ASSISTENZA La sanità e il mediatore culturale L’esperienza dell’ASL BT Un tema assai caro alla direzione strategica dell’ASL BT è la promozione dell’accesso ai servizi socio sanitari, nonché i diritti di salute e benessere della popolazione immigrata. I migranti vivono o esprimono spesso un traumatico distacco rispetto ai luoghi d’arrivo e anche quando provano un’adesione convinta al nuovo paese, si lasciano facilmente accompagnare dal pensiero del ritorno. Questo produce un’oscillazione tra il desiderio di abbandonare ciò che hanno raggiunto, percorrendo a ritroso il viaggio e immaginando l’annullamento delle sofferenze, e quello di staccarsi definitivamente dall’origine, dal senso di stringente responsabilità e dalla nostalgia. Fino a pochi anni fa una buona salute rappresentava per gli immigrati l’unica certezza su cui investire il proprio futuro. Questo fenomeno era definito “effetto migrante sano” ed era dovuto ad un’autoselezione di chi decideva di emigrare. Oggi per una serie di fattori complessi, giungono sul nostro territorio anche persone non più giovani, meno acculturate, con progetti migratori temporanei e non scelti. Alcuni hanno avuto a che fare con la giustizia e approfittano della condizione di disperazione di altri immigrati; altri gestiscono i traffici di droga e prostituzione, soprattutto dall’Europa dell’est. Quindi anche il profilo di salute di queste persone si è modificato. Il patrimonio di salute in dotazione all'immigrato, sempre che giunga integro all’arrivo in Italia, si dissolve sempre più rapidamente per una serie di fattori di rischio: 1. il malessere psicologico legato alla condizione di immigrato, 2. la mancanza di lavoro e reddito, 3. la sottoccupazione in lavori rischiosi e non tutelati, 4. il degrado abitativo in un contesto diverso dal paese d'origine, 5. l’assenza del supporto familiare, il clima e le abitudini alimentari diverse che spesso si aggiungono ad una condizione di status nutrizionale compromesso, 6. la difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari. Le malattie che si manifestano sono definite del disagio o del degrado. Esse non sono specifiche dell’ immigrato, ma di tutti gli esseri umani poveri ed emarginati; sono le patologie della povertà propriamente dette: tubercolosi, scabbia, pediculosi, alcune infezioni virali, micotiche e veneree. Tra i bambini stranieri sono frequenti la prematurità, il basso peso alla nascita, la mortalità neonatale e i calendari vaccinali effettuati spesso in ritardo o in modo incompleto, soprattutto nelle popolazioni nomadi. Collegato, quindi, alla parallela e progressiva affermazione e stabilizzazione della presenza straniera e al conseguente utilizzo, da parte degli immigrati, dei servizi assistenziali, il tema della mediazione culturale in ambito sanitario – e dei ‘mediatori’ con riferimento ai soggetti artefici della mediazione – ha iniziato ad emergere in Italia all’inizio degli anni ’80, occupando poi uno spazio crescente. La sua interpretazione prevalente ha a che fare con la necessità di comunicare più efficacemente, in primis a livello linguistico, tra interlocutori che non utilizzano lo stesso idioma. È, però, nozione comune che la comunicazione è un processo complesso, che travalica la semplice capacità di comprensione linguistica, per abbracciare la dimensione simbolica e quella più ampiamente culturale. A Roma proprio all’inizio degli anni ottanta viene istituito l’I.N.M.P. - l’Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti ed il Contrasto delle Malattie della Povertà. Oggi, l’I.N.M.P. che svolge un’attività più che ventennale di accoglienza, cura, ricerca scientifica e formazione specializzata riguardo alle condizioni di salute delle popolazioni migranti, rappresenta per l’Italia il consolidamento e la prospettiva di ulteriore sviluppo di un lavoro scientifico, clinico, di ricerca e formazione. Considerato che il fenomeno immigratorio in Italia è caratterizzato da un’estrema frammentazione e diversificazione delle comunità rappresentate e quindi dei bagagli linguistici a disposizione, si comprende l’estrema utilità di poter disporre di ‘facilitatori’ della comunicazione che abbiano una buona conoscenza tanto dell’italiano quanto della lingua straniera, sia essa l’arabo, il rumeno, il filippino o il peruviano (mediazione linguistica). Al contempo, la figura del mediatore culturale viene evocata per intervenire a evitare possibili incomprensioni e malintesi che si ritengono derivare dai differenti sistemi di valori, rappresentazioni, credenze e codici delle diverse culture di appartenenza (mediazione culturale). Quest’ultima è sicuramente una dimensione più complessa e difficile da esplorare e sistematizzare; tra i tanti esempi possibili, basti pensare alle notevoli distanze culturali in merito a regimi e tabù alimentari; ai diversi codici comportamentali relativi alle relazioni tra i due sessi; all’orizzonte religioso/spirituale entro cui collocare forme di malattia psicofisica, di sovente non percepibili consciamente dagli stessi ‘malati’; alle modalità di organizzazione familiare e anche più ampiamente sociale entro cui i singoli sono inseriti, modalità che a volte presentano stridenti contrasti o anche, più semplicemente, un’indifferenza, rispetto al diritto in vigore nel Paese ospitante. La Direzione Generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha finanziato, con il Fondo Politiche Migratorie, un programma di “Interventi in materia di assistenza e prevenzione sanitaria della popolazione immigrata” realizzato dall’I.N.M.P. che ha previsto la formazione di mediatori culturali in ambito socio-sanitario. Il progetto in argomento ha previsto la formazione di tali figure attraverso l’iter procedurale di un corso di formazione. Il corso si è articolato in una formazione frontale, stage di post formazione e training on the job, in particolare: • 40 ore di corso teorico intensivo- presso l’I.N.M.P., in sede plenaria. • 160 ore di corso teorico presso le due ASL focal point . • 200 ore di stage per ciascun mediatore presso le ASL di provenienza. Il percorso di training on the job è avvenuto all’interno dell’ASL BT per la durata di 4 mesi, secondo il progetto formativo individuale concordato tra partecipante e struttura ospitante. Lo stage è stato realizzato principalmente all’interno dei Distretti Socio Sanitari e del P.O. di Barletta. L’ASL BT, per la partecipazione all’iter di formazione, ha selezionato due persone straniere una di nazionalità araba e una di nazionalità rumena. In particolare, i due mediatori hanno: • svolto attività di informazione e di orientamento, • prodotto materiali di informazione ed orientamento multilingue, • svolto interventi di mediazione presso i distretti e presso l’ospedale, • collaborato alle manifestazioni cittadine organizzate dall’ASL BT svoltesi in alcune città della sesta provincia pugliese, • realizzato una brochure informativa per l’accesso e l’informazione degli immigrati ai servizi socio sanitari nazionali e dell’azienda ASL BT. Inoltre, durante il training on the job i due mediatori hanno svolto una indagine conoscitiva sul grado di soddisfazione dell’assistenza sanitaria erogata a cittadini immigrati. Il questionario suddiviso in tre sezioni è stato somministrato: • ai 127 cittadini stranieri che afferiscono ai servizi/reparti • a 100 dipendenti dell’ASL BT • a 109 cittadini italiani che afferiscono ai servizi socio sanitari. Per un totale 336 questionari. In conclusione, il progetto realizzato all’interno dell’ASL BT ha comprovato come la mediazione culturale è sicuramente basilare nel campo sanitario. E’ indispensabile affinché il paziente si senta a suo agio, sia proficua la relazione medico- paziente e siano rispettati i valori che una cultura trasmette rispetto alla cura. Maurizio De Nuccio – Dirigente Affari Generali ASL BT Lucia Negroponte – Assistente Sociale Referente Aziendale Progetto PASS 2