Il diritto di accesso agli atti in materia ambientale Gestione

Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
Il diritto di accesso agli atti in materia
ambientale
3 Paola Cosmai
La questione di fondo
È noto che quello della trasparenza è un pilastro affermatosi e concretizzatosi nel diritto positivo alquanto tardi nel
nostro ordinamento amministrativo, incline a più alla gestione segretata della cosa pubblica, malgrado sia da
ritenersi una delle declinazioni strumentali ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità propugnati
dalla Costituente nell’art. 97.
Peraltro, se de jure condito il citato canone, in via generale, ha sovvertito quello dell’impenetrabilità prescritto dal D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, recante il Testo Unico degli Impiegati Civili e dello Stato, solo a
distanza di oltre trent’anni, solo con l’introduzione delle
norme in materia di accesso (1) agli atti amministrativi,
di cui al Capo V, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella
prassi amministrativa è stato scarsamente applicato
dalla compagine burocratica, quanto mai restia ad aprirsi a sistemi di conoscenza che, di fatto, si traduce in
una possibilità di controllo diretto della sua attività, sotto il duplice profilo del risultato e dell’impiego delle
risorse pubbliche, al di là dell’asserzione del legislatore
che esclude che per tramite dell’ostensione possa riconoscersi una verifica indiscriminata dell’agere publicum.
Sintomatici della citata ritrosia, la lentezza con la quale le
novelle si sono implementate e, conseguentemente, la
necessità di ricorrenti precisazioni e modifiche normative
in senso ampliativo e descrittivo dell’istituto, che, dopo
una prima incisiva riformulazione con la legge 11 febbraio
2005, n. 15, e poi con la legge 18 giugno 2009, n. 69 (2)
(che, in particolare, ha modificato l’art. 29) (3), ha ormai
dichiaratamente acquisito la il carattere di prestazione di
livello essenziale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett.
Note:
3 Avvocato.
(1) Sul diritto di accesso, in dottrina si veda:
– Tassone, Il diritto di accesso agli atti amministrativi ed i limiti della sua
operatività nell’attuale panorama legislativo e giurisprudenziale, in Giur.
it., 1993, III, 1, 265;
– Carpentieri, La legittimazione all’accesso: una questione non ancora chiarita, in Foro Amm., 1995, 1359;
– Carpentieri, Due domande in tema di «diritto» di accesso, Foro Amm. TAR
2009, 11, 3297;
– Celotto-Sandulli, Legge n. 241 del 1990 e competenze regionali: un nodo
di gordio, in Foro Amm. CdS, 2005, 1946;
– Fiorenzano, La natura giuridica del diritto di accesso ai documenti amministrativi e l’interesse ad accedere dopo la legge 15 del 2005: due questioni ancora aperte, in Giurisd. Amm., 2006, 143;
– Saitta, Le mezze-novità giurisprudenziali e normative in materia di accesso, ivi, 315;
– Arena e Bombardelli, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in
Cerulli Irelli, La disciplina generale dell’azione amministrativa. Saggi ordinati di sistema, Jovene, 2006;
– Tomei, La nuova disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi.
Commento alla legge n. 241 del 1990 e al D.P.R. n. 184 del 2006, Cedam,
2007;
– Tomei, La nuova disciplina dell’azione amministrativa, Cedam 2008; Caringella, Garofoli e Sempreviva, L’accesso ai documenti amministrativi,
Milano, 2007;
– Gatto, La natura giuridica del diritto di accesso agli atti e le implicazioni
processuali. Profili ricostruttivi, Il Corriere del Merito, 2007, 3, 396.
(2) Segnatamente, la legge n. 69/2009, completando il processo già avviato
dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, ha decisamente ampliato la portata del
diritto di accesso, definendolo testualmente, «attese le sue rilevanti finalità
di pubblico interesse, principio generale dell’attività amministrativa al fine
di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza»
(cosı̀ l’attuale comma 2, art. 22 cit., come novellato dall’art. 10, legge n.
69/2009), afferente «ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117,
comma 2, lett. m) della Costituzione» non derogabili in pejus dalle Regioni
e degli Enti Locali (in termini l’art. 29, legge n. 241/1990, dopo le modifiche
apportate dalla legge n. 69 cit. Ulteriore impulso alla trasparenza amministrativa è stato poi dato, per quanto attiene all’organizzazione del suo apparato
ed ai costi del suo funzionamento, più che all’attività, dalla cd. riforma Brunetta, approvata con D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, su delega della legge 4
marzo 2009, n. 15.
(3) In dottrina, tra i commenti alla nuova disciplina del diritto di accesso dopo
i recenti interventi legislativi:
– Garofoli, La nuova disciplina del procedimento e del processo amministrativo, in www.neldirittoeditore.it/index.asp, 2009;
– F. Caringella e M. Protto, Il nuovo procedimento amministrativo, Roma,
2009;
– L. Lamberti, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi dopo la legge
n. 15/2005, in www.giustamm.it;
– G. Tulumello, Brevi note sulla attuale disciplina dell’accesso agli atti amministrativi, ibidem.
In giurisprudenza:
– TAR Campania, Napoli, 16 giugno 2010, n. 14859;
– Cons. di Stato., sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2092;
– TAR Puglia, Bari, 25 febbraio 2010, n. 678;
– TAR Lazio, Roma, 29 settembre 2009, n. 9341;
– TAR Piemonte, Torino, sez. II, 30 ottobre 2009, n. 2354;
– TAR Lombardia, Milano, sez. III, 3 novembre 2009, n. 4951;
– TAR Umbria, sez. I, 5 novembre 2009, n. 662.
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M), come tale non comprimibile dalle leggi regionali e da
regolamenti locali, potendo questi soltanto innovarne la
disciplina in senso ampliativo.
Impulso di recente enfatizzato, ex multis, dalla cd. riforma Brunetta, di cui al D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e
dalla recentissima legge 16 novembre 2012, n. 190 (4),
in ragione, per un verso, della scarsità delle risorse
economiche pubbliche e la necessità di ridurne lo spreco anche tramite i rivoli della corruzione e, per altro
verso, al primo strettamente correlato, dell’esigenza
di migliorare l’efficienza dell’amministrazione, volano
della competitività internazionale, anche considerando
che il relativo costo è accollato alla cittadinanza con i
gettiti erariali, la cui pressione non oltremodo rafforzabile induce ad intervenire per l’aumento della produttività marginale della compagine esistente ed in via di
riduzione (5).
Presidi che, tuttavia, in alcune leggi di settore, si sono
affermate anzitempo, evidentemente sia per la più capillare vicinanza e partecipazione della collettività alla retta
gestione della res publica (come nel caso dell’azione delle associazioni di protezione ambientale, ovvero dell’accesso agli atti ed alle informazioni dei consiglieri locali,
già presenti nella legge 8 giugno 1990, n. 142, poi rifluita
negli artt. 9, 10 e 43 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n.
267 (6), di qui in poi anche Tuel), sia per la maggior diffusione (talvolta oltre i confini nazionali) e rilevanza dell’interesse sotteso, quale quello dell’assetto del territorio, ovvero della tutela dell’ambiente, che qui ne occupa,
disciplinato dal D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195, recante
l’attuazione della Direttiva n. 2003/4/Ce sull’accesso del
pubblico all’informazione ambientale, da raccordarsi, quale lex specialis, per quanto non previsto o non diversamente regolamentato, con le disposizioni generali in tema di accesso previste dalla citata legge n. 214/1990,
oltre che con quelle recate dal successivo D.Lgs. 3 aprile
2006, n. 152, come modificato in parte qua dal D.Lgs. 16
gennaio 2008, n. 4.
La controversa natura dell’istituto
Stante il descritto reticolato normativo è allora opportuno
muovere, sia pur sinteticamente, dalla ricostruzione dogmatica e giurisprudenziale dell’istituto dell’accesso, anche in ambito locale, per certi versi più affine a quello
di che trattasi, da questo ritagliandosi la disciplina e le
peculiarità di quello ambientale, che ne costituisce una
specie.
Malgrado la legge n. 241/1990 definisca quello dell’accesso testualmente come diritto, la sua reale natura è
ancora al centro di un dibattito non sopito tra due distinti orientamenti, il primo dei quali, sostenuto dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria nella sentenza 24
giugno 1999, n. 16, atto a negarlo attribuendogli consi-
stenza di interesse legittimo (7) in considerazione della
valenza a-tecnica della locuzione impiegata dal legislatore e della sua funzione strumentale all’esigenza di
garantire la trasparenza dell’azione amministrativa che
lo rende soggetto all’apprezzamento discrezionale della
Pubblica amministrazione in ordine alla sua concreta
ammissibilità da esporsi nel provvedimento, motivato,
di assenso o di diniego, passibile di impugnazione nei
termini decadenziali previsti dalla legge sul procedimento.
Dalla natura di interesse legittimo della posizione in questione, l’alto Consesso di Palazzo Spada ne ha inferito,
tra l’altro, due conseguenze processuali di non scarso
rilievo.
In primis, l’onere di impugnare innanzi al tribunale amministrativo territorialmente competente l’eventuale provvedimento di diniego di ostensione nel termine breve
di 30 giorni, fissato dalla legge n. 241/1990, come allo
stato abrogata e sostituita dal D.Lgs. 2 luglio 2010, n.
104, recante il nuovo codice del processo amministrativo, notificando ad almeno uno dei controinteressati il
ricorso, a pena di inammissibilità.
In secundis, l’impossibilità per l’interessato, che non abbia tempestivamente impugnato il diniego di accesso, di
riproporre la medesima istanza, salvo vi siano atti o fatti
nuovi, con la conseguente inammissibilità del ricorso avverso il secondo diniego meramente confermativo del
primo.
A fronte del citato orientamento, tuttavia, buona parte
della dottrina e della giurisprudenza, anche dello stesso
Consiglio di Stato, ne hanno al contempo sostenuto la
Note:
(4) Nota come la legge anticorruzione, la cui circolare applicativa del ministro
per la Funzione Pubblica 25 gennaio 2013, n. 1, è in corso di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale, al momento della stesura del presente scritto.
(5) Riduzione il cui inizio è stato segnato dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, con legge 30 luglio 2010, n. 133, e poi corroborato
con i più recenti interventi di c.d. spending review, di cui al D.L. 6 luglio 2012,
n. 95, come modificato in sede di conversione dalla legge 7 agosto 2012, n.
135.
(6) Sul diritto di accesso dei consiglieri locali, si rinvia, tra i tanti, a:
– Colapinto, L’accesso del consigliere comunale agli atti e ai documenti di
una società partecipata dal comune: probabili scenari di una questione
non ancora risolta, in Dir. Proc. Amm., 2007, 452;
– Rubulotta, Legittimazione ad accedere ai documenti amministrativi: quali
limiti per il consigliere comunale?, in Cons. St., 2005, 1668;
– N. Abriani e A. Celotto, Diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali e doveri di amministratori e sindaci nelle società per azioni partecipate da enti locali: primi appunti, in www.giustamm.it, 2005, 11;
– Rinaldi, Note sul «diritto di accesso» dei consiglieri comunali, in www.giustamm.it.;
– Giorgis, Commentario al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Padova, 2005;
– Gravallese, Accesso agli atti dei consiglieri comunali fra tutela e abuso del
diritto, in Nuova Rass., 2003, 1846.
(7) Tra i sostenitori della tesi in esame:
– Cons. di Stato, sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1725.
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natura di vero e proprio diritto soggettivo (8), alla stregua
di una serie di condivisibili argomentazioni (9).
In primo luogo perché sebbene spesso il legislatore impieghi il termine diritto per indicare posizioni giuridiche
attive di diversa consistenza, cosı̀ come nella stessa Carta costituzionale (e, segnatamente, agli artt. 4, 29, 37, 38
e 46), nondimeno il suo uso promiscuo risulta limitato a
periodi temporali risalenti ed a testi normativi in cui era
preminente la cd. politica del diritto, ossia l’interesse dell’ordinamento a garantire l’impegno sociale e la diffusione di una serie di valori, in secondo luogo perché con
l’entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205, che
ha attribuito massicciamente al giudice amministrativo la
giurisdizione esclusiva sui diritti, non è più sostenibile
che l’accesso abbia consistenza di interesse legittimo
solo in quanto le relative controversie sono state ad esso
attribuite, come dedotto dalla precedente ed opposta
teorica.
Peraltro, gli artt. 9, 10 e 43 del Tuel, attribuendo, rispettivamente, a tutti i cittadini il diritto di accedere agli atti e
alle informazioni dell’ente locale nonché ai consiglieri il
diritto di ottenerne tutte le informazioni necessarie all’espletamento del mandato politico, hanno riconosciuto
l’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo di accesso.
Di modo che si profilerebbe un’ingiustificabile discrasia
nell’ordinamento se si volesse poi ritenere che solo l’accesso di cui alla legge n. 241/1990 abbia natura di interesse legittimo.
A corroborare ulteriormente la tesi, inoltre, concorrono gli
stessi lavori parlamentari e, precisamente, gli atti del Senato (n. 1281) laddove è chiaro l’intento del legislatore di
attribuire alla posizione de qua sostanza di diritto soggettivo.
Né, secondo l’orientamento di che trattasi, può argomentarsi a contrario dall’art. 22, legge n. 241/1990, laddove
prevede che il diritto di accesso sia finalizzato ad «assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e di favorirne lo svolgimento», dovendo distinguersi tra il diritto
d’accesso come istituto generale, che risponde sicuramente a tale ratio, e il diritto d’accesso come situazione
soggettiva personale che, viceversa, ai sensi del medesimo articolo, risponde alla tutela di situazioni soggettive giuridicamente rilevanti.
In altre parole soddisfacendo, il diritto di ostensione, due
distinte esigenze da reputarsi assolutamente autonome,
altrimenti dovendo concludersi che in capo al titolare del
diritto d’accesso vi sarebbe anche il dovere di esercitarlo
nell’interesse pubblico.
Della qual cosa, oltremodo onerosa, non vi è traccia alcuna nell’ordinamento.
Peraltro, la valutazione comparativa tra il diritto di accesso ed il diritto alla riservatezza dei terzi, cui i documenti
oggetto d’istanza si riferiscono, è operata direttamente
dal legislatore e non già dall’amministrazione, che, in
merito non ha, dunque, alcuna discrezionalità in senso
stretto, se non eventualmente, quella di carattere eminentemente tecnico, atta a valutare la consistenza dell’interesse presupposto all’esercizio del diritto di accesso
di volta in volta esercitato.
Pertanto difetta dell’interesse legittimo anche il profilo
della potestà autoritativa della pubblica amministrazione (10).
Tre gli effetti di tale ultima teoria: quello di carattere procedimentale della riproponibilità dell’istanza di ostensione, tal quale, anche a fronte del diniego non impugnato
opposto dalla pubblica amministrazione alla precedente
richiesta del medesimo soggetto, finanche qualora non vi
siano nuove esigenze o documenti; quello di carattere
sostanziale teso a ritenere il diritto prescrittibile nel termine ordinario, decennale (11); e quello di natura processuale, consistente nel ritenere il ricorso non notificato ad
almeno uno dei controinteressati comunque ammissibile, dovendo il giudice concedere termine per l’integrazione del contraddittorio ai sensi della più favorevole disposizione dell’art. 102 cod. proc. civ. (12)
All’orientamento in esame ha poi conferito ulteriore vigore la riforma introdotta dal D.L. n. 35/2005, convertito con
legge n. 80/2005, che ha qualificato espressamente come esclusiva la giurisdizione del Giudice Amministrativo
per le controversie inerenti l’ostensione degli atti amministrativi, nonché dalla legge n. 69/2009, che lo ha definito testualmente come
«inerente ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti
su tutto il territorio nazionale».
Note:
(8) Opta per la natura di vero e proprio diritto soggettivo:
– Cons. di Stato, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938. Conf.:
– Cons. di Stato, 3 gennaio 2004, n. 14;
– TAR Roma, sez. II, 8 marzo 2004, n. 2206;
– TAR Valle d’Aosta, 23 maggio 2003, n. 102.
(9) Argomentazioni sviluppate, tra l’altro, da:
– Cons. di Stato, sez. VI, 27 maggio 2005, n. 2938.
(10) In senso conforme, tra le tante:
– TAR Roma, sez. II, 8 marzo 2004, n. 2206;
– Cons. di Stato, 3 gennaio 2004, n. 14;
– Tar Valle d’Aosta 23 maggio 2003, n. 102;
– Cons. di Stato, 2 luglio 2000, n. 3620;
– Cons. di Stato, 24 luglio 2000, n. 4092;
– Cons. di Stato, 19 settembre 2000, n. 4880 e
– Cons. di Stato, 27 agosto 1998, n. 1137.
(11) Si veda:
– TAR Toscana - Firenze, 6 dicembre 2004, n. 6266, Il Corriere del merito,
2005, 4, 479, con nota di De Bernardinis.
(12) Per un’esaustiva disamina degli aspetti processuali dell’istituto, anche
dopo la riforma della legge 11 febbraio 2005, n. 15:
– Lipari, Il processo in materia di accesso ai documenti (dopo la legge 11
febbraio 2005, n. 15), in www.giustamm.it.
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Pur tuttavia, permanendo antagoniste posizioni in seno
alle diverse Sezioni del Consiglio di Stato, ne è stato
nuovamente sollecitato l’intervento dirimente in Adunanza Plenaria (13).
Auspicata soluzione, di contro, pragmaticamente oltrepassata dal Supremo Consesso che, con la decisione
18 aprile 2006, n. 16, si è limitato ad affermare la superfluità del suo intervento sulla questione, osservando che
ciò che in ultima analisi rileva è che la posizione attribuita
al privato dall’ordinamento ha carattere prettamente strumentale alla tutela delle più disparate situazioni giuridiche, che costituiscono la vera e propria utilità finale del
cittadino che accede agli atti di una pubblica amministrazione.
Inoltre, l’apposizione di un termine decadenziale per l’impugnazione dell’eventuale provvedimento di diniego, secondo il Collegio non è sintomatica di alcuna scelta legislativa nell’uno o nell’altro senso poc’anzi prospettato,
atteso che l’ordinamento spesso assegna anche ai diritti
soggettivi un termine perentorio per il loro esercizio, al
pari di quanto comunemente disposto per gli interessi
legittimi.
Analogamente, l’impossibilità di riproporre l’istanza di
ostensione, qualora non supportata da ragioni o fatti nuovi (14), nel caso in cui il precedente diniego non sia stato
impugnato, discende espressamente dalla legge e, di
conseguenza, anch’essa prescinde dalla natura di diritto
soggettivo o di interesse legittimo che si voglia attribuire
alla relativa posizione giuridica del privato.
Approccio pragmatico confermato anche dalla più recente Adunanza Plenaria, 24 aprile 2012, n. 7, che, nel soffermarsi sull’ammissibilità o meno dell’accesso agli atti
da parte di talune associazioni di categoria (nella specie il
Codacons) non ha preso l’avvio dalla natura della posizione giuridica fatta valere, ma si è limitata a ribadirne l’autonomia rispetto al diritto o all’interesse cui è strumentalmente correlato, trattandosi di bene della vita in sé
riconosciuto dall’ordinamento, purché sia fornita prova
che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano
spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti
nei confronti dell’istante (15).
L’ambito di applicazione soggettivo
ed oggettivo
A fronte delle irrisolte incertezze in ordine alla natura
dell’istituto de quo, al solo scopo di completezza dogmatica ci si limita a registrare la maggiore univocità di vedute in ordine alla sua perimetrazione soggettiva ed oggettiva.
La prima, inerente l’aspetto della legittimazione attiva,
estesa a tutti i soggetti privati (16), sia persone fisiche,
che persone giuridiche ed associazioni, purché, trattan-
dosi l’actio ad exhibendum di un diritto strumentale e
non di un’azione popolare, il loro interesse sia concreto,
attuale e personale (cioè, nel caso delle persone giuridiche e delle associazioni, riconducibile alla collettività i cui
interessi rappresentano) (17) e giuridicamente rilevante
in relazione al documento richiesto (18), secondo quanto
previsto dal relativo regolamento approvato con D.P.R.
12 aprile 2006, n. 184 (in parte qua confermativo del
precedente di cui al D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352) (19).
La seconda, inerente l’oggetto (20) dell’actio ad exhibendum, esteso, a tenore dell’art. 22, comma 1, lett. d),
legge n. 241 cit., a tutti i documenti, ivi inclusa
«ogni rappresentazione grafica, foto cinematografica,
elettromagnetica, o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno spe-
Note:
(13) Si veda:
– Cons. Stato, sez. VI, ord. 9 settembre 2005, n. 4686.
(14) Si veda:
– TAR Lazio, Roma, 17 settembre 2009, n. 8945.
(15) In termini:
– Cons. di Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1492.
(16) Infatti, la più recente giurisprudenza ha fugato i tentativi di parte della
dottrina tesi ad estendere il diritto di ostensione anche in capo alle amministrazioni pubbliche, militando a favore dell’esclusione non solo il dato letterale dell’art. 22 cit., ma anche la ratio della norma, dovendo ritenersi che
eventuali informazioni o atti richiesti da soggetti pubblici ad altre amministrazioni debba essere soddisfatto in base ai più generali principi di leale cooperazione istituzionale, ovvero nell’ambito degli eventuali rapporti intersoggettivi o interorganici di controllo, di direzione e di coordinamento, immanenti al nostro ordinamento. Conf. ex multis: Cons. di Stato 7 novembre
2008, n. 5573.
(17) Si veda:
– TAR Puglia, Bari, 17 aprile 2009, n. 896;
– TAR Lecce, 28 aprile 2009, n. 833.
Ad esempio, quanto alle organizzazioni sindacali, il Cons. di Stato 30 maggio
2003, n. 3000, ha avuto modo di precisare come esse siano titolari di un diritto all’ostensione purché volto alla tutela di un effettivo interesse, differenziato, della categoria, non avendo, questo, la natura di «azione popolare»,
mentre, per quanto attiene alle associazioni dei consumatori, di cui al
D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, esse possono esercitarlo, addirittura presso
il difensore civico, seppure motivandolo con riferimento a specifici interessi
di categoria rispetto alle operazioni economiche che si chiede di conoscere
(Cons. di Stato, 7 novembre 2007, 5780).
(18) Tra le tante in proposito:
– TAR Lazio, Roma, 12 agosto 2010, n. 30789;
– TAR Campania, Napoli, 7 giugno 2010, n. 12659;
– TAR Marche, 22 gennaio 2009, n. 10.
(19) Per le diverse precisazioni in merito ai soggetti legittimati, tra le altre:
– Cons. di Stato, 3 gennaio 2004, n. 14;
– TAR Campania, Napoli, 16 gennaio 2004, n. 156;
– TAR Calabria, Reggio 27 febbraio 2004, n. 192;
– TAR Puglia, 7 febbraio 2003, n. 656;
– TAR Emilia Romagna, Bologna 23 ottobre 2003, n. 2144 e
– TAR Piemonte, 23 febbraio 2002, n. 473.
(20) Per un approfondimento si veda:
– D. Lamanna Di Salvo e G. Raimondo, Gli orientamenti giurisprudenziali sul
diritto di accesso, in Giur. Merito, 2008, 2, 310.
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cifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse,
indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica (21) della loro disciplina sostanziale»,
anche se non formati dall’ente richiestone, nei limiti in
cui e fino a quando li detenga, escluse le informazioni e
le attività di elaborazione dei dati agli stessi afferenti (22).
Risulta cosı̀ superata la diatriba formatasi intorno all’ambito di applicazione dell’art. 22 cit. nella sua precedente
formulazione, che una parte degli operatori limitava alle
sole amministrazioni e concessionari di pubblici servizi
che esercitassero funzioni autoritative, tanto alla stregua
del tenore letterale della norma (facente riferimento agli
atti amministrativi), in quanto in considerazione del fatto che solo l’esercizio di poteri di supremazia avrebbe
potuto giustificare il particolare bilanciamento, a scopo
di controllo, riconosciuto col diritto di ostensione; mentre, altra parte (23) lo ha esteso anche a questi, rilevando
come i moduli privatistici ormai dilaganti nell’agere pubblico ostino ad una applicazione formale e letterale della
disposizione, altrimenti finendo con l’impedire l’accesso
anche nelle ipotesi in cui sarebbe stato ammissibile qualora l’amministrazione avesse optato per l’adozione del
canonico provvedimento autoritativo piuttosto che del
negozio sostitutivo.
Corollario di tale ultimo orientamento, affermatosi ancor
prima della novella del 2005, l’estensione dell’obbligo di
ostensione anche per gli enti pubblici economici ed i
gestori di pubblici servizi (24), quante volte una norma
comunitaria obblighi loro all’osservanza di procedure di
evidenza pubblica nella scelta del contraente, ovvero ad
adottare atti organizzativi idonei ad incidere sull’espletamento del servizio erogato e, dunque, sulla collettività,
essendo tale attività «strumentale» allo svolgimento del
servizio cosı̀ da doversi improntare ai canoni di trasparenza, buona fede e correttezza, al pari dell’attività amministrativa in senso stretto svolta direttamente dalla
PA (25).
L’accesso in ambito locale. Cenni
Accanto alla disciplina generale in materia di accesso agli
atti si colloca quella settoriale in ambito locale riconosciuto ai consiglieri ed alle associazioni cui è opportuno accennare sia per le marcate affinità con quella ambientale
che qui ne occupa, sia per le intersezioni con quest’ultima, quante volte l’autorità che detenga le informazioni
relative all’ecosistema risulti essere una di quelle contemplate dal D.Lgs. n. 267/2000.
Affinità o sovrapposizione di principi che inducono a ritenere estensibili anche gli approdi del diritto pretorio.
Il diritto dei rappresentanti dell’elettorato locale ad accedere agli atti dell’amministrazione di appartenenza è, peraltro, ben più risalente rispetto a quella introdotta in via
generale dalla menzionata legge sulla trasparenza, affondando le sue radici nell’art. 24, della legge 27 dicembre
1985, n. 816, primo tentativo di inglobarli nell’agere publicum, soprattutto se esponenti di minoranza, attraverso
il riconoscimento del loro
«diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati
dall’ente e degli atti preparatori in essi richiamati nonché ad avere tutte le informazioni necessarie all’esercizio del mandato», «per l’effettivo esercizio delle loro
funzioni».
Forma di partecipazione e controllo ribadita ed enfatizzata
poi dall’art. 43, comma 2, del TUEL in cui è rifluito in
identica versione, prescrivendo che
«I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di
ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e
della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi
sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge», cosı̀ da rinvigorirne la portata sotto
il triplice profilo: formale, soggettivo ed oggettivo.
Formale, sostituendo al «diritto di prendere visione» il più
assertivo «diritto di ottenere dagli uffici» quanto richiesto.
Soggettivo, ammettendo per gli eletti la possibilità di rivolgere l’istanza non solo all’ente di appartenenza, ma
anche alle aziende e agli enti da esso dipendenti.
Oggettivo, includendovi anche tutte le notizie e le informazioni rispettivamente in loro possesso (analogamente
a quanto previsto dal D.Lgs. n. 195/2005).
Unico presidio a bilanciamento dell’eccessiva spinta alla
Note:
(21) Si veda:
– TAR Abruzzo, Pescara 12 febbraio 2000, n. 103.
(22) Per tutte:
– TAR Valle d’Aosta, 23 maggio 2003, n. 102 e
– TAR Campania, Napoli, 27 novembre 2000, n. 4431.
(23) Si veda:
– Cons. di Stato, sez. VI, 2 ottobre 209, n. 5987;
– TAR Sardegna, 30 dicembre 2009, n. 2691.
(24) Si veda:
– Cons. di Stato, Adunanza Plenaria 22 aprile 1999, nn. 4 e 5.
(25) In tal modo, il Giudice amministrativo ha, per esempio, ritenuto ostensibili gli atti di trasferimento del personale da una sede all’altra delle Poste
Italiane S.p.A., argomentando sia che la società è solo formalmente privata,
ma sostanzialmente interamente pubblica, sia che è regolata da normative
speciali di stampo pubblicistico, sia, infine, che gli atti di organizzazione
del personale incidono sull’espletamento del servizio offerto all’utenza e, pertanto, è strumentale alla funzione pubblica, in termini, Cons. di Stato, 23 ottobre 2007, n. 5569. Contra TAR Napoli, 26 aprile 2007, n. 4423, secondo cui
non sarebbe ammissibile l’ostensione degli atti di gestione del rapporto di lavoro (nella specie: attestati di servizio) assunti dal Teatro San Carlo nei confronti di un dipendente, in quanto, sebbene a totale partecipazione pubblica,
trattasi di una fondazione di diritto privato i cui rapporti di impiego sono di
diritto esclusivamente privato.
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
totale trasparenza, l’obbligo per i politici di serbare il segreto e, in fase di prima applicazione, gli argini fissati
dalla giurisprudenza sulla falsariga di quelli più rigorosi
previsti dall’omologo istituto introdotto dalla legge n.
241, quali l’esatta identificazione dei singoli atti oggetto
dell’istanza di ostensione, nonché la rappresentazione
delle ragioni e dell’effettiva utilità funzionale all’espletamento del mandato politico ricevuto (26).
Traslazione che, determinando un appiattimento del diritto all’informazione su quello generale di ostensione ne
ha indebitamente sacrificato l’autonomia e la strumentalità al cosciente svolgimento del munus publicum riconosciuto ai consiglieri locali dal legislatore, fino a quando il
diritto pretorio ha posto rimedio, delineandone in maniera
più nitida i contorni e la portata ben più ampia (27), affermandone addirittura la natura di diritto soggettivo pubblico (28), perché connesso al mandato politico loro conferito dagli elettori, che al contempo ne costituisce presupposto e limite.
Officium che, in altre parole, in breve è diventato la tautologica ragione dell’ammissibilità ex se dell’ostensione
in breve estesa ad informazioni ed atti, anche prodromici (29), anche se recanti dati riservati di terzi (30), ritenendo sufficiente a tutelarli l’obbligo del segreto (31) incombente sull’istante in casi del genere, considerata l’espressa previsione dell’art. 43 cit., a nulla rilevando norme
regolamentari del singolo ente volte ad escludere l’accesso in consimili ipotesi (32), con l’esclusione di taluni
atti suscettibili di diniego o di differimento quali i pareri
legali e agli atti difensivi dell’ente locale (33), assistiti
dalla necessità di tutelare la strategia processuale prescelta a difesa dell’amministrazione, per il tempo strettamente necessario, perché se è vero che
«il mandato politico-amministrativo affidato al consigliere esprime certamente il principio democratico
dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, nell’attuale contesto normativo, non può autorizzare un privilegio cosı̀ marcato» (34).
Spinte di totale ostensione cui si è discostato, talvolta,
solo il Giudice contabile in sede consultiva (35), che, in
sede consultiva, nell’auspicare un intervento legislativo
Note:
(26) Si veda:
– TAR Veneto, sez. I, 30 marzo 1995, n. 489, in Foro Amm., 1996, 5, 1638.
(27) È costante la giurisprudenza nell’escludere che l’art. 22, legge n. 241/
1990, abbia introdotto un’azione popolare riconoscendo al cittadino un potere di controllo generalizzato sull’attività amministrativa:
– Cons. di Stato, sez. IV, 6 novembre 1993, n. 1036;
– TAR Lombardia, Milano, sez. I, 11 gennaio 1993, n. 13.
Da ultimo:
– Cons. di Stato, sez. V, 15 ottobre 2009, n. 6339.
(28) In termini:
– Cons. di Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5264, secondo cui
«Il diritto soggettivo pubblico codificato da tali disposizioni - come è possibile evincere dalla chiara lettera legis - è espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della
collettività, ed in quanto tale è direttamente funzionale non tanto ad
un interesse personale del consigliere comunale o provinciale, quanto alla
cura dell’interesse pubblico connesso al mandato conferito (cfr. la locuzione «ampia e qualificata posizione di pretesa all’informazione spettante ratione officii al consigliere comunale» in Cons. Stato, sez. V, 8 settembre
1994, n. 976)». Conf.
– TAR Venezia, sez. I, 23 novembre 2006, n. 3897
(29) In termini:
– Cons. di Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976 e
– Tar Liguria, sez. I, 3 dicembre 1994, n. 448.
(30) In tema, ex multis:
– Melchionna, Accesso ai documenti amministrativi e riservatezza, due diritti a confronto, in Giur. it., 2001, 1;
– Virga, Il difficile rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza
alla luce delle norme sulla partecipazione amministrativa, in www.lexitalia.it;
– Palomba, Il diritto di accesso dei consiglieri comunali e tutela della riservatezza dei terzi, ivi;
– Cerchi, Tra riservatezza e diritto di accesso un equilibrio sempre più precario, Il Sole 24 Ore, 5 febbraio 1999;
– Realfonso, Tutela della privacy, diritto di accesso, trasparenza ed enti locali, in Nuova Rass., 1998, 745.
(31) Sui rapporti tra diritto di accesso e privacy:
– Cons. di Stato, Ad. Pl., 4 febbraio 1997, n. 5;
– Cons. di Stato, sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5879;
– TAR Lazio, Latina, 22 febbraio 2005, n. 2966;
– TAR Lombardia, Brescia, 7 marzo 2005, n. 128;
– TAR Sicilia, Catania, 14 marzo 2000, n. 401;
– TAR Abruzzo, Pescara, 5 dicembre 1997, n. 681, id. 3 novembre 1995, n.
696.
– Conf. Garante per la protezione dei dati personali, decisione 9 giugno
1998, in Guida EE.LL., 1998, n. 25.
Parzialmente difforme
– Cons. di Stato, sez. VI, 26 gennaio 1999, n. 59, fautrice di un’innovativa
impostazione dei rapporti tra diritto di accesso e privacy, secondo cui la
legge n. 675/1996 rappresenta
«un insormontabile ostacolo alle richieste di accesso» introducendo il «divieto di assolutizzare il diritto di difesa rispetto a quello alla riservatezza,
dovendo l’amministrazione adottare tutte le precauzioni necessarie per limitare al minimo le lesioni che a quest’ultimo possono derivare dall’esercizio del diritto di difesa».
(32) Si veda:
– Cons. di Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5264, che ritiene ostensibili al
consigliere gli atti di valutazione dei dirigenti dell’ente territoriale, pur
in presenza del divieto contenuto nei relativi regolamenti comunali,
che andranno disapplicati in parte qua, pur se non direttamente impugnati dal politico in occasione del ricorso avverso il diniego di ostensione.
(33) Sulla legittimità del diniego di ostensione dei pareri legali o degli atti difensivi ai consiglieri comunali:
– Cons. di Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893, in Corr. giur., 2001, 5, 622, in
Giorn. Dir. Amm., 2001, 9, 919, con nota di Pisaneschi, Il diritto di accesso
dei consiglieri comunali e il segreto professionale, nonché in Urb. App.,
2001, 5, 565, con nota di Caringella e Ferrari, Accesso ai pareri legali.
(34) Si veda:
– Cons. di Stato, n. 1893 cit.
(35) Si veda:
– Corte dei Conti, sez. Controllo, Liguria, parere 12 marzo 2004, n. 1, reso su
richiesta del Sindaco del Comune di Bargagli (Genova), ai sensi dell’art. 7,
comma 8, legge 5 giugno 2003, n. 131, di cui da contezza Tar Veneto, sez.
I, n. 3897/2006 cit., nonché in forma integrale, su www.corteconti.it.
AMBIENTE & SVILUPPO
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
che fissi il crinale degli interessi pubblici configgenti di
cui sono portatori tanto i rappresentanti del popolo, quanto le amministrazioni locali, ha optato, nelle more, per
una più prudente cernita e regolamentazione delle domande di accesso presentate ai sensi dell’art. 43 TUEL,
tenuto conto che per danno patrimoniale in senso giuscontabile deve intendersi non una qualsiasi deminutio,
bensı̀ solo quell’evento economicamente lesivo, che si
riveli ingiusto per l’Amministrazione, come nel caso in
cui, per un verso, ingeneri costi oggettivamente privi, in
tutto o in parte, di corrispondente utilità per l’ente o per la
collettività e, per l’altro, derivi da condotte antigiuridiche.
Ingiustizia che si concretizza quante volte l’accesso dei
consiglieri sia pretestuoso ed ovviabile attraverso l’ordinaria dialettica tra organi del medesimo apparato o tra
esponenti di diversi partiti, con il conseguente risparmio
delle risorse umane, materiali ed organizzative necessarie all’ostensione formale di cui all’art. 43 del TUEL (36).
Limiti talvolta ripresi anche dal Giudice Penale che ha
degradato ad interesse di mero fatto, non tutelabile a
norma dell’art. 328 cod. pen. (che sanziona l’omissione
di atti di ufficio entro trenta giorni dalla richiesta), l’interesse del consigliere ad acquisire un documento per fini
di mera documentazione necessaria allo svolgimento del
munus elettivo, quante volte l’istanza non risulti sufficientemente motivata e si rivolga ad atti esulanti da quelli
di competenza consiliare (37).
Prerogativa, quest’ultima, che, in maniera lungimirante,
precorrendo l’evoluzione anche internazionale del diritto,
ha trovato positiva affermazione fin dalla legge 8 luglio
1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente, che,
all’art. 14, per un verso obbligava il Dicastero al dovere di
divulgazione delle politiche ambientali e, per l’altro, al
comma 3, introduceva il diritto di ciascun cittadino di
accedere «alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti» e di estrarre
copia dei relativi atti (39).
Successivamente, anche il diritto comunitario e quello
internazionale, hanno avuto cura di prevedere il diritto
di ostensione nel settore de quo.
Quanto al diritto internazionale, intervenendo con l’art. 10
della Convenzione di Rio de Janeiro del 3 luglio 1992, poi
recepito da quella di Aarhus (40), sottoscritta il 25 giugno
1998, ratificata dalla Repubblica italiana con legge 16
marzo 2001, n. 108, ed entrata in vigore, dopo aver acquisito il necessario quorum di ratifiche, il 30 ottobre
2001, a tenore del quale ogni ordinamento avrebbe dovuto garantire il diritto di ciascun individuo ad avere
«adeguato accesso alle informazioni concernenti l’ambiente in possesso delle pubbliche amministrazioni...
nonché a partecipare ai corrispondenti processi decisionali».
Quanto a quello comunitario, introducendo le Direttive n.
1990/313/CE (41), n. 2003/4/CE e n. 2012/18/UE (42),
recepite solo le prime due dal nostro ordinamento, rispet-
La particolare ipotesi dell’accesso in materia
ambientale. Origini ed evoluzione
Note:
Il diritto di partecipazione e di accesso in ambito locale,
soprattutto dei consiglieri, è quello cui è maggiormente
assimilabile quello ambientale, sia per l’assenza de jure
condito degli stringenti presupposti di concretezza e specificità dell’interesse sotteso alla relativa istanza, con la
correlata irrilevanza dell’obbligo di motivazione della stessa, sia per la possibilità di estenderla a qualsivoglia tipologia di atto o notizia, ivi incluse quelle necessitanti attività di rielaborazione di dati da parte della Pubblica amministrazione.
Estensione quasi indiscriminata di entrambe le fattispecie che costituisce espressione di un’accentuata apertura del tradizionale modus operandi delle istituzioni e che
trova, quanto all’ordinamento locale, la sua ragion d’essere nel radicato principio di sussidiarietà e di vicinitas
degli amministrati, mentre, quanto alla materia ambientale, agli interessi fondamentali sui quali si incentra e che
rendono doveroso ispirare al metodo democratico (38) di
massima trasparenza e partecipazione diretta dei cittadini
ogni scelta che vi inerisca, cosı̀ da acquisire maggior
consenso, anche attraverso la previsione della cd. informazione - divulgazione ambientale.
(36) Si veda:
– TAR Toscana, sez. I, 11 novembre 2009, n. 1607;
– TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, 16 gennaio 2008, n. 32, in Giorn. Dir. Amm.,
2008, 10, 1111, con nota di Bombardelli, L’esercizio del diritto di accesso
da parte dei consiglieri comunali;
– TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 27 novembre 2008, n. 1535, in Giorn. Dir.
Amm., 2009, 2, 182, con nota di Ferrari, Limiti al diritto di accesso ai documenti da parte dei consiglieri comunali;
– TRGA Trento, 7 maggio 2009, n. 143.
(37) Si veda conf.:
– Trib. Bergamo, 22 settembre 2004, in questa Rivista, 2005, 2, 188, con nota di Bassi, Reati contro la pubblica amministrazione.
(38) La dottrina parlando, a tal proposito, di «democrazia ambientale».
(39) Si veda:
– Cammelli, Diritto all’informazione ambientale e sistemi informativi orientati al cittadino, Cedam-Gruppo WKI, 1996.
(40) Si veda:
– Harrison, Legislazione ambientale e libertà di informazione: la Convenzione di Aarhus, in Riv. Giurs. Amb., 2000, 27.
(41) Si veda:
– Montini, Il diritto di accesso all’informazione in materia ambientale: la
mancata attuazione della Direttiva Ce n. 90/313, in Riv. Giur. Amb.,
1997, 325.
(42) Recante principi in materia di controllo del pericolo di incidenti rilevanti
connessi con sostanze pericolose e correlato obbligo di informazione dei cittadini, non ancora recepita dallo Stato italiano, cui è fatto obbligo di uniformarsi, al pari degli altri membri, comunque entro il 31 maggio 2015.
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
tivamente, con il D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 39 (43), e
con il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 (44), che permane la
fonte speciale (45) e primaria di disciplina del diritto di
accesso in materia ambientale, nonostante la successiva
emanazione del Testo Unico approvato con D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come novellato in parte qua dal D.Lgs.
16 gennaio 2008, n. 4, che, introducendo l’art. 3 sexies,
si è limitato in maniera descrittiva a riaffermare l’istituto
in parola, demandandone le modalità applicative al
D.Lgs. n. 195 cit. (46), e malgrado la recentissima addenda apportata dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.
Decreto, quest’ultimo, scrutinato anche dalla Consulta,
sotto il profilo della coerenza con il riparto di competenze
legislative e regolamentari ridisegnato dal novellato Titolo
V, la quale, pur precisando che esso non afferisce alla
materia ambientale di prerogativa statale ai sensi dell’art.
117 della Costituzione, non di meno rientra nella sua
competenza esclusiva, inerendo al diverso aspetto del
livello essenziale delle prestazioni concernenti diritti civili
e sociali, di cui al medesimo articolo (47).
Di guisa che, come per la disciplina generale introdotta
dalla legge n. 241/1990, anche per il diritto di accesso
all’informazione ambientale le norme recata dal D.Lgs. n.
195/2005 risultano inderogabili in pejus dalle fonti legislative regionali o locali, statutarie e regolamentari.
La regolamentazione del diritto de quo
Due le precipue finalità del menzionato decreto legislativo: quella di garantire il diritto d’accesso all’informazione
ambientale detenuta dalle autorità pubbliche, stabilendone, al contempo, termini e condizioni di esercizio; e quella di diffondere, nell’ottica della trasparenza più spinta, le
predette informazioni in maniera sistematica attraverso
forme idonee di comunicazione, anche telematica.
A differenza (positiva) di quanto (non) previsto dalla legge
generale sul procedimento amministrativo, il decreto 195
adotta la tecnica di redazione legislativa più chiara invalsa
negli ultimi tempi, ma non ancora preponderante, definendo una serie di termini rilevanti ai fini della sua corretta applicazione, tra cui, in particolare, quello di «informazione ambientale», descritto come
«qualsiasi informazione disponibile in forma scritta,
visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma
materiale concernente:
1) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria,
l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine,
la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi,
compresi gli organismi geneticamente modificati,
e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;
2) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell’ambiente, che
incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente, individuati al numero 1);
3) le misure, anche amministrative, quali le politiche,
le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli
accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura
amministrativa, nonché le attività che incidono o
possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o
le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi;
4) le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;
5) le analisi costi-benefı̀ci ed altre analisi ed ipotesi
economiche, usate nell’àmbito delle misure e delle
attività di cui al numero 3);
6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le
condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli
edifici d’interesse culturale, per quanto influenzabili
dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui al
punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi
fattore di cui ai punti 2) e 3)».
Pertanto, il diritto de quo, include ed amplia quello di
accesso di cui alla legge n. 241, presentando, giova ripetere, maggiori profili di affinità con quello contemplato dal
TUEL per i consiglieri locali, potendo riguardare non solo
atti in senso stretto, estrinsecati nelle più disparate forme (da quella cartacea, a quella digitale, ad esempio), ma
anche mere informazioni o addirittura attività e programmi politici ed ipotesi economiche (testualmente escluse
dalla disciplina del diritto di ostensione degli atti amministrativi) e che, potrebbero, dunque, anche comportare
per il soggetto destinatario dell’istanza, una verifica di
Note:
(43) Si veda:
– Delfino Il diritto di accesso all’informazione ambientale secondo il D.Lgs.
24 febbraio 1997, n. 39. Confronto con la legge 7 agosto 1990, n. 241, in
Cons. Stato, 1999, II, 142.
(44) Sugli effetti abrogativi della Direttiva n. 2003/4/Ce si veda anche la circolare Ministero Ambiente 4 agosto 2008, in G.U. 14 agosto 2008, n. 190.
(45) Sulla specialità della disciplina del diritto di accesso all’informazione ambientale, rispetto a quella generale agli atti amministrativi:
– Cons. Stato 7 settembre 2004, n. 5795 nonché
– Tar Veneto 30 ottobre 2003, n. 5731 in Foro Amm. TAR, 2004, 71, con nota
di Sarcone La «specialità» del diritto all’informazione ambientale.
(46) L’art. 3 sexies, rubricato «diritto di accesso alle informazioni ambientali e
di partecipazione a scopo collaborativo», si limita, infatti, a disporre che:
«In attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con
la legge 16 marzo 2001, n. 108, ai sensi del decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di
un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale».
(47) Si veda:
– Corte Cost. 18 dicembre 2006, n. 399.
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
meri dati o notizie interne in suo possesso su cui relazionare oralmente all’avente diritto, anche previa rielaborazione dei dati al fine di fornire adeguato riscontro (48).
Notizie, peraltro, aventi ad oggetto il bene ambiente dalla
vasta e sfumata latitudine, ricomprendendovi non solo i
suoi elementi classicamente intesi, bensı̀ pure quanto
afferisce alla catena alimentare ed alla sicurezza della
salute umana, nonché, addirittura, all’uso del territorio (49) ed agli edifici di interesse culturale, in tal guisa
lambendo più che altro il patrimonio artistico, sebbene
nei limiti in cui interferiscano col degrado della salubrità
dei luoghi.
Legittimata attiva, qualunque persona fisica, giuridica o
associazione (ivi incluse Onlus a tutela di interessi diffusi) (50) che formuli la relativa istanza, mentre, legittimata
passiva ogni autorità pubblica, per tale intendendo il
legislatore nella sedes materiae: le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi,
nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni
pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti
responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico, ove detenga l’informazione richiesta,
perché dalla stessa prodotta o ricevuta o materialmente
detenuta da persona fisica o giuridica per suo conto (caratteristiche, queste, di affinità con il diritto di cui all’art.
22 della legge n. 241, potendo, pertanto, mutuarsene gli
approdi applicativi giurisprudenziali) (51).
o ispettivo, escludendo che il D.Lgs. n. 195 abbia accordato una vera e propria azione popolare (58).
Nei limiti predetti, dunque, il menzionato decreto dispone
che l’autorità che ne sia richiesta renda disponibile (se
del caso, previo pagamento dei diritti di copia, secondo
tariffe pubbliche e predeterminate, coerentemente a
Le modalità di esercizio del diritto
all’informazione ambientale
(53) In termini:
– TAR Lombardia, Brescia, 30 aprile 1999, n. 397
e in dottrina
– Boscolo, La Corte europea dei diritti dell’uomo e il diritto ad una corretta
informazione ambientale, in Urbanistica e Appalti, 1998, 1151.
Elemento differenziale di rilievo rispetto alla disciplina
generale dell’istituto de quo permane quello dell’assenza
dell’obbligo di manifestazione di specifico interesse (52)
da parte dell’istante, sintomatico della funzione divulgativa, indiscriminata (e, implicitamente, dunque, di controllo indifferenziato) assegnata dal legislatore al diritto all’informazione ambientale, quasi a prefigurare una sorta di
controllo (53) sociale diffuso sulla qualità del bene ambiente, non ammesso, viceversa, con riferimento all’agere publicum nella sua interezza (54).
Detto in altri termini, mentre secondo la legge sul procedimento amministrativo il richiedente deve fornire adeguata motivazione sull’interesse sotteso alla domanda di
ostensione, onde renderla ammissibile, in ambito ambientale vi si prescinde, potendo la domanda «anche
consistere in una generica richiesta di informazioni sulle
condizioni di un determinato contesto», con il solo limite
che esso sia comunque genuinamente inerente all’ambiente (55) (e non celi in maniera surrettizia interessi economici o diversi (56)), che sia delimitato e non generico (57), e che non debordi in un mero intento speculativo
Note:
(48) Obbligo di elaborazione assente nell’ambito del generale diritto di accesso agli atti amministrativi, ma ricorrente nel settore ambientale (come in
quello locale) per pacifica giurisprudenza:
– TAR Veneto, 7 febbraio 2007, n. 294.
(49) Di guisa che la Corte di Giustizia 15 gennaio 2013, n. C416/10, ha ritenuto illegittimo il diniego di ostensione degli atti procedimentali inerenti l’assenso urbanistico - edilizio all’insediamento di una discarica, fondato, peraltro, su ragioni di tutela della riservatezza di determinate informazioni commerciali ed industriali.
In termini già TAR Catanzaro, 6 febbraio 2009, n. 122, che reputa ostensibili ai
sensi del D.Lgs. n. 195 gli elaborati progettuali di un’opera pubblica in quanto
indicativi dell’impatto della stessa sull’ecosistema.
(50) La giurisprudenza amministrativa ha chiarito e confermato che il diritto
di accesso alle informazioni possedute dall’Amministrazione in materia di ambiente spetta non solo ai cittadini ma anche alle associazioni di protezione
ambientale:
– TAR Toscana, sez. III, 19 dicembre 2000 n. 2731;
– TAR Campania, Salerno, 11 dicembre 2009, n. 7607.
(51) Da ultimo anche quello che estende l’obbligo di ostensione anche alle
società partecipate:
– TAR Puglia, Lecce, 2 novembre 2011, n. 1882.
(52) Sulla qualificazione del diritto all’informazione ambientale dome diritto
della persona, che prescinde da ogni collegamento con un interesse particolare che il soggetto richiedente debba dimostrare, già TAR Campania - Salerno, 7 dicembre 2004, n. 2912.
(54) Secondo parte della giurisprudenza, infatti,
«per quanto sia esteso l’ambito applicativo del D.Lgs. n. 195/2005 esso non
può tradursi in uno strumento di controllo sistematico e generalizzato
sulla gestione di tutti i procedimenti amministrativi in itinere e, più in generale, sull’intero operato di un ente pubblico», cosı̀
– TAR Liguria, Genova, 12 ottobre 2007, n. 1759 e, in termini,
– TAR Puglia, Bari, 5 luglio 2006, n. 2725 e
– TAR Lombardia, Milano, 26 maggio 2004, n. 1770.
(55) Il Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 30 agosto 2011, n. 4883, ha precisato in
proposito che se è vero che ai sensi dell’art. 3, del D.Lgs. n. 195/2005, non è
contemplato per il richiedente l’obbligo di dichiarare il proprio interesse ad
accedere alle informazioni ambientali, nondimeno l’amministrazione, in sede
giudiziaria, il Giudice amministrativo, ben possono pronunciarsi sull’effettiva
sussistenza del suo interesse propriamente «ambientale» ai fini dell’accoglimento della domanda di ostensione, dovendo escluderla quante volte, di contro, risponda a scopi meramente economici o patrimoniali.
(56) Si veda:
– Cons. di Stato, sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5571.
(57) Si veda:
– Cons. di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996.
(58) Si veda:
– Cons. di Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 24 e
– TAR Liguria, 27 ottobre 2007, n. 1870.
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
quanto già prescritto dalla disciplina generale della legge
n. 241) ogni possibile notizia di siffatta natura a chiunque
ne faccia richiesta, senza necessità di specifica motivazione, quanto prima possibile e, comunque, entro 30
giorni dall’istanza (termine pari a quello previsto dalla
legge n. 241 cit.) ovvero entro 60 giorni dalla stessa,
qualora l’entità e la complessità siano tali da non consentirne il soddisfacimento prima, dando tuttavia tempestiva
contezza tanto della proroga, quanto delle correlate ragioni, all’interessato.
Nell’ipotesi, poi, in cui la richiesta d’accesso sia formulata in maniera eccessivamente generica, l’Amministrazione può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della medesima, di specificare i dati necessari, fornendogli adeguata collaborazione per la loro individuazione, ovvero
può respingere l’istanza.
Circa le modalità di rappresentazione delle informazioni in
parola, esse devono rispondere alla forma postulata dall’interessato, ove specificata, eccetto nel caso in cui esse siano già altrimenti disponibili e facilmente fruibili ovvero sia ragionevole anche un formato diverso da quello
richiesto, della qual cosa, tuttavia, è fatto obbligo all’Autorità di rendere edotto l’istante entro giorni 30 dalla domanda.
Quanto innanzi, anche tenuto conto che agli Enti che
detengano dati di rilevanza ambientali, ai sensi dell’art.
4, del D.Lgs. n. 195/2005, è fatto specifico obbligo di
predisporre (entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto) ed aggiornare periodicamente e, comunque, con
cadenza almeno annuale, dei cataloghi pubblici dell’informazione ambientale contenenti l’elenco delle tipologie
dell’informazione ambientale detenuta, indicando altresı̀
quelle non ostensibili.
Le ipotesi di esclusione
Tre le fattispecie previste dalla legge perché l’Amministrazione possa legittimamente denegare o limitare il diritto di accesso all’informazione ambientale (59).
La prima, correlata alle modalità di presentazione dell’istanza, quante volte essa sia eccessivamente generica o
irragionevole rispetto alle finalità del diritto indicata dal
decreto 195, ovvero afferisca a dati non in possesso
del relativo destinatario e di cui questi non sappia indicare l’Ente legittimato a riceverla.
La seconda, correlata all’oggetto dell’istanza, allorquando, a mente dell’arti. 5, del D.Lgs. n. 195/2005, afferisca a dati meramente interni, ovvero a materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento,
pur dovendo, in tale eventualità, dare comunicazione
della presunta data di conclusione dell’elaborazione di
interesse.
La terza, derivante dall’eventuale incompatibilità tra l’e-
sercizio del diritto in parola e quelli configgenti sottesi alle
informazioni ambientali richieste.
Casi in cui, al pari di quanto previsto dalla legge n. 241
cit., il decreto in disamina assegna alla medesima Autorità destinataria dell’istanza l’apprezzamento in ordine all’ostensibilità o meno, ovvero all’ostensibilità parziale, degli atti richiesti, previa comunicazione del diniego e della
relativa motivazione all’interessato entro il termine di
trenta giorni dal ricevimento della domanda, e salvo
che essa non afferisca ai dati di immissione nell’ambiente, in tale ipotesi essendo comunque l’Ente obbligata a
soddisfarla, per espressa previsione dell’art. 5, comma 4,
cit.
Nelle restanti ipotesi in cui è rimessa all’Amministrazione depositaria delle informazioni la valutazione della loro
divulgazione, il menzionato articolo include, in particolare, tutte quelle da cui possa inferire pregiudizio: alla
riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità
pubbliche; alle relazioni internazionali, all’ordine e sicurezza pubblica o alla difesa nazionale; allo svolgimento
di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità
pubblica di svolgere indagini per l’accertamento di illeciti; alla riservatezza delle informazioni commerciali o
industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni
vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse
economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonché ai diritti di proprietà
industriale; ai diritti di proprietà intellettuale; alla privacy
di una persona fisica, laddove non abbia acconsentito
alla divulgazione dell’informazione al pubblico; agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito di sua
volontà le informazioni richieste, in assenza di un obbligo di legge, salva la sua espressa autorizzazione a tanto;
nonché alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, cui si
riferisce l’informazione, come nel caso dell’ubicazione
di specie rare.
Le prescrizioni di completamento del principio
di diffusione dell’informazione ambientale
A prescindere dall’assolvimento degli obblighi di informazione su richiesta di ciascun interessato, l’ordinamento
completa il sistema di trasparenza nella sedes materiae
attraverso una serie di prescrizioni che conformano l’ordinaria azione delle Autorità preposte alla gestione dei
dati ambientali ovvero che comunque li detengano, cosı̀
da improntarla al canone di massima pubblicità e divulgazione atta a rendere se non residuale, almeno più rara
Nota:
(59) Dovendo ritenersi, pertanto, illegittimo ogni diniego non correlato alle
fattispecie enucleate dal legislatore:
– TAR Veneto sub nota 48.
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Trasparenza amministrativa
la necessità di rivolgerle specifica istanza di ostensione (60).
Questa la ratio posta a fondamento delle disposizioni di
chiusura del D.Lgs. n. 195/2005, e, segnatamente, degli
artt. 8 e ss.
L’art. 8 cit., in particolare, impone alle Amministrazioni di
rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta
rilevante ai fini delle proprie attività istituzionali avvalendosi, ove disponibili, delle tecnologie di telecomunicazione informatica ed elettroniche facilmente accessibili alla
collettività, all’uopo provvedendo a realizzare, entro due
anni dall’entrata in vigore del decreto, delle banche dati
recanti almeno:
a) i testi di trattati, di convenzioni e di accordi internazionali, atti legislativi comunitari, nazionali, regionali o locali, aventi per oggetto l’ambiente;
b) le politiche, i piani ed i programmi relativi all’ambiente;
c) le relazioni sullo stato d’attuazione degli elementi di
cui alle lettere a) e b), se elaborati o detenuti in forma
elettronica dalle autorità pubbliche;
d) la relazione sullo stato dell’ambiente, prevista dall’art.
1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, e le eventuali relazioni sullo stato dell’ambiente a livello regionale o locale, laddove
predisposte;
e) i dati o le sintesi di dati ricavati dal monitoraggio di
attività che incidono o possono incidere sull’ambiente;
f) le autorizzazioni e i pareri rilasciati dalle competenti
autorità in applicazione delle norme sulla valutazione
d’impatto ambientale e gli accordi in materia ambientale, ovvero un riferimento al luogo in cui può essere
richiesta o reperita l’informazione, a norma dell’art. 3;
g) gli studi sull’impatto ambientale, le valutazioni dei rischi relativi agli elementi dell’ambiente, di cui all’art. 2,
comma 1, lett. a), ovvero il riferimento al luogo in cui
l’informazione ambientale può essere richiesta o reperita a norma dell’art. 3.
Obblighi integrati da quelli di informazione tanto specifica, quanto generica contemplati dal menzionato articolo
8 e dai successivi.
Il primo, gravante sulle Amministrazioni preposte alle attività di protezione civile di cui alla legge 24 febbraio
1992, n. 225, di notiziare il pubblico delle informazioni
in possesso, in caso di minaccia imminente per la salute
umana e per l’ambiente, causata da attività umane o
dovuta a cause naturali, allo scopo di consentire a chiunque possa esserne colpito, di adottare misure atte a prevenire o alleviare i danni derivanti da tale minaccia.
Il secondo, viceversa, su tutte le Amministrazioni titolari
di competenze nel settore, ivi incluse quelle regionali e
locali, secondo gli accordi assunti in sede di Conferenza
Unificata, ai sensi dell’art. 11, del D.Lgs. n. 195 cit., obbligate a riferire in merito allo stato di attuazione del decreto in parola al Ministero dell’Ambiente cosicché que-
sto possa predisporre il referto annuale da presentare al
Parlamento.
Le novità introdotte dal D.Lgs. 14 marzo 2013,
n. 33
Sulle illustrate prescrizioni integrative è di recente nuovamente intervenuto il Parlamento con il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in G.U. 5 aprile 2013, n. 80, riguardante il
«Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte
delle pubbliche amministrazioni», il cui art. 40, rubricato,
«Pubblicazione e accesso alle informazioni ambientali»,
nel mentre ribadisce la vigenza nella sedes materiae delle norme di maggior tutela già previste dall’art. 3 sexies
del D.Lgs. n. 152/2006 e dal D.Lgs. n. 195/2005, prescrive che le amministrazioni pubblichino sui propri siti istituzionali e in conformità a quanto previsto dal presente
decreto, le informazioni ambientali di cui al predetto art.
2, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 195 cit., che detengano
ai fini delle proprie attività istituzionali, nonché le relazioni
di cui al successivo art. 10, con l’obbligo di darne specifico rilievo attraverso la creazione di un’apposita sezione
web da denominare «Informazioni ambientali».
Adempimenti obbligatori affatto subordinati, come esplicitato nell’ultimo comma dell’articolo in questione, alla
stipulazione degli accordi di cui all’art. 11 del D.Lgs. n.
195/2005, pur con salvezza di quelli eventualmente già
intercorsi, solo nei limiti in cui assicurino livelli di informazione ambientale superiori a quelli garantiti dalle disposizioni de quibus, e fermo, altresı̀, il potere di stipularne di
ulteriori nel rispetto dei livelli di informazione ambientale
garantiti dalle disposizioni del decreto 33.
Disposizioni, invero, non particolarmente incisive sul grado di estensibilità delle informazioni e degli atti in materia
ambientale già garantita dal vigente reticolato normativo,
cosı̀ come estensivamente interpretato ed applicato dal
diritto pretorio.
La tutela del diritto di accesso in materia
ambientale. Cenni
Affatto innovativi o specifici, di contro, i rimedi approntati
dall’ordinamento in caso di diniego o di ritardato rilascio
delle informazioni ambientali richieste, limitandosi il
D.Lgs. n. 195/2005 (non modificato in parte qua dal
D.Lgs. n. 33 cit.), a rinviare alla disciplina generale di cui
Nota:
(60) Si veda:
– Delfino, L’informazione - divulgazione in materia ambientale, in Foro
Amm., 1999, 1949, secondo cui al diritto di accesso individuale si accompagna il dovere di informazione-divulgazione dell’autorità pubblica.
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Gestione ambientale
Trasparenza amministrativa
agli artt. 25 e ss. della legge sul procedimento amministrativo, oggi abrogati e rifluiti, senza modifiche di particolare rilievo in parte qua, nell’art. 116, del D.Lgs. 2 luglio
2010, n. 104, recante il nuovo codice del processo amministrativo, innovato dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195.
L’articolo succitato, nel dettare una disciplina omogenea
per il rito speciale in materia di accesso agli atti amministrativi, ivi inclusi, dunque, quelli inerenti l’ambiente, ne
dispone l’impugnativa innanzi al Tribunale amministrativo
territorialmente competente del diniego, anche tacito,
totale o parziale, entro giorni 30 dalla conoscenza della
relativa determinazione o dalla formazione del silenzio,
mediante notificazione del ricorso all’autorità denegante
e ad almeno un controinteressato.
Se, tuttavia, la domanda è postulata pendente ricorso,
connesso, essa può essere proposta con istanza depositata presso la Segreteria della Sezione cui è assegnato
il giudizio principale, previa notificazione all’amministrazione ed ai controinteressati, che sarà decisa con ordinanza separata ovvero con la medesima sentenza che
definisce la causa.
Nel medesimo termine dei 30 giorni successivi tanto
l’amministrazione, che può essere rappresentata e difesa
anche da un proprio funzionario all’uopo autorizzato,
quanto i terzi evocati, possono proporre ricorso incidentale, cosı̀ come il ricorrente principale può proporre motivi aggiunti.
Il ricorso avverso il diniego di ostensione è deciso con
sentenza in forma semplificata sicché il Tribunale, sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti
richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a
giorni 30, dettando, ove occorra, le relative modalità,
con ciò significando che, in materia ambientale, sarà
chiamato a discernere, in buona sostanza, esclusivamente il genuino interesse all’ecosistema che sorregge l’istanza e la riconducibilità degli atti e dei motivi di diniego
a quelli puntualmente enumerati dal D.Lgs. n. 195/2005,
al pari di quanto previsto per l’accesso dei consiglieri
locali, dovendo escludersi ex lege ogni ulteriore o diverso
apprezzamento di merito, viceversa caratterizzante il generale diritto di ostensione contemplato dalla legge n.
241/1990.
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