Angiosperme-caratteristiche File - Progetto e

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Michele Rismondo
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Corso di
STRUTTURA E FUNZIONI
DEGLI ORGANISMI VEGETALI
Argomento 12: ANGIOSPERME
Differenze tra Angiosperme e
Gimnosperme
• Riguardano principalmente:
Gli apparati riproduttori
L’habitus
Le ramificazioni
La forma e la struttura della foglia
I sistemi conduttori
Generalità
Pistillo
• Presenza di fiori
• Semi racchiusi in un organo cavo,
ovario, che è la parte basale ingrossata
del pistillo (che svolge una funzione
protettiva nei confronti del seme, ma
anche un’azione di controllo sulla
fecondazione), costituito da una foglia
modificata, carpello
IL FIORE
Termine del peduncolo fiorale
TALAMO o RICETTACOLO
Involucri protettivi e vessillari
PERIANZIO
CALICE (SEPALI)
COROLLA (PETALI-TEPALI)
Organi femminili
PISTILLI
(OVARIO+STILO+STIMMA)
SEMI
Organi maschili
STAMI
(FILAMENTI+ANTERE)
POLLINE
Talamo o ricettacolo

parte assile più o meno allungata o ingrossata sulla quale si
inseriscono le altre parti del fiore

Le Angiosperme primitive hanno un ricettacolo conico sul quale
gli elementi fiorali si inseriscono a spirale
Perianzio
• Parte sterile costituita da due verticilli calice e corolla
che possono essere inseriti a spirale (spiralati o aciclici) o
in verticilli sovrapposti (verticillati o ciclici). Se il verticillo
è unico prende il nome di perigonio.
• Con l’evoluzione la corolla tende a ridursi e i petali a
saldarsi tra loro
Fiori spiralati (Magnolia)
• I fiori con elementi separati sono detti
dialipetali, dialisepali o dialitepali, quelli con gli
elementi concresciuti gamopetali, gamopetali
o gamotepali
• In base alla simmetria della corolla il fiore può
essere attinomorfo o zigomorfo
• I fiori privi di perianzio si dicono nudi
Rosaceae
Corolla dialipetala
Tulipa
Corolla dialitepala
Corolla gamopetala
Campanulaceae
Corolla attinomorfa
Ranunculaceae
Corolla zigomorfa
Euphrasia
Linaria
Corolla zigomorfa
Leguminosae
Fiori
nudi
Agropyron
Briza
• Insieme degli elementi maschili
(stami)
• Ogni stame è formato da un
filamento e da un’antera
costituita da due mezze antere
(teche) comprendenti ognuna,
almeno negli stadi giovanili,
due logge o sacche polliniche
che a maturità risultano piene
di granuli di pollini
Androceo
Sezione dell’antera
Esotecio
Endotecio
Funicolo
Loggia
Lilium
Evoluzione dell’androceo
• Con l’evoluzione si è avuta una riduzione del numero
dei verticilli e del numero di stami per verticillo anche
se in alcuni casi si è verificato il processo inverso
• Altri caratteri evolutivi sono il passaggio dall’inserzione
sul ricettacolo a quella sulla corolla, dagli stami liberi a
quelli concresciuti per i filamenti o le antere, dagli
stami laminari a quelli con filamento sottile
Stami
a-diadelfi
Fabaceae
b-poliadelfi
Hypericum
c-monadelfi
Malvaceae
d-singenesii
Asteraceae
e-didinami
Lamiaceae
Maturazione delle antere
• La cavità interna della loggia è rivestita da un tappeto
che ha la funzione di nutrire le cellule fertili durante la
microsporogenesi e di contribuire alla formazione
delle pareti del polline
• All’interno della cavità sono presenti grosse cellule
ricche di plasma (archesporio) che si dividono per
mitosi dando luogo alla formazione di sporociti o
cellule madri del polline
• Le cellule madri del polline si dividono per meiosi
originando 4 androspore (tetradi polliniche) da cui
avranno origine i giovani granuli di polline
IL POLLINE
• L’androspora si divide dando luogo alla
formazione di una cellula vegetativa e di una
cellula generativa
• La cellula generativa a sua volta si divide dando
luogo alla formazione di due nuclei spermatici o
androgameti. La divisione della cellula
generativa può essere precoce (polline
trinucleato) o tardiva (polline binucleato)
• Il granulo di polline maturo è il gametofito delle
Angiosperme
Di grande interesse dal punto di vista
sistematico e filogenetico sono le
dimensioni, la forma, la morfologia e
l’ultrastruttura dei granuli di polline
Gineceo
• Insieme degli elementi femminili, pistilli, che derivano
dal ripiegamento o dal concrescimento di una o più
foglie specializzate dette carpelli o foglie carpellari
• Il pistillo è formato da una parte più bassa ingrossata
e cava (ovario), da una porzione allungata (stilo) e da
una parte apicale variamente conformata (stimma)
Gineceo
•
•
•
In base al numero di foglie che lo costituiscono il
pistillo può essere monocarpellare, bicarpellare,
tricarpellare o policarpellare
I carpelli possono essere completamente fusi tra
loro o separati (gineceo sincarpico o apocarpico)
Il concrescimento dei carpelli può essere tale da
delimitare una sola o più cavità ovario uniloculare o
pluriloculare
apocarpico
sincarpico
La zona di contatto tra ovuli e ovario prende il nome di
placenta
Ovario tricarpellare sincarpico - Narcissus
Sezione trasversale di
ovario tricarpellare
sincarpico a
placentazione assile.
Sezione trasversale di ovario
pluricarpellare sincarpico
pluriovulare.
Papaver rhoeas L.
• Lo stimma (o stigma) è conformato in modo in modo
da catturare, trattenere, e favorire la germinazione
del polline in maniera selettiva
Posizione dell’ovario rispetto a calice e corolla
L’ovario
supero è
considerato
il più
primitivo
Ovario supero (Magnolia)
Ovario infero (Rosa)
Ovuli
• La porzione fertile (ginosporangio)
prende il nome di nucella
• Essa è avvolta da 2 tegumenti sterili
(primina e secondina) che lasciano una
porzione scoperta (micropilo)
• La nutrizione della nucella avviene
attraverso il funicolo che termina con
una porzione allargata (calaza)
Evoluzione del gineceo
• I ginecei più primitivi sono quelli apocarpici
con numerosi pistilli disposti a spirale su un
asse allungato
• Successivamente i pistilli si sarebbero
ravvicinati e avrebbero cominciato ad
accrescersi almeno nella porzione basale e
contemporaneamente si sarebbe avuto
anche uno spostamento degli ovuli
• Alla fine gli ovuli, sempre più ridotti di
numero, avrebbero assunto una posizione
basale
Maturazione dell’ovulo
• All’interno della nucella si
formano
le
cellule
archesporiali o cellule
madri delle ginospore
• Una sola cellula madre si
divide per meiosi dando
origine a 4 ginospore, di
cui 3 degenerano
• La germinazione della
ginospora
porta
alla
formazione del protallo o
gametofito femminile o
sacco embrionale
Maturazione dell’ovulo
• La prima divisione, preceduta
dalla vacuolizzazione, porta alla
formazione di due nuclei che si
portano
ai
poli
opposti
(polarizzazione)
• Da ogni nucleo si formano due
gruppi di 4 nuclei ciascuno:
apparato oangico e apparato
antipodale
• Un nucleo di ciascun apparato
migra verso il centro dove
avviene la fusione con la
formazione
del
nucleo
dell’endosperma secondario
• I tre nuclei dell’apparato
oangico si differenziano in due
sinergidi, che si possono
omologare alle cellule di un
archegonio, e una grossa
ovocellula che è il gamete
femminile
I fiori possono essere unisessuali o ermafroditi
(Se privi di androceo e gineceo sono detti sterili)
Fiore ermafrodita:
fiore che possiede sia gli organi
maschili (stami) che quelli femminili
(pistilli)
Es.: Giglio (Lilium)
Fiore unisessuale:
fiori che possiedono solo gli organi
maschili (anche detti staminiferi)
oppure
solo
quelli
femminili
(pistilliferi)
Fiore femminile
o pistillifero
Nocciolo
(Corylus)
Noce (Juglans)
Fiori maschili
o staminiferi
Nocciolo (Corylus)
Noce (Juglans)
IMPOLLINAZIONE E FECONDAZIONE
Nei processi fecondativi delle
Angiosperme
è
possibile
individuare due fasi:
• Impollinazione
anemogama
zoogama
• Fecondazione
La doppia fecondazione
• Attraverso il tubetto pollinico vengono liberati i
due nuclei spermatici che si uniscono
rispettivamente all’ovocellula e al nucleo
secondario dando luogo alla formazione di due
zigoti.
• Dall’ovocellula fecondata si formerà l’embrione,
dall’altro zigote l’endosperma secondario.
Embrione
ENC Endosperma secondario cellulare
EN Endosperma secondario nucleare
EM Embrione
SO Sospensore
CB Cellula basale
R
Radichetta
IP Ipocotile
EP Epicotile
Embrione di Capsella
Ipocotile
Radichetta
Sospensore
Endosperma
Epicotile
Cotiledoni
Il seme
• E’ una struttura derivante dall’ovulo costituita da strati di
tegumento che contengono al loro interno un tessuto di
riserva e l’embrione
• Consente all’embrione di essere indipendente nel tempo
e nello spazio rispetto alla pianta che lo ha generato
• Tramite la disseminazione può essere portato a notevole
distanza e germinare quando le condizioni sono
favorevoli
Funzioni del
seme
• Protezione dell’embrione
• Diffusione della specie
Quiescenza e dormienza
• Il seme è una struttura quiescente, in quanto al suo
interno tutti i processi vitali sono sospesi a causa di
un elevato grado di disidratazione. Questo stato ne
consente la conservazione anche per lunghi periodi
• Molti semi sono caratterizzati anche dalla dormienza,
cioè sono incapaci di germinare se non si verificano
determinati eventi
Quiescenza e dormienza
• La dormienza ha un elevato valore adattativo in quanto
consente ai semi di germinare solo in periodi e in
condizioni favorevoli allo sviluppo della pianta
• Può dipendere da:
Cause meccaniche (rivestimenti duri e impermeabili)
Inibitori chimici
Temperatura
Luce
Germinazione
• È quel processo attraverso il quale il seme riprende gradualmente
tutte le attività metaboliche e cellulari
• Condizioni necessarie:
Acqua
Condizioni termiche adeguate
Ossigeno
Rottura della dormienza
Ciclo riproduttivo
IL FRUTTO
• Contemporaneamente alla maturazione
del seme il pistillo si trasforma in frutto
• Le differenze tra i vari tipi di frutto
dipendono dal destino delle pareti
dell’ovario che nel frutto vengono indicate
come pericarpo, costituito da:
Epicarpo
Mesocarpo
Endocarpo
IL FRUTTO
FUNZIONE DEL FRUTTO: Favorire la dispersione dei semi in esso contenuti e
aumentare così le probabilità di successo della specie (allontanamento dalla
pianta madre).
VERI FRUTTI: si sviluppano dal Gineceo in seguito alla fecondazione. L’ovario si
trasforma in frutto e gli ovuli in esso contenuti in semi.
FALSI FRUTTI: alla formazione del frutto partecipano altri organi come i tepali, il
ricettacolo, le brattee, l’asse dell’infiorescenza ecc. (mela, pera….).
Sulla base delle caratteristiche dell’involucro che costituisce il frutto (pericarpo) si
distinguono in:
CARNOSI
SECCHI
Tipi di frutto
Frutti secchi deiscenti
• Pericarpo più o meno duro e
legnoso
• A maturità si aprono liberando i
semi
• Sono generalmente polispermi
Frutti
secchi
deiscenti
siliquetta
follicolo
legume
c
lomento
capsule
siliqua
legume
follicolo
Brassica
siliqua
Siliqua
e
siliquetta
Capsella
siliquetta
Papaver
Capsule
Silene
Frutti secchi indeiscenti
Pericarpo più o meno duro e legnoso che si conserva intorno
al seme
cariosside
Rivestimento del
frutto fuso con
quello del seme
achenio
Rivestimento del
frutto separato da
quello del seme
Helianthus
Zea
disamara
samara
Achenio alato
Doppio achenio
alato
Ulmus
Acer
Frutti carnosi
Il pericarpo, o almeno il mesocarpo, è succoso
DRUPA
BACCA
Pericarpo
Mesocarpo
Endocarpo
membranaceo
carnoso
legnoso
membranaceo
carnoso
molle
Esempi:
ciliegia
oliva
corniola
uva
pomodoro
cocomero
Frutti aggregati
Sono costituiti da numerosi frutticini appressati
derivati dal gineceo di un unico fiore
mora
fragola
Rubus
Fragaria
Infruttescenze
Si differenziano dai frutti aggregati in quanto ogni singolo
frutto deriva da un fiore diverso
sorosio
siconio
Frutto di Ficus
Frutto (mora) di gelso
Sorosio: formato da tante false drupe originatasi dalla concrescenza dei calici carnosi (mora del
gelso, ananas con asse, brattee e frutti carnosi.
Siconio: deriva da un ricettacolo semi-carnoso e concavo tappezzato al suo interno da fiori
femminili che formano acheni (Fico).
Frutti carnosi particolari
Peponide (Cucurbitaceae)
Esperidio degli agrumi (Rutaceae)
Peponide: tipico delle Cucurbitaceae, caratterizzato da una bacca con epicarpo coriaceo o
talvolta legnoso, mesocarpo carnoso o succoso ed endocarpo a maturità deliquescente,
deriva da ovario infero.
Esperidio: frutto delle Rutaceae ovvero gli agrumi, presenta epicarpo con tasche lisegene,
mesocarpo bianco e spugnoso, endocarpo tappezzato di peli a maturità ricchi di succo. È
da alcuni considerato una bacca modificata.
Falsi frutti
La parte carnosa deriva dal ricettacolo e non dal carpello
pomo
esterno
sez. trasversale
sez. longitudinale
MATURAZIONE DEL FRUTTO
Contrariamente agli animali, i vegetali riescono a mantenere le funzioni
vitali per un tempo più o meno lungo anche dopo essere stati recisi. Questo periodo di
tempo dipende dalla velocità di respirazione (metabolismo della pianta), che consuma
ossigeno per produrre energia, acqua e anidride carbonica, oltre ad altre sostanze.
Questo processo porta alla MATURAZIONE che coinvolge aspetto, caratteristiche fisicochimiche e proprietà organolettiche del frutto
La velocità di respirazione dipende diversi fattori, i più importanti sono la temperatura, la
luce, la concentrazione di ossigeno dell'atmosfera, l’umidità, la presenza di stress (come gli
urti).
La frutta durante la maturazione subisce
notevoli trasformazioni nella forma, nel
colore, nella consistenza, nel contenuto di
acqua, zucchero e microelementi. Il
processo di maturazione è controllato dall’
etilene, ormone vegetale che favorisce la
maturazione
agendo
sui
processi
metabolici.
MATURAZIONE DEL FRUTTO
FRUTTI CLIMATERICI: producono una grande quantità di etilene e
continuano la maturazione degradando amido precedentemente immagazzinato. Sono frutti
climaterici mele, albicocche, cachi, avocado, banane, fichi, kiwi, mango, pesche, pere, ecc.
Questi frutti sono quelli che maturano anche dopo essere stati raccolti, anzi alcuni di essi,
come l'avocado, maturano solo dopo essere stati raccolti perché la pianta produce una
sostanza che inibisce l'etilene finché il frutto non viene staccato.
FRUTTI ACLIMATERICI: non producono grandi quantità di etilene; la respirazione diminuisce
gradualmente dopo la raccolta, e la maturazione si arresta. Sono frutti aclimaterici l’arancia, il
lampone, il limone, l’oliva, l’uva, il cetriolo e il peperone.
I frutti climaterici sono quelli che si possono conservare più a lungo e con maggiore efficacia
perché, grazie all'atmosfera controllata e alla somministrazione controllata di etilene, è
possibile raccoglierli acerbi e portarli rapidamente a maturazione quando necessario. Il caso
più eclatante è quello delle banane, raccolte verdi e poi fatte maturare dopo il trasporto.
Disseminazione
• Consiste nella dispersione dei semi che
rappresentano per la maggior parte delle piante
l’unica parte mobile
• Con la disseminazione vengono raggiunti due
scopi:
aumento del numero degli individui
estensione dell’areale
TIPI DI DISSEMINAZIONE
• Anemocora (con il vento)
• Idrocora (mediante l’acqua)
• Zoocora (attraverso animali
raccoglitori o per ingestione)
• Autocora (con meccanismi
autonomi della stessa pianta)
Harpagophytum – dispersione zoocora del frutto
Xanthium italicum – dispersione zoocora infiorescenza
CARATTERI MORFOLOGICI DI
INTERESSE SISTEMATICO
RADICE
Fittone
Fascicolata
MODIFICAZIONI DEL FUSTO
Il fusto delle Angiosperme (monocotiledoni e dicotiledoni),
può essere modificato per svolgere funzioni diverse da quelle
di sostegno, trasporto ed accrescimento.
Ad esempio può essere un mezzo difensivo o un organo di
adesione (rampicanti), può contribuire alla fotosintesi o
all’accumulo di sostanze di riserva.
FUSTI CON FUNZIONE DI SOSTEGNO (Viticci)
Modificazione del fusto per aggrapparsi ad un
sostegno. Es. Smilax aspera, Vitis vinifera
Smilax aspera
Vitis vinifera
FUSTI ERBACEI
MODIFICAZIONI DEL FUSTO
STOLONI: fusti orizzontali che si formano sopra la superficie del suolo (es.
Fragola, Fragaria vesca).
Ad ogni nodo dello stolone si forma una piccola foglia dalla cui ascella spunteranno una
nuova radice ed una gemma che daranno vita ad una nuova pianta. Gli stoloni facilitano la
diffusione della pianta.
Potentilla reptans
Fragaria
vesca
Cynodon dactilon
FUSTI
SOTTERRANEI
MODIFICAZIONI DEL FUSTO
RIZOMI: fusti sotterranei appena sotto la superficie (in alcuni casi fino a
40 cm di profondità).
Possiedono nodi e internodi. In corrispondenza di questi ci sono scaglie, piccole foglie
modificate non fotosintetiche. Le gemme all’ascella delle scaglie producono nuovi rami che
si allungano verso la superficie del terreno formando nuove piantine.
IRIS
MODIFICAZIONI DEL FUSTO
TUBERI: porzioni terminali ingrossate di rizomi sotterranei.
La patata (Solanum tuberosum) ha tre tipi di fusto:
1. verticale con le foglie
2. rizomi sotterranei
3. tuberi, estremità rigonfie dei rizomi.
Gli occhi di un tubero sono le gemme ascellari formantesi all’ascella
di piccole foglie scagliose in corrispondenza di un nodo. Gli internodi
sono corti. Il corpo è pieno di amiloplasti
MODIFICAZIONI DEL FUSTO
BULBO: le sostanze di riserva sono immagazzinate in speciali foglie
carnose (catafilli)
La porzione di fusto è piccola e porta una gemma apicale (che produrrà il fusto erbaceo) e
gemma ascellare che genererà nuovi bulbi.
Le sostanze di riserva immagazzinate nel bulbo sono utilizzate in primavera (es. cipolla,
Allium cepa)
Allium cepa (cipolla)
Leopoldia comosa (lampacione)
Racemo cilindrico
con fiori fertili patenti
all’antesi e fiori sterili
formanti un ciuffo
apicale.
G bulb Euri-Medit.
Comune in
campi,incolti aridi,
margini fino a 1500 m
di quota.
RAMI
RAMI MODIFICATI
RAMI MODIFICATI
CLADOFILLI (CLADODI): fusti fotosintetici appiattiti con aspetto e
funzione di foglia.
Non sono foglie perché si sviluppano all’ascella di piccole foglie scagliose. I cladofilli possono
portare fiori, frutti e piccole foglie.
Es. Asparago (Asparagus acutifolius) Pungitopo (Ruscus aculeatus e Ruscus hypoglossum)
Ruscus hypoglossum
Asparagus acutifolius (asparago selvatico)
Specie Stenomediterranea comune
nelle macchie, leccete,
boschi caducifogli, siepi
(0 – 1300 m)
Si distingue da Asparagus tenuifolius per i cladodi aghiformi, induriti e più o meno pungenti e
per i fusti legnosi.
Ruscus aculeatus (pungitopo)
Specie molto comune
presente nei boschi
termofili (0 - 600 m, al
Sud 0 - 1200 m)
I getti giovani sono
commestibili, anche se di
gusto amaro
Le foglie sono sostituite dai
cladodi (assi trasformati)
appiattiti, al centro dei quali
sono inseriti i fiori, piccoli e
dioici.
Ruscus hypoglossum (pungitopo a
foglie larghe)
Specie più mesofila delle precedente,
presente nei boschi freschi di
latifoglie, soprattutto faggete (0 –
1400 m).
RAMI MODIFICATI
SPINE: servono a proteggere la pianta dai predatori
Possono essere modificazioni di fusti (si originano da ascelle fogliari), oppure possono
derivare da trasformazioni fogliari o da emergenze dell’epidermide (es. aculei della
rosa)
Prunus spinosa L.
Aculei di Rosa gallica
Aculei di Rubus idaeus (lampone)
FUSTI CON FUNZIONE DI RISERVA:
Nelle piante adattate agli ambienti aridi sviluppano tessuti particolari detti succulenti in
grado di immagazzinare grandi quantità di acqua. Questi tessuti possono essere localizzati
nei fusti che diventano carnosi e ingrossati.
Fico d’India con rami appiattiti (Pale) con funzione fotosintetica e di accumulo idrico
FOGLIA
Foglie semplici
Incisione
Foglie composte
Margini
APICE FOGLIARE
BASE FOGLIARE
FIORE
Corolle dialipetale
Corolle gamopetale
ANGIOSPERME: Ecologia, distribuzione, coltivazione
BIOGEOGRAFIA E FITOGEOGRAFIA
La forma e le funzioni delle piante, e
quindi la distribuzione delle specie
vegetali sul pianeta, si sono evolute in
gran parte come risposta ai diversi
fattori ambientali.
Tra questi i più importanti sono la
disponibilità di acqua, la temperatura, la
luce, il tipo di substrato , i nutrienti del
suolo.
Tali fattori agiscono in modo diverso
dando vita a caratteristiche ambientali
variabili in modo notevole sulla
superficie della terra (foreste tropicali –
deserti).
Nell’osservazione e nello studio di tali
fattori la scala spaziale riveste un ruolo
fondamentale, insieme con il fattore
tempo (storia della terra e dell’uomo).
Classificazione in base a fattori ambientali
Vegetazione e paesaggio in rapporto al clima
Clima mediterraneo nel mondo
Vegetazione e paesaggio in rapporto al clima
California merid.
Sudafrica (Capo)
Clima
mediterraneo nel
mondo
Australia SW
Vegetazione e paesaggio in rapporto al substrato
Vegetazione e paesaggio in rapporto al tempo
Altopiano di Colfiorito (Marche) 1930
Altopiano di Colfiorito (Marche) 2000
IL BIOCLIMA
Il Bioclima è l’insieme di fattori climatici aventi un’incidenza sugli organismi viventi. Esso è
influenzato principalmente dall’andamento dei regimi termopluviometrici nell’arco
dell’anno.
Diagramma pluvio-termico
Diagramma del bilancio idrico
IL CLIMA MEDITERRANEO NEL MONDO
Regioni bioclimatiche in Europa
Bioclima Temperato
Bioclima Mediterraneo
Rivas Martinez et al. 2003
limite tra il bioclima mediterraneo e quello temperato
B1
B
A
A Macrobioclima
mediterrano
B Bioclima temperato
oceanico
B1 Bioclima temperato
continentale
Rivas-Martinez, 2004
da “Biodiversità italiana” a cura di
C. Blasi, Ministero dell’Ambiente
della tutela del Territorio e del
Mare, 2005
FITOGEOGRAFIA
È quella branca della biogeografia che studia la distribuzine geografica delle
comunità vegetali nel passato e al presente, ovvero il loro areale di distribuzione.
Gli areali sono determinati dalla capacità di adattamento, dalla capacità
competitiva delle stirpi, dalla loro possibilità di diffusione nel tempo e dalla
presenza di ambienti adatti.
Migrazioni ed insediamenti duraturi si svolgono molto lentamente e possono
essere ostacolati da barriere naturali (oceani, deserti, catene montuose).
Areale dell’olivo
(Olea europaea)
In passato identificava la
regione mediterranea
Areale
porzione di superficie terrestre ove è stata
osservata la presenza di una specie;
 in base alla forma:

areali unitari o discontinui;

in base alle dimensioni:
specie endemiche o cosmopolite;

nell’ambito dell’areale variano le condizioni
ambientali e le diverse popolazioni si adattano
sviluppando caratteri diversi.
Areale
unitario
Ostrya carpinifolia
carpino nero
Areale discontinuo
Abies alba
abete bianco
Balcanicoappenniniche
Hieracium naegelianum
Alyssum
cuneifolium
Areale di specie
ad ampia
distribuzione
Silene acaulis (specie artico-alpina)
Relitti glaciali
Dryas octopetala
Silene acaulis
Potentilla crantii
Dryas octopetala
Relitti glaciali
Pulsatilla alpina
Aster alpinus
Areale di specie endemica
Moehringia papulosa
Campanula scheuchzeri
Endemismi
Cynoglossum magellense
Endemismi
Viola magellense
Adonis distorta
Anthemis carpatica
Endemismi
Vitalianaprimulaeflora
primulaeflora
Vitaliana
Edrajanthus graminifolius
COROTIPI
Si è osservato come gli areali di molte specie
siano sostanzialmente sovrapponibili, e così
gruppi di taxa con areali più o meno
coincidenti vengono chiamati corotipi
I principali corotipi della flora italiana sono:
Endemiche (ENDEM.): specie ad areale ristretto e ben delimitato, esse sono l’elemento più
caratteristico di una flora;
Stenomediterranee (STENOMEDIT.): specie ad areale mediterraneo con distribuzione costiera o
in zona a clima simile (zone con periodo secco estivo, area dell’olivo);
Eurimediterranee (EURIMEDIT.): specie ad areale mediterraneo in senso lato con possibilità di
presenza anche in zone calde del centro Europa (area della vite);
Mediterraneo-montane (MEDIT.-MONT.): specie delle montagne mediterranee;
COROTIPI
Eurasiatiche (EURASIAT.): specie continentali con
areale a baricentro medioeuropeo, diffuse nelle
zone temperate dell’Europa e dell’Asia ma con
possibili estensioni in Siberia ed estremo oriente
ed in zone submediterranee;
Atlantiche (ATLANT.): specie ad areale
occidentale di bioclima umido oceanico, sulle
coste atlantiche dell’Europa;
Orofite-sudeuropee (OROF.-S-EUROP.): specie delle alte montagne sud europee;
Specie boreali o comunque nordiche (Circumboreali, Eurosiberiane, Artico-Alpine);
Cosmopolite (COSMOP.): specie multizonali ad ampia distribuzione su tutti i continenti senza
lacune importanti, si ritrovano soprattutto negli ambienti antropizzati;
SPECIE ESOTICHE
Molte specie non hanno potuto occupare tutti gli ambienti potenzialmente
idonei a causa delle barriere naturali.
L’uomo ha modificato l’areale naturale di alcune specie (soprattutto negli ultimi 200 anni)
attraverso la coltivazione di specie alimentari e, con esse, l’accidentale trasporto di semi di
specie che si sono poi sviluppate nei nuovi territori. Tali specie, non essendo dunque native
(o autoctone) di un territorio, sono definite esotiche (o aliene o alloctone).
Attualmente la flora italiana presenta circa un 13% di specie esotiche naturalizzate, definite
come archeofite, che si sono sistemate stabilmente nei nuovi ambiti geografici.
Robinia pseudoacacia
Opuntia ficus-indica
Centaurea cyanus www.herbdatanz.com
Archeofite o antiche
avventizie: definizioni
Il termine “archeofita” introdotto da
Rikli (1903) viene successivamente
definito da Thellung (1911-12) come
segue:
“le malerbe dei campi e di altri luoghi
coltivati, che si trovano fin dall’epoca
preistorica, ma che probabilmente non
esistevano
nel
territorio
prima
dell’arrivo dell’uomo, per esempio
Centaurea cyanus, Agrostemma githago,
Lolium temulentum, che si trovano in
quasi tutto il mondo tra i cereali…”
L’introduzione delle “archeofite” è
avvenuta in epoca successiva al
Neolitico e prima della scoperta
dell’America (1492);
il vettore della loro diffusione è stato
l’uomo.
Archeofite o antiche
avventizie: definizioni
Secondo
il
criterio
diacronico
si
considerano
archeofite le specie che sono state introdotte in un
territorio prima della scoperta dell’America, in
contrapposizione alle neofite, introdotte dopo questa
data.
Archeofite e neofite vengono talora definite quali
“allofite” in contrapposizione alle “autofite” cioè alle
specie autoctone e a quelle che sono immigrate non
dopo il Quaternario.
Lolium temulentum –
rips-uis.lfu.baden-wuerttemberg.de
Archeofite
o antiche avventizie
Definire una specie “archeofita” non è
semplice;
spesso
l’attribuzione
è
approssimativa in quanto sono specie che si
sono ormai integrate alla flora spontanea.
Una specie che è archeofita in una
determinata regione può essere spontanea
nelle regioni limitrofe.
In generale non ci devono essere testimonianze fossili (pollini, semi o parti di
pianta) che permettano di risalire all’Olocene.
In più:
 gravitano in ambienti seminaturali e disturbati (orti, coltivi, campi arati)
 spesso infestano le colture cerealicole
 sono specie a ciclo breve (annuale)
 sopportano l’aridità
 la maggior parte è originaria dall’Asia o dall’Europa orientale e dal bacino del
Mediterraneo.
TENDENZE EVOLUTIVE DEL PAESAGGIO
Linea di demarcazione
tra la zona collinare
(ipersfruttata) e quella
montana (in fase di
abbandono), soggette
a
due
opposte
tendenze
ma
accomunate
dalle
conseguenze negative
(anche se per motivi
diversi) a carico della
biodiversità
degli
ecosistemi
alta collina - montagna
pianura - bassa collina
LE PIANTE E L’UOMO
 Da sempre le piante sono state studiate ed utilizzate per
scopi pratici
 La scoperta dei segreti della coltivazione, attraverso
la“domesticazione”, permise la sopravvivenza di numerose e
complesse comunità umane e la nascita delle civiltà
 Anche nei momenti più bui della storia dell’uomo la
conoscenza delle piante veniva tramandata di padre in figlio
(più spesso di madre in figlia) come unica speranza di
sopravvivenza, in quanto garanzia di sostentamento,
vestiario, materiale da costruzione, arnesi e, non ultimo, cura
delle malattie
AGRICOLTURA E DOMESTICAZIONE
L’agricoltura è il complesso di conoscenze scientifiche, metodi, tecniche ed operazioni
pratiche, evolutesi per millenni in diversi centri di origine, volte a migliorare le caratteristiche
di un gruppo di specie vegetali che chiamiamo colture (dal latino colere = raccogliere).
Sin dai tempi più remoti gli agricoltori hanno focalizzato la loro attenzione su poche specie
che risultarono economicamente redditizie e più adatte alla coltivazione. L'utilizzazione
prolungata di queste piante e la continua selezione che sin dall'inizio l'uomo effettua su di
esse, determinarono col tempo la domesticazione di queste specie stesse. Non bisogna far
confusione tra coltivazione e domesticazione di una pianta.
La domesticazione comporta delle mutazioni
genetiche che rendono una pianta piu adatta
alle condizioni di un ambiente creato
dall'uomo e meno adatta alle condizioni di un
ambiente naturale. Conseguentemente alla
domesticazione le piante subiscono profonde
modificazioni a livello di quelle parti che
presentano maggiore interesse per l'uomo.
SELEZIONE
Insieme di cause che favoriscono la
riproduzione di alcuni genotipi rispetto ad
altri, impedendo o favorendo l’affermazione
di nuovi genomi.
Tipi di selezione:
Selezione naturale
Selezione artificiale
Selezione artificiale
L’esempio più straordinario è quello della specie selvatica Brassica oleracea che,
come risultato dell’influenza dell’uomo, è stata modificata in vari modi, es.
broccoli, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, rapa e cavolo cappuccio
Le conseguenze della nascita dell'Agricoltura
Con il passaggio all'agricoltura le popolazioni non condussero più un'esistenza perennemente nomade,
potendo conservare il cibo non solo in sili e granai ma anche sotto forma di animali domestici.
Una caratteristica peculiare dei gruppi nomadi è la rigorosa limitazione della loro composizione
numerica. Tali popolazioni tendono a rimanere poco numerose, anche attraverso il controllo delle nascite
ed una mortalità molto elevata (malati, anziani).
Una volta affermatasi un'organizzazione di vita stanziale non vi fu più la necessità di limitare le nascite, e,
nello stesso tempo vi fu anche un calo della mortalità, a causa delle migliorate condizioni di vita. Nelle
economie basate sulla caccia e sulla raccolta di vegetali sono necessari, in media, 5 km2 per la sussistenza
di una sola famiglia.
Una conseguenza diretta ed immediata della nascita dell'agricoltura fu l'aumento della popolazione.
Poichè l'attività di pochi poteva produrre abbastanza cibo per tutti, le comunità cominciarono a
diversificarsi, dando vita a tutta la varietà (ruoli e mestieri) che caratterizzano le comunità moderne.
Inoltre, la terra potè essere posseduta e ceduta in eredità.
L’AGROECOSISTEMA
L'agroecosistema e' un ecosistema modificato dall'attività agricola che si
differenzia da quello naturale in quanto produttore di biomasse prevalentemente destinate
ad un consumo esterno ad esso.
L'attività agricola ha notevolmente semplificato la struttura dell'ambiente in vaste aree,
sostituendo alla pluralità e diversità di specie vegetali ed animali, che caratterizza gli
ecosistemi naturali, un ridotto numero di colture ed animali domestici.
ECOSISTEMA NATURALE
AGROECOSISTEMA
IL CONCETTO DI AGROECOSISTEMA
Il risultato finale è un ecosistema artificiale, l'agroecosistema, costituito da sistema artificiale
ed un sistema semi-naturale strettamente legati e interconnessi
Il sistema artificiale è gestito in modo da creare e mantenere un territorio altamente
semplificato e quindi controllabile (attraverso lavorazioni, concimazioni, irrigazione,
diserbo, insetticidi, anticrittogamici, ecc.)
Il sistema dei margini semi-naturali è costituito da quegli habitat di margine (siepi,
boschetti, scarpate, corsi d’acqua, fossi, scoline, laghetti, ecc.) che, pur non essendo
direttamente utilizzati, si trovano nelle immediate vicinanze o sono circondati dagli habitat
agricoli intensivi e, pertanto, ne subiscono le influenze (eutrofizzazione, inquinamento,
lavorazioni del terreno, frammentazione, ecc.).
Sistema semi-naturale
Sistema artificiale
SISTEMA ARTIFICIALE
L'interpretazione riduttiva del ruolo
dell'agricoltura ha portato a percepire
come unità di gestione il campo
coltivato e non l'intero agroecosistema
di cui esso fa parte.
La conseguenza spesso e' stata l'eliminazione di tutte quelle
aree marginali contigue alle aziende, poiche' considerate entita'
separate, ostacoli alla meccanizzazione, fonti di infestanti ed
insetti dannosi per le piante coltivate.
Le aree di rifugio rappresentano, al contrario, degli spazi
naturali in grado di promuovere l'incremento di una flora e di
una fauna piu' complesse e diversificate
SISTEMA SEMI-NATURALE
La capacità di autoregolazione di un ecosistema viene denominata OMEOSTASI
Rispetto ad un ecosistema naturale, l'agroecosistema, possiede una minore capacita' di
autoregolazione, a causa degli interventi antropici che lo hanno modificato in una o più componenti. La
capacità omeostatica di un ecosistema appare, infatti, tanto maggiore quanto più la struttura del sistema
è complessa, e, entro certi limiti, quanto più elevata è la ricchezza biologica.
SISTEMA SEMI-NATURALE
Allo scopo di incrementare la complessità strutturale degli agroecosistemi e contribuire alla
conservazione della biodiversità, si possono attuare specifici accorgimenti e pratiche agronomiche.
Uno degli accorgimenti più importanti è rappresentato dalla conservazione degli HABITAT SEMINATURALI DI MARGINE
RUOLO DELLE AREE SEMI-NATURALI NELL’AGROECOSISTEMA
Gli habitat di margine rappresentano spazi semi-naturali inseriti tra i campi coltivati, nei quali è resa possibile la vita e
la riproduzione di specie animali e vegetali selvatiche
Le siepi e le alberature che delimitano i campi coltivati rappresentano la piu' antica consociazione praticata in
agricoltura, con effetti benefici quali:
Effetti fisici
Influenza sul clima:
- diminuzione della velocità del vento
- diminuzione degli sbalzi di temperatura
- ombreggiamento
- aumento della ritenzione idrica
- Diminuzione dell'erosione eolica
- Diminuzione dell'erosione idrica
- Aumento della sostanza organica
Effetti biologici
Influenza sull'agroecosistema:
- Mantenimento di un equilibrio tra gli organismi viventi
- Aumento del numero di predatori
- Aumento della diversità biologica
- Aumento della complessità ambientale
Effetti paesaggistici
Influenza sull'ambiente:
- Aumento della gradevolezza estetica del paesaggio
Piante coltivate (Fam. Graminaceae)
Hordeum vulgare (orzo)
Oryza sativa (riso)
Zea mays (mais)
Triticum aestivum
(frumento tenero)
Avena
Piante coltivate (Fam. Brassicaceae)
Brassica
Verza
Cavolo
Cavolfiore
Cavolo-rapa
Cavoletti di Bruxelles
Cavolo ornamentale
Brassica oleracea
Piante spontanee di interesse alimentare
Picris
hieracioides
Sprane
Nei margini
erbosi
Sonchus asper
Crispigne
Picris echioides
Speragne
Piante spontanee di interesse alimentare
Nelle praterie
Tragopogon pratensis
Tragopogon porrifolius
PIANTE AROMATICHE
Rosmarinus officinalis
Origanum vulgare
Salvia verbenaca
Melissa officinalis
PIANTE OFFICINALI
Millefoglio Achillea millefolium
Valeriana Valeriana officinalis
Digitale Digitalis ferruginea
Iperico Hypericum perforatum
Peonia Paeonia officinalis
Liquirizia Glycirrhyza glabra
Verbena Verbena officinalis
Assenzio Artemisia absinthium
Melissa Melissa officinalis
Malva Malva sylvestris
Calendula Calendula officinalis
Piante di interesse officinale
Paris quadrifolia (uva di volpe)
Colchicum lusitanum
Parte usata: semi raccolti in estate
Principi attivi: alcaloide (colchicina)
Proprietà: contro la gotta e i
reumatismi, trattamenti esterni di
dermatosi ecc……
SPECIE TOSSICA!
Principi attivi: acido citrico e
malico, glucosidi (paridina e
paristifina).
Proprietà: emetica, narcotica,
antispasmodica, in omeopatia
contro nevralgie e laringiti.
SPECIE TOSSICA!!!!!
Le specie da evitare!!!!!!!!
Atropa belladonna, (Belladonna) vive nei boschi fino a 1400 m. Pianta mortale
per la presenza di moltissimi alcaloidi (atropina).
Le specie da evitare!!!!!!!!
Daphne laureola (Laureola) e Daphne
mezereum (Fior di stecco), arbusti delle zone
boschive. Sono mortali per la presenza di
glucosidi velenosi
Le specie da evitare!!!!!!!!
Mandragora autumnalis (Mandragora), La
conformazione antropomorfa delle sue radici ha
probabilmente contribuito a far attribuire alla
mandragola poteri sovrannaturali in molte
tradizioni popolari. E’ mortale per la presenza
di alcaloidi simili all’atropina
Le specie da evitare!!!!!!!!
Taxus baccata (tasso, ammazzosomari), è un albero frequentemente usato nei
giardini. Tutta la pianta è mortale per la presenza di tassina, una miscela di
alcaloidi ad azione cardiotossica, tranne il frutto (arillo carnoso)
Le specie da evitare!!!!!!!!
Al
vischio
sono
riconducibili leggende e
tradizioni molto antiche:
secondo una leggenda
nordica teneva lontane
disgrazie
e
malattie;
continua in molti paesi a
essere considerato simbolo
di buon augurio durante il
periodo natalizio.
Il succo delle bacche
veniva usato per preparare
colle
usate
nell‘
uccellagione. A questo uso
fanno riferimento alcuni
modi di dire entrati nel
linguaggio
corrente
(vischioso, invischiato).
Viscum album (vischio), pianta parassita degli alberi. L'azione tossica del vischio
dipende dalla presenza di viscumina (sostanza capace di provocare
agglutinazione dei globuli rossi) e di alcuni peptidi.
PIANTE TINTORIE
Guado Isatis tintoria
Anthemis tintoria
Rubia tinctorium
Indigofera tintoria
Polygonum tinctorium
Reseda luteola
PIANTE ORNAMENTALI
PIANTE ORNAMENTALI
PIANTE ORNAMENTALI
Gen. Erica
PIANTE ORNAMENTALI
Gen. Hibiscus
PIANTE ORNAMENTALI
Gen. Lilium
Miss Lucy
Gran Paradiso
Stargazer
Atari
Nippon
Pollyanna
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