Tesi di Laurea Generazione dei segnali casuali per reti neurali stocastiche tramite circuiti caotici Università di Genova Facoltà di Ingegneria D.I.B.E. Studente: Paolo Fasce Relatore Prof. Daniele D. Caviglia Dipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica Correlatore Ing. Giovanna Morgavi Istituto di elettronica e ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni CNR – Genova 127 2 A Pamela, Chiara e Stefania, Gaia e Leda, a chi sta per arrivare e a chi arriverà 3 4 1. Introduzione Le reti neurali sono utili quando, per un dato problema, non esiste una soluzione algoritmica diretta, ma le risposte desiderate sono un insieme di esempi disponibili: questi esempi vengono usati per istruire la rete neurale a risolvere il problema scelto (es: riconoscimento di caratteri manoscritti), oppure quando il problema cambia nel tempo e quindi l’adattabilità della rete neurale è utile per adattare la soluzione ai cambiamenti (es: controllo di sistemi dinamici e di problemi che invecchiano). Il campo della ricerca di reti neurali tenta di apprendere dai successi della natura e di imitare alcune sue soluzioni per processare l’informazione. Le reti neurali biologiche costituiscono infatti la migliore sorgente di conoscenza per i ricercatori che vogliono sviluppare e implementare sistemi neurali potenti. Carver Mead1 afferma ottimisticamente: “Ritengo che i principi organizzativi più potenti trovati nel sistema nervoso possano essere implementati nella tecnologia dei circuiti integrati. Una mappa efficiente di un sistema neurale su silicio è essenzialmente un problema di progettazione. La tecnologia VLSI fornisce un mezzo sintetico ideale su cui i biologi possono modellare i principi organizzativi trovati nei vari sistemi biologici”. E’ stato dimostrato che un cervello umano contiene 100 bilioni di neuroni e 1016 interconnessioni: la velocità di elaborazione è circa 1014 interconnessioni per secondo. La tecnologia microelettronica di oggi non è chiaramente in grado di implementare modelli biologici di tale complessità, tuttavia è possibile attualmente implementare modelli neurali di animali semplici. Progettare reti neurali artificiali in tecnologia VLSI permette di implementare alcune caratteristiche presenti in biologia. Le reti neurali naturali e le implementazioni in tecnologia VLSI, sono caratterizzate dalle seguenti parole chiave: • sistemi massicciamente paralleli: un sistema neurale è composto di un grande numero di processori (i neuroni) altamente connessi e operanti in parallelo; • calcolo collettivo: l’elaborazione dell’informazione dei neuroni non è locale, ma è distribuita sull’intero sistema neurale; • adattamento: il sistema neurale si adatta all’elaborazione in accordo con l’evoluzione dei suoi stimoli; • utilizzo di tutte le proprietà della struttura: i sistemi neurali hardware devono avere caratteristiche quali bassi consumi, occupare aree piccole, avere un rapporto segnale 5 rumore basso o un alto livello di precisione per fare un buon sistema di elaborazione dell’informazione. I vantaggi di avere un’implementazione su chip non sono evidenti quando la soluzione del problema richiede reti piccole (con un numero basso di neuroni e di sinapsi) e il training set è composto da pochi esempi. Reti analogiche su chip diventano molto importanti quando si è in presenza di reti grandi (migliaia di sinapsi), con grandi training set (migliaia di esempi) o quando si vogliono implementare sistemi neurali adattivi (come nel caso della macchina di Boltzmann). Molti ricercatori ritengono che un parallelismo spinto, più che la velocizzazione del singolo processore, possa fornire la potenza computazionale richiesta per affrontare la complessità di calcolo imposta nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Uno sviluppo promettente nel campo delle architetture di calcolatori paralleli è basato su modelli pienamente connessi. Questi modelli connessionisti incorporano massicciamente il parallelismo e l’assunzione che l’informazione possa essere rappresentata dalla forza delle connessioni tra gli elementi computazionali distribuiti. Tradizionalmente questi modelli sono usati in due distinti ambiti: quello delle machine learning e quello delle ricerche combinatorie. Questo lavoro si occupa di un aspetto che ha a che fare con il primo. La macchina di Boltzmann è un modello connessionista che fa uso della rappresentazione della conoscenza implementata tramite una rete neurale artificiale parallela. Usa unità che si aggiornano stocasticamente e conseguentemente è un modello probabilistico che si distingue da altri di tipo deterministico. Per ricerche combinatorie di una certa difficoltà, possiamo considerare la macchina di Boltzmann come un’implementazione del simulated annealing in una particolare architettura. Per imparare, la macchina di Boltzmann descritta in letteratura, fornisce una regola di calcolo locale per l’aggiustamento dei pesi il cui scopo è quello di imparare ad imitare le distribuzioni osservate nell’ambiente. Storicamente la macchina di Boltzmann fu preceduta da un modello connessionista più semplice introdotto da J. Hopfiled. L’aggiornamento in questo modello era di tipo deterministico. Si è visto che la rete di Hopfield diventa una macchina di Boltzmann con l’aggiunta di rumore nella fase di aggiornamento. Nelle ricerche combinatorie (quelle che nella letteratura anglofona sono dette “di tipo hard”) la macchina di Boltzmann può essere considerata come un motore neurale che incorpora il meccanismo del simulated annealing. Tuttavia il motivo principale per il quale il lavoro di Ackley, Hinton e Sejnowski ha generato una così vasta attenzione, è il fatto che 1 C. Mead, “Analog VLSI neural systems”, Addison-Wesley, Reading, 1989. 6 offre una teoria matematica che fornisce un algoritmo elegante per l’apprendimento nella macchina di Boltzmann asincrona e affinità coi processi biologici. Lo scopo dell’apprendimento nella macchina di Boltzmann asincrona è quello di scegliere i pesi e le soglie della rete in maniera tale che il comportamento stocastico osservato nelle unità visibili quando la rete sta evolvendo liberamente, modelli al meglio quello che si osserva nell’ambiente. In altre parole, aggiornando i pesi e le soglie si cerca di minimizzare la differenza tra la distribuzione delle unità visibili generate dall’evoluzione libera della rete e quello che è prodotto dall’ambiente. Un modo per misurare questa differenza tra le due distribuzioni è la cosiddetta misura di Kullback. L’algoritmo di apprendimento è basato su un meccanismo di discesa locale del gradiente e perciò non ci si può aspettare di trovare un minimo globale nello spazio dei pesi e delle soglie. Come per tutti i metodi di discesa del gradiente, la macchina di Boltzmann può incagliarsi in un minimo locale. Questa tendenza è in qualche modo mitigata dalla natura stocastica della ricerca che deriva dall’uso del parametro di temperatura T. Uno dei principali svantaggi del paradigma asincrono è che in una rete totalmente connessa la teoria matematica si basa sull’assunzione che le singole unità possono essere aggiornate soltanto una per volta. Al fine di ottenere un sistema realmente parallelo, questa è una restrizione molto significativa. Se fosse permesso ad una piccola proporzione di unità di aggiornarsi indipendentemente, le condizioni richiese dalle teorie matematiche consolidate possono essere ritenute approssimativamente soddisfatte e seguendo l’opera originale di Hopfield molti autori hanno seguito questo approccio. Tuttavia rimane il fatto che, da un punto di vista hardware, questa modalità di lavoro asincrona è relativamente inefficiente riguardo l’uso degli elementi di calcolo distribuito. Può risultare sorprendente il fatto che molti autori abbiano seguito questo approccio. E’ giustificato dal fatto che la macchina di Boltzmann parallela asincrona e stata considerata come un promettente preliminare della macchina di Boltzmann parallela vera e propria. Un progetto per un chip VLSI è stato presentato da Alspector2 nel 1987 e proposto per implementazioni ottiche da Farhat3 e Ticknor4. Un lavoro di Kulakov5 del 1994 tratta di 2 J. Alspector, R. B. Allen, “A neuromorphic VLSI learning system” In P. Losleben (eds.), Advanced Research in VLSI, MIT press, Cambridge, MA, pagine 313-349. 3 N. H. Farhat, “Optoelectronic analogous of self programming neural nets: Architecture and methodologies for implementino fast stochastic learning by simulated annealing”, Applied Optics, n. 26, pag. 5093-5103. 4 A. J. Ticknor e H. H. Barret, “Optical implementations in Boltzmann Machine”, Optical Engineering, n. 26, pag. 16-21. 5 N. Yu Kulakov, V. A. Ivanov, B. S. Kyselyov, “Optical implementation of Boltzmann Machine for travelling salesman problem”, SPIE vol. 2430, Optical neural networks pag. 236-242. 7 un’implementazione optoelettronica della macchina di Boltzmann per risolvere il problema del commesso viaggiatore. La macchina di Boltzmann richiede un elevato insieme di numeri casuali per aggiornare lo stato dei neuroni. Per esempio una macchina di Boltzmann con 1000 neuroni che debbano essere aggiornati in parallelo alla frequenza di un MHz, necessita di 109 numeri casuali indipendenti al secondo. Lalanne6 e altri hanno presentato un dispositivo optoelettronico per la generazione di numeri casuali avente flusso elevato che soddisfi le severe necessità della macchina di Boltzmann. In questo lavoro ho cercato un’implementazione VLSI più semplice capace di soddisfare questa esigenza. Il problema cruciale è infatti quello di implementare la generazione della casualità per l’aggiornamento stocastico. Ogni neurone deve avere il proprio generatore casuale poiché si richiede l’indipendenza stocastica, ma i circuiti esaminati in passato per assolvere questo genere di funzione, come gli amplificatore di rumore termico e i generatori di bit casuali, consistono di molti dispositivi e conseguentemente richiedono un’area considerevole sul silicio utilizzato per la realizzazione microelettronica del circuito. Sfruttando le caratteristiche fondamentali dei sistemi caotici per cui sono prevedibili le evoluzioni nel breve periodo, ma non nel lungo periodo, è nata l’idea di costruire un generatore di numeri casuali utilizzando il circuito caotico di Chua. Le proprietà di tale circuito, implementabile in tecnologia VLSI, sono connaturate alla teoria del caos illustrata in questo lavoro, e sono una promettente risposta a quest’esigenza. In questo lavoro, mi addentro nel mondo delle dinamiche non lineari. Partirò dalle oscillazioni sinusoidali nei circuiti lineari, per giungere al caos manifestato nel circuito di Chua. Affronterò lo studio dei concetti delle soluzioni a regime, dei punti di equilibrio, della stabilità, delle biforcazioni, dei cicli limite e del caos. Nella prima parte, costruita essenzialmente come un excursus didattico illustrativo, rivedrò alcune idee base della teoria dei sistemi dinamici lineari utilizzando un circuito risonante RLC come esempio. Verranno evidenziati i concetti tramite la teoria e la simulazione, facendo anche alcuni accenni ad esperimenti di laboratorio. Introdurrò la teoria dei circuiti lineari a tratti, come logica estensione della teoria dei circuiti lineari, cosa che mi permetterà di affrontare lo studio di semplici concetti non lineari. Dopo aver affrontato la solida teoria dei circuiti lineari, mostrerò come un circuito parallelo risonante RLC (il più semplice modello di circuito che mostra oscillazioni periodiche a 6 Philippe Lalanne, Jean-Claude Rodier, Pierre Chavel, Eric Belhaire, Patrick F. Garda, “Optoelectronic devices for Boltzmann machines and simulated annealing”, Optical engineering, vol. 32, n.8, pag. 1904-1914, Agosto 1993. 8 regime), evolve attraverso un circuito lineare a tratti di secondo ordine fino al Circuito di Chua (il più semplice modello per lo studio di fenomeni non periodici nei circuiti non lineari). Nella seconda parte mi concentrerò sull’oscillatore di Chua. Utilizzando la teoria dei circuiti lineari a tratti introdotta nella prima parte, affronterò le dinamiche di terzo ordine. Attraverso la teoria, le simulazioni al calcolatore e agli esperimenti di laboratorio, descriverò in dettaglio la struttura geometrica, le biforcazioni e i fenomeni di oscillazione, periodica e non, nel circuito di Chua. Nell’ultima affronterò lo studio e la simulazione di architetture a matrice che, facendo uso di diversi circuiti di Chua, permettono di ricavare una molteplicità di segnali caotici diversi. Tramite l’ausilio di appositi programmi di simulazione, scritti utilizzando Matlab, verificherò il grado di correlazione tra i segnali così ottenuti, al fine di utilizzarli quali origine per la fornitura di numeri casuali. La stessa verifica verrà fatta per segnali provenienti da diversi blocchi contenenti il circuito di Chua, moltiplicati tra loro. Lo scopo principale è quello di valutare l’opportunità di implementare in una rete neurale, questo genere di circuiti, al fine di ottenere dei numeri casuali per l’addestramento, direttamente nel circuito microelettronico che ospita la rete. 9 2. Genesi e modelli per le oscillazioni 2.1 Introduzione La teoria dei sistemi lineari fornisce una descrizione inadeguata dei fenomeni oscillatori che si manifestano in natura. In questo lavoro cominceremo con il valutare le oscillazioni di un sistema dinamico lineare a tratti, partendo dai concetti lineari e dal moto armonico semplice, per giungere alle dinamiche non lineari e al caos. Tramite lo studio di alcuni esempi di lavoro, colmeremo il divario che intercorre tra un circuito parallelo RLC, fino alle dinamiche non lineari presenti nel circuito di Chua. Il primo scopo di questa disanima è quello di comprendere la profondità della natura fondamentale dell’oscillazione e di sviluppare un intuito riguardo la produzione dei meccanismi caotici che nascono dalle dinamiche non lineari. Al fine di mostrare il caos, un circuito autonomo, consistente di resistori, capacitori e induttori, deve contenere: almeno un elemento non lineare almeno un resistore attivo almeno tre elementi accumulatori di energia. Il circuito di Chua è il più semplice circuito elettrico che soddisfa questi criteri. Inoltre è il primo sistema fisico per il quale è stata provata matematicamente la presenza di dinamiche caotiche. Questo circuito è stato costruito a basso prezzo, utilizzando componenti elettronici standard e mostra una ricca varietà di biforcazioni e caos. Nella prima parte di questo lavoro, mostreremo l’evoluzione della nostra comprensione delle oscillazioni a partire dai concetti lineari di un circuito risonante RLC per giungere al circuito di Chua. Illustreremo con la teoria, la simulazione e gli esperimenti, i concetti di equilibrio, stabilità, comportamento locale e globale, biforcazioni, e soluzioni a regime. Nella seconda parte affronteremo le biforcazioni e il caos. Nell’ultima parte, invece, esamineremo le simulazioni ottenute attraverso la programmazione di opportuni moduli ottenuti nell’ambiente di lavoro di Matlab, che mostrano il comportamento di più circuiti di Chua. Tali circuiti sono stati utilizzati per generare segnali poi tra loro combinati. Si è voluto verificare che le forme d’onda così ottenute, siano sufficientemente scorrelate, e comunque tali da poter essere utilizzate allo scopo di fornire dei numeri pseudo casuali. 10 2.2 Contesto e motivazione Nonostante il fatto che molti fenomeni osservati comunemente nei circuiti e nei sistemi di elaborazione dei segnali possano essere spiegati solamente tramite modelli non lineari, lo studio delle dinamiche non lineari è ancora un territorio poco esplorato nell’analisi dei sistemi. La regola consolidata nella formazione ingegneristica è sempre stata “linearizza ed analizza”. Con questo tipo di forma mentis, assai radicata, diventa una grossa sorpresa per molti ingegneri, il fatto che i concetti lineari siano inadeguati a spiegare fenomeni sperimentali osservati nell’ambito del proprio lavoro. In tutta la storia della scienza, fenomeni non lineari complessi sono stati evidenziati dalle esperienze ma, molto spesso, sono stati ignorati poiché, a causa delle semplificazioni, sfuggono ai modelli teorici. Un classico esempio di questo è la lampada al neon, esaminata dall’ingegnere elettrico e fisico olandese van der Pol. Questi scrisse dei suoi esperimenti sulla rivista Nature nel 19277, spiegando che “spesso è stato rilevato un rumore irregolare” nel circuito. Egli liquidò questo “rumore” come un “fenomeno accessorio” non degno di approfondimento. Soltanto recentemente sono state comprese le condizioni sotto le quali viene generato questo genere di rumore8. E’ ormai emerso un nuovo vocabolario della scienza non lineare e siamo alle prese con una varietà di comportamenti inusuali, ma onnipresenti. Questo è il linguaggio degli attrattori, delle biforcazioni e del caos9.10 E’ importante capire le idee delle dinamiche non lineari in profondità in modo tale che fenomeni naturali non vengano considerati come accessori. In questo campo, il comportamento a regime dei sistemi caotici è stato definito col termine di “attrattore strano”11. Oggi sappiamo che questo genere di attrattore, non è per nulla strano o inusuale, ma si manifesta in ogni dove, nel mondo fisico e naturale. Nei filtri digitali12 si manifestano forme d’onda complicate, che sono caratteristiche degli attrattori strani, spesso erroneamente 7 B. van der Pol e J. Van der Mark, “Frequency demultiplication”, Nature, vol. 120, no 3019, pp 363-364, 10/9/1927. 8 M. P. Kennedy e L.O. Chua “Van der Pool and Chaos”, IEEE Trans. Circuits syst., vol. 33, no. 10, pp 974-980, Oct 1986. 9 H.G. Shuster, “Deterministic Chaos”, Weinheim, Germany: Physik-Verlag, 1984. 10 J. Guckenheimer e P. Holmes, „Nonlinear Oscillations, Dynamical Systems, and Bifurctions of Vector Fields”, New York: Springer-Verlag, 1983. 11 R.L. Devaney, “Chaotic Dynamical systems”, Menlo Park, CA: Benjamin/Cummings, 1986. 12 L.O. Chua e T. Lin “Chaos in digital filters”, IEEE Trans. Cyrcuits Syst., vol 35, no. 7, pp. 648,658, Luglio 1988. 11 liquidate come rumore sperimentale. E la stessa cosa avviene nei phase-locked loops13 e nella sincronizzazione dei circuiti14. In virtù della loro complessità, i comportamenti non lineari si rifiutano ostinatamente di cedere ad una semplice analisi che possiamo applicare ai sistemi lineari. In forte contrasto con questi ultimi, per molti sistemi non lineari non è possibile ottenere soluzioni esplicite. Tuttavia c’è “ordine” e “universalità” in una larga classe di fenomeni non lineari che permette di assoggettarli ad un’analisi qualitativa. Molti sistemi complessi mostrano un comportamento che può essere descritto da modelli di ordine inferiore. In particolare, le dinamiche non lineari di circuiti a più dimensioni, possono essere comprese con maggiore facilità esaminando le loro proiezioni in un piano. Questi modelli di basso ordine sono spesso adeguati a descrivere il comportamento del sistema. Una tecnica di questo tipo (il teorema della biforcazione 2-D di Hopf15) può essere usata con successo per prevedere l’insorgenza di oscillazioni nei sistemi di ordine elevato. Figura 2. 1 Il circuito di Chua consiste in quattro elementi lineari (un induttore L, due capacitori C1 e C2 e un resistore R) e un resistore non lineare NR. Per esempio, il progettista di oscillatori a microonde, raramente prende in considerazione tutte le capacità e induttanze parassite, quando sviluppa un circuito. Questa metodologia di progetto, implica la supposizione che il comportamento a regime del circuito sia simile a quello di una sua semplificazione. Vengono aggiunti gli elementi “parassiti” soltanto quando le previsioni del modello semplificato non riescono a spiegare le rilevazioni sperimentali. E’ sicuramente molto utile analizzare i sistemi semplificati onde classificare i comportamenti e affrontare così i modelli più complessi consci delle dinamiche che stanno alla loro base. E’ esattamente per questa ragione che il circuito risonante RLC è il primo modello utile alla comprensione del comportamento oscillatorio lineare semplice. Grazie ai progressi negli studi della teoria dei circuiti non lineari degli scorsi 40 anni (si veda ad 13 T. Endo e L. O. Chua, “Chaos from phase locked loops”, IEEE Trans. Cyrcuits Sist. Vol. 34, no. 8, pp.9871003, Aug. 1988. 14 Y. S. Tang, A. I. Mees e L. O. Chua, “Syncronization and Chaos”, IEEE Trans. Cyrcuits Sist. Vol. CAS-26, no. 4, pp.235-254, Aprile 1979. 15 A. Mees e L.O. Chua “The Hopf bifurcation theorem and its application to nonlinear oscillation in circuits and systems” IEEE Trans. Circuits Syst., vol. CAS-26, no.4, pp235-254, Apr. 1979. 12 esempio16,17,18), adesso è possibile spiegare con maggiore profondità i comportamenti non lineari, anche facendo uso di modelli che oggi ci sono vieppiù familiari. Il circuito di Chua19, riprodotto in Figura 2. 1, è uno dei sistemi più semplici, e più largamente studiati, in grado di mostrare dinamiche non lineari. Il circuito consiste in un induttore lineare L, in un resistore lineare R, in due capacitori lineari C1 e C2 e in un resistore non lineare NR controllato in tensione20, chiamato diodo di Chua21. Questo particolare circuito è il primo sistema fisico per il quale la presenza del caos (nel senso di Shilnikov22) è stata verificata sperimentalmente, confermata numericamente e provata matematicamente. Il circuito è disponibile a basso costo, utilizzando componenti elettronici standard e mostra una ricca varietà di biforcazioni e caos23. Esattamente come il circuito parallelo RLC è il sistema di più basso ordine che modella l’insorgenza di oscillazioni in un sistema lineare, così il Circuito di Chua è il sistema di più basso grado che può esibire il repertorio di dinamiche non periodiche, rintracciabili nei sistemi di ordine più elevato. 16 A. N. Willson, Jr. “Nonlinear networks: Theory and analysis”, New York: IEEE 1975. L. O. Chua “Dynamic nonlinear networks: state of the art”, IEEE Trans. Circuits Syst., Vol. CAS-27, no. 11, pp. 1059-1087, Novembre 1980. 18 L. O. Chua “Nonlinear circuits”, IEEE Trans. Circuits Syst., Vol. CAS-31, no. 1, pp. 69-87. Gennaio 1984. 19 L. O. Chua, M. Komuro e T. Matsumoto, “The double Scroll family, part I and II”, IEEE Trans. Circuits Syst. Vol. CS-33, no. 11, pp. 1073,1118, 1986. 20 Un resistore non lineare a due terminali si dice controllato in tensione quando la corrente che lo attraversa può essere scritta come espressione della tensione tra i terminali. 21 M. P. Kennedy, “Robust op amp realization of Chua’s circuit”, Freequenz, vol. 46, numeri 3 e 4, Marzo-Aprile 1992. 22 C. P. Silva, “Shilnikov’s theorem – A tutorial”, IEEE Trans. On Cyrcuits and systems, vol. 40, n.10, pag. 675682, Ottobre 1993. 23 M. P. Kennedy, “Experimental chaos via Chua’s circuit”, in Proc. first experimental Chaos conf., 1992, pp.340-351. 17 13 3. Il circuito lineare RLC è un modello povero della realtà Consideriamo il circuito RLC (mostrato in Figura 3. 1), che consiste in due elementi accumulatori di energia, lineari, passivi e senza perdite (un induttore L e un capacitore C) e un resistore lineare con conduttanza G=1/R. Assumiamo nel prosieguo che L e C siano sempre valori positivi. In questa sezione, usiamo il circuito per illustrare concetti elementari nella teoria dei sistemi dinamici. Mostreremo che, nonostante il fatto che questo circuito sia una utile struttura grazie alla quale si possono evincere concetti fondamentali quali la stabilità e le oscillazioni, la sua natura lineare ne restringe l’utilità. In particolare spiegheremo come mai il circuito lineare RLC sia un modello povero delle oscillazioni persistenti in natura e utilizzeremo questo argomento per introdurre la teoria dei circuiti lineari a tratti. Cominceremo con una descrizione fisica qualitativa del comportamento di questo modello. Figura 3. 1 Il circuito parallelo risonante RLC. 3.1 Descrizione qualitativa Assumiamo che la corrente nell’induttore all’istante t=0 sia I30 e che il capacitore sia inizialmente caricato alla tensione V20. L’energia totale accumulata nel campo magnetico dell’induttore e nel campo elettrico del capacitore è 1 2 1 LI 30 + CV202 . Cosa accade per t > 0? 2 2 Ci sono tre casi da considerare. Se G è positivo, si dice che il resistore sia un elemento dissipativo. L’energia iniziale immagazzinata nel capacitore e nell’induttore viene dissipata sotto forma di calore nel resistore e sia il campo elettrico che quello magnetico si estinguono. V2(t) e I3(t) tendono entrambi a zero con andamento monotono (nella letteratura anglosassone, in questo caso si dice che la risposta sia overdamped) oppure decadono come una sinusoide smorzata come mostrato in Figura 3. 2(a) (in questo caso si dice che la risposta sia underdamped). 14 Figura 3. 2 Sono mostrate tipiche forme d’onda per il circuito RLC mostrato nella figura precedente, dove L= 18mH, C2=100nF. (a) G=500µS (quindi positivo); (b) G=-500µS e (C) G=0. L’asse delle ascisse è quello del tempo (ogni tacca vale 25 µs), mentre quello verticale rappresenta I3 (linea tratteggiata) e V2 (linea continua). Se G è negativo, il resistore ha una dissipazione negativa; in altre parole, fornisce energia al resto del circuito. In questo caso, l’energia immagazzinata nel circuito si incrementa col tempo: V2(t) e I3(t) mostrano un inviluppo esponenzialmente crescente, come si può osservare in Figura 3. 2(b). Se infine G è nullo il circuito è detto undamped. L’energia che inizialmente era immagazzinata nel capacitore e nell’induttore non possono essere dissipate (giacché non ci sono perdite resistive), ma semplicemente oscilla tra i due elementi. La tensione e la corrente V2(t) e I3(t) mostrano un andamento sinusoidale. In assenza di perdite, l’oscillazione sinusoidale prosegue indefinitamente; il circuito è allora chiamato “oscillatore armonico”. Tipiche forme d’onda dell’oscillatore armonico sono mostrate in Figura 3. 2(c). 3.2 Descrizione quantitativa 3.2.1 Equazioni di stato, campi vettoriali e traiettorie Un circuito a parametri concentrati24 che contiene elementi resistivi (resistori e generatori di corrente e di tensione) e n elementi accumulatori di energia (capacitori e induttori) può essere descritto da un sistema di equazioni differenziali ordinarie nella forma seguente: (0) & (t ) = F( X(t ), t ), X(0) = X . X 0 & (t ) è da intendersi la derivata rispetto al tempo, X(t) =(X1(t), X2(t), …, Xn(t))T ∈ Rn è Dove X chiamato vettore di stato, X0 è lo stato iniziale e la soluzione X(t) è chiamata traiettoria. Nella letteratura delle dinamiche non lineari, F(X(t),t) è chiamato campo vettoriale perché definisce la direzione e la velocità della traiettoria in ogni punto nello spazio degli stati in ogni istante di tempo. Se il campo vettoriale dipende soltanto dallo stato ed è indipendente dal 15 tempo t, allora il sistema è detto autonomo e può essere scritto come segue: (1) & (t ) = F( X(t )), X(0) = X . X 0 o più semplicemente: & (t ) = F( X), X(0) = X X 0 Tutti i circuiti che studiamo in questo lavoro sono autonomi. Per definizione, un campo vettoriale di un circuito autonomo è una funzione ed è perciò unica in ogni punto X dello spazio degli stati. Un’importante conseguenza di questa proprietà è il fatto che le traiettorie del sistema non possano attraversare uno stesso punto con due differenti direzioni. In particolare, le traiettorie di un sistema bidimensionale non si possono incrociare e questa importante proprietà ha implicazioni piuttosto evidenti per le possibili soluzioni di un sistema di questo tipo. Il circuito parallelo RLC della Figura 3. 1 è caratterizzato da un paio di equazioni differenziali ordinarie e da uno stato iniziale. Scegliendo V2 e I3 come variabili di stato, possiamo scrivere le seguenti equazioni differenziali: (2) dI 3 1 = − V2 dt L (3) dV2 G 1 1 1 = I3 − I= I 3 − V2 dt C2 C2 C2 C2 con I3(0)= I30 e V2(0)=V20. Illustriamo il campo vettoriale disegnando i vettori in punti uniformemente presi sullo spazio bidimensionale definito dalle variabili (I3,V2). La soluzione dell’equazione differenziale è il luogo dei punti del piano che si può tracciare a partire dalla condizione iniziale (I30,V20) lungo il campo vettoriale, seguendo punto per punto le direzioni delle frecce indicate nel grafico. Nelle Figura 3. 3a, b e c sono mostrati i tipici campi vettoriali possibili e le conseguenti traiettorie del circuito. 3.2.2 Punto/i di equilibrio Un punto di equilibrio dell’equazione (1) è uno stato XQ nel quale il campo vettoriale è nullo. Così F(XQ)=0 e XQ(t) =XQ; una traiettoria che parte da un punto di equilibrio, rimane indefinitamente in quel punto. Un punto di equilibrio in un circuito elettrico è quella che si dice una soluzione in continua. Tornando al nostro circuito RLC risonante e risolvendo il sistema di equazioni differenziali (2) e (3) per i punti di equilibrio, troviamo solo la soluzione (I3Q,V2Q)=(0,0) che corrisponde 24 Un circuito a parametri concentrati è quello le cui dimensioni fisiche sono piccole rispetto alle lunghezze d’onda delle correnti e delle tensioni in gioco. 16 allo stato a zero energia per il circuito. 3.2.3 Sistemi lineari e affini Il campo vettoriale F(X) di un sistema lineare autonomo assume la forma F(X)=AX dove A è la matrice del sistema. Per un sistema lineare, l’equazione (1) assume semplicemente la seguente forma: X& = AX , X (0) = X 0 Per esempio, le equazioni di stato di un circuito lineare parallelo RLC possono essere scritte come segue: 1 0 − & I3 L I3 . = & 1 G V2 − V2 C 2 C 2 Un campo vettoriale di un sistema lineare è nullo soltanto nell’origine e conseguentemente il sistema ha solo un punto di equilibrio nell’origine. Relativamente correlato ad un sistema lineare e di particolare interesse per l’analisi dei circuiti lineari a tratti, è un sistema affine. Un sistema affine è descritto da: X& = AX + b, X (0) = X 0 . dove b è un vettore costante. Chiaramente, quando b=0, i sistema è lineare. Se esiste A-1, il punto di equilibrio XQ di un sistema affine è definito da: XQ= -A-1b. 3.2.4 Linearizzazione Per analizzare il comportamento di un sistema dinamico nei pressi di un punto di equilibrio XQ, scriviamo X= XQ + x e sostituiamo tale valore nell’equazione (1), otteniamo: (4) X& Q + x& = F ( X Q + x) ≈ F ( X Q ) + J F ( X Q ) x . Dove nell’approssimazione abbiamo conservato solo i primi due termini della serie di Taylor che modella F(X) centrata in XQ. Il jacobiano JF(X) è la matrice alle derivate parziali di F(X): JF(X) = [… dFi(X) …] dXj Sottraendo F(XQ) ad entrambi i membri dell’equazione (4), otteniamo il sistema lineare (5) x& = J F (X Q )x dove il jacobiano è valutato nel punto XQ. 17 Questa linearizzazione descrive il comportamento del circuito nell’intorno di XQ; chiamiamo quest’approssimazione comportamento locale. La linearizzazione è semplicemente il circuito equivalente ai piccoli segnali centrato sul punto di lavoro XQ. In generale il comportamento locale di un sistema dipende dal punto di lavoro XQ. Per esempio un diodo a giunzione pn mostra una resistenza leggermente crescente sotto una polarizzazione inversa. Notiamo tuttavia che, per i sistemi lineari e affini, lo jacobiano è indipendente da XQ giacché si tratta semplicemente della matrice A. Tornando al nostro esempio del circuito parallelo RLC, una piccola perturbazione (i3,v2) attorno al punto di lavoro (I3,V2), è descritta dalle seguenti equazioni: (6) di3 1 = − v2 dt L (7) dv 2 1 G = i3 − v2 dt C 2 C2 Notiamo che il comportamento globale del circuito parallelo RLC descritto dalle equazioni (2) e (3), ha un comportamento esattamente identico a quello del comportamento locale descritto da (6) e (7), qualunque sia il punto di lavoro (I3,V2). Questa è una proprietà dei soli sistemi lineari. 3.2.5 Stabilità Qualitativamente, un punto di equilibrio può essere detto stabile se le traiettorie vicine al medesimo rimangono tali nella loro evoluzione temporale; un punto di equilibrio è viceversa instabile quando avviene il contrario. Se XQ è un punto di equilibrio dell’equazione (1), una descrizione completa della sua stabilità è contenuta negli autovalori della linearizzazione di (1) centrata su XQ. Questi sono definiti come le soluzioni λ dell’equazione caratteristica: (8) det(λI – JF(XQ)) = 0 dove I è la matrice identica. Se nessuno degli autovalori di JF(XQ) ha una parte reale positiva, e al più ne esiste uno con parte reale nulla, ma con molteplicità singola25, allora il punto di equilibrio XQ è classificato come stabile. Se la parte reale di tutti gli autovalori è strettamente negativa, il punto di equilibrio è asintoticamente stabile ed è anche chiamato pozzo (ingl. sink) poiché tutte le traiettorie convergono su di esso. 25 Uno zero con molteplicità uno è anche detto “zero singolo” o “simple zero” nella letteratura inglese. 18 Se anche uno soltanto degli autovalori ha una parte reale positiva, il punto di equilibrio è instabile; se tutti gli autovalori hanno parte reale positiva, il punto di equilibrio è detto sorgente (ingl. source). Tornando al nostro esempio, la stabilità dell’unico punto di equilibrio (0,0) del circuito parallelo RLC è completamente determinata dagli autovalori dello jacobiano: 0 J F (0,0) = J F = 1 C 2 1 L . G − C 2 − L’equazione caratteristica è: det(λI- JF)= λ2 + (G/C2)λ + (1/LC2) =0 Gli autovalori sono: λ1, 2 = − 1 G G 2 ) −( ). ± ( 2C 2 2C 2 LC 2 3.2.6 Nodo, convergenza e centro A causa dell’assunzione del fatto che L e C2 assumono entrambi valori positivi, il termine sotto radice quadra è più piccolo in valore assoluto del termine fuori. Se G2/(4C2) > 1/L, allora entrambi gli autovalori sono reali. Se inoltre, G è positivo, allora la parte reale di entrambi gli autovalori è negativa e l’origine è un punto di equilibrio stabile. Se G è negativo, allora entrambi gli autovalori hanno parte reale positiva e l’origine è un punto di equilibrio instabile. Se G2/(4C2) < 1/L, allora gli autovalori di JF sono complessi coniugati. Se G è positivo, hanno parte reale negativa e il punto di equilibrio è un centro di attrazione stabile; la forma d’onda è una sinusoide smorzata esponenzialmente. Se G è negativo, hanno parte reale positiva e il punto di equilibrio è instabile; la corrispondente forma d’onda temporale è una sinusoide che cresce di ampiezza. 19 Figura 3. 3 Campi vettoriali tipici per il circuito RLC con L=18mH, C2=100nF. (a) Le traiettorie sono spinte verso l’origine con andamento a spirale, a causa del valore positivo di G; (b) viceversa le traiettorie sono respinte dall’origine con andamento a spirale, a causa del valore negativo di G; (c) infine le traiettorie sono ellittiche e quindi chiuse e i valori che le definiscono sono dati dallo stato iniziale. Nell’asse delle ascisse ogni tacca vale 250µA e definisce il valore di I3 mentre quello delle ordinate definisce V2 per la quale ogni tacca vale 100mV. Consideriamo il circuito parallelo RLC ancora una volta, con L=18 mH e C2=100 nF. Troviamo che l’origine è un punto di equilibrio stabile (le traiettorie tendono ad esso a spirale), se G=500muS, e un punto di equilibrio instabile (le traiettorie fuggono a spirale da questo), se G=-500muS. Nel caso particolare di G=0, gli autovalori sono puramente immaginari e XQ è chiamato centro e si dice che abbia stabilità indifferente. La corrispondente soluzione a regime26 è l’oscillazione sinusoidale (vedere ancora la Figura 3. 3). 26 La soluzione a regime è il comportamento del circuito dopo che ogni genere di effetto transitorio si è esaurito. 20 3.2.7 Considerazioni energetiche Se il nostro circuito RLC ha un equilibrio asintoticamente stabile nell’origine (pozzo/sink), l’energia è dissipata finché non ne rimane più nulla nel sistema; in questo caso, le traiettorie che partano da una qualsiasi condizione iniziale, convergono nell’origine e la soluzione a regime è I3=0, V2=0. Allo stesso modo, se il circuito ha un punto di equilibrio instabile, viene immessa energia nel sistema e tutte le traiettorie divergono dall’origine. Questa, ovviamente, è una soluzione non fisicamente realizzabile. Nessun circuito reale può mostrare una soluzione senza limite massimo, giacché questo significherebbe che l’energia verrebbe accumulata nel sistema crescendo indefinitamente. Questa energia sarebbe fornita dal resistore attivo (negativo); ma ogni resistore fisicamente realizzabile è, per certi valori di tensione ai suoi capi, passivo e conseguentemente per valori sufficientemente alti di |I3| e |V2|, dissipa potenza. Questo, nei fatti, limita il massimo valore di |I3| e |V2|. Nel caso particolare in cui il valore della parte reale sia nullo, il sistema è detto conservativo. L’energia del circuito è costante e oscilla semplicemente tra i vari elementi accumulatori di energia nel circuito. Le tensioni e le correnti hanno forme d’onda sinusoidali del tipo I3=A*cos(ωt+φ) e V2=A*sqrt(L/C2)*sin(ωt+φ), dove ω = 1/sqrt(LC2) e A e φ sono determinati dalle condizioni iniziali. 3.2.8 Soluzioni sinusoidali, stabilità strutturale e biforcazioni Il modo per caratterizzare una sinusoide è quello di specificare la sua frequenza e ampiezza. La frequenza dell’oscillazione in un circuito parallelo risonante RLC è definita dai parametri del circuito: ω= 1 . Poiché l’ampiezza è specificata dalle condizioni iniziali, due LC 2 differenti tipi di queste producono altrettanti tipi di sinusoidi. Matematicamente diciamo che la soluzione sinusoidale del circuito lineare RLC non è strutturalmente stabile. La stabilità strutturale si riferisce a fenomeni che hanno a che fare con piccoli cambiamenti nei parametri del sistema. Nel circuito parallelo RLC la soluzione a regime è una oscillazione sinusoidale, solo se G è identicamente uguale a zero. Se G è negativo, l’ampiezza decade fino allo zero, mentre in caso contrario cresce esponenzialmente. Nel caso particolare di G=0, una piccola perturbazione di G, sposterebbe il punto di equilibrio dall’essere un punto di attrazione o di repulsione delle traiettorie. Se pensiamo al sistema in esame parametrizzato dal valore di G, allora il campo vettoriale non è strutturalmente stabile per G=0. Diciamo che il punto di equilibrio è sottoposto ad una biforcazione (dalla stabilità all’instabilità) e il valore G=0 è il punto di biforcazione. 21 Sappiamo dall’esperienza che molte oscillazioni del mondo reale sono insensibili alle piccole variazioni sul valori dei parametri; si tratta di sistemi strutturalmente stabili. Sebbene un circuito lineare RLC fornisca un riferimento conveniente, tuttavia è un modello povero della realtà. Un oscillatore reale deve includere delle caratteristiche non lineari per controllare l’ampiezza delle oscillazioni. Per questo motivo, se vogliamo indagare con più attenzione nei fenomeni oscillatori, è necessario apprezzare il ruolo fondamentale che giocano nei processi reali le non linearità. 22 4. Il caos necessita di tre gradi di libertà. Nel circuito lineare parallelo RLC le oscillazioni sinusoidali a regime non sono un fenomeno strutturalmente stabile. In questa sezione aggiungiamo una non linearità nell’elemento resistivo del circuito in modo tale da produrre oscillazioni periodiche persistenti. Il modo più naturale per passare dalla teoria dei circuiti lineari a quella più Figura 4. 1 Il circuito RLC, arricchito del resistore non lineare NR messo in parallelo agli altri componenti. complessa dei componenti non lineari, è quello di transitare attraverso la teoria dei circuiti lineari a tratti. Modifichiamo quindi il circuito RLC inserendo in parallelo a R un resistore lineare a tratti NR, come mostrato in Figura 4. 1. La caratteristica di NR (mostrata in Figura 4. 2), è definita analiticamente come segue: IR =f(VR)= GbVR +(Gb - Ga)E GaVR GbVR +(Ga - Gb)E se se se VR<-E; -E≤VR≤E; VR>E. Figura 4. 2 La caratteristica del resistore non lineare della figura precedente. Dove E>0, Gb>0 e Ga<0. Possiamo semplificare questo circuito combinando i due elementi resistivi (R e NR) in un singolo resistore non lineare N’R che avrà i punti di discontinuità sulle stesse ascisse della caratteristica qui sopra descritta. L’equazione caratteristica di N’R può essere determinata grazie alle leggi di Kirkhhoff. Consideriamo la Figura 4. 3, abbiamo che V’R =V= VR e I’R =I+I R. Quindi: Figura 4. 3 La combinazione del parallelo di R e NR produce un circuito equivalente ad un solo componente non lineare N’R. 23 (9) I’R = GV’R + f(V’R) = f’(V’R) = se V’R<-E; G’bV’R +(Gb - Ga)E G’aV’R se -E≤V’R≤E; G’bV’R +(Ga - Gb)E se V’R>E. dove G’a=(G+Ga) e G’b=(G+Gb). La caratteristica spezzata di N’R può anche essere determinata graficamente aggiungendo la caratteristica di R e NR verticalmente; per ciascun valore di V’R bisogna aggiungere i corrispondenti valori di I e I’R. Questo procedimento grafico è mostrato in Figura 4. 5 per due valori di G’a, il primo negativo e il secondo positivo. 4.1 Descrizione lineare a tratti del circuito. Combinando R e NR in un singolo resistore non lineare N’R, otteniamo di ridurre il circuito originale in quello equivalente mostrato in Figura 4. 4. Questo circuito può essere descritto da una coppia di equazioni differenziali ordinarie. Scegliendo I3 e V2 come variabili di stato, come in precedenza, possiamo scrivere: dI 3 1 = − V2 dt L dV2 1 1 1 = I3 − I3 − I 'R = dt C2 C2 C2 Figura 4. 4 Il circuito equivalente semplificato. G' G − Ga 1 I 3 − b V2 − ( b )E C2 C2 C2 se V2 < -E; G' 1 I 3 − a V2 C2 C2 se –E ≤ V2 ≤ E; G − Gb G' 1 )E I 3 − b V2 − ( a C2 C2 C2 se V2 > E. L’analisi lineare a tratti è il mezzo tramite il quale lo spazio degli stati di un sistema dinamico non lineare è diviso in diversi insiemi di regioni separate affini che possano essere studiate isolatamente ed infine collegate assieme. In questo caso il nostro circuito può essere decomposto in tre aree distinte: V2<-E, |V2| ≤ E, e V2>E. chiamiamo queste regioni D’-1, D’0 e D’1 rispettivamente. 24 Figura 4. 5 La caratteristica di N’R può essere determinata graficamente sommando le caratteristiche di R e NR rispettivamente. Grazie alle leggi di Kirkhhoff abbiamo V’R =VR=V e I’R = I+IR. Quando G’a<0 la combinazione dei valori di R e NR fornisce una caratteristica non monotona di N’R. Utilizzando l’analisi lineare a tratti, esaminiamo ogni regione separatamente per poi unire i risultati. 4.2 La regione di mezzo (|V2|≤E) Quando |V2|≤E, il circuito è descritto dalle due seguenti equazioni dI 3 1 = − V2 dt L G' dV2 1 = I 3 − a V2 dt C2 C2 Il circuito equivalente è semplicemente il circuito parallelo lineare RLC mostrato in Figura 4. 6. Figura 4. 6 Il circuito equivalente della Figura 4. 1 nella regione D’0. R’a=1/G’a =1/(G+Ga) Questo circuito lineare ha un singolo punto di equilibrio nell’origine la cui stabilità è completamente definita dall’autovalore di 25 J F 'a 0 = 1 C 2 1 L G' − a C 2 − 2 G' 1 G' . Per il quale si può calcolare λ = − a ± a − 2C 2 2C 2 LC 2 Avendo assunto che L e C2 siano entrambi valori positivi, questo ci assicura che la parte reale di entrambi gli autovalori sia negativa quando G’a è positivo. Ne consegue che 0’ è un punto di equilibrio stabile del sistema e le traiettorie nella regione D’0 muovono verso l’origine. Se G’a<0, la parte reale di entrambi gli autovalori è positiva, ne consegue che il punto di equilibrio è instabile e le traiettorie vengono respinte dall’origine. Figura 4. 7 Il circuito equivalente di Figura 4. 1 per le regioni esterne. R’b=1/G’b=1/(G+Gb). I’=(Gb-Ga)E quando V2<-E e I’=(Ga-Gb)E quando V2>E. 4.3 Le regioni esterne (|V2|>E) Nelle regioni esterne, il circuito lineare a tratti di Figura 4. 1 è descritto dalle seguenti equazioni (10a) dI 3 1 = − V2 dt L (10b) G' dV2 1 1 = I 3 − b V2 − I' dt C2 C2 C2 dove I’=(Gb-Ga)E per V2 < -E (cioè nella regione D’-1) e I’=(Ga-Gb) per V2>E (nella regione D’1). In questi due intervalli, il circuito equivalente affine27 consiste in un circuito parallelo RLC con resistenza R’b=1/G’b e un generatore in continua di corrente I’ come mostrato in Figura 4. 7. 27 I circuiti equivalenti relativi alle regione D’-1 e D’1, non sono i circuiti equivalenti ai piccoli segnali che modellano il comportamento locale, ma i veri e propri circuiti ai grandi segnali che descrivono il comportamento del sistema nelle regioni esterne. 26 Figura 4. 8 Il campo vettoriale per il circuito non lineare RLC di Figura 4. 10. L=18mH, R0=12.5Ω, C2=100nF, Ga=-757.576µS, Gb=45.455µS, E=0.47V. (a) G=1mS: tutte le traiettorie convergono nell’origine. (b) G=500µS: l’unica soluzione a regime è il ciclo limite. Per l’asse delle ordinate il passo di I3 è di 400µA mentre per l’asse delle ascisse il passo per V2 è di 200mV. I punti di equilibrio P’- e P’+ (soluzioni in continua) dei circuiti equivalenti sono (I3P’-, V2P’-) =((Gb-Ga)E,0), e (I3P’+, V2P’+) = ((Ga-Gb)E,0) rispettivamente. Facciamo notare che questi punti di equilibrio sono semplicemente i punti di intersezione con l’asse delle ordinate I’R, come mostrato in Figura 4. 5. Se il punto di equilibrio della regione D’-1 del circuito equivalente si trova al di fuori della regione medesima, allora è detto punto di equilibrio virtuale (segnalato da un cerchietto vuoto nella Figura 4. 5). Nonostante sia una soluzione valida per il circuito equivalente affine descritto dalle equazioni (10a) e (10b), non è un punto di equilibrio per il circuito lineare a tratti. Possiamo determinare la stabilità dei punti di equilibrio e l’evoluzione delle traiettorie nelle regioni esterne, esaminando il jacobiano: J F 'a 0 = 1 C 2 1 L . G' − b C 2 − I cui autovalori sono 2 G' 1 G' λ = − b ± b − 2C 2 2C 2 LC 2 27 Figura 4. 9 Il circuito oscillatore lineare a tratti. L è un induttore TOKO di tipo 10RB o equivalente il cui valore nominale è di 18mH e una resistenza in serie di 12.5Ω. C2=100nF, R=2kΩ. A1 è un amplificatore operazionale BiFet (Dispositivo analogico di tipo AD712, Texas Inst. TL082 o equivalente). R1=3.3kΩ, R2=R3=22kΩ, R4=2.2kΩ. Con G’b >0, le traiettorie dello stato del circuito convergono verso i punti di equilibrio, entrando di conseguenza nella regione centrale. 4.4 Comportamento generale Il campo vettoriale del circuito lineare a tratti in Figura 4. 1 è evidenziato in Figura 4. 8 dove vengono mostrati i campi vettoriali delle tre regioni. Consideriamo due casi in dettaglio: G’a > 0 e G’a < 0. In entrambi i casi il circuito ha un unico punto di equilibrio 0’ nell’origine. Se G’a > 0, il circuito è dissipativo ovunque e tutte le traiettorie collassano verso la regione centrale. La soluzione a regime è il punto di equilibrio che si trova nell’origine e conseguentemente I3=V2=0. Figura 4. 10 Il circuito equivalente della figura precedente. La resistenza interna dell’induttore è modellata da R0. Se G’a<0, il punto di equilibrio nell’origine è instabile e il campo vettoriale nella regione D’0 spinge le traiettorie al di fuori di questa. Nelle regioni esterne, le traiettorie sono spinte dal campo vettoriale dissipativo, verso i corrispondenti punti di equilibrio P’- e P’+. Il risultato prodotto da tutte le forze nello spazio degli stati produce una soluzione a regime che tende asintoticamente al ciclo limite che è raggiunto a partire da qualsiasi condizione iniziale. 28 Figura 4. 11 Il comportamento a regime del circuito sperimentale mostrato in Figura 4. 9. (a) R = 0Ω: L’unica soluzione a regime è il punto di equilibrio nell’origine. (b) R=2000Ω (G=500µS): la soluzione a regime è il ciclo limite. Ordinate: 100µS, ascisse: 200mV. Questo ciclo limite è detto attrattore (stabile) poiché piccoli cambiamenti nei parametri del circuito, hanno un piccolo effetto sul medesimo. Il bacino di attrazione del ciclo limite è l’insieme di tutte le condizioni iniziali a partire dalle quali si ha convergenza verso il ciclo limite. Tale bacino, per G’a < 0, è l’intero spazio degli stati. 4.5 Esperimento di laboratorio: Oscillatore ottenuto grazie a un componente non lineare a tratti con un punto di equilibrio. In questo esperimento verifichiamo quanto descritto nei paragrafi precedenti: punto di equilibrio, stabilità, biforcazione e ciclo limite. 4.5.1 Descrizione del circuito Consideriamo il circuito oscillatore basato sull’amplificatore operazionale mostrato in Figura 4. 9. Il sottocircuito NR, consistente in A1 e R1-R428, può essere modellato con un resistore non lineare NR i cui punti caratteristici sono mostrati in Figura 4. 2. Quando R2=R3, Ga = − R1 R4 E sat 1 1 1 , dove Esat è il livello di saturazione − , Gb = , e E= R1 R2 + R2 R4 + R1 R4 R1 R4 R3 dell’amplificatore operazionale. Con R2=R3=22kΩ, R1=3,3 kΩ, R4=2,2 kΩ, e Esat=8,3 V, Ga= -50/66 mS, Gb= 1/22 mS e E≈0,47 V. R in parallelo con NR è equivalente al resistore non lineare N’R con la caratteristica spezzata mostrata in Figura 4. 5. Variando il valore di R è possibile modificare la forma della caratteristica giacché così facendo si interviene sui parametri G’a e G’b. 28 Si è scelto di utilizzare due resistenze in parallelo, in luogo di un’unica di valore equivalente, al fine di poter utilizzare componenti reali disponibili in laboratorio. 29 Il circuito equivalente semplificato è mostrato in Figura 4. 10. Qui modelliamo l’induttore reale come una serie di un induttore lineare ideale con induttanza L e una resistenza R0.29 4.5.2 Soluzioni a regime Punto di equilibrio stabile: consideriamo il caso in cui R sia nulla; questo equivale a cortocircuitare il circuito LC risonante e l’unica soluzione è quella dell’origine. Biforcazione e ciclo limite: variando R, che in zero ha il suo valore di biforcazione, il punto di equilibrio nell’origine diventa instabile e, a queste condizioni, il circuito comincia ad oscillare. Incrementando il valore di R, cresce anche l’ampiezza delle oscillazioni. Le soluzioni a regime del circuito sono mostrate in Figura 4. 11. 4.6 Unicità della soluzione Abbiamo quindi visto che, in funzione dei parametri, questo circuito può avere un punto di equilibrio stabile nell’origine, o un ciclo limite, come soluzione a regime. E’ possibile che questo circuito mostri qualche comportamento più complesso? Poiché il campo vettoriale è univocamente definito e le traiettorie del sistema sono ovunque tangenti ai vettori del campo, una traiettoria non può incrociarne un’altra. Questo implica che un sistema di secondo ordine autonomo, le cui traiettorie sono piane, può mostrare solo due tipi di comportamenti a regime: il punto di equilibrio nell’origine e il ciclo limite. Una scelta differente del tipo di non linearità, potrebbe fornire più punti di equilibrio o diversi cicli limite, ma un circuito autonomo che contiene solo due elementi accumulatori di energia non può produrre comportamenti a regime tanto più complicati di quello appena evidenziato. Le sole soluzioni possibili di un sistema dinamico autonomo bidimensionale sono i punti di equilibrio, le orbite chiuse e l’unione di punti di equilibrio e le traiettorie che li collegano; tra queste, solo i punti di equilibrio e i cicli limite sono strutturalmente stabili. In conclusione, un circuito con solo due componenti accumulatori di energia, descritto da un sistema di equazioni differenziali, non può mostrare comportamenti caotici: perché questi si manifestino sono necessari almeno tre gradi di libertà. 29 Se tale valore è sufficientemente basso, l’influenza qualitativa sul comportamento del circuito può essere resa ininfluente. 30 5. Perché il caos si manifesti, occorre una “piega” nello spazio delle traiettorie. Nei paragrafi precedenti abbiamo visto che un circuito risonante RLC non può produrre oscillazioni strutturalmente stabili. L’aggiunta di un elemento non lineare permette al circuito di sviluppare oscillazioni periodiche “robuste”, oppure la soluzione in continua (l’origine), a regime, ma nulla di più complicato di questo. Confinando la dinamica del circuito ad uno spazio degli stati bidimensionale, abbiamo limitato i comportamenti possibili. Figura 5. 1 Circuito RLC con la resistenza R in serie al componente non lineare NR. Al fine di produrre dinamiche più complesse, utilizziamo gli stessi blocchi del capitolo precedente, ma con una piccola differenza nella topologia del circuito RLC. In questo caso, in luogo di posizionare il resistore non lineare NR in parallelo con il resistore R, li colleghiamo in serie, come mostrato in Figura 5. 1. Questa piccola modifica nella disposizione dei quattro componenti conduce ad un fondamentale cambiamento nella dinamica del circuito. Figura 5. 2 La combinazione della serie di R e NR della figura precedente è equivalente ad un singolo componente non lineare N”R la cui caratteristica è mostrata nella figura successiva. Anche in questo caso, proviamo a semplificare l’analisi sostituendo la serie di R e NR, con un singolo resistore non lineare equivalente N”R. Diversamente dal caso precedente, dove la caratteristica spezzata del resistore equivalente N’R poteva essere scritta come funzione delle variabili elettriche in gioco, la corrente I”R che scorre in N”R non può essere scritta esplicitamente come funzione della tensione ai suoi terminali. Tuttavia possiamo ancora esprimere la caratteristica del resistore composto N”R per mezzo della rappresentazione parametrica rispetto a VR: 31 Figura 5. 3 La caratteristica di N”R può essere determinata graficamente aggiungendo quella di NR a quella di R, come mostrato qui sopra. Dalle leggi di Kirkhhoff abbiamo I’R=I=IR e V’R =V+VR. Quando G”a<0 la somma delle caratteristiche del resistore R e di NR fornisce un valore della corrente “controllato dalla tensione” (c), mentre quando G”a>0 la risultante di (d) ed (e) non fornisce né una corrente controllata dalla tensione, né una tensione controllata in corrente (f). (11) I” R = G" b V " R + G (Gb − Ga ) E G + Gb G" a V " R G" b V " R + se VR < -E se –E ≤ VR ≤ E G (Ga − Gb ) E G + Gb se VR > E dove VR = (V”R -V) è la tensione ai terminali di NR (vedi Figura 5. 2), G”a = GGa /(G+Ga), e G”b=GGb /(G+Gb). Si noti che G”a è semplicemente la conduttanza equivalente della serie di R e 1/Ga mentre G”b è l’equivalente della serie tra R e 1/Gb. Anche in questo caso la funzione caratteristica di N”R può essere determinata graficamente aggiungendo nel piano v-i le funzioni caratteristiche di R e NR orizzontalmente, come enunciato dalle leggi di Kirkhhoff. Per ciascun valore di I”R (=I=IR) si devono sommare i corrispondenti valori di V e VR, come mostrato in figura nei due casi: G”a<0 e G”a >0. Quello che succede in pratica quando si prova a misurare la caratteristica della combinazione in serie di R e NR incrementando la tensione o la corrente ai terminali è l’insorgenza del fenomeno dell’isteresi30. Questa è dovuta al fatto che il modello di un resistore non lineare controllato in tensione, non monotono, come NR, deve sempre includere 30 M. P. Kennedy e L. O. Chua, “Hysteresis in electronic circuits: a circuit theorist’s perspective”. Int. J. Circuit theory applications, vol. 19, n. 5, pp. 471-515, 1991. 32 una capacità parassita ai capi dei terminali del resistore31. Nella trattazione che segue, faremo il più possibile finta che questa capacità parassita sia inesistente, fino a quando il comportamento del circuito non necessiti di evitare questa omissione. 5.1 Descrizione del circuito lineare a tratti. Scegliendo I3 e V2 come variabili di stato, il circuito non lineare RLC in Figura 5. 1 può essere descritto da due equazioni di stato: (12) dI 3 1 = − V2 dt L (13) dV2 1 1 1 G = I3 − I "R = I3 − (V2 − V1 ) dt C2 C2 C2 C2 e una relazione algebrica mette in relazione V2 e V1: (14) 0=G(V2-V1)-f(V1). Questa equazione algebrica è semplicemente l’espressione della legge di Kirkhhoff sulle correnti al nodo N in Figura 5. 1; ciò rappresenta un vincolo che V1 (e V2) devono soddisfare mentre la dinamica del circuito evolve nello spazio degli stati bidimensionale (I3,V2). Abbiamo visto che la combinazione della serie di R e NR è equivalente ad un singolo resistore non lineare N”R con la caratteristica spezzata. A questo punto possiamo sostituire N”R con la serie di R e NR in Figura 5. 1. Questo fornisce il circuito equivalente semplificato mostrato in Figura 5. 4. A questo punto scomponiamo il circuito nelle sue tre regioni affini e consideriamo il comportamento in ciascuna di queste, separatamente. Diamo prima un’occhiata alle regioni esterne, quelle che chiamiamo D”-1 e D”1. Figura 5. 4 Il circuito equivalente di Figura 5. 1 ottenuto compattando R e NR nel resistore equivalente N”R con equazione caratteristica descritta dall’equazione (11). 31 L. O. Chua e P. M. Lin, “Computer-aided analysis of electronic circuits: algorithms and computational techniques”. Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall, 1975. 33 5.2 Le regioni esterne (|V1|>E) Quando V1<-E (siamo nella regione D”-1) il vincolo algebrico (14) diventa G(V2-V1)=GbV1+(Gb-Ga)E. Risolvendo V1 in termini di V2 e sostituendo il valore trovato nella (13), troviamo che le traiettorie del circuito evolvono in accordo con: (15) dI 3 1 = − V2 dt L (16) G" dV2 1 1 = I" I 3 − b V2 − C2 C2 dt C2 dove I”=G(Gb-Ga)E/(G+Gb). Figura 5. 5 Il circuito equivalente di Figura 5. 1 per le regioni esterne. R”b=1/G”b=(G+Gb)/(GGb). Questo circuito ha un unico punto di equilibrio (I3,V2)=(I”,0). Quando R”b>0, il punto di equilibrio è stabile. Il circuito equivalente per la regine D”-1 è quello mostrato in figura 20. Quello equivalente per la regione D”1 ha la stessa topologia ma I”=G(Ga-Gb)E/(G+Gb). Nella regione D”-1 troviamo il punto di equilibrio in (I3P”-,V2P”-) = (G(Gb-Ga)E/(G+Gb),0) e nella regione D”1 ha un punto di equilibrio in (I3P”+,V2P”+) = (G(Ga-Gb)E/(G+Gb),0). Facciamo notare che questi punti di equilibrio sono semplicemente i punti di intersezione della caratteristica di N”R con l’asse delle ordinate I”R, come mostrato in figura 5.3(c) e 5.3(f). Come in precedenza, se questi sono nel loro effettivo dominio di validità, allora sono veri e propri punti di equilibrio (evidenziati in figura da cerchietti pieni, come mostrato in 5.3(f)); altrimenti sarebbero punti virtuali di equilibrio (evidenziati da cerchietti vuoti, come mostrato in figura 5.3(c)). Figura 5. 6 Il circuito equivalente di Figura 5. 1 per la regione D”0. R”a=1/G”a =(G+Ga)/(GGa). Quando R”a<0 il punto di equilibrio nell’origine è instabile, viceversa quando R”a>0 è stabile. 34 L’evoluzione nelle regioni esterne è determinata dallo jacobiano: J F ''b 0 = 1 C 2 1 L . G' ' − b C 2 − Gli autovalori nei punti di equilibrio P”- e P”+ sono: 2 G' ' G' ' 1 λ = − b ± b − . 2C 2 2C 2 LC 2 Con le nostre consuete assunzioni riguardo i valori di C e L2 (entrambi positivi) arriviamo alle seguenti osservazioni. Quando G”b>0, abbiamo delle radici positive e le traiettorie convergono verso il corrispondente punto di equilibrio mentre quando G”b<0 le traiettorie divergono dal corrispondente punto di equilibrio. Nella discussione seguente, consideriamo il solo caso di G”b>0; questo corrisponde a R”b>0 nel circuito equivalente di Figura 5. 5 per le regioni esterne. 5.3 La regione di mezzo (|V1|≤E) Quando |V1|≤E, f(V1)=GaV1 e l’equazione (14) si riduce a G(V2-V1)=GaV1. Sostituendo per V1 in (13), il circuito può essere modellato come un sistema bidimensionale: dI 3 1 = − V2 dt L G" dV2 1 = I 3 − a V2 dt C2 C2 Il circuito equivalente nella regione D”0 è semplicemente quello mostrato in Figura 5. 6. Questo circuito ha un punto di equilibrio soltanto, nell’origine, e la sua stabilità può essere determinata analizzando il jacobiano J F ''a 0 = 1 C 2 1 L . G' ' − a C 2 − Mentre gli autovalori sono: 2 G' ' G' ' 1 λ = − a ± a − . 2C 2 2C 2 LC 2 A questo punto, se G”a è positivo (si veda la figura 5.3(f)), la parte reale di entrambi è negativa, ne consegue che il punto di equilibrio attrae le traiettorie e quindi è stabile. 35 Se G”a è negativo (si veda la figura 5.3(c)), la parte reale di entrambi gli autovalori è positiva e le traiettorie divergono dall’origine che è quindi un punto di equilibrio instabile. Figura 5. 7 La relazione tra V1 e V2: G(V2V1)-f(V1)=0; (a) quando G”a<0, V1 è unicamente determinato da V2; (b) quando G”a>0 V1 non può essere scritto come funzione di V2. U1 è il piano definito da V1=E mentre U-1 è il piano V1=-E. 5.4 Comportamento generale Al fine di immaginare la dinamica in ogni regione, facciamo riferimento ancora alle figure 5.3 e 5.4. Un punto di equilibrio di Figura 5. 4 può essere trovato cortocircuitando L e aprendo C2; questo sarebbe semplicemente il punto d’intersezione della caratteristica di N”R con l’asse I”R (dove V2=V”R=0). La stabilità di un punto di equilibrio è determinata dall’inclinazione della caratteristica di N”R in quel punto. Se è positiva, il punto di equilibrio è stabile, al contrario è instabile. In riferimento alla figura 5.3(c), vediamo che i punti P”- e P”+ sono tutti di equilibrio stabile per la Figura 5. 4, quando G”a >0. Nel determinare il comportamento dinamico del circuito in ogni regione, abbiamo risolto l’equazione (14) per V1 in termini di V2 e sostituito in (13) tale valore per avere il circuito equivalente (che obbedisce ad un sistema differenziale di due equazioni, quindi con uno stato a due valori). Consideriamo adesso la relazione tra V1 e V2 e come espresso dall’equazione algebrica (14) e mostriamo graficamente in Figura 5. 7 il risultato. Quando G”a<0, V1 è unicamente determinato da V2, ma non quando G”a>0. Consideriamo questi casi in dettaglio. 36 Figura 5. 8 Quando G”a>0 i piani dello spazio tridimensionale (I3,V2,V1) definiti dai vincoli dell’equazione (14) si intersecano secondo un angolo ottuso (a). Il circuito in Figura 5. 1 mostra un unico punto di equilibrio instabile nell’origine. Le traiettorie delle regioni esterne collassano verso i punti di equilibrio virtuale P”+ e P”-) che si trovano nella regione centrale. La traiettoria che incrocia il bordo V1=E arrivando dalla regione D”1 si muove attraverso D”0 ed entra in D”-1 dove torna indietro lungo il ciclo limite (b). Nella figura (c) viene mostrata la proiezione del ciclo limite nel piano I3-V2 (l’asse delle tensioni arriva a 5 volts, mentre quello delle correnti si ferma a 15 mA). 5.5 G”a<0 5.5.1 Punti di equilibrio Quando G”a<0 le regioni dissipative esterne hanno i punti di equilibrio stabile virtuali P”- e P”+ che si trovano nella regione D”0; nella regione D”0, invece, è contenuto il punto di equilibrio instabile nell’origine. Ne consegue che il circuito ha un unico punto di equilibrio instabile 0”. Quando G”a<0 V2=V1+f(V1)/G = g(V1) e questa funzione è monotona crescente rispetto alla sua variabile V1. Questo ci permette di scrivere esplicitamente V1 nei confronti di V2 e di calcolare la dinamica globale del circuito dalle equazioni: dI 3 1 = − V2 dt L (17) 37 dV2 1 G = I3 − (V2 − g −1 (V2 )) dt C2 C2 Figura 5. 9 Quando G”a>0 i piani nel sistema di coordinate (I3,V2,V1) definiti dall’equazione (14) si intersecano formando un angolo acuto (a). Il circuito di Figura 5. 1 possiede tre punti di equilibrio: P”+, 0” e P”-. Le traiettorie nelle regioni esterne convergono verso i punti di equilibrio stabile in P”- o P”+ oppure saltano ripetutamente attraverso la regione D”0 ottenendo il ciclo limite di figura (b). La figura (c) mostra la proiezione sul piano I3-V2 dove si nota una certa morbidezza nel passaggio tra le varie regioni. La scala dei valori delle ascisse e delle ordinate è la stessa della figura precedente. 5.5.2 Struttura geometrica delle dinamiche Nello spazio tridimensionale (I3, V2,V1), il vincolo (14) definisce tre piani che si intersecano con un angolo ottuso, come mostrato in Figura 5. 8 (a). Si noti che se tagliamo con un piano con I3 costante, otteniamo semplicemente il vincolo KCL contenuto in (14), cosa che è mostrata graficamente nella Figura 5. 7 (a). In ogni regione la traiettoria è vincolata al corrispondente piano che mette in relazione V2 e V1. Il comportamento generale del circuito può essere determinato incollando questi piani. Poiché abbiamo una espressione esplicita della dinamica in ogni regione, ci concentriamo ora su quel che succede ai bordi delle regioni, dove i piani si incontrano. Una traiettoria che parte dalla regione D”1, si muove verso il punto di equilibrio virtuale P”+ fino a quando incrocia la regione D”0. Una volta nella regine D”0, la traiettoria è respinta dal punto di equilibrio instabile nel punto 0” fino a quando incrocia la regione D”-1 nella quale è attratta indietro verso il suo punto di equilibrio virtuale P”- finché incrocia nuovamente la regione D”0. Non sorprenderà certo che il risultato di questo comportamento sia ancora una volta un ciclo limite stabile, come mostrato in Figura 5. 8 (b). Ne consegue che questo ciclo limite è l’unica soluzione a regime del circuito. 38 5.5.3 La piega (ingl. “the kink”) Qualcuno potrebbe pensare che le dinamiche di questo oscillatore siano simili a quello dell’esempio precedente, con G’a<0. In quel caso, la soluzione a regime era un ciclo limite su un piano. Qui abbiamo introdotto una piega (nella direzione V1), nel piano (I3,V2) nel quale la dinamica si sta evolvendo. La dinamica globale bidimensionale (17) è semplicemente la proiezione delle traiettorie dello spazio (I3,V2,V1), nel piano (I3,V2), come mostrato in Figura 5. 8 (c). 5.6 G”a>0 A causa della piega maggiormente accentuata nella caratteristica di N”R, quando G”a > 0, il campo vettoriale descritto da (12) e (13) può assumere tre differenti valori nella regione di sovrapposizione, a seconda del valore di V1. V2 non è una funzione monotona rispetto a V1, V1 non può essere espresso come funzione di V2. In evidente contrasto con il punto precedente, questo significa che non possiamo scrivere delle equazioni globali di stato per il circuito quando G”a > 0. Il circuito non si comporta più come in una modalità bidimensionale e conseguentemente la nostra analisi semplicistica fallisce. Tuttavia il problema può essere risolto aggiungendo un capacitore (di transito) in parallelo con NR in Figura 5. 1, come vedremo in seguito. 5.6.1 Punti di equilibrio Quando G”a>0, la nostra analisi lineare a tratti suggerisce che ci siano tre punti di equilibrio stabili. Ci si potrebbe aspettare, tuttavia, che tutte le traiettorie si dirigano verso l’uno o l’altro di questi. In particolare dovrebbe essere possibile per una traiettoria, rimanere indefinitamente in 0”. 5.6.2 Struttura geometrica delle dinamiche Nello spazio tridimensionale (I3,V2,V1) il vincolo (14) definisce tre piani che si intersecano con angoli acuti, come illustrato in Figura 5. 9 (a). Notiamo anche in questo caso che la sezione ottenuta da un piano a I3 costante, è semplicemente il vincolo dovuto alla KCL, come è mostrato graficamente in Figura 5. 7 (b). Come in precedenza, abbiamo le espressioni esplicite delle dinamiche in ciascuna regione. Una immagine qualitativa del comportamento generale può essere raccolta considerando separatamente l’evoluzione di (12)-(14) in ciascuna regione e le transizioni tra le regioni. Consideriamo una traiettoria che parta dalla regione D”1 con V2 sufficientemente grande da assicurare che il campo vettoriale definito da (12) e (13) sia unico. Poiché nelle zone esterne il sistema è dissipativo, una traiettoria che si sta evolvendo nel piano vincolato E(P”+) della regione D”1, si muoverà verso il punto di equilibrio P”+, dove E(P”+) è definito da GV2=(G+Gb)V1+(Gb+Ga)E. 39 Una volta che la traiettoria entra nella regione di sovrapposizione della caratteristica (mostrata in Figura 5. 7 (b)) il campo vettoriale diventa a valore triplo e le sue dinamiche non sono ben definite. Tuttavia assumiamo che la traiettoria rimanga su E(P”+) (dove la sua evoluzione è governata dalle equazioni (15) e (16)) e vediamo quel che succede. Sebbene stia convergendo verso P”+ lungo E(P”+), la traiettoria può raggiungere il punto X+=(I3’,V2’,V1+) sul piano di separazione U1 (definito da V1=E) tra le regioni D”1 e D”0, prima che raggiunga P”+. A questo punto, ogni traiettoria che raggiunga U1 lungo E(P”+) dalla regione D”1 ha la proprietà seguente: dV2/dt≤0 sul piano U132. Una traiettoria che raggiungesse lo stesso punto X+ dalla regione D”0, lungo il piano E(0”) ha parimenti dV2/dt ≤ 0. Ne consegue che se tale derivata è negativa sul punto di confine, allora la traiettoria che arriva su questo punto dalla regione D”1 non può proseguire il suo cammino lungo il piano E(P”+); X+ è chiamato “punto di impasse”. L’impasse può essere risolto applicando la regola del salto33; postuliamo che una traiettoria che raggiunge U1 dalla regione D”0, salti attraverso la regione D”0 fino ad un altro punto X=(I3,V2,V1-) nel piano E(P”-), come illustrato in Figura 5. 9 (a). Se la traiettoria incrocia ripetutamente le regioni esterne, saltando attraverso quella centrale, allora la soluzione a regime potrebbe anche essere un ciclo limite (si veda Figura 5. 9 (b)). Questa soluzione non è unica, tuttavia, sappiamo dalla nostra analisi bidimensionale che la traiettoria che parte dal piano E(P”+) sarà attratta verso il punto di equilibrio P”+. In particolare, le traiettorie che partono dal punto P”+ rimarranno indefinitamente in quel punto di equilibrio, e le traiettorie che partono molto vicino a P”+, convergeranno asintoticamente verso il punto di equilibrio senza mai raggiungere il bordo della zona esterna (il piano U1). Questo perché P”+ e P”- sono entrambi punti di equilibrio stabile del circuito. Consideriamo ora una traiettoria che abbia origine nel piano E(0”) nella regione D”0 (dove E(0”) è definito da GV2=(G+Ga)V1). Poiché la funzione caratteristica di N”R ha una inclinazione positiva nell’origine quando G”a > 0, il circuito lineare equivalente di secondo ordine nella regione di mezzo è stabile e ci potremmo aspettare che l’origine sia un punto di equilibrio stabile del circuito mostrato in Figura 5. 1. Vedremo che l’origine del circuito, di fatto, è instabile quando è aggiunta una capacità parassita arbitrariamente piccola (e positiva) in parallelo con NR. 32 Si consideri la figura 22(b). Una traiettoria che si sviluppi lungo il piano di vincolo E(P’’+) nella zona D’’1, ad una distanza infinitesimale dal piano di separazione V1=E, fugge da U1, se dV2/dt>0. 40 5.6.3 La piega accentuata (ingl. “the fold”) Quando G”a<0, abbiamo visto che il risultato geometrico era quello di introdurre una piega nel piano del campo vettoriale; quando G”a>0, invece, abbiamo una piega accentuata del piano (spezzato) lungo il quale la dinamica del sistema è vincolata. La proiezione di tutti i campi vettoriali in ogni regione, nel piano (I3,V2), ora produce un valore non unico (triplo) del campo vettoriale nella zona di sovrapposizione. Per definizione il campo vettoriale di un sistema dinamico autonomo deve essere unico in ogni punto del suo spazio degli stati. E’ proprio per questa ragione che le equazioni di stato globali sono indefinite. Tuttavia la proiezione del ciclo limite (Figura 5. 9 (b)) nel piano (I3,V2) (Figura 5. 9 (c)) è scorrevole, mentre nello spazio tridimensionale si vede che è solo V1 a saltare. Poiché non è possibile scrivere delle equazioni di stato globali per la Figura 5. 1, quando G”a>0, simuliamo il comportamento del circuito utilizzando quello mostrato in Figura 6. 4, con i seguenti valori dei parametri: L=18 mH, C2=100 nF, Ga=-757,576 µS; Gb=45,455 µS; E= 470 mV. La Figura 5. 9 mostra il comportamento del circuito nella simulazione, quando G= 1/R=1,56 mS (G”a=-1,47mS<0), e la Figura 5. 8 mostra il caso G= 500 µS; (G” a=1,47>0). In aggiunta ai componenti della Figura 5. 1, il circuito contiene due elementi parassiti: R0=12,5Ω che prende in considerazione la resistenza in serie all’induttore reale e la capacità parassita C1=100pF che completa il modello del resistore controllato in tensione, non monotono e ci permette di scrivere una ben definita equazione di stato globale per il circuito. Vedremo nel seguente paragrafo che il circuito in Figura 6. 4 si riduce a quello in Figura 5. 1 per R0 → 0 e C1 → 0. 33 L. O. Chua, C. A. Desoer e E. S. Kuh, “Linear and nonlinear circuits”, New York: McGraw Hill, 1987. 41 6. L’evoluzione finale: la terza dimensione Figura 6. 1 Aggiungendo la capacità parassita C1 in parallelo a NR il circuito di Figura 5. 1 diventa il circuito di Chua. Studiando la geometria dello spazio descritto dalle coordinate (I3,V2,V1), spazio corrispondente al circuito quando G”a > 0, i piani lungo i quali evolve la dinamica di secondo ordine, incontrano degli angoli acuti conseguenti ad un ripiegamento dei piani. Nella regione della piega, le dinamiche dipendono esplicitamente dalla variabile “nascosta” V1. Aggiungendo una capacità parassita infinitesima C1, in parallelo con NR, come mostrato in Figura 6. 1, possiamo tenere traccia di V1; Il circuito diventa perfettamente definito e possiamo scrivere le equazioni di stato globali. Fatto questo, il circuito non è più descritto da un sistema di equazioni di secondo ordine e da un’equazione algebrica, ma è ora descritto completamente da un sistema di equazioni differenziali di terzo ordine, chiamate equazioni del circuito di Chua. (18) dI 3 1 = − V2 dt L (19) dV2 1 G =− I3 − (V2 − V1 ) dt C2 C2 (20) dV1 G 1 = (V2 − V1 ) − f (V1 ) dt C1 C1 Figura 6. 2 Le dinamiche parassite associate all’oscillatore: (a) G”a<0; (b) G”a>0. Sono state aggiunte delle frecce ai grafici di Figura 5. 7 per indicare la direzione della componente V1 dello spazio delle traiettorie definite dalle equazioni (18)-(20). Quando G(V2-V1)-f(V1)<0, il valore di V1 si decrementa e viceversa. 42 6.1 Analisi qualitativa delle dinamiche parassite Poiché la costante di tempo associata alla capacità parassita (positiva e infinitesima) C1 nella terza equazione è molto più piccola di quella delle prime due, questo circuito modificato si dice che possieda quella che viene chiamata una dinamica slow-fast. La dinamica parassita veloce governa le traiettorie del circuito nelle regioni esterne che giacciono nei piani “di costrizione” definiti dalla (14), dove le dinamiche evolvono come se fossero in uno spazio a due dimensioni. Di conseguenza, l’analisi bidimensionale è normalmente sufficiente a capire il funzionamento del circuito, ad eccezione che sulle pieghe. In quel caso la traiettoria arriva in un punto di impasse da una delle regioni esterne che sono sotto l’influenza della dinamica veloce e salta attraverso la regione centrale. Figura 6. 3 Una realizzazione pratica del circuito in figura Figura 5. 1 I valori dei componenti sono riportati in Figura 4. 9. Per apprezzare il meccanismo del salto, consideriamo l’equazione (20) con una capacità infinitesima C1. Il secondo membro dell’equazione (G(V2-V1)-f(V1)) definisce una relazione tra V2 e V1, come mostrato in Figura 5. 7. Se V2 giace sulla sinistra di questa curva, G(V2-V1)-f(V1)<0, dV1/dt <0 e V1 decresce con una costante di tempo inversamente proporzionale a C1 fino a quando soddisfa il vincolo. Allo stesso modo, se V2 giace nella parte destra della curva G(V2-V1)-f(V1)>0, dV1/dt>0 e V1 cresce con il tempo. Se disegniamo delle frecce in Figura 5. 7 per indicare la direzione della componente del vettore del campo associato con la dinamica parassita (20), come mostrato in Figura 6. 1, vedremo chiaramente perché una traiettoria che entra nella regione mediana dalla regione superiore, salta velocemente verso l’altra parte. Comprendiamo anche per quale motivo l’origine non è un punto di equilibrio stabile. Tuttavia gli autovalori di JF”a suggeriscono che l’origine sia un centro di attrazione stabile (lungo il piano definito da GV2=(G+Ga)V1, quando G”a>0, la dinamica parassita nella regione mediana causa l’instabilità dell’origine “nella direzione di V1”. Una traiettoria legata al piano 43 definito da G(V2-V1)-G1V1=0 convergerebbero verso l’origine lungo quel piano, tuttavia le traiettorie al di sopra e al di sotto del piano, saranno spinte verso le altre regioni. Figura 6. 4 Il circuito equivalente della figura precedente. R0 è il componente che modella la resistenza interna dell’induttore reale. 6.2 Un esempio di esperimento di laboratorio: oscillatore con componente lineari a tratti ad equilibri multipli. In questo esperimento, mostriamo i concetti di equilibrio multiplo, soluzioni multiple, bistabilità e cicli limite. 6.2.1 Descrizione del circuito Consideriamo il circuito mostrato in Figura 6. 3. Il potenziometro R è adesso in serie con il resistore non lineare NR, fornendo un effettivo punto caratteristico come mostrato in Figura 4. 5. Il sottocircuito NR consiste in un amplificatore operazionale A1 e R1-R4, e può essere modellato come prima, da un resistore non lineare con i punti caratteristici mostrati in Figura 4. 2. Il circuito equivalente per questo esempio è mostrato in Figura 6. 4, dove abbiamo incluso la capacità parassita C1 in parallelo con NR. L’induttore reale è modellato da una serie tra un induttore ideale e un resistore R0. 6.2.2 Soluzioni a regime Consideriamo il caso in cui R sia nulla, 0 Ω (e G”a<0). Questo circuito ha un solo punto di equilibrio instabile nell’origine ed è dissipativo nelle regioni esterne. L’unica soluzione a regime stabile è un ciclo limite. In Figura 6. 5 è mostrata la misurazione di un oscilloscopio rispetto alla forma d’onda di V1(t), per R=0Ω. La corrispondente proiezione delle dinamiche nel piano V1-V2 è mostrata in Figura 6. 5 (b); compariamola con Figura 5. 8 e Figura 6. 2. Incrementando R, la caratteristica della combinazione in serie di R e NR si sviluppa in un ripiegamento. Come la caratteristica passa attraverso l’asse I3, vengono generati due nuovi 44 punti di equilibrio stabile, P”+ e P”-. Il circuito quindi possiede tre diverse soluzioni a regime. Quella che si osserva sperimentalmente, dipende dalle condizioni iniziali di I30, V20 e V10. 6.2.3 Punto di equilibrio Cortocircuitando per un attimo C2, è possibile forzare I30, V20 e V10 verso il punto di equilibrio instabile nell’origine, dal quale le traiettorie convergono verso P”+ e P”-. In Figura 6. 6 (a) viene mostrata la rilevazione sperimentale dell’oscilloscopio che misura una forma d’onda continua per V1(t), quando R=2000Ω; questo corrisponde allo stato stabile nel punto di equilibrio P”+. Figura 6. 5 Le rilevazioni sperimentali del circuito di Figura 6. 3 dove R=495Ω; la soluzione a regime è un ciclo limite molto stretto: (a) l’asse delle ascisse, quello dei tempi, ha un passo di 100µs mentre quello delle ordinate dove si legge il valore di V1(t), ha un passo di 1V. (b) la proiezione del ciclo limite nel piano V1-V2, nell’asse orizzontale si misura V2, mentre in quello verticale V1 ed in entrambi i casi il passo è di 1 volt. 45 6.2.4 Ciclo limite Questi punti di equilibrio stabile possono essere fatti scomparire, riducendo R fino a quando le pieghe sono addolcite e il circuito collassa in una oscillazione dovuta al ciclo limite. Se P”e P”+ sono fatti riapparire incrementando R nuovamente al suo valore iniziale, il comportamento del circuito rimane quello del ciclo limite. In Figura 6. 6 (a) un oscilloscopio mostra la tensione misurata dalla forma d’onda di V1(t), per R=2000Ω; questo corrisponde al ciclo limite mostrato in Figura 5. 9 (b). La proiezione delle dinamiche nel piano V2-V1 è mostrata in Figura 6. 6 (c) e sembra mostrare il fenomeno dell’isteresi; compariamo questa figura con quelle in Figura 5. 9 e Figura 6. 2. Notiamo che la forma d’onda V1(t) è più dolce quando G”a < 0 e che mostra dei salti bruschi quando appare il ripiegamento (G”a > 0). Figura 6. 6 Le forme d’onda relative al circuito di Figura 6. 3 con R=2000Ω; il circuito ha soluzioni a regime multiple. (a) Il punto di equilibrio in continua (P”+). (b) il ciclo limite coinvolge tutti e tre i punti di equilibrio. Si noti che la forma d’onda V1(t) mostra una sorta di salto. (c) La proiezione del ciclo limite nel piano V2-V1. In queste visualizzazioni il passo delle tensioni è di 1 volt, mentre quello dei tempi di 100µs. 46 6.3 Autovalori e autovettori Abbiamo parlato in termini generali di dinamiche veloci, di salti nella direzione di V1, e dell’evoluzione delle dinamiche nel sistema di coordinate (I3,V2,V1) lungo i piani definiti da G(V2-V1)=f(V1). Le espressioni di queste direzioni possono essere calcolate esplicitamente dallo studio degli autovalori e degli autovettori dello jacobiano in ogni regione del sistema tridimensionale dato dalle equazioni (18)-(20). Considerando l’equazione (20), abbiamo visto che quando C1 è molto piccola, V1 cambia rapidamente (salta) quando soddisfa G(V2-V1)-f(V1)=0. Questa è chiamata perturbazione singolare, poiché questo cambia l’equazione differenziale (20) in un’equazione algebrica. Abbiamo il seguente risultato dalla teoria delle perturbazioni singolari34: se (G+Ga)<0, oppure almeno uno dei due autovalori di JFa” ha una parte reale positiva, allora esiste C*1 tale che il punto di equilibrio nell’origine dello spazio tridimensionale del circuito dato dalle equazioni (18)-(20) è instabile per tutti i valori di C1 compresi tra 0 e C*1. Infatti quando C1 tende a zero, i due autovalori (λ+ e λ-) di 0” si avvicinano a quelli di JFa”, considerato che il terzo (γ) si approssima a (G+Ga)/C1. Come C1 tende a zero, l’autovalore γ è il più grande dei tre in valore assoluto. Il corrispondente autovettore si allinea con l’asse V1; questo lo chiamiamo autovettore veloce poiché è associato all’autovalore più grande. Tuttavia, se (G”a)2 < 4C2/L, λ+ e λ- sono complessi coniugati e cioè hanno la forma σ ±jω. La parte reale e la parte immaginaria dei corrispondenti autovettori attraversano un piano nel sistema di coordinate (I3,V2,V1), che è chiamato autopiano complesso. Quando C1=0, questo piano è definito da G(V2-V1)=GaV1. Quando G”a>0, la parte reale dei due autovalori di JF”a sono negativi. Possiamo concludere dalla nostra analisi del sistema ridotto (17) che l’origine è un punto di equilibrio instabile del sistema. Per definizione, le traiettorie nell’autopiano complesso rimangono indefinitamente in quel piano. Infatti, le traiettorie nella regione D”0 che giacciono in questo autopiano, convergono a spirale nell’origine lungo di esso. Tuttavia ogni traiettoria nella regione D”1 che si trovi al di sotto o al di sopra dell’autopiano, sarà respinta verso le regioni esterne, a causa della dinamica parassita veloce associata all’autovettore γ. Con un’analisi similare, si può mostrare che (tanto più G”b>0) i punti di equilibrio delle regioni esterne sono stabili anche quando sono incluse le dinamiche parassite. 34 Questo risultato discende dal teorema (37) a pagina 129 di M. Vidyasagar, “Nonlinear systems analysis”. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, 1978. 47 Abbiamo visto che nello spazio bidimensionale equivalente, in D”0, il circuito ha un punto di equilibrio stabile nell’origine, quando G”a<0 se neghiamo la capacità parassita C1. Quando includiamo una capacità infinitesima positiva, l’origine diventa instabile. Perciò, sebbene l’origine del sistema sia stabile, una capacità parassita arbitrariamente piccola C1 (positiva), può renderla instabile; l’inclusione di questa capacità parassita cambia completamente le proprietà di stabilità nell’origine. E’ tuttavia imperativo che la capacità C1 sia inclusa in parallelo a NR per completare il modello del circuito in Figura 5. 1. Il sistema che ne risulta ben definito dalle tre equazioni differenziali ordinarie, descrive il circuito di Chua. 48 7. Il circuito di Chua può esibire anche il caos? Il sistema dinamico tridimensionale dato dalle equazioni (18)-(20) sul quale ci siamo orientati nell’evoluzione del circuito lineare RLC originale, è il circuito di Chua. Abbiamo visto che per una particolare scelta di parametri, questo circuito può mostrare un punto di equilibrio e un ciclo limite. Può esibire anche il caos? A questo punto invochiamo il teorema di Shilnkikov (si veda la nota 22). Se l’origine del nostro sistema autonomo è un punto di equilibrio con un paio di autovalori complessi coniugati del tipo σ ±jω) con σ <0 e ω ≠ 0) e un autovalore reale γ che soddisfa la condizione |σ|<γ, e il campo vettoriale ha un’orbita omoclina35 che attraversa l’origine, allora il circuito può mostrare nello spazio delle fasi, le pieghe e il caos (si veda la nota 4). Abbiamo visto che quando C1 tende a zero e (G”a)2 < 4C2/L, l’origine del circuito di Chua ha un paio di autovalori complessi coniugati stabili della forma σ ±jω (la parte reale e la parte immaginaria degli autovettori, attraversa il piano G(V2-V1) = GaV1 e un autovalore reale instabile γ il cui autovettore punta lungo la direzione dell’asse V1. Per valori sufficientemente piccoli di C1, γ > |σ|. Questo insieme di parametri soddisfa tutte le condizioni per avere il caos nel senso di Shilnikov; l’ingrediente che abbiamo perso è l’orbita omoclina. Chua si rese conto che questo tipo di aggiunta poteva essere prodotta utilizzando le dinamiche instabili delle regioni esterne del suo circuito per chiudere una traiettoria di un’orbita omoclina su se stessa; questo richiede che la pendenza Gb delle rette nelle regioni esterne del diodo di Chua NR, siano negative. Nel prosieguo studieremo la dinamica caotica del circuito di Chua quando Gb è negativo. 35 Un’orbita omoclina H è l’unione di un punto di equilibrio ε e una traiettoria T che approssima ε asintoticamente quando t → ∞ e t → -∞ (si veda ancora la nota 4). 49 8. Il circuito di Chua, considerazioni preliminari Figura 8. 1 Il meccanismo di stiramento e piegatura (stratching and folding) alla base della generazione di dinamiche caotiche, parte dalle considerazioni che coinvolgono la dinamica dell’orbita omoclina in uno spazio vettoriale governato in tre regioni diverse da vincoli lineari diversi tra loro (lineare a tratti). La traiettoria si muove con andamento a spirale fuggendo P- l’ungo l’autopiano Ec(P-) fino a quando entra nella regione D0 dove è ripiegato indietro verso D-1 tornando sull’autopiano instabile Ec(P-) attorno a P-. 8.1 Introduzione Il caos è caratterizzato da meccanismi di stiramento e piegatura (in letteratura: stratching and folding); le traiettorie di un sistema dinamico caotico, sono spinte verso l’esterno e poi ripiegate su se stesse. Nei capitoli precedenti, abbiamo visto che una soluzione a regime nei circuiti di secondo ordine può essere un punto di equilibrio in continua, oppure un ciclo limite; il caos non è possibile. Tuttavia le nostre osservazioni su alcuni semplici circuiti con vettore di stato a due elementi, suggeriscono come sia possibile creare i meccanismi di stiramento e piegatura. Abbiamo visto come due traiettorie adiacenti siano separate esponenzialmente lungo l’autopiano, da un paio di autovalori complessi instabili. Questo meccanismo può essere sfruttato per fornire lo stiramento; la piegatura può essere ottenuta con la terza dimensione e la non linearità. Consideriamo un circuito descritto da un sistema di equazioni differenziali di terzo ordine e autonomo, della seguente forma: & (t ) = F( X ), X (0) = X . (21) X 0 50 Il teorema di Shilnikov36,37, conferma che se un punto di equilibrio del circuito XQ ha un paio di autovalori complessi coniugati stabili σ ± jω (σ < 0, ω ≠ 0) e un autovalore reale instabile γ per il quale |σ| < |γ|, e il campo vettoriale F(X) ha un’orbita omoclina38 che attraversa XQ, allora esiste una perturbazione F’ di F (che può essere ottenuta cambiando uno o più parametri del sistema), tale che F’ abbia un’orbita omoclina trasversa e una piega39. La presenza di una orbita omoclina trasversa, implica l’esistenza di un’infinità di orbite periodiche instabili di un periodo arbitrariamente lungo40 e di soluzioni limitate non periodiche dell’equazione (21), chiamate traiettorie caotiche. Nonostante si sia studiato il caso di σ < 0 e γ > 0, il teorema di Shilnikov si applica anche quando il punto di equilibrio sia caratterizzato da un paio di autovalori complessi coniugati instabili e un autovalore reale stabile. In questo caso, è in qualche maniera più facile visualizzare l’allungamento e la piegatura delle traiettorie attorno all’orbita omoclina. Consideriamo la traiettoria in un campo vettoriale lineare a tratti che abbia tre parti. Assumiamo che il punto di equilibrio P- abbia un autovalore reale stabile γ1 (per il quale l’autovettore sia Er(P-)) e che per i due autovalori complessi coniugati instabili γ1 ± jω1, la parte reale e immaginaria degli autovettori associati divida il piano Ec(P-) come mostrato in Figura 8. 1. Una traiettoria che abbia origine dal punto X0 sul piano Ec(P-) fugge con andamento a spirale dal punto di equilibrio, lungo Ec(P-) finché entra nella regione D0, dove è piegata indietro nella regione D-1. Appena toccata la regione D-1, la traiettoria è spinta decisamente verso P-, lungo la direzione dell’autovettore reale Ec(P-), come mostrato. 36 J. Guckenheimer e P. Holmes, “Nonlinear oscillations, dynamical systems, and bifurcations of vector fields”, New York: Springer-Verlag, 1983. 37 L. O. Chua, M. Komuro e T. Matsumoto, “The double scroll family, Parts I and II”, IEEE Trans. Circuits syst., vol. CAS-33, n. 11, pag. 1073-1118, 1986. 38 Come ricordato nella nota 28, un’orbita omoclina H è l’unione di un punto di equilibrio ε e una traiettoria T che approssima ε asintoticamente quando t → ∞ e t → -∞. Chiaramente ε è stabile nella direzione lungo la quale T approssima ε per t → ∞ e instabile nella direzione lungo la quale T approssima ε per t → -∞; un punto di equilibrio siffatto, tale che sia stabile in una direzione e instabile nell’altra, è detto di sella. 39 I dettagli riguardo all’orbita omoclina trasversa e della piega, sono oggetto della trattazione che segue nelle prossime pagine, ci si riferisca alla nota 29 per una trattazione rigorosa di questo argomento. 40 Un moto periodico ben conosciuto, che abbia un periodo desiderato, può essere ottenuto da un sistema caotico stabilizzando un periodo instabile di un’orbita di una lunghezza desiderata. Si veda M. J. Ogorzalek, “Taming Chaos: Part II – Control”, IEEE Trans. Circuits Syst. 51 Figura 8. 2 Il circuito di Chua consiste di quattro componenti lineari: un induttore L, due capacitori (C1 e C2), un resistore R e un componente controllato in tensione, un resistore non lineare NR. Adesso immaginiamo quel che succederebbe se la traiettoria entrasse in D-1 da D0 dalla esatta direzione Er(P-). Questo genere di traiettoria seguirebbe Er(P-) fino a P-, raggiungendo il punto di equilibrio asintoticamente per t → ∞. Allo stesso modo, se seguissimo la traiettoria a ritroso nel tempo a partire da D0 e indietro fino a Ec(P-) in D-1, la vedremmo spiralare verso P-, raggiungendolo asintoticamente per t → ∞. La traiettoria così costruita, sarebbe un’orbita omoclina che raggiunge lo stesso punto di equilibrio P-, asintoticamente in entrambe le direzioni del tempo. Poiché l’orbita omoclina stessa non è strutturalmente stabile, ed inoltre non può essere osservata sperimentalmente, è tuttavia indicativa di comportamenti più complicati di dinamiche vicine (si veda ancora la nota 36). In questo esempio abbiamo visto che una traiettoria vicina a quella omoclina, mostra un comportamento qualitativamente simile: spirala via da P- lungo il piano complesso instabile Ec(P-), si ripiega in D0, rientra in D-1 lungo Ec(P-) ed è tirata indietro verso Ec(P-), soltanto per essere spinta nuovamente via da P- ancora una volta. A questo modo abbiamo che due traiettorie che partono da differenti punti iniziali relativamente vicini a P- su Ec(P-), sono allungate lungo l’autopiano instabile prima di essere ripiegate in D1 e nuovamente iniettate vicino a P-. Questi allungamenti e ripiegamenti ricorrenti continuano all’infinito, producendo una soluzione a regime di tipo caotico. 8.2 La genesi del circuito di Chua Mentre era in visita in Giappone nel 1983, avendo assistito ad un vano tentativo di produrre il caos in un circuito analogico regolato dalle equazioni di Lorenz, Leon Chua fu pronto a sviluppare un circuito caotico. Si accorse che il caos poteva essere prodotto in un circuito lineare a tratti se questo possedeva almeno due punti di equilibrio instabile, uno che provocasse l’allungamento, e l’altro che piegasse le traiettorie. Con questa intuizione, 52 identificò sistematicamente circuiti lineari a tratti di terzo ordine contenenti un resistore non lineare controllato in tensione che potesse produrre il caos. Specificando che i punti guida caratteristici del resistore non lineare controllato in tensione NR devono essere scelti in modo da fornire almeno due punti di equilibrio instabile, inventò il circuito che porta oggi il suo nome. Il resistore non lineare NR abbia la caratteristica spezzata come in Figura 8. 2. Si immagini che i valori dei parametri siano scelti in modo tale che il circuito possieda tre punti di equilibrio (uno nell’origine con una pendenza negativa della conduttanza Ga, e due nelle regioni esterne con conduttanza negativa Gb) e che tutti e tre i punti di equilibrio siano instabili. Associato ad ogni punto di equilibrio c’è un autovalore. Assumiamo che il punto di equilibrio nell’origine abbia un autovalore reale instabile e un paio di autovalori complessi coniugati stabili; abbiamo visto nei capitoli precedenti che questo è possibile. Inoltre, supponiamo che il punto di equilibrio esterno P- abbia un autovalore reale stabile e un paio complesso instabile. Due traiettorie che partano vicine all’autopiano nella regione esterna sarebbero allungate e spiralerebbero via dal punto di equilibrio. Se potessero essere ripiegate indietro dalla dinamica della regione interna e iniettate nuovamente verso P- lungo l’autovettore reale stabile, si sarebbe prodotta un’orbita omoclina e con essa il caos. Immediatamente dopo il suo concepimento, le ricche dinamiche dei comportamenti del circuito di Chua furono confermate dalle simulazioni al calcolatore41 e da esperimenti di laboratorio42. Fino ad allora, ci sono stati notevoli sforzi per comprendere ogni aspetto delle dinamiche di questo circuito con lo scopo di svilupparlo come modello per l’apprendimento, la comprensione e l’insegnamento delle dinamiche non lineari e del caos. Il fatto che questo circuito mostri un comportamento caotico nel senso di Shilnikov fu provato da Chua e altri nel 1986 (si veda la nota 30). Più recentemente, aggiungendo un resistore lineare in serie all’induttore, il circuito è stato generalizzato nella forma canonica dell’oscillatore di Chua43. Il circuito è nella forma canonica nel senso che ogni campo vettoriale a tre dimensioni, lineare a tratti con simmetria dispari, può essere mappato dal circuito. Questo può esibire ogni dinamica conosciuta riconducibile in un circuito di questo tipo. Con un’appropriata scelta dei parametri, il circuito può essere indotto a seguire la classica period-doubling, l’intermittenza, il torus breakdown fino al caos. Per una bibliografia 41 T. Matsumoto, “A chaotic attractor from Chua’s circuit”, IEEE Trans. Circuits syst., vol. CAS-31, vol. 12, pag 1055-1058, 1984. 42 G. Q. Zhong e F. Ayrom, “Experimental confirmation of chaos from Chua’s circuit”, Int. J. Circuit theory appl., vol. 13, n.11, pag. 93-98, 1985. 43 L. O. Chua, “Global unfolding of Chua’s circuit”, IEICE Trans. Fundamentals (Special issue on Chaos, Neural Networks and Numerics), vol. E76A, n.5, pag. 704-734, Maggio 1993. 53 complessiva delle pubblicazioni relative al circuito di Chua, ci si riferisca allo storico scritto L. O. Chua “the genesis of the Chua’s Circuit”, Archiv für Elektronik und Übertragungstechnik, vol. 46, n. 4, pag 250-257, 1992. 54 9. Il circuito di Chua Studiamo ora in dettaglio la geometrie e le dinamiche nello spazio degli stati del circuito di Chua. Ci concentriamo in particolare su un insieme di parametri e comportamenti che sono riproducibili dalle simulazioni e dagli esperimenti. Figura 8. 3 La caratteristica tensione/corrente del resistore NR del circuito di Chua ha dei punti di discontinuità nelle tensioni ±E. Le pendenze delle rette nelle regioni esterne ed interna valgono rispettivamente Gb e Ga. Al fine di produrre almeno due punti di equilibrio instabili senza sacrificare i benefici dell’analisi lineare a tratti, specifichiamo una caratteristica lineare a tratti per il resistore NR, come mostrato in Figura 8. 3. Questa caratteristica è definita analiticamente come segue: IR= f(VR)= GbVR + (Gb − Ga ) E se VR < − E GaVR se − E ≤ VR ≤ E G V + (G − G ) E se VR > E a b b R Dove E > 0, Ga < 0, Gb < 0. Contrariamente a quanto visto in precedenza, notiamo che entrambe le conduttanze sono qui negative. 9.1 Descrizione lineare a tratti del Circuito di Chua Abbiamo visto che il circuito può essere descritto da tre equazioni differenziali ordinarie. Scegliendo I3, V2 e V1 come variabili di stato, abbiamo scritto le equazioni caratteristiche del circuito per le quali G = 1/R, G’a = G+Ga e G’b = G+Gb. (22) dI 3 1 = − V2 dt L (23) dV2 1 G = I3 − (V2 − V1 ) dt C2 C2 55 G G'b Gb − G a )E C V2 − C V1 − ( C 1 1 1 G' dV1 G 1 G (24) = (V2 − V1 ) − V2 − a V1 f (V1 ) = C1 C1 dt C1 C1 G ' G V − b V − ( G a − Gb ) E C 2 C 1 C1 1 1 se V1 < − E se − E ≤ V1 ≤ E se V1 > E A causa della natura lineare a tratti di NR, il campo vettoriale del circuito di Chua può essere decomposto in tre regioni distinte: V1 < -E, |V1| ≤ E e V1 > E. Chiamiamo queste tre regioni rispettivamente D-1, D0 e D1. Utilizzando l’analisi lineare a tratti, esaminiamo ogni regione separatamente per poi collegarle assieme. Per prima cosa rivediamo qualche risultato concernente l’algebra lineare delle equazioni differenziali ordinarie. Figura 8. 4 Il circuito equivalente di quello di Chua di Figura 8. 2 nella regione interna D0. Ra=1/Ga. 9.2 Autovalori e autovettori Consideriamo il sistema dinamico autonomo seguente: & (t ) = AX (t ) + b, X (0) = X (25) X 0 dove A è la matrice di sistema (costante) e b è un vettore costante. X(t) è la traiettoria originata dallo stato iniziale X0. Abbiamo visto nei capitoli precedenti che il punto di equilibrio XQ di questo sistema è definito da: XQ = -A-1b, se A-1 esiste, e che la dinamica vicino a XQ è governata localmente dal sistema lineare: (26) x& (t ) = Jx(t ) dove J è semplicemente la matrice A, nel caso di un sistema lineare. Se gli autovalori λ1, λ2 e λ3 di J sono distinti, allora ogni soluzione x(t) di (26) può essere espressa nella forma: r r r x(t ) = c1 exp(λ1t )ξ1 + c2 exp(λ2 t )ξ 2 + c3 exp(λ3t )ξ 3 56 dove ξ1, ξ2, e ξ3 sono gli autovettori associati agli autovalori λ1, λ2, e λ3 e c1, c2, e c3 sono delle costanti (anche complesse) che dipendono dallo stato iniziale X044. Gli autovettori possono anche essere complessi. Figura 8. 5 Le dinamiche nella regione D0. Una traiettoria che parta appena al di sopra dell’autopiano complesso Ec(0) si muove con movimento a spirale verso l’origine lungo questo piano ed è quindi respinta dall’origine nella direzione dell’autovettore instabile Er(0) quando vi si avvicina molto. Nel caso particolare in cui J abbia un autovalore reale γ, e un paio di autovalori complessi coniugati σ+jω, la soluzione di (26) è della forma: x(t) =crexp(γ t) ξγ +2ccexp(σ t)[cos(ωt+φc)ηr-sin(ωt+φc)ηi] dove ηr e ηi sono la parte reale ed immaginaria dell’autovettore associato agli autovalori complessi coniugati, ξγ è l’autovettore definito da Jξγ = γξγ, e cr, cc e φc sono costanti reali determinate dalle condizioni iniziali. Rinominiamo l’autovettore reale Er e definiamo Ec come l’autopiano complesso attraversato da ηr e ηi. Possiamo pensare la soluzione x(t) di (26) come la somma di due componenti distinte xr(t) ∈ Er e xc(t) ∈ Ec: xr(t) = crexp(γ t)ξγ xc(t) = 2ccexp(σt)[cos(ωt+φc)ηr-sin(ωt+φc)ηi] Poiché la matrice jacobiana di un sistema di equazioni differenziali è semplicemente la matrice A, la soluzione completa X(t) di (25) può essere trovata traslando l’origine delle coordinate linearizzate del sistema, nel punto di equilibrio XQ. In questo modo: 44 V. I. Arnold, “Ordinary differential equations”, Cambridge, MA: MIT Press, 1973. 57 X(t)=XQ+x(t)=XQ+xc(t)+xr(t) Possiamo determinare il comportamento qualitativo della soluzione X(t) considerando separatamente le componenti xr(t) e xc(t) lungo Er ed Ec rispettivamente. Se γ > 0, xr(t) cresce esponenzialmente nella direzione di Er; se γ < 0 xr(t) tende a zero. Quando σ > 0 e ω ≠ 0, xc(t) sfugge da XQ con andamento a spirale, lungo l’autopiano complesso Ec, e se σ < 0, xc(t) si muove verso XQ, sempre con andamento a spirale, lungo Ec. Il vettore Er e il piano Ec sono invarianti sotto il flusso (5). Se X(0) ∈ Er, allora X(t) ∈ Er ∀ t. Un’importante conseguenza di questo è il fatto che la traiettoria X(t) non può attraversare l’autopiano complesso Ec. Supponiamo che X(t0) ∈ Ec ad un certo istante t0. Allora X(t0) ∈ Er ∀ t > t0. Uno stato X ∈ ℜ 3 giace sul piano Ec se ( X - X Q ) ⋅ n = 0 , dove la moltiplicazione è di tipo vettoriale e n è il vettore normale ad Ec. Il piano Ec che contiene un punto di equilibrio XQ è caratterizzato da n quale vettore normale. Siamo ora pronti ad esaminare la dinamica del circuito di Chua in ogni regione, partendo da quella centrale. 9.3 La regione centrale (|V1| ≤ E) Quando |V1| ≤ E il circuito di Chua è descritto dalle seguenti equazioni: dI 3 1 = − V2 dt L 1 G dV2 = (V2 − V1 ) I3 − C dt C 2 2 dV1 = G V − G ' a V 2 1 C1 dt C1 Il circuito equivalente nella regione D0 è semplicemente il circuito lineare parallelo RLC mostrato in Figura 8. 4. Questo circuito ha un singolo punto di equilibrio nell’origine la cui stabilità è completamente determinata dagli autovalori di: J Fa 0 1 = C2 0 1 L G − C2 G C1 − 0 G C2 G' − a C1 che non sono altro che gli zeri della seguente equazione caratteristica: 58 λ3 + ( GG ' a G' a 1 G G' a 2 + + . )λ + ( )λ + C 2 C1 LC2 C1C 2 LC1C 2 Dando alcuni valori ai parametri succitati, come ad esempio: L = 18 mH, C2 = 100 nF, C1 = 10 nF, Ga = -55/50 mS = -757.576 µS; dove G=550µS, e gli autovalori di JFa sono: γ0 ≈ 25291 σ0 ≈ -5842 ± 19720j. Associato all’autovalore reale instabile γ0 nella regione D0, c’è l’autovettore Er(0) che è definito da: JFaEr(0)= γ0 Er(0). Scrivendo Er(0)=[x,y,z]T, abbiamo: γ0 − 1 C2 0 1 L γ0 + x 0 G y = 0 − C2 G ' z 0 γ0 + a C1 0 G C2 G C1 Normalizzando z=1, il corrispondente autovalore è: G ' a C1C 2 G ( )( ) γ γ + + − G 0 0 C2 C1 G x ' G C 1 (γ 0 + a ) E r ( 0) = y = G C1 z 1 Dove γ0 è l’autovalore reale nella regione D0. Figura 8. 6 Il circuito equivalente di quello di Chua di Figura 8. 2 nella regione esterne D1. Rb=1/Gb. I’=(Gb-Ga)E quando V1<-E e I’=(GaGb)E quando V1>E. Questo piano è caratterizzato dal fatto che per ogni X ∈ Ec(0), JFa ∈ Ec(0). Così una traiettoria che parta dall’autopiano Ec(0), evolve su di esso (e per questo motivo, una traiettoria non può incrociare l’autopiano). Una conseguenza importante di questo fatto è che una traiettoria che ha origine al di sopra dell’autopiano, rimane al di sopra indefinitamente, così come una traiettoria che ha origine al di sotto, rimane al di sotto per sempre. 59 9.3.1 Descrizione qualitativa delle dinamiche in D0 Una traiettoria che parta da un qualche stato iniziale X0 nella regione D0 può essere decomposta nelle sue componenti lungo l’autopiano complesso Ec(0) e lungo l’autovettore Er(0). Quando γ0 > 0 e σ0 > 0, la componente lungo Ec(0) si muove con andamento a spirale verso l’origine lungo il piano, mentre la componente nella direzione Er(0) cresce esponenzialmente. Sommando le due componenti possiamo concludere che una traiettoria che parta appena al di sopra dell’autopiano complesso stabile Ec(0), si muove con andamento a spirale verso l’origine nella direzione Ec(0), ma viene spinta via nella direzione instabile Er(0). Mentre la componente stabile lungo Ec(0) decresce, cresce esponenzialmente la componente instabile lungo l’asse e conseguentemente si ha un andamento ad elica illustrato in Figura 8. 5. Figura 8. 7 La dinamica nella regione D1. Una traiettoria che parta al di sopra dell’autopiano complesso Ec(P+) vicino all’autovettore Er(P+) si muove a spirale verso l’esterno. Per simmetria, la dinamica nella regine D-1 è equivalente. 9.4 Le regioni esterne (|V1| > E) Nelle regioni esterne il circuito di Chua (con una resistenza lineare a tratti NR) è descritto da: (7) 60 dI 3 1 = − V2 dt L dV2 1 G = (V2 − V1 ) I3 − C2 dt C2 G' dV1 G I' = V2 − b V1 − C1 C1 dt C1 dove I’=(Gb-Ga)E se V1>-E (nella regione D-1) e I’=(Ga-Gb) se V1> E (nella regione D1). Il circuito equivalente ai grandi segnali45 nelle regioni D-1 e D1 consiste in un circuito parallelo lineare RLC con resistenza R’b=1/G’b e un generatore di corrente continua I’, come mostrato in Figura 8. 6. I punti di equilibrio P- e P+ delle regioni esterne sono dati da: V2=0, V1=-I’/G’b e I3=-GV1=I’G/G’b. Notiamo che il punto di equilibrio è semplicemente una soluzione in continua del circuito equivalente e può essere determinato cortocircuitando L e aprendo i rami C1 e C2.46 I punti di equilibrio nelle regioni esterne sono quindi: G (G b − G a ) E G (G a − G b ) E G +G G +G b b P− = 0 0 , P+ = (G a − Gb ) E (Gb − G a ) E G + Gb G + Gb Se il punto di equilibrio P- si trova al di fuori della regione D-1, allora è detto punto di equilibrio virtuale (si veda ancora la nota 39). Si tratta di una soluzione valida per il circuito in sé, ma non lo è nel nostro caso, giacché al di fuori della regione presa in esame, il circuito equivalente è diverso. Per esempio, il punto di equilibrio P- si trova al di fuori della regione D-1 (e quindi è un punto di equilibrio virtuale), quando (G a − G b ) E > − E . In maniera equivalente, G + Gb P- è un punto di equilibrio in Figura 8. 2 (quando G > 0) solo se -Gb < G < -Ga. Possiamo determinare la stabilità dei punti di equilibrio e le dinamiche delle regioni esterne esaminando la matrice jacobiana: J Fb 0 1 = C2 0 della seguente equazione caratteristica: λ3 + ( 1 L G − C2 G C1 − 0 G , i cui autovalori sono gli zeri C2 G' − b C1 GGb G'b G G'b 2 1 + + . )λ + ( )λ + C 2 C1 LC2 C1C 2 LC1C 2 Con i valori numerici già attribuiti in precedenza e G=550µS, gli autovalori di JFb sono: γ1 ≈ –23284 σ1±jω1 ≈ 1022 ± j19260 45 I circuiti equivalenti nelle regioni D1 e D-1 non sono quelli ai piccoli segnali (che modellano il comportamento locale), ma quelli ai grandi segnali che sono validi nelle regioni esterne. 46 L. O. Chua, C. A. Desoer ed E. S. Kuh, “Linear and nonlinear circuits”, New York: Mc Graw-Hill, 1987. 61 Associato all’autovalore reale stabile γ1 nella regione D1, c’è l’autovettore Er(P+) che è definito da: JFb Er(P+)= γ1Er(P+). γ1 1 r T Scrivendo E (P+)=[x,y,z] , abbiamo: − C2 0 1 L G C2 G − C1 γ1 + x 0 G − y = 0 e normalizzando C2 G ' b z 0 γ1 + C 2 0 z=1 otteniamo che l’autovettore reale è il seguente: G ' b C1C 2 G (γ 1 + C )(γ 1 + C ) G + G 2 1 x G ' C r 1 . E ( P+ ) = y = (γ 1 + b ) G C1 z 1 La parte reale e immaginaria degli autovettori complessi associati a σ1±jω1 attraversano l’autopiano complesso che chiamiamo Ec(P+). Il vettore normale a Ec(P+) è: G'b G LG L C1C 2 − G (γ 1 + C )(γ 1 + C ) + C − C x 1 2 1 1 G ' C b 2 = C 2 y , dove γ1 è l’autovalore reale in D1. (γ 1 + ) C1 G C1 z 1 L’autopiano è caratterizzato dal fatto che per ogni X ∈ Ec(P+), JFbX ∈ Ec(P+) sicché una traiettoria che parta da Ec(P+) evolve indefinitamente su quel piano. Ancora una volta notiamo che una traiettoria che una traiettoria che si trovi al di sopra del piano, rimane al di sopra di esso per sempre, e la stessa cosa vale per le traiettorie che si trovino al di sotto di esso. 9.4.1 Descrizione qualitativa delle dinamiche per |V1| > E Nella regione D1, l’autovettore Er(P+) è associato all’autovalore reale γ1. La parte reale ed immaginaria degli autovettori complessi associati a σ1±jω1, definiscono l’autopiano complesso Ec(P+). 62 Figura 8. 8 I punti di equilibrio della Figura 8. 2 possono essere determinati graficamente dall’intersezione della linea di carico IR=-GVR con la funzione caratteristica di NR. (a) se G>|Ga| o G<|Gb|, il circuito ha un unico punto di equilibrio nell’origine (P- e P+ sono punti di equilibrio virtuali in questo caso). (b) Quando |Gb|<G<|Ga|, il circuito ha tre punti di equilibrio in P-, 0 e P+. Una traiettoria che parta da un qualche stato iniziale X0 nella regione D1, può essere scomposta nelle sue componenti lungo l’autopiano complesso Ec(P+) e l’autovettore Er(P+). Quando γ1 < 0 e σ1 > 0, la componente lungo Ec(P+) si muove con andamento a spirale fuggendo da P+ lungo questo piano, mentre la componente lungo Er(P+) tende asintoticamente verso P+. Sommando le due componenti, vediamo che una traiettoria che parta vicino all’autovettore reale stabile Er(P+) al di sopra dell’autopiano complesso, si muove verso Ec(P+) con una traiettoria ad elica che aumenta gradatamente il proprio raggio. Poiché la componente lungo Er(P+) si riduce progressivamente, mentre quella lungo Ec(P+) cresce esponenzialmente, la traiettoria andrà velocemente ad aderire su Ec(P+), dove con andamento a spirale, fuggirà da P+ lungo l’autopiano complesso, come mostrato in Figura 8. 7. Si noti che a causa del forte rapporto di contrazione lungo la direzione Er(P+) questo genere di traiettoria si trova per la maggior parte del tempo nella regione D1, ma molto a ridosso 63 dell’autopiano Ec(P+). Di conseguenza il sistema appare sostanzialmente bidimensionale e può essere analizzato utilizzando una mappa discreta unidimensionale47. Per simmetria, il punto di equilibrio P- nella regione D-1 ha tre autovalori: γ1 e σ1±jω1. L’autovettore Er(P-) è associato all’autovalore reale γ1; la parte reale e la parte immaginaria degli autovettori associati a paio di autovalori complessi instabili σ1±jω1 definisce l’autopiano Ec(P-) lungo il quale le traiettorie si muovono con andamento a spirale, rifuggendo P-. Figura 8. 9 Queste immagini mostrano il raddoppio del periodo nell’oscillatore di Chua. (a) G=500µS. P+ è il punto di equilibrio della regione D1; Er(P+) e Ec(P+) sono rispettivamente l’autovettore reale e l’autopiano complesso. Il punto di equilibrio nella regione D0 è denominato con lo 0; il corrispettivo autovettore e autopiano sono Er(0) e Ec(0). U1 è il piano definito dall’equazione V1=E che separa la regione D1 dalla D0. U-1, analogamente, separa D-1 da D0 ed è definito da V1=-E. P- è il punto di equilibrio nella regione D-1; il suo autopiano complesso è Ec(P-) e l’autovettore reale è Er(P-). (b) G=530µS (ciclo limite periodico ad un’orbita). La traiettoria si muove a spirale rifuggendo P+ stando vicina ad Ec(P+) fino a quando incrocia U1 ed entra in D0 dove è ripiegata (folded) indietro verso D1. (c) G=537µS (ciclo limite periodico a doppia orbita). (d) G=539µS (orbita a quattro giri). (e) G=541µS (attrattore caotico a spirale di Chua). 47 C. Wu e N. F. Rulkov, “Studying chaos near one-dimensional maps: a tutorial”, IEEE Trans. Circuits syst. (Special Issue on Chaos in nonlinear circuits), vol. 40, pag. 707-722, ottobre 1993. 64 9.5 Comportamento generale Le dinamiche globali del circuito di Chua possono essere determinate collegando i risultati previsti dalle analisi dei paragrafi precedenti per le tre regioni D-1, D0 e D1. I punti di equilibrio dell’intero circuito sono definiti da: 1 0 = − V2 L 1 G 0= I3 − (V2 − V1 ) C2 C2 G 1 0= (V2 − V1 ) − I R C2 C1 che è equivalente ad aprire i rami con i capacitori C1 e C2 e a cortocircuitare il ramo con l’induttore L, per trovare la soluzione in continua, come mostrato in Figura 6. 4. Ovviamente la soluzione in continua di questo circuito è IR=-GVR. Il punto di equilibrio può essere determinato graficamente dall’intersezione della retta di carico IR=-GVR con la caratteristica spezzata IR=f(VR) del resistore non lineare NR, come mostrato in Figura 8. 8 (si veda anche la nota 39). Quando G>|Ga| o G<|Gb|, il circuito ha un punto di equilibrio unico nell’origine e due punti di equilibrio virtuali P- e P+; altrimenti ci sono tre punti di equilibrio in P-, 0 e P+. Nella discussione seguente, consideriamo il comportamento globale del circuito utilizzando l’insieme di parametri scelto in precedenza, con R nell’intervallo 0 ≤ R < 2000 Ω (conseguentemente 500µS ≤ G < ∞). In Figura 8. 1 sono mostrate una serie di simulazioni del circuito di Chua, con i seguenti valori per i parametri: L = 18 mH, C2 = 100nF, C1 = 10nF, Ga = -55/60 mS, Gb = -9/22 mS ed Figura 8. 10 (a) Finestra di periodicità tripla (G=542.5µS). (b) Ciclo limite periodico a sei orbite (G=542.8µS). 65 E = 1V. R0 = 12,5 Ω modella la resistenza parassita in serie all’induttore reale. R è il nostro parametro di biforcazione. 9.5.1 Punto di equilibrio e biforcazione di Hopf Quando R è grande (2000 Ω) i punti di equilibrio nelle regioni esterne sono stabili (γ1 < 0, σ1 < 0 e ω1 ≠ 0); il punto di equilibrio interno è l’origine ed è instabile (γ0 > 0, σ0 < 0 e ω1 ≠ 0). A seconda dello stato iniziale del circuito, il sistema evolve verso un punto di equilibrio della regione esterna, oppure l’altro. Assumiamo di partire con uno stato iniziale che si trovi nella regione D1. Il punto di equilibrio ha un autovalore reale negativo e un paio di autovalori complessi coniugati con parte reale negativa. L’azione dell’autovalore reale negativo γ1 è quello di schiacciare le traiettorie verso l’autopiano complesso Ec(P+) dove convergono con movimento a spirale verso il punto di equilibrio P+. In Figura 8. 9a si mostra la geometria dello spazio vettoriale lineare a tratti quando R=2000 Ω e la traiettoria X(t) si muove con andamento a spirale verso la soluzione a regime rappresentata dal punto di equilibrio P+. Non appena la resistenza R decresce, la parte reale degli autovalori complessi coniugati diventa positiva e conseguentemente i punti di equilibrio nella regione esterna diventano Figura 8. 11 In figura tre prospettive delle simulazioni dell’oscillatore a spirale di Chua con G=550µS. (a) Si confronti con Figura 8. 10a. (b) Prospettiva lungo il bordo dell’autopiano complesso Ec(P+) e Ec(P-); si noti la traiettoria nella regione D1, schiacciata su Ec(P+). (c) Prospettiva lungo il bordo dell’autopiano complesso Ec(0); le traiettorie non possono attraversarlo. 66 instabili. Questa è quella che in letteratura viene chiamata biforcazione di Hopf. Il valore reale dell’autovalore di P+ rimane negativo, così le traiettorie nella regione D1 convergono verso l’autopiano complesso Ec(P+) fino a quando arrivano al piano di divisione U1 (definito da V1=E) ed entra nella regione D0. Il punto di equilibrio nell’origine che si trova nella regione D0 ha un paio di autovalori complessi stabili e un autovalore reale instabile. Le traiettorie che entrano nella regione D0 sull’autopiano complesso Ec(0) sono attratte nell’origine lungo questo piano. Le traiettorie che entrano nella regione D0 dalla regione D1 soprastante o sottostante l’autopiano, raggiungono la regione D-1 oppure tornano indietro verso la regione D1 rispettivamente. Per R sufficientemente grande, le traiettorie si muovono con andamento a spirale fuggendo P+ lungo Ec(P+) ed entrano in D0 al di sopra del piano Ec(0) e sono quindi rigettate in D1 dove producono, a regime, un ciclo limite singolo illustrato in Figura 8. 9b. 9.5.2 Raddoppio del ciclo limite Appena la resistenza decresce ancora, si verifica un raddoppio del ciclo limite attraverso una biforcazione detta di pitchfork (ingl. forcone). Il ciclo limite a questo punto si chiude su se stesso dopo aver orbitato intorno al punto P+ due volte; si dice che il ciclo limite è a “periodo 2” poiché la traiettoria utilizza approssimativamente due volte il tempo necessario per completare l’orbita completa, rispetto al ciclo limite ad orbita singola (si veda Figura 8. 9c). Al decrescere di R si producono ulteriori biforcazioni, di periodo 4 (Figura 8. 9d), di periodo 8, 16 e così via, fino a quando si raggiunge un’orbita di periodicità infinita al di là della quale otteniamo il caos (Figura 8. 9e). Si tratta in questo caso di un attrattore strano a spirale di Chua48. L’attrattore a spirale di Chua mostrato in Figura 8. 9e assomiglia ad un nastro che si ripiega su se stesso. Questa matassa è il più semplice tipo di attrattore strano49. Una traiettoria che parta dalla condizione iniziale X0 si avvolgerà lungo una striscia attorno all’attrattore, passando ripetutamente accanto al punto iniziale, senza mai tornare su quello per chiudere il ciclo. 48 Un attrattore rappresenta una soluzione stabile a regime del sistema dinamico. Un attrattore è detto strano o caotico se contiene un’orbita omoclina trasversa (si veda anche nota numero 35). 49 J.M.T. Thompson e H. B. Stewart, “Nonlinear dynamics and chaos”, New York: Wiley, 1986. 67 Figura 8. 12 Ancora tre prospettive, questa volta dell’attrattore di tipo double scroll per l’oscillatore di Chua che abbia G=565µS. (a) Si compari quest’immagine con le omologhe delle due figure precedenti. (b) La stessa prospettiva delle due figure precedenti, si noti come la traiettoria in D1 è schiacciata su Ec(P+) mentre quella in D-1 lo è su Ec(P-). (c) La prospettiva è la stessa delle omologhe precedenti. Una traiettoria che entri in D0 da D1 ma che non attraversa l’autopiano complesso Ec(0), ritorna in D1 mentre quelle che lo incrociano, proseguono fino a D-1. 9.5.3 Finestre di periodicità Nelle regioni caotiche dello spazio dei parametri del circuito di Chua, ci sono intervalli del parametro di biforcazione R all’interno dei quali si rileva un moto periodico. Queste regioni, dove tale periodicità si manifesta, sono chiamate finestre di periodicità. Nel circuito di Chua ne sono state trovate di periodo 3 e 5. Questi cicli limite periodici raddoppiano la loro periodicità fino a raggiungere lo stato caotico, in funzione del valore decrescente di R. In Figura 8. 10a viene mostrato un ciclo limite a triplo giro, così detto perché la traiettoria orbita tre volte attorno al punto di equilibrio, prima di ricongiungersi su se stessa. In Figura 8. 10b viene mostrato un ciclo limite con un’orbita a sei giri, conseguenza di una biforcazione causata dalla variazione di R, su di un ciclo limite a triplo giro. 9.5.4 Attrattore di Chua a spirale In Figura 8. 11 vengono mostrate tre prospettive di un’altra simulazione per un set di parametri che produce quella che viene definita in letteratura l’immagine di un attrattore di 68 Chua a spirale. In Figura 8. 11b la prospettiva è quella dal bordo degli autopiani complessi Ec(P+) ed Ec(P-); si nota che le traiettorie nella regione D1 sono compresse sull’autopiano complesso Ec(P+) lungo la direzione dell’autovettore reale stabile Er(P+) e che con andamento a spirale si allontanano dal punto di equilibrio P+ lungo Ec(P+). Quando una traiettoria entra nella regione D0 da D1, attraversa U1 al di sopra dell’autopiano c E (0). La traiettoria non può incrociare questo autopiano, tuttavia deve ritornare nella regione D1. Figura 8. 13 La cosiddetta sensitività alle condizioni iniziali. Due forme d’onda V1(t) di un medesimo oscillatore di Chua con G=550µS, che partano l’una da (I3,V2,V1) = (1.1810mA,222,014mV, -2.286mV) e l’altra da (I3,V2,V1) = (1.1810mA,222,000mV, -2.286mV), quest’ultima segnalata con la linea tratteggiata. Si noti che le traiettorie si separano già a partire da un tempo t<5mS. In figura, sull’asse delle ordinate si leggono i valori di V1(t) in volt. 9.5.5 Attrattore di Chua “double-scroll” Poiché abbiamo scelto un resistore non lineare con caratteristica simmetrica, ogni attrattore che troviamo nelle regioni D1 e D0, ha un omologo nella regione D-1 e D0. Quando la resistenza di accoppiamento R decresce ulteriormente, l’attrattore di Chua a spirale collide con il suo simmetrico e la fusione dei due produce quello che viene chiamato un attrattore strano “double-scroll” (si veda nota numero 30), come mostrato in Figura 8. 12. Anche in questo caso mostriamo tre prospettive di questo attrattore, al fine di illustrare la sua struttura geometrica. In Figura 8. 12b è mostrata quella dal bordo degli autopiani complessi Ec(P+) e Ec(P-). Entrando nella regione D1 dalla D0, le traiettorie collassano sul piano Ec(P+) e fuggono con andamento a spirale da P+ lungo questo piano. In Figura 8. 12c vediamo l’evolversi di una traiettoria dal bordo dell’autopiano Ec(0) della regione centrale. Si ricordi che quando la traiettoria incrocia U1 verso D0 al di sopra di Ec(0), deve necessariamente rimanere al di sopra di Ec(0) e così fare ritorno in D1. Allo stesso modo, 69 se la traiettoria incrocia U1 al di sotto di Ec(0), deve rimanere al di sotto di Ec(0) e quindi attraversare la regione D-1. Figura 8. 14 Visualizzazioni delle forme d’onda sperimentali di V1(t) per le quali (a) G=530 µS (ciclo limite a un giro). (b) G= 537µS (ciclo limite a due giri). (c) G=550µS (attrattore cautico spirale di Chua). Sull’asse delle ascisse si leggono i tempi il cui passo è di 1 ms, su quello verticale la scala è in volt. 9.5.6 Crisi di confine (boundary crisis) Riducendo la resistenza R, si raggiungono altre regioni caotiche, inframmezzate con finestre di periodicità. Per un valore di R sufficientemente piccolo, la traiettoria instabile che normalmente risiede al di fuori di quella stabile, collide con l’attrattore double-scroll di Chua, come mostrato in Figura 8. 12, arrivando ad una “crisi di confine”50. Dopo di questa, tutte le traiettorie diventano illimitate. Una siffatta tipologia di traiettoria può essere prevista e controllata nelle simulazioni al calcolatore, ma nel mondo reale il comportamento è differente, come presto vedremo. 50 C. Grebogi, E. Ott e J. Yorke, “Chaotic attractor in crisis”, Phys. Rev. Lett., vol 48, pag. 1507-1510, 1982. 70 9.6 Caratteristiche del Caos 9.6.1 Sensibilità alle condizioni iniziali Consideriamo ancora una volta l’attrattore double-scroll mostrato in Figura 8. 12. Due traiettorie che partano da due punti distinti, ma molto vicini tra loro nella regione D1, rimarranno molto vicine fino a quando non raggiungeranno il piano di separazione U1. Immaginiamo che le traiettorie siano ancora vicine quando raggiungono l’area di crisi di confine, ma che una la attraversi appena al di sopra di Ec(0), mentre l’altra appena al di sotto. La prima traiettoria tornerà in D1 e la seconda attraverserà lo spazio fino a D-1. In conclusione la vicinanza delle traiettorie viene quindi perduta. Nella figura qui sopra viene mostrata la funzione V1(t) per due traiettorie appena discusse. Si tratta di soluzioni dell’oscillatore di Chua con gli stessi parametri di Figura 8. 12; i valori delle condizioni iniziali sono (I3;V2;V1) = (1,81mA; 222,014mV; -2,286V) e (I3;V2;V1) = (1,81mA; 222mV; -2,286V). Nonostante la condizione iniziale differisca solo in una componente di meno dello 0,01%, le traiettorie divergono e diventano scorrelate dopo 5ms. Questa rapida decorrelazione delle traiettorie, nonostante gli stati iniziali siano così prossimi, viene normalmente chiamata sensibilità alle condizioni iniziali, ed è una proprietà dei sistemi caotici. Di conseguenza si ha un’apparente casualità delle uscite del sistema e una non predicibilità dei valori dello stato del sistema a lungo termine. Poiché i sistemi caotici sono deterministici, due traiettorie che partano da uno stesso stato iniziale, proseguiranno il proprio cammino nello spazio degli stati, esattamente della stessa maniera, coincidendo per sempre. In pratica è tuttavia impossibile costruire due sistemi con parametri identici, che addirittura partano da un medesimo stato iniziale. E’ pur vero che lavori di Pecora, Carroll51,52 e altri hanno mostrato come sia possibile sincronizzare due sistemi caotici in modo tale da avere delle traiettorie piuttosto vicine. Questi lavori sono sfociati in strumenti per sistemi di comunicazione sicuri. L’informazione modulata tramite una portante “casuale” caotica, può essere demodulata utilizzando un ricevitore sincronizzato.53,54,55 51 L. M. Pecora e T. L. Carrol, “Synchronization in chaotic systems”, Phys. Rev. Lett., vol. 74, n.8, pag. 821-824, 1990. 52 T. L. Carrol e L. M. Pecora, “Synchronizing chaotic circuits”, IEEE Trans. Circuits syst., vol. 38, n.4, pag.453-456, Aprile 1991 53 M. J. Ogorzalek, “Taming chaos: Part I – Syncronisation”, IEEE Trans. Circuits syst., vol 40, n. 10, pag. 693699, Ottobre 1993. 54 H. Dedieu, M. P. Kennedy e M. Hasler, “Chaos shift keying: modulation and demodulation of a chaotic carrier using self-synchronizing Chua’s circuits”, IEEE Trans. Circuits syst., vol 40, n. 10, Ottobre 1993. 55 A. V. Oppenheim, G. W. Wornell, S. H. Isabelle e K. M. Cuomo, “Signal processing in the context of chaotic signals”, in Proc. IEEE ICASSP (San Francisco, CA), 1992, pp. IV-117-IV-120, 1992, vol. IV. 71 9.6.2 Casualità nel dominio del tempo In Figura 8. 14 a, b e c, vengono mostrate le forme d’onda V1(t) corrispondenti alla periodicità ad un giro, a due giri e all’attrattore a spirale di Chua (quello delle Figura 8. 9 b e c). La forma d’onda con periodo ad un giro è ovviamente periodica e ha l’aspetto di una sinusoide leggermente distorta. Anche la forma d’onda con periodo a due giri è periodica, differisce qualitativamente da quella ad un giro in quanto ad un picco più alto ne segue uno più basso. Anche a occhio nudo, in questo caso la forma d’onda assomiglia sempre meno ad una sinusoide. Nel caso di un attrattore a spirale di Chua, V1(t), in contrasto con queste forme d’onda periodiche, è alquanto irregolare e non sembra ripetersi in ogni osservazione a tempo limitato. Anche se si tratta di una soluzione prodotta da un’equazione differenziale Figura 8. 15 Lo spettro di potenza per le forme d’onda V2(t) dell’oscillatore di Chua per (a) G=530µS (ciclo limite ad un giro), lo spettro si addensa sulla frequenza fondamentale e sulle armoniche più alte. (b) G=537µS (ciclo limite a due giri), questo segnale periodico è caratterizzato da uno spettro di potenza ad impulsi. (c) G=550µS (attrattore caotico a spirale di Chua), una forma d’onda caotica manifesta uno spettro di potenza che contiene frequenze continue. (d) G=565µS (attrattore caotico di tipo double scroll). L’asse delle ascisse contiene le frequenze in kHz, quello delle ordinate la potenza (db). 72 deterministica, la soluzione sembra casuale. 9.6.3 Spettro di densità di potenza Ogni segnale periodico può essere scomposto in una serie di Fourier, cioè in una somma pesata di sinusoidi multiple della frequenza fondamentale del segnale periodico stesso56. Per questo motivo un segnale periodico si manifesta nel dominio delle frequenze, come una serie di impulsi che partono dalla frequenza fondamentale e di tutte le sue armoniche. L’ampiezza degli impulsi corrisponde ai coefficienti della espansione del segnale in una serie di Fourier. La trasformata di Fourier è un’espansione di questo concetto valida per segnali non periodici per i quali la distribuzione nello spettro delle frequenze non è più ad impulsi, ma è continua57. La distribuzione nello spettro di densità di potenza di un segnale x(t) ci permette di avere informazioni su come è distribuita la potenza del processo in frequenza. La stima più semplice dello spettro di potenza di un segnale è ottenuta campionando uniformemente il segnale x(t) con N campioni: x(m/fs), m=0,1,…N-1, da cui si possono ottenere (N/2)+1 valori di P(nfs/N), n=0,1,…,N/2, dove fs è la frequenza di campionamento. Se si considera il segnale x(t) composto da componenti sinusoidali su frequenze discrete, allora P(nfs/N) è una stima delle componenti nello spettro di densità di potenza alle frequenze multiple di fs/N. Per il teorema di Parseval58, la somma delle potenze di tutte le componenti, equivale al valore medio quadro degli n campioni di x(t).59,60 Se x(t) è periodica, allora la potenza del segnale è concentrata nella componente continua, nella componente della frequenza fondamentale e nelle sue armoniche. In pratica la natura discreta del campionamento causa nella rilevazione dello spettro di potenza una “dispersione” Figura 8. 16 La caratteristica lineare a tratti del diodo di Chua di Figura 8. 2. 56 A. V. Oppenheim, A. S. Willsky e I. T. Young, “Signals and systems”, Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, 1983. 57 A. V. Oppenheim e R. W. Schafer, “Digital signal processing, Englewood Cliffs”, NJ: Prentice-Hall, 1975. 58 A. Bruce Carlson, “Communiction systems”, McGraw-Hill Elecrtical & Electronic Engeneering Series. 59 W. H. Press, B. P. Flannery, S. A. Teukolsky e W. T. Vatterling, “Numerical Recipes in C”, Cambridge, UK: Cambridge University press,1988. 60 E. O. Brigham, “The fast Fourirer transform”, Englewood Cliff, NJ: Prentice-Hall, 1974. 73 attorno alle frequenze armoniche. Nella seguente discussione abbiamo considerato 8192 campioni di V2(t), registrati ad una frequenza di 200kHz. Abbiamo sottolineato poc’anzi che la forma d’onda periodica ad un giro corrispondente all’attrattore in Figura 8. 14b, ha un andamento apparentemente sinusoidale. Ci si aspetta pertanto che gran parte della sua potenza sia associata alla frequenza fondamentale e questo sembra confermato dalla Figura 8. 15a dove oltre alla componente continua, si nota che gran parte della potenza è contenuta intorno al picco dei 3 kHz. Poiché nella forma d’onda a due giri, questa si chiude su se stessa ogni circa 0,67 secondi, questo periodo ha la sua frequenza fondamentale circa a 1.5 kHz, come mostrato in Figura 8. 15b. Notiamo tuttavia che gran parte della potenza è associata alla frequenza di circa 3 kHz. L’attrattore a spirale di Chua è qualitativamente differente dai segnali periodici ora esaminati. La sua natura aperiodica nel dominio del tempo si riflette nel dominio delle frequenze mostrando uno spettro di potenza simile a quello di un fenomeno casuale. Figura 8. 17 Un’implementazione pratica del circuito di Chua che fa uso di due amplificatori operazionali e sei resistori per realizzare il diodo di Chua (si veda nota 67). I valori dei componenti sono riportati nella tabella. Nei primi casi la gran parte della potenza del segnale era concentrata in un limitato numero di frequenze multiple della fondamentale mentre in quest’ultimo caso è distribuita in un intervallo continuo delle frequenze. Questa struttura è confermata incrementando la frequenza di campionamento. La forma d’onda di tipo caotico che si ha in un attrattore strano di tipo double-scroll ha una corrispondenza nel mondo delle frequenze di questo secondo tipo, come mostrato in Figura 8. 15d e, anche in questo caso, abbiamo uno spettro “noiselike”. 74 9.7 Il circuito di Chua in concreto In questo esperimento dimostriamo i concetti di equilibrio multiplo, bistabilità, cicli limite e caos. Esaminiamo le biforcazioni di Hopf, il raddoppio del periodo e la crisi di confine (boundary crisis). 9.7.1 Realizzazione pratica del circuito di Chua Il circuito di Chua può essere realizzato in diversi modi utilizzando componenti elettronici Figura 8. 18 Ogni realizzazione fisica del resistore non lineare NR diventa passiva, come mostrano i segmenti più esterni (che non sono necessariamente lineari nelle implementazioni pratiche, come la figura potrebbe far supporre). Per valori sufficientemente grandi di IR e VR, la caratteristica deve quindi forzatamente giungere nel primo e nel terzo quadrante del piano IR-VR. standard o appositamente progettati. Siccome tutti gli elementi lineari (capacitori, resistore ed induttore) sono ampiamente disponibili come componenti a due terminali, la nostra principale preoccupazione, qui, è quella di realizzare il resistore non lineare NR con la caratteristica spezzata mostrata in Figura 8. 16. I primi tentativi risalgono addirittura agli anni sessanta, quando Chua sviluppò una teoria per la sintesi di circuiti non lineari e si persuase che tale teoria sarebbe rimasta accademica a meno che non si disponesse di componenti a due terminali dotati di una caratteristica corrente/tensione scelta a piacere. E’ per questo motivo che si svilupparono procedure sistematiche per la sintesi di resistori non lineari a due terminali.61,62,63,64,65,66 D’ora in avanti 61 L. O. Chua, “Introduction to nonlinear network theory”, New York: McGraw-Hill, 1969. L. O. Chua, “The rotator - A new network component”, Proc. IEEE, vol. 55, n. 9, pag. 1566-1577, Settembre 1967. 63 L. O. Chua, “Synthesis of a new nonlinear network element”, Proc. IEEE, vol. 56, n. 8, pag. 1325-1340, Agosto 1968. 64 L. O. Chua, J. B. Yu e Y. Y. Yu, “Negative resistence devices”, Int. J. Circuit theory appl., vol. 11, pag. 161186, Agosto 1983. 65 L. O. Chua, J. B. Yu e Y. Y. Yu, « Bipolar-JFET-MOSFET negative resistence devices », IEEE trans. Circuits syst., vol. 32, pag. 46-61, Gennaio 1985. 66 L. O. Chua e F. Ayrom, “Designing nonlinear single op-amp circuits: a cookbook approach”, Int. J. Circuit theory appl., vol. 13, pag. 235-268, Luglio 1985. 62 75 utilizzeremo il termine “diodo di Chua”67 per definire il resistore non lineare con la Figura 8. 19 Il circuito equivalente della realizzazione pratica mostrata in Figura 8. 17. La caratteristica spezzata del diodo di Chua è mostrata in Figura 8. 18. caratteristica spezzata di Figura 8. 16, sintetizzato tramite componenti circuitali standard. Lista dei componenti circuitali – Tabella I Nome Descrizione Valore Tolleranza A1 Op amp (½AD712, TL082) A2 Op amp (½ AD712, TL082) C1 Capacitore 10 nF ±5% C2 R R1 Capacitore Potenziometro ¼ W Resistore 100 nF 2 kΩ 3,3 kΩ ±5% ±5% ±5% R2 R3 R4 R5 R6 L ¼ W Resistore ¼ W Resistore ¼ W Resistore ¼ W Resistore ¼ W Resistore Induttore (TOKO, 10RB) 22 kΩ 22 kΩ 2,2 kΩ 220 Ω 220 kΩ 18 mH ±5% ±5% ±5% ±5% ±5% ±10% Esistono in letteratura diverse implementazioni del diodi di Chua. Fanno uso di amplificatori operazionali, diodi e transistori. In letteratura segnaliamo una procedura sistematica per sintetizzare con precisione un diodo di Chua con pendenze e punti di discontinuità configurabili indipendentemente68. Nei primi anni novanta è stato sviluppato un circuito integrato nel quale sono stati inclusi amplificatori operazionali a transconduttanza per realizzare il circuito di Chua.69,70,71 67 M. P. Kennedy, “Robust op amp realization of Chua’s circuit”, Frequenz, vol. 46, n. 3-4, Marzo-Aprile 1992. M. P. Kennedy, “Synthesis of continuous piecewise-linear resistor for Chua’s circuit family using operational amplifiers, diodes and linear resistors”, Int. J. Circuits appl., vol. 21, n. 5, 1993. 69 J. M. Cruz e L. O. Chua, “A CMOS IC nonlinear resistor for Chua’s circuit”, IEEE trans. Circuits syst., vol. 39, n. 19, pag. 985-995, Dicembre 1992. 68 76 In questa sezione descriviamo un’implementazione pratica del circuito di Chua che usa due amplificatori operazionali e sei resistori per costruire il diodo di Chua. Questo circuito è stato costruito a titolo di ricerca e per fini didattici ed utilizza un numero minimo di componenti discreti: un paio di amplificatori operazionali e sei resistori sono stati necessari per implementare un diodo di Chua. 9.7.2 Descrizione circuitale In Figura 8. 17 viene mostrata una implementazione pratica del circuito di Chua. Le descrizioni dei componenti e i valori dei parametri sono riepilogati in tabella. In aggiunta ai componenti segnalati, si suggerisce di inserire due capacitori di bypass di 0,1 µF ciascuno dei quali dovrebbe essere connesso tra la tensione di alimentazione e la terra, il più vicino possibile agli amplificatori operazionali, allo scopo di mantenere l’alimentazione il più possibile costante. La parte del circuito che consiste nei due amplificatori operazionali e nei resistori da R1 a R6 Figura 8. 20 La caratteristica corrente tensione del diodo di Chua di Figura 8. 17. VS è una forma d’onda triangolare con una tensione di offset nulla, ampiezza di 15 volts da picco a picco e frequenza di 30 Hz. Passo orizzontale di VR: 2V, passo verticale –VIR: 100mV. fungono da diodo di Chua e implementano quindi il resistore NR con la caratteristica mostrata in Figura 8. 18. Utilizzando due batterie da 9 volt per alimentare gli amplificatori operazionali, abbiamo che V+ = 9V e V- = -9V. Dalle misure del livello di saturazione nelle uscite dell’amplificatore operazionale AD712, Esat ≈ 8,3 V ed E vale circa un volt. Con R2 = 70 J. M. Cruz e L. O. Chua, “An IC diode for the Chua’s circuit”, Int. J. Circuit theory appl., vol. 21, n. 2, MarzoAprile 1993. 71 M. Delgado-Restituto e A. Rodriguez-Vasquez, “A CMOS monolithic Chua’s circuit”, J. Circuits syst. comput., vol. 3, n. 2, giugno 1993. 77 R3 e R5 = R6, la caratteristica non lineare è definita da Ga = (-1/R1) + (-1/R4) = -50/66 mS, Gb = (1/R3) + (-1/R4) = -9/22 mS ed E = R1Esat/(R1+R2) ≈ 1V. 9.7.3 Comportamento del diodo reale di Chua nella regione di saturazione degli amplificatori operazionali La caratteristica spezzata del diodo di Chua basato sugli amplificatori operazionali, differisce da quella ideale per il suo comportamento nella regione di saturazione degli amplificatori operazionali. La spezzata è quindi approssimabile da cinque segmenti e i due aggiuntivi si trovano nelle regioni più esterne. Le pendenze dei segmenti aggiuntivi sono positive e valgono Gc = 1/R5. Tutte le realizzazioni pratiche di resistori diventano passive per valori di tensione e corrente sufficientemente elevate, la potenza istantanea p(t)=v(t)i(t) consumata da un resistore reale è positiva. Per valori di |v| e |i| sufficientemente elevati, la Figura 8. 21 La caratteristica del diodo di Chua, cioè del componente NR, può essere misurata applicando una forma d’onda triangolare VS alla serie di NR e RS. Così facendo è possibile ottenere il plot di –VIR (∝IR) rispetto a VR. In figura è mostrato lo schema del componente ad otto pin contenente due amplificatori operazionali. caratteristica spezzata deve tornare nel primo e nel terzo quadrante del piano v-i. Per questo motivo la caratteristica spezzata di un diodo reale di Chua deve includere almeno due segmenti esterni con pendenza positiva che facciano tornare la caratteristica nel primo e nel terzo quadrante (come mostrato in Figura 8. 18). Da un punto di vista pratico, fintantoché le tensioni e le correnti dell’attrattore si evolvono nell’intervallo in cui la resistenza è negativa, la presenza di queste regioni esterne è ininfluente sulla dinamica dello stesso. Per definizione ogni attrattore è limitato, e per questo motivo è sempre possibile configurare le tensioni e le correnti nel circuito in maniera tale che la soluzione a regime sia contenuta completamente all’interno dei tre segmenti caratteristici del diodo di Chua. Il circuito equivalente semplificato di Figura 8. 17 è mostrato in Figura 8. 19. Abbiamo modellato l’induttore reale con una serie di un induttore lineare L e un resistore reale di resistenza R0. 78 79 Figura 8. 22 Vengono mostrate le rilevazioni sperimentali di una sequenza di biforcazione nel circuito di Chua (i cui componenti sono mostrati nella Tabella 1) ottenute utilizzando un oscilloscopio digitale Hitachi VC-6025. Il passo orizzontale per le figure (a)-(h) dove si rileva V2 è di 300m, (i) 2V. Il passo verticale per V1 è di 1V da (a) ad (h) o 2V per (i). (a) R=1,83kΩ, ciclo limite ad un giro. (b) R=1,82kΩ, a due giri. (c) R=1,81kΩ, a quattro giri. (d) R=1,80kΩ, attrattore a spirale di Chua. (e) R=1,797kΩ, a tre giri. (f) R=1,76kΩ. Attrattore a spirale di Chua. (g) R=1,73kΩ attrattore di tipo double scroll. (h) R=1,52kΩ. Ancora un double scroll. (i) R=1,42kΩ. Grande ciclo limite, corrispondente al raggiungimento dei segmenti esterni nella caratteristica del diodo di Chua. 80 9.7.4 Verifica sperimentale della caratteristica spezzata del diodo di Chua La caratteristica spezzata del resistore non lineare NR può essere misurata utilizzando il circuito mostrato in Figura 8. 21. Il resistore RS è utilizzato per misurare la corrente IR che fluisce attraverso il componente NR quando è applicata ai suoi terminali una tensione VR. Il valore di 100 Ω per RS appare una scelta appropriata. La corrente IR che fluisce in RS causa una caduta di tensione ai suoi terminali di VIR = -100IR. In questo modo possiamo misurare la caratteristica di NR applicando la tensione VS come mostrato nell’immagine dove VIR (proporzionale a -IR) è ricavata in funzione di VR. Questo può essere ottenuto connettendo VIR all’ingresso y e VR all’ingresso x di un oscilloscopio in modalità x-y. Il risultato della caratteristica per i componenti elencati in tabella è mostrato in Figura 8. 20. Si noti che VIR è l’ordinata, mentre VR l’ascissa del grafico e questo è possibile se il nostro oscilloscopio permette l’inversione dell’ingresso y nella modalità x-y. 9.7.5 Considerazioni pratiche sul diodo di Chua basato su amplificatori operazionali I punti di rottura nella caratteristica spezzata del diodo di Chua sono proporzionali al livello di saturazione degli amplificatori operazionali che sono a loro volta determinati dalla tensione di alimentazione e, beninteso, dall’architettura interna dei medesimi. Se tali livelli sono tra loro differenti, come tipicamente accade, la caratteristica che ne viene fuori sarà asimmetrica e questo si traduce nel fatto che un lobo sarà più grande dell’altro (ad esempio nell’attrattore di tipo double-scroll). Inoltre la tensione di offset in ingresso di un amplificatore operazionale, causa una traslazione della caratteristica spezzata. Anche se l’asimmetria può essere antiestetica, ha effetti marginali sulla natura dell’attrattore e sulle biforcazioni, ma ha naturalmente effetti catastrofici quando l’implementazione del circuito è orientata alla generazione di numeri casuali. E’ possibile intervenire sulle asimmetrie dovute ai diversi livelli di saturazione, modificando le alimentazioni positive e negative degli amplificatori operazionali, fino a quando la simmetria è ripristinata. Ad esempio, la saturazione negativa potrebbe essere di 0,7 V più piccola di quella positiva e per correggere questa asimmetria si può intervenire portando l’alimentazione a 9V e –9,7V, invece che ±9V. Non è possibile azzerare l’offset degli amplificatori operazionali a 8 pin come l’AD712 e il TL082, ma il primo è stato scelto in quanto ha una corrente di ingresso virtualmente nulla a causa del suo stadio di ingresso di tipo FET che garantisce una tensione di offset in ingresso 81 inferiore ad 1,0 mV. Nelle applicazioni in cui tale offset sia intollerabile, l’amplificatore può essere sostituito con componenti più appropriati. 9.7.6 Soluzioni a regime Una proiezione bidimensionale di ogni soluzione a regime può essere ottenuta connettendo V2 e V1 ai canali X e Y di un oscilloscopio. 9.7.7 Biforcazioni e caos Riducendo il valore della resistenza R nel circuito in Figura 8. 17, il circuito di Chua mostra quanto previsto dalle simulazioni, come evidenziato nelle varie immagini in Figura 8. 22 dove troviamo il ciclo limite, il ciclo limite a due giri, a quattro giri fino all’attrattore a spirale di Chua e quindi al double-scroll. Si noti che variando R anche le dimensioni dell’attrattore cambiano: l’orbita ad un giro e larga, quella a due giri è più piccola, l’attrattore a spirale di Chua è più piccola ancora e l’attrattore double-scroll si restringe considerevolmente, prima di sparire. Questo restringimento è dovuto ai punti di equilibrio P+ e P- che si avvicinano all’origine man mano che R decresce. E’ più facile vederlo nelle simulazioni, comparando la posizione di P+ al variare di R. 9.7.8 Sequenza di biforcazione alternativa Un modo alternativo di osservare una sequenza di biforcazione è quello di variare il parametro C1. Tenendo fisso R a 1,8 kΩ, possiamo osservare V1 e V2 come in precedenza. L’intero intervallo di comportamenti possono essere osservati riducendo il valore della capacità da 12 a 6 nF. Diversamente dalla sequenza di biforcazione osservata al variare di R, le dimensioni degli attrattori rimangono sostanzialmente identiche in quanto la posizione dei punti di equilibrio è indipendente da C1. 9.7.9 Raggiungimento dei limiti del circuito e Grande ciclo limite Come poc’anzi ricordato, non esistono circuiti reali per i quali si possano osservare traiettorie illimitate. In Figura 8. 22i viene mostrato un grande ciclo limite ottenuto quando si raggiungono gli estremi della caratteristica del diodo di Chua. Tale ciclo limite può essere anche simulato imponendo alla caratteristica spezzata del diodo di Chua, una forma a cinque segmenti come mostrato in Figura 8. 20. 9.8 Simulazione del circuito di Chua Le nostre osservazioni sperimentali e la descrizione qualitativa delle dinamiche globali del circuito di Chua possono essere confermate dalle simulazioni al calcolatore e a tal fine è 82 possibile utilizzare un pacchetto per le simulazioni specializzato in dinamiche non lineari, come ad esempio INSITE72,73 oppure utilizzando simulatori appositamente predisposti. Le immagini fin qui riprodotte sono state ottenute utilizzando un software sviluppato grazie a Matlab da James P. Mc Evoy: ABC++, disponibile liberamente in rete74. Tale lavoro ripercorre quello di Patrik Kennedy che dieci anni fa sviluppò Adventures in Bifurcations and Chaos (ABC) a corredo dei suoi articoli sul caos.75,76 ABC (che usava una routine di integrazione Runge Kutta di quarto ordine), era scritto in Microsoft QuickBASIC e girava su qualsiasi macchina sulla quale funzionasse un sistema operativo MS-DOS di versione 5.0 o superiore. ABC simula tre tipi di circuiti: quello lineare e non lineare descritto nei primi capitoli e l’oscillatore di Chua. Per gli esempi bidimensionali, genera le visualizzazioni dei campi vettoriali, le forme d’onda in funzione del tempo e le traiettorie. Nel caso dell’oscillatore di Chua, il programma calcola e disegna i punti di equilibrio, gli autovalori, gli autospazi e le Figura 8. 23 Il risultato della simulazione con SPICE 3e2 del circuito in figura Figura 8. 17. Si è fatto uso della netlist del paragrafo 9.9, ottenendo un attrattore di tipo double scroll. La spigolosità delle traiettorie è dovuta al passo temporale molto largo, ereditato dalle impostazioni di default della routine di integrazione utilizzata da SPICE. 72 T. S.. Parker e L. O. Chua, “INSITE, - A software toolkit for the analysis of nonlinear dynamical systems”, Proc. IEEE, vol. 75, n. 8, pag. 1081-1089, 1987. 73 T. S.. Parker e L. O. Chua, “Practical numerical algorithms for chaotic systems”, New York: Springer-Verlag, 1989. 74 http://www.mathworks.com/matlabcentral/fileexchange/loadFile.do?objectId=3541&objectType=file 75 M. P. Kennedy, “Three steps to Chaos – Part I”, IEEE trans. Circuits and systems, vol. 40, n.10, pag. 640-656, Ottobre 1993. Molte delle immagini fino a qui riprodotte provengono da questo lavoro. 83 traiettorie. Il software è in grado di fornire una proiezione bidimensionale della dinamica tridimensionale e contemporaneamente, in un’altra finestra, fornire la forma d’onda in funzione del tempo di una delle variabili in gioco. L’utilizzatore può cambiare i parametri, le condizioni iniziali e la prospettiva. La possibilità di guardare l’attrattore a partire da diverse angolazioni, permette di visualizzare al volo la struttura geometrica delle dinamiche del sistema. Inoltre il software era fornito da un’ampia base di dati che contiene un insieme di condizioni iniziali e parametri che producono tutte le dinamiche e i comportamenti che sono stati fin qui descritti per l’oscillatore di Chua: punti di equilibrio, sequenze di biforcazione, orbite periodiche, orbite omocline ed eterocline oltre che ad una vasta gamma di attrattori caotici. Questa libreria di soluzioni a regime è stata preparata grazie a diversi anni di collaborazioni tra il prof. Patrik Kennedy e il gruppo di ricerca dell’Università della California, a Berkeley, coordinato dal prof. Leon Chua. Tale base di dati è stata aggiornata negli anni man mano che nuovi tipi di attrattori sono stati rilevati e/o scoperti. 9.9 Simulazioni con Spice Uno dei programmi maggiormente di successo per l’analisi dei circuiti è il celeberrimo SPICE77 per il quale presentiamo una net-list e i risultati di una simulazione di una implementazione del circuito di Chua. L’opamp AD712 in questa realizzazione del circuito è modellato utilizzando il macromodello appropriato78. L’induttore TOKO 10RB con una resistenza in serie non nulla, sono entrambi inclusi nella net-list di SPICE; si è scelto il valore di R0=12,5 Ω, compatibile con le misurazioni sperimentali. I numeri dei nodi sono i medesimi di quelli in Figura 8. 17; le alimentazioni sono 111 e 222; 10 è il nodo interno dell’induttore fisico che è modellato dalla serie di un induttore e di un resistore. Risulta un attrattore di tipo double-scroll dalla simulazione SPICE 3e2, utilizzando la netlist di questo paragrafo. La visualizzazione che ne segue, per quanto riguarda l’attrattore strado da questa generato, in Figura 8. 23. 76 M. P. Kennedy, “Three steps to Chaos – Part II”, IEEE trans. Circuits and systems, vol. 40, n.10, pag. 657674, Ottobre 1993. Molte delle immagini fino a qui riprodotte provengono da questo lavoro. 77 B. Johnson, T. Quarles, A. R. Newton, D. O. Pederson e A. Sangiovanni_Vincentelli, “SPICE3 version 3e user’s manual”, ERL Memo., Electron. Res. Lab., Univ. of California at Berkeley, 1991. 78 Analog devices, Inc., “SPICE model library”, Release C 1/91, 1991. 84 V+ 111 0 DC 9 V0 222 DC 9 L 1 10 0.018 R0 10 0 12.5 R 1 2 1770 C2 1 0 100.0N C1 2 0 10.0N XA1 2 4 111 222 3 AD712 R1 2 3 220 R2 3 4 220 R3 4 0 2200 XA2 2 6 111 222 5 AD712 R4 2 5 22000 R5 5 6 22000 R6 6 0 3300 *AD712 SPICE Macro-model 1/91, Rev. A *Copyright 1991 by Analog Devices, Inc. .subckt AD712 13 15 12 16 14 VOS 15 8 DC 0 EC 9 0 14 0 1 C1 6 7 0.5P RP 16 12 12K GB 11 0 3 0 1.67K RD1 6 16 16K RD2 7 16 16K ISS 12 1 DC 100U CCI 3 11 150P GCM 0 3 0 1 1.76N GA 3 0 7 6 2.3M RE 1 0 2.5MEG RGM 3 0 1.69K VC 12 2 DC 2.8 VE 10 16 DC 2.8 RO1 11 14 25 CE 1 0 2P RO2 0 11 30 RS1 1 4 5.77K RS2 1 5 5.77K J1 6 13 4 FET J2 7 8 5 FET DC 14 2 DIODE DE 10 14 DIODE DP 16 12 DIODE D1 9 11 DIODE D2 11 9 DIODE IOS 15 13 5E-12 .MODEL DIODE D .MODEL FET PJF(VTO=-1 BETA=1M IS=25E-12) .ENDS .IC V(2)=0.1 V(1)=0 .TRAN 0.1MS 50.0MS .PRINT TRAN V(2) V(1) .PLOT TRAN V(2) V(1) .END 85 9.9.1 Coordinate adimensionali e diagramma di biforcazione α-β Abbiamo discusso il circuito di Chua utilizzando sette parametri: L, C1, C2, G, Ga, Gb, E. Possiamo ridurre il loro numero normalizzando il resistore non lineare in maniera tale da fissare i punti della spezzata a ±1V, invece che a ±E. Possiamo anche arrivare alla formulazione delle equazioni differenziali che regolano il circuito di Chua (quelle delle formule (2), (3) e (4)), in una formulazione normalizzata dimensionale, procedendo ai seguenti cambi di variabile: x=V1/E, y=V2/E, z=I3/(EG) e τ=tG/c2. Si ottiene pertanto il seguente sistema di equazioni: dz = − βy dτ dy (29) = x− y+z dτ (28) α ( y − bx − (b − a )) se x < −1 dx (30) se − 1 ≤ x ≤ 1 = α ( y − h ( x )) = α ( y − ax ) dτ α ( y − bx − ( a − b)) se x > 1 dove a=G’a/G=1+Ga/G, b=G’b/G=1+Gb/G, α=C2/C1, β=C2/(LG2). Abbiamo quindi per conseguenza il fatto che dai sette parametri originari, siamo passati a quattro normalizzati dimensionali {a, b, α, β}. Se fissiamo i valori di a e b (che corrispondono alle pendenze Ga e Figura 8. 24 Il diagramma dei parametri di biforcazione α-β, normalizzati e dimensionali per le equazioni del circuito di Chua (28)-(30) con a=-1/7 e b=2/7. 86 Gb del diodo di Chua) possiamo mappare le dinamiche a regime del circuito di Chua per mezzo di un diagramma bidimensionale dove gli assi sono α e β. In Figura 8. 24 viene mostrato il diagramma delle biforcazioni nel piano (α, β) con a=-1/7 e b=2/7. In questa mappa, ogni regione colorata denota un particolare tipo di comportamento a regime: per esempio un ciclo limite ad un giro, a due giri, a spirale di Chua, double-scroll. Alcuni tipici comportamenti sono mostrati nei riquadri. Per chiarezza, mostriamo le regioni caotiche con un solo colore, si dovrebbe notare che queste regioni sono a loro volta suddivise in isole con comportamenti periodici. Per interpretare il diagramma α-β immaginiamo di fissare il valore di β e incrementare il valore di α da un valore positivo verso sinistra della curva marcata “Hopf at P±”; sperimentalmente questo corrisponde a fissare i valori dei parametri L, C2, G, E, Ga e Gb e ridurre il valore di C1 (quello che prima era il parametro di biforcazione nella sequenza di biforcazione alternativa). Mentre il parametro C1 viene ridotto, il circuito sottostà ad una biforcazione di Hopf nel momento in cui α incrocia la curva di “Hopf at P±”. Decrescendo ancora C1, le soluzioni a regime passano dal ciclo limite ad un giro, a quello a due giri, a quello a quattro giri e così via, fino al caos. Il lato destro del diagramma è delimitato dalla curva che corrisponde alla crisi determinata dal raggiungimento degli estremi di validità del modello del circuito. Prima del suo raggiungimento, le traiettorie divergono all’infinito. A causa del raggiungimento dei limiti fisici del circuito, queste traiettorie divergenti convergono infine ad un grande ciclo limite. 9.10 Realtà del caos Abbiamo sottolineato che un sistema caotico è caratterizzato dalla sensibilità alle condizioni iniziali. Piccole perturbazioni influiscono nel tempo esponenzialmente. Le approssimazioni derivanti dalla soluzione numerica delle equazioni del circuito di Chua e gli effetti dovute alle piccole perturbazioni casuali dovute al rumore negli esperimenti di laboratorio, producono simulazioni e traiettorie sperimentali di sistemi caotici che non sono esattamente la soluzione di quelle equazioni di stato79. Ne segue che ogni supposta caoticità di un sistema deve essere accompagnata da prove matematicamente rigorose. 79 Nonostante questo fatto, le traiettorie fornite dalle simulazioni al calcolatore e quelle misurate nelle osservazioni sperimentali debbono in ogni caso aggirarsi nei dintorni degli attrattori strani, sempre che l’errore di integrazione o il rumore sia sufficientemente piccolo. 87 E’ generalmente alquanto difficile provare l’esistenza del caos nei sistemi a tempo continuo, tuttavia questo genere di prove sono state fornite da Chua e altri per il circuito di Chua. Parafrasiamo questi risultati come segue: 9.10.1 Teorema – Caos matematico nel circuito di Chua Esistono regioni nel piano (α, β) dove il moto di un attrattore double-scroll è tecnicamente equivalente ad un modello matematico di un lancio di moneta – the Bernoully shift. Questo teorema fornisce la prima prova rigorosa del caos, nel senso di Shilnikov, per un sistema fisico per il quale il comportamento teorico concorda sia con le simulazioni al calcolatore che con i risultati sperimentali. 9.11 Conclusioni sul circuito di Chua quale mattone di base per lo studio delle dinamiche non lineari. In questi primi capitoli abbiamo guidato il lettore nel mondo delle dinamiche non lineari nei sistemi continui. Tramite l’ausilio di esempi ed esperimenti, abbiamo studiato le soluzioni a regime, i punti di equilibrio, la stabilità, le biforcazioni, le dinamiche locali e globali, i cicli limite e il caos. Abbiamo mostrato inizialmente che il familiare circuito parallelo lineare RLC non è un modello appropriato per la realtà delle oscillazioni nei sistemi reali, anche se è un buon punto di partenza per comprendere la natura delle stesse. Utilizzando la teoria dei circuiti lineari a tratti, abbiamo mostrato come il circuito lineare RLC possa essere utilizzato per spiegare un comportamento più complesso. Abbiamo inserito un resistore non lineare controllato in tensione nel circuito parallelo RLC, e abbiamo visto come questo generi un capacitore addizionale nel circuito e come questo si traduca nella trasformazione del circuito originale nel circuito di Chua. Abbiamo quindi utilizzato questi risultati per spiegare le origine geometriche delle dinamiche complesse del circuito di Chua e abbiamo supportato queste osservazioni qualitative con esperimenti e simulazioni al calcolatore. Il caos è caratterizzato da meccanismi di allungamento e ripiegamento. Le traiettorie di questo sistema deterministico sono spinte via e ripiegate indietro e producono moti complessi, limitati e aperiodici attorno agli attrattori strani. La divergenza esponenziale delle traiettorie che sono alla base dei comportamenti caotici, e la conseguente sensibilità alle condizioni iniziali, conduce ad una non predicibilità a lungo termine che si manifesta come un comportamento casuale nel dominio del tempo e che produce uno spettro parente di quello del rumore. Mentre le equazioni differenziali e i sistemi meccanici forniscono una struttura appropriata tramite la quale esaminare le biforcazioni e il caos, i circuiti elettronici sono parimenti appropriati nella pratica per la relativa facilità nel costruirli, modellarli e misurarli. Inoltre 88 operano in tempo reale e ed è possibile aggiustare i parametri al volo. Come il circuito risonante RLC è il più semplice paradigma per comprendere i fenomeni oscillatori nei circuiti lineari, il circuito di Chua è invece il paradigma per studiare i fenomeni non periodici nei circuiti non lineari. L’importanza del circuito di Chua e dei suoi parenti stretti80,81,82,83,84 è dovuta al fatto che questi possono mostrare ogni tipo di biforcazione e attrattore che è stato previsto per i sistemi dinamici a tempo continuo di terzo ordine. Mentre sono proprie del circuito una ricca varietà di dinamiche complesse, il circuito stesso è abbastanza semplice da costruire e modellare utilizzando componenti elettronici standard e simulatori circuitali. 80 T. S. Parker e L. O. Chua, “The dual double scroll equation”, IEEE trans. Circuits and systems, vol. CAS-34, n. 9, pag. 1059-1073, 1987. 81 S. Wu, Chua’s circuit family, Proc. IEEE, vol 75, n.8, pag. 1022-1032, 1987. 82 P. Bartissol e L. O. Chua, “The double hook”, IEEE trans. Circuits syst., vol. 35, n. 12, pag. 1512-1522, 1988. 83 C. P. Silva e L. O. Chua, “The overdamped double scroll family”, Int. J. Circuit Theory Appl., vol. 16, n.7, pag. 223-302, 1988. 84 L. O. Chua e G. N. Lin, “Canonical realization of Chua’s circuit family”, IEEE trans. Circuit syst., vol. 37, n. 7, pag. 885-902, 1990. 89 10. Il caos per la generazione di segnali casuali 10.1 La macchina di Boltzmann asincrona La macchina di Boltzmann generalizza la rete di Hopfield introducendo un aggiornamento stocastico che dipende da un parametro detto di temperatura T > 0. In sintesi, la rete di Hopfield è il caso limite della macchina di Boltzmann asincrona per la quale T → 0 Il nome della macchina deriva da Ludwing Boltzmann che scoprì la legge fondamentale che governa lo stato di equilibrio in un gas. La distribuzione delle molecole di un gas ideale attraverso i vari stati energetici è chiamata distribuzione di Boltzmann. Consideriamo la probabilità che una molecola si trovi nello stato k-esimo, la qual cosa è proporzionale a e ( − E ( k ) / kT ) − E (k ) kT 1 e conseguentemente il numero medio di molecole in quello stato è nk = e Z , dove k è la costante di Boltzmann, Z è una costante di normalizzazione, E(k) è l’energia del sistema nello stato k e T è la temperatura. Nelle condizioni di equilibrio termico la probabilità di trovare il sistema in un particolare stato x con energia E(x) è data da p( x) = −E(y) kT dove Z(T) è il fattore di normalizzazione dato da Z (T ) = ∑ e − E ( x) kT 1 e Z(T) , . y Il principio generale che deriva dal lavoro di Boltzmann utilizzato in questo contesto è il fatto che una rete costituita da un grande numero di elementi, ciascuno dei quali interagisce con i suoi vicini, all’equilibrio si approssimerà alla distribuzione canonica data da p(x ) = e − E (x ) T ∑e −E ( y ) T . y∈X Dove E(x) è l’energia del sistema per lo stato x. Benché lo sviluppo della macchina di Boltzmann sia stato motivato da idee nate nell’ambito della fisica statistica, c’è una differenza che deve essere attentamente rimarcata. Nelle reti neurali il parametro T gioca il ruolo di pseudo temperatura senza averne il significato fisico. Inoltre nell’ambito delle reti neurali, la costante di Boltzmann può assumere il valore unitario. La macchina di Boltzmann eredita alcune caratteristiche proprie del lavoro originale di Boltzamann. Nel risolvere problemi di ottimizzazione combinatoria offre i seguenti vantaggi: • La funzione energia dà indicazioni riguardo la bontà della soluzione espressa. L’assegnazione dei pesi dovrebbe fornire buone soluzioni per stati a bassa energia. 90 • La distribuzione favorisce gli stati di equilibrio a più bassa energia. In altre parole quando il processo raggiunge l’equilibrio, la più probabile configurazione globale degli stati sarà quella a più bassa energia. L’analogia più evidente tra le molecole di un gas che si approssimano all’equilibrio termico e una macchina costituita da un numero elevato di unità che interagiscono tra loro che raggiungono l’equilibrio, è che entrambe sono governate dalla stessa legge. Definizione. Una macchina di Boltzmann B = (U, C) è un insieme finito di unità i ∈ U e un grafo connesso C. Una unità i può essere accesa (xi=1) o spenta (xi=0). Associamo alla connessione (j,i) ∈ C un peso wij. Spesso si assume che il peso delle connessioni sia simmetrico e pertanto wij = wji, (questo dipende dai campi applicativi e non rappresenta un vincolo a priori). Le unità sono divise in due categorie, quelle visibili e quelle invisibili (ing. hidden). Le prime possono (ma non è necessario che sia così) essere divise in unità di ingresso e unità di uscita. Le unità invisibili non hanno connessioni con il mondo esterno. Definizione. Una configurazione x di una macchina di Boltzmann è uno stato globale x = (xi: i∈U). Chiamiamo X lo spazio delle configurazioni che non è altro che l’intero insieme delle possibili configurazioni di x. n L’attivazione di una unità i è data da neti ( x ) = ∑ wij x j − θ i , dove wij è il valore del j =1 j ≠i parametro di connessione tra il nodo j al nodo i, θi è una soglia e n è la dimensione di U. Assumiamo che le unità non siano autoconnesse e per questo motivo wij = 0 per tutti i valori di i. Le unità di uscita stocastiche x’i sono definite in maniera tale che il loro valore sia nullo o 1 uno con probabilità p ( x 'i ) = 1+ e −( 2 x 'i −1)neti ( x ) T . Le unità sono selezionate in maniera casuale per un aggiornamento asincrono. Per valori decrescenti di T, il grafico di questa funzione di probabilità si approssima vieppiù a quello del gradino. L’energia E di un dato stato x è data da E ( x ) = E ( x1 , x2 , x3 ,... xn ) = − n 1 n w x x + θ i xi . ∑ ij i j ∑ 2 i , j =1 i =1 i≠ j 91 Se una singola unità cambia stato, assumendo wij=wji per tutti i valori di i e j, allora la variazione di energia ∆E dovuta a ∆xi è data da ∂E ∆xi = − ∑ wij x j − θ i ∆xi = − neti ( x )∆xi . ∆E = ∂xi j j ≠i Alle basse temperature questo modello si approssima a quello di Hopfield: le dinamiche diventano progressivamente sempre più deterministe e può essere mostrato che cambiando soltanto una unità per volta, la rete si stabilizza su di un minimo locale. Alle alte temperature, la modalità di aggiornamento di tipo stocastico fornisce un meccanismo tramite il quale l’algoritmo di apprendimento evita di rimanere intrappolato in un minimo locale nella sua ricerca dell’energia minima globale. Figura 10. 1 Il circuito di Chua Figura 10. 2 Ogni blocco contiene un circuito di Chua dal quale sono estratti i segnali x, y e z combinati tra loro tramite i moltiplicatori ideali. 92 10.2 Matrice di segnali caotici. Il circuito di Chua mostrato in Figura 10. 1 può essere idealizzato e rappresentato da un blocchetto che fornisce tre segnali caotici che chiamiamo x, y e z. Più circuiti di Chua possono essere utilizzati per la creazione di ulteriori segnali dovuti alla moltiplicazione di uno di questi, scelto a partire da un blocco numerato, per un altro, con altra numerazione, come mostrato in Figura 10. 2. Il circuito di Chua, lungamente studiato nei capitoli precedenti, è stato preso in esame con l’ausilio di appositi strumenti85 costruiti grazie a Matlab86 per le finalità qui sotto descritte. Lo studio, partendo dalle equazioni del sistema, prevede la risoluzione delle equazioni differenziali che lo caratterizzano per una finestra temporale ritenuta sufficientemente ampia e quindi la verifica e la misura delle ipotesi di scorrelazione nel tempo dei segnali caotici. Fatta questa verifica si può ritenere lecito un circuito con tecnologie microelettroniche al fine di farlo lavorare agli scopi accennati nel primo paragrafo di questo capitolo, senza tuttavia nascondere le difficoltà legate alla realizzazione di circuiti i cui parametri possono cambiare largamente il comportamento previsto, al variare dei valori fisicamente ottenuti. Queste problematiche, tuttavia, non sono oggetto di studio di questa tesi. Figura 10. 3 I segnali x, y e z sono mostrati a sinistra in funzione del tempo, mentre a destra nello spazio delle traiettorie. L’osservazione è ridotta ad una finestra temporale limitata, al fine di poterne osservare le caratteristiche “ad occhio nudo”. I tre plot mostrano l’evoluzione dello stesso circuito a partire da stati iniziali differenti. 85 I file di tipo .m sono disponibili nell’ultima appendice del presente lavoro, ma anche in rete a partire da www.fasce.it/paolo/, alla voce “La mia Tesi di Laurea”. 86 http://www.mathworks.com/ 93 Figura 10. 4 L’osservazione dei segnali caratteristici del circuito di Chua qui ha una durata cinque volte superiore che nel grafico precedente. 94 10.3 Equazioni del circuito di Chua Il sistema di equazioni differenziali che definiscono il comportamento del circuito di Chua è caratterizzato dalle equazioni di stato oggetto di studio dei precedenti capitoli e che qui sotto riportiamo: x& = α [ y − x − f ( x )] y& = x − y + z z& = − βy dove la funzione f(x) costituisce la non linearità del diodo di Chua ed assume la forma di una spezzata. Nelle nostre simulazioni, questa è composta da tre tratti rettilinei a pendenza negativa: meno accentuata ai lati, maggiore nel tratto centrale, compreso tra –E ed E, dove b è la pendenza delle semirette esterne ed a è quella del tratto entrale. I valori scelti per questi parametri sono a=-8/7 e b=-5/7. Una espressione analitica che descrive tale funzione è la seguente: a −b [x + E − x − E ] 2 Il sistema fisico che obbedisce alle equazioni differenziali di cui sopra è appunto il circuito f ( x ) = bx + di Chua, riportato in Figura 10. 1. Figura 10. 5 Il coefficiente di correlazione per segnali dello stesso circuito. x1 nei confronti di y1 e di z1, poi sono visualizzati y1 nei confronti di x1, y1 e z1 e ancora z1 nei confronti di x1, y1 e z1. Si noterà la ridondanza informativa che vede tre dati ripetuti due volte. Il secondo e il terzo subplot si riferiscono allo stesso circuito con stato iniziale diverso. 95 Figura 10. 6 Nel primo plot viene mostrato il coefficiente di correlazione di x1 nei confronti di x2, di x1 vs x3 e di x2 vs x3, nel secondo e nel terzo lo stesso calcolo è fatto per i segnali y e z. Figura 10. 7 In questo caso sono visualizzati i coefficienti di correlazione dei segnali moltiplicati x1x2 vs x1x3, x1x2 vs x2x3 e x2x3 vs x1x3. Analogamente per y e z nei subplot successivi. La resistenza non lineare (il diodo di Chua) è l'unico elemento attivo del circuito. La definizione dello stato iniziale (la tensione ai capi dei condensatori e la corrente nell'induttore) definisce univocamente la traiettoria nello spazio delle traiettorie del circuito (che potremmo anche chiamare volume delle fasi). Torniamo a ricordare che, come evidenziato nei precedenti Figura 10. 8 La funzione di autocorrelazione dei segnali x, y e z nei tre circuiti (lo stesso con tre condizioni iniziali differenti). Si noterà la somiglianza delle funzioni per i segnali x (prima colonna), y (seconda colonna) e z (terza colonna), conseguenza del fatto che il circuito è sempre lo stesso. 96 capitoli, una piccola indeterminazione nei valori dello stato iniziale, provoca l’impredicibilità sul valore del segnale dopo un breve periodo di tempo. La costruzione e simulazione su tre blocchi identici, però, mette in risalto che le proprietà che si vanno ad indagare sono valide per tutti i segnali creati, supponendoli stazionari ed ergodici. Definendo i parametri circuitali è possibile ottenere diversi comportamenti qualitativi. Tra i dati trovati in letteratura sono stati scelti quelli di un attrattore di tipo double scroll. Nella Figura 10. 3 sono visualizzati i grafici dello stesso circuito, avente come stato iniziale tre valori differenti. Il plot è, nella prima colonna, in funzione del tempo, mentre nella seconda colonna è nello spazio delle traiettorie (o anche nel volume delle fasi). Si noterà come qualitativamente le tre visualizzazioni sono identiche, essendo il circuito sempre lo stesso. Cambia solo lo stato iniziale. Nella figura successiva, la stessa visualizzazione accoglie un intervallo di osservazione cinque volte più lungo. Aggiungiamo solamente che, dati i parametri dell'equazione differenziale, sono anche noti e definiti i parametri circuitali. Figura 10. 9 Vengono mostrate le funzioni di autocorrelazione per i segnali moltiplicati della famiglia x. 97 10.4 Auto correlazioni e cross correlazioni Sono stati fatti diversi calcoli per vedere come si comportano i segnali (x, y e z) reciprocamente. Si vuole vedere innanzi tutto se i segnali sono autocorrelati e, secondariamente se sono cross-correlati. Viene visualizzato il valore del coefficiente di correlazione in relazione ai segnali di uno stesso circuito (Figura 10. 5) e dello stesso segnale in circuiti diversi (x1 e x2, x1 e x3, x2 e x3, dove il pedice indica che il segnale è preso nel corrispondente circuito; analogamente per y e z). Sono visualizzati, a titolo di controllo, il coefficiente di correlazione di un segnale con se stesso (che ovviamente dà il valore 1), la correlazione di un primo segnale con un secondo e del secondo col primo (che per proprietà note, ma non scontate, dal corso di Comunicazioni Elettriche, sono identici). Vedremo che la correlazione incrociata di due segnali, non gode della proprietà commutativa, dando tuttavia sempre la stessa informazione. L’immagine mostra come almeno per quel che riguarda l’ordine di grandezza, i segnali di uno stesso circuito con stati iniziali diversi, danno lo stesso coefficiente di correlazione. Seguono poi due plot (in Figura 10. 6 e Figura 10. 7), il primo dei quali mostra il Figura 10. 10 Le immagini qui sopra si riferiscono alla funzione di autocorrelazione esattamente come per la figura precedente, ma il parametro di xcorr è impostato a unbiased. 98 coefficiente di correlazione del segnale x (x1 nei confronti di x2, x1 vs x3, x2 vs x3 e analogamente per y e z). Il secondo considera i segnali moltiplicati: x1*x2 vs x1*x3, x1*x2 vs x2*x3, x1*x3 vs x2*x3 (analogamente per i fattori di y e z). Figura 10. 11 Le autocorrelazione della famiglia dei segnali z. 99 10.5 Autocorrelazione dei segnali originali (x, y e z) La Figura 10. 8 mostra per i tre circuiti (ricordiamo, identici, salvo lo stato iniziale) l’andamento dell’autocorrelazione. Dal corso di Comunicazioni Elettriche ricordiamo che sotto questa visualizzazione vale l’ipotesi di segnali ergodici e stazionari in senso largo. Con una apposita impostazione, Matlab normalizza i grafici imponendo il valore unitario per t=0. Si noterà la stessa somiglianza qualitativa per l'andamento della autocorrelazione di x (per tutti e tre i circuiti presi in esame) e analogamente per y e z. La funzione di crosscorrelazione (o correlazione incrociata), e analogamente l’autocorrelazione, è espressa dalla seguente formula: γ xy (m ) = E {xn ⊗ y n*+ m } Dove xn e yn sono processi i cui valori sono noti per tutto l’arco dei tempi, mentre E[] rappresenta l’operatore “valore atteso”. In pratica questa sequenza va stimata giacché una simulazione permette di osservare una finestra temporale finita e un calcolatore, quindi Matlab, vede il valore di una funzione nel tempo grazie ad una sequenza di campioni. E’ spesso utilizzata una stima basata su sugli N valori conosciuti dei segnali xn e yn che assume Figura 10. 12 Le autocorrelazione della famiglia dei segnali y. 100 la seguente forma: N − m −1 xn ⊗ y n*+ m ; m ≥ 0 Rˆ xy (m ) = ∑ n =0 Rˆ (− m ); m<0 yx Una stima di una sequenza viene detta polarizzata se il suo valore atteso non è uguale alla quantità che stima. Il valore atteso della crosscorrelazione calcolata tramite la funzione xcorr di Matlab è il seguente: { } ∑ E{x E Rˆ xy (m ) = N − m −1 n =0 n } ⊗ y n*+ m = (N − m )γ xy (m ) Tuttavia xcorr dispone di un parametro che permette di trovare la stima non polarizzata dividendo cioè la sequenza qui sopra segnalata proprio per (N-|m|). Nonostante il fatto che questa stima sia non polarizzata, i valori finali delle sequenze così ottenute soffrono di una larga varianza poiché xcorr calcola i valori alle estremità utilizzando solamente pochi dati disponibili (è necessario confrontare i valori delle sequenze in t e t+τ dove sia t che t+τ sono interni all’intervallo di osservazione). Una possibile soluzione di questo problema è quella di dividere per N tutta la sequenza, accettando una stima polarizzata. Si può ottenere questo, Figura 10. 13 Il parametro di xcoeff per l’autocorrelazione dei segnali della famiglia x moltiplicati è fissato a unbiased. 101 grazie al parametro “biased”. Una terza configurazione di xcorr (“coeff”) divide la sequenza per norm(x)*norm(y) ottenendo il valore 1 per t=τ e quindi una sequenza normalizzata. Proprio quest’ultimo è il caso della Figura 10. 8 mentre in Figura 10. 1 gli stessi grafici sono riportati con la parametrizzazione “unbiased”. Figura 10. 14 L’istogramma delle occorrenze dei segnali moltiplicati della famiglia delle x. I primi tre mostrano xi*xivs xj*xj, mentre i secondi tre mostrano segnali misti. Viene mostrata la cross correlazione di un segnale per un altro e quella dell’altro per l’uno, in maniera tale da evidenziare, a occhio, il fatto che l’una è la simmetrica dell’altra.. 102 Figura 10. 15 Come nella figura della pagina precedente, ma i segnali in esame sono quelli della famiglia y. 103 Figura 10. 17 L’istogramma delle occorrenze dei segnali moltiplicati della famiglia delle z. I primi tre mostrano zi*zi, mentre i secondi tre mostrano zj*zk, con j≠k e i,j,k ∈{1,2,3}. Figura 10. 16 Come nella prima di questo blocco di figure, ma il parametro di xcoeff è unbiased. 104 10.6 Autocorrelazione dei segnali moltiplicati Avendo per questi esperimenti a disposizione tre segnali x (così abbiamo battezzato la tensione ai capi del condensatore C1), tre segnali y (le tensioni ai capi di C2) e tre segnali z (le correnti che attraversano l’induttore), abbiamo generato, tramite moltiplicatori ideali, tutte le combinazioni possibili: x1*x1, x2*x2, x3*x3, x1*x2, x1*x3, x2*x3 (analogamente per y e z). Le visualizzazioni dalla Figura 10. 9 alla Figura 10. 11, mostrano l'andamento dell'autocorrelazione di tutti questi segnali. Si noterà come sono molto somiglianti gli andamenti di k1*k1, k2*k2 e k3*k3 (dove k vale x, y e z rispettivamente) segno che il comportamento qualitativo di questi è svincolato dalla condizione iniziale. Nell’ultima figura relativa a questo paragrafo (nella pagina seguente) è riportata l’analisi dei segnali moltiplicati della famiglia x, ove il parametro di xcorr è stato impostato ad unbiased. 10.7 Correlazione incrociata (cross correlazione) I segnali moltiplicati di cui si dispone sono sei, di cui tre sono il prodotto di un segnale per se stesso: x1*x1, x2*x2, x3*x3, x1*x2, x1*x3 e x2*x3. La cross correlazione di un segnale xi*xi per se stesso è l'autocorrelazione e gode della proprietà commutativa (per cui le visualizzazioni precedenti mostrano il solo braccio positivo, essendo simmetrico quello negativo). La cross correlazione di un segnale per un altro non è commutativa. Il risultato delle due operazioni, pur essendo diverso, dà però la stessa informazione, essendo un grafico il ribaltamento dell'altro. Nel primo blocco delle visualizzazioni si mostrano la correlazione incrociata dei segnali ottenuti moltiplicandone uno per se stesso [x1*x1,x2*x2], [x1*x1,x3*x3], [x2*x2,x3*x3] e la correlazione incrociata dei segnali misti: [x1*x2,x1*x3], [x1*x2,x2*x3], [x1*x3,x2*x3]. Negli altri due blocchi di visualizzazioni (10.15 e 10.16) viene mostrata la stessa cosa, per i segnali y e z. Nel primo blocco si è visualizzato, nel secondo gruppo di plot, anche la cross correlazione con gli operandi invertiti. Si vede quindi una figura simmetrica, se non si distinguono i colori utilizzati per l’una e per l’altra, per i motivi sopra esposti. Si era già notata la similarità dell'andamento dei segnali x1*x1, x2*x2 e x3*x3 e la correlazione incrociata, pur non essendo perfettamente simmetrica, continua a confermare questa sensazione. Nel quarto blocco, in Figura 10. 16, sono visualizzate le correlazioni incrociate dei segnali x, ma viene imposto il parametro “unbiased”. Sono state fatte simulazioni nelle quali l’intervallo di osservazione è maggiore, essendo queste visualizzazioni fondamentali rispetto alle proprietà che si cerca di indagare. 105 Figura 10. 18 L’istogramma delle occorrenze dei segnali moltiplicati della famiglia x (in alto) e y (in basso). I primi tre mostrano xi*xi, mentre i secondi mostrano xi*xj con i≠j e i,j∈{1,2,3}. Nella figura di sotto, lo stesso discorso vale per la famiglia dei segnali di tipo y. 106 Figura 10. 19 Alcuni segnali moltiplicati sono visualizzati nei confronti di una variabile semplice. 107 Figura 10. 20 I segnali del blocco numero 1 sono visualizzati nei confronti delle uscite del blocco 3. 108 10.8 Istogrammi delle occorrenze dei segnali moltiplicati Vengono ora forniti gli istogrammi delle occorrenze dei segnali moltiplicati relativi alle famiglie dei segnali di tipo x e y, mostrati in Figura 10. 18. Quando si moltiplica un segnale xi per se stesso, si ottengono ovviamente solo dei valori positivi. Quando invece xi viene moltiplicato per xj (dove i, j sono gli indici 1, 2 o 3) si ottiene un andamento a campana a causa della simmetria della discontinuità del diodo di Chua. Matlab propone la gaussiana che meglio rappresenta i dati ottenuti. 10.9 Visualizzazioni del Caos Tradizione vuole che si mostrino le proiezioni sul piano di alcuni segnali. Possono essere quelli originali in funzione uno dell’altro (in questo caso è sufficiente vedere il plot in 3-D di Figura 10. 3, dall'alto o da un lato) oppure possono essere visualizzati i segnali delle elaborazioni successive (quelli moltiplicati) in funzione di una variabile originaria. Le immagini proposte nelle due figure soddisfano questa usanza. In Figura 10. 19 sono mostrati x1, y1 e z1 in funzione di x3, y3 e z3, mentre in Errore. L'origine riferimento non è stata trovata., sempre in funzione di x3, y3 e z3 sono mostrati dei segnali moltiplicati. 109 11. Conclusioni, problematiche e sviluppi futuri La macchina di Boltzmann richiede un elevato insieme di numeri casuali per aggiornare lo stato dei neuroni. Lalanne87 e altri hanno presentato un dispositivo optoelettronico per la generazione di numeri casuali avente flusso elevato che soddisfi le severe necessità della macchina di Boltzmann. In questo lavoro è stata analizzata l’ipotesi di una implementazione VLSI più semplice capace di soddisfare questa esigenza. Ogni neurone deve avere il proprio generatore casuale poiché si richiede l’indipendenza stocastica, ma i circuiti esaminati in passato per assolvere questo genere di funzione, come gli amplificatore di rumore termico e i generatori di bit casuali, consistono di molti dispositivi e conseguentemente richiedono un’area considerevole sul silicio utilizzato per la realizzazione microelettronica del circuito. Sfruttando le caratteristiche fondamentali dei sistemi caotici per cui sono prevedibili le evoluzioni nel breve periodo, ma non nel lungo periodo, è stato costruito un generatore di numeri casuali utilizzando il circuito caotico di Chua. Nella prima parte, ho ripercorso, partendo dal circuito risonante RLC, passando attraverso l’utilizzo della teoria dei circuiti lineari a tratti, l’analisi di semplici circuiti non lineari focalizzando la mia attenzione sulla definizione di alcuni concetti utili per l’analisi dei circuiti caotici. Utilizzando quindi il linguaggio e le definizioni richiamate ho quindi mostrato come un circuito parallelo risonante RLC può evolvere attraverso un circuito lineare a tratti di secondo ordine fino al Circuito di Chua (il più semplice modello per lo studio di fenomeni non periodici nei circuiti non lineari). Nella seconda parte è stata fatta una dettagliata analisi dell’oscillatore di Chua. Sono state affrontate le dinamiche di terzo ordine con l’analisi lineare a tratti. Attraverso la teoria, le simulazioni al calcolatore e agli esperimenti di laboratorio, è stata analizzata la struttura geometrica, le biforcazioni e i fenomeni di oscillazione, periodica e non, nel circuito di Chua. Nell’ultima parte infine sono stati affrontati lo studio e la simulazione di architetture a matrice che, facendo uso di diversi circuiti di Chua, permettono di ricavare una molteplicità di segnali caotici diversi. Lo studio del circuito di Chua e la sua intrinseca natura caotica promettevano la possibilità di utilizzare questo componente come blocco deputato alla generazione di numeri casuali in un’architettura neurale anche molto complessa. Le premesse teoriche sono state verificate tramite opportune simulazioni che hanno garantito la bontà dell’assunto. L’analisi, elaborata tramite Matlab, ha permesso di simulare la generazione di numeri casuali sfruttando la scorrelazione tra segnali caotici. 87 Si veda nota nr. 6. 110 La valutazione delle autocorrelazioni e delle cross correlazioni dei segnali hanno messo in evidenza il fatto che i segnali ottenuti dalla combinazione di diversi circuiti di Chua possono essere considerati scorrelati. L’analisi degli istogrammi delle occorrenze dei segnali moltiplicati ha mostrato una distribuzione sufficientemente vicina a quella di tipo gaussiano. Il circuito di Chua, anche nelle simulazioni numeriche, ha mostrato una elevatissima sensibilità ai parametri di progettazione. Questo comporta il fatto che in fase di implementazione hardware potrebbe essere difficile controllare la zona di funzionamento del circuito. Questo significa che un circuito di Chua così generato potrebbe non appartenere alla famiglia qui studiata (double scroll), andando quindi a cadere in un ambito per il quale non si ha verifica tramite le simulazioni. Un attrattore che non sia di tipo double scroll o una non linearità sufficientemente simmetrica, oppure un semplice offset, potrebbero vanificare la bontà di quanto teoricamente studiato e simulato al calcolatore. E’ora possibile concentrarsi sull’implementazione pratica che, naturalmente, dipende dall’ambito specifico di utilizzo. 111 Appendice 1: La biforcazione di Hopf88 Il comportamento di un sistema dinamico può dipendere dal valore di alcuni parametri. Non appena il valore di uno di questi oltrepassa una certa soglia, il sistema dinamico può cambiare sostanzialmente la sua evoluzione. Questo fenomeno è detto “biforcazione”. Figura a 1. Punto di equilibrio stabile (µ negativo). Sia data l’equazione differenziale qui sotto segnalata: 3 2 2 x& = µx − y − ( x + 2 y )( x + y ) 3 y& = x + µy + ( x + y )( x 2 + y 2 ) 2 Indaghiamo sull’effetto del cambiamento del parametro µ. Si può mostrare che il sistema di cui sopra, mutato nella forma polare, diventa: Figura a 2. Punto di equilibrio instabile (µ positivo). 88 Si veda, per altri esempi, http://minitorn.tpu.ee/~jaagup/uk/dynsys/ds2/limit/Hopf/Hopf.html 112 r& = µr − r 3 3 2 & θ = 1 + 2 r dal quale è chiaro il fatto che esiste un punto di equilibrio unico, nell’origine. La prima equazione polare può essere riscritta come segue: r& = r ( µ + r )( µ − r ), µ > 0 E da qui si vede ad occhio nudo che esiste un ciclo limite di raggio µ . Si nota anche che l’origine è un punto di equilibrio instabile in quanto per piccoli valori di r si può scrivere: r& ≈ µr che è chiaramente positivo. Se invece µ<0 allora r& < 0 e l’origine è asintoticamente stabile. Il comportamento del sistema dinamico in oggetto è illustrato per i casi µ=-4 e µ=4 rispettivamente nelle Figura a 1 e Figura a 2. Possiamo agevolmente notare che quando µ cambia valore (da negativo diventa positivo) le traiettorie del sistema dinamico trovano nell’origine un punto di equilibrio che da stabile diventa instabile e in questo secondo caso appare un ciclo limite stabile il cui raggio cresce con µ . Questo è un esempio di biforcazione di Hopf. Al fine di comprendere al meglio il comportamento del sistema e di preparare la scena per l’introduzione del principale risultato di questa sezione, eseguiamo un’analisi lineare sulla stabilità nella forma cartesiana delle equazioni. La linearizzazione attorno all’origine è x& = µx − y ovviamente della seguente forma: y& = x + µy µ − 1 La matrice jacobiana è quindi la seguente: 1 µ Gli autovalori sono dati da: λ2 − 2µλ + 1 + µ 2 = 0 . E la soluzione fornisce i seguenti valori: λ = µ ± i . Così se µ<0 abbiamo un punto di equilibrio stabile, mentre se µ>0 è instabile e laddove µ=0 non siamo in grado di decidere (a meno che non si sappia di avere un punto di equilibrio stabile dalla forma polare). Il passaggio da un punto di equilibrio stabile ad uno instabile si manifesta al variare del parametro µ per il quale il punto di biforcazione è il valore 0 oltre il quale si manifesta un ciclo limite stabile. La parte reale degli autovalori passa da un valore positivo ad un valore negativo in corrispondenza del punto di biforcazione per il parametro µ. Questo comportamento è tipico di un tipo di biforcazione di Hopf che è detto in letteratura “supercritico”. Il teorema seguente generalizza quanto fino ad ora osservato. 113 Il teorema della biforcazione di Hopf Supponiamo che il sistema x& = f ( x, y, µ ) y& = g ( x, y, µ ) Abbia un punto di equilibrio nell’origine per tutti i valori possibili di µ. Inoltre si supponga che gli autovalori λ1(µ) e λ2(µ) della linearizzazione del sistema siano puramente immaginari quando µ=µc. Se la parte reale dell’autovalore soddisfa: d [Re(λ1,2 (µ ))]µ =µc > 0 dµ e l’origine è asintoticamente stabile quando µ=µc, allora: i. µ=µc è detto punto di biforcazione del sistema ii. esiste µ1 tale che se µ1<µ<µc l’origine è un punto di equilibrio stabile. iii. esiste µ2 tale che se µc<µ<µ2 l’origine è un punto di equilibrio instabile circondato da un ciclo limite stabile la cui dimensione cresce al crescere di µ. Nell’esempio precedente µ1=-∞ e µ2=+∞. Ed inoltre predice l’esistenza del ciclo limite stabile. 114 d [µ ]µ =0 = 1 > 0 e così il teorema dµ Appendice 2: alcuni file sorgenti Matlab del capitolo 10. Chua.m % Circuito di Chua. % Solve the ordinary differential equation describing the Chua circuit. % The equations are defined in the M-file, ChuaEQ.m echo off all; type chuaeq; clc; echo off; % COSTANTS % ******** % The values of the global parameters are global ALPHA BETA GAMMA a b E; ALPHA BETA GAMMA a b E = = = = = = 9.35159085; 14.790319805; 0; -1.138411196; -0.722451121; 1; % The C1 C2 L R G values of the Chua circuit with these parameters are: = 1; = 1 / ALPHA; = 1 / BETA; = 1; = 1 / R; % other constants: tfinal = 2000; % tol era necessario con la vecchia sintassi di Matlab 4.0 % tol = 1e-9; % stato iniziale dei circuiti v1zero = [-0.15 0.05 0.02]'; v2zero = [ 0.1 -0.3 -0.05]'; v3zero = [-0.2 0.6 0.01]'; % variabili di utilità pq=[1 1; 1 2; 1 3; 2 1; 2 2; 2 3; 3 1; 3 2; 3 3]; % END COSTANTS % ************ % % % % % 115 The orbit ranges chaotically back and forth around two differents points, or attractors. It is bounded, but not periodic and not convergent. The numerical integration, and the display of the evolving solution, are handled by the function ODE45. Three different initial values are done: v1zero, v2zero and v3zero. % Vecchia sintassi di ode45 in Matlab 4.0; % [tv, v] = ode45('chuaeq', 0, tfinal, v0, tol, 1); Tspan= [0 OPTIONS = [tv1, v1] [tv2, v2] [tv3, v3] % % % % % tfinal]; odeset('AbsTol', 1e-9); = ode45('chuaeq', Tspan, v1zero, OPTIONS); = ode45('chuaeq', Tspan, v2zero, OPTIONS); = ode45('chuaeq', Tspan, v3zero, OPTIONS); Due to internal Matlab reasons, computed signals from different initial values are known with different number of samples. To compute the correlation and cross correlation function, and the correlation coefficient, it is necessary an interpolation to force signals to the same number of saples. for i=1:3, v2i(:,i) = interp1(tv2,v2(:,i),tv3); end for i=1:3, v1i(:,i) = interp1(tv1,v1(:,i),tv3); end % Signals v3(x,y,z), v2i(x,y,z) ( = v2 interplated) and v1i(x,y,z) %( = v1 interpolated) are moltiplicated. xPERx(:,1) xPERx(:,2) xPERx(:,3) xPERx(:,4) xPERx(:,5) xPERx(:,6) = = = = = = v1i(:,1) v2i(:,1) v3(:,1) v1i(:,1) v1i(:,1) v2i(:,1) .* v1i(:,1); .* v2i(:,1); .* v3(:,1); .* v2i(:,1); .* v3(:,1); .* v3(:,1); yPERy(:,1) yPERy(:,2) yPERy(:,3) yPERy(:,4) yPERy(:,5) yPERy(:,6) = = = = = = v1i(:,2) v2i(:,2) v3(:,2) v1i(:,2) v1i(:,2) v2i(:,2) .* v1i(:,2); .* v2i(:,2); .* v3(:,2); .* v2i(:,2); .* v3(:,2); .* v3(:,2); zPERz(:,1) zPERz(:,2) zPERz(:,3) zPERz(:,4) zPERz(:,5) zPERz(:,6) = = = = = = v1i(:,3) v2i(:,3) v3(:,3) v1i(:,3) v1i(:,3) v2i(:,3) .* v1i(:,3); .* v2i(:,3); .* v3(:,3); .* v2i(:,3); .* v3(:,3); .* v3(:,3); % Per comodità si crea una matrice unica con i 9 vettori, 3 sono % i segnali v1, 3 sono i segnali v2i (v2 interpolato), 3 sono gli v3i; v1iv2iv3=[v1i,v2i,v3]; ChuaEQ.m function ydot = chuaeq(t,y) % CHUA Equation of the chaotic attractor. % ydot = ChuaEQ(t,y). % The differential equation is written in almost linear form. 116 global ALPHA BETA GAMMA a b E; ydot = zeros(3,1); ydot(1) = ALPHA * ( -y(1) +y(2) - ( b * y(1) + ( (1/2) * (a-b) ) * ( abs( y(1) + E) - abs( y(1) - E) ) ) ); ydot(2) = y(1) - y(2) + y(3); ydot(3) = - BETA * y(2) ; CPCrosscorr.m p=[1 q=[2 h=[2 k=[1 n=[3 1 3 2 2 3 2]; 3]; 3]; 1]; 3]; l=length(tv3); for inc=1:l, tcc(inc)=-tv3(l+1-inc); end for inc=1:l, tcc(inc+l-1)=tv3(inc); end % cross correlazioni ccxx(:,1) ccxx(:,2) ccxx(:,3) ccxx(:,4) ccxx(:,5) ccxx(:,6) ccxx(:,7) ccxx(:,8) ccxx(:,9) = = = = = = = = = xcorr(xPERx(:,1),xPERx(:,2),'coeff'); xcorr(xPERx(:,1),xPERx(:,3),'coeff'); xcorr(xPERx(:,2),xPERx(:,3),'coeff'); xcorr(xPERx(:,4),xPERx(:,5),'coeff'); xcorr(xPERx(:,5),xPERx(:,6),'coeff'); xcorr(xPERx(:,6),xPERx(:,4),'coeff'); xcorr(xPERx(:,5),xPERx(:,4),'coeff'); xcorr(xPERx(:,6),xPERx(:,5),'coeff'); xcorr(xPERx(:,4),xPERx(:,6),'coeff'); figure; clc; clf; for inc=1:3, subplot(2,3,inc); plot(tcc,ccxx(:,inc)); tit=['C.corr. [x('num2str(p(inc)),')*x('num2str(p(inc)),'),x('num2str(q(inc)),')*x('num2s tr(q(inc)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; for inc=4:6, subplot(2,3,inc); plot(tcc,ccxx(:,inc)); hold on; tit=['C.corr. [x('num2str(p(inc-3)),')*x('num2str(h(inc3)),'),x('num2str(k(inc-3)),')*x('num2str(n(inc-3)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; for inc=7:9, subplot(2,3,inc-3); plot(tcc,ccxx(:,inc),'g'); end; ccyy(:,1) ccyy(:,2) ccyy(:,3) ccyy(:,4) ccyy(:,5) ccyy(:,6) ccyy(:,7) ccyy(:,8) ccyy(:,9) 117 = = = = = = = = = xcorr(yPERy(:,1),yPERy(:,2),'coeff'); xcorr(yPERy(:,1),yPERy(:,3),'coeff'); xcorr(yPERy(:,2),yPERy(:,3),'coeff'); xcorr(yPERy(:,4),yPERy(:,5),'coeff'); xcorr(yPERy(:,5),yPERy(:,6),'coeff'); xcorr(yPERy(:,6),yPERy(:,4),'coeff'); xcorr(yPERy(:,5),yPERy(:,4),'coeff'); xcorr(yPERy(:,6),yPERy(:,5),'coeff'); xcorr(yPERy(:,4),yPERy(:,6),'coeff'); figure; clc; clf; for inc=1:3, subplot(2,3,inc); plot(tcc,ccyy(:,inc)); tit=['C.corr. [y('num2str(p(inc)),')*y('num2str(p(inc)),'),y('num2str(q(inc)),')*y('num2s tr(q(inc)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; for inc=4:6, subplot(2,3,inc); plot(tcc,ccyy(:,inc)); hold on; tit=['C.corr. [y('num2str(p(inc-3)),')*y('num2str(k(inc3)),'),y('num2str(h(inc-3)),')*y('num2str(n(inc-3)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; % Per mostrare la simmetria xcorr(a,b) xcorr(b,a) % for inc=7:9, % subplot(2,3,inc-3); plot(ccyy(:,inc),'g'); % end; cczz(:,1) cczz(:,2) cczz(:,3) cczz(:,4) cczz(:,5) cczz(:,6) cczz(:,7) cczz(:,8) cczz(:,9) = = = = = = = = = xcorr(zPERz(:,1),zPERz(:,2),'coeff'); xcorr(zPERz(:,1),zPERz(:,3),'coeff'); xcorr(zPERz(:,2),zPERz(:,3),'coeff'); xcorr(zPERz(:,4),zPERz(:,5),'coeff'); xcorr(zPERz(:,5),zPERz(:,6),'coeff'); xcorr(zPERz(:,6),zPERz(:,4),'coeff'); xcorr(zPERz(:,5),zPERz(:,4),'coeff'); xcorr(zPERz(:,6),zPERz(:,5),'coeff'); xcorr(zPERz(:,4),zPERz(:,6),'coeff'); figure; clc; clf; for inc=1:3, subplot(2,3,inc); plot(tcc,cczz(:,inc)); tit=['C.corr. [z('num2str(p(inc)),')*z('num2str(h(inc)),'),z('num2str(k(inc)),')*z('num2s tr(n(inc)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; for inc=4:6, subplot(2,3,inc); plot(tcc,cczz(:,inc)); hold on; tit=['C.corr. [z('num2str(p(inc-3)),')*z('num2str(h(inc3)),'),z('num2str(k(inc-3)),')*z('num2str(n(inc-3)),')]']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end; % Per mostrare la simmetria xcorr(a,b) xcorr(b,a) % for inc=7:9, % subplot(2,3,inc-3); plot(cczz(:,inc),'g'); % end; CPHist.m p=[1 2 3 1 1 2]; q=[1 2 3 2 3 3]; clc; clf; for i=1:3, subplot(2,3,i); hist(xPERx(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze X(',num2str(p(i)),')*X(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end 118 hold on; for i=4:6, subplot(2,3,i); histfit(xPERx(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze X(',num2str(p(i)),')*X(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end hold on; figure;clc;clf for i=1:3, subplot(2,3,i); hist(yPERy(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze Y(',num2str(p(i)),')*Y(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end hold on; for i=4:6, subplot(2,3,i); histfit(yPERy(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze y(',num2str(p(i)),')*y(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end hold on; figure;clc;clf; for i=1:3, subplot(2,3,i); hist(zPERz(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze Z(',num2str(p(i)),')*Z(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end hold on; for i=4:6, subplot(2,3,i); histfit(zPERz(:,i),50); grid; tit=['Occorrenze Z(',num2str(p(i)),')*Z(',num2str(q(i)),')']; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end hold on; CPlot.m % The graphics axis limits are set to be equal and to contain the solution. X1min = min(v1(:,1)); X1max = max(v1(:,1)); Y1min = min(v1(:,2)); Y1max = max(v1(:,2)); Z1min = min(v1(:,3)); Z1max = max(v1(:,3)); X2min = min(v2(:,1)); X2max = max(v2(:,1)); Y2min = min(v2(:,2)); Y2max = max(v2(:,2)); Z2min = min(v2(:,3)); Z2max = max(v2(:,3)); X3min = min(v3(:,1)); X3max = max(v3(:,1)); Y3min = min(v3(:,2)); Y3max = max(v3(:,2)); Z3min = min(v3(:,3)); Z3max = max(v3(:,3)); XminV =[X1min X2min X3min]; XmaxV= [X1max X2max X3max]; YminV= [Y1min Y2min Y3min]; YmaxV= [Y1max Y2max Y3max]; ZminV= [Z1min Z2min Z3min]; ZmaxV= [Z1max Z2max Z3max]; 119 Xmin = min(XminV); Xmax = min(XmaxV); Ymin = min(YminV); Ymax = min(YmaxV); Zmin = min(ZminV); Zmax = min(ZmaxV); % x, y and z are plotted versus time, the initial value % of x, y, z are V10, V20, v30; sp1=subplot(3,2,1); clc; plot(tv1,v1); grid; set(sp1,'XTick',[]) ylabel('x, y and z'); title('CHUA''s circuit: x, y, z versus time. State V10'); subplot(3,2,2); view(3); plot3(v1(:,1),v1(:,2),v1(:,3)); axis([Xmin Xmax Ymin Ymax Zmin Zmax]); title('Chaotics attractors: 3-D'); text(v1(1,1),v1(1,2),v1(1,3),'Start'); text(v1(length(v1),1),v1(length(v1),2),v1(length(v1),3),'Final') grid; hold on; sp2=subplot(3,2,3); plot(tv2,v2); grid; set(sp2,'XTick',[]); ylabel('x, y and z'); title('CHUA''s circuit: x, y, z versus time. State V20'); subplot(3,2,4); view(3); plot3(v2(:,1),v2(:,2),v2(:,3)); axis([Xmin Xmax Ymin Ymax Zmin Zmax]); title('Chaotics attractors: 3-D'); text(v2(1,1),v2(1,2),v2(1,3),'Start'); text(v2(length(v2),1),v2(length(v2),2),v2(length(v2),3),'Final') grid; hold on; subplot(3,2,5); clc; plot(tv3,v3); grid; xlabel('Time axis'); ylabel('x, y and z'); title('CHUA''s circuit: x, y, z versus time. State V30'); subplot(3,2,6); view(3); plot3(v3(:,1),v3(:,2),v3(:,3)); axis([Xmin Xmax Ymin Ymax Zmin Zmax]); xlabel('Asse x'); ylabel('Asse y'); zlabel('Asse z'); title('Chaotics attractors: 3-D'); text(v3(1,1),v3(1,2),v3(1,3),'Start'); text(v3(length(v3),1),v3(length(v3),2),v3(length(v3),3),'Final') grid; hold on; CPsignX.m % I grafici seguenti mostrano una delle variabili dei blocchi 1 e 2 % in funzione delle variabili del blocco 3 figure; clc;clf; subplot (3,3,1); plot( v1iv2iv3(:,1), title('x1 vs x3');grid;hold on; subplot (3,3,2); plot( v1iv2iv3(:,1), title('x1 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,3); plot( v1iv2iv3(:,1), title('x1 vs z3'); grid;hold on; subplot (3,3,4); plot( v1iv2iv3(:,2), title('y1 vs x3'); grid;hold on; subplot (3,3,5); plot( v1iv2iv3(:,2), title('y1 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,6); plot( v1iv2iv3(:,2), title('y1 vs z3'); grid;hold on; subplot (3,3,7); plot( v1iv2iv3(:,3), 120 v1iv2iv3(:,7) ); v1iv2iv3(:,8) ); v1iv2iv3(:,9) ); v1iv2iv3(:,7) ); v1iv2iv3(:,8) ); v1iv2iv3(:,9) ); v1iv2iv3(:,7) ); title('z1 vs x3'); grid;hold on; subplot (3,3,8); plot( v1iv2iv3(:,3), v1iv2iv3(:,8) ); title('z1 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,9); plot( v1iv2iv3(:,3), v1iv2iv3(:,9) ); title('z1 vs z3'); grid;hold on; set(gcf,'name','x1, y1, z1 vs x3, y3, z3') figure; clc;clf; subplot (3,3,1); plot( v1iv2iv3(:,4), title('x2 vs x3'); grid;hold on; subplot (3,3,2); plot( v1iv2iv3(:,4), title('x2 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,3); plot( v1iv2iv3(:,4), title('x2 vs z3'); grid;hold on; subplot (3,3,4); plot( v1iv2iv3(:,5), title('y2 vs x3'); grid;hold on; subplot (3,3,5); plot( v1iv2iv3(:,5), title('y2 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,6); plot( v1iv2iv3(:,5), title('y2 vs z3'); grid;hold on; subplot (3,3,7); plot( v1iv2iv3(:,6), title('z2 vs x3'); grid;hold on; subplot (3,3,8); plot( v1iv2iv3(:,6), title('z2 vs y3'); grid;hold on; subplot (3,3,9); plot( v1iv2iv3(:,6), title('z2 vs z3'); grid;hold on; set(gcf,'name','x1, y1, z1 vs x3, y3, v1iv2iv3(:,7) ); v1iv2iv3(:,8) ); v1iv2iv3(:,9) ); v1iv2iv3(:,7) ); v1iv2iv3(:,8) ); v1iv2iv3(:,9) ); v1iv2iv3(:,7) ); v1iv2iv3(:,8) ); v1iv2iv3(:,9) ); z3') % Tutti i grafici mostrano una delle variabili moltiplicate relative ai % blocchi 1 e 2 in funzione di una delle variabili del blocco 3. 121 figure; clc;clf; subplot (3,2,1); plot( title ('x1*x3 vs y3'); subplot (3,2,2); plot( title ('x1*x3 vs z3'); subplot (3,2,3); plot( title ('y1*y3 vs x3'); subplot (3,2,4); plot( title ('y1*y3 vs z3'); subplot (3,2,5); plot( title ('z1*z3 vs x3'); subplot (3,2,6); plot( title ('z1*z3 vs y3'); set(gcf,'name','x1*x3, xPERx(:,5), v1iv2iv3(:,8) ); grid;hold on; xPERx(:,5), v1iv2iv3(:,9) ); grid;hold on; yPERy(:,5), v1iv2iv3(:,7) ); grid;hold on; yPERy(:,5), v1iv2iv3(:,9) ); grid;hold on; zPERz(:,5), v1iv2iv3(:,7) ); grid;hold on; zPERz(:,5), v1iv2iv3(:,8) ); grid;hold on; y1*y3, z1*z3 vs x3, y3, z3') figure; clc;clf; subplot (3,2,1); plot( title ('x2*x3 vs y3'); subplot (3,2,2); plot( title ('x2*x3 vs z3'); subplot (3,2,3); plot( title ('y2*y3 vs x3'); subplot (3,2,4); plot( title ('y2*y3 vs z3'); subplot (3,2,5); plot( title ('z2*z3 vs x3'); subplot (3,2,6); plot( title ('z2*z3 vs y3'); set(gcf,'name','x2*x3, xPERx(:,6), v1iv2iv3(:,8) ); grid; hold on; xPERx(:,6), v1iv2iv3(:,9) ); grid;hold on; yPERy(:,6), v1iv2iv3(:,7) ); grid;hold on; yPERy(:,6), v1iv2iv3(:,9) ); grid;hold on; zPERz(:,6), v1iv2iv3(:,7) ); grid;hold on; zPERz(:,6), v1iv2iv3(:,8) ); grid;hold on; y2*y3, z2*z3 vs x3, y3, z3') CPAutocorr.m % Autocorrelazioni di ciascun segnale; for inc=1:9, autocorr(:,inc) = xcorr(v1iv2iv3(:,inc),'coeff'); end a=['x1';'y1';'z1';'x2';'y2';'z2';'x3';'y3';'z3']; dim=((length(autocorr)+1)/2); autocorpos=zeros(dim,9); figure; clc; clf; for inc=1:9, for ln=dim:length(autocorr), autocorpos( (ln-dim+1), inc )=autocorr(ln,inc); end subplot(3,3,inc); plot(tv3,autocorpos(:,inc)); tit=['a.corr. seg. or. ',num2str(a(inc,1)),num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end % Autocorrelazioni dei segnali moltiplicati; for inc=1:6, autocorrperx(:,inc)=xcorr(xPERx(:,inc),'coeff'); end a=[1 1; 2 2; 3 3; 1 2; 1 3; 2 3] dimperx=((length(autocorrperx)+1)/2); autocorposx=zeros( dimperx,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrperx)+1)/2):length(autocorrperx) autocorposx( (ln-((length(autocorrperx)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrperx(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposx(:,inc)); tit=['a.corr. x',num2str(a(inc,1)),'*x'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end for inc=1:6, autocorrpery(:,inc)=xcorr(yPERy(:,inc),'coeff'); end dimpery=((length(autocorrpery)+1)/2); autocorposy=zeros( dimpery,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrpery)+1)/2):length(autocorrpery) autocorposy( (ln-((length(autocorrpery)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrpery(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposy(:,inc)); tit=['a.corr. y',num2str(a(inc,1)),'*y'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end for inc=1:6, autocorrperz(:,inc)=xcorr(zPERz(:,inc),'coeff'); end 122 dimperz=((length(autocorrperz)+1)/2); autocorposz=zeros( dimperz,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrperz)+1)/2):length(autocorrperz) autocorposz( (ln-((length(autocorrperz)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrperz(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposz(:,inc)); tit=['a.corr. z',num2str(a(inc,1)),'*z'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end CPAutocorrUnbiased.m % Autocorrelazioni di ciascun segnale; for inc=1:9, autocorr(:,inc) = xcorr(v1iv2iv3(:,inc),'unbiased'); end a=['x1';'y1';'z1';'x2';'y2';'z2';'x3';'y3';'z3']; dim=((length(autocorr)+1)/2); autocorpos=zeros(dim,9); figure; clc; clf; for inc=1:9, for ln=dim:length(autocorr), autocorpos( (ln-dim+1), inc )=autocorr(ln,inc); end subplot(3,3,inc); plot(tv3,autocorpos(:,inc)); tit=['a.corr. seg. or. ',num2str(a(inc,1)),num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end % Autocorrelazioni dei segnali moltiplicati; for inc=1:6, autocorrperx(:,inc)=xcorr(xPERx(:,inc),'unbiased'); end a=[1 1; 2 2; 3 3; 1 2; 1 3; 2 3] dimperx=((length(autocorrperx)+1)/2); autocorposx=zeros( dimperx,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrperx)+1)/2):length(autocorrperx) autocorposx( (ln-((length(autocorrperx)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrperx(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposx(:,inc)); tit=['a.corr. x',num2str(a(inc,1)),'*x'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end for inc=1:6, autocorrpery(:,inc)=xcorr(yPERy(:,inc),'unbiased'); end dimpery=((length(autocorrpery)+1)/2); 123 autocorposy=zeros( dimpery,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrpery)+1)/2):length(autocorrpery) autocorposy( (ln-((length(autocorrpery)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrpery(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposy(:,inc)); tit=['a.corr. y',num2str(a(inc,1)),'*y'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end for inc=1:6, autocorrperz(:,inc)=xcorr(zPERz(:,inc),'unbiased'); end dimperz=((length(autocorrperz)+1)/2); autocorposz=zeros( dimperz,6 ); figure; clc; clf; for inc=1:6, for ln=((length(autocorrperz)+1)/2):length(autocorrperz) autocorposz( (ln-((length(autocorrperz)+1)/2)+1) ,inc)=autocorrperz(ln,inc); end; subplot(2,3,inc); plot(tv3,autocorposz(:,inc)); tit=['a.corr. z',num2str(a(inc,1)),'*z'num2str(a(inc,2))]; istr=['title(''',tit,''')']; eval(istr); end 124 Sommario 1. Introduzione...................................................................................................................... 5 2. Genesi e modelli per le oscillazioni................................................................................ 10 2.1 Introduzione ...................................................................................................................... 10 2.2 Contesto e motivazione ..................................................................................................... 11 3. Il circuito lineare RLC è un modello povero della realtà .............................................. 14 3.1 Descrizione qualitativa ..................................................................................................... 14 3.2 Descrizione quantitativa................................................................................................... 15 3.2.1 3.2.2 3.2.3 3.2.4 3.2.5 3.2.6 3.2.7 3.2.8 4. Equazioni di stato, campi vettoriali e traiettorie........................................................................... 15 Punto/i di equilibrio...................................................................................................................... 16 Sistemi lineari e affini .................................................................................................................. 17 Linearizzazione ............................................................................................................................ 17 Stabilità ........................................................................................................................................ 18 Nodo, convergenza e centro ......................................................................................................... 19 Considerazioni energetiche .......................................................................................................... 21 Soluzioni sinusoidali, stabilità strutturale e biforcazioni.............................................................. 21 Il caos necessita di tre gradi di libertà. .......................................................................... 23 4.1 Descrizione lineare a tratti del circuito. .......................................................................... 24 4.2 La regione di mezzo (|V2|≤E)............................................................................................ 25 4.3 Le regioni esterne (|V2|>E) ............................................................................................... 26 4.4 Comportamento generale ................................................................................................. 28 4.5 Esperimento di laboratorio: Oscillatore ottenuto grazie a un componente non lineare a tratti con un punto di equilibrio. ................................................................................................... 29 4.5.1 4.5.2 4.6 5. Descrizione del circuito................................................................................................................ 29 Soluzioni a regime........................................................................................................................ 30 Unicità della soluzione ...................................................................................................... 30 Perché il caos si manifesti, occorre una “piega” nello spazio delle traiettorie............. 31 5.1 Descrizione del circuito lineare a tratti. .......................................................................... 33 5.2 Le regioni esterne (|V1|>E) ............................................................................................... 34 5.3 La regione di mezzo (|V1|≤E)............................................................................................ 35 5.4 Comportamento generale ................................................................................................. 36 5.5 G”a<0.................................................................................................................................. 37 5.5.1 5.5.2 5.5.3 5.6 5.6.1 5.6.2 5.6.3 6. Punti di equilibrio......................................................................................................................... 37 Struttura geometrica delle dinamiche........................................................................................... 38 La piega (ingl. “the kink”) ........................................................................................................... 39 G”a>0.................................................................................................................................. 39 Punti di equilibrio......................................................................................................................... 39 Struttura geometrica delle dinamiche........................................................................................... 39 La piega accentuata (ingl. “the fold”).......................................................................................... 41 L’evoluzione finale: la terza dimensione....................................................................... 42 6.1 Analisi qualitativa delle dinamiche parassite ................................................................. 43 6.2 Un esempio di esperimento di laboratorio: oscillatore con componente lineari a tratti ad equilibri multipli. ....................................................................................................................... 44 125 6.2.1 6.2.2 6.2.3 6.2.4 6.3 Descrizione del circuito................................................................................................................ 44 Soluzioni a regime........................................................................................................................ 44 Punto di equilibrio........................................................................................................................ 45 Ciclo limite................................................................................................................................... 46 Autovalori e autovettori ................................................................................................... 47 7. Il circuito di Chua può esibire anche il caos?............................................................... 49 8. Il circuito di Chua, considerazioni preliminari............................................................. 50 8.1 Introduzione ...................................................................................................................... 50 8.2 La genesi del circuito di Chua.......................................................................................... 52 9. Il circuito di Chua .......................................................................................................... 55 9.1 Descrizione lineare a tratti del Circuito di Chua ........................................................... 55 9.2 Autovalori e autovettori ................................................................................................... 56 9.3 La regione centrale (|V1| ≤ E) ........................................................................................... 58 9.3.1 9.4 9.4.1 9.5 Descrizione qualitativa delle dinamiche in D0 ............................................................................. 60 Le regioni esterne (|V1| > E) ............................................................................................. 60 Descrizione qualitativa delle dinamiche per |V1| > E ................................................................... 62 Comportamento generale ................................................................................................. 65 9.5.1 9.5.2 9.5.3 9.5.4 9.5.5 9.5.6 9.6 Punto di equilibrio e biforcazione di Hopf ................................................................................... 66 Raddoppio del ciclo limite ........................................................................................................... 67 Finestre di periodicità................................................................................................................... 68 Attrattore di Chua a spirale .......................................................................................................... 68 Attrattore di Chua “double-scroll” ............................................................................................... 69 Crisi di confine (boundary crisis)................................................................................................. 70 Caratteristiche del Caos ................................................................................................... 71 9.6.1 9.6.2 9.6.3 9.7 Sensibilità alle condizioni iniziali ................................................................................................ 71 Casualità nel dominio del tempo .................................................................................................. 72 Spettro di densità di potenza ........................................................................................................ 73 Il circuito di Chua in concreto ......................................................................................... 75 9.7.1 Realizzazione pratica del circuito di Chua ................................................................................... 75 9.7.2 Descrizione circuitale................................................................................................................... 77 9.7.3 Comportamento del diodo reale di Chua nella regione di saturazione degli amplificatori operazionali ................................................................................................................................................. 78 9.7.4 Verifica sperimentale della caratteristica spezzata del diodo di Chua.......................................... 81 9.7.5 Considerazioni pratiche sul diodo di Chua basato su amplificatori operazionali.......................... 81 9.7.6 Soluzioni a regime........................................................................................................................ 82 9.7.7 Biforcazioni e caos ....................................................................................................................... 82 9.7.8 Sequenza di biforcazione alternativa............................................................................................ 82 9.7.9 Raggiungimento dei limiti del circuito e Grande ciclo limite ...................................................... 82 9.8 Simulazione del circuito di Chua..................................................................................... 82 9.9 Simulazioni con Spice ....................................................................................................... 84 9.9.1 9.10 Coordinate adimensionali e diagramma di biforcazione α-β........................................................ 86 Realtà del caos ................................................................................................................... 87 9.10.1 Teorema – Caos matematico nel circuito di Chua................................................................... 88 9.11 Conclusioni sul circuito di Chua quale mattone di base per lo studio delle dinamiche non lineari. ....................................................................................................................................... 88 10. Il caos per la generazione di segnali casuali............................................................. 90 10.1 La macchina di Boltzmann asincrona............................................................................. 90 10.2 Matrice di segnali caotici.................................................................................................. 93 126 10.3 Equazioni del circuito di Chua ........................................................................................ 95 10.4 Auto correlazioni e cross correlazioni ............................................................................. 98 10.5 Autocorrelazione dei segnali originali (x, y e z)............................................................ 100 10.6 Autocorrelazione dei segnali moltiplicati...................................................................... 105 10.7 Correlazione incrociata (cross correlazione) ................................................................ 105 10.8 Istogrammi delle occorrenze dei segnali moltiplicati................................................... 109 10.9 Visualizzazioni del Caos ................................................................................................. 109 11. Conclusioni, problematiche e sviluppi futuri .......................................................... 110 Appendice 1: La biforcazione di Hopf.................................................................................. 112 Il teorema della biforcazione di Hopf.......................................................................................... 114 Appendice 2: alcuni file sorgenti Matlab del capitolo 10. ................................................... 115 Chua.m........................................................................................................................................... 115 ChuaEQ.m ..................................................................................................................................... 116 CPCrosscorr.m.............................................................................................................................. 117 CPHist.m........................................................................................................................................ 118 CPlot.m .......................................................................................................................................... 119 CPsignX.m ..................................................................................................................................... 120 CPAutocorr.m ............................................................................................................................... 122 CPAutocorrUnbiased.m ............................................................................................................... 123 Sommario............................................................................................................................... 125 127