“LO SPORT IN UNA PROSPETTIVA SOCIOLOGICA

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“LO SPORT IN UNA
PROSPETTIVA SOCIOLOGICA”
PROF.SSA SIMONA IANNACCONE
Università Telematica Pegaso
Lo sport in una prospettiva sociologica
Indice
1
INTRODUZIONE ALLO SOCIOLOGIA DELLO SPORT ----------------------------------------------------------- 3
2
LA SPORTIVIZZAZIONE--------------------------------------------------------------------------------------------------- 5
3
GIOCO E CULTURA PER HUIZINGA --------------------------------------------------------------------------------- 11
4
CAILLOIS E LA CLASSIFICAZIONE DEI GIOCHI ---------------------------------------------------------------- 14
5
L’INTERPRETAZIONE MARXISTA DELLO SPORT -------------------------------------------------------------- 17
6
MAX WEBER E LA TEORIA DELL’AZIONE ------------------------------------------------------------------------ 19
7
SIMMEL E L’ANALISI SOCIOLOGICA DELLO SPORT --------------------------------------------------------- 20
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lo sport in una prospettiva sociologica
1 Introduzione allo sociologia dello sport
L’interesse delle scienze sociali per lo sport, pur avendo dei precursori nell’Ottocento, viene
espresso solo di recente, perché il fenomeno sportivo, così come le attività di loisir, venivano
considerati in modo marginale e, quindi, non meritevole di interpretazione sociologica.
Malgrado questa visione limitata dello sport, le riflessioni sociologiche hanno cercato di rendere
noti degli aspetti di tale fenomeno sociale finora trascurati; lo sport è essenzialmente un’attività
sociale, capace di intrecciare la vita quotidiana, e come tale riveste un ruolo importante nel
determinare la natura delle relazioni sociali.
Il ritardo degli studi sociologici di fronte a tale fenomeno culturale è in antinomia col
pensiero di Weber, per il quale ogni «avanzamento nel campo delle scienze sociali è sempre
strettamente connesso con l’emergere di pratiche culturali affermatesi come concreti problemi
sociali»1.
Lo sport, frutto del mutamento sociale, è stile di vita, identità sociale e culturale, espressione
di vita quotidiana e la sua attribuzione al tempo del divertimento e dello svago, lo ha reso sempre
più appetibile ai mezzi di comunicazione che, al fine di una maggiore fruizione mediale, hanno
sfruttato la sua funzione sociale ed aggregante.
Lo sport è capace di focalizzare l’attenzione di diversità sociali e culturali per istituzioni politiche,
religiose, culturali, in quanto fatto sociale totale:
in questi fenomeni sociali totali, come noi proponiamo di chiamarli, trovano
espressione, a un tempo e di colpo, ogni specie di istituzioni: religiose,
giuridiche e morali- queste ultime politiche e familiari nello stesso tempononché economiche, con le forme particolari della produzione e del consumo, o
piuttosto della prestazione e della distribuzione che esse presuppongono; senza contare
i fenomeni estetici ai quali mettono capo questi fatti e i fenomeni morfologici che
queste istituzioni rivelano 2.
1
Cfr., M. WEBER, Il Metodo delle Scienze Storico-Sociali, Einaudi, Torino, 1958, trad. it.
M. MAUSS (1950), Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in Teoria generale della
magia e altri saggi, (trad. it.), Einaudi, Torino 1965, p. 157
2
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Tale nozione di fatto sociale si rileva molto utile nella realtà sociale del calcio composta da
istituzioni politiche, ludiche, sociali, economiche e simboliche che lo rendono sistema e che può
essere analizzato su tre piani: materiale, simbolico e affettivo 3.
Lo sport, ed in particolare il calcio, produce investimenti, per cui rappresenta un’attività economica
di notevoli dimensioni.
E’ fonte di simbologia sia per i giocatori che, attraverso le performance calcistiche, conquistano lo
status di personaggio pubblico, che per gli stessi dirigenti i quali aumentano il loro prestigio.
Inoltre, non si deve tralasciare la questione delle emozioni e delle passioni che il fenomeno
calcistico è in grado di produrre in molti individui. Nello sport tutto, ed in particolare nel calcio, il
gioco rappresenta l’elemento da cui partire per manifestare relazioni, ideologie, abilità, teorie che
caratterizzano un determinato sistema socio- culturale.
La descrizione di fatto sociale totale di Marcel Mauss è rilevante, per il suo significato
simbolico, dato che lo sport è agire pensato che «si manifesta come interazione regolata fra un
attore, l’ambiente e gli altri attori, a partire da un sistema simbolico convenzionale e condiviso»4.
Lo sport può essere configurato come uno dei più imponenti fenomeni culturali del
Novecento, associato all’idea dello sforzo, della competizione e del record, del sacrificio,
dell’allenamento, della misurazione esatta del risultato e alla svolta sociale che ha determinato,
sotto forma di piacere.
La contrapposizione tra gioco e sport, malgrado nella distinzione tra i due sia determinante il
concetto di competizione, è stata per lungo tempo al centro del dibattito della sociologia dello sport,
per cui si è avvertita la necessità di superare definizioni dello sport quali quelle di passatempo o
attività ludica al fine di considerarlo un’attività pratica istituzionalizzata.
3
4
A. DAL LAGO, Descrizione di una battaglia: i rituali del calcio 2001, Bologna, Il mulino, 2001, p. 37
P. RUSSO, Sport e società, Carocci, Roma 2004, p. 60
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2 La sportivizzazione
A contribuire maggiormente allo studio dello sport sarà Norbert Elias, che identificherà
nella sportivizzazione del nuovo modello di società moderna una strada privilegiata della
civilizzazione occidentale, fino a ricondurre le riflessioni sociologiche sullo sport e le attività del
loisir nella sfera di una teoria sociale delle emozioni. Con la ricerca sulla sportivizzazione dei
passatempi, Elias e il suo collaboratore Eric Dunning, portavano a termine la ricostruzione del
processo di civilizzazione 5, che aveva avuto inizio con l’analisi di Elias sulla costituzione di una
civiltà delle buone maniere 6 nel passaggio dalla fine dell’età medievale, quando si formarono le
monarchie e gli Stati nazionali e si svilupparono le prime società moderne. La loro analisi parte
dalla premessa che senza un processo evolutivo e, quindi, un metodo comparativo risulta complesso
riconoscere e comprendere gli elementi distintivi degli sport 7.
Tale civilizzazione viene associata a due processi essenziali. Il primo consiste in un’azione
repressiva della sfera istintuale, di controllo rigido delle emozioni, dell’aggressività e degli istinti e
di assimilazione delle norme, che diventa funzionale alla formazione di aspetti della personalità
dell’individuo coerenti con il nuovo sistema societario. Il secondo processo, ispirato dalla
sociologia di Weber (1905), riguarda l’ambito politico e istituzionale.
La civilizzazione occidentale e successivamente la modernizzazione presuppongono il trasferimento
allo Stato del «monopolio della violenza legalizzata»8. L’invenzione dello Stato nazionale,
istituzione politica della modernità occidentale, segue di pari passo il consolidamento di organismi
e mezzi efficienti volti a garantire il controllo e l’ordine pubblico 9. Lo sviluppo di istituti
tipicamente moderni, come il sistema di prevenzione e repressione penale, e di luoghi di
segregazione, come le carceri e i manicomi 10 si sviluppano contestualmente allo Stato-nazione, al
fine di controllare ed escludere le cosiddette classi pericolose 11.
5
N. ELIAS, E. DUNNING, Sport e aggressività, Il Mulino, Bologna 1989 (trad. it), p.24
Nell’interpretazione di Elias la civiltà delle buone maniere è un fondamento della rivoluzione sociale e culturale della
modernità che si da delle regole di comportamento quali quelle del galateo
7
N. ELIAS, E. DUNNING, op. cit., p.27
8
Ibidem
9
Ibidem
10
Le cosiddette istituzioni totali. Cfr., M. FOUCAULT, Sorvegliare e punire: nascita della prigione, Torino, Einaudi,
1976 (trad. it) ; E. GOFFMANN, Asylums. Le istituzioni totali: la condizione sociale dei malati di mente e di altri
internati, Torino, Einaudi, 1968
11
N. ELIAS, E. DUNNING, op. cit., p. 57
6
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Tuttavia, la civilizzazione non si realizza soltanto attraverso il consolidamento degli
strumenti di repressione, ma deve proporre modelli di comportamento, codici di regolazione
sociale, la cui funzione è di rendere visibili le gerarchie sociali di status, mettendo in evidenza il
possesso di abilità e di norme comportamentali prive di qualsiasi utilità pratica e pertanto indicative
di una condizione di superiorità.
Fra le peculiarità di questo processo c’è la conservazione di stili e comportamenti appartenenti
all’antica aristocrazia del passato.
Con le loro analisi, Elias e Dunning dimostrano l’importanza dello studio di argomenti quale
quello dei giochi e dello sport nella loro evoluzione storica e considerazione sociologica, così da
individuare quali sono i giochi e gli sport moderni, gli elementi di quel processo di civilizzazione,
dell’elaborazione di codici di comportamento fondati sulla repressione consapevole degli impulsi,
dei sentimenti e delle passioni, che, secondo la riflessione di Norbert Elias, costituisce uno dei
principali presupposti su cui si regge l’intero sistema delle società di massa.
Processo di civilizzazione iniziato nel corso dell’Ottocento, e in taluni casi già a partire dalla
seconda metà del Settecento, per la prima volta in Inghilterra 12, dove, sulla scia del modello inglese,
talune attività di loisir, che richiedevano abilità e forza fisica, assunsero gli elementi distintivi di
sport anche in altri paesi.
Tali passatempi erano caratterizzati da una civilizzazione delle competizioni sportive, una
restrizione della violenza sugli altri attraverso un sistema di regole che richiedeva un livello di
autodisciplina e che assicurava la possibilità di vittoria per tutti i partecipanti, che prima non
esisteva.
L’accettazione di tali passatempi, che acquisirono caratteristiche di sport, indicava un bisogno
sociale crescente di pratica sportiva meno fisicamente violenta, ma regolamentata e piacevole,
praticata con spirito agonistico.
Con l’espressione sportivizzazione 13, Elias ha inteso individuare quel rinnovamento che ha
via via trasformato molti dei giochi popolari del passato, dei passatempi ludici che gli uomini
praticavano per il solo divertimento, in pratiche di competizione disciplinate svolte davanti ad una
platea numerosa di spettatori.
12
I modelli di competizioni fisiche rinnovati del vecchio concetto di sport apparirono per la prima volta tra le classi
superiori e l’aristocrazia inglese.
13
N. ELIAS, E. DUNNING, op. cit., p. 192
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Uno dei principali passatempi, loisir della vecchia aristocrazia, con elementi distintivi di sport, fu la
pratica inglese della caccia alla volpe 14, rituale specializzato con un’organizzazione e un codice
disciplinare proprio. I cacciatori, gentiluomini inglesi, mentre inseguivano la volpe, ignoravano
qualsiasi animale incontrato sul proprio cammino, pur consapevoli che la caccia potesse costituire
un mezzo di sostentamento, perché insito nel loro codice di comportamento. Tutto ciò perché la
caccia rappresentava uno sport e vietava l’uso delle armi.
Le trasformazioni che si possono evidenziare, mettendo a confronto la pratica della caccia alla
volpe inglese con forme più antiche di caccia, mostrano che si stava procedendo verso una spinta
civilizzatrice 15. La caratteristica principale di tale pratica fu la tensione associata all’eccitamento di
una battaglia mimetica (finta) che racchiudeva la forza fisica e il piacere che ne derivava sia per i
cacciatori che per gli spettatori 16. L’incontro sportivo ha un potere catartico, ovvero riesce a
rappresentare uno scontro, una battaglia senza che scorra il sangue, caratterizzati da uno sforzo
fisico e da stress mentale 17.
Il moderno sport di prestazione, del tutto nuovo, costituisce un oggetto particolare di analisi per
Elias, Dunning e la scuola configurazionale. Si tratta di un fenomeno che si differenzia
dall’agonismo classico, greco e romano, in quanto lo sport greco, non amatoriale, consisteva in
competizioni spettacolari di atleti professionisti, per lo più simboliche (Olimpiadi classiche) con un
significato politico. La regola del fair play (confronto leale), basato su regole approvate e sempre
più dettagliate (attraverso l’elaborazione di codici comportamentali, regolamenti, statuti 18) non
apparteneva all’agonismo classico; anche in età romana (i giochi del Circo) le competizioni si
basavano sullo spettacolo pubblico della violenza, propria di una cultura sociale precedente alla
moderna civilizzazione. Quindi, non solo istituzionalizzazione e regolazione delle discipline, nel
passaggio dai loisir aristocratici alle moderne attività sportive, ma elaborazione e diffusione di stili
di vita, modelli di comportamento ispirati alla inedita cultura dello sport.
La regolamentazione della pratica sportiva, iniziata in Inghilterra nel XVII secolo, si riflette
particolarmente nei giochi di squadra che attraverso la codificazione, i codici, gli statuti si
disciplinano. Basti pensare al football, caratterizzato dal sistema delle scommesse, che viene
professionalizzato mediante l’elaborazione di un regolamento calcistico sanzionatorio, dove
14
Ibidem, p. 203
Ibidem, p. 206
16
Ibidem, p. 211
17
I. S. GERMANO, La Società Sportiva. Significati e pratiche della sociologia dello sport, , Rubettino Editore, p.31
15
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l’infrazione all’avversario viene scontata mediante il rigore, la punizione e il fallo. Tale
regolamentazione ha portato progressivamente a far assumere allo sport l’aspetto di un’enorme
organizzazione burocratica, organizzazione che ha tra i suoi compiti primari quello di far accettare
le regole imposte. Lo sport moderno, quindi, ha tutte le caratteristiche per assumere una sua
autonoma identità. Al contrario il rugby, praticato dalle élite militari ed universitarie, si differenzia
dal calcio perché è uno sport amatoriale, non professionistico, spettacolare, che esalta la forza fisica
e il coraggio, nella convinzione che gli appartenenti ai ceti superiori abbiano assimilato il rispetto
delle buone maniere e il senso del limite (divieto della violenza) 19.
Lo sport moderno, così come altre attività di loisir, può richiamare una forma di tensione,
provocare eccitamento, è capace di suscitare emozioni, socialmente accettabili e sentimenti più
liberi; può favorire la diminuzione, e forse liberare, le tensioni da stress. Esso condivide con molte
altre attività di loisir elementi mimetici (imitativo), in cui la violenza non è eliminata, ma è il
prodotto di un processo di simulazione, e la possibilità di una catarsi (purificazione, liberazione).
Include il rifiuto all’aggressività mediante un sistema di regole e sanzioni e il controllo come
elemento caratterizzante la relazione individuo-società. Uno dei limiti che accomuna molti sport
riguarda la compensazione di due funzioni contrastanti: da una parte il rilassamento (del controllo
dei sentimenti) /eccitamento e dall’altra la regolazione/controllo emozionale. In tutti i suoi aspetti,
lo sport è comunque un conflitto controllato, il cui unico problema da risolvere è quello di ridurre il
rischio che i giocatori subiscano danni in un eccitamento (tensione) da battaglia e di raggiungere il
rilassamento della tensione mediante la sconfitta o la vittoria 20 (esempio del calcio)= eccitamento e
poi risoluzione della tensione.
Lo scenario dello sport, come quello di molte altre attività di loisir, è volto a provocare, a
suscitare le emozioni, a evocare tensioni nella forma di un eccitamento controllato,
temperato, senza i rischi e le tensioni di solito associate con l’eccitamento di altre situazioni
della vita reale; è un eccitamento «mimetico» che si può gustare e può avere un effetto
liberatorio, catartico, anche se l’eco emotiva dell’apparato immaginario contiene, come
accade normalmente, elementi di ansia, paura, o disperazione 21.
18
Viene istituzionalizzata la figura dell’arbitro, espressione di quella del giudice che in un sistema giudiziario è
preposto al controllo sociale
19
N. ELIAS, E. DUNNING, op. cit., p. 251
20
Ibidem, p. 61
21
Ibidem, p. 58
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La sportivizzazione, quale trasformazione degli antichi loisir aristocratici in pratica sportiva
istituzionalizzata (competizioni rette da regole) e la diversificazione dei giochi di squadra, insieme
alla nazionalizzazione e alla parlamentarizzazione (legittimazione del sistema politico)
costituiscono aspetti diversi e fondamentali del processo di civilizzazione che si intensifica a
cavallo fra Settecento e Ottocento.
L’età vittoriana (1837-1901) rappresenta il momento culminante in cui tale sportivizzazione si
espande; lo sport vittoriano è disciplinato da norme che presuppongono la rinuncia alla violenza e
l’accettazione di principi capaci di regolare il conflitto.
La sportivizzazione favorisce, inoltre, dinamiche di coesione sociale, dando vita a sistema di identità
diversi da quelli caratterizzanti le società tradizionali o dei club aristocratici, tenute insieme da
quella che Durkheim definiva solidarietà meccanica 22. Naturalmente è nei giochi di squadra che si
sviluppano maggiori dinamiche di identificazione.
Verso la fine dell’Ottocento in Gran Bretagna, ma anche altrove, si svilupperanno una serie di
associazioni volontarie, club e società sportive, basti pensare al movimento parasportivo dei Turnen
in Germania, esibizioni di ginnastica non competitiva che Mosse 23 considerava uno dei fondamenti
della nazionalizzazione tedesca. Tale aspetto caratterizza quella che Elias ha definito la seconda
ondata della sportivizzazione, che coincide con l’età vittoriana. In tale periodo si costituiscono,
oltre al calcio e al rugby, anche pratiche individuali quali il tennis e l’atletica leggera.
La prima ondata, intorno al XVIII secolo, era intesa come metamorfosi degli antichi loisir
aristocratici in pratiche di competizione rette da regole.
Agli inizi del Novecento la terza ondata si ricollega alla mondializzazione dello sport,
mettendo al centro dell’attenzione il tema della globalizzazione24. Questione di importanza
planetaria in cui la spettacolarizzazione e la mediatizzazione dello sport moderno acquistano la
stessa rilevanza che la scuola configurazionale aveva attribuito al rapporto sportivizzazionecivilizzazione occidentale.
22
Cfr. la solidarietà meccanica prevale dove le differenze individuali sono minime e i membri della società sono resi simili dalla
loro dedizione al bene comune. Ciò che teneva unita la società era la combinazione di un semplice sistema di credenze religiose,
leggi repressive e rituali comunitari. Le credenze comuni avevano il compito di mantenere la solidarietà sociale. Cfr., E’.
DURKHEIM, La divisione del lavoro sociale, Edizioni di Comunità, Milano 1962
23
Cfr. G.L. MOSSE, The nationalization of the Masses, Howard Ferting, New York 1974 (trad. it. La nazionalizzazione
delle masse, Il Mulino, Bologna 1991
24
Cfr. JARVIE e MAGUIRE 1994. Autori influenzati dalla ricerca di Giddens sulle conseguenze della modernità,
pongono come centrale il tema della globalizzazione.
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Fenomeno che da vita ad un sistema di comunicazione pervasivo fra culture sociali e nazionali
diverse che sviluppa notevoli interessi economici, coinvolgendo diversi attori sociali. Prendono
corpo le prime istituzioni e i primi eventi sportivi internazionali, come le Olimpiadi o i mondiali di
calcio, con la loro influenza planetaria, dove i primi regolamenti agonistici si applicano a livello
sovranazionale. Lo sport spettacolare di alta prestazione, sin dalla guerra, diviene gradualmente un
idioma globale delle società di massa 25. Il processo di globalizzazione si identifica nel nuovo ruolo
dello sport quale spettacolarizzazione mediatica.
«Lo sport-idioma è un mix di comunicazione verbale e non verbale, di gerghi tecnici
universali, di suggestioni emozionali, di evocazioni simboliche di tipo identitario.
Linguaggi comunicativi attraversati da illusioni, richiami, messaggi impliciti ed
espliciti vengono globalizzati proprio perché capaci di stimolare contemporaneamente
natura e cultura»26.
Malgrado l’analisi storico-culturale del fenomeno sportivo e il contributo fornito dai teorici
configurazionali, come strumento e oggetto delle scienze sociali, non ci si può esimere dal segnalare
i limiti di tale teoria; un esempio è rappresentato dall’analisi selettiva svolta sulla forma di
sportivizzazione britannica.
25
26
N. PORRO, Lineamenti di Sociologia dello Sport, Carocci Editore, 2011, p. 25
Ibidem
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3 Gioco e cultura per Huizinga
Nel parlare di gioco è necessario il riferimento al mondo ludico di Huizinga. Nella Sua
opera Homo ludens, la cui prima stesura risale al 1939, che può essere considerata una pietra miliare
per il riconoscimento, non solo del carattere culturale del gioco, ma anche della sua capacità ad
essere esso stesso produttore di cultura, egli analizza il gioco partendo da un’affermazione secondo
cui vi è connessione tra il gioco e la cultura, dove i caratteri del gioco sono quelli della cultura e che
la civiltà umana, e quindi l’intera cultura, deriva dal gioco. Lo storico olandese Huizinga analizza il
fenomeno culturale del gioco, sostenendo la tesi che la cultura viene dal gioco, come un’attività
insita nelle manifestazioni importanti di ogni cultura quali la guerra, le arti, le istituzioni giuridiche.
Nel 1938 Huizinga, sconcertato per la scomparsa graduale della caratteristica ludica nel
gioco, nelle metamorfosi dello sport, riprenderà il percorso della sportivizzazione dell’età vittoriana.
Egli sostiene che, in virtù della regolamentazione cui lo sport è stato sottoposto nel corso del suo
progresso, e della crescente competizione causata dalla logica del record e del successo ad ogni
costo, lo sport moderno ha perso il suo carattere ludico. La sua riflessione trae spunto dall’uso
strumentale e politico dello sport competitivo 27 ad opera del regime nazista del tempo.
«Lo sviluppo dello sport dall’ultimo quarto dell’Ottocento in qua, promuove il fatto che il
gioco viene preso sempre più sul serio. Le regole si fanno più severe e più studiate nelle
finezze…ebbene, con la crescente sistemazione e col disciplinamento del gioco, va
perduto alla lunga qualche cosa della pura qualità ludica» 28.
Il gioco per Huizinga è insito nell’uomo, per cui grazie alle sue virtù estrose, geniali e
creative riesce a realizzare giochi differenti. Egli afferma che con il gioco «la collettività esprime la
sua interpretazione della vita e del mondo»29 e che «il gioco è più antico della cultura, poiché il
concetto di cultura, per quanto possa essere definito insufficientemente, presuppone in ogni modo
convivenza umana, e gli animali non hanno aspettato che gli uomini insegnassero loro a giocare»30.
27
Le Olimpiadi di Berlino del 1936 sono contemporanee alla stesura della Sua opera Homo ludens.
N. PORRO, op. cit, p. 231
29
J. HUIZINGA, Homo Ludens, Einaudi, Torino 1946, trad. di C. Schendel, p. 55
28
30
Ibidem, p. 3
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Per Huizinga, allora, il gioco, in quanto caratteristica dell’animale e dell’uomo, è all’origine della
cultura, «costituisce una manifestazione decisiva per la decifrazione del moderno homo ludens» 31.
La relazione tra cultura e gioco è da ricercare laddove esiste un gruppo e una società
ordinata 32. Non si intende, dunque, il gioco come play, ma quale game, ovvero un insieme di regole
riconosciute, di modelli comportamentali che sono alla base delle interazioni di una determinata
società. Quindi parliamo del tennis, del golf, del poker, di schemi di azione. «Stare al gioco» e cioè
«osservare le regole» si traduce «to play the game» 33. Generalmente il concetto di piacere, di gioco
spontaneo si associa al play, mentre la regola al game.
Huizinga nel delineare le caratteristiche del gioco, sostiene anzitutto che il gioco è
un’attività libera, ovvero un passatempo, è un’attività spontanea, piacevole, non un’imposizione.
Da ciò ne deriva la seconda caratteristica, ovvero che il gioco non è la vita «ordinaria»34, ma un
allontanarsi dalla realtà, un’attività temporanea fine a se stessa ed eseguita solo per diletto. Inoltre,
l’attività di gioco è circoscritta entro determinati limiti di tempo, perché inizia e ad un certo punto il
gioco finisce, può essere ripetuto in qualsiasi momento (ripresa del gioco), si gioca in spazi fissati in
anticipo, cioè il gioco avviene all’interno di un luogo ben delimitato in anticipo. Nell’ambito in cui
avviene il gioco regna l’ordine assoluto, senza il quale verrebbe meno il carattere del gioco stesso,
perdendo così il suo valore. A tale caratteristica del gioco potremmo associare quella dell’estetica,
ovvero che il gioco tende ad essere bello, aspetto che induce a creare forme ordinate di gioco. Le
qualità con cui possiamo definire gli elementi del gioco provengono dal campo estetico, ovvero
tensione, equilibrio, contrasto, variazione. All’interno del gioco la qualità della tensione, intesa
come ansioso desiderio occupa un posto rilevante. La tensione comporta un dubbio, ovvero la
probabilità di un determinato risultato e mette alla prova l’energia del giocatore, la sua forza fisica,
la sua costanza, la sua audacia e nel contempo la sua etica di giocatore stesso perché, malgrado
l’aspirazione di vincere il gioco, deve limitarsi alle regole previste dal gioco stesso. Ecco quindi una
regolamentazione del gioco obbligatoria e indiscutibile, valida all’interno dello spazio destinato al
gioco, alla quale è legato il concetto di lealtà. La trasgressione delle regole di gioco, comporta la
fine del gioco.
Alla luce di quanto detto il gioco può essere definito come «un’azione libera, conscia di
non essere presa sul serio e situata al di fuori della vita consueta, che nondimeno può
31
Ibidem, p. 55
Ibidem, p. 56
33
Ibidem p. 59
32
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impossessarsi totalmente del giocatore; azione a cui in sé non è congiunto un interesse
materiale, da cui non proviene vantaggio, che si compie entro un tempo e uno spazio
definiti di proposito, che si svolge con ordine secondo date regole» 35.
L’analisi di Huizinga si conclude con la concezione che il disciplinamento del gioco,
l’organizzazione tecnica, l’elemento del record sempre più severi hanno fatto venir meno la
“ludicità” del gioco. Ciò è evidente nella distinzione fra giocatore professionista e amatoriale in
quanto il professionista non assume un atteggiamento ludico e tanto meno gioca per passatempo.
34
35
Ibidem p. 11
Ivi, p. 17
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4 Caillois e la classificazione dei giochi
Sulla base delle riflessioni di Huizinga sul gioco e la cultura, che ne ha analizzato i caratteri
fondamentali, dimostrando l’importanza del ruolo del gioco nello sviluppo della civiltà, Roger
Caillois, nella Sua opera I giochi e gli uomini si sofferma sulla classificazione dei giochi, aspetto
quest’ultimo trascurato da Huizinga, modificando così la visione sociologica del gioco.
Malgrado il notevole numero e la molteplicità dei giochi non permettesse di classificarli in
modo da suddividerli in categorie ben circoscritte, Caillois riesce ad individuare quattro categorie
principali, corrispondenti ognuna ad una specifica necessità psicologica, alla base del giocare a
seconda che prevalga l’istinto a competere (Agon), la ricerca del caso (Alea), il bisogno di simulare
(Mimicry) e uno stato di perdita di coscienza o il senso della vertigine (Ilinx).
Esiste un’infinita varietà di giochi che si ispirano alla competizione (Agon), dove la prerogativa tra i
concorrenti è la condizione di uguaglianza di partenza, al fine di garantirsi la vittoria, in modo da
poter assegnare un valore ovvio al successo del vincitore, mettendo in gioco le proprie qualità
fisiche e mentali quali l’energia, la tempra fisica, la capacità, dove la competizione avviene in modo
circoscritto senza alcuna ingerenza esterna, cosicché il giocatore possa conquistare la vittoria sia
che si tratti di un gioco a due (tennis) o a squadra (calcio), sia che partecipino un numero indefinito
di concorrenti (corsa, atletica).
Malgrado si cerchi di creare un’uguaglianza delle probabilità di successo all’inizio del
gioco, non sempre è possibile concretizzare la piena parità tra i giocatori. Un esempio tipico
potrebbe essere il gioco della dama o degli scacchi, perché il giocatore che muove per primo si
assicura la vittoria. Nel gioco, quindi, ogni partecipante è mosso dall’ambizione di ottenere un
successo, per cui l’agon determina una pratica continua, un sacrificio frequente e l’impegno di
vincere. «Implica disciplina e perseveranza» 36. Il vincitore grazie alle sue abilità, la propria
superiorità, riesce ad ottenere il miglior risultato possibile, in modo leale e entro limiti fissati che,
proprio perché uguali per tutti, attribuiscono un valore incontestabile al successo del vincitore
stesso. «L’agon si presenta come la forma pura del merito personale e serve a manifestarlo» 37.
Il termine alea, invece, designa “il caso” (gioco dei dadi) e indica tutti quei giochi in cui,
diversamente dall’agon, l’esito non dipende dalla volontà del giocatore, e sulla quale egli non può
36
R. CAILLOIS, I giochi e gli uomini, Bompiani, Milano 1981, p. 31
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Lo sport in una prospettiva sociologica
incidere, ma da circostanze esterne, ovvero parliamo di giochi in cui è determinante solo il destino
(giochi d’azzardo, casinò, lotterie). Quest’ultimo è l’unica molla della vittoria, nella competizione
rivela unicamente che il vincitore è stato più avvantaggiato dalla fortuna dell’altro rivale. Esempi
calzanti sono rappresentati dal gioco dei dadi, dalla roulette, dalle lotterie. L’alea rimarca il ruolo
del caso, dove il giocatore non deve sforzarsi, sfruttare tutte le sue abilità o allenarsi in modo
costante, ma deve solo attendere che il destino intervenga. «Contrariamente all’agon, l’alea non
implica il lavoro, la pazienza, la destrezza, la qualificazione; elimina il valore professionale, la
regolarità, l’allenamento. Ne vanifica in un attimo i risultati accumulati»38. Nell’alea il merito è
vanificato e a differenza dell’agon, il giocatore non conta su se stesso, ma sui vari segnali, su ogni
aspetto che coglie.
L’agon è un’assunzione della responsabilità personale, mentre l’alea è una rinuncia della
volontà, un lasciarsi andare alla sorte. Nella gran parte dei giochi di carte è racchiuso sia l’agon che
l’alea: ciascun giocatore sfrutta in maniera più appropriata, e considerando le proprie abilità, le
carte che il destino gli ha casualmente assegnato.
La ricompensa è proporzionale all’effetto del caso, perché la funzione dell’alea è quella di porre i
giocatori in una condizione di assoluta uguaglianza di fronte al favore della sorte, al risultato della
fortuna. Tuttavia, considerato il livello di uguaglianza da cui parte ogni giocatore, ne deriva che
ogni competizione regolamentata può diventare oggetto di scommesse, cioè di alea: un esempio
sono le partire di calcio o le corse con i cavalli.
Il gioco, a seconda se parliamo di agon o alea, è un modo di sostituire, all’assoluta uguaglianza
iniziale che la realtà nega, delle condizioni in cui il ruolo del merito personale o della sorte sono
evidenti e, quindi, due situazioni in cui il giocatore evade dalla realtà facendosi altro 39; a questa
necessità risponde la mimicry, termine che designa la mimica.
Ogni gioco ipotizza l’accettazione di fondo di una realtà irreale e temporanea. Il gioco,
quindi, può non derivare solo da un’attività competitiva o dal favore della sorte, ma da un’illusione,
come se fosse vera, in cui il giocatore respinge la propria personalità per simularne un’altra.
Parliamo di giochi in cui la mimica e il mascheramento o la finzione sono una prerogativa. Esempi
calzanti sono i giochi in cui il bambino imita l’adulto, come quello della bambina che gioca alla
mamma o il bambino che simula il soldato, il poliziotto o ancora il travestimento del carnevale (la
37
Ibidem
Op. cit. p. 34
39
R. CAILLOIS, op. cit., p. 36
38
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maschera nasconde la vera natura del soggetto). Il gioco consiste solo nel piacere di essere un altro
o farsi credere un altro e non quello di illudere gli spettatori.
La mimicry racchiude tutte le qualità del gioco quali l’essere libero, fittizio, separato (circoscritta
entro specifici limiti di tempo e spazio), incerto, eccetto quella di essere un’attività regolamentata
da regole precise perché la mimicry è un’illusione continua, la simulazione di un’altra realtà.
L’ultima categoria di giochi è rappresentata dall’ilinx, il cui significato è “vertigine”, che
consiste nel tentativo di provare piacere mediante una sorta di “panico”. «Si tratta di accedere a una
specie di spasmo, di trance o smarrimento che annulla la realtà con vertiginosa precipitazione»40.
Un esempio è rappresentato dai giochi del luna park o dagli esercizi dei dervisci danzanti 41, che
richiamano aspetti di un’acrobazia elevata. La ricerca di una sorta di trance, estasi, panico i dervisci
la raggiungono mediante una rotazione convulsa su se stessi il cui movimento incalza sempre più
ritmato dal suono travolgente dei tamburi.
Spesso anche i bambini girano su se stessi in modo vertiginoso, tanto da perdere la stabilità
dell’equilibrio e della percezione, provocandosi uno stato di panico; si tratta comunque di un gioco
fatto per piacere e che trova riscontro nel gioco della trottola.
Caillois conclude la sua analisi col sostenere che il gioco è necessario per la cultura, ma nel
contempo il gioco è un residuo della cultura; un tempo era parte sostanziale delle istituzioni, ma col
tempo è semplicemente mutata la propria funzione sociale.
40
41
Ibidem, p. 40
Ibidem
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5 L’interpretazione marxista dello sport
L’orientamento marxista ha analizzato lo sport, come oggetto di indagine, partendo da una
concezione materialistica. Secondo l’interpretazione marxista gli sport sono connessi a diversi modi
di produzione, prodotto di una società capitalista, ovvero della società borghese. Le notevoli
disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza, frutto del capitalismo industriale, determinarono
una distinzione delle pratiche sportive tra ricchi e poveri. Sport specifici quali il golf e il tennis
erano riservati esclusivamente alla classe agiata, invece il calcio e il baseball erano prerogativa delle
classi operaie. Tali sport servivano a mantenere la forza-lavoro quanto più produttiva possibile.
«Nella società capitalistica, tutto quel che si fa o che è consentito fare nell’ambito del tempo libero
è determinato dalla necessità di riprodurre la forza-lavoro»42.
Lo sport della élite rappresentava un mezzo di socializzazione indispensabile per la classe
dominante al fine di accrescere il carattere e l’autorità necessari per poter esercitare il comando. La
socializzazione, invece, degli sport della classe lavoratrice era differente, per lo più espressione di
sport di squadra che indottrinano alla sottomissione e all’accettazione del comando, comando
rappresentato dalla figura dell’allenatore.
Da ciò ne consegue che in Inghilterra, patria del capitalismo industriale, abbiano avuto
origine gli sport moderni. Gli inglesi forti della disponibilità economica scommettevano il denaro
sulle corse dei cavalli, boxe, una tendenza a scommettere proporzionata alla possibilità di rischiare
capitali nello sviluppo industriale inglese in aumento.
A partire dal diciannovesimo secolo negli sport moderni si svilupparono, contestualmente
all’aumento del professionismo e della commercializzazione, forme intense di sfruttamento. Nelle
mani di una nuova classe imprenditoriale, proprietarie di squadre professionistiche, si concentrano il
controllo e la gestione della forza lavoro, per cui lo sport diventa oggetto di logiche di puro profitto,
alienanti. Il prodotto di tale commercializzazione, tuttavia, non spetta al giocatore, bensì alle grandi
imprese che lo gestiscono.
Oltre alla commercializzazione lo sport è stato utilizzato come mezzo per propagandare il
militarismo, il nazionalismo e l’imperialismo. Negli anni ’20 e ’30 lo sport era espressione di una
visione del mondo fascista; le Olimpiadi del 1936, omaggio all’hitlerismo 43, sanciscono l’unione
tra il nazismo e gli sport moderni. A seguito della seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti e le
42
G. VINNAI, Il calcio come ideologia: sport e alienazione nel mondo capitalista, Bologna, Guaraldi, 1971, p. 41
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Lo sport in una prospettiva sociologica
nazioni dell’Europa Occidentale hanno veicolato lo sport per istruire le masse, infondendogli i
caratteri del militarismo, nazionalismo e imperialismo.
Bisognerà attendere l’emergere del socialismo perché venga abolito lo sfruttamento tra capitalista e
operaio e perché lo sport diventi accessibile ad ambedue i sessi, ad ogni razza e a tutte le classi. Lo
sport, oltre a rappresentare un importante mezzo di socializzazione, svolgeva scopi pratici, ovvero
preparare i giovani al lavoro, al fine di innalzare il livello della produzione industriale, e a
contribuire alla difesa della società socialista.
43
J.M. BROHM, Jeux Olympiques a Berlin, Bruxelles, Complexe, 1983 p. 146
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6 Max weber e la teoria dell’azione
Il modello weberiano ci permette di intravedere negli sport moderni le caratteristiche della società
moderna, ovvero il secolarismo, l’eguaglianza, la specializzazione, il razionalismo, l’organizzazione
burocratica, la quantificazione e la ricerca dei record 44. Lo sport ha rappresentato un aspetto
rilevante della società moderna, nel senso di un rispetto delle regole e di misure codificate. L’analisi
di Weber, tuttavia, parte da un fattore diverso da quello economico, ovvero l’industrializzazione,
malgrado questa fosse essenziale nell’interpretazione della natura dello sport moderno.
Weber ha analizzato lo sport, e soprattutto la competizione sportiva,
partendo dalla ricerca
spasmodica del guadagno, nella società statunitense. Inoltre, la sua analisi parte dal protestantesimo
calvinista anglosassone, che sancisce il passaggio alla modernità industriale 45.
Esiste una certa correlazione tra protestantesimo e partecipazione agli sport e
successivamente sarà proprio Guttmann a spiegare come le società protestanti inglesi si sono
impadronite dello sport per ridurre la minaccia della corporeità e dell’espressività non regolate 46.
Allo sport agonistico hanno attribuito funzioni di tipo sociale, dove le competizioni vengono
misurate e confrontate le une con le altre e connesse alla razionalità di scopo della modernità,
ovvero il dar vita a forme di relax, incoraggiare l’attività fisica 47. Tramite lo sport il corpo è stato
secolarizzato, sottratto all’unione con la sfera sacrale, e medicalizzato, le cui competenze specifiche
sono state indirizzate alla prestazione tecnica e quindi non più legate al piacere 48. L’uso del corpo è
stato strumentalizzato al fine di produrre denaro e successo, per cui lo sport razionalizzato della
modernità ha rotto qualsiasi legame con la corporeità e l’espressività proprie delle società
tradizionali. Lo sport è parte integrante di quel processo di razionalizzazione tratteggiato da Weber,
dove la logica d’azione è la vittoria ad ogni costo.
44
A. GUTTMANN, Dal rituale al record. La natura degli sport moderni, Edizioni Scientifiche italiane, Napoli, 1995,
p. 106
45
Cfr., M. WEBER, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Sansoni, Firenze 1965
46
A. GUTTMANN, op cit., p. 106
47
Ibidem
48
Ibidem
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Lo sport in una prospettiva sociologica
7 Simmel e l’analisi sociologica dello sport
Prima di analizzare il contributo sociologico di Simmel alla comprensione del fenomeno
sportivo quale processo culturale, è necessaria una riflessione sul Suo studio dei fenomeni sociali.
Simmel focalizza la Sua attenzione sulla sociologia dell’interazione. I rapporti umani che esistono
tra gli individui, possano essere essi momentanei o duraturi, falsi o leali, comunque concorrono a
tenere uniti gli uomini. La riflessione di Simmel prende spunto dall’intuizione dell’interazione e
della connessione di tutti i fenomeni, anche se caratterizzati da elementi diversi.
Per Simmel la società esiste laddove un numero di individui interagisce 49. La società «è il
nome con cui si indica una cerchia di individui, legati l’un l’altro da varie forme di reciprocità»50.
Alla reciprocità poi associa il concetto di sociazione, ovvero l’interazione degli individui 51. Le
forme di azione ambivalenti (reciproche) si rafforzano grazie al processo di sociazione, attraverso il
quale tali forme si manifestano e si consolidano nel tempo. Egli si avvale di astrazioni quali la
separazione tra forma e contenuto delle interazioni sociali. Il contenuto è il coinvolgimento o la
causa (motivo) del fenomeno, la forma è il modo in cui interagiscono gli individui attraverso la
quale si scaturiscono azioni reciproche (relazione fra elementi). Dal pensiero di Simmel si deduce
che, negli individui, tutto ciò che da luogo all’istinto, a interesse, motivazioni, in modo da scaturire
un’azione reciproca, viene indicato come contenuto e costituisce una sociazione.
Le forme organizzano i contenuti producendo quegli elementi denominati gruppi, istituzioni,
società.
L’analisi di forma e contenuto si fonda su due presupposti: 1) la stessa forma di interazione
viene analizzata in base a contenuti diversi e relativamente a differenti motivazioni; 2) il contenuto
è manifestabile attraverso diverse forme differenti di interazione come relativo mezzo.
L’attenzione di Simmel è focalizzata sulla forma piuttosto che sul contenuto della sociazione.
Malgrado gli interessi, la causa e il fine per cui si giunge a queste interazioni possono essere
diversificati, mentre le forme in cui essi si concretizzano possono essere le stesse. Le forme si
differenziano dal modo in cui le persone si relazionano nei diversi sistemi sociali. Le interazioni
49
S. SECONDINI, Riflessioni sociologiche sullo sport, Aracne Editrice, Roma 2006, p. 35
G. SIMMEL, Forme e giochi di società. Problemi fondamentali della sociologia, Feltrinelli, Milano 1983, p. 42
51
S. SECONDINI, op. cit., p. 35
50
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sono influenzate dal numero dei membri coinvolti, «anche se è la personalità dei componenti del
gruppo che in definitiva determina il tipo di interazione»52.
La sociologia di Simmel parte dall’analisi dello sport quale forma di interazione tra
individui, che nonostante i contenuti diversi, danno vita ad un sistema societario. Basti pensare ad
una squadra sportiva, dove i contenuti potrebbero essere anche diversi, ma si riscontrano le stesse
forme di interazione tra gli individui: la relazione superiore-subordinato, le relazioni di antagonismo
e conflitto, di interdipendenza funzionale, di rappresentanza 53.
Tali ricerche, riscontrabili in fase primordiale, partono dall’analisi di quattro punti cardine: gioco,
conflitto, spazio e tempo libero
Il primo è rappresentato dal gioco e Simmel si riferisce alla «forma ludica dell’associarsi»54
come elemento della modernità, intravedendo l’origine di una forma sociale dello sport. Una
concezione moderna dello sport che accresce la nozione di gioco perché lo sport più che il gioco è
fonte di socializzazione e allo stesso tempo si basa sulla relazione fra libertà e disciplina, relazione
che concede all’individuo di assimilare ogni singola forma, se appartenente all’ambito emozionale.
Tuttavia Simmel sottolinea i caratteri necessari del gioco, quali l’impegno totale, il contenuto
simbolico, un mezzo per soddisfare bisogni. Il gioco d’azzardo, ad esempio, non si caratterizza solo
per la ricerca di guadagno, ma anche per lo svolgimento di un’azione e di un eventuale esito
rischioso. In conclusione, giocando ognuno produce la società, oltre a svolgere un’attività che si rifà
al contesto sociale in cui è inserita 55.
L’altro punto chiave è rappresentato dal conflitto, inteso come fattore del cambiamento
sociale e come il luogo simbolico di predisposizione delle norme che sottostanno alla vita sociale e
quindi alla base del sistema relazionale tra individui e gruppi. Simmel si occupa del conflitto in
termini teorici e in linea generale rispetto al conflitto di classe di cui parla Marx.
Il concetto da cui parte Simmel è che il conflitto non sia da considerare l’opposto dell’ordine
sociale 56. Il conflitto altro non è che una forma di interazione vigorosa 57 e che più di un ordine
sociale normativo può unire gli individui perché conduce ad un ordine comportamentale.
52
G. SIMMEL, op. cit., p. 80
S. SECONDINI, op. cit., p. 38
54
G. SIMMEL, op. cit., p. 80
55
Ibidem. L’attività degli individui che giocano comprende sia la nozione di mettersi in gioco che quella di interpretare
un ruolo.
56
G. SIMMEL, Sociologia, Edizioni di Comunità, Milano 1989, p. 243
57
COLLINS R., Teorie Sociologiche, Il Mulino, Bologna 1992, p. 155
53
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Lo sport in una prospettiva sociologica
Generalmente l’idea di autolimitazione del conflitto si applica ad alcune forme sportive. Il conflitto
non è distruttivo, piuttosto tende a limitarsi perché la lotta consiste nel fatto che ognuno dei
concorrenti tende allo stesso scopo, senza usare la forza contro l’avversario, così da contenere il
conflitto 58. Solo attraverso l’elaborazione di regole il conflitto potrà trasformarsi in una
competizione regolata.
La gara sportiva, in particolare nei giochi di squadra, può rappresentare un esempio di conflitto
regolamentato. All’interno della competizione sono presenti i due aspetti della cooperazione e della
tensione. In due squadre che si affrontano c’è il bisogno reciproco per poter confrontarsi. Inoltre, la
competizione sportiva è caratterizzata da aspetti emozionali, sentimentali in un determinato spazio
temporale. «In un certo senso, dunque, lo sport, attività dai forti contenuti emozionali, dagli esiti
imprevedibili e insieme retta da regole oggettive, è la più convincente metafora del conflitto e della
stessa modernità»59.
Un altro contributo della sociologia simmeliana deriva dal concetto di spazio, inteso come
una forma della società al cui interno le interazioni rappresentano il contenuto. Quando tra le
persone si da inizio (instaurare) ad un’azione reciproca, lo spazio si definisce. Una delle
caratteristiche che possiede lo sport, come per molte altre pratiche sociali, è l’esclusività.
Nell’ambito cittadino l’appartenenza ad un circolo elitario rappresenta una forma di distanza
simbolica con la società degli altri 60, includendo tuttavia
pratiche di esclusione e di
differenziazione. Lo spazio urbano descritto da Simmel ha un particolare significato simbolico,
rappresentato in modo evidente nell’esempio dello stadio come confine fisico simbolico al quale si
associano funzioni chiare; basti pensare alla divisione tra le tribune e le curve o alla capacità di
frenare (contenere) e disciplinare (regolamentare) le «manifestazioni indocili della forza,
dell’entusiasmo, della competizione»61.
Il rapporto tra sport e spazio si può comprendere nell’ottica di un contenimento della violenza che è
un elemento distintivo tra sport moderno e giochi agonistici classici. Lo spazio tra i giocatori e i
tifosi è diventato sempre più distante in vista del crescente numero di manifestazioni di guerriglia
nel e fuori campo. Nel contempo, la violenza contenuta negli stadi si è spazialmente e
simbolicamente spostata nei centri urbani, dove spesso si assiste a episodi di guerriglia tra le
tifoserie opposte.
58
G. SIMMEL, Sociologia, op. cit. p. 244
N. PORRO, op. cit., p. 53
60
Ibidem, p. 54
59
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Il contributo simmeliano alla sociologia dello sport quale fenomeno culturale si evidenzia
anche nel legame fra la forma sociale dello sport e il tempo libero, grazie al ruolo assunto da
quest’ultimo nelle società industriali. In una struttura sociale caratterizzata dalla consuetudine,
dall’uniformità del lavoro, acquistano una certa rilevanza le attività di loisir, che includono non solo
lo sport ma anche l’arte, la danza, la musica e i viaggi.
Queste pratiche sportive consentono un apprezzamento della qualità del tempo, anche per se stessi,
e inoltre una possibilità di affermazione della propria individualità e, quindi, un bisogno di
differenziazione. Lo sport, come le altre attività di loisir, esprime, nel contempo, il bisogno di
appartenenza ad un gruppo sociale e l’identificazione con esso. Una tifoseria di una determinata
squadra di calcio esprime tale bisogno di appartenenza al gruppo e di differenziazione perché i tifosi
appartengono a tale gruppo, ma nello stesso tempo l’appartenenza li distingue dai componenti di un
altro club.
61
Ibidem
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