la vera storia dell teatro jovinelli di roma…

PROFILO STORICO DEL TEATRO AMBRA-JOVINELLI
di Alessandra Carassiti
Ripercorrere oggi la storia dell'Ambra-Jovinelli può essere uno spunto interessante per capire meglio le polemiche e i
problemi seguiti alla sua ricostruzione e per conoscere in maniera più approfondita uno spaccato di vita romana. La sua storia,
infatti, ha accompagnato non solo l'evolversi delle forme di spettacolo popolare (dal varietà agli spogliarelli passando attraverso il
cinema e l'avanspettacolo) ma anche la crescita, lo sviluppo e il declino di un quartiere (l'Esquilino) che ha avuto nel suddetto
teatro un importante punto di riferimento per molti anni.
Il teatro (con il nome originario di Teatro Jovinelli) è stato fondato nel 1909 da Giuseppe Jovinelli, impresario
casertano giunto ormai da una decina d'anni a Roma e gestore degli spettacoli in quella che una volta era piazza Guglielmo Pepe
(oggi semplicemente via). L'idea di costruire un teatro in muratura in piazza Pepe era stata concepita da Jovinelli ormai da alcuni
anni. Il luogo era favorevole in quanto conosciuto come zona di ritrovo per famiglie, studenti e militari dove poter trovare ogni
sorta di spettacolo e di intrattenimento a buon prezzo. Tra il 1896 e i primi del '900, infatti, piazza Pepe era stata una sorta di
Luna park dei nostri giorni dove, come racconta anche Ettore Petrolini nelle sue memorie 1, si potevano trovare baracconi con
esibizioni di giocolieri, clowns musicali, canzonettiste, imitatori, compagnie dialettali e altro ancora. Già dal 1898 Jovinelli vi
gestiva due teatri-baracca (il Padiglione Umberto2 e il Teatro Margherita3) grazie ai quali aveva, col tempo, consolidato il suo
potere di controllo sulla piazza.
La prima domanda all'Ispettorato edilizio di Roma per la costruzione del Teatro Jovinelli fu presentata nel 1903 e la
licenza di costruzione venne rilasciata l'anno successivo, anche se il progetto definitivo fu approvato soltanto nel 1906. Questo,
curato dall'ingegnere Giacomo Radiconcini, prevedeva la costruzione di un edificio in stile Liberty con il prospetto principale su
via Lamarmora, costituito da due ordini con cinque finestroni ad arco su quello superiore e tre porte e due finestre su quello
inferiore. L'interno prevedeva una sala a pianta ellittica costituita dalla platea con 160 fra sedie e poltroncine disposte in due
schiere di dieci file ciascuna, e tre ordini di cui il primo con ventidue palchi, il secondo con sedie e poltroncine e il terzo con un
anfiteatro su cinque file. Alcune piccole modifiche a questo progetto (soprattutto nella disposizione degli spazi interni) vennero
apportate nel 1907 dall'ingegnere Ulderico Bencivenga. Nel 1909 la costruzione fu portata a termine e il 3 marzo di quello stesso
anno il teatro fu finalmente inaugurato. Per l'occasione furono scritturati artisti quali Girolamo Guadiosi con la sua compagnia di
prosa, il comico e macchiettista Raffaele Viviani, la canzonettista Giulia Narciso, il trio di acrobati La Bella Riviera e molti altri
ancora. Il successo della serata fu grande e diede inizio a quello che può tranquillamente definirsi come il periodo d'oro del
Teatro Jovinelli.
Nel giro di pochi mesi il teatro e il suo impresario divennero, infatti, un'importante punto di riferimento per il mondo
dello spettacolo italiano, romano e napoletano in particolare. Non c'era artista di varietà famoso in quegli anni che non passasse
1
Si veda a tal proposito E. Petrolini, Modestia a parte…, in G. Antonucci (a cura di), Facezie autobiografie e memorie,
Newton, Roma 1993, p.176
2
3
Costruito con molta probabilità tra il 1898 e il 1899 e in piena attività almeno fino al 1902.
Inugurato il 4 settembre del 1898 e distrutto da un incendio, con molta probabilità, nell'agosto del 1905.
allo Jovinelli. Dal 1909 fino al 1912 e poi dal 1918 fino agli anni Trenta si esibirono in questo teatro, infatti, alcuni tra i più
importanti artisti del Varietà italiano. Tra questi possiamo citare, solo a titolo d'esempio, le canzonettiste Fedora Dinorach, Ester
De Marini, Luisella Viviani (sorella di Raffaele), Ersilia Sampieri, Zara I (futura moglie del figlio di Giuseppe Jovinelli, Graziano
che, finita la carriera di cantante, gestirà con il marito il teatro per molti anni) e Alda Vergani; i comici Raffaele Viviani, Ettore
Petrolini (che aveva esordito al Padiglione Umberto), Agostino Riccio, Alfredo Bambi e Totò. Per non nominare poi tutti gli
acrobati, maghi e giocolieri che, sotto il nome generico di attrazioni, costituivano parte integrante del teatro di Varietà insieme
con i duetti e i cantanti. Furono questi anni di capitale importanza per il Teatro Jovinelli. E il successo non diminuì nemmeno
durante la Prima guerra mondiale quando il teatro, preso in affitto dalla ditta I. D. Milli & Co, diventò cinematografo o durante
gli anni Venti quando, accanto agli spettacoli d'arte varia, vi si svolgevano anche incontri di boxe (i famosi sabati pugilistici dello
Jovinelli).
La prima vera crisi arrivò con l'inizio degli anni Trenta. In questo decennio di gravi problemi per l'Italia intera, che
porteranno poi allo scoppio della Seconda guerra mondiale, il Teatro Jovinelli risentì soprattutto della grave crisi in cui versava il
Varietà, ormai succube dei divieti e dei controlli della censura fascista da un lato e della crescente affermazione del cinema come
forma di divertimento dall'altro. Pasquale Jovinelli (succeduto al padre nella gestione del teatro) decise, per evitare la chiusura del
teatro, di scendere a patti con il cinema rinunciando al Varietà e puntando solo sulle proiezioni di film e sull'avanspettacolo,
senza, però, rinunciare agli incontri di pugilato. Queste tre forme di spettacolo si riveleranno essenziali per la sopravvivenza dello
Jovinelli durante gli anni Trenta e Quaranta.
Nel 1949 avvennero alcuni importanti cambiamenti. Non solo il teatro cambiò nome e passò a Cinema-teatro Ambra
Jovinelli (rendendo ormai chiara la sua attività di cinema già presente nella realtà dei fatti da molti anni) ma subì anche alcune
importanti ristrutturazioni che cambiarono la struttura interna ed esterna del teatro. Venne rimosso uno dei botteghini, la
seconda galleria fu completamente rifatta in cemento armato e ampliata, fu costruita una pensilina sulla facciata esterna. Questi
interventi, insieme con la sostituzione dei palchetti della prima galleria con normali file di poltrone avvenuta già nel 1934,
portarono la capienza del teatro dagli originari mille posti a millequattrocento. Con questa sua nuova struttura, l'ormai cinemateatro Ambra Jovinelli attraversò quasi indenne tutti gli anni Cinquanta e Sessanta proponendo sempre film accompagnati da
esibizioni di artisti dell'avanspettacolo.
L'inizio degli anni Settanta fu, forse, il periodo più difficile per il teatro. Il mondo dello spettacolo italiano era ormai
inevitabilmente cambiato: il cinema pretendeva spazi e strutture sempre più sofisticate e il pubblico sembrava sempre meno
interessato all'avanspettacolo. Gli spettacoli con le spogliarelliste prima e i film pornografici a partire dagli anni Ottanta poi,
sembravano essere l'unica soluzione per salvarsi dalla chiusura. Questa illusione durò fino all'inizio degli anni Novanta quando,
ormai stanco del tipo di spettacoli che era costretto a dare, Marcello Jovinelli (figlio di Pasquale e amministratore del teatro dal
1982) decise di venderlo alla società milanese Calendula, attuale proprietaria dell'edificio. Dal 1990 fino al 1998 il teatro fu
completamente abbandonato.
Negli anni di degrado, un'associazione nata nel 1996 con il nome di Progetto Ambra e costituita da teatranti, musicisti,
artisti e operatori dello spettacolo, sotto la guida del regista teatrale Marcello Cava si adoperò per cercare di salvare l'Ambra
Jovinelli e farlo diventare “contenitore polifunzionale” di eventi artistici e spettacolari. La condizione strutturale dell'edificio,
secondo le analisi effettuate dalla stessa associazione, era abbastanza buona. Da rifare completamente erano le infrastrutture
(suppellettili, infissi, impianti termici, idraulici ed elettrici). Un restauro della struttura interna dell'edificio sembrava essere la
soluzione migliore. Nonostante i numerosi eventi organizzati per promuovere e finanziare la messa in opera del progetto, tra i
quali possiamo ricordare alcuni spettacoli allestiti sia all'interno che all'esterno dell'edificio, tutti con la regia dello stesso Cava, nel
novembre del 1998 il consiglio comunale di Roma decise di approvare un progetto presentato dalla società proprietaria
dell'edificio che prevedeva la distruzione totale dell'interno dello stesso e il mantenimento del solo involucro esterno. I lavori,
diretti dal professore Sergio Petruccioli, iniziarono di lì a poco. La nuova sala del teatro Ambra Jovinelli venne inserita in un
“guscio” interno all'edificio e posto ad un'altezza di circa tre metri dal suolo. Ciò per permettere l'inserimento al piano terra di un
centro commerciale e di una banca. All'interno di questo guscio, il teatro ha mantenuto sostanzialmente l'aspetto di un tempo,
pur avendo perso una galleria e avendo ridotto drasticamente la sua capienza (ora è di 700 spettatori). L'aspetto esterno è rimasto
sostanzialmente immutato, essendo stata l'unica parte ad aver avuto un vero e proprio restauro.
L'inaugurazione del nuovo Ambra Jovinelli è avvenuta il 25 gennaio del 2001 con uno spettacolo con protagonisti,
accanto alla sua direttrice artistica Serena Dandini, alcuni fra i comici italiani più famosi del momento e del passato: Marco
Marzocca, Sabina Guzzanti, Francesco Paolantoni, il mago Leandris, Anna Campori ed altri ancora. Con grande successo di
spettatori, il teatro ha iniziato la sua stagione vera e propria nel febbraio di quello stesso anno proponendo, sia per la prima che
per le stagioni a seguire, sempre spettacoli di artisti comici perlopiù provenienti dal mondo televisivo (quali la Reggiani, la
Guzzanti ed altri) o di cantanti ospitati nella struttura per i loro concerti. Grazie a ciò ancora oggi il nome Ambra Jovinelli è
famoso e conosciuto nell'ambiente dello spettacolo romano, anche se dell'antico teatro quello di oggi rappresenta solo un
lontano ricordo4.
4
Tutte le informazioni di questo breve profilo storico sono tratte dalla mia tesi di laurea. Cfr A. Carassiti, Il Teatro Jovinelli
tra passato e futuro. Storia del più importante teatro popolare di Roma attraverso i suoi protagonisti, Tesi di Laurea in Storia
del teatro e dello spettacolo, Relatrice prof.ssa S. Carandini, Correlatrice dott.ssa P. Bertolone, Università degli studi di
Roma “La Sapienza”, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2000-2001.
Indietro non si torna :
Vecchi incontri e vecchie polemiche
di Renato Nicolini
Mi riesce difficile non dire anch'io la mia sul caso Ambra Jovinelli. Il saper vivere consiglierebbe il contrario. Ormai indietro non
si torna. Il nuovo Teatro Ambra Jovinelli, affidato a Serena Dandini, è ormai consacrato come spazio alternativo, dove non solo
si possono ammirare in anteprima le facce da comico, stesso nome del programma TV, ma si svolgono anche le assemblee del
correntone DS. Dunque uno spazio rubricabile sotto la voce sinistra. Non sarà il massimo, ma è qualcosa che comunque cerca di
porsi contro l'Italia del Cavalier Silvio Banana (come la definisce il grande Altan). A che scopo riprendere vecchie polemiche?
Non siamo uomini moderni proprio per la capacità di lasciarcele dietro le spalle? (Anche se quest'etica fioriva ben prima dell'età
moderna - chi non ricorda la triste fine della povera moglie di Lot, che in fondo si era soltanto voltata a
guardare un'ultima volta la città dove era sempre vissuta). Ma non riesco ad ascoltare i buoni consigli che per primo mi do ed a
farne a meno, perché la mia vita si è incontrata qualche volta con l'Ambra Jovinelli - ed è di questi incontri, in età diverse, che
vorrei dare testimonianza.
Il primo incontro è un incontro mancato. Il mio compagno di banco delle elementari - e compagno di classe anche alle medie Maurizio François, aveva lasciato il Marcantonio Colonna dopo essere stato bocciato agli esami di terza media, e si era trasferito
al Pio IX (che veniva chiamato da noi ragazzi "la scuola dei somari"). Non si erano però interrotti i rapporti tra
di noi. Così, nell'età tra i quindici ed i sedici anni, Maurizio mi telefonò per propormi di andare insieme al "Principe", un cinema
oggi trasformato in supermercato o qualcosa del genere nella parte alta di via Cola Di Rienzo,
vicino piazza Risorgimento, dove le proiezioni erano precedute dall'avanspettacolo. Ricordo l'atmosfera, il fumo delle sigarette,
alfa e nazionali, il bruscolinaro, le girls alle prese con la cellulite, i bikini coi lustrini. Mi colpì soprattutto il fatto che più della
metà del corpo di ballo masticasse il chewing gum. Maurizio anzi me ne offrì uno, ma io non l'ho mai sopportato, e dopo un po'
lo appiccicai sotto la sedia di legno. Al "Principe" seguirono il "Volturno" ed altri luoghi di uguale erotica tristezza. Ma all'Ambra
Jovinelli, anche se la sua distanza dal nostro quartiere di partenza, Prati, non era molto maggiore di quella del Volturno,
anch'esso vicino alla Stazione Termini, non arrivammo mai - per motivi che non riesco a ricostruire, probabilmente per caso, in
buona parte per lo scarso divertimento e l'imbarazzo che ricavavamo da queste nostre incursioni. Meglio lasciare tutto
all'immaginazione...Così il mio incontro con l'Ambra Jovinelli è avvenuto dove doveva avvenire, nello spazio non luogo di un
film, "Roma" di Federico Fellini, dove la scena del lancio del gatto morto mi ha immediatamente chiarito cosa avrei dovuto fare
da spettatore del "Principe" per scaldare un po' l'ambiente cinicamente sonnolento. "Roma" mi aveva riportato alla mente i
pellegrinaggi con l'amico François, e subito mi venne una gran voglia di completarli andando anche all'Ambra Jovinelli, che
doveva essere il santuario di quel mondo in via di sparizione. Non ricordo se non lo feci per timidezza, per stupidità (ormai ero
studente universitario e frequentavo la Facoltà di Architettura) o perché l'Ambra Jovinelli era quasi sempre chiuso.
Sicuramente l'Ambra Jovinelli era chiuso nel 1983, entrato in quella che doveva diventare la sua chiusura definitiva, vittima delle
frenetiche reazioni del mondo dei pompieri e dei politici all'incendio del Cinema Statuto di Torino, qualcosa che andrebbe
studiato nei manuali di frenologia per la sua pomposa idiozia, e che ha portato alla distruzione (a colpi di cemento armato)
dell'acustica dei teatri all'italiana (dall'Olimpico di Vicenza ormai completamente sordo, al Mercadante di Napoli) ed alla
dichiarazione di inagibilità per decine e decine di sale cinematografiche. Intervenire semplicemente sulla sicurezza degli impianti
elettrici evidentemente non bastava, nel paese in cui si crede ancora che il mattone sia il volano di ogni crescita economica, e di
conseguenza ogni occasione è buona per volgerla in cantiere totale. Ultimo esempio di questa propensione
alle iperboli è il progetto di risolvere l'arretratezza del Mezzogiorno d'Italia, costruendo il ponte più grande del mondo tra Reggio
Calabria e Messina. Se non la scampano Scilla e Cariddi, come poteva scamparla il povero teatro del commendator Jovinelli?Il
1982 ed il 1983 sono anche anni cruciali per il mio Assessorato. Le crepe dell'Estate romana ponevano l'esigenza di prolungare
l'effimero, gli eventi culturali, le sorprese, oltre la dimensione estiva. La strategia (purtroppo destinata alla sconfitta) era quella di
aggiungere alle iniziative estive spazi utilizzabili con continuità lungo tutto l'anno, caratterizzati però da un uguale libertà
innovativa. I caposaldi dovevano essere: Cinecittà (dove pensavamo ad iniziative invernali, ad una filiera che doveva unire
retrospettive di grandi registi a mostre che facessero entrare nel set - scenografia, costumi, foto di scena, a rendere visibili gli
incroci che caratterizzano il cinema come il prodotto degli sforzi convergenti di più artisti ed artigiani, non del solo regista
imbalsamato nel ruolo di autore) - gli ex Studi Cineriz alla SAFA Palatino, dove nel 1982 si tenne la manifestazione Ladri di
Cinema , dove grandi registi internazionali vennero a presentare il proprio film del cuore, quello di cui avrebbero voluto rubare i
segreti (Michael Cimino presentò "Meet me in St Louis" di Minnelli, Wim Wenders un film di Ozu - Bernardo Bertolucci invece
il film che gli era stato rubato dalla censura, "Ultimo Tango a Parigi", che venne dissequestrato proprio in conseguenza della
nuova denuncia generata da quella proiezione) - il dittico composto da Ambra Jovinelli e cinema Apollo, per i quali pensavamo,
piuttosto genericamente, alla possibilità di un nuovo spazio teatrale complementare-alternativo al Teatro Argentina (un po' come
India oggi), nella prospettiva di una direzione Ronconi (ma invece arrivò Maurizio Scaparro, persuaso a questo da Gianni
Borgna...). Lo spazio non mi consente di raccontare come questo progetto andò a finire, vittima dei colpi congiunti del
CO.RE.CO. (Comitato di Controllo Regionale sulla legittimità degli atti del Comune), della burocrazia comunale, della personale
irritazione di Bettino Craxi dopo un mio discorso in Parlamento in cui citai Ciccino Craxic , appropriata traduzione di
Pampiglione del titolo di un dramma di Witckiewicz (pare che Craxi scrivesse immediatamente un bigliettino: "Questo Nicolini
toglietemelo dai coglioni"), etc. Così questo mio primo progetto, tanto vago quanto ambizioso, che interessava anche
l'Ambra Jovinelli, non andò a buon fine. Aprimmo invece nel 1983, per una settimana, l'Ambra Jovinelli come sede per
una manifestazione "E' la stampa, bellezza!", da un'idea di Betti Bruscolini. Una settimana di interviste in pubblico a personaggi
importanti, secondo l'attualità di allora. Non ne ricordo i nomi, ricordo che c'era uno scrittore di best sellers, un politologo
americano che poi si è fermato da noi trovando in Italia la sua America e che era divertente nel suo ricondurre tutto a schemi
originatisi assieme all'Impero romano. Così mi trovai ad entrare per la prima volta all'Ambra Jovinelli per sedermi direttamente
in palcoscenico - assieme a Paulo Roberto Falcao e a Carmelo Bene. Per parlare di calcio. Ma era tanta la mia emozione nel
trovarmi accanto ai due artisti che ammiravo di più in quel momento, che la mia memoria si è paralizzata, e non so dire nulla di
più.Ricordo però che quella semplice manifestazione - il cui titolo veniva da un famoso film con Bogart , è la frase che lui dice al
telefono al vilain dopo avere avviato le rotative per un'edizione straordinaria che porrà fine alle sue trame - ci sembrò così bella
che mi lanciai a promettere che avrebbe avuto un seguito. Una promessa avventata -che non riuscii a mantenere nel
poco tempo che la Giunta Vetere rimase ancora in carica.Tuttavia la riapertura effimera ebbe un almeno apparente effetto
positivo. La consapevolezza dell'importanza del luogo Ambra Jovinelli per la storia culturale di Roma, legato com'era ai grandi
nomi di Petrolini, Fellini, etc. da allora crebbe costantemente. E venne persino sancita da un vincolo, apposto più di dieci anni
dopo, nel 1997.In quel periodo ero a Napoli, assessore di Bassolino, e questo accresce la mia difficoltà a comprendere come sia
avvenuto la straordinaria virata di 180° che ha portato alla distruzione dell'edificio vincolato (soltanto un anno dopo!) distruzione coperta dal mantenimento della facciata, allo stesso modo in cui a Porta Portese si erano demoliti i vecchi spazi
artigiani, compreso quello riutilizzato da Giancarlo Nanni come sede del teatro "La Fede". L'Ambra Jovinelli è stata così
trasformata in un contenitore multi funzionale - uffici, la Banca, ed anche, come a Tokyo, una sala teatrale. L'assessore Minnelli
pensava a qualcosa del genere fin da quando era segretario della Camera del Lavoro di Roma, bisogna riconoscerne la pertinace
coerenza. Ma lo pensava a proposito della ex Centrale del Latte. Il perché si sia passati dalla Centrale (del resto ugualmente
demolita) all'Ambra Jovinelli resta per me un mistero. Bisognerà che me ne faccia una ragione. L'Esquilino è oggi una delle zone
decisive per il futuro di Roma - è una parte di Roma che mi ha sempre intrigato, tanto da proporre, ad un concorso INArch del
1981, il progetto di un isolato modello per la sua ristrutturazione. E' il luogo dove si è insediata una comunità multietnica - e
dove però alcuni comitati di quartiere protestano contro i draghi di cartapesta per festeggiare il Capodanno cinese. Insomma, ci
sono tanti motivi per pensare al futuro, che non capisco perché ostinarmi nei vecchi ricordi, nelle possibilità che ormai non ci
sono più. Perché rimpiangere quel luogo carico di memorie e di vita distrutto per sempre? E' assolutamente inutile! E'
romantico, irrazionale! Me lo ripeto, ma qualcosa mi ha impedito, ancora fino ad oggi, di mettere piede dentro il nuovo Ambra
Jovinelli che lo ha sostituito mantenendone unicamente il nome.
RENATO NICOLINI
8 ottobre 2003
“PROGETTO AMBRA” : IN MEMORIA DEL TEATRO PIU’ BELLO DI ROMA
Era l’estate del 1996, quando, annoiati dalla banale ripetizione di lavori e stagioni, riunendoci in tanti per
un’avventura che era anche una scommessa, non sapendo certo quanto quell’esperienza che stavamo per realizzare ci
avrebbe segnato, abbiamo cercato, con grandi difficoltà ma anche con incosciente entusiasmo, nuove strade da
percorrere. Nel giro di un attimo abbiamo messo insieme un gruppo di teatranti, attori e tecnici professionisti, artisti,
operatori dello spettacolo, musicisti, e videomakers, con diverse provenienze e personalità, per realizzare un sogno :
riaprire il teatro Jovinelli di Roma.
Questo splendido teatro liberty fu costruito nel 1909 da Don Peppe Jovinelli in quella "piazza di pubblici spettacoli"
che era piazza Pepe nel rione Esquilino di Roma.
Il teatro "popolare" più famoso della città era stato inaugurato da Raffaele Viviani ed aveva, negli anni successivi,
consacrato grandi attori come Ettore Petrolini e poi Antonio Curtis detto Totò. Vi recitarono celebrità del teatro
popolare e della rivista, facendo di questo luogo un vero e proprio "tempio" di un genere di teatro non accademico
ma di grande importanza culturale e sociale, come grandi studiosi hanno poi riconosciuto.
"Ambra Jovinelli" è rimasto un luogo mitico per i romani anche durante la sua lenta ma inarrestabile decadenza,
iniziata con la Seconda Guerra Mondiale (questo periodo lo racconta Fellini in un episodio del suo "Roma") e
conclusasi, dopo un continuo degradare a teatro di terz’ordine, spogliarello e cinema porno, con la completa chiusura
nel 1990. Gli eredi Jovinelli lo vendettero ad una fantomatica società immobiliare che lo aveva acquistato con chiari
intenti di speculazione edilizia.
Il nostro gruppo di "pazzi" prese in affitto questo teatro abbandonato nel luglio del 1996 per "girare un video". Il
video, pretesto e documento della vera storia, copriva, infatti, l’allestimento di uno spettacolo-concerto : VLADIMIR
MAIAKOVSKI, rappresentato in un’unica data per oltre mille spettatori (comparse del video) avvertite con una
pubblicità clandestina. Il teatro chiuso e abbandonato veniva così aperto di nuovo e la nostra associazione poneva
alla ribalta i suoi due utopici obiettivi : salvare uno splendido teatro dalla distruzione, richiedendo il vincolo del
Ministero dei Beni Culturali, e suggerire alla città di Roma una concreta ipotesi di riutilizzo di questo spazio,
proponendone un restauro conservativo che lo valorizzasse come "luogo testimonianza" secondo l’esempio
straordinario del Bouffes du Nord di Peter Brook a Parigi. Proponevamo con i fatti una progettualità polifunzionale,
giovane ed europea che aveva l’obiettivo di restituire al teatro, seppure in maniera completamente non nostalgica, la
sua valenza "popolare".
Sulle ali dell’entusiasmo, in ottobre, il teatro veniva riaperto per una nuova manifestazione “2AMBRA2” : una
mostra di artisti nei camerini e nei ballatoi del teatro e una serie di eventi spettacolari e di intrattenimento, con
l’adesione di personalità dello spettacolo, vecchie glorie del teatro, giornalisti e politici, in una due giorni di kermesse
terminata nel cuore della notte con mille persone che ballavano e l’improvviso blitz sonoro e spettacolare da “Il
funambolo” di Genet.
Nel 1997, anche a seguito di molti appelli di intellettuali e studiosi, ed in particolare di Giorgio Muratore, il teatro
venne finalmente vincolato. La proprietà tuttavia impediva una vera occupazione e l’associazione continuava la sua
battaglia con sempre minore energia, trovando grandi difficoltà nel rapporto con le istituzioni.
Nel 1998 il Consiglio del Comune di Roma approvava all’unanimità un progetto della società proprietaria dello
Jovinelli che ha portato alla completa distruzione del teatro (nonostante il vincolo integrale !), esclusa la facciata e
parte del fianco di Via Giolitti, e alla costruzione di un nuovo edificio "polifunzionale" progettato dall’architetto
Petruccioli, con raddoppio della cubatura dell’immobile, edificio che accoglie una banca, una Upim, e al primo piano
(ironia della sorte) una sala teatrale più piccola, simile a quella del teatro distrutto ma senza nessuno di quegli
splendidi rapporti spaziali, e... con lo stesso nome !
Dalla grande campagna pubblicitaria che ha accompagnato la “riapertura dello Jovinelli”, si dissociarono
dall’informazione di regime, solo Alberto Srodi che sollevò un timido “ma non è più quello di una volta” e il
corrosivo Alessandro Sortino de “Le Iene” che realizzò un servizio coraggiorso e spietato.
Nulla resta della verità se non, inoppugnabili ed incancellabili, le immagini dei video che abbiamo girato, dal
Maiakovski (che proprio come video fu autorizzato) fino alle videoincursioni poetiche di Gabriele Parrillo, attore che
interpreta Cretinata di Petrolini, vestito in frac, sia nel 1998, l’ultimo attore clandestino ad entrare nel teatro vuoto
prima della demolizione, sia, l’anno dopo, sempre in frac tra operai e macerie alla ricerca del teatro che non c’è più.
C’era anche la verità nel web ma il nostro sito www.ambrajovinelli.it (docimentativo e non commerciale) è stato
contestato dell’attuale proprietà che se lo è fatta riassegnare ed è ora visibile solo nel sito e nel cdrom di spaziaroma !
E’ l’autunno del 2003 e sono ormai passati degli anni, e nessuno di noi ha mai voluto fare una battaglia contro i
gestori del teatro del primo piano, (anche perché quando li vedevamo in TV non li abbiamo mai ritenuti i peggiori) :
nessuno di noi ha però mai nemmeno fatto spesa alla Upim, il grande magazzino che si trova dopo la facciata liberty
(che è stata riportata per intero all’aspetto originario !). E’ davvero sconcertante pensare che la favola raccontata alla
città e cioè che una proprietà privata a sue spese ha salvato un teatro costretta però a guadagnare con attività
commerciali (perché la cultura costa ! ) abbia fallito proprio il suo obbiettivo “commerciale” : Upim infatti ha
recentemente chiuso i battenti e c’è chi parla di destinare quegli spazi allo spettacolo !
Ma noi conosciamo un’altra storia e vorremmo davvero vedere i conti dell’operazione e quanti e quali sono stai i
benefici di denaro pubblico di un “restauro” davvero poco conservativo...
VLADIMIR
MAIAKOVSKIJ
DI
VLADIMIR MAIAKOVSKIJ
Libera traduzione di Pina Catanzariti
Maiakovskij
Voi non potrete mai capire
perché io,
così impassibile,
sotto il diluvio delle derisioni,
porto la mia anima su un piatto
al banchetto dei giorni futuri.
Colando come una lacrima inutile,
lungo la guancia non rasata delle piazze ,
potrei sembrare
l’ultimo poeta.
Non vedete?
Il muso a strisce della noia
penzola sull’asfalto,
appeso ad una corda,
e i ponti alzano le braccia di ferro,
sulla schiuma dei fiumi.
Il cielo piange, a singhiozzi,
senza ritegno.
Una nuvola si contorce come una smorfia,
come una donna che ha partorito un aborto.
Il sole,
con le sue dita grosse, pelose
vi accarezza,
odioso come un moscone appiccicoso,
accarezza voi,
schiavi
stremati dai baci.
Io, senza paura,
porto da secoli l’odio per la luce del giorno.
La mia anima è tesa,
come un nervo elettrico.
Io sono
L’imperatore delle lampadine!
Rompiamo il silenzio urlando,
il nodo dei mezzogiorni è troppo stretto!
Venite!
Con parole semplici come muggiti
Aprirò per voi le vostre anime nuove,
crepitanti come un arco elettrico!
Vi sfiorerò la testa con le dita
E sporgeranno labbra, per enormi baci!
E lingue che basteranno a tutti!
Ed io, con l’anima zoppicante,
andrò verso il mio trono,
luccicante di pigrizia,
sotto la volta bucata di stelle.
Mi sdraierò
Sopra un soffice giaciglio di merda,
impassibile.
Piegherò le ginocchia sulle rotaie
E aspetterò
L’abbraccio della ruota del treno,
dolce, dolce,
sul mio collo.
Ehi! Voi!
Amanti
Di sacrilegi,
di crimini,
e di stragi,
ma la cosa più terribile
l’avete mai vista?
Il mio viso,
quando sono assolutamente tranquillo?
C’è qualcuno tra voi
Che può rattopparmi l’anima?
Il vuoto si sta insinuando!
Vi offendete se sputo?
Secco, sono secco come una donna di pietra,
vuoto,
come una vacca munta.
Ora, se volete,
un meraviglioso poeta danzerà per voi.
Catturate gli uomini grassi,
stanateli dalle loro case,
ritmate la gioia sulle loro pance gonfie,
prendete per i piedi i sordi, i cretini,
soffiate nelle loro orecchie,
come nei buchi del flauto.
Squarciate il fondo alle botti dell’odio.
Io sono ingordo di pensieri,
ardenti come catrame!
Oggi, alzate i vostri bicchieri,
per brindare,
perché cingerò la corona
della mia follia.
Come un povero venditore di diamanti
Illumino questa festa universale
Per voi, ricchi e pittoreschi mendicanti!
Il vecchio dei gatti
Lascia perdere!
Sei un poeta
E ti diverti a rompere i bicchieri?
Ti conosco da mille anni
e so che la tua voce di risate
porta inchiodato un urlo di dolore.
E’ piombata sulla città
una sofferenza enorme
e tanti altri piccoli dolori.
Strilli e litigi, di candele e di lampade,
hanno coperto il sussurro delle albe.
La morbida luna, non ha più potere
se abbiamo luci di lampioni ad abbagliarci di
notte.
Le cose senza anima sono le padrone della città.
Tramano la nostra rovina
e strisciano
per cancellarci.
Dall’alto del cielo, in preda alla pazzia,
un dio guarda la folla ululante degli umani
divorati dalla polvere delle strade.
Dio è dio
parla di pene crudeli
e le vostre anime logore
non fanno che sospirare.
Lasciatelo perdere!
Solo nei gatti neri,
nei loro occhi,
cattureremo la scintilla elettrica.
La manderemo nei cavi elettrici,
energia, prodotta dalla rete dei muscoli,
affinché i tram possano muoversi,
e le luci illuminare la notte!
Il mondo cambia, si trucca di gioia,
dalle finestre
si esibiscono i fiori.
Gli uomini camminano sulle rotaie,
e dietro i gatti neri,
i gatti, i gatti!
Appuntiamo mille soli
sulle camicette delle nostre belle,
trasformiamo le stelle in fermagli di diamante!
Lasciate tutti le vostre case!
Andate, accarezzate
i gatti, i gatti
neri e secchi.
L’uomo senza orecchio e
L’uomo dal viso dilatato
E’ vero!
Sui tetti della città
c’è una donna
che danza, frenetica.
Ha voragini nere sotto gli occhi,
sputa sui marciapiedi
e gli sputi inondano le puttane
che partoriscono
esseri deformi.
Una colpa sconosciuta si vendica
della città.
La gente scappa da tutte le parti.
E’ rimasto soltanto
Il vecchio pianista,
ubriaco,
a piangere sul suo pianoforte.
Nenie di dolore
Si diffondono in tutta la città;
se cerchi di afferrarne una nota
ti sanguinano le dita.
I denti bianchi dello strumento rabbioso
mordono le mani del pianista.
Oggi,
dall’alba,
le labbra della donna che danza,
si attaccano all’anima.
Ho camminato,
agitato,
con le braccia penzolanti,
vedevo i camini ballare sui tetti:
le loro ginocchia facevano 44!
Basta! Signori!
Com’è possibile?
Le strade e i vicoli sono scesi in piazza!
La città è in rivolta!
Ma la mia angoscia aumenta,
irragionevole,
come una lacrima sul muso di un cane.
Il Vecchio
Vedete?
Bisogna distruggerle le cose!
Malgrado le loro carezze ho fiutato il nemico!
Viso Dilatato
Forse le cose si dvono amare.
Forse le cose hanno un’altra anima.
Senza Orecchio
Si vede che alcune cose
Sono cucite alla rovescia,
con cuori senza rabbia,
sordi all’odio.
Viso dilatato
Piuttosto che una bocca strappata
Tante cose hanno un orecchio cucito.
Insieme
Venite, affamati,
sudati,
rassegnati,
infiacchiti dal sudiciume.
Venite!
Lunedì, i Martedì,
tingeremo col sangue
dei giorni di festa!
Maiakovskij
Via la rabbia dal cuore!
Ve lo insegnerò io,
bambini miei,
severo e inflessibile.
Non siete altro che campanelli
sulla testa di un giullare.
Con i piedi gonfi di pensieri
ho attraversato i vostri continenti
e altre terre ancora.
Rannicchiato nella notte,
con mantello nero e maschera,
io cercavo lei,
l’anima che nessuno ha trovato,
per portare
i fiori della guarigione
alle sue labbra ferite.
Eccomi,
ancora schiavo,
il sudore di sangue,
il corpo tremante di pazzia.
A proposito,
una volta l’ho incontrata,
l’anima,
avvolta in una vestaglia azzurra,
mi ha detto:
“ Si accomodi!?
L’aspettavo da un po’.
Una tazza di thé?”.
Io sono il poeta.
Non so più distinguere
i volti familiari e quelli estranei.
Ho cercato le mie sorelle
nel pus degli obitori.
Ho baciato le piaghe
sul viso dei malati.
Ma oggi,
brucerò nel fuoco
la vergogna delle sorelle
e le rughe delle vecchie madri.
Secolo - carne,
sarai servito su un vassoio
in saloni luccicanti,
e ti divoreremo!
voi,
che volete mangiarvi tutto!
Signori!
Da qualche parte,
forse in Brasile, dicono,
esiste un uomo felice.
L’uomo Qualunque
L’uomo Qualunque
Fermi!
Fermi tutti!
Qui si vogliono bruciare le madri!
Signori!
Lo spirito umano è grande
Ma i misteri del mondo sono più grandi,
e il vostro rogo consuma
i libri e i tesori del sapere!
Io ho inventato una macchina trita - bistecche!
Non sono mica stupido!
Conosco uno che lavora da venticinque anni
per inventare l’acchiappa - pulci!
Maiakovskij
Quando avrai fame come me,
mangerai l’oriente e l’occidente.
L’amore, allora non c’è?
Io ho una sorella……
Amici miei!
Basta col sangue!
Amici miei, basta con i roghi!
Viso Dilatato
Se saprete amare
come amo io,
ucciderete l’amore.
Violenterete sulla forca il cielo,
ruvido e sudato.
E la stelle,
la loro bianca innocenza!
Senza Orecchio
Ho una donna,
aspetta una figlia o un figlio
e voi,
voi fate queste porcherie!
Le vostre donne non sanno amare,
i baci le gonfiano come spugne,
miliardi di piedi calpestano
il ventre teso della piazza.
Che tristezza,
per degli intellettuali!
Viso Dilatato
Senza Orecchio
e Viso dilatato
Giovane!
Salite su!
Noi non vediamo!
L’uomo Qualunque
Non c’è da ridere!
Ho un fratellino
e voi divorerete le sue ossa,
La mia anima
non si può cucire
come un vestito alla moda!
Insieme
Andiamocene!
Andiamo via!
Faremo danzare i corpi nudi,
dove hanno messo in croce
un poeta
che era santo.
Sul marmo nero
del vizio e della colpa
costruiremo un monumento
di carne e sangue.
L’uomo Qualunque senza un orecchio e
Senza una gamba
Fermi!
Nelle strade
i vostri schiacciati
sono una sola grande faccia!
La madre - tempo
ha partorito
un’enorme e feroce ribellione!
C’è da sbellicarsi di risate…
Davanti alle facce tonde ed annoiate degli anni
i vecchi tacciono,
sbalorditi.
La collera
gonfia i fiumi sulle tempie della città.
Lentamente
spunta
un capello solitario
sulla calvizie del tempo.
Le cose riprendono vita,
e gettano giù,
urlando,
gli stracci dei vecchi nomi.
Le vetrine dei vinai
schizzano il vino dalle bottiglie.
Il sarto allibito,
guarda i suoi pantaloni
che tagliano la corda
e se la filano
a gambe levate!
Ubriaco,
la gola nera spalancata,
un cassettone scappa,
dalla camera da letto!
I reggiseni
lasciano in punta di piedi
le insegne dei negozi
“ROBES ET MODES”.
Gli scarponi non si muovono,
severi e inaccessibili.
Le calze di seta
si scambiano occhiate di intesa.
Mi sono messo a correre
più veloce di una bestemmia
e una gamba mi è rimasta indietro!
Voi che mi chiamate “zoppo”,
voi grassoni, nemici,
oggi cercherete invano
nel mondo
un uomo
con due gambe uguali!
Signor poeta!
Siete stato proclamato imperatore!
Ci sono tre donne
che aspettano.
Maiakovskij
Bene,
che entrino!
Prima Donna
Ascoltatemi!
Quando accendono le stelle,
significa che qualcuno ne ha bisogno?
Significa che qualcuno vuole che ci siano?
Significa che qualcuno chiama perle
quei piccoli sputi?
Ma io,
anche se ho paura di essere in ritardo,
ti supplico,
dammi almeno
una stella,
che una stella
esista solo per me.
Non posso vivere questo dolore,
senza nemmeno una stella.
Dopo,
vivrei tranquilla.
Potrei dire ad un altro:
“Ora va meglio, vero?
Non ha i più paura, no?.
Ecco una lacrima.
E’ mia!
Prendila!
Non mi serve.
Eccola,
tutta bianca,
vestita
di filo lucente.
Perché sei pallida, mamma?
Perché piangi?
Non piangere.
Sono io
l’ucciso del telegramma?
Non è nulla.
Mio figlio è morto.
Non è nulla.
Maiakovskij
Ancora una lacrima
sopra una scarpa
potrebbe sembrare una bella fibbia
Perché?
Non so come usarla.
(alla seconda donna) Pure voi con gli occhi gonfi?
Seconda Donna
Una lettera:
Mamma, più forte!
Fumo.
Fumo.
Fumo, ancora!
Parli troppo piano, mamma!
L’aria è tutta lastricata
di pietre rimbombanti sotto i colpi1
MA-A-A-MMA!
Hanno crivellato il tramonto!
Ha resistito,
sempre più debole
e poi, all’improvviso
ha pianto.
Le spalle incurvate sulla città.
Tutte le stelle
si sono messe a urlare.
“E’ stato ucciso
il mio caro,
il mio caro!”.
Ma il tramonto,
senza gambe e senza braccia,
ha gridato:
“Non è vero,
ancora posso, eccome,
arricciarmi i baffi!”.
Uno squillo.
Mamma,
che dici?
Terza Donna
Eccomi, torrido marciapiede di Luglio,
cammino su di te,
e getto baci come cicche!
Abbandonate la città, stupida gente!
Voi tutti,
che avete schiacciato con le scarpe,
senza scarpe,
sporchi,
la farfalla nel cuore del poeta.
Abbandonate la città, stupida gente!
Andate al sole
ad ubriacarvi.
Io vi vedo,
brulicanti zampette
di un pidocchio dalle cento teste.
Ma io, questa sera,
non ho voglia
di mettermi a fingere davanti a voi.
Sghignazzo
e sputo con gioia,
vi sputo in faccia.
Chiedo scusa,
sono così sporca.
Basta lavarsi,
e si è puliti.
Ecco un’altra lacrima.
Una lacrima
oziosa e sporca.
Maiakovskij
Basta!
Ne ho troppe!
Devo andare!
L’Uomo dal viso dilatato (due baci)
E l’Uomo senza orecchio (senza Testa)
FIGARO! FIGARO! LE MATIN!
Guarda quel maleducato!
Spostati,
non si vede nulla!
Lasciatemi!
Smettila di ruttare!
I…..I…….I
E…..E…….E
Le nuvole si concedono al cielo,
fragili e disgustose.
Il giorno finisce.
Anche le figlie dell’aria vogliono l’oro,
anche per loro
contano i soldi.
(Maiakovsij Che?)
I soldi,
sempre i soldi.
Silenzio!
Silenzio!
Ad un uomo grasso e sporco,
furono regalati due baci.
Impacciato com’era
Non sapeva che farsene,
dove ficcarli.
La città faceva baldoria.
Il mondo intero offriva la sua bellezza.
Ma l’uomo moriva di freddo,
aveva le scarpe bucate.
Allora, mise il bacio più grosso
Come toppa.
Ma il freddo gli mordeva le dita.
L’uomo si arrabbiava.
L’uomo diceva, furioso:
“Visto che è così,
li butterò nella spazzatura questi baci!”
E li buttò.
Allora, da un bacio
spuntarono le orecchie,
si muoveva tutto,
con una vocina gridava :
“ Mamma”.
Che paura !
L’uomo avvolse i piccoli corpi
negli stracci della sua anima
e li portò con sé,
per metterli in una cornice blu.
Passò del tempo.
Quando ritornò
l’uomo tolse la polvere alle valigie,
cercando la cornice perduta.
Ma c’era un bacio disteso sul divano,
enorme, grasso,
che rideva,
il birichino !
“ Signore !”
- disse l’uomo piangendo -,
“ Sono così disperato che mi impiccherei !”.
E mentre si impiccava,
miserabile, penoso,
le puttane, industrie senza ciminiere,
nei bordelli,
fabbricavano baci a milioni,
con le presse carnose delle labbra umide.
Bimbi - Baci
riprodotti in serie,
rotolavano,
scorrendo, uno dietro l’altro,
sui nastri.....
Maiakovskij
Ascoltatemi !
Io non ne posso più !
Questo va bene per voi !
Ma che ci faccio
io
con questo dolore ?
Il Vecchio
Ma come ? (che stai dicendo ?)
Tu solo sai cantare canzoni.
Maiakovskij
Lasciatemi andare.
Mi dicevo,
felice, con gli occhi luccicanti
mi siederò su un trono,
come un Dio greco.
No !
Mai,
potrò dimenticare
le gambe magre delle mie strade.
E’ pesante tutto questo.
Abbandonerò la città
con l’anima a pezzi,
zoppicando verso il Nord.
Tutto questo
è stato fatto per voi,
poveri topi.
Se avessi avuto un seno
vi avrei dato il mio latte.
Ma ora sono vuoto,
una specie di stupido innocente.
Però,
chi
e dove
avrebbe dato ai pensieri
questo spazio
così libero
e disumano ?
Sono
magnificamente malato!
Ho un incendio nel cuore.
Dite ai pompieri
che su un cuore in fiamme
ci si arrampica con le carezze.
Farò da me.
Fatemi appoggiare alle mie costole.
Salterò! Salterò! Salterò! Salterò!
Dal “Manifesto” del 2 Agosto 1996
“Un poeta al varietà” di Gianfranco Capitta
Neanche la polizia si è degnata di intervenire, a riprova dello scarso interesse culturale delle istituzioni. Eppure, per una sera
almeno, e nella “illegalità”, ha riaperto le sue porte l’Ambra Jovinelli, il glorioso tempio del varietà e prima ancora della rivista e
di ogni altra performance spettacolare, dato che quando fu costruito, agli inizi del secolo, la sua forma era proprio quella del
politeama, con ampie gallerie e una pianta quasi circolare così che qualsiasi esibizione potesse avervi luogo. A inaugurarlo fu in
persona Raffaele Viviani, e da lì sono passati Petrolini e Totò, Anna Magnani e Alberto Sordi.
Poi c’è passato l’avanspettacolo, con le ballerine asincrone e i militari a grappoli, e quindi il declino con le luci rosse che hanno
segnato gli ultimissimi anni, fino al ’90.
Le ultime luci.
Infine la chiusura, con l’amministrazione comunale attratta dall’acquisto e dal recupero di quella proprietà (con l’adiacente
Apollo sarebbero stati meglio di qualsiasi studio), che nel frattempo è passata dagli eredi Jovinelli a sempre più misteriose società
palazzinare. E’ evidente che si aspetta che il comune e le ferrovie diano avvio al recupero del quartiere degradato attorno alla
stazione Termini, perché il valore immobiliare cresca e si possa invitare qualche acquirente di lusso.
E invece, del tutto a sorpresa tranne che per i pochi invitati, mercoledì è passato addirittura Vladimir Majakovskij all’Ambra
Jovinelli, come recitava il titolo della serata, ovvero “spettacolo concerto in un teatro chiuso e abbandonato”. La vicenda è
curiosa e merita di essere raccontata, tanto sembra un film o una favola contemporanea sull’ambiente.
Un gruppo di giovani ha affittato dagli attuali proprietari il teatro, o almeno il contenitore strutturale che ne resta, per una cifra
modica, per potervi girare un video (Daniele Segre ha promesso la sua supervisione, e a video girato potrebbero esservi sviluppi
interessanti). L’ultima sera di luglio era la data della registrazione e la numerosa compagnia ( sono circa settanta quelli che ci
lavorano, entusiasticamente gratis) ha pensato bene di invitare, a far da comparse nella parte del “pubblico”, tanti spettatori
quanti ne poteva contenere la sala. Così in tanti, gente dello spettacolo e non, e ancora più dai centri sociali, hanno potuto
assistere ad una simbolica rinascita dell’Ambra Jovinelli.
Il fatto che qualcuno parlasse di “occupazione”, ha dato il giusto brivido e ha restituito l’atmosfera prediletta al protagonista della
serata, appunto Vladimir Majakovskij.
“Costanzo show” futurista
Il poema del 1913, che porta il nome dell’autore per un errore della censura zarista, è la sua prima opera teatrale, divenuta una
bandiera della poesia in epoca di rivoluzione. Allo Jovinelli, viene restituito allo spirito e alla forma originaria. Piuttosto
frequentato dopo il ’68, in una accezione tutta politica, ora torna ad essere il canto di un poeta che, come un sacerdote
dell’immaginario, chiede e raccoglie “lacrime” dalle mostruose creature che lo circondano, una corte di miracoli teatrali che sono
insieme le proiezione della sua personalità
Come in un vero “varietà”, reso struggente dai tagli di luce su quella sala, più scrostata e impolverata delle parigine Bouffes du
Nord, il presentatore Vladimir, in bretelle gialle e tenuta da lavoro introduce i numeri della “serata”, inventata e coordinata da
Macello Cava. Sfilano sulla passerella di questo futurista Maurizio Costanzo Show, i miagolii di una città notturna e due Mario’s Bros.
In tenuta operaia e guarnizioni da guardie rosse, si spiaccicano uova sulla fronte e sparano al pianista Alessandro Bonanno. Verrà
prontamente sostituito dalla losca band dei Gronge che accompagnerà esibizioni sui trampoli e una cantante d‘opera, giovanotte
aggressive e perfino Barbara Valmorin in un gustoso cammeo stile “signora in rosso”.
Tra citazioni e autocitazioni, birichinate e “canti alla luna”, ognuno lascia al poeta, di cui Mauro Malinverno sfoggia la rasatura di
circostanza, quelle “lacrime” che gli servono per sfidare il “dio delle tempeste”. Ma in questo caso, basterebbe riuscire a
coinvolgere le proposte autorità.
DAL “MANIFESTO” DI MARTEDì 8 GIUGNO 1999 “CULTURA DI FACCIATA” DI GIANFRANCO CAPITTA
“C’ era una volta l’Ambra Jovinelli”: non è l’inizio di una favola retorica o scherzosa , visto che proprio al compimento dei suoi
novant’anni (era stato costruito nel 1909), un progetto comunale ha distrutto, letteralmente, il glorioso tempio
dell’avanspettacolo e della rivista a Roma, la casa dove sono passati ( e hanno imparato il mestiere e hanno trionfato) Ettore
Petrolini e poi Sordi, Magnani, Totò e chiunque altro sia stato in questo secolo una stella del genere. L’attacco di quella “favola”
è stato anche il titolo della manifestazione che ha avuto luogo ieri mattina al Palazzo delle Esposizioni, introdotta dal suo
presidente Renato Nicolini. E il fatto che abbia avuto luogo in una sede indirettamente comunale è l’unico fatto positivo (per la
possibilità almeno di poter esercitare la critica) in una vicenda che fa solo piangere, tranne coloro che dalla “ristrutturazione”
trarranno evidentemente utile e giovamento.
I fatti, riepilogati ieri dall’architetto Giorgio Muratore, sono noti e hanno occupato pagine anche di fuoco nelle cronache romane
delle settimane scorse. Su un progetto di Sergio Petruccioli (che l’architetto, presente al dibattito, ha confessato di esser scaturito
solo dalla nostalgia dei propri ricordi infantili), il comune ha gradito e fatto propria quella operazione, la ha approvata in tutte le
sue diverse istanze e tempi da record, così come insolitamente efficienti e disponibili si devono essere dimostrati tutti gli uffici
responsabili dei beni culturali (dipendenti dal sovrintendente Zurli) e pochi giorni fa i giornali hanno potuto mostrare lo
scheletro della facciata del teatro, alle cui spalle si alza solo la polvere del cantiere di demolizione (si parla perfino dell’intervento
azzeratore della palla d’acciaio, ma deve essere una leggenda metropolitana alla King Kong).
Insomma è un vero disastro quello che si è consumato in quel quartiere attorno alla stazione Termini, che tanto doveva essere
valorizzato, e dove invece sono progressivamente “spariti” o dissolti lo Jovinelli, la Centrale del latte, le caserme Sani e Pepe (
per non parlare, a poche centinaia di metri, della ex Pantanella). Lì stanno per nascere centri commerciali e alberghi
(recentissimamente, uno perfino sulle macerie del palazzo crollato qualche tempo fa). Il comune, chissà per quali misteriosi
motivi, continua ad accanirsi nel restauro conservativo del quasi inutilizzabile Acquario, mentre le ferrovie hanno trasformato
Termini in una asfissiante ipertrofia di punti vendita, per altro impraticabile da qualunque viaggiatore vi si rechi solo in arrivo o
partenza di un treno.
Ma la vicenda dello Jovinelli dà un dolore tutto particolare, perché un teatro, come ha detto ieri la storica dello spettacolo Franca
Angelici, è un ”luogo radicato nella memoria”, e non un oggetto spostabile o meccanicamente riproducibile (chiedere conferma
alla Fenice di Venezia). La vicenda di quell’immobile è annosa: Luca Ronconi si era interessato quindici anni fa a quello spazio
(in avanzato degrado, ma collegato nel medesimo isolato all’altrettanto storico teatro Apollo, ora cinema a luci rosse). Ma le
attrattive tra il comune e gli eredi Jovinelli non andarono in porto. Ora, in soli tre anni, la nuova proprietà legata alla Cir di Carlo
Debenedetti, ha fatto letteralmente tabula rasa.
Lo Jovinelli, come può testimoniare il giovane regista Marcello Cava che si è incaponito fino all’ultimo a dimostrarne la
praticabilità teatrale dell’acustica e della visibilità, non aveva bisogno di essere schiacciato da quella che risulta un’operazione
puramente speculativa. Ne era convinto anche Giorgio Barberio Corsetti, che attorno al teatro aveva inscenato tre anni fa una
lancinante Nascita della tragedia notturna e itinerante.
E perfino Carlo Cecchi si era invaghito di quello spazio, alla ricerca di luoghi per ambientarvi la sua trilogia shakespeariana
realizzata al Garibaldi di Palermo. Al suo stupore per il perfetto rapporto, in ogni posto, del rapporto scena-spettatore, il vecchio
custode aveva risposto con la sicurezza dell’esperienza: ”qui chiunque pagava il biglietto aveva il diritto di vedere perfettamente
le gambe delle ballerine”.
Una annotazione non secondaria, se è vero che un teatro, per quanto il genere possa risultare poco di moda, continua ad essere il
luogo dove una città o una comunità si rappresenta. E qui al danno si aggiunge la beffa del progetto sostenuto con grande foga
dal sindaco Rutelli. Sopra la banca e gli uffici che evidentemente costituiscono la caccia più appetibile dell’operazione, un teatro,
di qualche tipo, verrà ricostruito dentro il guscio di quello originario andato in polvere. Si sa già anche la destinazione: la
direzione artistica di Serena Dandini.
Ora, con tutto il rispetto e l’affetto per colei che in tv è una brillante intrattenitrice (e forse ancora consulente del sindaco per la
cultura giovanile), è evidente la sproporzione. La stessa Dandini, già abbondantemente in programma per la prossima Estate
Romana, pratica un genere spettacolare che per il successo di pubblico che riscuote, non ha affatto bisogno di incoraggiamenti e
finanziamenti dalle pubbliche istituzioni. E’ in grado di autofinanziarsi lautamente, come il Sistina o i teatri dei comici gestiti da
Maurizio Costanzo.
Franco Purini, architetto illustre presente anche lui ieri al Palazzo delle Esposizioni, metteva l’errore fatale della giunta Rutelli tra
i molti scempi annunciati e consumati, come lo sbarramento di pietre che taglia bruscamente la prospettiva inventata da Valadier
a piazza del Popolo, l’infausto progetto dell’Ara Pacis, la distruzione prossima del liberty teatro Adriano,l’asfittica multisala che
ha attrezzato il cinema Barberini.
L’insensibilità rutelliana a tutto quanto vuol dire cultura nella pratica dei suoi cittadini, aveva però già preso corpo nella follia del
capolinea del tram 8 quasi dentro l’ingresso del più bel teatro di Roma,l’Argentina, con tutti i problemi che ha creato di acustica e
di ordine pubblico in caso di pericolo. L’episodio dell’Ambra Jovinelli anzi finisce per frenare gli entusiasmi anche sulla
contemporanea operazione di acquisto (9 miliardi) e messa in esercizio, rapidissima, della ex Mira Lanza come seconda sede del
Teatro di Roma.
Alla vigilia del Giubileo e nonostante i sorrisoni attualmente sparati dal sindaco ad ogni angolo per la sua campagna elettorale
europea, è difficile ribattere a chi, da destra e da sinistra, accusa questo tipo di pericoli di “regime”.
Associazione PROGETTO AMBRA
breve cronistoria
Riunendo teatranti, musicisti, artisti e operatori dello spettacolo, uniti dallo scopo comune di combattere per la tutela e il
recupero del celebre teatro “popolare” Ambra Jovinelli di Roma, e dal “sogno” di indicarne una possibile “nuova” funzione, la
libera associazione ha realizzato :
VLADIMIR MAIAKOVSKI all’Ambra Jovinelli
Nel luglio 1996, affittando il teatro della società immobiliare proprietaria “per fare le riprese di un video”, viene allestito uno
spettacolo - concerto : la sera del 31 luglio, come “comparse” del video, circa mille spettatori “clandestini” assistono alla
riapertura simbolica del teatro e all’unica rappresentazione di
VLADIMIR MAIAKOVSKIJ di Vladimir Maiakovskij
libera traduzione e adattamento di Pina Catanzariti
regia Marcello Cava
creazione scenica Mario Consiglio
costumi Enza Messini
luci Sandro Sussi e Giuseppe Romanelli
musiche originali eseguite dal vivo Alessandro Bonanno e di GRONGE
con
Mauro Malinverno
Franco Mirabella
Tullio Sorrentino
Thomas Trabacchi
Giulia Weber
Galliano Mariani
Tiziana Bagatella
Barbara Valmorin
Ursula Bechler
e
Alessandro Bonanno
MariaChiara Pavone
Alice Warschaw
e
GRONGE
Massimo Pupillo
Alberto Mattaroccia
Jacopo Battaglia
Luca Mai
Vladimir Maiakovskij
il vecchio dei gatti
uomo dal viso dilatato
uomo senza un orecchio
l’anima
uomo qualunque
prima donna con lacrima
seconda donna con lacrima
terza donna con lacrima
pianoforte
soprano
violino
nastri e basso elettrico
tastiere e sequencer
batteria
sax contralto
direzione tecnica Ronni Bernardi
suono Franco Visioli e Fabrizio Renzani
organizzazione e promozione Michele Ferrarese e Elisabetta Jacomini
riprese video di FLUID VIDEO CREW
DUE AMBRA DUE
Forte del “successo” di luglio e grazie a nuovi importanti coinvolgimenti, l’associazione rinnova l’affitto per il mese
di ottobre 1996 e riapre lo storico teatro ad oltre duemila persone, per due giorni consecutivi con
PER UN TEATRO CHE...a cura i Enrica Basilico
venti artisti creano ed espongono le loro opere (creazioni e installazioni) in un “percorso” nelle viscere del teatro, dai
camerini ai corridoi degli ordini superiori in una mostra - evento assolutamente unica nel suo genere,
con Alessandro Bazan - Matteo Battistini - Luigi Billi - Marco Brandizzi - Claudio Bonuglia - Giacinto
Cerone - Valentina Coccetti - Mario Consiglio - Tristano De Robilant - Andrea Di Marco - Andrea Fogli Lino Fiorito - Marzia Gandini - Felice Levini - H.H.Lim - Lusikova - Vittorio Messina - Adriano Nardi Cristiano Pintaldi - Vettor Pisani - Stefano Pisano - Giuseppe Salvatori - Maurizio Savini - Bernardo Scolnik
- Serge Ubertì.
lunedì 21 ottobre
Caucaso Nilo di e con Hossein Thaeri e Gabriele Parrillo
QUELLI CHE RESTANO Ubu Re di Alfred Jarry
Massimo Olcese e Adolfo Margiotta (Ciquito e Paquito)
QUELLI CHE RESTANO La Rana
martedì 22 ottobre
Cubaria Danza di Fabio Pagani
Gianni Ippoliti presenta sul palco i vecchi comici del taetro
a seguire blitz musicali e video
e poi festa danzante con VIDEO TEKNO PARTY a cura di Fluid Video Crew Dj Paul G e Bob Corsi
con blitz teatrale di progetto ambra
Funambolico Genet da “ il Funambolo” di Jean Genet, libera traduzione e adattamento di Pina catanzariti, regia di
Marcello Cava, creazione scenica di Mario Consiglio, luci di Giuseppe Romanelli, musiche originali eseguite dal vivo
di GRONGE, con : Tiziana Bagatella, Franco Mirabella, Thomas Trabacchi, Ursula Bachler, Giulia Weber e Galliano
Mariani. L’associazione ha realizzato per AUDIOBOX RADIOTRE trasmesso il 7 dicembre 1997 FUNAMBOLICO GENET
da “il Funambolo” di Jean Genet libera traduzione e adattamento di Pina Catanzariti regia di Marcello Cava
musiche originali di ZU (ex - Gronge) con le voci recitanti di Antonio Pierfederici, Mauro Malinverno, Gabriele Parrillo, Tiziana
Bagatella e Galliano Mariani
OMAGGIO A PETROLINI Il teatro Jovinelli sta crollando. Gli interventi di varie forze politiche, l’adesione di professori
universitari, l’avvenuto vincolo del monumento, non frenano i sotteranei interessi speculativi sul teatro: la proprietà, scoperto sui giornali
“Progetto Ambra”, chiude le porte del teatro, che, nell’incuria più totale comincia ad avere le prime forti lesioni strutturali.
Il giorno 13 giugno 1997 “Progetto Ambra” organizza una manifestazione davanti al teatro nella storica piazza Pepe, con eventi
musicali e un omaggio a Petrolini incentrato sul NERONE di Petrolini regia di Marcello cava, con Fabrizio Parenti, Gabriele
Parrillo e Tiziana Bagatella musiche originali eseguite dal vivo da GRONGE e con Alice Warschaw. Il teatro ”vuoto”
e visitabile nelle zone sicure è rimasto aperto per alcuni giorni.
Il materiale video girato da FLUID VIDEO CREW è stato parzialmente montato nel video
AMBRAKOWSKI presentato in prima assoluta il 17 dicembre 1997 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. L’alibi con cui si
realizzarono le riaperture clandestine del teatro è oggi il documento di un’esperienza “unica” di tentativo autonomo di politica
culturale.
Nell’autunno del 1998 il consiglio comunale di Roma ha approvato un progetto della proprietà che prevede la distruzione della
sala teatrale e le trasformazione dell’edificio con modifiche architettoniche e funzionali che hanno reso completamente vani la
battaglia e il “sogno” di Progetto Ambra.