I disturbi sessuali - Ordine Psicologi Piemonte

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I disturbi sessuali: una ricerca
all’interno del territorio dell’Asl TO3
Paola Chiadò Piat,* Doriana Conciardi,** Elena Di Leo *** e Anna Rita Rocca ****
Nell’ultimo anno all’interno del Servizio di Psicologia dell’ASL TO3 si è
constatato che un gran numero di problemi affettivi e relazionali portati dalle
famiglie che si rivolgono al Servizio risultano associati a disturbi o difficoltà
nella sfera del comportamento sessuale. Ciò ha determinato un maggior interesse clinico verso tali problemi; è nata così l’esigenza di effettuare un’indagine
conoscitiva rispetto alla domanda in ambito di sessuologia e di verificare l’attuale risposta fornita a essa dai diversi Servizi esistenti sul territorio dell’ASL
TO3. Obiettivo prioritario è quello di valutare che tipo di impatto potrebbe
avere la costruzione di un Servizio che risponda in maniera altamente specifica
a richieste di intervento psicologico in ambito sessuologico. A tal proposito si
precisa che nei percorsi sanitari e assistenziali abituali accade che l’etiologia
psicogena delle disfunzioni sessuali non venga valutata appropriatamente e non
indirizzi il paziente ad approfondire una diagnosi dei processi psicologici che
sottendono manifestazioni sintomatiche a carico dei comportamenti sessuali.
Ciò determina l’invio a trattamenti unicamente medici, non sempre specifici.
A fronte di tale situazione, si è riflettuto sulla possibilità di indagare in modo più approfondito sull’attuale richiesta, al fine di predisporre interventi mirati.
All’interno del presente contributo, dopo aver presentato la classificazione
dei disturbi sessuali secondo i criteri del DSM-IV-TR, verranno discussi alcuni
dati epidemiologici sulla diffusione dei disturbi sessuali e sull’efficacia dei trattamenti psicosessuologici. Questi due ambiti introducono la presentazione dei
primi risultati di un progetto di ricerca orientato ad approfondire il bisogno in
ambito psicosessuologico all’interno del territorio dell’ASL TO3 e il tipo di
percorso assistenziale attualmente fornito dai sanitari.
* Psicologo Dirigente responsabile Unità Territoriale di Collegno, ASL TO3. ** Laureata in
Psicologia. *** Psicologa specializzanda. **** Psicologa psicoterapeuta, Libero professionista
ASL TO3.
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La classificazione dei disturbi sessuali secondo i criteri
del DSM-IV-TR
L’attuale nosografia delle disfunzioni sessuali riprende la suddivisione trifasica della risposta sessuale (fase del desiderio, fase dell’eccitazione, fase dell’orgasmo, Kaplan, 1979) mantenendo in più la categoria dei disturbi associati al
dolore sessuale.
Secondo i criteri diagnostici utilizzati dal DSM-IV-TR (American Psychiatric Association, 2000) i disturbi sessuali sono così suddivisi:
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F52.
F52.10.
F52.2.
F52.2.
F52.3.
F52.3.
F52.4.
F52.5.
F52.6.
Disturbo da desiderio sessuale ipoattivo
Disturbo da avversione sessuale
Disturbo dell’eccitazione sessuale femminile
Disturbo maschile dell’erezione
Disturbo dell’orgasmo femminile
Disturbo dell’orgasmo maschile
Eiaculazione precoce
Vaginismo
Dispareunia
In quanto manuale diagnostico descrittivo, il DSM-IV-TR propone una
chiara descrizione della sintomatologia di tali disturbi senza un approfondimento dei processi psicologici di diversa natura che sottendono le disfunzioni e la cui diagnosi permette di strutturare in modo più efficace il trattamento.
Lo stato dell’arte
Su questo tema, l’epidemiologia ha da sempre fatto emergere dati discordanti, probabilmente a causa della mancanza di studi effettuati su campioni
realmente rappresentativi della popolazione: solitamente si tratta di soggetti afferenti ad ambulatori di centri di uro-andrologia. Ma, nonostante i limiti metodologici, i dati che emergono evidenziano un’alta diffusione di questa problematica: si oscilla tra una diffusione negli uomini che va dal 10 al 52% della popolazione e dal 25 al 63% per le donne (Frank, Anderson e Rubinstein, 1978).
Laumann, Paik e Rosen (1999) stimano la presenza di disfunzioni sessuali nella popolazione generale pari al 43% nelle donne e al 31% negli uomini. I di-
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sturbi maggiormente diffusi fanno riferimento alla fase dell’orgasmo: la prevalenza dell’eiaculazione precoce è stata stimata tra il 25 e il 40% (Spector e Carey, 1990) e per il disturbo dell’orgasmo femminile tra il 24 e il 37%.
Si è anche constatato che il 75% delle coppie che si rivolgono abitualmente
ai consultori familiari, pur non presentando un vero e proprio disturbo sessuale, lamentano un’insoddisfazione nei confronti della loro vita sessuale, spesso
causata dall’evitamento della sessualità e dalla mancanza di dialogo con il partner su questa tematica (Read, King e Watson, 1997).
Le disfunzioni sessuali sembrano quindi avere un’alta prevalenza in tutto il
mondo, soprattutto in relazione a fattori organici, psico-emotivi e relazionali.
Capita spesso che i disturbi sessuali non vengano diagnosticati e dunque
non siano trattati a causa della riluttanza che ancora esiste, sia nei pazienti che
nei medici, ad affrontare il tema della sessualità. È stato dimostrato, a questo
proposito, che la maggior parte delle persone preferiscono che sia il medico a
introdurre l’argomento e spesso, pur presentando problemi sessuali, li espongono solo se nel colloquio emerge questa tematica. La compilazione da parte
del paziente di un questionario sul disturbo sessuale può essere, inoltre, d’aiuto per iniziare il dialogo tra medico-psicosessuologo e paziente.
Per approfondire l’ambito del trattamento si è effettuata una ricerca sui
principali database internazionali quali Medline, Cochrane Library, PsychInfo
e Scirus, al fine di compiere una prima indagine esplorativa rispetto alla presenza di rassegne sistematiche e meta-analisi sull’efficacia dei trattamenti in
ambito psicosessuologico.
Si sono utilizzate inizialmente come keywords il termine “sexual dysfunction” incrociato con la parola chiave “effectiveness of psychotherapy” (per
una disamina delle tecniche terapeutiche maggiormente utilizzate nel trattamento dei disturbi sessuali). Inoltre, per focalizzare maggiormente l’attenzione sui singoli disturbi, si sono incrociati i due criteri precedenti con i seguenti termini:
Desire dysfunction
Arousal dysfunction
Lubrification dysfunction
Orgasm dysfunction
Satisfaction dysfunction
Pain dysfunction
Erectile dysfunction
Ejaculation dysfunction
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Criterio di restrizione è stata l’esclusione di tutti gli articoli che trattavano di
“parafilie” e di “disturbi dell’identità di genere”.
Da questa prima indagine esplorativa della letteratura abbiamo riscontrato
la presenza di rassegne sistematiche e meta-analisi che riassumono soprattutto
dati provenienti da strumenti di ricerca primari, e in particolare da studi clinici. La maggior parte di tali studi fanno riferimento all’efficacia della terapia farmacologica associata alla terapia psicologica. Le ricerche internazionali indicano infatti l’approccio integrato, ossia il lavoro congiunto realizzato da équipe
multiprofessionali costituite soprattutto da andrologi, ginecologi e psicosessuologi, come l’intervento di élite al paziente sessuologico. Intervento che sintetizzerebbe al meglio le esigenze medico-psicologiche alla base del trattamento delle disfunzioni sessuali (Simonelli, 2000). Nel percorso terapeutico di tipo
sessuologico questa integrazione parte fin dall’inizio del processo diagnostico,
momento in cui il medico e lo psicosessuologo si confrontano per la valutazione degli aspetti psichici e somatici implicati nell’origine e nello sviluppo del disturbo. In base a queste premesse è evidente che lo studio delle disfunzioni sessuali dovrebbe utilizzare un’ottica rivolta alla comprensione e all’integrazione
delle diverse cause che hanno determinato l’insorgenza del sintomo così come
alla comorbilità del disturbo della coppia, considerata come “luogo” d’intersezione tra disagio individuale e disagio relazionale.
Riportiamo alcune evidenze scientifiche rispetto a quanto sopra esplicitato.
Una recente ricerca clinica (Vita e Ricci, 2008) effettuata in 46 ospedali italiani sottolinea il successo ottenuto dalla collaborazione tra specialisti andrologi dell’Ospedale San Carlo di Potenza e l’Istituto di Sessuologia Clinica dell’Università La Sapienza di Roma.
Di seguito si riportano il disegno e i risultati di tale studio:
– l’età media del campione era 36 anni (range 20-56);
– la patologia ricorrente era costituita da disfunzione erettile ed eiaculazione precoce (46,8% e 26,1%);
– nel 47,8% dei soggetti il problema era presente da almeno tre anni e non
vi erano correlazioni organiche;
– la metà dei pazienti seguivano un trattamento medico associato a una consultazione psicosessuologica.
I risultati della ricerca hanno messo in evidenza che nel 41,3% dei soggetti i
sintomi sono scomparsi successivamente a un ciclo terapeutico della durata di
massimo 12 colloqui psicoterapeutici. Il 63% del restante 58,7% dei pazienti
sta ancora effettuando il trattamento, mentre il 37% lo ha spontaneamente interrotto.
Un altro studio effettuato sempre nel 2008 conferma l’efficacia del tratta-
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mento integrato. Si tratta di una meta-analisi che compara l’efficacia dei gruppi
psicoterapeutici associata al trattamento farmacologico del Sildenafil per il trattamento del disturbo erettile. Esso mostra una maggiore risoluzione sintomatologica per i pazienti sottoposti a una cura farmacologica associata a una consulenza psicosessuologica, in misura maggiore rispetto ai pazienti che avevano ricevuto solo il trattamento farmacologico.
Infine, si ritiene importante sottolineare che da una rassegna sistematica sull’epidemiologia dei disturbi sessuali effettuata nel 2002 da Dunn, Jordan e altri
emergono l’eterogeneità nella progettazione degli studi psicosessuologici e la
necessità di una standardizzazione degli studi epidemiologici affinché possano
essere condotte rassegne sistematiche e meta-analisi.
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La ricerca sul territorio
Il metodo
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Sono stati contattati 50 medici di medicina generale dell’ex ASL 5 (13 medici nel distretto di Collegno su 74, 10 a Rivoli su 58, 12 a Orbassano su 67, 4 a
Giaveno su 22 e 11 a Susa su 60) intervistandoli attraverso un questionario telefonico orientato alla conoscenza del loro percorso di studi, della modalità con
la quale si sono avvicinati allo studio dei disturbi della condotta sessuale, a una
quantificazione delle richieste di intervento, alle terapie e alle tipologie degli invii rispetto ai disturbi sessuali.
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Per ciò che concerne l’analisi del bisogno psicologico in ambito sessuologico all’interno del territorio dell’ASL TO3, si è svolta un’indagine conoscitiva
sulle richieste di tipo sessuologico che afferiscono agli ambulatori dei medici di
base e dei medici specialisti. Tale ricerca è avvenuta con la collaborazione dell’Università di Torino, per l’elaborazione di una tesi di laurea seguita dal professor Michele Roccato.
L’indagine è strutturata in due fasi: nel presente contributo riferiremo i risultati della prima, che vede la somministrazione di un questionario telefonico
rivolto a un campione di medici di medicina generale con lo scopo di:
– comprendere il tipo di invio effettuato dal medico di famiglia a fronte della richiesta di cura per un disturbo sessuale;
– valutare la frequenza della richiesta di cura per un disturbo sessuale;
– comprendere l’attenzione rivolta alla tematica dei disturbi sessuali nei percorsi formativi svolti dai medici intervistati.
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In totale i medici di famiglia che esercitano la professione all’interno del territorio sono 281; il campione è stato selezionato in modo casuale mediante l’utilizzo di un elenco contenente i recapiti telefonici della totalità dei medici.
Inoltre, per quantificare la richiesta di visita specialistica per un disturbo
sessuale, rivolta dai medici di famiglia dell’ASL a tutti i ginecologi, gli urologi e
gli andrologi dei vari distretti, sono state visionate tutte le impegnative presenti nell’archivio degli sportelli CUP, delimitando la ricerca a un arco temporale
di tre mesi (dal 1 gennaio al 31 marzo 2009).
La seconda fase del progetto prevede per il futuro la realizzazione di un’indagine a campionatura temporale, con la collaborazione dei medici di medicina generale, per valutare la tipologia specifica delle richieste che pervengono
nell’arco temporale di un mese e la somministrazione di un’intervista semistrutturata rivolta a specialisti ambulatoriali e a operatori dei consultori e dei
Servizi di salute mentale.
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I dati preliminari
Dall’analisi dei dati emersi intervistando i medici di famiglia del territorio
dell’ASL TO3, osserviamo che all’interno del percorso di studi, per 7 medici
(14%) i disturbi sessuali sono una tematica che è stata affrontata in modo esaustivo, per 9 (18%) solo in modo superficiale, mentre 34 (68%) sostengono che
l’argomento in questione non è stato affrontato affatto.
La frequenza di richieste di cura per un disturbo sessuale è relativa a pochi
casi in tutti gli anni di esercizio della professione per 3 medici (6%), a meno di
dieci casi in un anno per 21 (42%), a non più di due casi al mese per altri 21
(42%), mentre riguarda almeno un caso alla settimana per i restanti 5 medici
(10%).
Inoltre, per 21 medici intervistati (42%) un disturbo sessuale crea “abbastanza” sofferenza, mentre per 29 (58%) procura “molta” sofferenza. Nessuno
ha sostenuto che sia una problematica che causa “poca” o “nessuna” sofferenza.
L’intervento di cura per un disturbo sessuale viene fronteggiato in primis
con la somministrazione di farmaci, “sempre “ per 3 medici (6%), “spesso” per
20 medici (40%), “raramente” per 15 medici (30%) e “mai” per 12 medici
(24%).
L’intervento di cura per un disturbo sessuale viene fronteggiato in primo
luogo consigliando al paziente di rivolgersi allo specialista, “sempre” per 10
medici (20%), “spesso” per 28 medici (56%), “raramente” per 10 medici
(20%) e “mai” per 2 medici (4%).
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L’intervento di cura per un disturbo sessuale viene fronteggiato consigliando al paziente inizialmente di effettuare degli esami specialistici, “sempre” per
13 medici (26%), “spesso” per 15 medici (30%), “raramente” per 15 medici
(30%) e “mai” per 7 medici (14%).
Emerge inoltre che, nell’intervento per un disturbo sessuale, il 36% dei medici considerano il possibile invio al sessuologo, il 22% al consultorio familiare, il 38% allo psicologo e il 90% a urologo, ginecologo o andrologo (la domanda del questionario prevedeva una risposta multipla).
Del 64% dei medici che non prendono in considerazione l’invio al sessuologo, il 40% spiegano questa scelta per l’assenza di questa figura professionale
all’interno del Servizio pubblico, mentre il 12% non saprebbero consigliare al
paziente un sessuologo al quale rivolgersi operante nel Servizio pubblico, né
nel privato.
Tutti gli intervistati affermano che se esistesse un ambulatorio di sessuologia
nel Servizio pubblico, vi invierebbero i pazienti con un disturbo di tipo sessuale.
È inoltre interessante osservare che il 62% dei medici intervistati non conoscono nessun centro pubblico o privato che prenda in carico i disturbi di tipo
sessuale.
Sono state effettuate, inoltre, alcune operazioni sui dati raccolti: l’analisi della varianza evidenzia che non vi è alcuna relazione tra il sesso del medico e l’interesse personale rivolto alla tematica dei disturbi sessuali, né tra la sua età e
l’interesse personale.
La stessa operazione è stata effettuata mettendo in relazione l’età dei medici e lo studio delle disfunzioni sessuali all’interno del percorso formativo, ed è
emersa un’associazione statisticamente significativa tra giovane età del medico
e studio dell’argomento all’interno dell’iter scolastico, che può indicare che, soprattutto negli ultimi anni, la tematica dei disturbi sessuali si considera rilevante al punto di prevederla nel piano di studi della Facoltà di Medicina.
Molti dei medici più anziani, infatti, durante l’intervista hanno confermato
che fino a qualche anno fa i disturbi sessuali erano contemplati solo all’interno
di alcuni esami facoltativi del piano di studi.
Effettuando l’analisi della varianza tra frequenza dei casi afferenti in ambulatorio e interesse personale rivolto alla tematica, emerge un’associazione significativa dalla quale pare che i medici approfondiscano la tematica quanto più la
considerano una richiesta di cura diffusa (la variabile indipendente è la frequenza di casi: quanto più essa aumenta, tanto più aumentano l’interesse e l’approfondimento della tematica).
Inoltre, l’analisi della varianza tra frequenza di casi e conoscenza di centri
specializzati fa emergere una relazione piuttosto significativa secondo la quale
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più il disturbo è diffuso tra i pazienti, più il medico di famiglia si informa ricavando notizie sui centri specializzati.
Concludendo, possiamo affermare che la tematica dei disturbi sessuali, soprattutto di recente, assume una discreta rilevanza all’interno del piano di studi della Facoltà di Medicina (mentre in anni passati era necessario che i medici
approfondissero individualmente la tematica: più dei 2/3 dei medici intervistati si sono preoccupati di ricavare informazioni sul tema autonomamente, 35 su
50 casi). Si tratta di disturbi che causano sofferenza, per il quale la richiesta di
cura che afferisce all’ambulatorio del medico di famiglia appare sporadica (1-2
volte al mese quasi per la totalità del campione). Sembra inoltre che maggiore
sia la richiesta di intervento, maggiore sia il desiderio del medico di approfondire in modo autonomo la tematica e di informarsi sui centri che se ne occupano in modo più organico.
Quando si parla di difficoltà sessuali occorre tenere presente che molto
spesso i sintomi hanno un’etiologia multicausale che non può ridursi né alle dinamiche intrapsichiche personali né alla relazione di coppia o all’esclusivo malfunzionamento organico: una visione psicosomatica e somatopsichica contestualizzata sembra l’unica possibilità di comprensione autentica di una manifestazione così complessa e l’unica in grado di cogliere l’identità completa e non
frantumata della persona portatrice di sofferenza. Una ragione in più per incoraggiare tutti i professionisti a indagare anche questo aspetto della vita, sottolineando che anche il benessere sessuale è indispensabile per un reale benessere
psico-fisico e dunque bisogna considerarlo una componente fondamentale dello stato di salute complessivo (Sessa e Michieli, 2003).
Conclusioni
Le ricerche in ambito epidemiologico e le evidenze scientifiche emerse da
questa breve rassegna mettono in evidenza la grande diffusione del problema e
l’efficacia del trattamento integrato in ambito sessuologico, all’interno di un
settore di studi ancora molto eterogeneo e difficilmente standardizzabile. La
natura multidimensionale della sessualità impone infatti un inquadramento
multifattoriale (che includa, soprattutto, l’interazione tra le componenti psicosociali e quelle biologiche). Di contro, un approccio esclusivamente medico
comporterebbe il rischio di distorsioni diagnostiche e terapeutiche di grande
importanza.
I dati emersi dalle interviste telefoniche rivolte ai medici di medicina generale sottolineano, inoltre, che la richiesta di cura per un disturbo sessuale è ab-
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bastanza frequente, ma solo di rado viene affrontata in modo esaustivo: sono
pochi i centri specializzati nel prendere in carico questa problematica e i pochi
presenti sono raramente conosciuti dai medici stessi. Emerge, infine, in modo
particolare la difficoltà dei Servizi pubblici nell’offrire a questo proposito risposte mirate e specifiche.
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