Prof. Paolo Valerio Università degli Studi di Napoli Federico II Centro di Ateneo SInAPSi Presidente ONIG Presidente Fondazione “Genere Identità Cultura” • Nella nostra società definita “post-moderna”, dove gli scambi tra le culture e le nazioni si sono enormemente estesi, dove c’è un flusso incontrollabile di notizie provenienti dal web, anche l’identità di ciascuno di noi ne ha risentito. • È ormai impossibile parlare di una sola identità, di una sola tipologia di maschio o di femmina, di credente e non credente, di bianco e di nero, ecc. • Oggi si parla di pluralità identitarie, perché la globalizzazione costringe a fare i conti con l’Altro, con il diverso da Sé! L’identità comincia a svilupparsi sin dall’infanzia tramite due processi complementari. Il bambino molto piccolo investe affettivamente le persone che lo circondano e che si prendono cura di lui. Contemporaneamente anche queste persone investono affettivamente sul bambino, concentrandosi per un periodo piuttosto lungo sulla sua cura, educazione, trasmissione di valori, ma... ...molte cose che vengono trasmesse non sono del tutto consapevoli perché, nella mente dei genitori e di tutti gli adulti, esse sono diventate come automatiche! • L’identità, concetto che risponde alle domande “chi sono io?” e “chi è l’altro?”, dunque, si costruisce nell’interscambio tra la mente del singolo individuo (intrapsichico) e il confronto con l’altro (relazionale). • L’essere umano necessita della distinzione, della differenziazione da sé, riconoscendosi come Sé (“chi sono io?”) solo in relazione alla differenza con l’Altro (“chi è l’altro?”). • La prima differenza che facciamo è proprio alla nascita > “è un bel maschietto!” – “è una bella femminuccia!”... • Dire “è un bel maschietto!” o “è una bella femminuccia!”, significa che un adulto attribuisce un genere ad un neonato che ancora non sa se è maschio o se è femmina. Questa attribuzione del genere maschile o femminile si basa sulle caratteristiche dell’anatomia del bambino: se ha un pene sarà un maschietto, se ha una vagina sarà una femminuccia. • Ma è davvero sempre così automatico? Una bambina riconosciuta come femminuccia perché ha la vagina, quando crescerà, si riconoscerà sempre come femmina? E quello che gli adulti vedono del corpo – in questo caso la vagina – può, invece, a volte “trarre in inganno”? • Saranno affrontati alcuni concetti di base che potranno consentire di rispondere a queste domande che creano non poca confusione... • Chi è il maschio? Chi è la femmina? Come si arriva a dire “io sono una femmina e non sono un maschio”? Che significa orientamento sessuale? E identità di genere? Quali altre identità sono possibili? Se non sono nè un maschio né una femmina la società come reagisce? • Queste sono solo alcune domande alle quali si tenterà di dare una risposta. ...Ma le domande sono infinite, così come infinite sono le identità... L’identità sessuale è una dimensione soggettiva e personale del proprio essere sessuato. Essa risponde ad un’esigenza di classificazione e stabilità. Rappresenta l’esito di un complesso processo denotato dall’interazione tra aspetti biologici, psicologici, socioculturali ed educativi. L’identità sessuale è composta da 4 fattori: (1)sesso biologico, (2)identità di genere, (3)orientamento sessuale e (4)ruolo di genere XX, XY, ? I4 f at M, F, T*, ? tor i M, F, ? LGB •Con tale termine si denota l’appartenenza ad una categoria biologica e genetica, ovvero maschio/femmina. •Esso è costituito da caratteristiche sessuali biologiche: i cromosomi sessuali (XY per il maschio e XX per la femmina), i genitali esterni, gonadi e caratteri sessuali secondari (peluria, seno, ecc.) che si sviluppano durante la pubertà. Senso intimo, profondo e soggettivo di appartenenza alle categorie sociali e culturali “maschio/femmina”, ovvero il riconoscimento soggettivo e profondo di appartenere ad un sesso e di non appartenere all’altro. Si tratta di un processo di costruzione che prende l’avvio dalla nascita e perdura fino all’adolescenza. Già a 3 anni, però, i bambini sono in grado di tali affermazioni: “Io sono maschio”, “Io sono femmina”. Tale processo multifattoriale è il risultato di strette interazioni tra aspetti biologici, attitudini genitoriali, educazione ricevuta e contesto socioculturale. • Il ruolo di genere è l’insieme dei comportamenti (agiti all’interno delle relazioni con gli altri) e delle attitudini che, nell’ambito di un dato contesto socio-culturale, sono riconosciuti come propri dei maschi e delle femmine. • Costruito concettualmente a partire dai 2 anni di vita e suscettibile di trasformazione nel tempo, il ruolo di genere esprime adattamento sociale alle norme condivise su attributi e condizioni fisiche (apparenza), gesti (manierismi), adornamenti, tratti di personalità, igiene personale, discorso e vocabolario, interazioni sociali, interessi, abitudini, definiti “tipicizzati” o inappropriati per genere. • Ci si aspetta, ad esempio, che una bambina giochi alle bambole e che un bambino giochi ai robot o che faccia giochi violenti e competitivi. Con chi immagino e desidero scambiare un bacio? Con chi sento un’intesa profonda e particolare? Chi mi fa venire le farfalle allo stomaco? • L’orientamento sessuale indica la direzione della sessualità di un individuo indipendentemente dal genere a cui tale individuo appartiene. Esso è inteso come una preponderanza di sentimenti, pensieri erotici e fantasie sessuali verso un individuo dello stesso sesso (omosessualità), di sesso opposto (eterosessualità) o di ambo i sessi (bisessualità). • Esso si sviluppa in adolescenza, un periodo complesso dominato da conflitti, incertezze, paure. L’adolescenza è una fase di trasformazione dove il difficile processo di definizione dell’identità sessuale trova uno spazio principale. VARIANZE DI GENERE….COSA SONO? Con il termine varianze di genere si vuole indicare, in un’ottica depatologizzante, che al di là della classica dicotomia genderista che considera i generi esistenti solamente due, maschile e femminile, vi possano esistere numerose varianze, definite appunto varianze di genere (Santamaria & Valerio, 2013; Santamaria et. al. 2014; Valerio e Santamaria 2016; Ristori e Delli Veneri et al. 2016) Essere un bimbo/adolescente gender variant • I bambini e gli adolescenti gender variant sono persone la cui modalità di espressione del genere differisce da ciò che ci si aspetterebbe da loro in base al sesso biologico a cui vengono assegnati alla nascita. • Gender independent, gender non-conforming, gender creative, transgender o nel caso di bambini aborigeni “two-spirited” • Espressività della varianza è ampia • L’essere gender independent non qualifica né descrive un atteggiamento ribelle da parte del bambino/adolescente, anche se spesso, per affermare la loro identità queste persone sono costrette a lottare e a manifestare, dunque, comportamenti di estrema volitività. • Essere gender variant sembra essere semplicemente l’espressione naturale della variabilità dell’esperienza umana • Essere gender variant assume un significato diverso a seconda del contesto culturale di riferimento (nelle tribù indigene del Nord America i bambini con due spiriti erano considerati una benedizione per le loro famiglie • Le varianze di genere possono essere viste come stati nei quali, nel corso dello sviluppo psicosessuale del bambino/adolescente, si verifica una Organizzazione dell’Identità di Genere Atipica (AGIO) 15 Bambini e adolescenti possono essere infelici per le caratteristiche fisiche e le funzioni sessuali del proprio corpo ed esprimere il desiderio di essere riconosciuti come appartenenti all’altro genere; possono preferire abiti, giocattoli e giochi comunemente associati all’altro genere, così come amicizie dell’altro genere. A queste caratteristiche si aggiungono difficoltà a livello emotivo e comportamentale conseguenti al loro disagio e un’enorme sofferenza per la propria condizione, particolarmente in adolescenza. DSM 5 (APA 2013) Disforia di genere nei bambini ➢ A. Una marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e il genere assegnato, della durata di almeno 6 mesi, che si manifesta attraverso almeno sei dei seguenti criteri (di cui uno deve necessariamente essere il Criterio A1): A1: Un forte desiderio di appartenere al genere opposto* o insistenza sul fatto di appartenere al genere opposto (o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato) A2: Una forte preferenza per l’abbigliamento tipico del genere opposto e una forte resistenza a indossare abbigliamento tipicamente associato al sesso di nascita A3: Una forte preferenza per i ruoli tipicamente legati al genere opposto nei giochi del “far finta” o di fantasia A4: Una forte preferenza per giocattoli, giochi o attività stereotipicamente utilizzati o praticati dal genere opposto A5: Una forte preferenza per compagni di gioco del genere opposto A6: Nei bambini, un forte rifiuto per giocattoli, giochi e attività tipicamente maschili, e un forte evitamento dei giochi in cui ci si azzuffa; nelle bambine, un forte rifiuto per giocattoli, giochi e attività tipicamente femminili A7: Una forte avversione per la propria anatomia sessuale A8: Un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie corrispondenti al genere esperito ➢ B. La condizione è associata a sofferenza clinicamente significativa o a compromissione del funzionamento in ambito sociale, scolastico o in altre aree importanti Gender variant si nasce o si diventa? Ancora non si è giunti a riconoscere univocamente delle cause Fattori genetici? Numerosi studi dimostrano una loro rilevanza, ma non è possibile attribuire un gran peso alle evidenze offerte da questi studi Fattori psicosociali? particolari dinamiche familiari possono influire sulla strutturazione di varianze di genere, ma non vi sono ancora dati certi Fattori casuali? eventi casuali che incidono sulla strutturazione cerebrale potrebbero incidere sulla strutturazione della identità di genere. Evoluzione varianze di genere? Numerosi studi, condotti prevalentemente su bambini gender variant e l'esperienza clinica hanno riscontrato una maggiore fluidità e variabilità negli esiti finali. Solo una piccola percentuale, 6-23% di bambini e 1227% di bambine persiste in età adulta con l'idea di voler cambiare il proprio genere, il resto presenterà o un orientamento omosessuale oppure un orientamento eterosessuale con un'identità di genere conforme al proprio sesso biologico. E in adolescenza? • La Varianza di Genere (VG) nella maggior parte dei bambini non persiste in adolescenza e questi bambini sono indicati come “DESISTERS” • Non vi è attualmente alcun modo per prevedere se la VG persisterà in età adulta. • La VG che persiste in adolescenza è più probabile che persisterà anche in età adulta (Drescher, 2014) Tali persone, quindi, non riconoscendosi nel genere attribuito loro alla nascita, il più delle volte richiedono di effettuare un lungo e delicato iter che le porterà a modificare il proprio sistema ormonale, i propri caratteri sessuali primari e secondari e i propri dati anagrafici per essere riconosciute come appartenenti al genere che sentono proprio fin dall’infanzia. Questioni e dilemmi 1. Approccio psicologicoclinico 2. Bloccanti ipotalamici,blocco della pubertà e ormoni 1. Approccio psicologico-clinico APA Task Force: 3 approcci generici al trattamento(Drescher, 2014) 1. Approccio “normativo”: si lavora con i minori e i genitori per ridurre la disforia di genere e per limitare i comportamenti e le identificazioni transgender (Canada: Zucker et al.) (Attualmente caduto in disuso) 2. Approccio “aspetta e osserva”: non viene messo in atto alcun tentativo direttamente finalizzato a ridurre la disforia di genere o a limitare i comportamenti atipici di genere (Olanda: De Vries et al.) 3. Approccio “affermativo”: sia i professionisti della salute mentale sia i familiari accolgono e sostengono le identificazioni crossgender del minore (USA, San Francisco: Ehrensaft) 1. Approccio normativo: Ridurre la disforia di genere e limitare i comportamenti e le identificazioni transgender • L’idea di base è che l’integrazione sociale e le relazioni positive con i coetanei dello stesso sesso possano migliorare l’autostima • Presuppone che in tal modo vengano ridotte le probabilità che la VG persista in adolescenza e divenga Disforia di genere in età adulta • La persistenza è considerata un esito non auspicabile a causa dello stigma sociale e, in età adulta, dei rischi e dei costi legati alle procedure ormonali e chirurgiche • Non vi sono ricerche empiriche che sostengano questo approccio basato sulla prevenzione della persistenza (Drescher, 2014) 2. Approccio “aspetta e osserva”: Nessun tentativo direttamente finalizzato a ridurre la disforia di genere o a limitare i comportamenti atipici di genere • Presuppone che la DG diagnosticata nell’infanzia di solito non persiste in adolescenza e che non vi sono indicatori affidabili che consentono di stabilire se la DG persisterà • Approccio neutrale verso l’identità di genere e nessun obiettivo terapeutico per ottenere un determinato risultato • Permette lo svolgersi naturale del percorso di sviluppo dell’identità di genere, senza perseguire o incoraggiare un outcome specifico • Utilizza interventi combinati rivolti al bambino, ai genitori e alla comunità al fine di sostenere il bambino nel fronteggiare i potenziali rischi sociali • Presuppone che l’autostima possa essere danneggiata comunicando al bambino che i suoi gusti, comportamenti e modi di fare sono in qualche modo intrinsecamente sbagliati (Drescher, 2014) 3. Approccio affermativo: Accogliere e sostenere le identificazioni cross-gender • In età prepuberale i bambini vengono sostenuti nella transizione cross-gender • Basato sulla prevedibilità dell’esito transgender in alcuni bambini, questi possono essere identificati in modo che i genitori e i clinici abbiano degli elementi per decidere se favorire una precoce transizione sociale • Dal momento che la transizione è solamente a livello sociale senza interventi medici, è possibile tornare al genere originariamente assegnato se il bambino vuole farlo • Se l’identificazione cross-gender persiste, è possibile effettuare la transizione attraverso trattamenti endocrini per rimandare la pubertà e impedire lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari indesiderati • Non vi sono ricerche empiriche che dimostrino l’innocuità della transizione sociale da un ruolo di genere a un altro o, dopo l’eventuale scomparsa della VG, l’innocuità della transizione nella direzione opposta (Drescher, 2014) Data l’assenza di forti dati empirici relativi al miglior trattamento con bambini e bambine GV, ognuno dei tre approcci terapeutici delineati solleva questioni etiche. 1) è corretto utilizzare l’attività clinica per prevenire la DG? 2) Dovrebbe essere detto ai genitori che un trattamento psicologico potrebbe ridurre il tasso di persistenza o prevenire la DG? 3) è corretto orientare lo sviluppo del bambino sostenendo una posizione di genere variante? 4) Quali sono le implicazioni etiche del ritardare la transizione sociale in bambini che persistono nella loro varianza di genere? 5) Quali sono le implicazioni etiche legate al permettere una precoce transizione in bambini che desistono? e in Italia? • In Italia, in linea con quanto riscontrato in altri Paesi, stiamo osservando, da circa una decina d'anni, nelle cliniche specializzate nell'identità di genere, un notevole incremento di richieste di consultazione psicologica da parte di adolescenti e genitori di bambini con varianze di genere. Approccio psicologico-clinico napoletano A Napoli, presso l'Unità Operativa Complessa di Psicologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II”, da più di vent'anni è attivo un gruppo di ricerca-intervento sulle disforie di genere (Valerio et al., 2001). L’incremento di richieste di consultazione psicologica da parte di adolescenti gender variant ci ha portato, nel 2005, ad interrogarci se era necessario riadattare il modello di intervento, che ci aveva guidato nel corso degli anni, a questa particolare e, talvolta, difficile nuova tipologia di utenza che si trovava ad attraversare questa fase evolutiva già di per sé molto complessa. Fino ad oggi sono state seguite 140 famiglie, per lo più di adolescenti tra i 15 e i 18 anni MtoF. • In un’ottica depatologizzante le varianze di genere si potrebbero inscrivere in una delle possibili variazioni dei processi evolutivi. • Ciò significa che l’attenzione dell’operatore dovrebbe essere sempre rivolta alla peculiare storia del singolo individuo, più che a modificare i suoi comportamenti. • È in questa prospettiva che intendiamo inquadrare l’intervento psicologico con adolescenti gender variant ed è in questa prospettiva che condividiamo l’approccio olandese “aspetta e osserva” ritenendo fondamentale il sostegno a bambini e adolescenti gender variant e ai loro genitori qualunque decisione essi vogliano prendere. 2. Bloccanti ipotalamici, blocco della pubertà e ormoni Interventi negli adolescenti: questioni e dilemmi • Qualora si riscontri una persistenza, nell'adolescente, della varianza di genere, dopo una lunga e completa valutazione degli aspetti psicologici, familiari e sociali, di durata variabile, così come secondo le linee guida internazionali del WPATH, è possibile anche per i minori GV iniziare ad intraprendere un percorso di transizione stadiale che si può dividere in interventi: Completamente reversibili: comportano l’uso di GnRH-analoghi, bloccanti ipotalamici, ovvero di ormoni che sopprimono la produzione di estrogeni o testosterone ritardando così i cambiamenti fisici della pubertà. Parzialmente reversibili: comprendono la terapia ormonale per mascolinizzare o femminilizzare il corpo, i cosiddetti ormoni cross gender. Irreversibili: Si tratta di procedure chirurgiche volte al cambiamento di sesso che possono essere intraprese solo con la maggiore età. • Naturalmente questi interventi, sebbene stadiali, su minori, hanno sollevato un delicato dibattito etico, scientifico e sociale concernente in particolare il rispetto di 3 principi (Abel, 2014) : Autodeterminazione Non arrecare danno Benefici • Attualmente una delle principali questioni sulle quali dibatte la comunità scientifica e sociale è relativa all’utilizzo dei bloccanti ipotalamici. In primo luogo, la somministrazione di tali ormoni prima del sopraggiungere della pubertà, bloccando la produzione di estrogeni o testosterone e portando il pre-adolescente in una condizione di neutralità, avrebbe la funzione di fornire al giovane, alla famiglia e agli operatori sanitari tempo e spazio psicologico per comprendere quale sia la migliore strada per quel ragazzo. Impedirebbe, inoltre, momentaneamente lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari con alcune conseguenze sul piano fisico (riduzione degli interventi estetici e maggiore semplicità per un eventuale futuro intervento chirurgico di riattribuzione del sesso, esclusivamente per le persone FtM) sul piano psicologico (miglior adattamento e più sereno sviluppo della propria identità, soprattutto i quei casi di pre-adolescenti che vivono con tale ansia i cambiamenti di un corpo che non accettano da rischiare di mettere in atto tentativi di suicidio) Il blocco della pubertà può continuare per qualche anno, momento in cui l'adolescente può decidere o di sospendere tutte le terapie ormonali e di proseguire il proprio sviluppo secondo il genere concorde al proprio sesso biologico o di transitare verso un regime ormonale femminilizzante/mascolinizzante. È importante specificare che il blocco puberale non porta inevitabilmente alla transizione sociale o alla riassegnazione chirurgica sessuale, che si considera possa essere transitorio e, soprattutto reversibile, a differenza delle terapie ormonali femminilizzanti o mascolinizzanti che, invece, si dovrebbero iniziare quando la persona è sicura di voler cambiare genere (Valerio, Parisi & Santamaria, 2013, Ristori e Delli Veneri, 2016). Vi sono, tuttavia, allo stato attuale, ancora molte perplessità. • Prima di tutto, l'assenza di ricerche a lungo termine, impedisce di conoscere le conseguenze dell'uso protratto di questi ormoni. • Si sospetta, inoltre, il rischio di cristallizzare la varianza di genere e che, quindi, il desiderio di assumere in adolescenza gli ormoni cross gender, presente nella quasi totalità dei pre-adolescenti ai quali sono stati somministrati i bloccanti, sia dovuto all'impossibilità di un'evoluzione in senso contrario perché lo sviluppo risulterebbe "bloccato" dall'utilizzo di questi ormoni e, quindi, cristallizzato in una varianza di genere. • Si presume che il blocco della pubertà porti alla sterilità, così come è possibile che vi siano conseguenze di osteoporosi a causa del "blocco" della calcificazione ossea in pubertà. • Nei maschi, infine, l'uso dei bloccanti sospenderebbe anche la crescita del pene e questo potrebbe avere conseguenze sul tipo di intervento di riattribuzione chirurgica del sesso che, diversamente dal solito, dovrebbe utilizzare, per la creazione di una neo vagina, l'ansa intestinale e ciò renderebbe l'intervento chirurgico molto più complesso, ma soprattutto con una riuscita nettamente inferiore. • In alcuni paesi europei, come Inghilterra e Olanda, gli operatori hanno iniziato a somministrare bloccanti ipotalamici tra i 12 e i 16 anni, sostenendo che in alcuni casi, accuratamente selezionati, la valutazione dei rischi e dei benefici fa propendere verso la decisione di somministrarli. • Alcune società scientifiche internazionali (WPATH, European Society of Endocrinology –ESE; European Society for Paediatric Endocrinology –ESPE, Lawson Wilkins Paediatric Endocrine Society - LWPES), inoltre, raccomandano fermamente l’utilità della somministrazione dei GnRH analoghi per sospendere la pubertà e i conseguenti cambiamenti corporei. • Tali raccomandazioni sono basate sull'assunto che gli adolescenti gender variant che esperiscono un'incongruenza tra sesso e genere possono vivere con forte ansia i cambiamenti del corpo legati alla pubertà e, in alcuni casi, ciò può portare, come già abbiamo detto, anche a tentativi di suicidio. Naturalmente una questione così delicata ha sollevato un acceso dibattito etico: nel rispetto del principio di autodeterminazione, può un minore prendere una decisione sull’eventuale blocco della sua pubertà? O sull’assunzione di ormoni cross-sex? (Abel, 2014); Nel rispetto del principio medico secondo il quale non bisogna arrecare danni al paziente, la somministrazione di ormoni crosssex, senza che al momento vi siano studi che ne conoscano gli effetti a lungo termine, può davvero essere considerata un beneficio, considerando che molto probabilmente renderà il minore sterile? (Abel, 2014); Nel rispetto del principio del beneficio, la somministrazione di ormoni cross sex può davvero essere considerata tale? (Abel, 2104) E ancora… …quanto e fino a che punto un adulto può prendere decisioni così drastiche per un minore che, crescendo, potrebbe pentirsi della decisione presa? quali conseguenze ci possono essere? la somministrazione dei bloccanti ipotalamici può, inoltre, contribuire alla persistenza dell'organizzazione atipica dell'identità di genere? e, infine, è veramente reversibile? Nel 2013 anche in Italia alcuni operatori esperti nelle varianze di genere in età evolutiva hanno iniziato ad interrogarsi sull'uso dei bloccanti ipotalamici, assumendo una posizione basata, principalmente, sul rispetto dei tre principi di autodeterminazione, non arrecare danno e benefici per il minorenne : • La somministrazione dei bloccanti ipotalamici non causa alcun cambiamento di sesso. • Essi sospendono temporaneamente lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e hanno effetti reversibili. • Tale terapia, allo stato, è stata prescritta in Italia solo in due casi, autorizzati da un comitato etico principalmente a causa del forte rischio suicidario che correvano i giovani ai quali è stata consentita. Si ritiene, infatti, che, allo stato, l’uso dei bloccanti ipotalamici necessiti di molta cautela e possa essere utilizzato solo in alcuni casi - accuratamente selezionati da parte di un'équipe multidisciplinare, esperta nell'identità di genere, in accordo con i genitori e i ragazzi stessi - e valutando caso per caso i rischi e i benefici legati alla loro somministrazione. Tale somministrazione ormonale necessita di un costante e continuativo supporto psicologico al bambino/adolescente, alla sua famiglia e, nei casi in cui è necessario, all’ambiente scolastico. • Gli adolescenti che chiedono di accedere alla terapia medica ormonale sono in netto aumento • Il rischio che avvertiamo è che l'obsolescenza della attuale legislazione crei spazi di assunzione farmacologica illegale e fuori controllo medico • Bisogna interrogarsi sul cambiamento sociale a cui stiamo assistendo • Tale cambiamento rappresenta una sfida in ambito clinico, medico e giuridico, ambiti che devono necessariamente accogliere le novità che la dimensione sociale porta • Il nostro Servizio ha cominciato ad interrogarsi sulla possibilità di creare un protocollo di cura che consenta agli adolescenti di trovare accoglienza rispetto alla domanda che portano • La collaborazione costante con l'Unità di Endocrinologia consente agli adolescenti e ai loro genitori di avere uno spazio informativo e terapeutico adeguato • In presenza di un opportuno consenso informato, i genitori possono assumersi la responsabilità della terapia medica scelta per un figlio, ferma restando la stretta collaborazione con il Comitato Eitco del centro medico di riferimento Conclusioni • Questo protocollo mira ad alleviare il profondo disagio vissuto da questi bambini, da queste bambine e da questi adolescenti rispetto alla propria condizione. È importante sottolineare, infatti, che il vissuto di appartenenza all'altro genere non è temporaneo o superficiale e che, al contrario, può interferire con il naturale sviluppo. Queste persone soffrono profondamente per i cambiamenti di un corpo che vedono diverso da come lo sentono e ciò può causare isolamento, abbandono scolastico, oltre a sviluppare in alcuni casi comportamenti autolesionistici volti ad attaccare un corpo responsabile della loro sofferenza. • È fondamentale, quindi, offrire un sostegno psicologico a bambini, bambine e adolescenti con varianze di genere e loro genitori sebbene esso sia altamente delicato e complesso, visto che attiene ad una fase evolutiva particolarmente difficile e si colloca in una società fortemente genderista e transfobica. L’intervento psicologico, in un'ottica depatologizzante, mira quindi, in particolar modo, a sostenere questi giovani, qualunque decisione essi vogliano prendere, aiutandoli a fare chiarezza nella propria confusione e ad aiutare i loro genitori affinché accettino la possibilità di avere un figlio diverso da come lo avevano immaginato, anche completamente diverso, che spesso soffre e che necessita dell’appoggio e del sostegno della sua famiglia. Nella pratica psicologico-clinica, ancora non si è giunti a delineare il miglior trattamento, ma si auspica che continui studi oltre a discussioni e dibattiti possano servire per migliorare la presa in carico di questi minori e delle loro famiglie indipendentemente dalla clinica scelta per effettuare il trattamento. Grazie per l’attenzione!