio di coriandoli e palloncini.
Colonne di San Marco e San Todaro
Sono due alti affusti marmo e granito posti all'ingresso dell'area marciana verso il molo e il bacino San Marco. Sono
sormontate dalle statue dei patroni della città: San Marco Evangelista e San Todaro (nome veneziano del bizantino San
Teodoro di Amasea). Le due colonne, assieme alle moli di Palazzo Ducale e della Libreria Marciana costituiscono
l'accesso monumentale alla piazza per chi proviene dal mare. Furono erette attorno al 1172, sotto il dogado di
Sebastiano Ziani, quando la piazza venne ampliata e monumentalizzata. Le enormi colonne, trasportate dall'Oriente in
seguito, dovevano essere originariamente tre, ma il terzo affusto venne perduto assieme alla nave che lo trasportava
durante lo sbarco. La colonna che svetta dal lato di Palazzo Ducale regge il leone alato simbolo di San Marco, dall'862
santo patrono e simbolo della città e dello Stato veneziano. Si tratta di una scultura bronzea molto antica, probabilmente
in origine una chimera, cui vennero successivamente aggiunte le ali. Dal lato della Biblioteca è, invece, San Teodoro,
santo bizantino e guerriero, primo protettore della città, raffigurato in marmo nell'atto di uccidere un drago. Sotto le
colonne in epoca medievale e rinascimentale erano poste delle botteghe in legno, tuttavia già dalla metà del XVIII
secolo lo spazio tra le due steli venne destinato a luogo delle esecuzioni capitali, tanto che tuttora tra la popolazione
locale persiste l'uso superstizioso di non attraversare lo spiazzo tra le colonne. Da questo uso deriva anche un modo di
dire veneziano: "te fasso vedar mi che ora che xe" derivato dal fatto che i condannati a morte, le spalle al bacino di San
Marco, vedevano come ultima cosa la torre dell'orologio.
Biblioteca Nazionale Marciana
Una delle più grandi biblioteche italiane e la più importante di Venezia. Contiene una delle più pregiate raccolte di
manoscritti greci, latini ed orientali del mondo. Nota anche come Biblioteca Marciana, Biblioteca di San Marco,
Libreria Marciana, Libreria Sansoviniana, Libreria Vecchia o Libreria di San Marco, si trova sulla parte inferiore di
Piazza San Marco, tra il Campanile di San Marco e la Zecca. La prima proposta per istituire una "pubblica libreria" a
Venezia fu avanzata nel 1362 da Francesco Petrarca, che non riuscì tuttavia a realizzare il progetto. Alla sua morte,
lasciò la sua biblioteca personale ai Da Carrara, signori di Padova. Il primo nucleo della biblioteca è costituito dalla
donazione che il cardinale Giovanni Bessarione fece il 31 maggio 1468 alla Repubblica di Venezia "ad communem
hominum utilitatem" (per il bene comune degli uomini): 746 codici, di cui 482 in greco e 246 in latino, cui si aggiunsero
successivamente altri 250 manoscritti dopo la morte del donatore. La biblioteca incrementò il suo inventario grazie a
numerose donazioni e lasciti, nonché grazie all'incorporazione di altre biblioteche della città e della Repubblica. Molte
delle opere donate provenivano da Bisanzio, occupata dall'Impero Ottomano nel 1453. Anche grazie a questa raccolta,
Venezia fu il più importante centro dello studio dei classici greci. Attirò i più grandi studiosi umanisti, molti dei quali
riuniti attorno all'editore Aldo Manuzio nell’Accademia Aldina. Nel 1603 entrò in vigore una legge che impose a ogni
stampatore veneto di depositare una copia di ogni libro stampato presso la Marciana, che divenne così la biblioteca
istituzionale della Serenissima Repubblica. Dopo la caduta di Venezia, le raccolte di enti religiosi soppressi da
Napoleone confluirono nella Biblioteca Marciana. Oggi occupa, oltre al Palazzo della Libreria, anche la Fabbrica della
Zecca del Sansovino.
La libreria
Nel 1537 fu avviata la costruzione del Palazzo della Libreria, in Piazza San Marco, progettato da Jacopo Sansovino. Nel
1545 crollò il soffitto della sala di lettura e il Sansovino si ritrovò in carcere. Grazie alle raccomandazioni di amici
influenti venne però presto rilasciato e poté riprendere l'opera, ma dovette ripagare il danno con danaro proprio. La
biblioteca si trasferì nella Libreria vecchia nel 1553. L'edificio, tuttavia, fu ultimato solo nel 1588 da Vincenzo
Scamozzi, che aveva assunto la direzione dell'opera dopo la morte del Sansovino avvenuta nel 1570. La costruzione è a
un solo piano, oltre al terreno. Le arcate del piano terreno sono di ordine dorico sopra, una trabeazione dorica alterna
triglifi e metope; sopra ancora si apre l'ordine ionico del loggiato, sovrastato a sua volta da un ricco fregio in cui si
susseguono putti e festoni di fiori e frutta. Nei sottarchi, una ricca decorazione scultorea. Sul coronamento, una
balaustra sormontata da statue di divinità classiche, opera di Alessandro Vittoria e di altri noti artisti. Il patrimonio
librario della Biblioteca Nazionale Marciana si compone di 622.804 volumi a stampa, 2.887 incunaboli, 13.113
manoscritti, 24.069 cinquecentine. Un particolare tesoro della libreria è una raccolta completa delle Aldine. La
biblioteca dispone anche di una notevole collezione di mappe ed atlanti, sia storici che attuali, oltre alla pianta della città
di Venezia di Jacopo de Barbari (1500).
Museo Correr
La raccolta ha sede nell'Ala Napoleonica (o Fabbrica Nuova), edificio costruito nella prima metà del XIX secolo
abbattendo una chiesa e parte del prolungamento delle Procuratie, voluto da Napoleone per essere adibito a sede di
cerimonie. Il museo ha origine con le donazioni del nobile veneziano Teodoro Correr, morto nel 1830. Col passare del
tempo le collezioni si accrebbero e nel 1898 fu necessario il trasferimento dell'esposizione dalla sede originaria di
Palazzo Correr al Fondaco dei Turchi. Nel 1922 avvenne il definitivo trasferimento nell'attuale sede
Palazzo Ducale
Uno dei simboli della città di Venezia e capolavoro del gotico veneziano, sorge nell'area monumentale di piazza San
Marco, tra la Piazzetta e il Molo. Antica sede del Doge e delle magistrature veneziane, ne ha seguito la storia, dagli
albori sino alla caduta. Nel 2008 è stato visitato da 1.358.186 persone. L'edificazione del palazzo iniziò presumibilmente
nel IX secolo, a seguito del trasferimento della sede ducale da Malamocco all'odierna Venezia, definitivamente sancito
nell'812 durante il dogado di Angelo Partecipazio. Dell'originale impianto, eretto forse su modello del Palatium di
Diocleziano di Spalato, oggi nulla sopravvive: nell'828, con l'arrivo delle spoglie dell'Evangelista, vi si affiancava la
primitiva basilica marciana; nel 976 vi trovavano la morte Pietro IV Candiano e il figlio e co-reggente durante una
rivolta cui seguì un furioso incendio che distrusse l'intero palazzo e gran parte della città. Seguì la ricostruzione avviata
da Pietro I Orseolo (976-979), un nucleo fortificato costituito da un corpo centrale e da torri angolari, circondato
dall'acqua, le cui tracce ancora si intuiscono nell'assetto del piano loggiato. Il complesso subì una prima grande
ristrutturazione, che trasformò la fortezza originaria in un elegante palazzo privo di fortificazioni, nel XII secolo durante
dogado Sebastiano Ziani. Un nuovo ampliamento fu realizzato tra la fine del ‘200 e i primi del Trecento, per servire alle
nuove esigenze dello stato repubblicano. A partire dal 1340, sotto il dogado di Bartolomeo Gradenigo, il palazzo
cominciò una radicale trasformazione verso la forma attuale. Nel 1404 venne terminata la facciata sul molo, nel 1423,
vennero avviati i lavori sul lato verso la piazzetta e la basilica, nel 1439 iniziarono anche i lavori per la Porta della
Carta, su progetto degli architetti Giovanni e Bartolomeo Bon , e l'intero complesso di opere, svoltesi durante il lungo
dogado di Francesco Foscari, venne terminato nel 1443. Dopo il grande incendio del 1483 venne riedificata la parte
interna, e costruita la Scala dei Giganti. L’11 maggio 1574 un incendio distrusse alcune sale di rappresentanza al piano
nobile. Decisa immediatamente la ricostruzione, la direzione tecnica ed esecutiva venne affidata al “proto” Antonio da
Ponte, affiancato da Andrea Palladio (dal 1570 Proto della Serenissima). Tra il 1575 e il 1580 Tiziano e Veronese
vennero a loro volta chiamati a decorare gli interni del palazzo e la loro opera finì per inserirsi nella ricostruzione delle
sale dell'ala meridionale seguita all'incendio del 20 dicembre 1577. All'inizio del XVII secolo furono aggiunte le
cosiddette Prigioni Nuove, al di là del rio, ad opera dell'architetto Antonio Contin. Questo nuovo corpo di fabbrica, sede
dei Signori della Notte, magistrati incaricati di prevenire e reprimere reati penali, viene collegato al Palazzo tramite il
Ponte dei Sospiri, percorso dai condannati tradotti dal Palazzo, sede dei tribunali, alle prigioni. Dopo la caduta della
Repubblica di Venezia, il 12 maggio 1797, il Palazzo non venne più utilizzato come sede del principe e delle
magistrature, ma fu adibito a sede di uffici amministrativi degli imperi napoleonico e asburgico. Le prigioni,
denominate Piombi, conservarono la loro funzione e furono oggetto degli scritti di Silvio Pellico.
Esterni: il Palazzo Ducale si sviluppa su tre ali attorno ai lati di un ampio cortile centrale porticato, il cui quarto lato è
costituito dal corpo laterale della basilica marciana, antica cappella palatina. Le due facciate principali del palazzo, in
stile gotico - veneziano rivolte verso la piazzetta ed il molo si sviluppano su due livelli colonnati sovrastati da un
poderoso corpo a marmi intarsiati aperto da grandi finestroni ogivali, con monumentale balcone centrale, e coronamento
di guglie. Gli ariosi loggiati a colonnine ed archi ogivali traforati, delimitati da balaustre, sono sorretti dal portico al
piano terreno, che deve l'attuale aspetto ribassato alle successive opere di rialzo della pavimentazione per combattere il
secolare innalzamento del livello marino, che hanno conferito un aspetto più massiccio alle colonne sormontate da
capitelli finemente scolpiti. Nella parte più antica, rivolta verso il molo, si trovano capitelli trecenteschi, mentre le
sculture angolari raffigurano, nell'angolo verso il ponte della Paglia, Raffaele e Tobiolo e l’Ebbrezza di Noè, mentre
verso la piazzetta si trovano l’Arcangelo Michele e Adamo ed Eva. Il balcone centrale è di Pier Paolo Dalle Masegne, la
statua di San Giorgio è opera di Giovanni Battista Pellegrini, e le altre statue rappresentano San Teodoro, le Virtù
Cardinali, San Marco Evangelista, San Pietro e San Paolo. Verso la piazzetta, alla tredicesima colonna del loggiato
spicca la Giustizia in trono, mentre sull'angolo verso la Porta della Carta sono il Giudizio di Salomone e l’Arcangelo
Gabriele, attribuiti a Bartolomeo Bon.
Porta della Carta: Ingresso monumentale del palazzo, deve il suo nome all'usanza di affiggervi le nuove leggi e decreti
oppure alla presenza sul luogo degli scrivani pubblici o dal fatto che vi fossero nei pressi gli archivi di documenti
statali. Fu costruita in stile gotico fiorito da Giovanni e Bartolomeo Bon: sull’architrave si legge difatti l'incisione
OPVS BARTHOLOMEI (opera di Bartolomeo). Ricchissimo l'apparato scultureo e decorativo, in origine dipinto e
dorato. Nei due pinnacoli laterali sono due figure di Virtù Cardinali per lato e, a coronamento, il busto dell’Evangelista
sovrastato dalla figura della Giustizia con spada e bilancia. Centrale nell'apparato è la raffigurazione del doge Francesco
Foscari in ginocchio davanti al leone marciano.
Cortile: accesso principale al cortile è la Porta della Carta, che, attraverso l' Androne Foscari, lungo ambiente di
passaggio addossato alla basilica, conduce all'arco trionfale dedicato allo stesso doge Francesco Foscari. Il passaggio
indirizza direttamente alla monumentale Scala dei Giganti, addossata alla facciata orientale. Il cortile è completamente
cinto da portici, sormontati da logge, riproponenti lo schema esterno dell'edificio. Mentre le due facciate interne
meridionale ed orientale, in mattoni, conservano il caratteristico aspetto gotico veneziano delle facciate esterne, la
facciata orientale del cortile, sulla quale conduce lo scalone monumentale, è caratterizzata da una decorazione
marmorea in stile rinascimentale, conseguente alla radicale ricostruzione dell'area a seguito del furioso incendio del
1483. Nel cortile, nel quale si tenevano le cerimonie dell'incoronazione ducale, tornei e un'annuale caccia ai tori,
troneggiano due grandi vere da pozzo per l'approvvigionamento idrico del complesso (Pozzo dell'Alberghetti). La
pavimentazione in trachite ed elementi marmorei ricalca quella esterna della piazza.
Scala dei Giganti e la Scala d'Oro: Eretta tra il 1483 e il 1491 su progetto di Antonio Rizzo, la Scala dei Giganti deve
il nome alle due statue marmoree del Sansovino raffiguranti Marte e Nettuno qui poste nel 1567. Lo scalone
monumentale collega il cortile alla loggia interna del primo piano ed era il luogo deputato alla cerimonia
dell'incoronazione ducale. Le due statue colossali dovevano rappresentare la potenza e il dominio di Venezia sulla
terraferma e sul Mare. Naturale prosecuzione della Scala dei Giganti è la Scala d'Oro, così chiamata per le ricche
decorazioni in stucco bianco e foglia d'oro zecchino della volta. Nonostante l'ingannevole presenza dello stemma del
doge Andrea Gritti in chiave d'arco, la scala d'oro fu costruita durante il dogado del doge Lorenzo Priuli su progetto del
Sansovino tra il 1555 e il 1559. La "Scala d'Oro" conduce su due rampe dal piano delle logge ai due piani superiori, su
ciascuno dei quali si apre in un vestibolo con ampie vetrate.
Piano delle Logge: In cima alla Scala dei Giganti si trova il vasto sistema di loggiati che, circondando il palazzo
dall'interno e dall'esterno e conservando parte dell'impianto della fortezza originaria, sorreggono l'imponente mole
sovrastante, conferendo a Palazzo Ducale la tipica sensazione di rovesciamento, con la parte chiusa massiccia al disopra
e quella aerea e leggera al disotto. In questo piano trovavano spazio una serie di ambienti minori destinati
all'amministrazione e ai servizi del palazzo, oltre alla Cancelleria Ducale Inferiore, parte dell'archivio.
Sempre su tale piano trovavano collocazione due importanti ambienti:

la Sala dello Scrigno, nella quale trovavano collocazione il Libro d'Oro, in cui erano iscritti tutti i nomi dei patrizi
veneziani,

la Sala della Milizia da Mar, organo preposto al reclutamento degli equipaggi per le galee da guerra.

l’appartamento Ducale

la Sala del Maggior Consiglio, sala principale del Palazzo, situata sull'angolo tra il molo e la piazzetta, riceve luce
attraverso sette grandi finestre ogivali. È totalmente sgombra da colonne di sostegno interne, e tuttavia la tenuta
strutturale del soffitto risulta possibile grazie a un intelligente sistema di travature e di poderose capriate. Le sue
enormi dimensioni, 53 metri di lunghezza per 25 di larghezza e 12 di altezza, che ne fanno una delle più vaste
d’Europa, erano dovute alla sua funzione di riunione per il Maggior Consiglio, assemblea sovrana dello Stato
veneziano, formata da tutti i patrizi veneziani, arrivando a comprendere tra i 1200 e i 2000 membri.

La Sala dello Scrutinio, la Sala delle Quattro Porte

le Sale dell'Anticollegio e del Collegio

la Sala del Senato

la Sala del Consiglio dei Dieci, la Sala della Bussola

la Stanza dei Tre Capi del Consiglio dei Dieci e la Stanza dei Tre Inquisitori di Stato;

la Camera del Tormento;

l' Armeria.
Pozzi e Piombi
Le prigioni sotterranee del Palazzo, collocate al disotto del livello dell'acqua e perciò estremamente umide e malsane,
destinate ai prigionieri di condizioni inferiori, rinchiusi in celle oscure ed anguste, prendevano l'inequivoco nome di
Pozzi. Una leggenda narra che un tempo ai condannati a morte fosse concessa, come ultima possibilità di scampo, di
tentare il giro della colonna. Infatti tuttora una delle colonne del Palazzo Ducale è leggermente rientrante. Il tentativo
consisteva nel girare intorno alla colonna, dalla parte esterna, senza scivolare ma quasi nessuno riusciva a completare
l'operazione. Al disotto del tetto del palazzo e delle sue coperture erano invece i Piombi, che devono il loro nome alla
copertura del tetto: qui trovavano posto i prigionieri più particolari (Giacomo Casanova il più noto, e autore di una
spettacolare evasione), nobili, ricchi, religiosi, che venivano relegati quindi in un ambiente che, per quanto duro,
risultava meno malsano rispetto agli infernali Pozzi. Questi prigionieri potevano addirittura, a loro spese, provvedere a
dotare le loro celle di piccoli sollievi, mobilia e di buon cibo. Tutte queste prigioni erano direttamente collegate ai
tribunali presenti nel Palazzo.
Procuratie
Imponenti edifici che prendono il nome dal fatto che vi alloggiavano i Procuratori di San Marco. Sono distinte in tre ali
che delimitano quasi interamente la parte della piazza antistante alla Basilica di San Marco: le Procuratie Vecchie a
nord, l'Ala Napoleonica a ovest e le Procuratie Nuove a sud. Le Procuratie Vecchie si estendono per 152 metri dalla
Torre dell'Orologio verso l'Ala Napoleonica, con un portico di 50 arcate cui corrispondono le 100 finestre dei due piani
superiori. Sebbene chiuse a tutto sesto, la leggerezza delle aperture ricorda lo stile veneto-bizantino delle prime
procuratie, edificate nel XII secolo sotto il doge Sebastiano Ziani (visibili nel celebre dipinto di Gentile Bellini "La
processione in Piazza San Marco") e destinate ad appartamenti per i procuratori de "citra", altissimi magistrati. Queste,
danneggiate in parte dal fuoco all'inizio del XVI secolo, furono demolite e ricostruite: i lavori furono affidati nel 1517 a
Guglielmo dei Grigi e Bartolomeo Bon e furono terminati nel 1538, pare con il contributo di Jacopo Sansovino. A
coronamento della fabbrica fu posto un fregio aperto da cento piccoli oculi ovali sui quali poggia una bianca merlatura
dall'esclusivo significato pittorico. Attualmente ospitano negozi al piano terra ed uffici ai piani superiori. La costruzione
delle Procuratie Nuove, opera di Vincenzo Scamozzi, iniziò nel 1582 sull'area di alcuni edifici che (come si vede nel
dipinto del Bellini) arrivavano all'altezza del Campanile di San Marco. Il nuovo edificio fu invece allineato al prospetto
settentrionale della Libreria Sansoviniana di cui continua i moduli architettonici. La costruzione, interrotta nel 1616 per
la morte dello Scamozzi, fu terminata nel 1640 da Baldassarre Longhena. Durante il Regno Italico furono adibite a
Palazzo Reale. Funzione che mantennero anche sotto i Savoia dal 1866 al 1946. Oggi ospitano ai piani superiori parte
del Museo Correr, il Museo del Risorgimento, il Museo Archeologico, la direzione dei Musei Civici e parte della
Biblioteca Nazionale Marciana. Vi si colloca inoltre il settecentesco Caffè Florian.
L'Ala Napoleonica: le Procuratie si chiusero a ferro di cavallo dopo che Napoleone Bonaparte ebbe fatto radere al
suolo la Chiesa di San Geminiano (ed i prolungamenti delle Procuratie ad essa allineati) per costruire quella che è
chiamata "Ala Napoleonica" (o anche "Procuratie Nuovissime" o "Fabbrica Nuova"). La chiesa di San Geminiano, una
delle più antiche di Venezia, attestata già nel VI secolo, era stata rinnovata dal Sansovino nel 1557; l'artista, orgoglioso
di quest'opera, scelse perfino una cappella adiacente per esservi sepolto insieme ai figli. Tutto fu demolito tra il 1807 ed
il 1810, pare per volontà di Eugène de Beauharnais, che voleva completare il Palazzo Reale con una sala da ballo sul
"salotto più bello del mondo". Il progetto fu affidato a Giuseppe Maria Soli, che non si discostò molto dal disegno delle
Procuratie Nuove, se non per l'attico con 14 statue di imperatori romani. Al centro, nel Sotoportego San Geminian, si
apre il monumentale scalone d'ingresso, con un affresco a soffitto (La gloria di Nettuno) di Sebastiano Santi. All'interno
si può ancora ammirare il Salone Napoleonico di Lorenzo Santi (1822). L'edificio, terminato verso la piazza nel 1814
ma completato solo durante l'Impero austriaco, dal 1922 ospita il Museo Correr.
Torre dell'orologio
Edificio rinascimentale, consta di una torre centrale, costruita tra il 1496 e il 1499 dall'architetto Mauro Codussi, e di
due ali laterali, aggiunte successivamente. L'arco sottostante collega la piazza con le Mercerie. Il quadrante dell'orologio
è in oro e smalto blu; segna ora, giorno, fasi lunari e zodiaco. Un primo restauro fu eseguito nel 1757. Il restauro
moderno, iniziato nel 1997, è stato terminato nel maggio del 2006 e inaugurato alla mezzanotte del 27 maggio.
L'Orologio è dotato anche di un meccanismo a carillon, attivato tradizionalmente solo nel giorno dell'Epifania. A ogni
scoccare di ora, il pannello laterale delle ore si apre per lasciare passare un carosello di statue in legno rappresentanti i
personaggi della Natività e i Re Magi. Le statue, trascinate da un meccanismo a binario lungo la piattaforma
semicircolare posta sopra al quadrante, rientrano poi nella Torre attraverso il pannello laterale dei minuti situato dal lato
opposto dell'Orologio. Famosi sono i cosiddetti Mori di Venezia, soprannominati così per il loro colore bruno dai
Veneziani, posti alla sommità su una terrazza, sono due statue di bronzo raffiguranti due pastori che battono con una
mazza le ore su una grande campana. Essi sono molto simili ma diversi in un particolare, uno ha la barba l'altro no è
cosi che viene distinto il moro vecchio da quello giovane. Infatti la campana non suona all'ora esatta ma suona ben 2
volte una cinque minuti prima dell'ora esatta, ed è il moro vecchio che rappresenta il tempo che è passato, mentre il
moro giovane cinque minuti dopo l'ora esatta per rappresentare il tempo che verrà.