Making Autism "Normal"

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From “Times on line” - October 12, 2009
Trasformare l’autismo in un fenomeno
‘normale’, non aiuterà mio figlio
Può ridimensionare l’impatto negativo del ‘marchio’, ma sminuisce
le difficoltà di apprendimento e l’isolamento che i malati sopportano
di Michael Fitzpatrick
(Traduzione a cura di Gionata Coacci)
Nei 15 anni trascorsi da quando a nostro figlio James è stata diagnosticata la sindrome autistica, la reputazione sociale di questo disturbo ha subito una trasformazione spettacolare. Nei primi anni ’90 l’autismo
era ancora visto come un’oscura e rarissima turba, associata a tare e ritardo mentale, che evocavano l’intervento dell’assistenza sanitaria pubblica a vita. Oggi l’autismo sembra essere presente dovunque, fa ormai parte di una considerazione più diffusa, anzi, è ritenuto perfino una condizione di un certo fascino,
per il suo collegamento alla presenza di talento e di creatività, o più semplicemente fa tendenza per il fatto che rende le persone che ne sono affette più interessanti a causa della loro originalità. Nonostante sia
sulla bocca di tutti, però, la divulgazione mediatica non ha portato ancora un reale vantaggio pratico per
le persone che ne soffrono.
Attualmente il ritratto di punta più avanzato dell’autismo, non può essere attribuito ai progressi della ricerca scientifica. Per quanto lo sviluppo della comprensione degli aspetti genetici e di quelli psicologici dello
spettro autistico abbia fatto un grande balzo in avanti, le neuroscienze devono rispondere ancora a importanti quesiti per chiarire il concatenamento delle cause che determinano il disturbo, e di conseguenza fornire più efficaci interventi terapeutici.
In effetti lo sviluppo delle conoscenze e l’aumento di consapevolezza insieme con la più vasta capacità di
diagnosi sui disturbi dell’autismo, sembrano maggiormente il risultato di un tendenza culturale verso la ridefinizione delle disabilità come differenze umane in termini di disturbi.
Ma per ciò che attiene al miglioramento effettivo della vita dei soggetti autistici e delle loro famiglie, la
domanda più scottante proprio nel momento in cui James si appresta a entrare nella sua vita di adulto,
è oggi questa: la società si sta muovendo per incontrare le reali esigenze degli autistici e per migliorare
la loro esistenza?
Non c’è dubbio che per molti aspetti abbiamo fatto importanti progressi. I genitori di oggi non sono più
schiacciati dalla responsabilità di aver provocato l’autismo nei figli, a causa della loro personalità frigida,
come succedeva durante gli anni del dopoguerra, quando erano in voga le teorie della psicologia dinamica. Diversi programmi comportamentali ed educazionali per i ragazzi, sono stati sviluppati sia a casa
che a scuola, sebbene le possibilità di accesso e di fruizione effettiva siano rimaste limitate.
Nonostante si faccia un gran parlare di provvedimenti e di progetti per gli adulti, tra cui l’assistenza con
progetti abitativi, e la promessa di accesso all’occupazione, la realtà rimane quella fondamentale della
costante battaglia per i servizi di assistenza.
D’altra parte, l’apparente ondata di diffusione dell’autismo, ha provocato la nozione di un autismo epidemico, che incoraggia paure ed ansietà utili a preparare un terreno fertile alla divulgazione di teorie irrazionali, come quella che asserisce che l’autismo non è altro che il risultato di una possessione demoniaca
(così nel libro e nel film “Horse Boy”) o, in una versione più moderna dell’identico atavico pregiudizio, che
sia causato dai vaccini o da qualche sconosciuta tossina presente nell’ambiente.
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From “Times on line” - October 12, 2009
La raffigurazione degli affetti da autismo come di “Anime morte”, o di “Relitti del sistema metabolico”
ambedue temi familiari divulgati da una fazione poco ortodossa del movimento biomedico, è decisamente screditante e disumanizzante.
Scienziati disonesti e medici poco ortodossi, accompagnati da giornalisti creduloni e da genitori di celebrità, hanno contribuito ad alimentare queste teorie e le terapie a loro associate, sostenendo la veridicità di
guarigioni miracolose e di incredibili “riprese” dall’autismo. In questo modo, molti genitori disperati sono
finiti nelle reti di imprese miliardarie multinazionali.
L’attrazione culturale generata dall’autismo, si riflette nella pletora di film, racconti e telenovelas che
hanno come protagonisti soggetti autistici. Tuttavia, finora - con qualche illustre eccezione, come per
“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon, o per il Film australiano “The Black
Balloon”, le popolari rappresentazioni della sindrome autistica tendono ad essere voyeristiche o
sentimentali.
L’autismo sembra offrire interminabili opportunità come metafora per le discussioni intorno alle apprensioni contemporanee riguardo la mascolinità, la paternità e la famiglia. Riflettendo sugli stravaganti e
offensivi travisamenti prodotti dal cinema sul tema “autismo”, lo scrittore Stuart Murray (padre di un bambino autistico) conclude che “complessivamente è discutibile il livello di miglioramento prodotto negli anni dalle rappresentazioni cinematografiche dell’autismo dai tempi del pionieristico successo di “Rain Man”.
Il concetto di “spettro autistico”, quel continuum che comprende sia gli individui con sindrome di Asperger
che quelli con autismo ad alto funzionamento, oltre naturalmente agli affetti da autismo classico, quello
che per intenderci comporta le più gravi difficoltà di apprendimento e i maggiori problemi sociali e comportamentali, ha favorito la riduzione dell’emarginazione della popolazione coinvolta nella sindrome.
Bisogna considerare comunque con attenzione, che la tendenza a etichettare come autistici sia gli eccentrici “geek” dei computer, come pure gli scienziati controcorrente, o gli ossessionati collezionisti di vario genere (il tutto aggravato dalla tendenza modaiola alla ricerca di scoprire personaggi storici e celebrità contemporanee da inserire nell’ampia categoria dell’autismo) comporta il danno che lo spettro si allarghi tanto da perdere le peculiarità identificative del vero autismo.
La “normalizzazione” come divulgazione semplificante del ‘fenomeno autismo’ può ridurre la connotazione negativa del marchio, ma rischia di sminuire la gravità delle problematiche di coloro che soffrono le più
serie difficoltà di apprendimento e di sottovalutare l’estremo isolamento prodotto dalle diverse abilità tipiche dello spettro autistico, anche negli individui ad alto funzionamento.
Quando fu diagnosticato che James era autistico, come medico di base non conoscevo praticamente nulla a riguardo. Non molto tempo fa, mentre ci accingevamo a pagare la spesa alla cassa di un supermercato, una donna accorgendosi del bizzarro comportamento di James mi chiese se soffriva della sindrome di
Tourette (divenuta popolare per le serie TV “Shameless” e “Il Grande Fratello”).
Eppure nonostante molta gente ormai riconosca dai segni le classificazioni che inquadrano l’autismo, le
continue proiezioni di un alto tasso di disoccupazione e di tagli alla spesa pubblica annunciano chiaramente un futuro incerto per tutti coloro che sono affetti dalla sindrome. La National Autistic Society ha promosso una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica con lo scopo di approfondire la conoscenza e la
consapevolezza della condizione in cui vivono gli adulti autistici - anche se permane il dubbio sull’effettivo
utilizzo delle risorse nle soddisfare le esigenze individuate.
Questa impostazione un pò distorta sulla visione dell’autismo può procurare la pubblicità per il nuovo film
su Sherlock Holmes o per la continuazione della serie The Phantom of the Opera, ma per tutte le famiglie
come la nostra, la battaglia invece di semplificarsi, si riposiziona in salita.
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