QUANDO LA SOGIA UDITIVA NON CONVINCE Elisabetta Genovese Modena Nella pratica clinica spesso giungono al nostro ambulatorio bambini con quadri di patologie uditive e/o del linguaggio apparentemente contrastanti. I genitori conducono il loro figlio ad una valutazione audiologica perché convinti che il loro bambino ha una scarsa reattività agli stimoli sonori, o nel caso sia già protesizzato perché le protesi acustiche non mostrano benefici significativi. Ad una prima osservazione clinica questi bambini possono presentare quadri clinici diversi: –Difficoltà espressive di linguaggio a diversi livelli –Difficoltà nella comprensione del linguaggio parlato –Difficoltà di comprensione verbale in ambiente rumoroso –Difficoltà di memoria –Difficoltà di attenzione –Difficoltà nella discriminazione tra i suoni del parlato –Disordini comportamentali - ecc…. Ai test audiometrici la ricerca della soglia tonale spesso evidenzia livelli uditivi ai limiti della norma o ipoacusie di tipo neurosensoriale di grado lieve o medio che contrastano con la significativa riduzione o assenza di intelligibilità verbale all’audiometria vocale, qualora questo test sia somministrabile. Un bambino con segni clinici paragonabili ad un quadro di ipoacusia periferica di entità grave, contrastante con i dati audiometrici riferibili ad una ipoacusia di minore entità o ad una normoacusia, pone spesso quesiti diagnostici di non facile risoluzione e che richiedono un approccio multidisciplinare costituito da audiologifoniatri e psicologi, in quanto altri disordini dell’infanzia possono presentare le stesse caratteristiche cliniche come ad esempio: • La neuropatia uditiva • Un disordine del processing uditivo (APD) • Un disturbo dell’attenzione ed iperattività (ADHD) • Un disturbo dello spettro autistico • Un quadro di ritardo mentale non ancora • Un disturbo specifico del linguaggio • Un disturbo specifico di lettura • ecc.. Durante il percorso dello stimolo sonoro dall’orecchio esterno, attraverso le strutture uditive periferiche fino al lobo temporale della corteccia cerebrale, attraverso il troncoencefalo, avviene la decodifica del messaggio uditivo e verbale. A livello delle vie uditive centrali infatti il suono viene elaborato, e l’elaborazione permette all’ascoltatore di determinare la direzione della fonte sonora, di identificare il tipo di suono, di separare il suono dal rumore, e di riconoscere il segnale verbale. Un disordine uditivo a questo livello viene definito “auditory processing disorder” (APD) ed è la causa delle difficoltà a discriminare, ricordare, riconoscere, o comprendere una informazione presentata attraverso il canale uditivo, in un soggetto con una soglia uditiva ai limiti della norma (Keith, 1995). La prevalenza di un APD nei bambini è stimata tra il 2 e 3% (Chermak & Musiek,1997), ed è più frequente nei maschi. Un quadro clinico simile all’APD, ma con una compromissione della soglia uditiva di diversa entità, è significativo di un quadro di neuropatia uditiva. In questa patologia viene alterata la sincronia di trasmissione del segnale lungo le fibre nervose, senza alterazioni della funzione di amplificazione dell’orecchio interno, come dimostrato dalla presenza delle otoemissioni acustiche evocate e da una grave alterazione o totale assenza della risposta troncoencefalica. Clinicamente questi pazienti presentano una ipoacusia accompagnata da una significativa riduzione della intelligibilità verbale. La registrazione dell’EcochG può essere molto utile nei pazienti con neuropatia uditiva, in quanto fornisce ulteriori informazioni sulla periferia uditiva, soprattutto nei bambini in cui l’audiometria vocale non è somministrabile e la diagnosi si basa solo sull’associazione di otoemissioni acustiche evocate presenti/ ABR assente. In questi pazienti l’EcochG rappresenta l’unico strumento diagnostico per differenziare una lesione periferica da una disfunzione dei generatori centrali. In tutti i disturbi dell’elaborazione uditiva le difficoltà percettive si accentuano in particolari situazioni ambientali come in presenza di rumore, quando l’ascoltatore è a grande distanza della fonte sonora o in condizioni di produzione verbale accelerata (Sloan, 1998). Così come nelle decadi passate è stata dimostrata l’importanza di diagnosticare precocemente le lesioni uditive periferiche e attuare il giusto intervento terapeutico, altrettanto importante è oggi diagnosticare anche i disturbi dell’elaborazione centrale per attuare un corretto approccio diagnostico-terapeutico. Attraverso l’uso di una batteria di test l’audiologo può giungere alla diagnosi corretta(Jerger & Musiek, 2000). I test possono basarsi su metodiche oggettive, attraverso l’utilizzo delle seguenti prove: 1. Esame impedenzometrico 2. Emissioni otoacustiche 3. Potenziali del troncoencefalo 4. Elettrococleografia 5. Risposte a media latenza 6. 7. Risposte corticali Mismatched negativity Anche metodiche soggettive, che richiedono la collaborazione del bambino, possono essere utilizzate in questi quadri clinici. In questo ambito in lingua italiana possediamo solo una batteria sperimentale in grado di valutare un disordine del processing centrale, mentre vengono ormai di routine utilizzati i test di percezione verbale, messi originariamente a punto per la valutazione delle abilità di decodifica dei bambini protesizzati. Essi rappresentano una procedura importante, insieme alla valutazione della soglia uditiva tonale, per l’inquadramento delle ipoacusie infantili e nel follow-up della protesizzazione. Il Dipartimento di Audiologia e Foniatria dell’Università di Padova Ha elaborato la versione italiana dell’ “Early Speech Perception” (ESP) o “ Test delle Prime Categorie Percettive” (P.Ca.P); del “Northwestern University-Children’s Perception of Speech” (NU-CHIPs), o “Test di Identificazione di Parole Infantili” (T.I.P.I. 1); e del “Word Intelligibility by Picture Identification (WIPI) o “Test di Identificazione di Parole Infantili a differenziazione consonantica” (T.I.P.I. 2). Recentemente ha implementato un sistema computerizzato con il quale è possibile la somministrazione dei test nelle modalità uditiva, uditivo-visiva o visiva(Arslan e al. 2001)in gradi di controllare l’intensità di erogazione dello stimolo e consentendo la somministrazione con rumore di competizione ad intensità variabile. I bambini con una soglia uditiva normale sono in grado di identificare il messaggio verbale anche con rapporto S/R ratio di +10 dB (Crandell, Smaldino, Flexer, 95) mentre i bambini ad elevato rischio di disturbi della elaborazione uditiva necessitano di un rapporto S/R maggiore: da +12 a +20dB.