Renè Descartes CARTESIO

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Renè Descartes
CARTESIO
Biografia a cura di
Zoran Evtoski
Anno Accademico 2007/2008
La Vita e le Opere
Renè Descartes (latinizzato in Renatus Cartesius) nacque a La Haye nel
1596. Inviato al Collegio gesuitico di La Flèche, nell’Angiò, conseguì poi la
licenza in diritto all’Università di Poitiers. Dal 1618 al 1620 si arruolò in vari
eserciti partecipanti alla Guerra dei Trent’anni; il 10 novembre 1619, mentre si
trovava in Germania, ebbe una “rivelazione intellettuale” circa i fondamenti di
una nuova scienza: l’intuizione venne sviluppata più avanti soprattutto nelle
incompiute Regole per la guida dell’intelletto (1627-1628).
Dal 1629 al 1649 soggiornò in Olanda, dove pubblicò le sue opere più importanti:
Discorso sul metodo (1637), Meditazioni metafisiche (insieme alle Risposte alle
obiezioni, 1641), Principi di filosofia (1644) e Passioni dell’anima (1649). Nel
1649 accolse l’invito della regina Cristina di Svezia e lasciò definitivamente
l’Olanda, ma nel febbraio del 1650 si ammalò di polmonite, che in una settimana
lo condusse alla morte. Le sue spoglie, traslate in Francia nel 1667, riposano nella
chiesa di Saint-Germain-des-Prés a Parigi.
Il Pensiero
La genialità del pensiero di Cartesio si espresse in primo luogo nel campo
della matematica. Il filosofo è, tutt’ora, considerato l’inventore di quel ramo della
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matematica che applica l’algebra alla geometria, vale a dire appunto la geometria
cartesiana: le ascisse e le ordinate sono chiamate anche coordinate cartesiane.
Cartesio era affascinato dalla chiarezza e dall’affidabilità delle certezze cui
la matematica conduce, e il tentativo di applicare il metodo della matematica ad
altri campi della conoscenza rimase la sua ambizione più grande per tutta la vita.
Ciò che lo colpiva era come le dimostrazioni matematiche, partendo dalle
premesse più semplici e indubitabili, e compiendo dei passaggi logici altrettanto
semplici, per lo meno all’inizio, potessero, grazie al metodo deduttivo (ovvero
procedere sempre tramite passaggi logici), spiegare le questioni più oscure ed
intricate. Due erano, secondo Cartesio, le caratteristiche salienti del metodo
matematico: la chiarezza e la distinzione, alle quali sono affiancate l’intuizione e
la deduzione. In un tempo nel quale si erano affermate e si sviluppavano con
vigore nuove prospettive scientifiche (Galileo Galilei) e si aprivano nuovi
orizzonti filosofici (Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Francis Bacon),
Cartesio avverte la mancanza di un metodo che metta ordine e sia anche uno
strumento fondazionale davvero efficace.
Il nuovo metodo deve presentarsi come l’inizio di un nuovo sapere, e dal
fondamento di questo nuovo sapere dipende l’ampiezza e la solidità dell’edificio
che occorre costruire in contrapposizione all’edificio aristotelico, sul quale
poggia tutta la tradizione. La metafisica tradizionale aveva dato per scontato
troppe cose, giungendo così ad asserire tesi in contraddizione le une con le altri
sulla base di premesse dubbie. Per queste ragioni, Cartesio giunse alla
conclusione che il metodo del dubbio iperbolico fosse lo strumento adeguato per
giungere a delle premesse indubitabili (quindi bisogna prima liberarsi dei
pregiudizi o presunte verità, mettendo in discussione le antiche credenze anche
quelle più evidenti e procedere tramite l’uso corretto della ragione ovvero il
metodo matematico). Il metodo che egli ricerca è sia teoretico che pratico: deve
essere una guida per l'uomo nel mondo, ossia deve condurre a una filosofia non
più solo speculativa, ma pratica, che consenta all'uomo di rendersi padrone della
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natura. Questa forma di sapere, secondo Cartesio, potrebbe condurre gli uomini
ad essere esenti da svariate malattie del corpo e dello spirito, e persino dalla
vecchiaia. Il metodo deve essere un criterio unico e semplice di orientamento che
serva all'uomo in ogni campo teoretico e pratico e che abbia come ultimo fine il
vantaggio dell'uomo nel mondo. Per Cartesio la saggezza umana è una sola,
qualsiasi sia il campo a cui essa si applica, e uno è l'uomo nelle sua varie attività.
Cartesio vuole innanzitutto offrire regole certe e facili che, correttamente
osservate, condurranno alla conoscenza vera di tutto ciò che si può conoscere.
Nel Discorso sul metodo, queste regole sono quattro:
• evidenza, la quale si raggiunge
mediante un “atto intuitivo”;
• analisi, poiché per l’intuizione è
necessaria la semplicità, bisogna
scindere ogni problema complesso
in parti elementari;
• sintesi, la quale deve partire da
elementi semplici,assoluti e non
dipendenti da altri, e procedere
verso
elementi
relativi
o
dipendenti, dando luogo a una
catena di nessi coerenti;
• controllo, effettuare l’enumerazione completa degli elementi
analizzati e la revisione delle
operazioni sintetiche.
In breve, per procedere con correttezza in qualsiasi ricerca, occorre ripetere il
movimento di semplificazione e di rigorosa concatenazione, tipico del
procedimento geometrico (tramite intuizione e deduzione). Cartesio, pertanto,
inizia a dubitare dei propri sensi. I sensi possono ingannare, come dimostrano le
illusioni ottiche. Anche se i sensi ingannano, però, e anche se possiamo, per
quanto ne sappiamo, illuderci costantemente di vivere, vedere, toccare quello che
in realtà e solo frutto della nostra immaginazione, le verità matematiche sono
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comunque sempre vere. Due più tre fa sempre cinque e un quadrato ha sempre
quattro lati.
Tuttavia, applicando il metodo del dubbio iperbolico (tabella 1), Cartesio
giunge ad immaginare che il creatore dell’Universo possa non essere il
benevolente Dio Cristiano, bensì un genio maligno il cui costante scopo sia
quello di ingannare il genere umano (o Cartesio semplicemente, giacché, essendo
i sensi ingannatori, non è lecito fare affidamento sull’esistenza degli altri). Per
cui, anche il più semplice ragionamento matematico potrebbe essere falso. Come
possiamo, infatti, essere sicuri che tale genio maligno non esista? L’intera realtà,
pertanto, potrebbe essere il sogno di tale genio maligno. Dobbiamo dunque
giungere alla conclusione che non vi è nulla di indubitabile? No, dal momento
che vi è in effetti qualcosa di indubitabile, vale a dire la certezza della propria
esistenza: chi dubita, sta riflettendo, e chi riflette, pensa, dunque esiste (cogito,
ergo sum).
Questo sarebbe vero, e necessariamente vero, anche se i sensi e un genio
maligno ci ingannassero in continuazione. Tale verità non può essere negata e
posta in discussione senza cadere in contraddizione (se dico “dubito di esistere”,
sto in realtà dimostrando la mia esistenza). E’ importante notare, già a questo
punto, come Cartesio punti sul fatto che sia la coscienza (l’attività mentale, il
cogito) ad essere indubitabile, e non la certezza dell’esistenza del proprio corpo.
L’affermazione “Penso, dunque sono” è pertanto, secondo Cartesio, l’unica
certezza indubitabile. Cartesio ritiene che la mente sia una sostanza puramente
pensante (res cogitans) e che il corpo sia una sostanza puramente materiale (res
extensa), una mera estensione materiale all’interno della quale la mente opera.
Gli esseri umani sono essenzialmente esseri pensanti (res cogitans), vale a dire
sono essenzialmente mente, anima. Il nostro corpo non è nient’altro che una
macchina, materia estesa (res extensa) che serve come veicolo e strumento della
mente. Nell’uomo, a differenza di tutti gli altri esseri viventi, le due sostanze si
trovano insieme. Infatti l’anima è pensiero, non vita, e la sua separazione dal
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corpo non provoca la morte; l’anima ha propriamente sede in una piccola
ghiandola, detta pineale, situata nel centro del cervello, ed è proprio lì che c’è la
“comunicazione” tra le due sostanze. In qualità di sostanza pensante l’uomo
sviluppa tre tipi di idee:
1) innate, insite da sempre nell’anima;
2) fittizie, create da noi tramite la fantasia;
3) avventizie, venute dal mondo esterno;
Tra le molte idee, esiste l’idea innata di Dio, cioè l’idea di una sostanza infinita,
eterna, immutabile, indipendente, onnisciente, e dalla quale noi stessi, e tutte le
altre cose esistenti, siamo stati creati e prodotti. L’idea di Dio è soggettiva e
oggettiva allo stesso tempo, e attesta di essere innata in noi perché prodotta da
Dio stesso. Dio è garante anche di tutte quelle verità chiare e distinte, “eterne”
che devono costituire l’ossatura del nuovo sapere; ma queste verità, create
liberamente da Dio, sono contingenti e vengono dette “eterne” solo perché Dio è
immutabile; esse non partecipano all’essenza di Dio e perciò nessuno, pur
conoscendole, può ritenere di conoscere i disegni imperscrutabili di Dio.
Dio è garante del fatto che la facoltà immaginativa e quella sensibile attestano
l’esistenza oggettiva del mondo corporeo, tra tutte le cose che dal mondo esterno
giungono alla coscienza è possibile concepire come chiara e distinta solo
l’estensione. Non c’è dunque che una stessa materia in tutto l’universo, e noi la
conosciamo solo perché essa è estesa in lunghezza, larghezza e profondità. E’
questo un punto di immensa portata rivoluzionaria, già messo in luce da Galilei,
che Cartesio riprende perché da esso dipende la possibilità di avviare un discorso
scientifico rigoroso e nuovo. L’universo è una grande “macchina” i cui elementi
essenziali sono materia e movimento. Anche il corpo umano e gli organismi
animali sono delle macchine, e quindi funzionano in base a principi meccanici
che ne regolano i moti e le relazioni; ciò che chiamiamo “vita” è riducibile a
un’entità materiale, cioè a elementi sottilissimi che, veicolati dal sangue, si
diffondono per tutto il corpo e presiedono alle principali funzioni dell’organismo.
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Per favorire il dominio della ragione sulla tirannia delle passioni, nel Discorso sul
metodo Cartesio propone come “morale provvisoria” quattro norme che poi si
sono rivelate valide e, per lui, definitive:
1) obbedire alle leggi, ai costumi e alla religione del proprio paese,
accogliendo le opinioni comuni più moderate ;
2) perseverare nelle azioni con la maggior fermezza e risolutezza possibile;
3) vincere piuttosto se stessi che la fortuna, e mutare piuttosto i propri
desideri che l’ordine del mondo;
4) coltivare la ragione e la conoscenza del vero.
Dall’insieme risulta evidente la direzione dell’etica cartesiana, cioè la
“sottomissione lenta e faticosa della volontà alla ragione”, quale forza-guida di
tutto l’uomo: la libertà della volontà si realizza solo attraverso la sottomissione
alla logica dell’ordine che l’intelletto è chiamato a scoprire, fuori e dentro di sé
(il buon-senso è la facoltà razionale che hanno tutti gli uomini).
Bibliografia:
Renè Descartes: Discorso sul metodo” prima edizione pubblicata da Ian Maire.
1637
Reale G., Antiseri D.: Storia della Filosofia editrice La scuola, 1997
Sitografia:
http:/it.wikipedia.org/wiki/Cartesio
http://www.filosofico.net/cartesio.htm
http://lgxserver.uniba.it/lei/filosofi/autori/cartesio-scheda.htm
http://ildiogene.it/EncyPages/Ency=Cartesio.html
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Tabella 1
Metodo del dubbio iperbolico
Cartesio
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