Equilibrio chimico e massimo di entropia

Equilibrio chimico e massimo di entropia
I2
H2
H2
I2
H2
(1-) I2
(1-) H2
2HI
HI
HI
Stato iniziale
Stato finale
1 = inizio
Frazioni molari
H2(g) +
1 mol
½
I2(g)
=
1 mol
½
2HI(g)
0 mol
0
ntot
2
2 = fraz  reagito
Frazioni molari
1–
Error!
1–
Error!
2
2

I2
In un miscuglio di gas ideali a 298 K, l’entropia di un singolo gas i che ne fa parte è:
Si = ni Si° – niRln pi ; lo stesso valore di entropia sarebbe posseduto dal gas che si trovasse da solo
alla pressione pi nello stesso volume e alla stessa temperatura. ni Si° rappresenta invece l’entropia
che avrebbe il gas se si trovasse da solo alla stessa pressione totale che ha il miscuglio di gas (per
avere tale pressione maggiore di pi il gas i dovrebbe stare ovviamente in minor volume). Si° riferito
a un’atmosfera si può ricavare dalle tabelle dell’entropia assoluta delle sostanze. Poiché pi = P·xi
(dove P è la pressione totale del miscuglio e xi è la frazione molare del gas i) abbiamo:
Si = ni Si° – niRln P – niRln xi
la reazione da noi scelta avviene senza variazione di numero di moli, perciò in condizioni di idealità
anche la pressione totale deve essere costante. Se scegliamo di seguire la reazione alla pressione
costate di 1 atm, si ha lnP = 0 e l’espressione diventa: Si = ni Si°– niRln xi . Poiché la frazione
molare xi è minore di 1, si ottiene che il termine – niRln xi è positivo, ovvero l’entropia che ha un
gas in miscela è maggiore di quella che avrebbe la stessa quantità di gas i se si trovasse da solo alla
stessa pressione del miscuglio.
Nella situazione iniziale abbiamo:
S1 = SH2°+ SI2° – R ln Error! – R ln Error! = SH2° + SI2° + R ln 4
Nella situazione finale, invece,
S2 = (1-)SH2°+ (1-)SI2° + 2SHI° – (1-)R ln xH2 – (1-)R ln xI2 – 2R ln xHI ;
Sottraendo S1 da S2 abbiamo la variazione di entropia del sistema che si trasforma per la frazione :
S =  (2SHI° – SH2° – SI2°) – (1-) R ln xH2 – (1-) R ln xI2–2R ln xHI – R ln 4
Il termine (2SHI° – SH2° – SI2°), corrispondente alla differenza tra le entropie dei prodotti e dei
reagenti, può essere riassunto con la simbologia rS°. Separiamo i termini proporzionali ad 

S = rS°  R(-ln xH2 - ln xI2 + ln xHI 2R (ln xH2 + ln xI2 + ln4)
Raggruppiamo ora i logaritmi:
S = rS°  RlnError! R ln (4 xH2 xI2 ) ; abbiamo così ottenuto S come funzione di  .
Per ricavare il S dell’universo dobbiamo ora considerare che la reazione effettiva, a differenza di
quella reversibile, avviene attraverso la rottura e la formazione di legami chimici. La cosa comporta
uno scambio di calore con l’ambiente esterno, necessario per ristabilire la temperatura di 298 K. Nel
caso reversibile, in cui i reagenti non si trasformano nei prodotti, ma sono estratti reversibilmente
dal sistema, mentre il prodotto HI non si forma nel sistema, ma entra reversibilmente attraverso una
membrana semipermeabile, le variazioni di entropia dell’ambiente sono uguali, a meno di una
differenza infinitesimale, a quelle del sistema, e di segno opposto. Il risultato ci darebbe una
variazione Su = 0, che non ci interessa molto. Nel caso reale, in cui la reazione raggiungesse un
grado di avanzamento irreversibile , la variazione di entropia del sistema coinciderà con quella giù
calcolata per il caso reversibile (perché S è una funzione di stato). Il Sa “vero” dell’ambiente,
invece, deve corrispondere al calore ad esso trasmesso nella reazione “vera” e irreversibile, diviso T
(298). Il calore assorbito dal termostato ha segno contrario alla variazione di entalpia rH del
sistema, che equivale alla frazione  del rH° (ottenibile dalla differenza tra le entalpie di
formazione del prodotto meno quelle dei reagenti):
Sa =  Error!
A questo punto la variazione di entropia dell’universo, Su, si ottiene sommando Sa e S
Su =  Error! + rS°  RlnError! R ln (4 xH2 xI2 ).
Dalle tabelle ricaviamo i dati sperimentali delle entropie assolute e delle entalpie di formazione di
H2(g), I2(g) e HI(g) , esplicitiamo Su come funzione di  e grafichiamo il risultato ottenuto.
H2(g)
130,6 J/(K·mol)
0
S°
fH°
I2(g)
260,6 J/(K·mol)
62,34
HI(g)
206,5 J/(K·mol)
26,48 kJ/mol
L’entalpia di formazione di I2(g) non è zero poiché a 298 K e 1 atm lo stato più stabile di tale
elemento è quello solido. 62,34 kJ/mol corrispondono all’entalpia di sublimazione dello iodio.
Dalla tabella si ricava rS° = + 21,8 J/(K·mol) e rH° = - 9380 J/mol. In definitiva la nostra
funzione è:
Su() = 53,3 8,31lnError! 8,31 ln (1-
Variazione di Entropia e grado di reazione
 H 2(g) +  I 2(g)  2  HI (g )
43,5
S u
43
42,5
42
41,5
0,8
0,85
0,9
0,95
frazione di mole trasformate 
1
Con un massimo a  = 0,925. Si tratta, evidentemente, di una reazione spostata a destra, con un’alta
costante d’equilibrio.
Calcolare il massimo della curva per via analitica sarebbe estremamente complicato, poiché la
derivata sarebbe una funzione di quinto grado e logaritmica, risolvibile solo graficamente. A questo
punto tanto varrebbe trovare per tentativi o per via grafica il massimo direttamente sulla curva,
anziché sulla sua derivata (in questo modo si ottiene il valore max = 0,925).
Ma si può ugualmente ricercare il massimo in modo esatto ricorrendo a uno stratagemma:
considerare trascurabili le variazioni dei logaritmi per piccole variazioni di  . In tal caso la derivata
della funzione Su() è semplicemente:
Error! = +53,3 - 8,31lnError! ; chiamando R il rapporto che sta all’argomento del logaritmo e
uguagliando a zero la derivata, otteniamo 53,3 - 8,31 lnR = 0; ma qualora l’entropia raggiungesse
un massimo, la reazione non potrebbe procedere oltre in modo spontaneo, poiché avrebbe raggiunto
lo stato di equilibrio. Quindi in tale condizione il rapporto R, ottenuto sostituendo  nell’equazione
Error! , equivale alla costante d’equilibrio Kx. Abbiamo dunque:
53, 3
ln Kx = Error! , da cui Kx = e 8,31 = 610;
Sapendo che Kx = Error! = 610 si può ricavare facilmente max estraendo prima la radice quadrata:
Error! = 24,7, da cui 2max = 24,7– 24,7·max;
max(2+24,7) =24,7
max = 24,7/26,7 = 0,925. La perfetta corrispondenza di questo valore con quello ricavato per via
grafica conferma la validità della nostra procedura e del valore trovato per la costante Kx.
Non è difficile generalizzare questo risultato e metodo di calcolo della costante d’equilibrio ad una
reazione qualsiasi. Anziché ricercare il valore di S per tutti i valori di  di una reazione (lavorando
sulla funzione primitiva) il problema si può semplificare ricavando direttamente il differenziale
della funzione, dS, che risulta proporzionale a d, e imponendo che esso si annulli (il che equivale a
cercare l’estremo).
Lo spostamento infinitesimo d è a partire da una situazione iniziale in cui ci sono tutti i reagenti e i
prodotti:
S1 = nH2 SH2°+ nI2 SI2° – nHI S°HI + nH2 R ln pH2 – nI2R ln pI2 – nHIR ln pHI
Nella situazione finale, invece,
S2 = (nH2 -d)SH2°+ (nI2 - d)SI2° + (nHI + 2dS°HI – (nH2 - d)R ln pH2 – (nI2 - d)R ln pI2 – (nHI + 2dR ln pHI ;
Non ci deve sfuggire un’approssimazione: i valori delle pressioni parziali dello stato 2 sono
leggermente diversi da quelli dello stato 1, ma se d  è realmente << 1 tale differenza può essere
trascurata.
Sottraendo S1 da S2 abbiamo la variazione di entropia dS del sistema che si trasforma per la frazione
d:
dS = drS°  dRlnError!
Sommiamo il dSa dell’ambiente, pari  d Error!, e otteniamo
dSu = d (rS°  Error!)  dRlnError!
Se indichiamo la quantità tra parentesi con rSu°, la variazione infinitesima di entropia, associata
alla trasformazione chimica di d moli di reagenti in prodotti, sarà espressa semplicemente da:
dSu = d (rSu°  RlnError!)
Nella parentesi abbiamo la funzione derivata dell’entropia dell’universo rispetto al grado di
reazione. Facendo riferimento al grafico della funzione primitiva, il dSu, a seconda della situazione
in cui ci troviamo (determinata dalle pressioni parziali con cui mettiamo i tre gas nel sistema) può
assumere tre valori: positivo (fase crescente, parte sinistra della curva a campana), nullo (piccoli
spostamenti a destra o a sinistra intorno al punto di massimo) o negativo (zona decrescente
all’estremità destra della curva). Esaminiamo il significato dei tre casi.
Se ci troviamo con dSu>0 ciò significa che la formazione di altri prodotti e la scomparsa di un po’
di reagenti avverrà in modo spontaneo, con aumento dell’entropia, ovvero ci troviamo ancora a
“sinistra” dello stato di equilibrio, lungo la coordinata di reazione.
Se invece dSu = 0 vuol dire che la reazione può avvenire anche reversibilmente, il che sta a
significare che siamo all’equilibrio e anche al punto finale della trasformazione, dato che l’entropia
non potrà ulteriormente aumentare: il processo “è morto”. Questo si ha quando la combinazione di
pressioni parziali è tale che:
lnError! = Error!
ovvero
Ke = Error! = e Su
0
R
Dove Ke è la costante d’equilibrio.
Infine, se dSu < 0 vuol dire che la formazione di ulteriori prodotti contraddirebbe il secondo
principio della termodinamica e quindi non si potrebbe mai verificare. Le pressioni parziali dei tre
gas, con cui abbiamo “caricato” il sistema, corrispondono a uno stato situato oltre lo stato
d’equilibrio. Cosa accadrà allora? Se la trasformazione con d comporta diminuzione dell’entropia
(discende la “collina”), la trasformazione opposta -d, in cui un po' di prodotto riforma un po’ di
reagenti (risalendo verso la sommità della collina), avrà un dSu>0. In poche parole se ci troviamo
oltre la posizione dell’equilibrio, avverrà la reazione opposta fino a raggiungere l’equilibrio. Tale
trasformazione sarà spontanea e irreversibile, proprio come quella che dai reagenti conduce
all’equilibrio.
Una nuova funzione di stato (l’ultima, promesso)
Esplicitando la variazione rSu abbiamo rSu = -rH/T + rS, 1. Osserviamo che ciò che accade
all’entropia dei due sottosistemi (quello in cui avviene la reazione chimica e il termostato) è
espresso in realtà solo in funzione di ciò che accade al sistema, poiché rH , T, e -rS sono variabili
e funzioni proprie del sistema. Questa è una bella notizia, poiché possiamo sperare di trovare una
forma del secondo principio che ci faccia prevedere in quale direzione il sistema deve evolvere
senza dover considerare “tutto l’universo”. Né l’entropia né l’entalpia del sistema, da sole, ci danno
tale criterio, poiché ciascuna delle due può altrettanto bene aumentare o diminuire nelle
trasformazioni spontanee, a seconda dei casi. Questa particolare combinazione delle due grandezze,
S - H/T, invece, aumenta sempre quando il sistema chimico evolve rimanendo in equilibrio
meccanico e termico con il suo ambiente. Poiché l’energia ci sta più simpatica dell’entropia,
moltiplichiamo tutto per T, ottenendo così grandezze energetiche: TrSu = -rH + TrS; inoltre,
dato che l’energia deve tendere a un minimo, e non a un massimo come fa Su, cambiamo il segno:
-TrSu = rH - TrS = r(H –TS) = rG
Dove G = H – TS è una funzione di stato (non occorre dimostrarlo, dato che H, T ed S lo sono)
chiamata energia libera o funzione di Gibbs 2. Data la relazione tra rSu e rG, dire che l’entropia
dell’universo deve sempre aumentare in un processo naturale, equivale a dire che l’energia libera
del sistema deve diminuire sotto i vincoli della temperatura e della pressione costanti. Se un sistema
chiuso potesse solo scambiare calore e lavoro di espansione contro una pressione esterna, le
condizioni di equilibrio meccanico e termico starebbero a indicare che tale sistema si trova già
all’equilibrio e che l’entropia non potrebbe in alcun modo aumentare, come dire che il sistema non
potrebbe più trasformarsi. Ma esiste una terza fonte di irreversibilità, chiamata irreversibilità
chimica. Come l’irreversibilità meccanica è il risultato dello sbilanciamento delle pressioni interna
ed esterna, l’irreversibilità termica risulta da differenze di temperatura tra sistema e ambiente,
l’irreversibilità chimica risulta dalla differenza di “potenziale chimico”, , tra reagenti e prodotti. P,
Notiamo che tutto ciò differisce da rSu°, costante, solamente per il termine -RlnRp, (dove Rp è il rapporto delle
pressioni parziali elevate ai rispettivi coefficienti stechiometrici). Poiché tale termine è scaturito dalla somma delle
variazioni dell’entropia di miscela di tutti i componenti, possiamo ora pienamente apprezzare che l’esistenza di uno
stato di equilibrio e della stessa costante d’equilibrio sono legate a tale modo di incrementare l’entropia.
2
Introdotta da Josiah Willard Gibbs, pronuncia “ghibs” (che non è uno dei fratelli Gibb dei Bee Gees, ma lo scienziato
americano che ha dimostrato ed enunciato il “teorema di Gibbs”, in base al quale l’entropia di un gas in miscela è la
stessa che quel gas avrebbe se occupasse da solo lo stesso recipiente e in base al quale siamo stati in grado di calcolare
l’entropia di miscela.
1
T e  (mu) sono tre variabili intensive, che moltiplicate per la variazione di una determinata
grandezza estensiva, producono una variazione di energia “in uscita” dal sistema.
-T·S = -Qrev (minima quantità di calore che esce dal sistema in un’ipotetica trasf. reversibile)
P·V = Lesp (lavoro di espansione massimo, che comporta perdita di energia del sistema)
i·ni = Lch lavoro chimico in uscita, dovuto al consumo della sostanza i (da cui il segno -), che
può essere sfruttato per generare sostanze complesse (a bassa entropia, es. cellulosa) o instabili (ad
elevata entalpia, es. ATP) o trasformato in lavoro elettrico in un adatto dispositivo (pila). Abbiamo
già introdotto nell’equazione WISE il potenziale chimico  come grandezza intensiva, il cui
“sbilanciamento”comporta una spinta a causare una trasformazione chimica irreversibile così come
uno scompenso tra pressione interna ed esterna comporta un’espansione o una compressione
irreversibili.
Il primo principio della termodinamica si può scrivere ricavando la variazione dell’energia del
sistema come somma di tre contributi: E = Q - Lesp – Lch, dove si è separato il lavoro di espansione
dal lavoro chimico (in sistemi più complessi potrebbero esserci altre forme di lavoro, come quello
magnetico o dalle interazioni superficiali, ma qui non li prendiamo in considerazione poiché ci
occupiamo di termodinamica chimica). È importante notare che in una trasformazione spontanea e
irreversibile Q > Qrev. Quindi possiamo scrivere Q = Qrev + Qdis, dove Qdis è un surplus di calore
dissipato, o “energia sprecata”, negativa per definizione (cioè positiva per l’ambiente).
E = Qrev + Qdis - Les – Lch. Sapendo che Lesp = PeV e Qrev = TS, mettendoci in condizioni di
equilibrio termico e meccanico (il che non significa che la trasformazione sia reversibile), avremo
E = TS + Qdis - PV – Lch
Ricordando la definizione di H = E + PV, e portando PV al primo membro, avremo, a P e T
costanti:
H = TS + Qdis– Lch
Portando anche TS al primo membro, e ricordando la definizione di G appena introdotta, si
conclude che:
G = Qdis– Lch
Ovvero: la diminuzione di energia libera che si ha in un processo spontaneo si ripartisce tra una
liberazione di calore all’esterno del sistema e la produzione di lavoro chimico o lavoro “utile”. Se il
processo è condotto in condizioni di quasi reversibilità chimica, oltre che termica e meccanica,
avremo Q  Qrev e Qdis  0, ovvero la diminuzione di energia libera si traduce nella massima
quantità possibile di lavoro chimico prodotto o accumulato:
G = – LUmax
Tutte le trasformazioni chimiche tendono al massimo grado di disordine nelle posizioni delle
molecole e delle loro distribuzioni di energia (massima S) e nel contempo tendono alla formazione
di legami più stabili (minima H). Da questa “spinta”, se togliamo l’energia che viene sprecata per
riscaldare il mondo circostante e quella che si traduce in un banale aumento di volume contro la
pressione esterna, quanta ne rimane per fare qualcosa di utile? La risposta è semplice: -G.
E se noi non introduciamo alcun dispositivo o sistema di catalisi atto a sfruttare tale lavoro chimico,
immagazzinandolo in legami chimici, o trasformandolo in lavoro utile? Allora andrà tutto sprecato,
andremo ad aumentare la frazione Qdis e avremo G = Qdis, che è come dire che l’entropia
dell’universo aumenterà della quantità Qdis/T. L’energia libera è una funzione di stato: per una data
reazione che avviene tra uno stato iniziale e uno finale, G non cambia. Se c’è un dispositivo (es.
pila) o un sistema di catalizzatori e stadi intermedi di reazione, ci potremo avvicinare alla
reversibilità, con processi di trasformazione non troppo lontani dall’equilibrio, con minore
dissipazione e massimo rendimento in utilizzo. Se non mettiamo alcunché e lasciamo che la
reazione avvenga in tutta la sua irrefrenabile irreversibilità, avremo il massimo aumento di entropia
dell’universo, con lo stesso G del sistema. In effetti, mentre G è una funzione di stato, TSu può
assumere valori diversi per uno stesso G, a seconda di come si effettua la trasformazione del
sistema3 e ciò si verifica perché nell’ambiente i cambiamenti sono differenti a seconda delle diverse
modalità con cui portiamo il sistema dallo stato iniziale a quello finale. Ma allora che dire
dell’equazione -TrSu = rG ? Essa sembra stabilire un rapporto rigido e ben preciso tra G e Su,
cioè, una volta fissato G, il Su sarà determinato. E così è, ma questo si verifica perché nelle
nostre “scatole di van’t Hoff non abbiamo previsto nessuna forma di opposizione al potenziale
chimico e quindi nessuna forma di lavoro utile. Se esaminiamo la questione più in dettaglio
possiamo risolvere questa contraddizione.
Su = S – Error! (dove il secondo termine a destra è il Sa)
TSu = TS – Q
Sostituiamo Q = E + L e dividiamo il lavoro in lavoro PV e altre forme “utili”.
TSu = TS – E – PV + Lu;
sostituiamo H = E – PV (a pressione costante)
TSu = TS – H + Lu;
sostituiamo G = H - TS
TSu = –G + Lu; che è un’espressione più completa di quella ottenuta con le dette “scatole”.
Se Su > 0 => -G – Lu > 0  G + Lu > 0  Lu < -G
Se Su = 0 => -G – Lu = 0  Lu = Lmax = -G
Dobbiamo ammettere che la trasformazione chimica, da un dato stato iniziale a un dato stato finale,
ha un determinato G, ma può essere fatta a vari gradi di irreversibilità. Il massimo grado si ha
quando Lu = 0 e TSu = -G , cioè tutto il lavoro che si sarebbe potuto ottenere è stato dissipato. Se
non si sfrutta il lavoro extra, il processo sarà completamente spontaneo. Se lo si vuole sfruttare si
deve contrastare la terza causa di irreversibilità: quella chimica, ottenendo quindi un processo
reversibile. Nell’elettrochimica vedremo come ciò si possa fare praticamente.
Nel frattempo rimettiamo in gioco la cosiddetta “Isoterma di van’t Hoff”:
dSu = d (rS°  Error!)  dRlnError!
Poniamo d= 1 mol. Come può una quantità infinitesima essere pari a una mole? Lo è se nella
grande scatola ci sono dieci milioni di moli a determinare le pressioni dei vari gas. Dopo la reazione
di una mole, in pratica, nessuna pressione sarà cambiata significativamente. L’isoterma di van’t
Hoff diventa:
Su = rS°  Error!  RlnError!
Moltiplicando per T abbiamo:
Su =  G = TrS° rH°  RTlnError! , cioè:

 G = rG°  RTlnError!
rG = rG°  RTlnError!
Isoterma di van’t Hoff
L’argomento del logaritmo si annulla, ad esempio, se tutte le pressioni sono scelte con valore
unitario, qualunque sia la reazione. In tal caso rG°G, il che definisce rG° (facilmente
calcolabile dai valori tabulati) come la variazione di energia libera che si ha nella trasformazione
di una mole di reagenti in prodotti mantenendo pressioni parziali unitarie e costanti di tutti i
componenti..
Si potrebbe obbiettare che Su, essendo somma delle funzioni di stato S e Sa, dovrebbe essere anch’esso una funzione di
stato, con variazioni indipendenti dal percorso. Questo sarebbe vero se considerassimo il sistema “intero” o isolato
come sistema. Ma in tal caso una trasformazione reversibile e una irreversibile non potrebbero avere ambedue gli stessi
stati iniziale e finale.
3
G
G
equilibrio
G° > 0
G° < 0
 = 1 mol
Reag.
pi = 1
Rp = 1
equilibrio
Prod.
 = 1 mol
Reag.
pi = 1
Rp = 1
Prod.
Lo stato con Rp = 1 è equidistante, lungo la coordinata di reazione, dai reagenti e dai prodotti.
Questo viene rappresentato dal trattino centrale lungo l’asse delle ascisse. Si ricava dalla curva la
variazione di G che corrisponde alla trasformazione di una mole di reagenti in prodotti (freccia
orizzontale verso destra,  = +1).
Nella reazione a sinistra si ottiene un valore positivo del rG°perché lo stato con Rp = 1 si trova nel
tratto crescente della curva, ovvero in una situazione in cui le concentrazioni di prodotti eccedono
quelle dello stato d’equilibrio che, per questa particolare reazione, risulta spostato verso i reagenti.
Nella reazione di destra lo stato con Rp = 1 corrisponde al ramo decrescente della curva, il rG°è
negativo, cioè l’equilibrio si trova più a destra di tale stato, spostato verso i prodotti. Quindi dal
segno di rG°possiamo ricavare:
rG° > 0 reazione “poco favorita o endoergonica”, spostata a sinistra, Ke < 1
rG° < 0 reazione “favorita o esoergonica”, spostata a destra, Ke > 1
Non dobbiamo compiere l’errore di affermare che una reazione con rG° positivo non potrà
avvenire spontaneamente. Non è vero: tutte le reazioni procedono fino all’equilibrio. Unendo i
reagenti questi si trasformeranno nei prodotti fino a raggiungere le concentrazioni, o pressioni
parziali, previste dall’equilibrio. Lo stesso accade se rG°è negativo, con la differenza che
all’equilibrio, in questo caso, ci saranno concentrazioni di prodotti maggiori rispetto ai reagenti.
Se volessimo conoscere rG per uno stato con pressioni parziali qualsiasi, anziché tutte unitarie,
dovremmo utilizzare l’isoterma di reazione completa e, ovviamente, conoscere le concentrazioni o
le pressioni parziali per sostituirle nell’argomento del logaritmo, Rp. Anche in questo caso, se la
combinazione di pressioni corrisponde ad uno stato posto più a sinistra dell’equilibrio, avremo rG
< 0, ovvero Rp < Kp; se è posto a destra dell’equilibrio sarà rG > 0, Rp > Kp. Se invece G
risultasse nullo, ciò significherebbe che le concentrazioni o pressioni scelte corrisponderebbero a
uno stato d’equilibrio, Rp = Kp.