la DISLESSIA (DE) il disturbo specifico di l

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I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO DELLA LETTO-SCRITTURA
Dislessia deriva dal greco dys “difficoltà” e lexis “parola”.
I disturbi specifici dell’apprendimento (il cui acronimo è DSA) comprendono:
la DISLESSIA (DE) il disturbo specifico di lettura,
la DISORTOGRAFIA il disturbo specifico di scrittura nella componente ortografica,
la DISCALCULIA il disturbo del calcolo,
la DISGRAFIA il disturbo specifico del tratto grafico.
I disturbi specifici dell’apprendimento tendono a presentarsi a grappolo piuttosto che in maniera
isolata e varie ricerche riferiscono nella dislessia l’elevata compresenza di disortografia, discalculia,
disgrafia. Il termine “specifico” si riferisce a quel funzionamento settoriale deficitario (lettura,
scrittura, calcolo) in un quadro intellettivo generale indenne in un bambino con educazione
scolastica adeguata e continuativa, che non presenta alcun deficit sensoriale, neurologico e non ha
un disturbo relazionale primario causa del DSA.
Il bambino con DE presenta una discrepanza tra la velocità di lettura, significativamente inferiore a
quanto previsto in base all’età, alla classe frequentata e alla sua intelligenza.
La DISLESSIA è un disturbo della lettura, che si manifesta nei bambini all’inizio della
scolarizzazione, in assenza di eventi patologici, differente dalla Dislessia Acquisita che può
manifestarsi anche nei bambini successivamente al percorso di apprendimento della letto-scrittura a
causa di una lesione cerebrale.
Storicamente, la Dislessia Evolutiva è stata descritta per la prima volta nel 1896 da uno psicologo,
Morgan, che la definì “cecità congenita per le parole” ossia un disturbo della capacità di leggere in
un soggetto con un livello intellettivo generale nella norma e privo di deficit sensoriali.
La dislessia evolutiva (DE) è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento, che si manifesta
con una significativa e persistente difficoltà ad acquisire e ad automatizzare il processo di
base della lettura. La DE rappresenta certamente il più noto dei DSA al punto tale che i due
termini, dislessia evolutiva (DE) e disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) sono spesso
utilizzati come sinonimi. La dislessia è forse il più sconcertante e inatteso disturbo delle abilità
scolastiche.
Il processo di lettura, infatti, in un lettore adulto, è così automatizzato e rapido, che può avvenire in
parallelo
ad altre
attività,
quale ad esempio leggere
un cartellone
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e
contemporaneamente parlare e guidare l’auto. Molti di noi ricorderanno che a scuola ci era
impossibile non leggere la frase scritta alla lavagna da qualche nostro compagno “ASINO CHI
LEGGE”. Che cosa significa? Significa che noi dobbiamo sopprimere un’attività che facciamo
automaticamente senza controllare e involontariamente! E’ proprio questo l’aspetto deficitario della
dislessia: l’automatizzazione nell’identificazione della parola che non si sviluppa o si sviluppa in
maniera incompleta.
Pertanto, il bambino con dislessia ha una lettura a voce alta lenta, faticosa e, a volte, scorretta con
frequenti salti di riga, con errori come inversioni, sostituzioni e omissioni di lettere o di sillabe,
mentre la comprensione è di solito preservata a meno che il numero di errori sia talmente elevato da
rendere la lettura incomprensibile. Il dislessico ha spesso difficoltà ortografiche nella scrittura,
difficoltà nella lettura e scrittura dei numeri, nel calcolo aritmetico, nell’apprendimento della
tavola pitagorica e nell’algoritmo delle operazioni (+ - x :), difficoltà di attenzione. Il bambino
con dislessia e in generale con DSA può avere difficoltà nell’imparare e poi nel ricordare
informazioni in sequenza come le tabelline, l’alfabeto, i mesi dell’anno, i giorni della settimana, il
conteggio all’indietro (ad esempio da 30 a 1).
Nei sistemi ortografici trasparenti come l’italiano, “trasparenti” per l’elevata corrispondenza tra i
segni scritti o grafemi (le lettere) e i suoni o fonemi (nella nostra lingua vi sono 21 grafemi e 26
fonemi), l’apprendimento della lettura si realizza rapidamente grazie all’assegnazione del suono alle
singole lettere e la conseguente fusione dei suoni e la pronuncia. L’allenamento alla lettura nei
bambini all’esordio della scolarizzazione determina un progressivo incremento della velocità di
lettura e la sua automatizzazione. Di fronte ad un brano, il bambino privo di DE (“normolettore”),
dopo l’iniziale apprendimento della lettura, concentra tutta la sua attenzione sulla comprensione di
ciò che sta leggendo (il vero scopo della lettura!), mentre il bambino dislessico deve svolgere due
compiti complessi parallelamente: decodificare il grafema trasformandolo in fonema e comprendere
ciò che decodifica. Che fatica!!
La DE ha una prevalenza nella popolazione scolastica italiana stimata intorno al 3,5%, è una
disabilità persistente che tende ad evolvere naturalmente nel tempo, in particolare la velocità di
lettura tende ad aumentare, ma cresce anche il divario tra velocità di lettura dei normolettori e
velocità di lettura dei dislessici. Riguardo all’accuratezza della lettura (numero di errori), si osserva
che col passare del tempo, il divario tra normolettori e dislessici diminuisce fino ad avvicinarsi
(Stella, Nicoletti in Arcolini, Zardini, 2002). La confidenza col sistema determina un incremento
della correttezza, mentre il “fattore critico”, difficilmente modificabile, è la velocità della lettura.
E quali sono le cause dei DSA? Attualmente, la ricerca scientifica ha avanzato l’ipotesi di
un’origine costituzionale dei DSA con una base genetica e una biologica che predispongono il
bambino al disturbo.
La diagnosi tempestiva di DE è un primo passo importante per accelerare interventi specifici
e per l’impostazione del lavoro a scuola e dello studio a casa. A scuola, è opportuno utilizzare
alcune strategie quali la lettura silente e NON ad alta voce, la concessione, al ragazzo, di tempi
maggiori per l’esecuzione di verifiche scritte, l’utilizzo del registratore per le materie come storia e
geografia, delle mappe concettuali che rappresentino con parole-chiave i contenuti di argomenti di
storia e geografia, l’utilizzo della calcolatrice per i bambini con disturbo del calcolo. Gli insegnanti
possono, inoltre, focalizzare la loro valutazione di apprendimento sui contenuti e non sulla
strumentalità della lingua, la lettura e la scrittura.
E’ da aggiungere una breve nota riguardo la componente emozionale secondaria al DSA, talora più
importante sul piano clinico del disturbo di apprendimento. I bambini con disturbi di
apprendimento sperimentano degli insuccessi scolastici che spesso comportano un serio
rischio di abbandono scolastico dopo la scolarità dell’obbligo. I frequenti fallimenti accademici
e un contesto di vita che non riconosce o misconosce il disturbo possono causare nel ragazzo
problemi psicologici con bassa autostima, debole immagine di sé intesa come visione generale che
ogni soggetto ha di sé stesso. Il bambino con DSA può presentare una debole immagine del sé
accademico inteso come rappresentazioni circa le capacità intellettive di studente (sé cognitivo). Il
sé accademico è connesso al sé cognitivo e nel caso sia debole, come nel caso dello studente con
severe difficoltà nell’apprendimento, può minare il sé cognitivo della persona ossia le credenze
personali circa la propria intelligenza. Il ragazzo con DSA hanno anche una concezione “statica”
dell’intelligenza secondo cui l’intelligenza non può essere modificata dalla persona; pertanto, il
bambino/ragazzo con DSA tenderà a sottovalutare l’importanza dell’impegno nell’apprendimento,
perché al di fuori del proprio controllo, adottando un atteggiamento verso lo studio definito
“helplessness” (di impotenza). I bambini con DSA non hanno una chiara percezione delle
potenzialità della loro intelligenza e a volte non sono in grado di individuare le reali cause del
proprio successo o insuccesso scolastico, attribuendo la causa di un insuccesso a sé stessi e la causa
di un successo accademico all’esterno.
Le DSA possono anche influenzare il modo in cui i genitori interagiscono col figlio, a volte
determinando un disequilibrio del sistema familiare, minando il rapporto genitore/figlio a causa dei
frequenti litigi di fronte ai compiti scolastici in cui la coppia genitore/figlio trascorre molte ore al
giorno.
L’approccio globale alla dislessia non può quindi che essere un processo di collaborazione fra
tutti i sistemi coinvolti nel problema DSA (bambino, famiglia, scuola servizi sanitari) e il
percorso da intraprendere è quello indicato da un’idea nuova, circolare costruita da tutti e in cui tutti
si riconoscono ciscuno nel proprio ruolo.
Dr.ssa Michela Marchi
Psicologa
Consulente CDA – Comune di Forlì
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