l`ecosclerosi con “schiuma” delle varici

L’ECOSCLEROSI CON “SCHIUMA” DELLE VARICI
A. Farina, A. Riva
U.O.C. Chirurgia Vascolare Crema
In questi ultimi anni abbiamo assistito al nascere di numerose tecniche per il trattamento
delle varici degli arti inferiori. Oltre all’evoluzione di quelle tecniche chirurgiche che
prestano particolare attenzione all’aspetto “estetico”, vedi varicectomie con mini-incisioni
tipo Muller o che si basano su presupposti di tipo emodinamico, come la CHIVA e il
VENO-CUFF, sono state proposte nuove metodiche di tipo endovascolare, come il Laser
endovascolare (EVLT), la radiofrequenza (VNUS) , la legatura sottofasciale endoscopica
delle vene perforanti incontinenti (SEPS) e, ultimamente, un’evoluzione della classica
scleroterapia: la sclerosi con schiuma ecoguidata (ESS).
La nascita di queste tecniche, diverse dalla classica chirurgia delle varici, deriva
dall’intento che persegue l’obiettivo di garantire una migliore efficacia e durata nel tempo
dei risultati, una minore invasività e risultati estetici migliori.
Due elementi costituiscono le novità che riguardano la scleroterapia delle varici e cioè:
l’utilizzo dell’Ecocolordoppler e di un mezzo sclerosante “solido” come la schiuma.
Fino ad alcuni anni fa , fine anni novanta, la sostanza sclerosante era rappresentata da un
liquido che doveva esercitare la sua funzione lesiva sull'endotelio del vaso, ma che,
inevitabilmente, mischiandosi al sangue, riduceva la sua efficacia. La sclerosi delle varici,
come terapia ben codificata, risale a più di 50 anni fa e precisamente al 1924 con Sicard
(con tentativi precedenti fin dal 1851); mentre si fa risalire proprio ad Orbach (1950) il
tentativo di rendere la sostanza sclerosante più efficace con l’uso di un gas, nel suo caso
l’aria, mediante la tecnica dell’air block.
Orbach, infatti, utilizzò dell’aria iniettata nella vena prima di introdurre il liquido sclerosante,
nel tentativo di spostare il sangue e di far giungere a contatto dell’endotelio il liquido
stesso nella maggiore concentrazione possibile, poiché, come tutti sanno, questo è il
fattore determinante per una buona sclerosi.
Pertanto, diversi ricercatori in questi ultimi anni hanno cercato di rendere il mezzo
sclerosante più consistente, mischiandolo ad un gas, in modo tale da ottenere una
sostanza che, una volta introdotta nella vena, potesse spostare il sangue stesso senza
diluirsi con esso e agire così sull’endotelio con la massima concentrazione ed efficacia.
E’ stato pertanto introdotto il concetto di “schiuma” come mezzo “ solido” iniettabile in un
vaso sanguigno con la massima sicurezza biologica possibile e rispondente ai requisiti di
efficacia sopra riportati. Diversi sono stati i metodi utilizzati per ottenere una “schiuma” (“
mousse “ o “foam” nelle varie lingue ) consistente e durevole, partendo da sostanze
sclerosanti che avessero innanzitutto una buona attività tensioattiva, caratteristica ritenuta
indispensabile per la formazione della schiuma stessa, con una tecnica per costituirla
semplice e facilmente ripetibile
Caratteristiche importanti, della schiuma sono la consistenza e la durata, nonché la
sicurezza. Queste caratteristiche si è visto essere correlate alle dimensioni delle bolle di
cui è composta la schiuma stessa; infatti più le bolle sono piccole, più la schiuma è densa
e pertanto dura di più ed è più efficace, perché maggiore è la quantità di sostanza
sclerosante a contatto con l’endotelio . Un’altra importante caratteristica della schiuma,
soprattutto dal punto di vista tecnico, è la sua marcata ecogenicità e la capacità di
determinare un certo vasospasmo della vena. Questa sua ecogenicità ci permette di
visualizzare bene la sua diffusione e di verificare un’altra sua caratteristica che è la
“spostabilità” all’interno del vaso.
Con il metodo Tessari, come abbiamo detto, si utilizzano due siringhe monouso collegate
fra loro da un rubinetto a tre vie e contenenti il mezzo sclerosante e l’aria, nella
proporzione di 1 a 4 . Si mischiano ripetutamente aria e soluzione sclerosante con circa
10 movimenti va e vieni fra le due siringhe, determinando una turbolenza che genera
facilmente la schiuma con le caratteristiche precedentemente elencate, cioè a micro-bolle:
è importante a tal fine di ricordarsi di preparare la schiuma immediatamente prima
dell’uso, a causa della sua limitata durata nel tempo.
Le sostanze utilizzate a questo scopo sono principalmente due: il Tetradecilsolfato (TDS)
e il Polidecanolo (POL), in quanto entrambe possiedono le caratteristiche tensioattive
migliori: il TDS, a parità di concentrazione, è più potente, e la sua schiuma più consistente
di quella del POL. Dagli studi ed esperienze riportate dai vari autori, si evince che la
schiuma, così generata, sembra possedere ottime caratteristiche di “spostabilità” del
sangue e maggiore efficacia che non il liquido puro. Grazie a questa maggiore efficacia si
è potuto così utilizzare minore quantità di soluzione sclerosante e una concentrazione
minore: si consiglia infatti di non usare forti concentrazioni o volumi troppo elevati,
soprattutto nelle fasi iniziali della propria esperienza, in quanto producono maggiori effetti
collaterali come varicoflebite intense, ematomi intravaricosi con conseguenti discromie,
stravasi più marcati e dolore.
Da numerosi anni ormai utilizziamo la schiuma realizzata con il metodo Tessari utilizzando
sia il TDS che il POL , a basse concentrazioni ( 0.5 % ), per la sclerosi delle varici reticolari
e collaterali , oppure intra-operatoriamente alla fine del trattamento chirurgico nelle varici
complicate da lesioni cutanee superficiali (Dermatiti croniche).
Ma l'ambito di applicazione più interessante riguarda il trattamento della Grande Safena,
delle recidive di cross Safeno-Femorale, delle vene perforanti incontinenti, e della piccola
safena, con una certa precauzione in queste ultime due indicazioni a causa di un
maggior pericolo di TVP.
All'inizio dell'esperienza si è utilizzato una schiuma di TDS o POL a concentrazioni più
elevate cioè del 2-3% , a secondo delle dimensioni delle varici , con rapporto liquido
sclerosante/aria di ¼ e con quantità che andavano da 4 a 8 cc di schiuma per seduta.
Successivamente, ed attualmente, si utilizzano concentrazioni che non superano lo 0.5-1
% con le stesse modalità di esecuzione e quantità . Per quanto riguarda il numero di
sedute, abbiamo utilizzato una media 1-2 sedute di scleroterapia ecoguidata, a seconda
delle caratteristiche cliniche delle varici trattate.
La tecnica di esecuzione consiste, per quanto riguarda il trattamento della grande Safena,
nell’incannulare la vena non oltre, prossimamente, il terzo medio della coscia con un'
agocannula 18-G, unita ad un rubinetto a tre vie mediante un tubo corto di raccordo e con
un accesso vascolare unico sotto guida Ecografia, con scansione trasversale o
longitudinale . In questo modo la schiuma può essere generata o ricostituita
immediatamente prima di introdurla, sfruttando così al massimo la sua durata.
Prima di introdurre la schiuma laviamo la vena con soluzione fisiologica seguendo
ecograficamente la manovra, per essere sicuri della corretta posizione della cannula; dopo
di ché, produciamo la schiuma e la introduciamo sempre sotto guida ecografica,
seguendone la progressione, con il paziente in posizione supina e sollevando
eventualmente l’arto. Dopo di ché lo lasciamo ancora per 10-20 minuti ca. supino , quindi
fasciamo l’arto con una compressione eccentrica, posizionando lungo la zona di sclerosi
del materiale di compressione.
Dopo sette giorni circa asportiamo il bendaggio e applichiamo una calza monocollant II°
classe per un mese.
Per quanto riguarda le varici recidive di cross SF con o senza perforanti di coscia
incontinenti, la tecnica è la medesima, tranne che per l’utilizzo di aghi butterfly da 21-G
pungendo le varici più vicine alla crosse SF con accessi multipli , utilizzando sempre TDS
o POL al 0.5-1 % di concentrazione, con quantità di schiuma variabili a secondo dell'entità
della recidiva e seguendone progressione all’ecocolordoppler; successivamente
applichiamo il bendaggio eccentrico.
Nei casi in cui la Safena non è facilmente aggredibile, ad una distanza idonea della
crosse SF, si può effettuare, un cateterismo della stessa con accesso sotto il ginocchio,
utilizzando un catetere 5-6 Fr e facendolo progredire fino a circa 10 cm dalla giunzione
Safeno-femorale , quindi si iniettano , a ritroso, piccole quantità di schiuma. Questa
tecnica, nella nostra esperienza, ha dato buoni risultati, soprattutto in pazienti con grosse
cosce e safene di grosso calibro.
Le dimensioni delle Grandi Safene trattate variano da un minimo di 0.5 ad un massimo di
1.5 cm. di diametro, con predilezioni per soggetti anziani in cui l’intervento chirurgico non
sarebbe proponibile, ma con buone capacità deambulatorie, poiché, per evitare una
trombosi profonda, la condizione principale è il movimento, mentre siamo stati
particolarmente attenti nei confronti di giovani donne con Safene troppo superficiali, per il
rischio di discromie.
Nelle varici da incontinenza della grande Safena, abbiamo sempre trattato prima il tronco
safenico tralasciando eventuali varici collaterali, poiché una volta eliminato il reflusso, le
vene sottostanti tendono a ridursi e il loro eventuale trattamento in un secondo tempo è
più facile.
Infatti é meglio effettuare più sedute con concentrazioni “leggere” e quantità minori di
schiuma, tenendo conto della notevole variabilità della risposta individuale al trattamento
sclerosante, così da ridurre le complicanze più frequenti e cioè : fastidiose varicoflebiti
chimiche con conseguenti ipercromie cutanee, matting, necrosi cutanee, cefalea, disturbi
visivi temporanei e non ultima la T.V.P.
Nella nostra esperienza la cosa che più ci ha colpito è stato il constatare quanto l’uso
dell’Ecocolordoppler sia importante per una corretta esecuzione di questa metodica. Infatti
ci ha permesso di constatare come è facilmente visualizzabile dagli ultrasuoni la schiuma
e come sia facilmente spostabile. Si è visto, ad esempio, il frequente passaggio in vena
Femorale Comune della schiuma stessa, che però si dissolve prontamente appena giunge
nell’elevato flusso del circolo profondo femorale. Probabilmente questa immediata
diluizione del mezzo sclerosante, favorita dall’elevato flusso con la posizione orizzontale
dell’arto, spiegano la notevole sicurezza della metodica a questo livello: da cui la rara
complicanza trombotica a livello femorale. Bisogna porre, invece, particolare attenzione
laddove il flusso venoso è più lento e complesso come a livello della piccola Safena. Per
questo motivo riveste una notevole importanza la fasciatura con bende a bassa
estensione e la pronta, e valida, ripresa della deambulazione, che favoriscono un elevato
flusso nel circolo profondo.
La compressione post-scleroterapia, è un altro aspetto molto importante di cui tenere
conto, infatti agli inizi della nostra esperienza, abbiamo applicato alcune volte la
compressione semi-rigida con bende a bassa elasticità, altre volte invece abbiamo
applicato subito una calza elastica II° classe, più, in entrambi i casi, una compressione
eccentrica nella sede delle varici.
I risultati migliori li abbiamo ottenuti applicando prima il bendaggio a bassa elasticità per
almeno 7 gg., e poi la calza elastica di II° classe per 1 mese. Una compressione efficace
dopo il trattamento è assai importante, tuttavia bisogna constatare che una valida
compressione a livello della coscia è molto difficile da ottenere, soprattutto in arti grossi
con forma conica accentuata, e questo motivo, secondo noi, è la causa principale dei
risultati meno soddisfacenti.
Un ultimo aspetto è legato al trattamento della piccola Safena, che sembra più inficiato da
complicanze trombotiche profonde, a causa delle note variabili anatomiche in questa sede
e da un flusso più lento.
Noi pensiamo che la scleroterapia con l’uso della schiuma eco-guidata sia un’ottima
tecnica nel trattamento di buona parte delle varici degli arti inferiori, in particolare, nei casi
con varici complesse, con recidive di crosse S-F e in pazienti anziani che non
accetterebbero un intervento chirurgico, ma con buone capacità deambulatorie, poiché ha
un buon tasso di successo, a fronte di una ridotta invasività . Per quanto riguarda le
complicanze, è risultata una metodica relativamente sicura, e particolarmente economica.
Il problema è valutare la bontà dei risultati nel tempo, tenendo però conto che spesso i vari
gradi di ricanalizzazione e pertanto la non perfetta riuscita del trattamento non è sempre
seguita da una ripresa clinica della malattia che molto spesso denota un certo
miglioramento. Pensiamo che i risultati vadano anche rapportati alla ridotta invasività e
alla possibilità di ripetere facilmente la metodica.