Michele Rismondo [email protected] Corso di STRUTTURA E FUNZIONI DEGLI ORGANISMI VEGETALI Argomento 12: ANGIOSPERME Differenze tra Angiosperme e Gimnosperme • Riguardano principalmente: Gli apparati riproduttori L’habitus Le ramificazioni La forma e la struttura della foglia I sistemi conduttori Generalità Pistillo • Presenza di fiori • Semi racchiusi in un organo cavo, ovario, che è la parte basale ingrossata del pistillo (che svolge una funzione protettiva nei confronti del seme, ma anche un’azione di controllo sulla fecondazione), costituito da una foglia modificata, carpello IL FIORE Termine del peduncolo fiorale TALAMO o RICETTACOLO Involucri protettivi e vessillari PERIANZIO CALICE (SEPALI) COROLLA (PETALI-TEPALI) Organi femminili PISTILLI (OVARIO+STILO+STIMMA) SEMI Organi maschili STAMI (FILAMENTI+ANTERE) POLLINE Talamo o ricettacolo parte assile più o meno allungata o ingrossata sulla quale si inseriscono le altre parti del fiore Le Angiosperme primitive hanno un ricettacolo conico sul quale gli elementi fiorali si inseriscono a spirale Perianzio • Parte sterile costituita da due verticilli calice e corolla che possono essere inseriti a spirale (spiralati o aciclici) o in verticilli sovrapposti (verticillati o ciclici). Se il verticillo è unico prende il nome di perigonio. • Con l’evoluzione la corolla tende a ridursi e i petali a saldarsi tra loro Fiori spiralati (Magnolia) • I fiori con elementi separati sono detti dialipetali, dialisepali o dialitepali, quelli con gli elementi concresciuti gamopetali, gamopetali o gamotepali • In base alla simmetria della corolla il fiore può essere attinomorfo o zigomorfo • I fiori privi di perianzio si dicono nudi Rosaceae Corolla dialipetala Tulipa Corolla dialitepala Corolla gamopetala Campanulaceae Corolla attinomorfa Ranunculaceae Corolla zigomorfa Euphrasia Linaria Corolla zigomorfa Leguminosae Fiori nudi Agropyron Briza • Insieme degli elementi maschili (stami) • Ogni stame è formato da un filamento e da un’antera costituita da due mezze antere (teche) comprendenti ognuna, almeno negli stadi giovanili, due logge o sacche polliniche che a maturità risultano piene di granuli di pollini Androceo Sezione dell’antera Esotecio Endotecio Funicolo Loggia Lilium Evoluzione dell’androceo • Con l’evoluzione si è avuta una riduzione del numero dei verticilli e del numero di stami per verticillo anche se in alcuni casi si è verificato il processo inverso • Altri caratteri evolutivi sono il passaggio dall’inserzione sul ricettacolo a quella sulla corolla, dagli stami liberi a quelli concresciuti per i filamenti o le antere, dagli stami laminari a quelli con filamento sottile Stami a-diadelfi Fabaceae b-poliadelfi Hypericum c-monadelfi Malvaceae d-singenesii Asteraceae e-didinami Lamiaceae Maturazione delle antere • La cavità interna della loggia è rivestita da un tappeto che ha la funzione di nutrire le cellule fertili durante la microsporogenesi e di contribuire alla formazione delle pareti del polline • All’interno della cavità sono presenti grosse cellule ricche di plasma (archesporio) che si dividono per mitosi dando luogo alla formazione di sporociti o cellule madri del polline • Le cellule madri del polline si dividono per meiosi originando 4 androspore (tetradi polliniche) da cui avranno origine i giovani granuli di polline IL POLLINE • L’androspora si divide dando luogo alla formazione di una cellula vegetativa e di una cellula generativa • La cellula generativa a sua volta si divide dando luogo alla formazione di due nuclei spermatici o androgameti. La divisione della cellula generativa può essere precoce (polline trinucleato) o tardiva (polline binucleato) • Il granulo di polline maturo è il gametofito delle Angiosperme Di grande interesse dal punto di vista sistematico e filogenetico sono le dimensioni, la forma, la morfologia e l’ultrastruttura dei granuli di polline Gineceo • Insieme degli elementi femminili, pistilli, che derivano dal ripiegamento o dal concrescimento di una o più foglie specializzate dette carpelli o foglie carpellari • Il pistillo è formato da una parte più bassa ingrossata e cava (ovario), da una porzione allungata (stilo) e da una parte apicale variamente conformata (stimma) Gineceo • • • In base al numero di foglie che lo costituiscono il pistillo può essere monocarpellare, bicarpellare, tricarpellare o policarpellare I carpelli possono essere completamente fusi tra loro o separati (gineceo sincarpico o apocarpico) Il concrescimento dei carpelli può essere tale da delimitare una sola o più cavità ovario uniloculare o pluriloculare apocarpico sincarpico La zona di contatto tra ovuli e ovario prende il nome di placenta Ovario tricarpellare sincarpico - Narcissus Sezione trasversale di ovario tricarpellare sincarpico a placentazione assile. Sezione trasversale di ovario pluricarpellare sincarpico pluriovulare. Papaver rhoeas L. • Lo stimma (o stigma) è conformato in modo in modo da catturare, trattenere, e favorire la germinazione del polline in maniera selettiva Posizione dell’ovario rispetto a calice e corolla L’ovario supero è considerato il più primitivo Ovario supero (Magnolia) Ovario infero (Rosa) Ovuli • La porzione fertile (ginosporangio) prende il nome di nucella • Essa è avvolta da 2 tegumenti sterili (primina e secondina) che lasciano una porzione scoperta (micropilo) • La nutrizione della nucella avviene attraverso il funicolo che termina con una porzione allargata (calaza) Evoluzione del gineceo • I ginecei più primitivi sono quelli apocarpici con numerosi pistilli disposti a spirale su un asse allungato • Successivamente i pistilli si sarebbero ravvicinati e avrebbero cominciato ad accrescersi almeno nella porzione basale e contemporaneamente si sarebbe avuto anche uno spostamento degli ovuli • Alla fine gli ovuli, sempre più ridotti di numero, avrebbero assunto una posizione basale Maturazione dell’ovulo • All’interno della nucella si formano le cellule archesporiali o cellule madri delle ginospore • Una sola cellula madre si divide per meiosi dando origine a 4 ginospore, di cui 3 degenerano • La germinazione della ginospora porta alla formazione del protallo o gametofito femminile o sacco embrionale Maturazione dell’ovulo • La prima divisione, preceduta dalla vacuolizzazione, porta alla formazione di due nuclei che si portano ai poli opposti (polarizzazione) • Da ogni nucleo si formano due gruppi di 4 nuclei ciascuno: apparato oangico e apparato antipodale • Un nucleo di ciascun apparato migra verso il centro dove avviene la fusione con la formazione del nucleo dell’endosperma secondario • I tre nuclei dell’apparato oangico si differenziano in due sinergidi, che si possono omologare alle cellule di un archegonio, e una grossa ovocellula che è il gamete femminile I fiori possono essere unisessuali o ermafroditi (Se privi di androceo e gineceo sono detti sterili) Fiore ermafrodita: fiore che possiede sia gli organi maschili (stami) che quelli femminili (pistilli) Es.: Giglio (Lilium) Fiore unisessuale: fiori che possiedono solo gli organi maschili (anche detti staminiferi) oppure solo quelli femminili (pistilliferi) Fiore femminile o pistillifero Nocciolo (Corylus) Noce (Juglans) Fiori maschili o staminiferi Nocciolo (Corylus) Noce (Juglans) IMPOLLINAZIONE E FECONDAZIONE Nei processi fecondativi delle Angiosperme è possibile individuare due fasi: • Impollinazione anemogama zoogama • Fecondazione La doppia fecondazione • Attraverso il tubetto pollinico vengono liberati i due nuclei spermatici che si uniscono rispettivamente all’ovocellula e al nucleo secondario dando luogo alla formazione di due zigoti. • Dall’ovocellula fecondata si formerà l’embrione, dall’altro zigote l’endosperma secondario. Embrione ENC Endosperma secondario cellulare EN Endosperma secondario nucleare EM Embrione SO Sospensore CB Cellula basale R Radichetta IP Ipocotile EP Epicotile Embrione di Capsella Ipocotile Radichetta Sospensore Endosperma Epicotile Cotiledoni Il seme • E’ una struttura derivante dall’ovulo costituita da strati di tegumento che contengono al loro interno un tessuto di riserva e l’embrione • Consente all’embrione di essere indipendente nel tempo e nello spazio rispetto alla pianta che lo ha generato • Tramite la disseminazione può essere portato a notevole distanza e germinare quando le condizioni sono favorevoli Funzioni del seme • Protezione dell’embrione • Diffusione della specie Quiescenza e dormienza • Il seme è una struttura quiescente, in quanto al suo interno tutti i processi vitali sono sospesi a causa di un elevato grado di disidratazione. Questo stato ne consente la conservazione anche per lunghi periodi • Molti semi sono caratterizzati anche dalla dormienza, cioè sono incapaci di germinare se non si verificano determinati eventi Quiescenza e dormienza • La dormienza ha un elevato valore adattativo in quanto consente ai semi di germinare solo in periodi e in condizioni favorevoli allo sviluppo della pianta • Può dipendere da: Cause meccaniche (rivestimenti duri e impermeabili) Inibitori chimici Temperatura Luce Germinazione • È quel processo attraverso il quale il seme riprende gradualmente tutte le attività metaboliche e cellulari • Condizioni necessarie: Acqua Condizioni termiche adeguate Ossigeno Rottura della dormienza Ciclo riproduttivo IL FRUTTO • Contemporaneamente alla maturazione del seme il pistillo si trasforma in frutto • Le differenze tra i vari tipi di frutto dipendono dal destino delle pareti dell’ovario che nel frutto vengono indicate come pericarpo, costituito da: Epicarpo Mesocarpo Endocarpo IL FRUTTO FUNZIONE DEL FRUTTO: Favorire la dispersione dei semi in esso contenuti e aumentare così le probabilità di successo della specie (allontanamento dalla pianta madre). VERI FRUTTI: si sviluppano dal Gineceo in seguito alla fecondazione. L’ovario si trasforma in frutto e gli ovuli in esso contenuti in semi. FALSI FRUTTI: alla formazione del frutto partecipano altri organi come i tepali, il ricettacolo, le brattee, l’asse dell’infiorescenza ecc. (mela, pera….). Sulla base delle caratteristiche dell’involucro che costituisce il frutto (pericarpo) si distinguono in: CARNOSI SECCHI Tipi di frutto Frutti secchi deiscenti • Pericarpo più o meno duro e legnoso • A maturità si aprono liberando i semi • Sono generalmente polispermi Frutti secchi deiscenti siliquetta follicolo legume c lomento capsule siliqua legume follicolo Brassica siliqua Siliqua e siliquetta Capsella siliquetta Papaver Capsule Silene Frutti secchi indeiscenti Pericarpo più o meno duro e legnoso che si conserva intorno al seme cariosside Rivestimento del frutto fuso con quello del seme achenio Rivestimento del frutto separato da quello del seme Helianthus Zea disamara samara Achenio alato Doppio achenio alato Ulmus Acer Frutti carnosi Il pericarpo, o almeno il mesocarpo, è succoso DRUPA BACCA Pericarpo Mesocarpo Endocarpo membranaceo carnoso legnoso membranaceo carnoso molle Esempi: ciliegia oliva corniola uva pomodoro cocomero Frutti aggregati Sono costituiti da numerosi frutticini appressati derivati dal gineceo di un unico fiore mora fragola Rubus Fragaria Infruttescenze Si differenziano dai frutti aggregati in quanto ogni singolo frutto deriva da un fiore diverso sorosio siconio Frutto di Ficus Frutto (mora) di gelso Sorosio: formato da tante false drupe originatasi dalla concrescenza dei calici carnosi (mora del gelso, ananas con asse, brattee e frutti carnosi. Siconio: deriva da un ricettacolo semi-carnoso e concavo tappezzato al suo interno da fiori femminili che formano acheni (Fico). Frutti carnosi particolari Peponide (Cucurbitaceae) Esperidio degli agrumi (Rutaceae) Peponide: tipico delle Cucurbitaceae, caratterizzato da una bacca con epicarpo coriaceo o talvolta legnoso, mesocarpo carnoso o succoso ed endocarpo a maturità deliquescente, deriva da ovario infero. Esperidio: frutto delle Rutaceae ovvero gli agrumi, presenta epicarpo con tasche lisegene, mesocarpo bianco e spugnoso, endocarpo tappezzato di peli a maturità ricchi di succo. È da alcuni considerato una bacca modificata. Falsi frutti La parte carnosa deriva dal ricettacolo e non dal carpello pomo esterno sez. trasversale sez. longitudinale MATURAZIONE DEL FRUTTO Contrariamente agli animali, i vegetali riescono a mantenere le funzioni vitali per un tempo più o meno lungo anche dopo essere stati recisi. Questo periodo di tempo dipende dalla velocità di respirazione (metabolismo della pianta), che consuma ossigeno per produrre energia, acqua e anidride carbonica, oltre ad altre sostanze. Questo processo porta alla MATURAZIONE che coinvolge aspetto, caratteristiche fisicochimiche e proprietà organolettiche del frutto La velocità di respirazione dipende diversi fattori, i più importanti sono la temperatura, la luce, la concentrazione di ossigeno dell'atmosfera, l’umidità, la presenza di stress (come gli urti). La frutta durante la maturazione subisce notevoli trasformazioni nella forma, nel colore, nella consistenza, nel contenuto di acqua, zucchero e microelementi. Il processo di maturazione è controllato dall’ etilene, ormone vegetale che favorisce la maturazione agendo sui processi metabolici. MATURAZIONE DEL FRUTTO FRUTTI CLIMATERICI: producono una grande quantità di etilene e continuano la maturazione degradando amido precedentemente immagazzinato. Sono frutti climaterici mele, albicocche, cachi, avocado, banane, fichi, kiwi, mango, pesche, pere, ecc. Questi frutti sono quelli che maturano anche dopo essere stati raccolti, anzi alcuni di essi, come l'avocado, maturano solo dopo essere stati raccolti perché la pianta produce una sostanza che inibisce l'etilene finché il frutto non viene staccato. FRUTTI ACLIMATERICI: non producono grandi quantità di etilene; la respirazione diminuisce gradualmente dopo la raccolta, e la maturazione si arresta. Sono frutti aclimaterici l’arancia, il lampone, il limone, l’oliva, l’uva, il cetriolo e il peperone. I frutti climaterici sono quelli che si possono conservare più a lungo e con maggiore efficacia perché, grazie all'atmosfera controllata e alla somministrazione controllata di etilene, è possibile raccoglierli acerbi e portarli rapidamente a maturazione quando necessario. Il caso più eclatante è quello delle banane, raccolte verdi e poi fatte maturare dopo il trasporto. Disseminazione • Consiste nella dispersione dei semi che rappresentano per la maggior parte delle piante l’unica parte mobile • Con la disseminazione vengono raggiunti due scopi: aumento del numero degli individui estensione dell’areale TIPI DI DISSEMINAZIONE • Anemocora (con il vento) • Idrocora (mediante l’acqua) • Zoocora (attraverso animali raccoglitori o per ingestione) • Autocora (con meccanismi autonomi della stessa pianta) Harpagophytum – dispersione zoocora del frutto Xanthium italicum – dispersione zoocora infiorescenza CARATTERI MORFOLOGICI DI INTERESSE SISTEMATICO RADICE Fittone Fascicolata MODIFICAZIONI DEL FUSTO Il fusto delle Angiosperme (monocotiledoni e dicotiledoni), può essere modificato per svolgere funzioni diverse da quelle di sostegno, trasporto ed accrescimento. Ad esempio può essere un mezzo difensivo o un organo di adesione (rampicanti), può contribuire alla fotosintesi o all’accumulo di sostanze di riserva. FUSTI CON FUNZIONE DI SOSTEGNO (Viticci) Modificazione del fusto per aggrapparsi ad un sostegno. Es. Smilax aspera, Vitis vinifera Smilax aspera Vitis vinifera FUSTI ERBACEI MODIFICAZIONI DEL FUSTO STOLONI: fusti orizzontali che si formano sopra la superficie del suolo (es. Fragola, Fragaria vesca). Ad ogni nodo dello stolone si forma una piccola foglia dalla cui ascella spunteranno una nuova radice ed una gemma che daranno vita ad una nuova pianta. Gli stoloni facilitano la diffusione della pianta. Potentilla reptans Fragaria vesca Cynodon dactilon FUSTI SOTTERRANEI MODIFICAZIONI DEL FUSTO RIZOMI: fusti sotterranei appena sotto la superficie (in alcuni casi fino a 40 cm di profondità). Possiedono nodi e internodi. In corrispondenza di questi ci sono scaglie, piccole foglie modificate non fotosintetiche. Le gemme all’ascella delle scaglie producono nuovi rami che si allungano verso la superficie del terreno formando nuove piantine. IRIS MODIFICAZIONI DEL FUSTO TUBERI: porzioni terminali ingrossate di rizomi sotterranei. La patata (Solanum tuberosum) ha tre tipi di fusto: 1. verticale con le foglie 2. rizomi sotterranei 3. tuberi, estremità rigonfie dei rizomi. Gli occhi di un tubero sono le gemme ascellari formantesi all’ascella di piccole foglie scagliose in corrispondenza di un nodo. Gli internodi sono corti. Il corpo è pieno di amiloplasti MODIFICAZIONI DEL FUSTO BULBO: le sostanze di riserva sono immagazzinate in speciali foglie carnose (catafilli) La porzione di fusto è piccola e porta una gemma apicale (che produrrà il fusto erbaceo) e gemma ascellare che genererà nuovi bulbi. Le sostanze di riserva immagazzinate nel bulbo sono utilizzate in primavera (es. cipolla, Allium cepa) Allium cepa (cipolla) Leopoldia comosa (lampacione) Racemo cilindrico con fiori fertili patenti all’antesi e fiori sterili formanti un ciuffo apicale. G bulb Euri-Medit. Comune in campi,incolti aridi, margini fino a 1500 m di quota. RAMI RAMI MODIFICATI RAMI MODIFICATI CLADOFILLI (CLADODI): fusti fotosintetici appiattiti con aspetto e funzione di foglia. Non sono foglie perché si sviluppano all’ascella di piccole foglie scagliose. I cladofilli possono portare fiori, frutti e piccole foglie. Es. Asparago (Asparagus acutifolius) Pungitopo (Ruscus aculeatus e Ruscus hypoglossum) Ruscus hypoglossum Asparagus acutifolius (asparago selvatico) Specie Stenomediterranea comune nelle macchie, leccete, boschi caducifogli, siepi (0 – 1300 m) Si distingue da Asparagus tenuifolius per i cladodi aghiformi, induriti e più o meno pungenti e per i fusti legnosi. Ruscus aculeatus (pungitopo) Specie molto comune presente nei boschi termofili (0 - 600 m, al Sud 0 - 1200 m) I getti giovani sono commestibili, anche se di gusto amaro Le foglie sono sostituite dai cladodi (assi trasformati) appiattiti, al centro dei quali sono inseriti i fiori, piccoli e dioici. Ruscus hypoglossum (pungitopo a foglie larghe) Specie più mesofila delle precedente, presente nei boschi freschi di latifoglie, soprattutto faggete (0 – 1400 m). RAMI MODIFICATI SPINE: servono a proteggere la pianta dai predatori Possono essere modificazioni di fusti (si originano da ascelle fogliari), oppure possono derivare da trasformazioni fogliari o da emergenze dell’epidermide (es. aculei della rosa) Prunus spinosa L. Aculei di Rosa gallica Aculei di Rubus idaeus (lampone) FUSTI CON FUNZIONE DI RISERVA: Nelle piante adattate agli ambienti aridi sviluppano tessuti particolari detti succulenti in grado di immagazzinare grandi quantità di acqua. Questi tessuti possono essere localizzati nei fusti che diventano carnosi e ingrossati. Fico d’India con rami appiattiti (Pale) con funzione fotosintetica e di accumulo idrico FOGLIA Foglie semplici Incisione Foglie composte Margini APICE FOGLIARE BASE FOGLIARE FIORE Corolle dialipetale Corolle gamopetale ANGIOSPERME: Ecologia, distribuzione, coltivazione BIOGEOGRAFIA E FITOGEOGRAFIA La forma e le funzioni delle piante, e quindi la distribuzione delle specie vegetali sul pianeta, si sono evolute in gran parte come risposta ai diversi fattori ambientali. Tra questi i più importanti sono la disponibilità di acqua, la temperatura, la luce, il tipo di substrato , i nutrienti del suolo. Tali fattori agiscono in modo diverso dando vita a caratteristiche ambientali variabili in modo notevole sulla superficie della terra (foreste tropicali – deserti). Nell’osservazione e nello studio di tali fattori la scala spaziale riveste un ruolo fondamentale, insieme con il fattore tempo (storia della terra e dell’uomo). Classificazione in base a fattori ambientali Vegetazione e paesaggio in rapporto al clima Clima mediterraneo nel mondo Vegetazione e paesaggio in rapporto al clima California merid. Sudafrica (Capo) Clima mediterraneo nel mondo Australia SW Vegetazione e paesaggio in rapporto al substrato Vegetazione e paesaggio in rapporto al tempo Altopiano di Colfiorito (Marche) 1930 Altopiano di Colfiorito (Marche) 2000 IL BIOCLIMA Il Bioclima è l’insieme di fattori climatici aventi un’incidenza sugli organismi viventi. Esso è influenzato principalmente dall’andamento dei regimi termopluviometrici nell’arco dell’anno. Diagramma pluvio-termico Diagramma del bilancio idrico IL CLIMA MEDITERRANEO NEL MONDO Regioni bioclimatiche in Europa Bioclima Temperato Bioclima Mediterraneo Rivas Martinez et al. 2003 limite tra il bioclima mediterraneo e quello temperato B1 B A A Macrobioclima mediterrano B Bioclima temperato oceanico B1 Bioclima temperato continentale Rivas-Martinez, 2004 da “Biodiversità italiana” a cura di C. Blasi, Ministero dell’Ambiente della tutela del Territorio e del Mare, 2005 FITOGEOGRAFIA È quella branca della biogeografia che studia la distribuzine geografica delle comunità vegetali nel passato e al presente, ovvero il loro areale di distribuzione. Gli areali sono determinati dalla capacità di adattamento, dalla capacità competitiva delle stirpi, dalla loro possibilità di diffusione nel tempo e dalla presenza di ambienti adatti. Migrazioni ed insediamenti duraturi si svolgono molto lentamente e possono essere ostacolati da barriere naturali (oceani, deserti, catene montuose). Areale dell’olivo (Olea europaea) In passato identificava la regione mediterranea Areale porzione di superficie terrestre ove è stata osservata la presenza di una specie; in base alla forma: areali unitari o discontinui; in base alle dimensioni: specie endemiche o cosmopolite; nell’ambito dell’areale variano le condizioni ambientali e le diverse popolazioni si adattano sviluppando caratteri diversi. Areale unitario Ostrya carpinifolia carpino nero Areale discontinuo Abies alba abete bianco Balcanicoappenniniche Hieracium naegelianum Alyssum cuneifolium Areale di specie ad ampia distribuzione Silene acaulis (specie artico-alpina) Relitti glaciali Dryas octopetala Silene acaulis Potentilla crantii Dryas octopetala Relitti glaciali Pulsatilla alpina Aster alpinus Areale di specie endemica Moehringia papulosa Campanula scheuchzeri Endemismi Cynoglossum magellense Endemismi Viola magellense Adonis distorta Anthemis carpatica Endemismi Vitalianaprimulaeflora primulaeflora Vitaliana Edrajanthus graminifolius COROTIPI Si è osservato come gli areali di molte specie siano sostanzialmente sovrapponibili, e così gruppi di taxa con areali più o meno coincidenti vengono chiamati corotipi I principali corotipi della flora italiana sono: Endemiche (ENDEM.): specie ad areale ristretto e ben delimitato, esse sono l’elemento più caratteristico di una flora; Stenomediterranee (STENOMEDIT.): specie ad areale mediterraneo con distribuzione costiera o in zona a clima simile (zone con periodo secco estivo, area dell’olivo); Eurimediterranee (EURIMEDIT.): specie ad areale mediterraneo in senso lato con possibilità di presenza anche in zone calde del centro Europa (area della vite); Mediterraneo-montane (MEDIT.-MONT.): specie delle montagne mediterranee; COROTIPI Eurasiatiche (EURASIAT.): specie continentali con areale a baricentro medioeuropeo, diffuse nelle zone temperate dell’Europa e dell’Asia ma con possibili estensioni in Siberia ed estremo oriente ed in zone submediterranee; Atlantiche (ATLANT.): specie ad areale occidentale di bioclima umido oceanico, sulle coste atlantiche dell’Europa; Orofite-sudeuropee (OROF.-S-EUROP.): specie delle alte montagne sud europee; Specie boreali o comunque nordiche (Circumboreali, Eurosiberiane, Artico-Alpine); Cosmopolite (COSMOP.): specie multizonali ad ampia distribuzione su tutti i continenti senza lacune importanti, si ritrovano soprattutto negli ambienti antropizzati; SPECIE ESOTICHE Molte specie non hanno potuto occupare tutti gli ambienti potenzialmente idonei a causa delle barriere naturali. L’uomo ha modificato l’areale naturale di alcune specie (soprattutto negli ultimi 200 anni) attraverso la coltivazione di specie alimentari e, con esse, l’accidentale trasporto di semi di specie che si sono poi sviluppate nei nuovi territori. Tali specie, non essendo dunque native (o autoctone) di un territorio, sono definite esotiche (o aliene o alloctone). Attualmente la flora italiana presenta circa un 13% di specie esotiche naturalizzate, definite come archeofite, che si sono sistemate stabilmente nei nuovi ambiti geografici. Robinia pseudoacacia Opuntia ficus-indica Centaurea cyanus www.herbdatanz.com Archeofite o antiche avventizie: definizioni Il termine “archeofita” introdotto da Rikli (1903) viene successivamente definito da Thellung (1911-12) come segue: “le malerbe dei campi e di altri luoghi coltivati, che si trovano fin dall’epoca preistorica, ma che probabilmente non esistevano nel territorio prima dell’arrivo dell’uomo, per esempio Centaurea cyanus, Agrostemma githago, Lolium temulentum, che si trovano in quasi tutto il mondo tra i cereali…” L’introduzione delle “archeofite” è avvenuta in epoca successiva al Neolitico e prima della scoperta dell’America (1492); il vettore della loro diffusione è stato l’uomo. Archeofite o antiche avventizie: definizioni Secondo il criterio diacronico si considerano archeofite le specie che sono state introdotte in un territorio prima della scoperta dell’America, in contrapposizione alle neofite, introdotte dopo questa data. Archeofite e neofite vengono talora definite quali “allofite” in contrapposizione alle “autofite” cioè alle specie autoctone e a quelle che sono immigrate non dopo il Quaternario. Lolium temulentum – rips-uis.lfu.baden-wuerttemberg.de Archeofite o antiche avventizie Definire una specie “archeofita” non è semplice; spesso l’attribuzione è approssimativa in quanto sono specie che si sono ormai integrate alla flora spontanea. Una specie che è archeofita in una determinata regione può essere spontanea nelle regioni limitrofe. In generale non ci devono essere testimonianze fossili (pollini, semi o parti di pianta) che permettano di risalire all’Olocene. In più: gravitano in ambienti seminaturali e disturbati (orti, coltivi, campi arati) spesso infestano le colture cerealicole sono specie a ciclo breve (annuale) sopportano l’aridità la maggior parte è originaria dall’Asia o dall’Europa orientale e dal bacino del Mediterraneo. TENDENZE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO Linea di demarcazione tra la zona collinare (ipersfruttata) e quella montana (in fase di abbandono), soggette a due opposte tendenze ma accomunate dalle conseguenze negative (anche se per motivi diversi) a carico della biodiversità degli ecosistemi alta collina - montagna pianura - bassa collina LE PIANTE E L’UOMO Da sempre le piante sono state studiate ed utilizzate per scopi pratici La scoperta dei segreti della coltivazione, attraverso la“domesticazione”, permise la sopravvivenza di numerose e complesse comunità umane e la nascita delle civiltà Anche nei momenti più bui della storia dell’uomo la conoscenza delle piante veniva tramandata di padre in figlio (più spesso di madre in figlia) come unica speranza di sopravvivenza, in quanto garanzia di sostentamento, vestiario, materiale da costruzione, arnesi e, non ultimo, cura delle malattie AGRICOLTURA E DOMESTICAZIONE L’agricoltura è il complesso di conoscenze scientifiche, metodi, tecniche ed operazioni pratiche, evolutesi per millenni in diversi centri di origine, volte a migliorare le caratteristiche di un gruppo di specie vegetali che chiamiamo colture (dal latino colere = raccogliere). Sin dai tempi più remoti gli agricoltori hanno focalizzato la loro attenzione su poche specie che risultarono economicamente redditizie e più adatte alla coltivazione. L'utilizzazione prolungata di queste piante e la continua selezione che sin dall'inizio l'uomo effettua su di esse, determinarono col tempo la domesticazione di queste specie stesse. Non bisogna far confusione tra coltivazione e domesticazione di una pianta. La domesticazione comporta delle mutazioni genetiche che rendono una pianta piu adatta alle condizioni di un ambiente creato dall'uomo e meno adatta alle condizioni di un ambiente naturale. Conseguentemente alla domesticazione le piante subiscono profonde modificazioni a livello di quelle parti che presentano maggiore interesse per l'uomo. SELEZIONE Insieme di cause che favoriscono la riproduzione di alcuni genotipi rispetto ad altri, impedendo o favorendo l’affermazione di nuovi genomi. Tipi di selezione: Selezione naturale Selezione artificiale Selezione artificiale L’esempio più straordinario è quello della specie selvatica Brassica oleracea che, come risultato dell’influenza dell’uomo, è stata modificata in vari modi, es. broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, rapa e cavolo cappuccio Le conseguenze della nascita dell'Agricoltura Con il passaggio all'agricoltura le popolazioni non condussero più un'esistenza perennemente nomade, potendo conservare il cibo non solo in sili e granai ma anche sotto forma di animali domestici. Una caratteristica peculiare dei gruppi nomadi è la rigorosa limitazione della loro composizione numerica. Tali popolazioni tendono a rimanere poco numerose, anche attraverso il controllo delle nascite ed una mortalità molto elevata (malati, anziani). Una volta affermatasi un'organizzazione di vita stanziale non vi fu più la necessità di limitare le nascite, e, nello stesso tempo vi fu anche un calo della mortalità, a causa delle migliorate condizioni di vita. Nelle economie basate sulla caccia e sulla raccolta di vegetali sono necessari, in media, 5 km2 per la sussistenza di una sola famiglia. Una conseguenza diretta ed immediata della nascita dell'agricoltura fu l'aumento della popolazione. Poichè l'attività di pochi poteva produrre abbastanza cibo per tutti, le comunità cominciarono a diversificarsi, dando vita a tutta la varietà (ruoli e mestieri) che caratterizzano le comunità moderne. Inoltre, la terra potè essere posseduta e ceduta in eredità. L’AGROECOSISTEMA L'agroecosistema e' un ecosistema modificato dall'attività agricola che si differenzia da quello naturale in quanto produttore di biomasse prevalentemente destinate ad un consumo esterno ad esso. L'attività agricola ha notevolmente semplificato la struttura dell'ambiente in vaste aree, sostituendo alla pluralità e diversità di specie vegetali ed animali, che caratterizza gli ecosistemi naturali, un ridotto numero di colture ed animali domestici. ECOSISTEMA NATURALE AGROECOSISTEMA IL CONCETTO DI AGROECOSISTEMA Il risultato finale è un ecosistema artificiale, l'agroecosistema, costituito da sistema artificiale ed un sistema semi-naturale strettamente legati e interconnessi Il sistema artificiale è gestito in modo da creare e mantenere un territorio altamente semplificato e quindi controllabile (attraverso lavorazioni, concimazioni, irrigazione, diserbo, insetticidi, anticrittogamici, ecc.) Il sistema dei margini semi-naturali è costituito da quegli habitat di margine (siepi, boschetti, scarpate, corsi d’acqua, fossi, scoline, laghetti, ecc.) che, pur non essendo direttamente utilizzati, si trovano nelle immediate vicinanze o sono circondati dagli habitat agricoli intensivi e, pertanto, ne subiscono le influenze (eutrofizzazione, inquinamento, lavorazioni del terreno, frammentazione, ecc.). Sistema semi-naturale Sistema artificiale SISTEMA ARTIFICIALE L'interpretazione riduttiva del ruolo dell'agricoltura ha portato a percepire come unità di gestione il campo coltivato e non l'intero agroecosistema di cui esso fa parte. La conseguenza spesso e' stata l'eliminazione di tutte quelle aree marginali contigue alle aziende, poiche' considerate entita' separate, ostacoli alla meccanizzazione, fonti di infestanti ed insetti dannosi per le piante coltivate. Le aree di rifugio rappresentano, al contrario, degli spazi naturali in grado di promuovere l'incremento di una flora e di una fauna piu' complesse e diversificate SISTEMA SEMI-NATURALE La capacità di autoregolazione di un ecosistema viene denominata OMEOSTASI Rispetto ad un ecosistema naturale, l'agroecosistema, possiede una minore capacita' di autoregolazione, a causa degli interventi antropici che lo hanno modificato in una o più componenti. La capacità omeostatica di un ecosistema appare, infatti, tanto maggiore quanto più la struttura del sistema è complessa, e, entro certi limiti, quanto più elevata è la ricchezza biologica. SISTEMA SEMI-NATURALE Allo scopo di incrementare la complessità strutturale degli agroecosistemi e contribuire alla conservazione della biodiversità, si possono attuare specifici accorgimenti e pratiche agronomiche. Uno degli accorgimenti più importanti è rappresentato dalla conservazione degli HABITAT SEMINATURALI DI MARGINE RUOLO DELLE AREE SEMI-NATURALI NELL’AGROECOSISTEMA Gli habitat di margine rappresentano spazi semi-naturali inseriti tra i campi coltivati, nei quali è resa possibile la vita e la riproduzione di specie animali e vegetali selvatiche Le siepi e le alberature che delimitano i campi coltivati rappresentano la piu' antica consociazione praticata in agricoltura, con effetti benefici quali: Effetti fisici Influenza sul clima: - diminuzione della velocità del vento - diminuzione degli sbalzi di temperatura - ombreggiamento - aumento della ritenzione idrica - Diminuzione dell'erosione eolica - Diminuzione dell'erosione idrica - Aumento della sostanza organica Effetti biologici Influenza sull'agroecosistema: - Mantenimento di un equilibrio tra gli organismi viventi - Aumento del numero di predatori - Aumento della diversità biologica - Aumento della complessità ambientale Effetti paesaggistici Influenza sull'ambiente: - Aumento della gradevolezza estetica del paesaggio Piante coltivate (Fam. Graminaceae) Hordeum vulgare (orzo) Oryza sativa (riso) Zea mays (mais) Triticum aestivum (frumento tenero) Avena Piante coltivate (Fam. Brassicaceae) Brassica Verza Cavolo Cavolfiore Cavolo-rapa Cavoletti di Bruxelles Cavolo ornamentale Brassica oleracea Piante spontanee di interesse alimentare Picris hieracioides Sprane Nei margini erbosi Sonchus asper Crispigne Picris echioides Speragne Piante spontanee di interesse alimentare Nelle praterie Tragopogon pratensis Tragopogon porrifolius PIANTE AROMATICHE Rosmarinus officinalis Origanum vulgare Salvia verbenaca Melissa officinalis PIANTE OFFICINALI Millefoglio Achillea millefolium Valeriana Valeriana officinalis Digitale Digitalis ferruginea Iperico Hypericum perforatum Peonia Paeonia officinalis Liquirizia Glycirrhyza glabra Verbena Verbena officinalis Assenzio Artemisia absinthium Melissa Melissa officinalis Malva Malva sylvestris Calendula Calendula officinalis Piante di interesse officinale Paris quadrifolia (uva di volpe) Colchicum lusitanum Parte usata: semi raccolti in estate Principi attivi: alcaloide (colchicina) Proprietà: contro la gotta e i reumatismi, trattamenti esterni di dermatosi ecc…… SPECIE TOSSICA! Principi attivi: acido citrico e malico, glucosidi (paridina e paristifina). Proprietà: emetica, narcotica, antispasmodica, in omeopatia contro nevralgie e laringiti. SPECIE TOSSICA!!!!! Le specie da evitare!!!!!!!! Atropa belladonna, (Belladonna) vive nei boschi fino a 1400 m. Pianta mortale per la presenza di moltissimi alcaloidi (atropina). Le specie da evitare!!!!!!!! Daphne laureola (Laureola) e Daphne mezereum (Fior di stecco), arbusti delle zone boschive. Sono mortali per la presenza di glucosidi velenosi Le specie da evitare!!!!!!!! Mandragora autumnalis (Mandragora), La conformazione antropomorfa delle sue radici ha probabilmente contribuito a far attribuire alla mandragola poteri sovrannaturali in molte tradizioni popolari. E’ mortale per la presenza di alcaloidi simili all’atropina Le specie da evitare!!!!!!!! Taxus baccata (tasso, ammazzosomari), è un albero frequentemente usato nei giardini. Tutta la pianta è mortale per la presenza di tassina, una miscela di alcaloidi ad azione cardiotossica, tranne il frutto (arillo carnoso) Le specie da evitare!!!!!!!! Al vischio sono riconducibili leggende e tradizioni molto antiche: secondo una leggenda nordica teneva lontane disgrazie e malattie; continua in molti paesi a essere considerato simbolo di buon augurio durante il periodo natalizio. Il succo delle bacche veniva usato per preparare colle usate nell‘ uccellagione. A questo uso fanno riferimento alcuni modi di dire entrati nel linguaggio corrente (vischioso, invischiato). Viscum album (vischio), pianta parassita degli alberi. L'azione tossica del vischio dipende dalla presenza di viscumina (sostanza capace di provocare agglutinazione dei globuli rossi) e di alcuni peptidi. PIANTE TINTORIE Guado Isatis tintoria Anthemis tintoria Rubia tinctorium Indigofera tintoria Polygonum tinctorium Reseda luteola PIANTE ORNAMENTALI PIANTE ORNAMENTALI PIANTE ORNAMENTALI Gen. Erica PIANTE ORNAMENTALI Gen. Hibiscus PIANTE ORNAMENTALI Gen. Lilium Miss Lucy Gran Paradiso Stargazer Atari Nippon Pollyanna