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Meteorologia
LE CARATTERISTICHE FISICHE DELL'ATMOSFERA
Generalità
Le caratteristiche fisiche dell'atmosfera sono costituite da alcune grandezze: la temperatura, la
pressione, l'umidità, che vengono misurate mediante strumenti; la densità, che può essere calcolata
con una semplice formula o ricavata da tabelle in funzione della pressione e della temperatura; le
condizioni di equilibrio, quelle comunemente note come stabilità o instabilità, che si ricavano dai
diagrammi termodinamici, e devono essere richieste all'ufficio meteo; esse indicano la tendenza
dell'aria a rimanere all'incirca al livello al quale si trova (stabilità), a salire alquanto, per poi
diffondersi orizzontalmente (instabilità debole), a salire sino a livelli considerevoli (instabilità
moderata), talvolta sino alla tropopausa (instabilità forte). Queste caratteristiche fisiche, come si è
detto, determinano lo «stato» dell'atmosfera, così come la temperatura corporea e la pressione del
sangue indicano lo «stato» di un paziente; mediante il loro esame esteso ad una vasta regione, è
possibile effettuare una analisi delle condizioni attuali, ossia una diagnosi, e stabilire la possibilità
ed il livello di probabilità del verificarsi di fenomeni meteorologici, cioè emettere una previsione, o
prognosi, circa l'evoluzione del tempo.
Queste caratteristiche verranno esaminate singolarmente soprattutto considerando il loro
comportamento per effetto della quota e dell'orografia. Si deve tenere presente che l'andamento
delle grandezze fisiche, sia nel corso delle 24 ore (escursione diurna), sia durante l'anno (escursione
annua) è dovuta soprattutto alla variazione della radiazione solare efficace. Questa dipende dalla
durata dell'insolazione, quindi dall'alternarsi del giorno e della notte e dalla loro diversa lunghezza
nel corso dell'anno (alle nostre latitudini l'arco diurno è di circa 8-9 ore in inverno e 15-16 ore in
estate), dalla sua intensità, che dipende dalla inclinazione dei raggi solari rispetto alla superficie
terrestre sia nel corso della giornata sia durante anno (alle latitudini della nostra penisola il sole a
mezzogiorno ha un'altezza sull'orizzonte che va dai 20°-30° in inverno ai 66°-76° in estate). Mentre
gli elementi astronomici sono noti e rigorosamente prevedibili, non altrettanto può dirsi della
nuvolosità che interferisce con la radiazione solare, se non a livello di media statistica. L'effetto più
importante della radiazione solare si manifesta, attraverso l'irraggiamento terrestre, sulla
temperatura dell'aria, ed è soprattutto da questa che dipende la variazione delle altre grandezze
fisiche, in primo luogo dell'umidità e della pressione, sulla quale, tuttavia, intervengono anche
fattori dinamici molto complessi.
La temperatura
La temperatura dell'aria è determinata dall'irraggiamento della superficie terrestre, la quale si
scalda durante il giorno, per effetto della radiazione solare, in misura e con velocità diverse a
seconda della natura della superficie stessa. La differenza più notevole si riscontra tra oceani, mari,
laghi e la terraferma, per cui i primi si scaldano e si raffreddano in minor misura e più lentamente,
tanto da esercitare una azione termoregolatrice, attenuando le forti variazioni di temperatura, mentre
la seconda si scalda e si raffredda in maggior misura e più rapidamente, sempre con le differenze
dovute alla particolare natura del terreno. L'effetto dell'irraggiamento si manifesta in misura
maggiore negli strati più bassi e decresce progressivamente con l'altezza.
Variazione diurna della temperatura
La temperatura varia nel corso delle 24 ore presentando un minimo poco prima dell'alba
(quindi ad un'ora variabile con le stagioni), ed un massimo nelle prime ore del pomeriggio. La
differenza tra le due temperature si chiama escursione termica diurna. L'escursione è maggiore
sulla terraferma con cielo sereno ed in assenza di vento, mentre è minore sul mare con cielo coperto
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(per il noto «effetto serra» che attenua il raffreddamento notturno) ed in presenza di vento.
La temperatura e l'altitudine
La temperatura, normalmente, diminuisce con la quota in modo irregolare e variabile da un
giorno all'altro; l'andamento temperatura - altezza rilevata dai punti caratteristici dei radiosondaggi
è rappresentato da una linea spezzata. Partendo dalla temperatura rilevata ad un dato livello, si può
utilizzare il gradiente termico verticale medio di 0,65 °C/100 m, equivalente a 2 °C/1.000 ft,
stabilito per l'aria standard, per calcolare la temperatura ad un altro livello. L'errore sarà tanto
maggiore quanto più il gradiente dell'atmosfera reale differisce da quello dell'atmosfera standard.
Oltre ad essere, in genere, diverso da quello dell'atmosfera standard, esso può presentare
frequentemente delle anomalie: si ha una isotermia quando la temperatura, in uno strato, si mantiene
costante con la quota; si ha una inversione termica (cioè inversione del normale gradiente), quando
la temperatura aumenta con la quota.
L'inversione al suolo, se l'aria è sufficientemente umida, comporta la formazione di nebbia, o
di strati di nubi bassissime.
La temperatura e l'orografia
La temperatura è determinata, oltre che dall'irraggiamento, dai moti verticali lungo i versanti;
infatti l'aria che, a contatto del terreno, si è riscaldata per irraggiamento, sale tanto più in alto e tanto
più rapidamente quanto maggiore è la differenza di temperatura con gli strati superiori.
L'irraggiamento del terreno, che ovviamente in montagna ha una maggiore altitudine, fa sentire il
proprio effetto a livelli più elevati che in pianura. In pratica accade che volando ad una data quota in
pianura si abbia una certa temperatura, ed entrando nella zona montuosa essa aumenti per la
maggiore vicinanza del terreno.
L'escursione termica nel fondovalle è molto più grande che non in alta montagna, ove si ha un
maggior livellamento della temperatura. Le valli e le conche, specie se chiuse, durante l'inverno si
raffreddano molto di più delle zone aperte e ventilate, come pure dell'alta montagna, delle cime e
dei crinali, mentre in estate si riscaldano in misura altrettanto più grande . La presenza dei laghi
montani o prealpini esercita un’azione termo regolatrice, attenuando sia le basse temperature
invernali, sia le elevate temperature estive. Durante l'inverno le temperature estreme, minima e
massima, vengono raggiunte in alta montagna prima che nel fondovalle; durante l'estate, invece, la
temperatura massima viene raggiunta quasi contemporaneamente.
Lo stato del suolo influisce sulla temperatura: il terreno innevato, che riflette luce e radiazione
solari, non consente il riscaldamento del terreno e di conseguenza dei bassi strati dell'aria, che
rimangono freddi anche di giorno.
Una considerazione sulla temperatura che ha notevoli riflessi sulla nuvolosità è quella relativa
alle inversioni. In tali circostanze si può avere nebbia o strati bassissimi nelle valli, mentre al di
sopra dello strato d’inversione è sereno, quindi le montagne sono libere da nubi e con visibilità
ottima.
Un effetto molto importante sulla temperatura è causato dall'orientamento delle catene
montuose e quindi delle valli, per il diverso soleggiamento dei versanti durante la giornata. Com’è
noto, l'entità del riscaldamento dipende dall'angolo d'incidenza dei raggi solari con la superficie, ed
è massimo quando questi sono perpendicolari al terreno.
Nel complesso occorre notare come il riscaldamento del terreno, e quindi dei bassi strati
dell'atmosfera, abbia in montagna un inizio anticipato ed una fine ritardata rispetto a quanto accade
in pianura, data l'esposizione dei versanti ai raggi solari. Si ha quindi una maggior durata del
soleggiamento ed in condizioni favorevoli ad un apporto termico consistente, cioè con l’esposizione
dei versanti perpendicolari ai raggi solari, con il risultato che, nel complesso, il riscaldamento dei
bassi strati dell’atmosfera è maggiore in montagna che in pianura.
Il soleggiamento è un fattore molto importante e del quale occorre tener conto per le sue
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conseguenze sulla temperatura e quindi sulle correnti, non solo, ma anche per l'effetto luce-ombra
che si ripercuote sulle sensazioni di volo; per una pianificazione accurata può essere necessario
considerare la posizione del sole nei vari mesi dell'anno, nelle diverse ore del giorno, nonché la
forma e le dimensioni degli ostacoli costituiti dalle montagne che daranno le zone d’ombra.
La pressione
La pressione è il rapporto tra una forza o una forza-peso ed una superficie. Nel caso della
pressione atmosferica è il rapporto tra il peso della colonna d'aria sovrastante e la superficie sulla
quale essa grava. La pressione, per le proprietà dei gas, agisce in tutte le direzioni. Per questo
motivo il barometro può essere collocato all'interno di un locale. Nei diversi sistemi di misura, al
livello del mare , in condizioni meteorologiche medie, la pressione atmosferica è di 760 mm Hg =
29,92 ins Hg = 1013,25 hPa (o mb) = 1033 kg/cm2
La pressione e l'altitudine
La pressione diminuisce con la quota in ragione di 1 hPa ogni 8 m = 27 ft circa (gradiente
barico verticale) nei bassi strati dell'atmosfera. Esprimendo la variazione in pollici, comoda per
alcuni altimetri, si ha la variazione di 0,01 ins (pollici) ogni 3 m = 10 f t circa, corrispondente ad 1
ins ogni 1.000 ft. Essendo gli strati superiori sempre meno densi, occorrerà salire sempre di più per
avere la diminuzione di 1 hPa di pressione. Sino a 3.000 m (10.000 ft), quando si debbano fare
calcoli rapidi, si può assumere una diminuzione media di 1 hPa ogni 10 m =30 ft. Anche la
pressione parziale dell'ossigeno, circa 1/5 di quella atmosferica, da considerare per i suoi effetti
sulla respirazione e sulla combustione nei motori, si riduce nella medesima misura, quando si sale
la diminuzione di pressione è maggiore in aria fredda che in aria calda (meno densa); in altri
termini, per avere la diminuzione di pressione di 1 hPa occorre salire di meno in aria fredda e di più
in aria calda.
Variazione diurna della pressione
Il normale andamento diurno della pressione presenta due massimi intorno alle ore 10 e alle
22, e due minimi, intorno alle ore 04 ed alle 16 ; il massimo del mattino ed il minimo del
pomeriggio sono generalmente i più pronunciati. Questo si verifica, come per le escursioni normali
delle altre grandezze, in assenza di perturbazioni . L'ampiezza media dell'escursione, alle nostre
latitudini, è compresa tra 0,5 ed 1 hPa, quindi talmente modesta da non meritare una particolare
attenzione. Del resto questa normale escursione diurna non ha, in meteorologia, l'importanza che
hanno quelle della temperatura e dell'umidità. Quando le condizioni del tempo variano,
l'andamento della pressione ne risulta fortemente coinvolto, come sappiamo bene; le variazioni
dell'ordine di 10-20 hPa da un giorno all'altro sono comuni in questi casi, e vedremo come utilizzare
tali indicazioni, integrate dalla variazione delle altre grandezze e dalla osservazione degli altri
elementi, per una previsione locale a breve scadenza.
La pressione e l'orografia
L'effetto dell'orografia sull'andamento della pressione è apprezzabile nella misura in cui
l'orografia stessa influisce sulla temperatura. L'escursione diurna della pressione è stata riscontrata
anche nelle zone montuose, almeno nelle stazioni situate al di sotto dei 500 m le quali effettuano la
riduzione della pressione al livello del mare per ottenere valori confrontabili con gli altri.
Da analisi frequenti e particolareggiate della situazione barica (ogni tre ore e con le isobare
tracciate di hPa in hPa), è risultato che durante la stagione estiva la pressione diminuisce
temporaneamente sui rilievi durante le ore pomeridiane, con un breve ritardo rispetto al massimo di
temperatura, intorno alle ore 16 e cioè in corrispondenza di uno dei minimi di pressione considerati
nella normale escursione diurna: la diminuzione è però assai più consistente e raggiunge qualche
hPa.
Il vapore acqueo e l'umidità
Ogni corso di meteorologia inizia con la presentazione dell'atmosfera specificandone la
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composizione, ed è ben noto che il miscuglio «aria» è formato, in volume, dal 78% di azoto, dal
21% di ossigeno e dall'1 % di altri gas, nobili e non. E’ ingiustamente rimasto escluso il vapore
acqueo presente nell'aria, che, alle temperature delle nostre latitudini, può raggiungere quantità che
vanno da circa 11 grammi per ogni chilogrammo di aria alla temperatura di 15 °C, per arrivare a 20
grammi a 25 °C e a 36 grammi a 35 °C. Quantità modeste, ma niente affatto trascurabili, se si
considera che il vapore acqueo, dal punto di vista meteorologico, e quindi anche aeronautico, è di
gran lunga il più importante e significativo componente dell'atmosfera, della quale occupa
prevalentemente lo strato più basso, sino a circa 2 km di altezza; infatti al di sopra, coi diminuire
della temperatura, e trovando un sufficiente numero di nuclei igroscopici, come sempre accade, il
vapore acqueo condensa e si formano le nubi.
L'umidità relativa (Ur), come noto, è il rapporto, espresso in percentuale, tra l'umidità
specifica reale o effettiva e l'umidità specifica massima o di saturazione che compete a quella
temperatura ossia, in termini più semplici, tra il numero di grammi di vapore effettivamente presenti
ed il numero di grammi di vapore occorrenti per la saturazione, sempre a «quella» temperatura; è
facile verificare, dall'umidità relativa calcolata ed indicata a lato di ciascun punto, come questa
aumenti con l'aumentare del contenuto reale di vapore, sino alla saturazione, ovviamente espressa
da un'umidità relativa del 100%. Questa grandezza è molto significativa, in quanto indica la
«distanza» dalla saturazione prescindendo dalla temperatura, dalla quantità di vapore acqueo
presente e dalla quantità di vapore acqueo necessario per la saturazione a quella data temperatura,
Lo stato igrometrico dell'aria, o umidità che sia, può anche essere indicato, come infatti
avviene, mediante la coppia di valori, temperatura dell'aria (ta) e temperatura di rugiada (td), detta
anche la temperatura di brina (tf). Ricordiamo che la temperatura di rugiada è sempre minore della
temperatura dell'aria, o tutt'al più uguale quando l'umidità relativa è del 100%, ossia in condizioni di
saturazione.
Tornando alle nostre due temperature, quando sono uguali o la loro differenza è molto
piccola, e l'ora del giorno porta ad escludere la possibilità di un aumento della temperatura, le
condizioni per la saturazione sono molto vicine, e ciò significa foschia densa, nebbia, strati
bassissimi, a seconda delle circostanze e della stagione.
Variazione diurna dell'umidità
Il contenuto effettivo di vapore aumenta leggermente durante la mattinata a causa
dell'evaporazione conseguente all'aumento di temperatura, ed una altrettanto leggera diminuzione si
verifica dopo il tramonto. La variazione del contenuto di vapore è indicata dall'andamento della
temperatura di rugiada e l'escursione diurna di questa è molto limitata. E invece la variazione della
temperatura dell'aria che determina l'escursione dell'umidità relativa. Quando la temperatura
dell'aria aumenta, aumenta anche la differenza con la temperatura di rugiada e diminuisce l'umidità
relativa; viceversa quando la temperatura dell'aria diminuisce, altrettanto accade della differenza
con la temperatura di rugiada e quindi aumenta l'umidità relativa.
L'umidità e l'altitudine
L'umidità ha un andamento che non dipende dall'altitudine. La maggior parte del vapore
acqueo, tuttavia, si trova nei primi due chilometri di altezza, come risulta dal sondaggi
termodinamici. Il vapore è presente solamente negli strati più bassi perché quando una massa d'aria
si solleva, insieme al proprio contenuto di vapore, il raffreddamento che subisce durante la salita
porta alla saturazione ed alla condensazione, e quindi ci si troverà in presenza di nubi, cioè non più
di vapore ma di goccioline di acqua.
L'umidità e l'orografia
Da quanto si è detto circa l'effetto dell'orografia sulla temperatura e viste le conseguenze di
questa grandezza sull'umidità, non è difficile dedurre l'effetto dell'orografia sull'umidità. Questa è
più alta nelle valli e nelle conche quando fa più freddo, cioè durante la notte ed in misura maggiore
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nel periodo invernale, proprio a causa dell'aria fredda che si raccoglie dopo il tramonto nelle zone
più basse. In inverno la nuvolosità stratiforme e poco consistente tende a dissolversi nel corso della
mattinata, con un comportamento analogo a quello delle nebbie in pianura; del resto queste nubi
stratiforrni che si alzano lentamente lungo i fianchi delle valli vengono anche indicate come «nebbia
alta». In estate, invece, le nubi sono più consistenti e tendono a permanere durante tutto il
pomeriggio per poi dissolversi al tramonto, prima sul versante occidentale che rimane in ombra e si
raffredda, poi anche su quello orientale.
La densità
Se il vapore acqueo è il componente più significativo della troposfera ai fini meteorologici, e
rende indispensabile una buona conoscenza dei meccanismi che ne regolano le trasformazioni, la
densità è la caratteristica fondamentale e determinante per i suoi riflessi sulle prestazioni
dell'aeromobile.
La densità influisce sul rendimento delle superfici alari, sia fisse, sia rotanti (ali ed eliche dei
velivoli convenzionali, rotore principale e elica anticoppia negli elicotteri. sul rendimento dei
motori alternativi e delle turbine, sulle indicazioni degli strumenti di bordo il cui funzionamento è
dipendente dalle prese statica e dinamica.
Anche l'umidità dell'aria contribuisce a diminuirne la densità. Il vapore acqueo pesa circa il
63% rispetto all’aria, quindi l'aria umida è meno densa dell’aria secca. A conti fatti risulta che la
presenza del vapore acqueo non influisce in misura determinante sulle prestazioni aerodinamiche.
Non è, così, invece, per il rendimento del motore che, in condizioni di alta temperatura ed umidità,
quindi con un elevato contenuto effettivo di vapore, può diminuire di un buon 10% del quale è bene
tenere conto.
Operando in condizioni di elevata quota densimetrica, le fasi critiche del volo sono il decollo,
la salita e, per l'elicottero, il volo a punto fisso, con o senza effetto suolo. Non si deve pensare che
la relativa facilità con la quale si è atterrati su un aeroporto situato in una zona ad elevata altitudine
o in climi tropicali si possa ritrovare anche al decollo. Gli effetti della diminuzione di densità si
sommano in senso negativo, poiché con la diminuzione della efficienza aerodinamica aumenta la
potenza necessaria, ma con il diminuito rendimento del motore diminuisce nel contempo la potenza
disponibile e quindi la capacità di salita, che finisce per annullarsi alla quota di tangenza teorica.
Gli effetti sulle indicazioni di alcuni strumenti di bordo, in questo caso interessa l'indicatore di
velocità, comportano una diminuzione della IAS (Indicated Air Speed = velocità indicata rispetto
all'aria); l'aumento della TAS (True Air Speed = velocità vera rispetto all'aria) necessaria per la
sostentazione, è compensata dall'errore dello strumento, poiché la TAS, in realtà, è maggiore della
IAS, ossia l'aereo vola con una velocità vera maggiore di quella indicata. E sino a qui nulla di male,
se ciò non comportasse che la velocità con la quale ci si sta avvicinando ad un ostacolo o ad una
parete di montagna, in assenza di vento, è maggiore di quella indicata, ma soprattutto che il raggio
di una virata di evasione è maggiore, e quindi occorre più spazio per invertire la rotta.
Le condizioni di equilibrio dell'atmosfera
I movimenti verticali dell'atmosfera non si possono percepire come quelli orizzontali,
rappresentati dai venti, ma sono di gran lunga i più importanti per quanto riguarda gli eventi del
tempo. Una massa d'aria che si sposta verticalmente subisce delle trasformazioni:
in moto ascendente trova una pressione minore, perciò si dilata e si raffredda; la
temperatura diminuisce avvicinandosi al punto di rugiada (l'umidità relativa aumenta); se il
raffreddamento le fa raggiungere questo punto si ha la saturazione. Ogni ulteriore
raffreddamento determina la condensazione del vapore acqueo e la formazione delle nubi le
quali, in determinate condizioni, possono dar luogo a precipitazioni; pertanto i moti ascendenti
sono all'origine della formazione delle nubi e del verificarsi delle precipitazioni;
in moto discendente avvengono i processi inversi: trovando una pressione maggiore
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l'aria viene compressa e si riscalda; la temperatura aumenta allontanandosi dal punto di
rugiada; le goccioline di acqua che costituiscono le nubi evaporano; successivamente l'umidità
relativa diminuisce. I moti discendenti sono all'origine di condizioni di tempo buono, se si
esclude, in determinate condizioni che si verificano durante la stagione fredda, la formazione
delle nebbie.
Le condizioni di equilibrio dell'atmosfera, quelle che brevemente vengono denominate come
stabilità e instabilità, sono quindi dovute all'andamento del «gradiente termico verticale» che si ha
in quel determinato momento.
In ogni momento le condizioni di equilibrio dell'atmosfera sono quindi determinate dal
confronto tra la temperatura della massa d'aria che sale e quella dell'aria circostante. Se la
temperatura dell'aria che sale è maggiore di quella dell'ambiente esterno vi sarà la tendenza a
continuare la salita, mentre se la sua temperatura dovesse diventare minore di quella dell'ambiente
esterno il movimento di salita verrebbe a terminare.
Se l'aria ambiente presenta una diminuzione di temperatura con l'altezza (gradiente termico
verticale) maggiore di quella che subisce l'aria in salita, quest'ultima, nonostante il raffreddamento,
avrà sempre una temperatura maggiore e continuerà a salire (instabilità).
Se l'aria ambiente presenta una diminuzione di temperatura con l'altezza minore di quella che
subisce l'aria in salita, quest'ultima, ad un certo livello, verrà ad assumere una temperatura minore
di quella dell'aria ambiente e dovrà terminare la propria salita (stabilità).
Quando l'atmosfera presenta una isotermia o una inversione le condizioni di equilibrio sono
pertanto di forte stabilità.
Le condizioni di equilibrio e il tempo
Le condizioni di stabilità sono prevalenti nel periodo invernale, quando nei pressi della
superficie terrestre staziona aria fredda, quindi più densa, che tende a rimanere dove si trova. In
regime anticiclonico il tempo è buono e l'unica meteora da considerare è la nebbia da irraggiamento
nelle ore notturne, in pianura e nelle valli.
Questa nebbia si dissolve generalmente nel corso della mattinata con l'aumentare della
temperatura, ma può persistere nelle ore diurne, quando la situazione anticiclonica permane a lungo
determinando, anche per l'assenza di vento, un aumento di spessore dello strato d’inversione e
quindi dello strato di nebbia, che impedisce alla radiazione solare di raggiungere la superficie
terrestre e di riscaldarla, limitando il dissolvimento della nebbia, nel migliore dei casi, alle ore più
calde. Nella stagione estiva, in condizioni di stabilità ed in regime anticiclonico, si ha tempo bello e
stabile, con alte temperature e visibilità scarsa per caligine; con il permanere della situazione si
sfocia nei tipici periodi durante i quali all'alta temperatura si associa una elevata umidità,
immancabilmente seguiti, con l'evolversi ed il mutare della situazione, da manifestazioni a carattere
temporalesco, tanto più intense quanto maggiore è stata la durata del periodo di afa.
Sempre in condizioni di equilibrio stabile, in regime ciclonico il tempo è perturbato, con
annuvolamenti stratiformi (proprio come si dispone il fumo della ciminiera) più o meno consistenti
e con le precipitazioni connesse a tale tipo di nuvolosità, e cioè di debole intensità ma a carattere
continuo, persistente, ossia pioviggine, pioggia debole o nevischio (a seconda della stagione e
quindi della temperatura), con visibilità scarsa per foschie o nebbie. Nel periodo invernale, con
fronti caldi molto estesi, sono possibili anche pesanti nevicate.
In condizioni di equilibrio instabile il tempo è caratterizzato dalla variabilità, e quindi
sicuramente perturbato per periodi più o meno lunghi. Le condizioni di instabilità sono prevalenti
nel periodo estivo, quando l'aria che staziona presso la superficie terrestre è molto calda quindi
meno densa e con la tendenza a salire. Tuttavia anche d'inverno perturbazioni e masse d'aria
provenienti dai quadranti settentrionali possono assumere carattere di instabilità quando
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raggiungono latitudini più basse dove la temperatura al suolo è abbastanza elevata.
Variazione diurna delle condizioni di equilibrio
In montagna l'instabilità segue l'andamento diurno della temperatura e quindi diminuisce dopo
il tramonto presentando un minimo nelle ore notturne ed un massimo nelle ore pomeridiane.
Le condizioni di equilibrio e l'orografia
L'effetto dell'orografia sulle condizioni di equilibrio e quindi sulle manifestazioni del tempo
connesse alla instabilità è molto rilevante e si esplica attraverso quattro azioni.
Azione meccanica di innesco
In primo luogo l'orografia è la causa meccanica dell'innesco del movimento ascendente,
quando una massa d'aria si sposta verso una catena montuosa. L'aria, come abbiamo visto, è
costretta ad un sollevamento forzato e deve salire lungo il versante sopravvento almeno sino al
livello del crinale (aria stabile). Anche in mancanza di un vento dovuto ad un vero e proprio
gradiente barico, le brezze di valle o le brezze che spirano dalla pianura verso i sistemi montuosi
sono sufficienti.
Azione termica di innesco
In pianura l'innesco dovuto a cause termiche si manifesta sporadicamente nella tarda mattinata
con il sollevamento di qualche bolla isolata, per aumentare nelle ore pomeridiane, dopo che è stata
raggiunta la temperatura massima, determinando un sollevamento continuo o un flusso convettivo
che può essere di dimensioni ragguardevoli, ma sempre limitate. In montagna l'azione termica si
manifesta in anticipo, sin dal mattino sui versanti che per il loro orientamento e l'inclinazione sono
esposti perpendicolarmente ai raggi solari, e prosegue nelle ore pomeridiane sui versanti opposti.
Azione sul gradiente termico verticale
L'orografia determina un aumento di temperatura nello strato più vicino al suolo, più
consistente di quanto non avvenga in pianura, facendo tendere il gradiente termico verticale verso il
super adiabatico, e quindi a condizioni d’instabilità.
GLI ELEMENTI DESCRITTIVI DEL TEMPO
Gli elementi descrittivi del tempo sono quelli che ne forniscono una idea materiale, cioè
consentono, elencando ciò che si vede e si percepisce, di descrivere «il tempo che fa». Essi
consistono in tutti quei fenomeni che avvengono nell'atmosfera o sulla superficie terrestre, quindi
ne fanno parte le nebbie, le nubi, le varie precipitazioni ed i movimenti dell'aria, dei quali possiamo
percepire la componente orizzontale, ossia il vento.
Le nebbie e le nubi. La visibilità ed il «ceiling»
Le nebbie e le nubi si possono definire come regioni dell'atmosfera nelle quali avvengono
fenomeni di condensazione e/o di sublimazione del vapore acqueo; le nebbie e le nubi hanno la
stessa costituzione fisica e sono quindi fenomeni della medesima natura, anche se originati da cause
molto diverse, con la differenza che le nebbie hanno la base al livello del suolo e la sommità che
coincide con quella dell'inversione termica, mentre le nubi hanno la base ad una certa altezza dalla
superficie terrestre e la sommità che dipende dalle condizioni d’equilibrio dell'atmosfera: non molto
elevata in aria stabile, può giungere sino alla tropopausa in aria instabile.
Una constatazione molto banale pone in evidenza l'importanza delle nubi: non vi può essere
cattivo tempo in atto senza che nel cielo vi siano nubi, e più precisamente alcuni generi di nubi. E’
utile quindi imparare a riconoscerle, almeno in modo meno superficiale di quanto non possa fare il
profano. Il compito del riconoscimento non è privo di difficoltà, sia per le svariate forme che le nubi
possono assumere, sia perché spesso possiamo osservare solamente la parte inferiore delle nubi, la
cosiddetta «base» (ceiling), mentre si potrà scorgere la forma complessiva nel caso siano piuttosto
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lontane.
La classificazione delle nubi è stata stabilita dall'OMM (Organizzazione Meteorologica
Mondiale) e codificata con la pubblicazione dell'Atlante Internazionale delle nubi nel 1956. Ne è
prevista la divisione in 3 gruppi a seconda dell'altezza alla quale si presentano più frequentemente,
ed in 10 generi a seconda del loro aspetto. Vista la validità del criterio dell'altezza per una prima
identificazione selettiva del «genere» delle nubi, la troposfera è stata divisa verticalmente in 3
regioni, i cui limiti, che in parte si sovrappongono, variano a seconda della latitudine. Ogni genere
di nube si presenta più frequentemente in una data regione. Per i nomi delle nubi è universalmente
adottata la terminologia in latino, alla quale ci siamo attenuti poiché non presenta difficoltà di
interpretazione. Nella pratica le nubi vengono quasi sempre indicate con la sigla stabilita per il
codice METAR. Le differenze nella forma o nella struttura danno luogo ad una suddivisione
alquanto complicata di molti generi in diverse specie e varietà, con l'aggiunta di particolarità
supplementari, ossia di caratteristiche occasionali.
Le nubi si possono raggruppare in tre grandi famiglie:
cumuliformi quando in ciascun elemento prevale lo sviluppo verticale;
stratiformi quando prevale lo sviluppo orizzontale;
cirriformi che riguardano esclusivamente la regione superiore della troposfera.
Costituzione delle nubi
Nebbie e nubi sono formate da uno o più dei seguenti tipi di elementi:
Tipo
Forma
1
Cristalli integrali, sotto forma di aghi di ghiaccio.
2. Scheletri cristallini, sotto forma di stellette esagonali, talvolta agglomerati in
nevischio e fiocchi di neve.
3. Piccolissime goccioline con un diametro minore di 0,05 mm e senza apprezzabile
velocità di caduta, e che quindi rimangono comunque in sospensione nella nube.
4. Piccole gocce con un diametro da 0,05 mm a 0,5 mm con debole velocità di caduta,
assimilabili alle gocce di pioviggine; esse rimangono in sospensione nella nube quando vi siano
deboli correnti ascendenti.
5. Gocce con un diametro da 0,5 mm a 5 mm con normale velocità di caduta,
assimilabili alle gocce di pioggia; esse rimangono in sospensione nella nube quando vi siano
correnti ascendenti di una certa intensità.
Le nebbie e l'orografia
L'effetto dell'orografia sulle nebbie non è molto rilevante, ma non si devono trascurare alcuni
aspetti sotto i quali queste meteore si presentano in montagna o, per essere più precisi, nelle valli
ove sono dislocate. Durante la stagione fredda, nella quale esse sono più frequenti, l'effetto della
radiazione solare che si esplica nella mattinata, è più efficace nelle pianure vaste ed aperte che non
nelle valli. Pertanto può accadere che in un fondovalle vi sia ancora la nebbia quando questa si è
già dissolta in pianura. E’ molto frequente che una valle abbia una leggera pendenza, in salita, dalla
pianura verso la linea dello spartiacque. In questo caso è possibile che una formazione di nubi
stratiformi che interessa la pianura penetri nella valle e la base dello strato, essendo il terreno in
salita, raggiunga il livello del suolo. Quella che era una nube in pianura si presenta come nebbia
nella valle. Ciò comporta che, iniziato un volo al di sotto delle nubi senza alcuna intenzione di
effettuare una forata in salita, ci si trovi gradualmente chiusi tra il fondovalle e la base delle nubi,
con il problema di invertire la rotta entro uno spazio limitato.
Di norma l'alta montagna, le vette e i crinali sono liberi dalle nebbie; si può anzi constatare
che, in presenza di nebbie dense e persistenti in pianura e nelle valli, l'alta montagna offre giornate
splendide con visibilità illimitata.
Sarà utile ricordare che la visibilità in volo, nelle medesime condizioni di nebbia, di foschia o
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di caligine può essere molto diversa a seconda della posizione dei sole: quando il sole è in prua,
specialmente se è basso sull'orizzonte, la visibilità è di gran lunga peggiore di quando è alle spalle.
Buoni riferimenti, volando al di sopra di una foschia anche densa, sono costituiti dalle superfici che
in qualche modo contrastano con il loro riflesso dal fondo uniforme del terreno, come piccoli corsi
d'acqua, canali d'irrigazione, laghetti montani. Le superfici di acqua molto estese, come i grandi
laghi, non sono invece di alcun aiuto se non nei pressi della costa, dove, appunto, si ritrova il
contrasto tra acqua e terreno, mentre costituiscono un serio pericolo se sorvolate nel centro, senza
particolare attenzione (effetto specchio, in assenza di vento).
La visibilità, variazione diurna in montagna
Alla normale evoluzione diurna della visibilità in montagna si è già accennato in occasione
della nebbia, della foschia e della caligine.
Il «ceiling», variazione diurna in Montagna
L'evoluzione diurna del ceiling ( base delle nubi) è in linea molto generale corrispondente a
quella della temperatura. Le nubi stratiformi tendono a sollevarsi alquanto nelle ore più calde,
sempre che la situazione non presenti variazioni dovute all'arrivo di una perturbazione.
Particolarmente nel caso del fronte caldo, e quindi della nuvolosità stratiforme, il ceiling può essere
molto basso e connesso alla presenza di nubi. A questo si deve aggiungere la elevatissima
probabilità di nebbie prefrontali che, insieme al ceiling, precludono quasi sempre la possibilità di
voli in VFR (volo a vista), specialmente tra le montagne. Se il fronte è in arrivo, è evidente che non
ci si può attendere un sollevamento della base delle nubi le quali, al contrario, si andranno
abbassando sempre più sino al completo passaggio del fronte.
Le meteore
Le meteore sono i fenomeni che si possono osservare nell'atmosfera o sulla superficie
terrestre. Possono consistere in una precipitazione, una sospensione o un deposito di particelle
liquide (acqua) o solide (ghiaccio, polveri, sabbia); in manifestazioni di natura ottica o elettrica. Le
nubi e le nebbie sono già state considerate a parte. A seconda della loro origine le meteore sono
suddivise in idrometeore, litometeore e elettrometeore.
Le idrometeore, alle quali si è già accennato trattando del vapore acqueo e dell'umidità , fanno
subito pensare a le precipitazioni, e ci si potrebbe chiedere quale sia il motivo per il quale siano
associate solamente ad alcuni generi di nubi.
La formazione delle precipitazioni
L'atmosfera è un miscuglio di gas che contiene in sospensione i prodotti della condensazione
o della sublimazione del vapore acqueo (goccioline di acqua e cristalli di ghiaccio) sotto forma di
nubi, di pioggia o di neve.
Ma se gli elementi che costituiscono la nube hanno la tendenza a riunirsi con il conseguente
aumento delle loro dimensioni, si ha la coagulazione e la nube viene a trovarsi in equilibrio
instabile.
Il processo di evaporazione - distillazione non è il solo a determinare l'ingrossamento degli
elementi che costituiscono la nube, e a dar loro il modo di cadere per gravità. A questo
ingrossamento concorrono altri fattori :
- le cariche elettriche di cui ogni particella, acqua o ghiaccio che sia, è dotata; secondoché le
cariche elettriche siano discordi o concordi possono favorire o meno la riunione degli elementi;
- le forze gravitazionali;
- la turbolenza, e quindi il numero di urti tra le goccioline che favorisce la loro riunione.
- la coalescenza, fenomeno per il quale le goccioline più grandi tendono ad inglobare le
piccole che passano nelle loro vicinanze;
Le formazioni di ghiaccio
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Le formazioni di ghiaccio sulle strutture esterne
Consistono nel deposito, sotto forma di ghiaccio, delle goccioline d'acqua che colpiscono le
superfici dell'aereo, particolarmente quelle più esposte al flusso dell'aria. Le condizioni
fondamentali per la formazione di ghiaccio pericoloso sono due:
a)
l'aereo deve trovarsi in volo attraverso acqua visibile sotto forma di pioggia,
di pioviggine o di nubi ;
b)
la temperatura dell'aria, e quindi delle goccioline di pioggia , di pioviggine o
quelle che costituiscono le nubi ,deve essere inferiore a 0 °C, il ghiaccio si può formare
anche quando è negativa la temperatura della superficie dell'aereo proveniente da quote più
elevate.
Si deve richiamare l'attenzione sulla possibilità di formazioni di ghiaccio volando sotto le
nubi (VFR) quando:
- il livello dell'isoterma 0 °C sia al di sotto del nostro livello di volo;
una qualsiasi stazione meteorologica della zona (anche non in montagna) abbia
segnalato il tempo presente con uno dei gruppi precedentemente indicati, relativi alle
precipitazioni che gelano.
Ghiaccio da pioviggine o da pioggia
Queste condizioni si presentano frequentemente volando sotto un fronte caldo. Le gocce di
pioggia possono provenire da nubi medie, Altostrati o Nembostrati, ed avere iniziato il proprio ciclo
come cristalli di ghiaccio o piccoli fiocchi di neve, che si è sciolto nell'attraversare uno strato a
temperatura positiva. Sotto il fronte caldo l'aria è più fredda , in questo caso si hanno formazioni di
ghiaccio prevalentemente di tipo compatto vitreo.
Ghiaccio da neve
Specialmente se la neve è mista a pioggia quest'ultima è spesso in condizioni di sopraffusione,
gela all'impatto e forma la base sulla quale si deposita anche la neve, dando luogo a formazioni
piuttosto pesanti.
Quando la neve è molto fredda e asciutta, del tipo «granuli di ghiaccio», brevi rovesci
accompagnati da folate di vento, non vi è presenza di acqua e quindi non aderisce alle superfici
dell'aereo.
Ghiaccio al rotore principale
Le pale del rotore, che si muovono più velocemente di qualsiasi altra parte dell'elicottero,
volando sotto le nubi nella pioviggine e nella pioggia a temperatura inferiore a 0 °C, incontrano un
maggior numero di goccioline di acqua sopraffusa; per questo motivo vi sarebbero le condizioni
favorevoli per un accumulo più rapido del ghiaccio. Tuttavia la compressione dell'aria al bordo
d'attacco comporta un aumento di temperatura, più elevato all'estremità delle pale, e quindi il
ghiaccio tende a formarsi piuttosto sulle zone centrali del rotore, che ruotano a minor velocità
periferica.
Ghiaccio al carburatore
Uno dei pericoli maggiori, per i motori a pistoni, è costituito dal ghiaccio interno, cioè al
carburatore, in quanto si possono avere formazioni anche con temperature di molto superiori allo
0°C, poiché la depressione a valle della farfalla e l'evaporazione del carburante provocano un
intenso raffreddamento, mediamente dell'ordine di 15°C, ma che può raggiungere anche i 20°C, il
che può portare alla formazione di ghiaccio.
Questo fenomeno non deve quindi essere associato esclusivamente alla stagione fredda, come
si sarebbe portati a fare, in quanto può presentarsi anche in piena estate, quando esistano
determinate condizioni di temperatura e d’umidità.
Le condizioni esterne favorevoli sono date soprattutto dall'alta umidità relativa, generalmente
superiore all'80%, e temperatura inferiore a 20°C; è bene che sia conosciuto l'abbassamento di
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temperatura che si può avere nel carburatore del proprio motore, in quanto è una caratteristica che
varia dall'uno all'altro.
Le condizioni esterne trovano un concorso favorevole alle formazioni di ghiaccio al
carburatore quando si vola a gas ridotto, la farfalla è molto chiusa e l'espansione della miscela a
valle della farfalla è maggiore. La formazione di ghiaccio al carburatore ostacola l'afflusso del
carburante, e può giungere ad impedirlo completamente; si ha un funzionamento complessivamente
irregolare del motore con diminuzione della pressione di alimentazione e del numero dei giri, primo
indizio, questo, delle formazioni di ghiaccio.
Ghiaccio alla presa d'aria della turbina
Nell'elicottero il ghiaccio nel sistema di alimentazione si può formare in diverse parti del
sistema e per cause diverse.
Si possono avere formazioni di ghiaccio sul filtro della presa d'aria di alimentazione a causa
dell'impatto di goccioline di acqua sopraffusa o neve su superfici che hanno temperature inferiori a
0°C.
Nei motori a turbina il ghiaccio sulle palette del compressore può provocarne lo stallo.
Litometeore
La caligine è una litometeora che può interessare il volo. Consiste in una sospensione
nell'atmosfera di piccolissime particelle secche, in concentrazione tale da ridurre abbastanza la
visibilità e dare all'aria un aspetto opalescente ed una colorazione dal rossiccio al grigiastro. E’
sempre associata a condizioni di aria stabile e regime anticiclonico durante la stagione estiva.
Occupa le regioni più basse dell'atmosfera e quindi particolarmente il fondovalle.
Elettrometeore
Tra le poche elettrometeore citiamo i «fuochi di Sant'Elmo», scariche elettriche luminose, di
piccola intensità, che emanano dalle eliche o dalle estremità delle ali degli aeromobili,
assolutamente innocue.
Al temporale, data la sua importanza e pericolosità, dedicheremo una trattazione particolare.
I moti dell'aria. Il vento e la turbolenza
Le correnti ascendenti e discendenti, come componenti verticali dei moti dell'aria, non
possono invece essere percepite da un osservatore e, specialmente in montagna, sono così spesso
associate al movimento orizzontale da rendere difficile un esame separato.
Il vento è dovuto alla forza determinata dal gradiente barico ( differenza di pressione),
modificata dall'intervento della forza deviante dovuta alla rotazione terrestre: per il vento in quota,
l'equilibrio tra queste due forze determina il vento geostrofico. Interviene anche la forza centrifuga e
si hanno i venti di gradiente, ciclonico . Il termine è complicato, ma almeno ricorda le forze che
sono in equilibrio. Quando si tratta di venti al suolo le considerazioni fatte devono essere riferite
alle isobare ed alle forze elencate si aggiunge l'azione dell'attrito con la superficie terrestre.
In linea generale si considera debole un vento sino a 10 nodi di velocità, moderato da 10 a 20
nodi, forte se superiore a 20 nodi. Il vento è teso, quando la sua velocità è costante o varia entro
limiti molto ristretti; a raffiche se la velocità massima, le cosiddette «punte» o raffiche, superano
quella media di almeno 10 nodi; di groppo quando, insieme ad una velocità rilevante, presenta
frequenti e repentine variazioni di direzione. Le correnti ascendenti sono determinate dal
surriscaldamento di una zona della superficie terrestre rispetto a quelle circostanti nelle quali, per
ristabilire l'equilibrio delle pressioni, si avranno correnti discendenti (complessivamente: «moti
convettivi»). In montagna le correnti ascendenti sono anche determinate dal flusso dell'aria che
investe una montagna isolata, o, con effetti molto più rilevanti, il versante sopravvento di una catena
montuosa. Le correnti discendenti si manifestano nella zona sottovento e sono spesso associate a
fenomeni di stau sopravvento, cui appunto fa riscontro il foehn nel versante sottovento; sono anche
presenti quando particolari condizioni di soleggiamento dovute alla orografia ed alla esposizione
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pongono i due versanti di una valle in condizioni termiche differenti; ed infine quando spirano i
venti catabatici o di caduta, dovuti alla discesa verso i fondovalle dell'aria fredda dopo il tramonto,
venti non trascurabili particolarmente quando provengono da un ghiacciaio.
La turbolenza è un fenomeno conseguente ai movimenti dell'aria ed è proporzionale al
gradiente della variazione vettoriale del vento, o brevemente «gradiente del vento»; è rimasta
nell'uso corrente la denominazione wind shear o anche shear.
I MOVIMENTI DELL'ARIA. VENTO E TURBOLENZA IN MONTAGNA
Generalità
Il vento e la turbolenza sono quasi sempre presenti in quota anche in condizioni di tempo
buono ed è necessario dedicare una attenzione particolare a questo argomento, poiché gli aeromobili
considerati sono molto sensibili ai loro effetti. I due fenomeni sono così strettamente connessi da
renderne difficile un esame separato: le variazioni del vento e delle correnti verticali finiscono per
essere percepite dal pilota unicamente sotto forma di turbolenza di varia intensità. L'intensità della
turbolenza dipende :
- dalla velocità del vento ed dalla sua direzione rispetto agli ostacoli;
- dal tipo ed dalle dimensioni della configurazione orografica, cioè dei rilievi
che modificano la direzione o alterano la velocità del flusso;
- dalle condizioni di equilibrio dell'atmosfera.
L'orografia e Il vento
I rilievi costituiscono un ostacolo al flusso dell'aria e, a seconda della loro forma e
dimensione, rappresentano qualcosa di simile ad uno sbarramento sul fondo di un canale, ai grossi
macigni che si trovano nel letto dei torrenti, ai piloni dei ponti in un corso d'acqua, che costringono
il fluido a deviare, ad aggirare l'ostacolo o a superarlo, determinando nel moto, normalmente
laminare, delle perturbazioni che lo rendono ondulato e vorticoso.
Per una data altezza del rilievo rispetto alla pianura, questo profilo consiste in un pendio
sopravvento che abbia una lunghezza pari ad almeno una volta e mezza ed in un versante sottovento
che si estenda per una lunghezza uguale a tre volte l'altezza del rilievo. Le perturbazioni del flusso
sono di tipo diverso, a seconda della forma dell'ostacolo, e la loro intensità è proporzionale alla
velocità del vento ed alle dimensioni dell'ostacolo stesso.
I principali effetti dell'orografia sul vento consistono in:
aumento di velocità in corrispondenza dei lati nell'aggirare l'ostacolo, ed in
corrispondenza della sommità nel superarlo, per il ben noto effetto Venturi; l'aumento di
velocità è maggiore in aria stabile;
diminuzione della pressione statica in corrispondenza delle zone di aumento della
velocità (Bernoulli); conseguenti errori dell'altimetro, che indicherà un livello superiore a
quello reale;
formazione di correnti ascendenti sul versante sopravvento, attenuate se l'aria è
stabile, accentuate se l'aria è instabile;
formazione di correnti discendenti sul versante sottovento, accentuate se l'aria è
stabile, attenuate se l'aria è instabile;
formazione di vortici.
La
distinzione più importante circa gli effetti sul vento riguarda una catena montuosa ed
un rilievo isolato: in una catena montuosa tutta la massa d'aria è costretta a superarla deviando verso
l'alto, mentre in un rilievo isolato la massa d'aria tende ad aggirare l'ostacolo, e solamente una
piccola parte lo supera in alto. Le correnti vengono in entrambi i casi alterate sino ad un certo
livello che costituisce il limite superiore della zona di influenza.
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Le condizioni di equilibrio e il vento
L'aria è dotata di un proprio peso e quindi il vento nei bassi strati dell'atmosfera tende a
seguire il profilo del terreno. Quando l'aria è stabile, questa condizione contribuisce a far rimanere
l'aria ancora più aderente alla superficie terrestre: pertanto attenua i moti ascendenti e rinforza quelli
discendenti. Vedremo in seguito che la stabilità è una delle condizioni per la formazione delle
«onde orografiche». L'aria instabile, con la sua tendenza a salire, non grava sugli strati più bassi, e,
pertanto concorre ad accentuare i moti ascendenti e ad attenuare quelli discendenti.
Altezze di influenza
L'altezza d'influenza si può considerare di circa un terzo dell'altezza del rilievo rispetto al
suolo circostante per una montagna isolata, mentre per le catene montuose diviene circa il triplo
dell'altezza della catena sul suolo circostante. Essa dipende anche dalla velocità dei vento, e
pertanto con venti forti l'altezza d'influenza dei rilievi può aumentare notevolmente, giungendo sino
a 4 o 5 volte l'altezza del rilievo sul terreno, anche nel caso di un rilievo isolato.
Vortici
Per quanto riguardala formazione dei vortici, nel caso di un rilievo isolato il loro asse di
rotazione tende ad assumere l'andamento del profilo del rilievo visto nel senso del flusso dell'aria;
se questa è stabile vi è una certa prevalenza delle parti oblique del vortice, poiché quasi tutta l'aria
tende ad aggirare l'ostacolo piuttosto che a superarlo; nel caso di una catena montuosa i vortici sono
ad asse orizzontale, i vortici sono stazionari se i venti sono deboli, migratori se i venti sono
moderati o forti.
Quando l'ostacolo presenta delle irregolarità nel versante sopravvento o ai lati dell'ostacolo, si
possono formare dei vortici particolari: ad asse verticale se le discontinuità nella forma hanno un
andamento verticale, come sproni sporgenti; ad asse orizzontale quando l'ostacolo presenta invece
delle balze o gradini.
Aumento di velocità
Altri effetti dell'orografia sui moti dell'aria, e in particolare sulla velocità dei vento, sono dati
dalle variazioni delle sezioni di scorrimento dell'aria, per cui nelle gole e nei passi la velocità del
vento può aumentare notevolmente. Questo aumento di velocità si può anche verificare per tutta la
lunghezza di una valle quando vi sia una differenza di pressione tra le due estremità e può
permanere anche dopo che il vento ha lasciato lo sbocco della gola, del passo o della valle. Allo
sbocco, per l'improvviso aumento della sezione, si possono avere vortici ad asse verticale sui due
lati. Altrettanto accade quando vi sia un restringimento della sezione della valle dovuto alla
presenza di uno sprone. Il risultato è un vortice ad asse verticale a valle di questo. Particolari
vortici complessi e risucchi di aria si verificano in corrispondenza della confluenza di valli o dello
sbocco di una valle secondaria in una principale, specialmente se l'innesto è ad angolo retto.
In mancanza di riferimenti, per determinare localmente il vento al suolo, o averne una
conferma, è necessario il lancio di un fumogeno, e l'operazione può divenire indispensabile quando
si debba effettuare un atterraggio.
Il vento e l'altitudine
E’ noto che la direzione del vento al suolo presenta una deviazione verso le basse pressioni,
rispetto alle isobare, formando con queste un angolo variabile a seconda dell'intensità dell'attrito;
ma in montagna l'influenza dei rilievi è tale da non poter prendere in considerazione tale regola.
La velocità del vento, in generale, aumenta con la quota, e sebbene non si possano stabilire
regole precise, per il regime medio dei venti sono state messe in evidenza quattro zone distribuite in
senso verticale:
la 1^ zona, dalla superficie terrestre a circa 1.500 ft di altezza, corrisponde allo strato
d'attrito, nel quale il vento risente l'influenza della superficie terrestre, e presenta velocità
crescenti piuttosto rapidamente con l'altezza
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la 2^ zona, da 1.500 ft a 2.000 ft circa di altezza, in cui la velocità tende a diminuire
leggermente;
- la 3^ zona, da 2.000 ft a 5.000 ft circa di altezza, ove la velocità aumenta
leggermente, ma in modo alquanto irregolare;
- la 4^ zona, al di sopra dei 5.000 ft di altezza, ove la velocità è in aumento costante e
abbastanza regolare con la quota;
Variazioni diurne del vento in montagna
I venti in quota, in un periodo di tempo limitato, si mantengono abbastanza costanti, almeno
in misura tale da non indicare che vi siano variazioni dovute all'alternarsi del giorno e della notte. I
venti al suolo, pur essendo determinati dalla distribuzione della pressione, subiscono anche
un'azione di trascinamento da parte dei venti in quota, dovuta alla viscosità dell'aria, viscosità che
naturalmente è maggiore negli strati più bassi a causa della maggiore densità dell'aria stessa.
In assenza di una distribuzione della pressione che determini venti di una certa intensità
dovuti al gradiente barico, in montagna si stabilisce una circolazione locale di venti periodici a
carattere di brezze, ossia di venti deboli, causati da differenze di pressione di origine termica, con
un comportamento caratteristico nel corso delle 24 ore.
In linea di massima, quando il terreno ha una favorevole esposizione ed una certa pendenza,
può essere interessato dai raggi solari quasi perpendicolarmente. Pertanto il terreno in pendenza si
scalda in anticipo, e più intensamente, rispetto al fondovalle, determinando quella lieve depressione
di origine termica che fa fluire l'aria dal fondo valle verso i crinali dando luogo alle cosiddette
«brezze di pendio» o «brezze di valle». Si tratta di venti di debole intensità, intorno ai 6-8 nodi,
talvolta 10 nodi, che si instaurano a metà mattinata, e la convezione che ha luogo sul versante
riscaldato può sovrapporsi alla brezza vera e propria che così non ha modo di manifestarsi come un
vento ben definito, a meno che questo non si intensifichi localmente per altre cause, quali la
presenza di una gola, di un avvallamento nel crinale, di una configurazione orografica che determini
un restringimento nella sezione di flusso dell'aria aumentandone la velocità per quello che abbiamo
già indicato come «effetto imbuto». L'insolazione delle valli può essere asimmetrica durante tutta
la giornata, come nel caso delle valli orientate da est a ovest; può essere asimmetrica durante il
primo mattino e nel tardo pomeriggio come nel caso delle valli orientate da nord a sud ; in questi
casi vi è un vento trasversale che spira in direzione del versante più riscaldato, determinandovi
correnti ascendenti, mentre sul versante più freddo si instaurano correnti discendenti ,
accompagnate eventualmente, le une come le altre, da vortici ad asse orizzontale. Durante le ore
pomeridiane, con l'intensificarsi del riscaldamento, le brezze di valle tendono a disporsi anche
secondo l'asse longitudinale della valle stessa, nel senso della salita verso lo spartiacque.
Le brezze di pendio o di valle, hanno raramente molto significato, per la loro modesta
intensità a meno che, come vedremo, non vi siano altre cause che concorrano ad intensificarle, e
non solo localmente come nel caso della presenza di una gola citato prima.
A necessario tuttavia sottolineare la distinzione che vi può essere tra le «brezze di valle», che
spirano dalla valle verso monte salendo lungo i versanti che, per primi, sono interessati dal
soleggiamento asimmetrico, e sono limitate a uno spessore di 300-500 ft, e quelle che si instaurano
quando entrambi i versanti della valle hanno subito l'influenza del soleggiamento, cioè nelle prime
ore pomeridiane, e che sarebbe piú opportuno chiamare, per la loro intensità, venti di valle. Il
vento, in questa fase, spira lungo l'asse longitudinale della valle, nelle ore di maggiore insolazione,
con un moto complessivo verso lo spartiacque che può raggiungere velocità di 10-20 nodi
interessando uno spessore di 500-1.000 piedi. Il suo senso può anche essere l'opposto di quello del
vento dovuto al gradiente di pressione ed in questo caso la velocità e lo spessore interessato sono
quelli indicati come valori inferiori .
Durante la notte il raffreddamento sul terreno in pendenza ha luogo prima che in pianura o sul
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fondovalle (rammentiamo che, specialmente in un fondovalle, si raggiungono, sia pure con ritardo
rispetto alle cime, le temperature massime più elevate), l'aria diviene più pesante di quella che si
trova alla medesima quota in mezzo alla valle e tenderà a scendere lungo il pendio dando luogo alle
«brezze di monte», dette anche «venti catabatici». Queste sono, a parità di condizioni orografiche,
leggermente più intense delle corrispondenti brezze di valle, e quando la pendenza del terreno è
notevole, oppure l'aria ha subito un forte raffreddamento (ad es. da permanenza su un ghiacciaio) la
loro intensità può raggiungere valori ancora più alti assimilandoli a vere e proprie correnti
discendenti, tanto da farle denominare «venti di caduta ». Anche per le brezze di monte, che dopo il
tramonto in un primo tempo spirano trasversalmente alla valle, dai crinali al fondo, si instaura nel
pieno della notte una corrente secondo l'asse longitudinale della valle nel senso della discesa verso
lo sbocco in pianura, che potremmo chiamare, analogamente a quanto fatto prima, non più brezze
ma venti di monte.
Le catene montuose e le onde orografiche
Effetto delle catene montuose
Quando l'aria investe un ostacolo frontalmente molto esteso, come quello rappresentato da
una catena montuosa, è obbligata a superarlo e si vengono a determinare i fenomeni più rilevanti;
tuttavia se il profilo della sezione è abbastanza regolare anche i suoi effetti sul vento sono
prevedibili, almeno qualitativamente.
In generale quando i rilievi hanno una forma aerodinamica ed una superficie senza irregolarità
ed ostacoli minori (vegetazione alta, boschi, ecc.) il flusso non viene eccessivamente alterato,
mentre più sono ripidi e tormentati, più intensi sono gli effetti sul flusso dell'aria.
A seconda dell'angolo con il quale il vento investe la catena montuosa, questo può avere la
tendenza a deviare dalla sua direzione per disporsi parallelamente alla catena, specialmente se il
versante sopravvento è molto ripido e l'aria è stabile, determinando così un cuneo di alta pressione,
ma sostanzialmente alla fine l'aria dovrà superare l'ostacolo. Quando il profilo della sezione non è
aerodinamico il flusso non può conservare la disposizione laminare, e l'urto contro l'ostacolo
determina una perturbazione tanto più grande quanto maggiore è la velocità del vento, la pendenza
del rilievo e le sue irregolarità.
Anche per le catene montuose occorre quindi esaminare i fenomeni e la loro intensità al
variare dei consueti parametri: velocità del vento, dimensioni dell'ostacolo e pendenza dei versanti.
I fenomeni più notevoli consistono nel passaggio da uno scorrimento laminare ad uno vorticoso e
nel graduale aumento della velocità del flusso per il restringersi della sezione libera tra lo
spartiacque e gli strati di aria sovrastanti (effetto Venturi). La velocità raggiunge il massimo in
corrispondenza del crinale, dove si ha anche una diminuzione di pressione (Bernoulli).
Quando la velocità del vento è debole o moderata (tra 10 e 20 nodi), sul lato sopravvento e sul
lato sottovento si formano dei vortici ad asse orizzontale; il loro senso di rotazione è in concordanza
con quello del flusso, ossia corrisponde a quello di una ruota che debba salire e scendere dal rilievo.
Se il vento è debole si ha generalmente un solo vortice stazionario sopravvento ed uno
sottovento, di grandi dimensioni ed in rotazione lenta. Se il vento aumenta di intensità, ed in
particolare quando supera i 20-25 nodi, aumenta in proporzione il numero dei vortici e la loro
velocità di rotazione; essi sono di dimensioni decrescenti con l'altezza; quindi il loro diametro
diminuisce lungo la salita nel lato sopravvento, mentre aumenta lungo la discesa nel lato sottovento,
spostandosi lentamente nel senso del flusso. I vortici del versante sopravvento migrano nel versante
stesso e non superano il crinale, dove prevale la forte velocità del vento che ostacola la loro
avanzata. I vortici del versante sottovento sono generalmente di dimensioni maggiori e possono
ruotare slittando sino a distanze molto notevoli, che sono in rapporto alla velocità del vento, prima
di essere riassorbiti nel flusso laminare.
Sui due versanti la presenza dei vortici può far pensare ad una inversione della direzione del
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vento e delle correnti al suolo, poiché in effetti al livello del terreno sul versante sopravvento si
hanno correnti discendenti e sul versante sottovento correnti ascendenti (vedi a proposito della
rappresentatività del vento rilevato dalle stazioni di montagna). Se la pendenza del versante
sottovento è molto forte, si può formare una zona ai piedi del rilievo nella quale si raccoglie
dell'aria stagnante, che non partecipa al movimento, detta «aria morta»; questa situazione è favorita
quando l'aria è molto stabile .
L'intensità di questo complesso di perturbazioni dei moti dell'aria, oltre che dalla velocità del
vento e dalla forma e dimensioni dell'ostacolo, dipende, come abbiamo detto, anche dalle
condizioni di equilibrio dell'atmosfera. Una atmosfera stabile tende a contrastare i movimenti
ascendenti e ad assecondare quelli discendenti; l'aumento di velocità del vento in corrispondenza
del crinale, e quindi la diminuzione di pressione, sono notevoli; una atmosfera instabile favorisce
invece i moti ascendenti che possono raggiungere livelli elevati. I calcoli teorici tendenti a
determinare l'intensità delle correnti ascendenti e discendenti, l'altezza sino alla quale si spingono,
la distanza sino alla quale si risente l'influenza di una catena montuosa, sopravvento e sottovento,
non sempre concordano con i risultati derivanti da quanto si è potuto riscontrare in volo. La varietà
delle forme dei rilievi e della natura del terreno creano complicazioni difficilmente quantificabili.
Ad esempio, la presenza di boschi che terminano ad una data altitudine, comporta che sul
versante sopravvento, al limite della vegetazione, si formino dei vortici. Se si considerano altri
elementi variabili, quali la distribuzione della temperatura con la quota, il soleggiamento, le
condizioni di equilibrio dell'atmosfera, ci si rende conto delle difficoltà di inquadrate il fenomeno
entro schemi matematici ben definiti.
Le «onde orografiche»
Le catene di montagne sono la causa di quei fenomeni piuttosto vistosi conosciuti sotto nome
di onde sottovento, e che si manifestano quando sono verificate alcune condizioni:
- vi sia un vento quasi perpendicolare alla catena montuosa, con una velocità
di almeno 20-25 nodi sulla linea di cresta (15-20 nodi nella libera atmosfera);
- il vento abbia una velocità in costante aumento salendo in quota
- l’atmosfera sia in condizioni di equilibrio fortemente stabile.
Le onde si possono formare anche se l'angolo tra la direzione del vento e la perpendicolare
alla catena non è superiore a 30° circa, e la componente perpendicolare risulta quella sopra indicata.
Le inversioni termiche in quota favoriscono la formazione delle onde. L'ostacolo che si
presenta al flusso del vento determina negli strati più alti dell'atmosfera, nel lato immediatamente
sottovento alla catena montuosa, un movimento ondulatorio la cui ampiezza diminuisce
allontanandosi dai rilievi: si tratta di onde stazionarie e smorzate. Se l'atmosfera ha uno scarso
contenuto di vapore acqueo la presenza delle onde, e dei fenomeni che, come vedremo, si
accompagnano a queste, interessando gli strati più bassi, si può dedurre solamente:
- dalla osservazione di stazioni di montagna che segnalino un vento quasi perpendicolare alla
catena superiore a 20-25 nodi;
- dall'esame delle carte in quota sino al livello interessato, dalle quali si possa dedurre la
presenza di un vento che abbia le caratteristiche necessarie.
In presenza di onde orografiche, sul versante sottovento dei rilievi, l'aria che supera lo
spartiacque talvolta scende a valle senza staccarsi dal pendio, e quindi non si ha la formazione dei
vortici sottovento. Si ha comunque la fortissima turbolenza collegata ai rotori, che sono localizzati
ai piedi del versante sottovento anziché lungo il versante stesso. Quando una catena di montagne
presenta nel suo profilo delle irregolarità non è difficile dedurne le conseguenze.
Se i versanti non sono a pendenza uniforme ma presentano delle balze, a somiglianza di
enormi gradini, e la velocità del vento sia da moderata a forte, si formano dei vortici preferenziali
stazionari, che sono disposti in serie quando le balze sono molteplici, con turbolenza non
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trascurabile tra due vortici contigui. Se le balze sono molto accentuate, ed ancora più se sono tanto
profonde da assumere le caratteristiche di un avvallamento, possono anche formare un angolo
morto: se l'aria è fredda ed in condizioni di stabilità, è possibile che nell'avvallamento ristagni aria
fredda che agisce nel senso di eliminarne l'effetto come se il pendio fosse uniforme.
I rilievi isolati e il vento
Anche per i rilievi isolati si possono avere diversi comportamenti del flusso a seconda della
forma e delle dimensioni dell'ostacolo, ma gli effetti sono molto meno rilevanti ed il fatto stesso di
avere una ampia libertà di manovra intorno al rilievo consente di attribuire una minore importanza
agli effetti sui moti dell'aria. I rilievi con versanti a piccola pendenza e grande sviluppo di base, che
quindi si avvicinano al profilo aerodinamico, non determinano forti perturbazioni, se si eccettua il
normale aumento della velocità del vento sui fianchi e sulla vetta e la conseguente diminuzione di
pressione. L'aumento di velocità è maggiore in aria stabile. In concomitanza con l'instaurarsi di
una lieve depressione nelle ore più calde, la circolazione del vento intorno al rilievo comporta un
maggiore rinforzo del vento sul lato destro ed un minore rinforzo sul lato sinistro (destro e sinistro
si riferiscono al rilievo visto con le spalle al vento).
I rilievi isolati con versanti a forte pendenza e base ristretta possono dare formazione di
vortici ad asse verticale, soprattutto nella zona sottovento, tanto più accentuati quanto più netto è il
profilo. Questo effetto si manifesta anche nel caso di picchi o guglie emergenti da un crinale o da
uno spartiacque.
Un caso singolare può essere offerto considerando gli effetti prodotti sul vento dalla presenza
di una diga o una parete .
Si tratta di un ostacolo a parete quasi verticale, ed occorre distinguerne gli effetti secondoché
il vento provenga da valle o da monte.
Quando il vento proviene dalla valle, l'urto contro la diga avviene con una certa componente
verticale dovuta sia all'andamento del terreno, che generalmente è in salita, sia alla forma del
«profilo» della diga, che per ragioni strutturali va restringendosi dalla base alla sommità, spesso con
un andamento curvo, oppure è costituito da una sezione a triangolo per circa due terzi dell'altezza
della diga. Si determinano vortici ad asse orizzontale dei quali il più basso interferisce con la
formazione di quelli più alti determinando una turbolenza molto irregolare. La velocità del vento
aumenta in corrispondenza della sommità della diga, così come avviene sul crinale di una catena
montuosa.
Quando il vento proviene da monte, sul lato sottovento della diga si formano delle correnti
discendenti con grandi vortici ad asse orizzontale, di dimensioni che aumentano verso valle
L'intensità della perturbazione del moto dipende quasi completamente dalla velocità del vento: le
dimensioni dell'ostacolo è sempre modesto rispetto a quello di una catena montuosa.
Data la grande complessità dei moti dell'aria nell'ambiente della montagna, sia quando si
passa dalla pianura alla regione montuosa, sia quando si prosegue il volo in una zona che presenta
un cambiamento delle caratteristiche morfologiche. ossia nell'andamento del terreno, è opportuno
ridurre la velocità a quella stabilita da manuale d’impiego per le operazioni in atmosfera turbolenta.
E’ essenziale essere preparati ad affrontare un cambiamento nei moti dell’aria ed una turbolenza
improvvisa. Si può trattare di una precauzione superflua, perché non è detto che ad un
cambiamento della orografia debba necessariamente associarsi la turbolenza, ma la sua comparsa
repentina è sempre sgradevole se ci coglie impreparati.
LE MANIFESTAZIONI TEMPORALESCHE
Condizioni per lo sviluppo di un temporale
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Le tre condizioni necessarie per lo sviluppo di un temporale sono le seguenti:
che abbia luogo il sollevamento iniziale (quello che si è chiamato «innesco») di una
massa d'aria; questa può essere costituita da una «bolla» o «cellula» di dimensioni limitate,
variabili da alcune centinaia di metri a qualche chilometro di diametro, quando il sollevamento
è dovuto a cause termiche, come il surriscaldamento che si verifica al di sopra di un
agglomerato urbano; oppure può trattarsi di una massa più consistente, quando il sollevamento
è dovuto ad un fronte o ad una catena montuosa, nel qual caso la massa d'aria ne assume il
rispettivo sviluppo in lunghezza, presentandosi come un immenso rotolo che scorre in salita;
che esistano condizioni di equilibrio instabile, affinché il movimento ascendente
possa proseguire in maniera autonoma dopo l'innesco del sollevamento iniziale;
che vi sia una alta umidità relativa, che si traduce nella presenza della materia prima
necessaria per la formazione della grande nube temporalesca,
e delle successive
precipitazioni.
Le
condizioni diventano estremamente favorevoli quando la temperatura al suolo e negli
strati inferiori è molto alta: ciò comporta forte instabilità ed elevato contenuto effettivo di vapore
acqueo.
La differenza tra i vari tipi di temporale risiede nella causa che determina l'innesco iniziale:
- nei temporali di origine termica (detti anche convertivi, o di calore o di massa d'aria) il
sollevamento iniziale è causato da una zona della superficie terrestre che, per la sua particolare
natura, è soggetta ad un certo surriscaldamento rispetto alla zona circostante, e dà luogo ad una
«bolla» o «cellula» ascendente di aria;
- nei temporali di origine frontale (generalmente da fronte freddo) il sollevamento iniziale
è causato dalla massa di aria fredda che si incunea sotto l'aria calda adiacente determinando un
sollevamento vigoroso; anche nei fronti caldi, quando la massa d'aria calda in scorrimento
ascendente sopra quella fredda è notevolmente instabile o se raggiunge il livello di libera
convezione, si hanno fenomeni temporaleschi ;
- nei temporali di origine orografica l'innesco è dato dal sollevamento forzato che subisce
la massa d'aria in movimento verso una catena montuosa quando raggiunge il versante
sopravvento (temporali da stau);
I temporali
L'esame dei fenomeni temporaleschi potrebbe essere limitato a quelli di origine orografica,
anche se per questi, come si è detto, può coesistere una causa termica dell'innesco. Quando un
fronte vigoroso o una linea di groppi che talvolta lo precede, in poche parole un fronte
temporalesco, raggiunge i rilievi, la sua attività viene aumentata dall'azione dinamica dei versanti
sopravvento e gli fa assumere caratteristiche di particolare violenza. In ogni caso rammentiamo
che la struttura del temporale, le tre fasi della sua evoluzione ed i fenomeni che si succedono nel
corso dell'evento sono simili, quale che ne sia stata l'origine. La differenza è nella intensità dei
fenomeni. Se il temporale, orografico o termico, si sviluppa presso un rilievo isolato è possibile la
sua localizzazione e l'aggiramento, poiché anche il temporale, in questo caso, sarà costituito da una
singola cellula. Se invece si ha una catena montuosa o un sistema di rilievi piuttosto complesso, i
temporali orografici sono talmente numerosi da costituire una barriera che non è possibile evitare se
non superandoli in alta quota. 1 temporali orografici sono, nel loro complesso, tendenzialmente
stazionari, proprio perché connessi alla presenza dei rilievi.
Potrebbe tuttavia trattarsi di
manifestazioni collegate ad un fronte temporalesco che si spostano insieme con questo, anche se
rallentate dai rilievi.
Fermo restando che non è da prendere in considerazione l'eventualità di una volontaria entrata
nella nube temporalesca, rimangono da esaminare alcuni particolari aspetti di questo problema, e
soprattutto quali sono le implicazioni per il volo sotto una nube di natura convertiva, nell'ipotesi che
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non sia proprio possibile farne a meno.
Il volo e i temporali
Nella eventualità di essere sorpresi da un temporale è consigliabile lasciare la zona il più
rapidamente possibile, dirigendosi di preferenza ove il terreno degrada per non dover affrontare il
problema di guadagnare quota che potrebbe presentare difficoltà a causa di correnti discendenti. I
pericoli costituiti dai fenomeni temporaleschi sono tali e tanti da non dover neppure considerare
l'eventualità di entrare nella nube, meno che mai in mezzo alle montagne. Il volo al di sotto di una
nube temporalesca presenta vari pericoli:
a)
Riduzione della visibilità entro le precipitazioni, specialmente se molto forti
(rovesci) o solide (granuli di ghiaccio, gragnola, grandine).
b) Danni provocati dalla grandine, che dipendono dalle dimensioni dei chicchi, dalla
loro velocità di caduta e dalla struttura dell'aeromobile; la grandine è costituita da globuli o
chicchi di ghiaccio, di diametro superiore a 5 mm, che cadono sia separatamente, sia
agglomerati in pezzi irregolari. I più grandi, caduti negli Stati Uniti (Nebraska, 1928 e Kansas,
1973), misuravano 43 e 44 cm di diametro e pesavano 680 766 grammi rispettivamente. Una
velocità di caduta di 30-40 nodi è normale poiché la grandine, oltre che per gravità, è sovente
lanciata verso il basso dalle correnti discendenti, tanto che è stata persino registrata una velocità
di 160 nodi. Si è riscontrata anche la presenza di grandine scagliata dalle correnti ascendenti
all'esterno della nube, intorno ai fianchi, come gli zampilli di una fontana.
Implicazioni per il volo
L'incontro con lo shear sottopone l'aeromobile a sollecitazioni che potrebbero essere ,superiori
ai limiti costruttivi; ammesso che possa essere attraversato senza danno si deve essere preparati al
cambiamento del senso del vento e tenere sotto controllo la TAS. Con il vento inizialmente in prua,
la sua caduta, il cambiamento di direzione o il passaggio ad un vento in coda determinano una
improvvisa diminuzione della TAS. Per riportarla ai valori normali occorrono alcuni secondi
durante i quali l'aeromobile perde quota. Dato il pericolo costituito da questo fenomeno nelle fasi di
decollo e di atterraggio, su alcuni aeroporti è già installato il sistema SODAR (Sound Detection
And Ranging), una specie di ecoscandaglio che fornisce informazioni sul vento sino all'altezza di
1.000 ft per l'individuazione dello shear, nei bassi strati. L'incontro con un downburst può
provocare l'impatto col suolo ed i venti divergenti sono di tale intensità da influire sulla TAS in una
misura che non consente recuperi.
L'identificazione dello «shear» e del «dlownburst» in volo
Si può solamente dare qualche indicazione, peraltro abbastanza vaga, sulla «possibilità» che
si verifichino in una certa zona, sempre piuttosto vasta, senza peraltro poter indicare né il luogo né
il momento. Le condizioni essenziali perché si possano verificare questi eventi distruttivi sono il
forte contrasto di temperature tra l'aria che staziona sul luogo e quella in arrivo, generalmente con
un fronte freddo, una elevata umidità relativa, che insieme alla alta temperatura significa arche
elevato contenuto di vapore, ed una fortissima instabilità. In questo caso, insieme alla previsione
dei fenomeni temporaleschi, si indica genericamente la possibilità di «colpi di vento», intendendo
con questo termine ogni possibile alterazione violenta del flusso dell'aria.
Il fulmine
Il fulmine è fonte di ulteriori preoccupazioni. Esso provoca danni quando è ostacolato nel suo
tentativo di andare da un punto ad un altro e quindi colpisce l'aeromobile in volo quando tra
l'alternativa di percorrere un massa metallica oppure l'aria, incontra una resistenza minore nel
percorrere la massa metallica. Queste preferenze del fulmine infastidiscono alquanto il pilota, che
non può influire sulle sue scelte, ma a questo provvede il costruttore.
Se il fulmine colpisce un aeromobile e nel suo percorso tra entrata e uscita incontra una
sostanziale continuità della massa metallica, senza interruzioni o contatti precari, esso non
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provocherà danni, o li provocherà in misura minima. La costruzione interamente metallica
dell'aeromobile è quindi presupposto essenziale per la sicurezza nei riguardi del fulmine, perché la
struttura metallica si comporta come un grosso conduttore per convogliare il fulmine verso il punto
di uscita senza che penetri all'interno, ossia come la nota «gabbia di Faraday». La tendenza è di
eliminare i materiali plastici e isolanti situati nelle intercapedini e collegare tutte le parti metalliche
in modo che non vi sia soluzione di continuità dal punto di vista elettrico.
Il pericolo per gli occupanti può essere rappresentato, oltre che dall’abbagliamento, dallo
scorrimento della scarica all'interno del parabrezza o degli altri finestrini, e questo caso può essere
considerato solamente se il fulmine colpisce l'aeromobile in prossimità dei trasparenti: ciò è poco
probabile perché il fulmine ha una spiccata preferenza per le parti metalliche. In particolare, per
quanto riguarda l'equipaggio, esso si trova a distanza sufficiente dal parabrezza per essere
interessato dallo scorrimento del fulmine nell'ipotesi che esso colpisca questa zona. I serbatoi sono
recipienti non metallici, separati dal rivestimento dell'aeromobile. Tuttavia l'incendio del
carburante si può verificare al passaggio della scarica a causa dello scintillio tra il tappo e la parete
del serbatoio o della fusione di cavi elettrici che attraversano la struttura nelle sue vicinanze. Per
questo motivo i tappi sono ormai quasi sempre in materiale plastico. Gli sfiati dei serbatoi ed il
bocchettone di rifornimento sono a massa con la fusoliera e collocati dove le probabilità di essere
colpiti sono molto scarse. Inoltre gli sfiati sono muniti di un coperchio a griglia che impedisce
l'entrata di una scarica all'interno dei serbatoi (il flame arrestor, che agisce come la griglia nella
lampada dei minatori), ma che talvolta si copre di ghiaccio essendo situato in una zona in
depressione. In tal caso lo sfiato non funziona, ma non per questo si deve eliminare il flame
arrestor. Gli impianti elettrici e radio sono particolarmente suscettibili di essere danneggiati dal
fulmine; l'avionica transistorizzata e i display digitali sono particolarmente soggetti a danni, sia
nella parte antenne, sia negli apparati, perché i fusibili saltano quando il danno è avvenuto. La
protezione consiste nel convogliare la corrente della scarica verso la struttura circostante anziché
all'interno dei cablaggi.
Per quanto riguarda gli elicotteri si è constatato che quasi sempre il fulmine colpisce
l'estremità di una pala del rotore principale e fuoriesce attraverso il carrello a pattini. In questo caso
il rivestimento protettivo (in acciaio inox) del bordo d'entrata della pala conduce la corrente sino al
mozzo del rotore principale. Il fulmine provoca danni modesti alla pala, tali da non costituire un
pericolo per la sicurezza del volo. Le trasmissioni, i motori e i comandi assicurano la necessaria
continuità elettrica con la struttura. I cuscinetti di estremità delle aste e delle bielle dei comandi,
essenziali per la condotta dell'elicottero, sono in grado di trasmettere i valori di corrente necessari
per evitare danni, ed i medesimi accorgimenti sono applicati per le pale del rotore di coda. I! pilota
non può fare molto per sottrarsi alle implicazioni, piccole o grandi, dovute al temporale ed ai
fenomeni connessi, fuorché cercare di evitarlo. Sono pochi i motivi validi per correre rischi inutili.
PROBLEMATICHE DEL VOLO IN MONTAGNA
Effetti fisiologici e psicologici sul pilota
L’equipaggio abituato a volare in VFR a contatto visivo con il terreno in pianura, si
accontenta sovente di mantenere una quota di solo 500 piedi da terra senza alcuna preoccupazione
riguardante gli effetti fisiologici del volo. Quando deve volare in montagna, invece, dovrà
ricordarsi di quanto ha appreso durante il corso basico e che non ha mai avuto necessità di tenere
presente: le nozioni di medicina aeronautica.
Nel nostro caso, considerando le massime altitudini delle catene montuose , che si
identificano con quelle delle nostre Alpi, si può spingere l'esame a quanto può accadere sino
10.000-16.000 piedi (3.000-5.000 m).
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L’equipaggio che vola con un aeromobile non pressurizzato è soggetto a subire gli effetti
della diminuita pressione atmosferica con i suoi riflessi sulla respirazione e sulla ossigenazione dei
tessuti.
Anossia
Il pericolo principale è costituito dall'anossia, cioè da quella condizione che si verifica quando
i tessuti non ricevono ossigeno nella quantità sufficiente ad assicurare il loro normale
funzionamento. Tra questi, in particolare, il cervello è l'organo che ne risente maggiormente.
In linea di massima le condizioni fisiologiche passano attraverso le fasi seguenti:
sino a 7.000 ft: normali;
intorno ai 10.000 ft: diminuzione dei riflessi;
intorno ai 15.000 ft: esaltazione dei riflessi.
La conseguenza piú grave è costituita dalla diminuita capacità di giudizio che non consente di
avvertire i sintomi o porta a sottovalutarli; questa condizione si instaura proprio quando anche
l'ambiente richiede una valutazione rapida di situazioni che cambiano continuamente e richiedono
decisioni altrettanto rapide e coerenti. Gli effetti negativi si intensificano aumentando la
permanenza in quota. Non si dovrebbe rimanere più di mezz'ora oltre i 10.000 piedi, e naturalmente
il tempo di permanenza tollerabile diminuisce con l'aumentare dell'altitudine.
Vertigine
Un altro pericolo è costituito dalla vertigine, che tende a manifestarsi anche nel personale che
ne è normalmente esente, allorché, come accade in montagna, si trova privo di un orizzonte ben
definito da usare quale riferimento per valutare l’assetto. Questa difficoltà riguarda soprattutto il
caso in cui l'aeromobile si avvicina ad una vetta che abbia uno o più versanti in forte pendenza, se
non addirittura a picco. Ne può essere ancor più interessato nel caso dell’elicottero nel volo
stazionario: se l'orizzonte è ben definito si può anche non produrre alcuna sensazione spiacevole,
ma se l’hovering viene effettuato in una zona ove sia presente una vetta isolata o un picco, con le
linee, che ne disegnano il profilo, oblique o quasi verticali, può manifestarsi un senso di
disorientamento, che aumenta se è presente una turbolenza anche debole. Quando l'elicottero debba
effettuare un atterraggio su una vetta che ha queste caratteristiche si può anche determinare una
certa tensione nella manovra.
Effetti psicologici
Non sono da trascurare gli effetti psicologici, soprattutto un certo livello di apprensione che è
inevitabile per il solo fatto di volare in un ambiente diverso da quello al quale si è assuefatti. Solo
l'acquisizione di una sufficiente esperienza può concorrere ad instaurare la fiducia necessaria per
operare con tranquillità nelle nuove situazioni.
Effetti sulle sensazioni di volo
Gli effetti dei rilievi sulle sensazioni di volo sono di vario genere, ma quasi tutti hanno come
conseguenza di determinare istintivamente delle azioni correttive errate o eccessive.
Scomparsa dell'orizzonte reale
In pianura riesce molto facile mantenere la linea di volo ed un assetto corretto, anche durante
le virate, facendo riferimento alla linea dell'orizzonte che «taglia» la prua dell'aeromobile in un
punto caratteristico, facilmente determinabile mediante qualche prova controllata con gli strumenti.
Quando un aeromobile vola nelle zone montane al di sotto delle vette e dei crinali circostanti,
il pilota sarà privo dell'orizzonte reale, che costituisce il principale riferimento nel volo a vista. In
queste condizioni si rende necessaria una frequente lettura degli strumenti di bordo , per evitare che
si possano assumere assetti anomali livellando l'aeromobile con la linea dell'orizzonte apparente;
questo è costituito dal profilo, spesso irregolare, del terreno antistante o del versante elle si ha al
traverso. Si possono anche seguire traiettorie errate considerando come orizzontale, nel senso della
nostra rotta, il terreno sottostante. Per le conseguenze che se ne possono avere sulla valutazione
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della velocità, come vedremo, è necessario tenere d'occhio anche l'anemometro.
In prossimità di un versante che abbia una pendenza lieve o media vi è la tendenza a sollevare
la pala più vicina al rilievo, ossia, per un elicottero a volare con l’asse trasversale parallelo al
terreno; quando invece è molto ripido si tende ad avvicinarsi al rilievo e a volare con l’asse
trasversale perpendicolare al terreno, perché si ha la sensazione che la parete sia verticale.
Come l'andamento del terreno induce ad una errata valutazione dell'assetto, così un assetto
anormale può essere ritenuto corretto dai nostri sensi e dar luogo ad una falsa valutazione delle
pendenze del terreno. Si può comprendere la difficoltà, in un certo senso più psicologica che reale,
insita nel frequente controllo strumentali dell'assetto, mentre sarebbe quanto mai necessario non
distogliere l'attenzione dall'ambiente esterno per la rapida mutevolezza della situazione orografica.
La presenza di un co-pilota o del motorista-meccanico, che si occupi della lettura degli strumenti,
specialmente nei momenti più critici delle missioni con elicotteri, può fornire una preziosa
collaborazione quando si sia raggiunto un buon livello di affiatamento e di reciproca fiducia.
Valutazione delle distanze
Quando si vola verso una parete, un versante, un costone dal colore uniforme, come può
essere quello ricoperto da una vegetazione folta ed ininterrotta, o in direzione dì una superficie
innevata, la valutazione delle distanze presenta difficoltà, specialmente quando manchino punti di
riferimento contrastanti con lo sfondo. Le difficoltà aumentano se la superficie non è soleggiata o,
peggio, se vi è della foschia che attenua ogni contrasto e accentua l'uniformità dello sfondo, oltre ad
influire sulla visibilità vera e propria. Si è già accennato in meteorologia trattando della minore
densità dovuta all'altitudine, dell'effetto sulle indicazioni della velocità all'aria e sullo spazio
necessario per le manovre, dato che la velocità vera è maggiore della velocità indicata. La distanza
di un ostacolo si riduce più rapidamente di quanto si creda, le traiettorie in atterraggio si allungano,
il diametro di una virata d'inversione aumenta di circa il 20 % a 5.000 ft e del 40% a 10.000 ft
rispetto al livello del mare. E importante conoscere perfettamente lo spazio, o il «volume», di
evoluzione del proprio mezzo, sia al livello del mare, sia in quota. Al suo interno non vi debbono
essere ostacoli.
Forma del terreno
La capacità di valutare assetti, angoli e distanze è molto ridotta a causa della forma del
terreno, che oltre a fornire indicazioni e riferimenti scorretti, varia continuamente il suo profilo,
quale che sia il suo reale andamento, viene sempre considerato istintivamente come un riferimento
valido per regolare la direzione dell'asse longitudinale e trasversale dell'aeromobile.
Volo presso il terreno
Nel passare vicino al terreno si ha la sensazione di un aumento della velocità per il fatto che lo
vediamo scorrere più rapidamente. Questo si può verificare volando su un crinale oppure lungo un
costone, una parete o il versante di una valle o nel superamento di una cresta
Terreno in salita
Accade sovente di dover percorrere in salita una valle lungo il suo asse, o di volare sopra un
terreno in lieve pendenza ascendente; poiché l'orizzonte apparente è più alto, si ha la sensazione di
avere un assetto picchiato e quindi si tende a cabrare facendo diminuire la velocità. In mancanza di
controlli strumentali, l'assetto e la velocità dell'aeromobile possono giungere ai limiti .
Terreno in discesa
Volando sopra un terreno in discesa l'orizzonte apparente è situato più in basso dell'orizzonte
reale, e perciò si ritiene di avere un assetto cabrato. La tendenza è di allinearsi con l'orizzonte
apparente e di picchiare, venendo così ad aumentare la velocità .
In modo analogo, dovendo superare una cresta per passare da una valle all'altra, il pilota può
rendersi conto che la traiettoria di salita dell'aeromobile non è sufficiente per consentirgli di valicare
l'ostacolo; in questo caso, anziché tornare subito indietro per impostare correttamente la manovra, il
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pilota continua a cabrare sino .
Effetto luce-ombra
Il passaggio da una zona di terreno soleggiato ad una in ombra produce una sensazione di
oscuramento complessivo, per cui i punti caratteristici del terreno perdono ogni risalto ed occorre
un certo tempo di adattamento per riprendere la padronanza visiva dell’ambiente. Se si usano
occhiali da sole o la visiera del casco è abbassata, è ovvio si debba eliminare una causa che
peggiora la situazione.
Il passaggio da una zona in ombra ad una in luce produce una sensazione di abbagliamento.
Anche in questo caso è necessario un tempo di adattamento che può essere abbreviato con l'uso di
occhiali da sole o abbassando la visiera del casco. Esistono occhiali la cui parte ottica è incernierata
e può essere alzata o abbassata rapidamente senza rimuoverli, ma l'uso del casco deve costituire la
norma, anche per ovvi motivi di sicurezza.
Queste variazioni di luce hanno molta importanza durante l'effettuazione degli atterraggi,
quando viene a mancare il tempo di adattamento alla nuova situazione. Se la zona di atterraggio è
in ombra, è bene effettuare, se possibile, l'intero avvicinamento in ombra. Se la zona di atterraggio
è soleggiata la situazione presenta minori difficoltà ed una parte dell'avvicinamento iniziale può
essere effettuato in ombra. E’ comunque meglio che le condizioni di luce durante l'avvicinamento
non presentino cambiamenti .
In avvicinamento con il sole è ovvio che le migliori condizioni si abbiano con il
sole alle spalle : sappiamo già che in situazioni di foschia anche la visibilità stessa è
migliore; si hanno ancora condizioni buone con il sole al traverso e del tutto
sfavorevoli con il sole basso in prua .
Effetti sulla efficienza dell’aeromobile
Il volo in montagna degli aeromobili si differenzia dal volo a livelli più bassi a causa dei
fattori penalizzanti dei quali si è già parlato: l'altitudine, con le sue conseguenze sulla densità, la
conformazione del terreno per le difficoltà di ordine pratico che ne derivano ed il tempo con i suoi
elementi non sempre localmente prevedibili né determinabili. L'influenza dell'altitudine comporta
una diminuzione nella efficienza del velivolo: di questo argomento si è accennato nella parte meteo
a proposito della densità. Nel prossimo paragrafo se ne vedranno le conseguenze con ulteriori
dettagli.
Effetti dell'altitudine sul volo dell'elicottero
I principali effetti sull'elicottero consistono in:
-diminuzione della potenza del motore,
-diminuzione del rendimento del rotore principale,
-diminuzione dell’efficienza del rotore di coda.
Diminuzione della potenza del motore
La potenza disponibile varia in funzione della quota barometrica e della temperatura (ossia
della densità) e dall'esame dei diagrammi si può rilevare:
a) per motori a pistoni senza compressore
un aumento di 3.000 piedi di quota implica una diminuzione di potenza del 10%;
un aumento di temperatura di 10°C implica una diminuzione di potenza del 2 %;
b) per motori a turbina in generale ( varia con i tipi)
un aumento di 3.000 piedi di quota implica una
diminuzione di potenza pari variabile progressivamente con l’aumentare
dell’altitudine dal 7.5 % al 5.5 %;
un aumento di temperatura di 10 ° C implica una diminuzione di potenza del 7%.
La potenza varia anche in funzione inversa rispetto alla velocità di traslazione, e a velocità
zero (volo stazionario o a punto fisso), con l'aumentare della quota e della temperatura, la potenza
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necessaria aumenta del 5% per ogni 3.000 piedi di quota in più.
La determinazione della potenza necessaria alle varie altitudini per effettuare il volo
stazionario sia con effetto suolo, sia senza, è della massima importanza per il volo in montagna. La
procedura migliore è quella della consultazione preventiva dei grafici del manuale di volo
Diminuzione del rendimento del rotore principale
Indipendentemente dall'altitudine si deve mantenere il medesimo numero di giri del rotore.
Con l'aumento dell'altitudine, per ogni condizione di volo e per ottenere la medesima portanza, è
necessario un maggiore angolo di incidenza mediante l'azione sul collettivo, e questo implica che vi
è meno passo disponibile per un atterraggio di emergenza. L’aumento del incidenza porta la pala
retrocedente più vicina allo stallo e la pala avanzante alla compressibilità, quindi si deve diminuire
la velocità di traslazione quando si aumenta il passo.
Sempre a causa della minore densità è necessario un più ampio movimento del
ciclico per ottenere un cambiamento di assetto ed è necessario un tempo maggiore
perché ogni comando ottenga il suo effetto. Occorre pertanto mantenere il massimo
numero dei giri ed agire sui comandi con molta attenzione e senza movimenti energici.
Diminuzione dell'efficienza dell'elica anticoppia
Per le medesime ragioni anche l'elica anticoppia deve avere un passo maggiore e
la corsa utile della pedaliera sarà minore. Occorre evitare le brusche rotazioni intorno
all'asse verticale.
LA PIANIFICAZIONE
Generalità
«... an accurate pre-flight planning will reduce the workload during flight ... »: Solamente una
accurata pianificazione può evitare molto lavoro durante il volo, che implica problemi difficili da
risolvere, che implica problemi difficili da risolvere quando si hanno preoccupazioni più immediate,
specialmente quando si è «solo pilota» a bordo.
Scelta del periodo
Potendo stabilire il periodo nel quale effettuare un volo, sono sempre preferibili le ore del
mattino in qualunque stagione.
Durante l'estate si eviteranno le ore più calde, con la relativa turbolenza nel migliore dei casi;
durante l'inverno non si corre il rischio di trovarsi ancora tra le montagne verso il tramonto,
ingannati dal fatto che, in quota, la luce dei giorno permane più a lungo e se si attende troppo a fare
ritorno alla base in pianura, o, peggio ancora, in un fondo valle, si troverà già il buio completo.
Caratteristiche e prestazioni del mezzo
Il pilota può determinare le prestazioni del proprio aeromobile utilizzando tabelle o grafici
riportati sul manuale d’impiego fornito dal costruttore . Le prestazioni sono calcolate in funzione
della densità in atmosfera standard, nella quale ad una data densità corrisponde una determinata
altitudine.
La quota densimentrica ( density altitude)
Nell’atmosfera reale , all’altitudine alla quale ci troviamo, in base alla pressione e temperatura
effettive si avrà una certa densità, alla quale, in atmosfera standard, corrisponde una altitudine
diversa che è appunto la altitudine di densità o quota densimetrica o density altitude.
Si riporta la tabella della atmosfera standard (ISA = International Standard Atmosphere)
secondo l'ICAO, nella quale si è scelto il riferimento delle altitudini in «piedi» dato che la maggior
parte degli altimetri di bordo usano questa unità di misura.
ATMOSFERA STANDARD o TIPO o ICAO
(ISA=International Standard Atmosfer)
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Altitudine
ft
m
0
0
500
154
1.000
305
1.500
457
2.000
610
2.500
762
3.000
914
3.500
1.067
4.000
1.219
4.500
1.372
5.000
1.524
6.000
1.829
7.000
2.134
8.000
2.438
9.000
2.743
10.000 3.048
11.000 3.353
12.000 3.658
13.000 3.962
14.000 4.267
15.000 4.572
16.000 4.877
17.000 5.182
18.000 5.486
19.000 5.791
20.000 6.096
Pressione
hpa
1013.25
995.08
977.17
959.52
942.13
925.99
908.12
891,49
875,11
858,97
843,08
811,00
781,86
752,63
724,29
696,82
670,20
644,41
619,43
595,24
571,82
549,15
527,22
505,00
485,48
465,63
Temperatura
°C
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
3
1
-1
-3
-5
-7
-9
-11
- 13
- 15
- 17
-19
-21
-23
-25
Densità
kg/m3
1,225
1,207
1,190
1,172
1,155
1,138
1,121
1,104
1,088
1,072
1,056
1,024
0,993
0,963
0,933
0,905
0,877
0,849
0,822
0,796
0,771
0,746
0,722
0,698
0,675
0,653
Densità relativa
d/do.
1
0,985
0,971
0,957
0,943
0,929
0,915
0,901
0,888
0,875
0,862
0,834
0,811
0,786
0,762
0,739
0,716
0,693
0,671
0,650
0,629
0,609
0,589
0,570
0,551
0,533
Dalla tabella, leggendo da sinistra a destra, si rileva che vi è una corrispondenza tra: altitudine
- pressione - temperatura – densità, inversamente, leggendo da destra a sinistra, ad una data
pressione corrisponde una determinata altitudine che si chiama: altitudine di pressione o quota
barometrica o pressione altitudine, e analogamente, ad una data densità corrisponde una determinata
altitudine che si chiama: altitudine di densità o quota densimetrica o densità altitudine.
Sulla densità dell'aria e quindi sulla quota densimetrica, come si è già accennato, influiscono
quattro fattori:
l'altitudine dell'area di decollo o della zona di lavoro;
la pressione atmosferica;
la temperatura;
l'umidità.
L'altitudine influisce sulla quota densimetrica in quanto aumentando l'altitudine diminuisce la
pressione atmosferica. Questa, a sua volta, dipende dalle condizioni del tempo.
A parità d’altitudine minore è la pressione atmosferica, minore è la densità dell'aria.
A parità d’altitudine e di pressione atmosferica, maggiore è la temperatura, minore è la
densità dell'aria.
A parità d’altitudine, di pressione atmosferica e di temperatura, maggiore è l'umidità dell'aria,
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minore è la densità.
Come si è già detto, quanto più elevata è la temperatura, tanto maggiore è l'umidità specifica,
ossia il contenuto effettivo di vapore acqueo che contribuisce con la sua presenza alla diminuzione
della densità.
Mediante il Manuale di volo dell’elicottero, in relazione alle condizioni meteorologiche ed
alla density altitude si dovranno determinare :
- il carico massimo compatibile con una data altitudine;
- la massima altitudine compatibile con un dato carico;
- il plafond per il volo a punto fisso con e senza effetto suolo per ogni i carico
alternativo;
- la velocità di crociera in funzione del carico e della altitudine.
Scopo del volo
Uno scopo ben determinato come il soccorso può obbligare a seguire una rotta prestabilita, a
mantenerci ad una certa quota, ad affrontare alcuni rischi calcolati, mentre un altro obiettivo può
invece lasciare la massima libertà di scelta e consentire altresì una buona dose di improvvisazione.
Questa possibilità si presenta soprattutto quando il volo, è il caso di dirlo, non ha alcuno scopo di
urgenza.
Prima di programmare un volo in montagna è indispensabile acquisire la conoscenza più
approfondita possibile delle condizioni meteorologiche. Se il tempo è buono è consigliabile non
trascurare i problemi relativi al soleggiamento dei vari versanti.
Il carico
Il rendimento degli aeromobili diminuisce in proporzione diretta all'altitudine ed al peso. In
sede di pianificazione si devono stabilire carico e bilanciamento. Il carico trasportabile si può
suddividere in carico operativo, necessario alla condotta del volo, e carico utile (passeggeri e
merci). Il calcolo del carico trasportabile ed il suo posizionamento rispetto al baricentro
dell'aeromobile devono seguire scrupolosamente le norme contenute nel manuale d'impiego. Un
carico disposto erroneamente può impedire un efficace controllo dell'aeromobile ed inoltre deve
essere bloccato nella posizione stabilita per evitare spostamenti accidentali .
Gli elementi da prendere in esame sono:
il peso totale al decollo;
il carburante totale necessario;
il consumo di carburante durante il volo;
il peso totale all'atterraggio.
Per quanto riguarda il peso occorre ricordare che è relativamente facile valutare il peso
complessivo di un gruppo di persone; non altrettanto, invece, dei colli e materiali vari. In base alle
condizioni meteorologiche non si dimentichino i problemi della densità nel luogo di destinazione
ed al manuale d’impiego si potrà pianificare il volo in base al carico.
Soprattutto con l’elicottero è necessaria molta cautela : se non è possibile effettuare il decollo
in volo stazionario dal momento che si rileva sempre una diminuzioni di giri , un decollo strisciato
non è la miglior soluzione per dimostrare la possibilità di «farcela» anche con il sovraccarico. Se ne
potrebbero fare le spese al successivo atterraggio.
Studio del terreno e degli ostacoli
Lo studio particolareggiato del terreno non deve essere effettuato solamente per mezzo delle
carte di navigazione. Coloro i quali non sono in grado di costruirsi una immagine a tre dimensioni e
di raffigurarselo come si presenta nella realtà dopo aver esaminato una normale carta geografica, è
opportuno che prestino particolare attenzione alle altitudini ricorrendo eventualmente a carte in
rilievo, riportando su quelle che verranno usate a bordo i punti critici da considerare con attenzione.
La carte più dettagliate, utili per lo studio dei particolari sono le carte topografiche in scala 1:
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25000, le cosiddette tavolette dell’IGM (Istituto Geografico Militare) di Firenze ; vi sono altresì
delle ottime carte turistiche di molte zone di montagna in scala 1:50.000. Per avere una visione più
generale di tutta la regione che interessa senza perdersi nei particolari già esaminati a terra, le carte
migliori da portare a bordo sono le stradali del TCI in varie scale.
Volando a bassa quota i punti di riferimento devono avere un certo sviluppo verticale in modo
da spiccare sullo sfondo del cielo, mentre volando al di sopra di 2.000-2.500 piedi è meglio che
abbiano una estensione orizzontale. Quando si è individuato un riferimento lontano, e a questo
scopo si deve guardare lontano, ci si può dirigere verso quel punto senza altre preoccupazioni per la
rotta. A questo proposito occorre una scelta cauta e fare attenzione perché in un sistema montuoso
complesso molte sono le vette che si rassomigliano.
Se si deve percorrere una valle è assolutamente necessario conoscerla in tutti i particolari; si
deve considerare l'altitudine delle selle e dei valichi che consentono il passaggio da una valle
all'altra; specialmente se la valle è in curva può accadere di trovarsi troppo bassi e di non avere
sufficiente spazio per una virata di scampo.
Qualora s’intendesse entrare in una valle direttamente dal suo sbocco in pianura, occorre
stabilire chiari punti di riferimento che consentano la sua precisa identificazione. Altrettanto dicasi
se lungo il percorso di una valle vi sono diramazioni in altre valli. Non è difficile trovarsi in
imbarazzo quando ve ne sono molte che confluiscono in una conca. Durante l'inverno la neve, oltre
a dare un senso di generale appiattimento ed uniformità al paesaggio, nasconde molti dei riferimenti
(come le strade) che sono visibili in estate. Anche una zona ben conosciuta si presenta sotto un
aspetto del tutto nuovo.
Gli speroni di montagna che sporgono dai versanti o dalle pareti possono costituire un
pericolo da non trascurare, specialmente quando vengono a trovarsi dietro una curva della valle e le
condizioni di contrasto con il fondo, oppure il passaggio da una zona di luce ad una di ombra non
consentono di vederne in tempo il rilievo.
Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla zona operativa, soprattutto quando sia previsto
un atterraggio. Per quanto è possibile occorrerà documentarsi circa la presenza di impianti
permanenti di salita (funivie), che sono normalmente indicati sulle carte, e la esistenza di linee ad
alta tensione.
La maggiore insidia è rappresentata dalle teleferiche per il trasporto di materiali in quanto
hanno spesso carattere temporaneo; non è quindi possibile stabilirne la presenza in sede di
pianificazione. Una delle regole fondamentali del volo in montagna è di avere sempre una facile via
d'uscita in discesa; dovendo sorvolare per qualunque scopo una certa zona, è meglio portarsi sul
punto piú alto e percorrere la rotta avendo sempre davanti del terreno a quota inferiore.
IL VOLO NELLE ZONE MONTUOSE
Generalità
La minore efficienza dell'aeromobile durante il volo ad altitudini elevate esige una profonda
preparazione tecnica, un adeguato addestramento ed il più completo rispetto delle norme di
sicurezza.
Per tutti gli aeromobili:
le salite vanno effettuate a distanza di sicurezza dai rilievi da superare, sfruttando le
correnti ascendenti e con una prua che consenta in ogni momento una virata di evasione; quindi
mai perpendicolarmente alla linea delle creste;
- se vi sono correnti discendenti, la quota necessaria a superare i rilievi va guadagnata
prima dei sorvolo delle cime più alte mediante salite a «otto allungato» ;
- durante il volo controllare frequentemente gli strumenti, poiché le sensazioni
riguardanti assetto, linea di volo e velocità sono ingannevoli;
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non volare con il sole di fronte e basso; l'individuazione dei rilievi e degli
ostacoli diventa difficile.
le correnti ascendenti producono un aumento dei giri motore-rotore mentre le
correnti discendenti li fanno diminuire;
incontrando della turbolenza è necessario diminuire la velocità di traslazione come
consigliato dal manuale di volo, alimentare i giri al massimo consentito e diminuire il
collettivo;
le velocità massime di traslazione previste dai grafici del manuale di volo per le varie
quote, onde non incorrere nello stallo della pala retrocedente, non devono essere assolutamente
superate; in caso di piantata di motore la velocità è un fattore determinante per portare a
termine con successo l'autorotazione: ad altezze comprese tra i 400 ed i 1.000 ft non si deve
procedere a velocità troppo ridotta;
si deve mantenere sempre il massimo dei giri consentito, poiché in caso di avaria è
opportuno avere tutta l'energia cinetica possibile al rotore, mentre con un basso numero di giri
si dovrebbe dare alle pale una incidenza maggiore di quella alla massima efficienza;
negli elicotteri con controllo manuale, ad ogni variazione di potenza l'azione sul gas
deve precedere l'azione sul collettivo per evitare brusche variazioni dei giri quando si
interviene sul collettivo;
le virate e le rotazioni devono essere effettuate possibilmente a destra per disporre di
maggiore potenza, poiché il rotore di coda assorbe in questo caso una potenza minore;
nel volo stazionario in effetto suolo è bene mantenere l'elicottero alla minore altezza
possibile per usufruire al massimo del cuscino d'aria;
con l'aumento dell'altitudine, la TAS è superiore alla IAS di circa il 2% ogni 1.000 ft;
- se si deve volare in prossimità del terreno mantenere rotta e velocità in modo da
disporre sempre di una rotta di evasione, possibilmente senza bisogno di guadagnare quota;
- evitare tutte le manovre che richiedono una riserva di potenza ( che potrebbe
mancare) , come virate strette e arresti repentini.
Entrata nelle zone montuose
L'entrata nelle zone montuose va effettuata raggiungendo una quota superiore a quella delle
più alte cime sulla rotta; questo comportamento offre molti vantaggi:
- avere una «panoramica» dell'orografia e del tempo;
- rendersi conto del tempo in generale per stabilire se si può raggiungere la
destinazione;
- rendersi conto della direzione del vento lungo la rotta per identificare i versanti
sottovento ove possono esservi correnti discendenti da evitare ed i versanti sopravvento con le
correnti ascendenti da utilizzare; il vento e la sua velocità stimata, come pure la temperatura,
dovranno essere sempre tenute sotto controllo.
L'entrata in una zona montuosa può anche essere effettuata imboccando direttamente una
valle a condizione che sia ben conosciuta e sicuramente identificata; nella eventualità che il cielo sia
molto nuvoloso o coperto, e con la base al di sotto del livello degli spartiacque, non si deve
attendere che la valle si restringa al punto da non consentire fina virata di disimpegno allorché, dato
che il terreno è in salita, la base delle nubi dovesse diventare insufficiente. La virata di evasione va
iniziata appoggiandosi ad un versante per sfruttare tutta la larghezza della valle.
Il pericolo delle formazioni di ghiaccio
Questo argomento è stato trattato nella parte meteo per quanto riguarda le cause ed il
meccanismo delle formazioni di ghiaccio. Se lo riprendiamo è proprio perché gli elicotteri che
volano in VMC si ritengono al sicuro dalle formazioni di ghiaccio in quanto non entrano nelle nubi.
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Ma in montagna le precipitazioni di acqua sopraffusa, pioviggine e pioggia «che gela» sono molto
frequenti date le basse temperature che si possono incontrare anche in estate. Ora si tratta di
prendere in considerazione gli accorgimenti da adottare per evitarle ed eliminarle, tenendo presente
che l'intervento tempestivo è il più efficace anche se comporta una certa riduzione della potenza
disponibile. Non appena si osservano formazioni di ghiaccio esterne, o se ne avvertono i sintomi
quali riduzione di velocità, perdita di quota senza che si siano variati i parametri di volo, vibrazioni
è necessario diminuire la quota alla ricerca di temperature positive e allontanarsi dalla zona.
Il ghiaccio al tubo di Pitot ed alle prese statiche provoca indicazioni errate degli strumenti
interessati: prima di entrare in zone ove è possibile la formazione di ghiaccio (controllare
frequentemente la temperatura esterna) occorre mettere in funzione il riscaldamento del tubo di
Pitot. In caso di ostruzione delle prese statiche rompendo il vetro degli strumenti (altimetro e
variometro) si possono continuare ad avere delle indicazioni anche se imprecise.
Il ghiaccio al parabrezza richiede la medesima precauzione del preventivo inserimento degli
sbrinatori, i quali impiegano un certo tempo per eliminare il ghiaccio. Non è consentito il volo
intenzionale in presenza di ghiaccio.
Ghiaccio alla presa d’aria della turbina
Se si prevede di effettuare un volo in ambiente con probabilità di formazioni di ghiaccio, è
bene attivare il sistema di rivelazione ghiaccio motore, se disponibile. Alla eventuale accensione
della spia occorre inserire l'apparato antighiaccio motore ed allontanarsi dalla zona. In mancanza
del sistema di rivelazione del ghiaccio, occorre controllare la temperatura esterna ed inserire
l'antighiaccio quando questa sia inferiore a + 5 °C. L'antighiaccio inserito comporta una leggera
diminuzione di potenza, ed è quindi opportuno escluderlo nelle fasi critiche del volo.
Ghiaccio al rotore principale
Il primo indizio è l'aumento della potenza necessaria a mantenere i giri costanti (RPM). Lo
scadimento delle caratteristiche aerodinamiche oltre alle conseguenze contingenti, potrebbe rendere
impossibile l'autorotazione in caso di emergenza.
Il ghiaccio si può staccare a causa della forza centrifuga, della flessibilità delle pale, oppure,
più semplicemente, perché si giunge in una zona ove l'aria è più calda. Il distacco avviene
generalmente su una pala alla volta, in maniera asimmetrica, con sbilanciamento del rotore, forti
vibrazioni e possibilità di danni all'elica anticoppia se viene investita da pezzi di ghiaccio.
Anche l'elica anticoppia può essere sede di formazioni di ghiaccio.
Il pericolo delle correnti discendenti
Le correnti discendenti sono una delle maggiori preoccupazioni del pilota durante il volo in
montagna, sia per la sgradevole sensazione di sprofondamento che provocano, sia perché si ha
effettivamente una perdita di quota.
Se si cerca di contrastarle con un aumento dell'assetto, si ottiene una diminuzione di velocità,
per cui si rimane per un tempo più lungo nella zona delle discendenze. Anche se è contro l'istinto, le
correnti discendenti devono essere in parte assecondate, senza cercare di guadagnare quota prima di
essere usciti dalla zona delle discendenze. In tali circostanze è importante non avere in prua un
crinale o dei rilievi che siano ad un livello superiore a quello dell'aeromobile e pretendere di volerli
superare.
A volte, quando le correnti verticali non sono forti, si può non avere una precisa cognizione
della loro presenza ed intensità. Ora, dal momento che possono comunque avere influenza sulla
condotta del volo, in quanto ad agevolare od ostacolare, per esempio, il superamento di una cresta,
può risultare necessario averne una precisa cognizione. Per acquisire questi elementi occorre
mantenere invariata la potenza, costanti l'assetto e la velocità : il variometro indicherà la velocità di
salita o di discesa delle correnti.
Per l’elicottero, occorre dare il massimo dei giri consentito, contrastando la perdita di quota
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con la potenza, disporsi parallelamente al crinale, possibilmente virando a destra, allontanarsi con
un piccolo angolo di divergenza dalla linea delle creste e perdere abbondantemente quota quando si
è ben lontani dalla zona delle discendenza.
Nell'elicottero le correnti discendenti si manifestano inoltre con una diminuzione di velocità
all'aria e dei giri del rotore, dovuta all'effetto “antiflare” delle discendenza. Quando l'entrata nelle
discendenza avviene in prossimità del terreno si ha una maggiore velocità rispetto al suolo, il che
può indurre in errore il pilota che è portato a ridurre la velocità vera. La situazione conseguente alla
diminuzione dei giri rotore può essere peggiorata dal pilota che contrasta la perdita di quota
aumentando il collettivo.
Azioni da svolgere nelle discendenza moderate:
- massimo numero di giri;
inserire una volta e mezza la normale velocità di salita (1,5 Vs);
evadere dalla corrente discendente.
Azioni da svolgere nelle discendenze forti:
- massimo numero di giri;
inserire la normale velocità di salita;
evadere dalla corrente discendente;
aumentare la velocità di salita a 1,5 volte la normale appena fuori dalla
discendenza.
Appena usciti da una discendenza, dirigersi verso una zona di sereno seguendo la pendenza
più ripida senza preoccuparsi della elevata velocità al suolo e controllando la velocità vera.
Se il mezzo non risponde immediatamente non si deve contrastare la corrente discendente ma
seguirla sino alla zona del fondo valle ove termina, anche se con qualche turbolenza, e riprendere
quota sul versante delle ascendenze.
Se si è entrati in una discendenza fortissima e si deve constatare che il mezzo viene
inevitabilmente spinto verso il terreno in un fondo valle o in una conca, dove si sarà arrivati
assecondando la discendenza, la soluzione migliore può essere quella di prepararsi per un
atterraggio, contro vento e contro la pendenza del terreno.
La turbolenza forte sottopone le strutture ad uno sforzo anormale, ed inoltre può causare una
temporanea perdita di controllo, dovuta, ad esempio, alla entrata in una forte ascendenza che può
causare lo stallo delle pale del rotore; l'elicottero viene a trovarsi virtualmente in autorotazione. In
una evenienza del genere si deve mantenere il massimo dei giri consentito ed applicare i parametri
per una normale salita; in tal modo l'uso di un passo minore comporta una minore dissimetria di
portanza e minore probabilità di stallo delle pale, e si ottiene di poter disporre della massima
riserva di potenza.
Volando in alto
Il volo presso le vette e i pinnacoli
Trattandosi in entrambi i casi di un rilievo isolato il vento determinerà modeste ascendenza e
discendenze quando il rilievo ha una forma pressoché conica, ed i vortici saranno con gli assi
orientati secondo il profilo della cima. Nel caso dì un pinnacolo (rilievo isolato con versanti
ripidissimi) non si può parlare di correnti verticali, poiché l'aria tende ad aggirare l'ostacolo, con la
formazione di vortici ad asse verticale sul lato sottovento, apportatori di turbolenza , la cui intensità
dipende dalla velocità del vento. Noti che siano i parametri del vento si possono localizzare le zone
di turbolenza.
Volo attraverso un valico o una sella
Una sella influisce notevolmente sulla velocità del vento, tanto che anche quando il vento è
debole, o vi è addirittura calma di vento, si possono trovare correnti di una certa intensità. L'effetto
Venturi è ancora più marcato, quando si manifesta in una sella, in un passo o in una valle, di quanto
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non accada su una cresta. Il restringimento della sezione del flusso dell'aria avviene tra i fianchi
solidi del valico anziché, come su una cresta, tra la linea di questa e gli strati d'aria sovrastanti, i
quali, anche in condizioni di stabilità, costituiscono una «parete» morbida.
La presenza di ostacoli, rocce emergenti, alberi su una sella possono essere causa di forte
turbolenza.
Per il passaggio di una catena montuosa attraverso una sella si deve effettuare l'avvicinamento
con un buon margine di quota, ad un angolo non maggiore di 45°, preferibilmente da sinistra, dopo
aver stabilito il punto oltre il quale diviene impossibile la virata di evasione, evitando di sorvolare
profili piuttosto accidentati per la turbolenza cui possono dare luogo dato il rinforzo del vento.
Quando la sella costituisce una comunicazione tra due valli pressoché parallele che si trovano
nel medesimo bacino imbrifero, ossia sono dalla medesima parte di uno spartiacque, non vi sono
generalmente sorprese per quanto riguarda il tempo. Quando invece la sella costituisce un
passaggio nello spartiacque è possibile trovarsi improvvisamente in una situazione meteorologica
completamente diversa. Ad evitare sorprese conviene guadagnare quota prima di affrontare il
valico e vedere cosa c'è dall'altra parte.
Il volo presso le creste e come superarle
Il volo presso le creste non presenta particolari difficoltà, dato che si è generalmente a livelli
abbastanza elevati ed i rilievi circostanti si trovano più in basso.
Quando si vola lungo una cresta, a cavallo dei due versanti, è importante conoscere dove si
trova il limite tra le ascendenze e le discendenze. Sono sufficienti le normali brezze di pendio a
determinare moti verticali che in tal caso saranno di modesta entità, ma se vi è un vento vero e
proprio con una componente trasversale alla linea della cresta i moti saranno di intensità non
trascurabile. Il limite di demarcazione tra ascendenze sopravvento e discendenze sottovento, è
determinato dalla conformazione del pendio nella parte sopravvento. Se è piuttosto concavo, con la
pendenza che va aumentando dalla base alla sommità del versante, il limite tende a spostarsi verso il
lato sopravvento; se invece la pendenza del versante va diminuendo dalla base alla sommità, ossia il
profilo è piuttosto convesso, il limite si sposta verso il lato sottovento. Se ci si porta oltre il limite
delle correnti dal lato delle discendenze, può essere difficile riguadagnare la quota perduta.
Se lo scopo è di valicare la catena montuosa, ad evitare il possibile incontro di discendenze è
bene prendere quota quando si è ancora abbastanza distanti dalla linea delle creste. Al limite,
mediante gli strumenti, se esiste un pinnacolo emergente dalla linea delle creste, lo si può
considerare come orizzonte reale fittizio.
Il superamento di una linea di creste deve essere sempre effettuato partendo da una quota di
sicurezza, e molto più in alto delle creste stesse se vi è vento forte, con una traiettoria
preferibilmente in leggera discesa. Avendo un buon margine di velocità l'elicottero è nelle migliori
condizioni per affrontare una virata di inversione anche abbastanza stretta. L'effetto Venturi,
specialmente se l'atmosfera è stabile determina un ulteriore aumento della velocità del vento a
livello delle creste, ed una diminuzione della pressione con effetto sulla presa statica. Gli effetti
dell’aumento della velocità del vento presso le creste devono essere sempre prevenuti .
L’avvicinamento deve essere condotto con un angolo non superiore a 45° , dopo aver
guadagnato la quota necessaria, mentre, una volta superate le creste, l’allontanamento deve essere
eseguito seguendo una rotta perpendicolare alla loro linea In caso di necessità è sufficiente una
leggera accostata verso valle per allontanarsi dal versante ed avere molta quota disponibile.
La manovra di un elicottero per guadagnare quota e superare la linea delle creste deve essere
effettuata con una serie di virate ad «otto allungato» e non con una salita a spirale, per non trovarsi
nella turbolenza creata dal proprio rotore.
In presenza di correnti ascendenti (lato sopravvento), la quota necessaria può essere
guadagnata anche nei pressi del versante, tenendo presente che l'aumento della velocità al suolo,
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dovuta al vento in coda non deve indurre ad una riduzione della velocità vera. Nel superare la
cresta si avrà il massimo rinforzo del vento in coda, che tenderà a diminuire allontanandosi dalla
cresta, ed inizieranno le correnti discendenti con la relativa turbolenza nel versante sottovento.
In presenza di correnti discendenti ( lato sottovento), la quota necessaria deve essere
assolutamente guadagnata lontano dal versante sottovento, ed il passaggio delle creste deve essere
effettuato ad una quota di sicurezza ancora maggiore, per evitare l’entrata nelle correnti discendenti.
Quando ci si accinge a valicare una cresta per passare da una valle all’altra, nell’avvicinarsi al
pendio si deve sempre prevedere la possibilità di incontrare una forte discendenza che farà perdere
quota all'elicottero, e questo giustifica la necessità di impostare la manovra con un buon margine di
quota.
Nel superare una cresta non si deve dimenticare quanto si è detto in precedenza circa le
sensazioni prodotte dal terreno in salita.
Il volo lungo i versanti .
Dovendo effettuare un volo lungo un versante o una parete è indispensabile conoscerei
preventivamente la direzione del vento, per non venirsi a trovare in un versante sottovento e quindi
nelle discendenza. L'accostata di avvicinamento al versante deve essere condotti con un angolo non
superiore a 45°, da ridursi gradualmente nell'avvicinarsi alla parete. In questo modo, se non si
hanno informazioni sul vento, una corrente discendente può essere evitata non appena si manifesta,
interrompendo l'avvicinamento.
Si dovrebbe sempre volare lungo un versante dal lato sopravvento per sfruttarne le correnti
ascendenti. In assenza di vento un versante soleggiato da qualche ora è sempre interessato da
correnti ascendenti. Per la dissimmetria nelle sensazioni è preferibile avere il versante sulla nostra
sinistra, specialmente se devono essere eseguite delle osservazioni, compatibilmente con la
direzione del vento, che è sempre meglio avere in prua. Inoltre questa posizione facilita una virata
di allontanamento dalla montagna che, con l'elicottero, richiede meno potenza se effettuata verso
destra.
Durante il volo lungo un versante molto ripido si deve fare attenzione alle possibili collisioni
contro uno sperone di montagna sporgente, specialmente dopo una curva della valle o passando da
zone di luce a zone di ombra.
Se si vola verso monte a scopo ricognitivo, la manovra successiva dovrà consistere in una
virata di 90° che sarà seguita, dopo la ricognizione, da un'altra virata di 90°, sempre nello stesso
senso, per riprendere la rotta di ritorno.
Volando in basso
Il volo vicino al terreno
Volando più vicini al terreno si ha la sensazione di una maggiore velocità. Questo può
accadere, ad esempio, nel superare una cresta. Se il terreno è in pendenza, mantenendosi in volo
orizzontale, col variare dell'altezza si ha la sensazione di una variazione di velocità. Volando verso
valle sembra che la velocità diminuisca, mentre volando verso monte sembra che aumenti. Questa
sensazione, unita alla maggiore altezza dell'orizzonte apparente, può indurre ad assumere un assetto
cabrato con una pericolosa riduzione della velocità. E’ superfluo raccomandare una particolare
attenzione agli ostacoli . Le linee di alta tensione che corrono in fondo alla valle , una volta che se
ne conosca la presenza per essersene preventivamente informati o perché siano state identificate,
possono essere tenute d’occhio nel loro percorso seguendo i tralicci, molto più visibili dei cavi. Il
superamento di una linea Alta Tensione va effettuato sulla verticale dei tralicci che ne costituiscono
i punti più alti. Quando le linee alta tensione attraversano una valle, vi sono necessariamente dei
tralicci situati su ogni spartiacque, che risaltano contro il cielo per chi voli a bassa quota.
Il volo nelle valli
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Il volo entro una valle larga, se a bassa quota e quindi al di sotto della linea delle creste che la
fiancheggiano, presenta alcune difficoltà. La mancanza dei riferimento dell'orizzonte reale, della
completa libertà nelle manovre, la presenza di ostacoli scarsamente visibili per la mancanza di
contrasto con il fondo, richiedono una condotta di volo particolarmente attenta. Il volo lungo una
valle stretta presenta difficoltà molto maggiori : dal lato meteorologico agisce in misura più
notevole l'effetto Venturi di canalizzazione del vento, con un forte incremento della sua velocità,
per il motivo già indicato a proposito dei valichi; aumentano soprattutto le limitazioni di manovra,
sia a scopo operativo, sia in caso di emergenza per mancanza di spazio.
Anziché volare nel centro della valle, è meglio mantenersi dal lato delle correnti ascendenti o,
comunque, del versante soleggiato, senza tuttavia accostarsi troppo per il pericolo di cavi di
teleferiche provvisorie non segnalate .
Nel volo sui fianchi di una valle, il versante soleggiato è il migliore perché vi sono correnti
ascendenti ed è in luce, quindi con visibilità migliore; volando lungo il versante soleggiato, si è
anche sopravvento e, nel caso si debba fare una virata di inversione, questa si effettua controvento
(il vento proviene infatti dal versante opposto), quindi il raggio della virata è ridotto, e questo è un
vantaggio notevole in una valle, specialmente se non è molto larga.
Occorre fare frequente riferimento agli strumenti e controllare soprattutto la velocità vera.
Quando vi sia possibilità di scelta è consigliabile percorrere una valle dalla sorgente allo
sbocco, cioè in discesa.
Il volo verso valle
Nel volo verso valle si ha la sensazione che l'orizzonte apparente sia più basso dell'orizzonte
reale, e si è portati ad assumere una linea di volo picchiata, facendo aumentare la velocità.
L'inconveniente non è irrilevante, e in montagna si ha una sensazione di sicurezza quando il terreno
che sta davanti a noi è più basso della nostra quota. In questo caso, mantenendosi in volo livellato
con saltuari controlli degli strumenti, l'altezza dal terreno aumenta, si ha la sensazione di vederlo
scorrere meno rapidamente e pertanto si è indotti ad aumentare la velocità. Volare verso valle è
abbastanza distensivo, per il solo fatto che non vi sono rilievi più alti da superare.
Il volo verso monte
Nel volo verso monte l'orizzonte apparente è più alto dell'orizzonte reale; si ha la sensazione
di avere un assetto picchiato e quindi si è portati ad assumere una linea di volo cabrata facendo
diminuire la velocità. E’ opportuno un frequente controllo degli strumenti, e questo potrà consentire
di stabilire un punto caratteristica del terreno che corrisponda all'orizzonte reale.
Per non essere eccessivamente vincolati agli strumenti, si può anche procedere a vista,
percorrendo lunghi gradini, e cercando un nuovo punto di riferimento quando l'altezza ci sembra
scarsa, ma tale procedura richiede molta esperienza.
Si deve tenere presente che, in volo orizzontale, se l'altezza dal terreno diminuisce, si ha la
sensazione di vederlo scorrere più velocemente. Interpretando questa sensazione come un aumento
della velocità effettiva, si è portati a ridurla; questo errore può essere pericoloso, tanto più se
dovesse presentarsi una improvvisa discendenza. E indispensabile non superare il punto oltre il
quale la larghezza della valle non consente una virata di 180°, a meno che non si sia al corrente
dell'esistenza di un valico ben noto per passare in un'altra valle che sia altrettanto ben conosciuta.
Sia nel caso di volo verso valle, sia verso monte, ed in ogni caso su terreno con pendenza, è
necessario non ricavarne false deduzioni circa la velocità apparente e controllare la IAS, velocità
indicata, prima di effettuare manovre correttive. Vedremo l'importanza di queste sensazioni errate
trattando delle manovre di atterraggio .
Il volo su zone innevate
Nel volo su zone innevate, effettuando passaggi a quota molto bassa è possibile che, in
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condizioni di neve farinosa, si abbia un certo sollevamento di neve per l'azione del rotore
principale; tuttavia non dovrebbe derivarne alcun disturbo se si ha una sufficiente velocità di
traslazione. Occorre fare attenzione nel passaggio da zone di luce a zone di ombra per la repentina
impossibilità di valutare esattamente altezze e distanze. Anche in situazioni di visibilità ridotta o
semplicemente con cielo coperto , è difficile valutare altezze e distanze a causa della uniformità del
fondo e della mancanza di punti di riferimento , ma a differenza del passaggio da luce ad ombra di
cui si è detto prima non vi è l'improvviso cambiamento delle condizioni e si è già verificato un certo
adattamento.
ATTERRAGGIO E DECOLLO DEGLI ELICOTTERI
Effetti sulle prestazioni e scelta delle aree di atterraggio
Nell'attività di volo in montagna è necessario tenere presenti le limitazioni che subentrano in
dipendenza della altitudine e del carico.
La conformazione del terreno in montagna riduce in misura molto più modesta, per
l'elicottero, le possibilità di reperire una zona idonea all'atterraggio, anche nei casi di atterraggi
precauzionali o di emergenza reale. E’ necessario che la superficie non sia in eccessiva pendenza né
troppo ristretta. La pendenza eccessiva è pericolosa durante le manovre per la possibilità di urto del
rotore principale o della coda col terreno, ed è pregiudizievole per la stabilità dell'elicottero, una
volta che sia a terra. In una zona troppo ristretta le limitazioni e le difficoltà derivano dal fatto di
dover eseguire un avvicinamento ripido, a causa dello spazio ridotto nella zona circostante il punto
d’atterraggio, e con una limitata disponibilità di potenza.
La quota di tangenza
Nell'attività di volo « fuori campo » vi sono molte circostanze che richiedono atterraggi e
decolli nelle zone montuose, oppure 1’effettuazione dell'hovering (volo stazionario o a punto fisso)
con o senza effetto suolo: ad esempio lo scarico o la sistemazione in loco di materiale, operazioni di
soccorso in luoghi impervi o dove non è possibile atterrare. Pertanto è indispensabile per il pilota
conoscere sino a quale altitudine potrà effettuate tali manovre.
Questo elemento può essere preventivamente ricavato dal manuale di volo, che riporta tabelle
o grafici che forniscono l'altitudine di tangenza in volo stazionario, con e senza effetto suolo (IGE =
In Ground Effect; OGE = Out Ground Effect) in funzione della quota barometrica, della
temperatura e del carico.
Controllo della potenza
Qualora il pilota non fosse a conoscenza dell'altitudine, variabile con il carico, sino alla quale
la potenza disponibile gli consente di effettuare l'hovering in effetto suolo, la potrà anche
determinare con procedure pratiche.
Il controllo della potenza può essere effettuato sulla verticale del punto di atterraggio con le
seguenti modalità :
Per elicotteri con motore a turbina:
- seguire le norme stabilite dal manuale di volo del tipo di elicottero.
Un altra procedura pratica consiste nell'effettuare l’hovering fuori effetto suolo alla stessa
altitudine del punto di atterraggio in una zona di sicurezza, ad esempio in una valle ove, in caso di
necessità, sia agevole una traslazione discendente. Se l'elicottero dispone di potenza sufficiente in
tale condizione, hovering fuori effetto suolo = altimetro variometro e anemometro a zero) a maggior
ragione sarà possibile l’hovering in effetto suolo. E anche qualcosa di più, perché una regoletta
empirica dice che l’hovering in effetto suolo è possibile sino ad una altitudine uguale a quella della
prova pratica effettuata fuori effetto suolo:
- aumentata di 1.500 ft per gli elicotteri con motore a pistoni;
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- aumentata di 1.700 ft per gli elicotteri con motori a turbina.
Nella effettuazione della prova occorre tener conto dell'eventuale vento in prua che facilita
la manovra.
Distanza di decollo
Se la manovra deve essere eseguita entro spazi limitati, sarà necessario consultare le tabelle
che forniscono la distanza di decollo necessaria per superare un ostacolo di 50 ft e la massima
velocità con salita nelle diverse condizioni di altitudine-pressione, temperatura e carico.
Gli atterraggi precauzionali
Prima di entrare nell'argomento delle procedure per effettuare un corretto atterraggio
vorremmo accennare al problema degli atterraggi precauzionali. Nel campo della sicurezza del
Volo un elemento essenziale a favore dell'elicottero è la sua capacità di atterrare pressoché
ovunque. Un’analisi accurata e condotta per un periodo sufficientemente lungo ha dimostrato che
aumentando il numero degli atterraggi precauzionali si veniva a ridurre il numero degli incidenti.
Questo non significa che un elevato numero di incidenti è causato da uno scarso numero di
atterraggi precauzionali, ma si può affermare che in un periodo in cui si compiono rivolti atterraggi
precauzionali ci si può attendere una diminuzione degli incidenti. Le segnalazioni d’atterraggi
precauzionali indicano come motivo della loro effettuazione l'accensione di una spia o che il pilota
aveva avuto la sensazione che qualcosa non funzionasse. Per contro si hanno anche segnalazioni
che riferiscono di incidenti avvenuti perché il pilota avrebbe potuto, e forse anche dovuto, effettuare
un atterraggio precauzionali, ma non l'aveva fatto. L'orgoglio professionale, l'impegno di svolgere
il proprio lavoro, il desiderio di rientrate alla base, l'idea che le spie si accendano talvolta senza
motivo non giustificano un incidente che si sarebbe potuto evitare. Un atterraggio precauzionale
deve essere effettuato prima che la situazione peggiori al di là della possibilità del pilota di
controllarla.
Ricognizione delle aree di atterraggio
La ricognizione delle aree di atterraggio per gli elicotteri prevede tre tempi: ricognizione
generale o alta, ricognizione particolare o bassa e ricognizione a terra per il successivo decollo.
Ricognizione alta
Lo scopo della ricognizione alta è di rendersi conto della situazione della zona, delle sue
condizioni generali, della sua complessiva idoneità all'atterraggio ed al successivo decollo. In linea
di massima non si deve atterrare in un'area ristretta se non si è sicuri di poterne uscire, tenendo
conto che la potenza necessaria al decollo è maggiore di quella per l'atterraggio. Nel corso di tali
manovre occorre controllare continuamente la direzione del vento, la sua velocità e la temperatura,
considerando che questa può aumentare avvicinandosi al suolo.
La ricognizione deve essere effettuata ad una altezza tale da poter acquisire con sufficiente
accuratezza gli elementi che interessano, ma anche da consentire una autorotazione a 180° in
condizioni di sicurezza in caso di avaria nel tratto sottovento. Generalmente l'altezza è compresa
tra i 600 ed i 1.000 ft sopra l'ostacolo più alto entro un raggio di 300 metri, in funzione del tipo di
elicottero.
Sia l'altezza dal terreno, sia la distanza dai versanti e dalle pareti dei rilievi circostanti deve
essere tale da non subire l'influenza dinamica del vento.
Il percorso deve essere circolare, a velocità leggermente minore di quella di crociera,
comunque non inferiore a 40-60 kts a seconda del tipo di elicottero, per rendere piú facile la
condotta del volo, poter effettuare virate a minore inclinazione e agevolare l'osservazione, evitando
la tendenza a volare sulla verticale. Un angolo di osservazione di circa 45° consente di valutare
bene gli elementi da acquisire che sono:
la situazione della zona e sua idoneità complessiva per l’atterraggio;
le caratteristiche dell’area di atterraggio;
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la presenza di ostacoli maggiori e la loro natura;
le zone di passaggio la luce a ombra;
l'andamento dell'orografia circostante;
la direzione e intensità del vento.
In dipendenza degli elementi osservati si deve stabilire:
- il circuito per la ricognizione bassa;
- il circuito di atterraggio;
- la direzione di avvicinamento (sempre contro vento);
- il punto di atterraggio;
- la procedura per il successivo decollo.
La direzione di avvicinamento dovrebbe essere controvento, ma se il vento è debole si può
scegliere quella più sicura in relazione al terreno ed agli ostacoli.
L'avvicinamento deve essere pianificato in modo da lasciare la possibilità di interromperlo in
qualsiasi momento, meglio se lungo un leggero declivio, senza ostacoli di fronte in modo da non
dover guadagnare quota.
Quando è possibile, il pilota dovrebbe scegliere un punto d’atterraggio su una zona, anche
piccola, leggermente più elevata di quella circostante, così da poter impostare il sentiero
d’avvicinamento secondo la migliore direzione e pendenza, subordinandolo solamente al vento;
inoltre non vi saranno ostacoli molto vicini e potrà disporre d’ogni possibilità di riattaccata e di
decollo. Se non vi sono correnti discendenti, un avvicinamento piatto è conveniente perché richiede
il minimo passo collettivo per l'arresto in hovering, non essendovi spinta discendente da
ammortizzare.
Dato che la turbolenza e le correnti verticali aumentano con il vento, è valida la regola per la
quale l'angolo di avvicinamento deve essere aumentato in proporzione alla velocità del vento. In
caso di vento fortissimo si può giungere ad un avvicinamento quasi verticale per essere certi di
trovarsi sempre sul punto di atterraggio prestabilito. Come sempre la discesa può essere ripida, ma
non deve mai essere rapida.
Per evitare un’eccessiva variazione dell'assetto nel portare l'elicottero sull'hovering la velocità
deve essere ridotta gradualmente, tuttavia senza mai scendere al di sotto di quella stabilita per
l'avvicinamento, sino a quando vi è la certezza di non incontrare correnti discendenti e di
raggiungere sicuramente il punto d’atterraggio. Occorre cercare di arrivare in un basso hovering,
per evitare la possibilità di stallo delle pale (overpitching) nel quale si potrebbe incorrere nel
tentativo di non arrivare oltre il punto d’atterraggio.
Localizzata ed inquadrata l'arca, il punto di toccata deve essere fissato nell'ultimo terzo
dell'arca stessa, per poter utilizzare nel modo più conveniente lo spazio disponibile nell'ultima parte
del finale e disporre di una maggiore quota di sicurezza in presenza di ostacoli.
Ricognizione bassa
Lo scopo della ricognizione bassa, è di verificare tutti gli elementi osservati durante la
ricognizione alta per averne una conferma o una modifica, e di acquisire quelli che interessano più
direttamente la manovra d’atterraggio ed il successivo decollo.
La ricognizione bassa si può effettuare per gradini successivi tenendo sempre presenti le
distanze di sicurezza tenendo sempre presenti le distanze di sicurezza e senza mai precludersi la
possibilità di una rotta di scampo. Prima di scendere di un gradino occorre chiedersi da dove si
potrebbe « uscire ». L'altezza del volo all'ultimo gradino della ricognizione bassa non dovrebbe
essere inferiore ai 300 ft sopra l'ostacolo piú alto, e gli elementi da acquisire sono:
tutti quelli osservati durante la ricognizione alta per averne conferma;
ed inoltre, in particolare:
la presenza di ostacoli minori, come macigni, cavi, arbusti;
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la correzione e il tipo di avvicinamento;
il punto di atterraggio ed i particolari della pendenza e della natura del terreno nel
punto di atterraggio;
la procedura di riattaccata;
la direzione di decollo;
il controllo della potenza disponibile.
Procedure standard
Nel primo tratto di circuito sino al sottovento il pilota controlla direzione e velocità del vento
e data la forma circolare del percorso, la deriva può dare indicazioni complete sui moti dell'aria.
Un altro tipo di procedura, consigliabile quando si debba affrontare un atterraggio difficoltoso
per sfavorevoli condizioni orografiche e la limitata riserva di potenza, può essere quello che
comprende la ricognizione alta e la ricognizione bassa. L’orientamento del circuito è determinato
dal vento stimato , nella ricognizione alta è opportuno effettuare un controllo della potenza
disponibile. Data la premessa circa le difficili condizioni di atterraggio è opportuno l’impiego di
fumogeni sul posto prescelto, che dovrà essere libero dal fumo al momento della manovra.
Se la potenza è al limite di quella necessaria per l'arresto in hovering in effetto suolo, il pilota
dovrà preventivare un atterraggio diretto, ma se dopo il terreno non dovesse consentire un decollo
strisciato si dovrà prevedere un alleggerimento del carico.
Se la potenza disponibile è inferiore a quella necessaria si potrà effettuare un atterraggio e
decollo strisciati solamente dopo aver accertato l'assenza di ostacoli e le favorevoli condizioni del
fondo. Questa non è una manovra corrente e dovrebbe essere riservata ai casi di estrema necessità.
Falso avvicinamento
Prima dell'atterraggio si deve effettuare un percorso di prova del circuito stabilito ad una
altezza compresa tra 600 e 800 ft a seconda del tipo di elicottero, completo di un falso
avvicinamento e riattaccata per un controllo finale degli ostacoli, del vento e dei punto di toccata.
E’ opportuno il lancio di fumate per avere una più precisa conferma del vento. Accertata
definitivamente l'agibilità della zona si procede all'atterraggio riportandosi nel circuito già provato,
tenendo presente che, nel caso insorgessero difficoltà, occorre essere preparati a concludere con un
avvicinamento diretto o con una riattaccata. Durante l'avvicinamento finale i movimenti sui
comandi non devono essere bruschi, perché possono portare ad una perdita di giri del motore, e si
deve tenere una velocità inferiore a quella usuale per le quote più basse, per non avere una velocità
eccessiva in vicinanza del suolo.
Atterraggio
L'atterraggio dovrebbe essere effettuato con fermata in effetto suolo, limitando al massimo gli
spostamenti del velivolo alla ricerca del punto migliore, perché, date le possibili irregolarità del
terreno il rotore di coda potrebbe urtare contro qualche rilievo. Occorre essere pronti ad un
atterraggio diretto, sempre che non vi siano dubbi sulla consistenza del terreno, qualora sorgessero
difficoltà, nell'effettuare un hovering, dovute a forte sollevamento di polvere, a turbolenza
improvvisa o a potenza insufficiente. Molta attenzione va rivolta al terreno erboso, specialmente se
l'erba è alta, perché potrebbe nascondere delle acque superficiali e rivelarsi troppo cedevole, cosí
come potrebbe accadere per le zone innevate; la consistenza della superficie va saggiata con
precauzione, abbassando il collettivo gradualmente. Quando tutto il collettivo è abbassato, lenti e
cauti movimenti del ciclico su 360° servono per controllare la stabilità dell'elicottero. Operando sul
terreno o nelle sue vicinanze, si deve usare molta attenzione perché la zona in cui si possono
produrre dei danni è molto ampia. Occorre evitare un assetto cabrato per non urtare la coda contro il
terreno e guardarsi da ostacoli prominenti dal suolo ( arbusti, macigni,ecc).
Ricognizione a terra
Una volta a terra la ricognizione ha lo scopo di esaminare tutti gli elementi necessari alla
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effettuazione di un decollo in sicurezza e di scegliere il punto iniziale. Questo dovrà essere stabilito
in modo che il rotore di coda sia a distanza di sicurezza (almeno 3 - 4 metri) dagli ostacoli
sottovento, per evitare urti in caso d’errori manovra, raffiche o turbolenza.
Gli elementi da determinare sono:
La possibilità di movimento dell'elicottero nella zona, compatibilmente con
le limitazioni costituite dagli ostacoli, facendo particolare attenzione a quelli che potrebbero
interessare il rotore di coda, e che è opportuno indicare con segnali visibili da bordo, cui fare
riferimento per effettuare eventuali manovre in prossimità del suolo;
La direzione e velocità del vento;
L'altezza degli ostacoli circostanti.
In funzione del vento e degli ostacoli si dovrà stabilire il punto iniziale, la direzione ed il tipo
del decollo.
Decollo
Dopo essersi portati in hovering nel punto iniziale per il decollo, la salita deve essere
effettuata in modo da consentire un sicuro superamento degli ostacoli, senza tuttavia essere più
ripida del necessario, in modo da non dover impiegare una eccessiva escursione del collettivo e
disporre di una maggiore riserva di potenza in caso di necessità.
Una volta superati gli ostacoli si può assumere l'assetto di una salita normale.
Atterraggio e decollo in condizioni particolari
Quale che sia la dislocazione della zona d’atterraggio, si devono considerare due condizioni
particolari determinate dalla pendenza del terreno o dalla ristrettezza dell'area; in queste circostanze
occorre adottare particolari accorgimenti.
Atterraggio su terreno in pendenza
Se il terreno ove l'elicottero andrà ad appoggiarsi è in pendenza, questa non deve essere
maggiore dell'80 -10% (inclinazione 5°). L'asse longitudinale dell'elicottero a terra dovrà essere
orizzontale, e quindi risultare perpendicolare alla linea di massima pendenza.
Il collettivo deve essere abbassato lentamente, e quando il pattino a monte tocca il terreno,
una leggera pressione sul ciclico verso monte eviterà che l'elicottero scivoli lateralmente prima di
appoggiare anche l'altro pattino. Le azioni sui pedali devono essere ben coordinate con le
variazioni di potenza per evitare rotazioni della coda, ed il regime motore-rotore deve rimanere nel
campo operativo sino a quando il collettivo non sia del tutto abbassato, per essere pronti a riportarsi
in hovering (in effetto suolo) in caso di necessità. Se nel prendere contatto col terreno si notassero
vibrazioni, è probabile che la pendenza sia stata mal valutata e risulti eccessiva. Quando l’elicottero
è completamente appoggiato, il ciclico dovrà essere in posizione verticale in modo che il rotore
ruoti in un piano orizzontale.
Con il terreno in pendenza , si deve prestare attenzione :
Al ribaltamento dell’elicottero ( dynamic rollover) che si può determinare quando il
rotore ha una inclinazione laterale anche modesta ed intervenga un vento di traverso dalla parte
alta del rotore. Il ciclico deve essere in posizione neutra;
Allo scivolamento dell'elicottero a valle;
Alla possibilità di urti del rotore contro la coda (blade strike) qualora si tocchi il
terreno prima con la parte posteriore dei pattini, per aver effettuato un atterraggio verso valle
secondo la linea di massima pendenza valutandola non rilevante.
Decollo da terreno in pendenza
Il collettivo deve essere sollevato lentamente e nello stesso tempo si deve esercitare una
leggera pressione sul ciclico verso monte per evitare che l'elicottero scivoli. Sollevato il pattino a
valle, il ciclico deve essere in posizione neutra quando l'elicottero è livellato.
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Atterraggio in area ristretta
Un'area ristretta può essere costituita da una radura nel bosco, o da una zona circondata da
ostacoli piú o meno alti. Altre aree ristrette possono essere le cime isolate, le creste, i pinnacoli.
Gli ostacoli impongono l'angolazione del sentiero di discesa, che in queste condizioni sarà sovente
ripido, ma non si dovrà mai effettuare un avvicinamento più ripido di quanto consentito.
Il vento in prua condiziona in larga misura l'avvicinamento: se è di intensità moderata il
vantaggio è notevole, a condizione che sia teso (velocità costante), perché consente di mantenere
un'alta velocità all'aria ed una bassa velocità al suolo. Improvvise variazioni in diminuzione della
velocità possono risultare molto pericolose, venendo a mancare il suo apporto alla TAS, velocità
vera, in condizioni di bassa traslazione e a poca altezza dal suolo.
Per l'atterraggio in un'area ristretta valgono, a maggior ragione, tutte le inclinazioni già date
prima per gli atterraggi.
Decollo da area ristretta
Valgono tutte le regole generali già citate, ed in particolare quella di effettuare la salita meno
ripida possibile.
Altre aree ristrette sono i pinnacoli, le cime isolate, le creste ', che vengono trattare più avanti,
non esistendo, per queste, le limitazioni dovute a ostacoli vicini.
Dislocazione delle aree di atterraggio
Dato che nelle zone montuose le aree di manovra possono presentarsi, per gli elicotteri, sotto
gli aspetti più diversi per conformazione orografica, presenza di ostacoli e natura del terreno, è bene
esaminare le differenti tecniche da adottare nei casi più caratteristici. Sostanzialmente le zone di
atterraggio possono essere suddivise in tre gruppi :
Zone basse, come valli e conche;
Zone medie, come terrazzi e cenge;
Zone alte, come pinnacoli, cime isolate, creste.
Il terzo gruppo, impraticabile per l’ala fissa, offre le maggiori possibilità di una riattaccata.
Una categoria a parte è costituita dai ghiacciai e superfici innevate. Deve essere ben chiaro
che le difficoltà dipendenti dagli elementi legati alla zona sono in genere superabili dopo aver
effettuato le ricognizioni alta e bassa. La complicazione più rilevante può invece essere costituita
dalla presenza di un vento abbastanza forte (superiore a 20-25 nodi) che provoca correnti
discendenti, vortici e turbolenza, in posizioni e di intensità diverse a seconda della conformazione
orografica. Questo è l'elemento che richiede l'esame più accurato.
Zona situata in una valle o in una conca
Questa arca di manovra non presenta particolari difficoltà se la valle è abbastanza larga.
Se invece la valle è stretta e i versanti piuttosto ripidi si presentano notevoli difficoltà di
accesso e di riattaccata a causa della unica direzione di avvicinamento e di scampo che diviene
obbligata. Una volta scesi al disotto delle creste, le possibilità di manovra dell'elicottero sono
limitate, e la condotta del volo diviene difficile a causa delle sensazioni ingannevoli dovute, ad
esempio, alla mancanza di un orizzonte reale ed agli effetti delle zone di luce e di ombra. Le
condizioni meteorologiche nei riguardi dei movimenti dell'aria possono cambiare da un punto ad un
altro per le influenze di uno sperone roccioso, dello sbocco di una valle secondaria, del
riscaldamento di un versante soleggiato rispetto ad uno in ombra. Si dovranno applicare tutte le
regole già indicate per le manovre in un'arca ristretta.
La ricognizione bassa deve subire modifiche ed adattamenti rispetto allo standard che devono
essere studiati a seconda delle circostanze relative alla conformazione del terreno ed ai moti
dell'aria. In questo caso può essere adatta la seconda delle procedure standard indicate, coli il
«biscotto» orientato in direzione della valle, se non vi sono difficoltà dovute al vento.
Come sempre l'atterraggio e il decollo, quando il vento, come spesso accade, è orientato
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secondo la direzione della valle, devono essere effettuati contro vento. In assenza di vento la scelta
della direzione è condizionata unicamente dalla conformazione del terreno. E’ indispensabile
conoscere esattamente la disponibilità di potenza per il decollo, poiché non vi sono procedure
alternative per ovviare ad una potenza insufficiente.
Zona situata nella testata di una valle
Le aree di manovra situate all'inizio di una valle, ossia alla «sorgente», pongono ulteriori
limitazioni e, a maggior ragione, devono essere considerate aree ristrette. Essendo di norma molto
forte la pendenza del terreno verso monte, è necessario che l'avvicinamento sia effettuato in questo
senso mentre il decollo dovrà avvenire in senso contrario, cioè verso valle. L'agibilità finisce per
essere completamente condizionata dal vento.
Nel caso in cui il vento spiri da valle a monte ed il terreno a monte abbia notevole pendenza,
l’atterraggio è sconsigliabile poiché non vi è la possibilità di una riattaccata. In questo caso, poiché
le testate delle valli sono generalmente ad altitudine elevata, è necessario essere certi di disporre di
una riserva di potenza prima di iniziare l’avvicinamento.
Quando si tratti di semplici brezze di valle (intensità molto modesta) l'atterraggio è possibile,
purché venga usata una certa prudenza, soprattutto nel valutare la possibilità di una riattaccata con
inversione di rotta, sempre che la larghezza della valle lo consenta, e determinando preventivamente
il punto limite. per questa manovra.
Zona situata su un terrazzo a mezza costa
La caratteristica principale di questa area è la sua posizione a ridosso di un versante che può
trovarsi sopravvento o sottovento, senza escludere che il flusso possa essere parallelo al versante.
Se la terrazza si trova sopravvento le condizioni sono favorevoli perché siamo in presenza di
correnti ascendenti. Se è situata sottovento la posizione è alquanto critica: la presenza di correnti
discendenti, di vortici ad asse orizzontale che, proprio in corrispondenza della terrazza, assumono
una certa rilevanza, sconsigliano l'uso di tale area.
La ricognizione bassa deve essere effettuata con percorso a «otto» che comprenda anche degli
avvicinamenti simulati, con il vantaggio di acquisire elementi precisi per l'impostazione
dell'atterraggio. La direzione di avvicinamento deve formare un angolo di circa 30° con la parete
che limita la terrazza, sempre mantenendo una componente di vento in prua.
Data la conformazione del terreno è consigliabile un avvicinamento ripido ed un decollo
normale o «saltato», sempre con il vento in prua.
Zona situata su una cengia
La cengia è una piccola area pianeggiante, a mezza costa, delimitata a monte da pareti quasi
verticali; si può dire che sia idonea a consentire una sosta più che un atterraggio. La ricognizione,
deve essere effettuata con procedura simile a quella stabilita per un'area situata a mezza costa
(percorso a «otto»); l'avvicinamento deve essere piuttosto piatto e sempre con un angolo di circa
30° rispetto alla montagna. La cengia può avere dimensioni talmente scarse da non consentire
all’elicottero di appoggiarsi su entrambi i pattini, poiché incombe il pericolo gravissimo di
interferenza del rotore principale con la parete a monte. Per questo motivo è indispensabile avere
l’assoluta certezza di disporre di potenza sufficiente a mantenersi in hovering fuori effetto suolo in
quanto, data la precarietà dell'appoggio, la maggior parte del flusso del rotore sfugge fuori della
cengia e non si può fare affidamento sull’effetto suolo. E altresì necessario che le condizioni
meteorologiche non intervengano a complicare una manovra già di per sé estremamente
difficoltosa.
Occorre che non vi sia alcuna turbolenza e, se non in ideali condizioni di calma, che il vento
sia, almeno, di direzione costante e di intensità modesta, senza raffiche.
Se l'avvicinamento richiede il massimo dell’attenzione , non è neppure da trascurare la
manovra di decollo, che sarebbe più appropriato chiamare di allontanamento. Esso deve essere
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iniziato con una traslazione laterale ( asse longitudinale dell’elicottero parallelo alla parete) onde
evitare possibili collisioni della coda qualora si accennasse ad una rotazione dell’elicottero verso
valle. Dall’inizio alla fine dell’operazione l’attenzione deve essere costantemente rivolta a valutare
la distanza del rotore e della coda dalla parete.
Le manovre su un’area del genere devono essere effettuate solamente in caso di assoluta
necessità (missioni di soccorso), poiché richiedono un livello avanzatissimo di addestramento
essendo le più difficili in assoluto.
Basti pensare che, appoggiato ad un solo pattino, l’elicottero è per metà in effetto suolo e per
l’altra metà nel vuoto. Come si è già accennato, in questo caso è indispensabile la collaborazione
del secondo pilota e dello specialista . Del resto è improbabile che un solo pilota vada ad eseguire
tali manovre su una cengia poiché non potrebbe svolgere contemporaneamente un altro compito
utile.
Zona situata su un pinnacolo o una cima isolata
Queste aree , di superficie abbastanza ridotta, sono situate ad un livello decisamente superiore
a quello della zona circostante e delimitate da un terreno scosceso. Se il vento è debole, una alture
costituisce un ottimo punto di manovra; anche l’effetto di un vento più forte può essere controllato
data la disponibilità di spazio, e per il decollo non vi è urgenza di guadagnare quota, ma di
allontanarsi dal rilievo per evitare la turbolenza che sovente lo circonda.
Qualora la superficie sia ridottissima e le pareti quasi a picco , sicché si può a ragione parlare
di un pinnacolo, occorre tener conto delle sensazioni di vertigine cui può dar luogo.
Il vento è il principale elemento da considerare per la turbolenza e per le correnti che ne
conseguono. Ricordiamo che l’altezza d’influenza di una cima isolata è di circa un terzo dell’altezza
della cima rispetto al terreno circostante.
Se il vento è debole o moderato si può anche impostare un avvicinamento diretto controvento,
tenendo conto che, per l’effetto Venturi, aumenta di intensità vicino al suolo.
L’angolo del sentiero di discesa sarà normale con vento debole, più ripido con vento
moderato, anche se gli ostacoli e le dimensioni dell’area potrebbero permettere un avvicinamento
normale.
Le ricognizioni alta e bassa, nel caso delle cime isolate e dei pinnacoli, servono
principalmente ad accertare gli elementi del vento. Qualora vi sia forte vento (superiore a 20-25
nodi) è da presumere la presenza di un settore dell’ampiezza di circa 90° sottovento ove si hanno
forti correnti discendenti, vortici ad assi obliqui e turbolenza. opportuno effettuare dei passaggi
circolari intorno alla cima per accertare l'esatta posizione dei limiti del settore. Supposta la
direzione del vento , nella posizione sopravvento si nota un aumento della velocità al suolo; nel
punto sottovento hanno inizio vibrazioni dovute alla turbolenza ed ai vortici che persistono sino al
punto centro valle sottovento ; in questo tratto è necessario aumentare la potenza ed il collettivo per
mantenere assetto e quota; oltre il punto sottovento si può notare una diminuzione della velocità al
suolo e si deve ridurre potenza e collettivo. Appena fuori del settore dei vortici sottovento si
trovano le migliori direzioni di avvicinamento, al termine del quale sì dovrà orientare l'elicottero
esattamente con il vento in prua.
L'avvicinamento e l'atterraggio su una cima isolata o un pinnacolo sono pertanto molto più
condizionati dalla presenza del vento che non dalle dimensioni della zona di atterraggio o da
qualche ostacolo.
Per il decollo da una cima isolata, in presenza di vento, si deve acquistare la maggiore
velocità di traslazione possibile per allontanarsi dal pendio. A volte, quando la potenza disponibile
è inferiore alla potenza necessaria per un decollo normale, se vi è spazio sufficiente si può effettuare
un decollo strisciato. Si può anche effettuare un decollo saltato dal ciglio della cima, portando i giri
al massimo, agendo con decisione sul collettivo per staccare l'elicottero da terra e portando
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immediatamente il ciclico avanti per acquistare velocità approfittando della pendenza del terreno.
Subito dopo si deve abbassare il collettivo per recuperare i giri perduti all'inizio del decollo, data la
poca potenza disponibile.
Quando la manovra deve essere effettuata su un pinnacolo, quindi con pareti molto ripide,
l'effetto del vento si manifesta più intensamente, anche con vortici ad asse quasi verticale; la
turbolenza sottovento è accompagnata da correnti discendenti non ben definite e piuttosto
discontinue. La procedura è la medesima descritta per le cime isolate, ed in questo caso sarà tanto
più opportuno procedere ad una ricognizione con passaggi circolari intorno alla sommità del
pinnacolo.
Zona situata su una cresta
Per cresta si intende linea ove si congiungono due versanti montuosi opposti ed abbastanza
ripidi. La cresta può riguardare una catena di montagne che separa due valli ed avere un notevole
sviluppo in lunghezza; in altri casi riguarda un rilievo isolato dalla forma molto allungata. In altri
termini si possono avere creste, molto lunghe o abbastanza corte, con effetti diversi sul vento.
La catena montuosa implica una altezza di influenza pari a circa il triplo dell'altezza delle
creste rispetto al terreno, cioè di ben nove volte maggiore di quella di una cima isolata.
Mentre per una cima isolata la direzione del vento non ha alcuna importanza per quanto
concerne gli effetti, per una catena montuosa questi sono diversi secondo che il vento sia parallelo o
perpendicolare al rilievo, ed in questo caso essi raggiungono la massima intensità.
Con vento in direzione perpendicolare alle creste nella ricognizione bassa non si devono
effettuare passaggi in direzione perpendicolare alle creste ancorché contro vento. Si dovrà eseguire
un avvicinamento obliquo, con una angolazione rispetto alla linea delle creste di circa 45°,
preferibilmente da sinistra per avere lo spazio per una virata di evasione a destra.
Con vento in direzione parallela alle creste si può effettuare l'avvicinamento lungo la linea
della cresta, ovviamente con vento in prua.
Le procedure non sono diverse da quelle già descritte per la cima isolata, purché venga tenuta
presente la maggiore intensità dei vortici e la notevole altezza d'influenza della catena montuosa.
Se la cresta è piuttosto corta, tanto da poterla considerare una cima isolata con un certo
sviluppo in lunghezza, occorre considerare due differenti procedure a seconda della direzione del
vento.
Con vento perpendicolare alla cresta l'avvicinamento deve essere parallelo alla linea della
cresta e con l'atterraggio, a metà circa della cresta stessa, dopo una virata di 90° per avere il vento in
prua.
Con vento perpendicolare alla cresta l’avvicinamento deve essere parallelo alla linea di cresta
e con l’atterraggio, a metà circa della cresta stessa, dopo una virata di 90° per avere il vento in prua.
Con vento parallelo, o quasi, alla cresta l’avvicinamento deve essere controvento, con una
angolazione di circa 30° rispetto all’asse della cresta, lasciandola a destra o a sinistra a seconda del
vento, ed effettuando l’atterraggio sulla destra o a sinistra a seconda del vento, ed effettuando
l’atterraggio sulla estremità più lontana del rilievo, nella zona sopravvento. L'angolo del sentiero di
discesa sarà come sempre, da normale a piatto con vento debole e ripido in proporzione con vento
forte.
Il decollo deve essere effettuato controvento, e se la riserva di potenza disponibile non è
sufficiente per un decollo normale, si potrà effettuare un decollo a salto dopo aver valutato la
situazione relativa al vento, al terreno ed agli ostacoli.
Zona situata su un passo
La caratteristica principale di queste aree di manovra è costituita dalla velocità del vento che
viene notevolmente incrementata in corrispondenza del valico quando la sua direzione è pressoché
perpendicolare alla catena di montagne. Si creano inoltre dei vortici ad asse quasi verticale nella
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zona sottovento dove il flusso ha spazio per riprendere le sue dimensioni normali. Quando il vento
spira parallelamente alla catena montuosa, sul valico si forma una zona di vortici e di turbolenza.
La ricognizione alta deve tendere ad acquisire i medesimi elementi già elencati per i casi precedenti,
e, tra l'altro, la ricognizione bassa deve comprendere alcuni passaggi attraverso il valico, che va
sempre affrontato obliquamente. La forma a «otto» del circuito di ricognizione consente la
completa osservazione dei rilievi che fiancheggiano il valico. La scelta della direzione per I'
avvicinamento finale deve tener conto più della direzione del vento che della morfologia: in ogni
caso dovrà avvenire dal lato sottovento della catena, in direzione obliqua ( angolo di 35-45° con la
catena montuosa) preferibilmente da sinistra in modo da avere sempre a disposizione una rotta di
evasione per la riattaccata.
Zona situata su ghiacciai e superfici innevate
L’effettuazione di queste manovre richiede le medesime procedure già descritte per
l’ala fissa, ma occorre aggiungere qualche accorgimento particolare dovuto agli effetti che
produce il rotore principale. Si possono usare reti da neve applicate ai pattini dell’elicottero
per evitare che sprofondi, a meno che la base della fusoliera non sia piatta per consentire un
appoggio sicuro.
Atterraggio
L’atterraggio su ghiacciai, nevai e superfici innevate può avvenire su aree non
organizzate o su aree predisposte ed organizzate.
Atterraggio su aree non organizzate
L’atterraggio su aree non organizzate richiede i seguenti accorgimenti :
a) pianificare in ogni caso, anche il più favorevole, una rotta di evasione;
b) determinare, se possibile, il tipo di terreno esistente sotto la neve: la
vegetazione bassa, il terreno roccioso si possono distinguere per qualche elemento
affiorante o addirittura sporgente dalla superficie della neve; più difficile determinarne la
natura se il terreno è a prato;
c) il maggiore spessore della neve si può trovare negli avvallamenti, dove si
accumula più facilmente, e nelle zone non esposte al vento; queste zone si possono
utilizzare per le manovre, tenendo presente che può esservi, in superficie, uno strato di
neve farinosa;
d) il vento tende ad asportare la neve farinosa, quindi se vi sono delle leggere
ondulazioni è probabile che sulla loro sommità sia rimasta una crosta gelata idonea per le
manovre.
e)
in alcune condizioni di luce è difficile stimare le distanze quando
manchino punti di riferimento su una superficie innevata; è necessario lanciare bandierine
colorate, polveri, fumate per creare elementi di contrasto col fondo;
f)
l'avvicinamento e l'atterraggio sulla neve farinosa richiedono di abbreviare i tempi
del volo stazionario per evitare i turbini di neve che avvolgono l'elicottero in effetto suolo e che
annullano completamente la visibilità; in questo caso si deve interrompere l'atterraggio e
riattaccare; risulterà utilissimo aver pianificato la rotta di scampo di cui al punto a), per potersi
rivolgere al controllo strumentale dell'assetto dell'elicottero; si possono anche effettuare passaggi
successivi per eliminare lo strato di neve farinosa col vento del rotore;
g) per evitare l'inconveniente dovuto ai turbini di neve, è bene eseguire le manovre con
una certa continuità, sia nel caso di un'arca ampia e livellata, che richiede un atterraggio diretto
con piccolo angolo di discesa, sia nel caso di arca particolare, che richiede un angolo di discesa
ripido; con una decelerazione lenta e progressiva si evitano variazioni di assetto longitudinale
in vicinanza del suolo, l'elicottero mantiene una certa velocità di traslazione ed i turbini di neve
rimangono indietro;
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h) al momento dell'atterraggio, appena verificato il contatto con la superficie, si deve
abbassare il collettivo lentamente e mantenere il numero di giri prescritto per il decollo, in
modo da essere pronti in caso di cedimento della superficie nevosa; talvolta si può cercare di
comprimerla con piccoli colpi verso il basso mediante il collettivo, ma è bene tenere il rotore al
massimo sino a quando tutto il peso è solidamente appoggiato.
Atterraggio su aree organizzate
L'atterraggio su aree organizzate è evidentemente facilitato dalle segnalazioni a terra. Le
raccomandazioni riguardano piuttosto il personale di manovra, che dovrebbe organizzare le aree di
atterraggio nel periodo immediatamente precedente le operazioni, perché le condizioni di
innevamento possono subire sostanziali cambiamenti non solo a causa di successive precipitazioni,
ma anche semplicemente del vento e della temperatura, vanificando il lavoro già svolto.
SOMMARIO DELLE PRINCIPALI NORME DA SEGUIRE PER IL VOLO
SU TERRENO MONTAGNOSO
Controllare costantemente la direzione e la velocità
stimata del vento.
Pianificare l'awicinamento per l'atterraggio in maniera
tale che una riattacata sia sempre possibile controvento e verso valle.
Se il vento è debole, scegliere per l'atterraggio la cima
di una collina in modo da poter sfruttare il poco vento esistente.
Far bene attenzione agli ostacoli ed in particolare ai
cavi elettrici e alle teleferiche.
Prima di effettuare un atterraggio in una zona
sconosciuta eseguire almeno un passaggio ad alta quota ed uno a bassa quota per valutare le
condizioni dell'area di atterraggio e per determinare la migliore direzione per l'awicinamento e il
successivo decollo,
Prima dell’atterraggio controllare la possibilità di
effettuare il volo stazionario fuori effetto suolo
Quando si vola in presenza di turbolenza controllare
costantemente i giri rotore ricordandosi che con correnti ascendenti essi tendono a salire mentre
con correnti discendenti tendono a diminuire.
Evitare di volare nelle vicinanze di formazioni
nuvolose e temporalesche.
Evitare manovre brusche e virate accentuate.
Attraversare i rilievi montani ad una quota
sufficientemente alta onde evitare le correnti discendenti sul versante sottovento.
Pianificare il volo in modo da sfruttare le correnti
ascendenti esistenti sul versante soprawento dei rilievi.
Quando possibile pianificare l'atterraggio in modo da
eseguire l'awicinamento lungo la catena montuosa e non perpendicolarmente ad essa.
Evitare elevate velocità di discesa durante
l'avvicinamento.
Prima di effettuare un volo in montagna, pianificarlo
attentamente ed indottrinare adeguatamente l'equipaggio sulla missione da compiere.
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Briefing del volo in montagna
Introduzione
Effetti dell’altitudine sull’elicottero
Diminuzione della potenza del motore
Diminuzione del rendimento del rotore principale
Diminuzione dell’efficacia del rotore di coda
Relazione IAS – TAS
Effetti dell’altitudine sull’equipaggio
Anossia
Vertigine
Pressione psicologica
Effetti dei rilievi sulle sensazioni in volo
Controllo degli assetti
Stima degli angoli di discesa
Stima di quote e distanze
Il vento
Effetti del vento sui rilievi
Effetti del vento sul volo dell’elicottero
Tipi di avvicinamento in funzione di vento e turbolenza
Avvicinamento normale
Avvicinamento ripido
Avvicinamento piatto
Pianificazione del volo
Analisi del folder meteo
Piano di carico e analisi prestazioni (TOLD)
Briefing all’equipaggio
Condotta del volo
Navigazione di avvicinamento in zona operazioni
Scelta di una rotta
Analisi del vento in rotta
Attraversamento di rilievi e catene montuose
Volo in valle
Arrivo in zona operazioni
Individuazione LZ e sue caratteristiche
Ricognizioni e prova di potenza
Avvicinamento/atterraggio
Decollo
Considerazioni sulle possibili condizioni di emergenza
Possibili avarie
Possibili emergenze – Riattaccate – Rotte di scampo
Operazioni al verricello
Breve descrizione dell’apparato
Circuito di arrivo – Ricognizioni
Circuito di recupero
Avvicinamento – Radioguida dell’operatore
Hovering – Filamento del cavo – Recupero
Fraseologia
Problemi connessi con il flusso rotore
Cos’è il flusso rotore e come si genera
Problemi per persone/cose durante l’avvicinamento e l’atterraggio
Problemi per persone/barelle durante il recupero al verricello
Raccomandazioni di carattere generale
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Fig. 4
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Fig. 5
Fig. 6
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Fig. 8
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Fig. 9
Fig. 10
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PROBLEMATICHE DEL VOLO SU SPECCHI ACQUEI
Il volo sull'acqua
Durante il sorvolo di laghi, fiumi, ecc., si deve prestare attenzione alla quota, poiché in
assenza di vento la superficie dell'acqua produce l'effetto specchio che non permette una corretta
valutazione dell'altezza, con il pericolo di infilarvisi.
Dovendo operare a bassa quota o in Hovering, , è consigliabile effettuare la manovra presso la
costa per avere dei punti di riferimento.
Condizioni meteo
Le condizione meteo influenzano ovviamente la visibilità, in particolare sopra la
superficie acquea è più facile la formazione di nebbie e foschie.
Disorientamento, errori di quota
Il volo sopra una superficie uniforme e spesso dello stesso colore del cielo provoca diveri
tipi di problemi :
la mancanza di un orizzonte definito crea una sensazione di vertigine,
l’effetto specchio di una superficie calma ( priva di moto ondoso) pone grossi
problemi di valutazione della altezza, in questi casi risulta conveniente fare affidamento anche
sul radio-altimetro e attendere che il flusso del rotore increspi la superficie per meglio giudicare
l’altezza rispetto alla superficie,
il moto ondoso durante l’hovering provoca la variazione di altezza pari a quella tra
cresta ondosa e avvallamento successivo con tendenza del pilota e seguirne l’andamento,
durante le operazioni al verricello il pilota è completamente privo di riferimenti e,
pertanto, si deve regolare solo sulle indicazioni fornite dal verricellista e dagli strumenti quali :
girobussola per la prua, radio-altimetro per la quota.
Flusso del rotore
L’effetto del flusso del rotore , nel caso di elicotteri medi, provoca nel personale in acqua
difficoltà del genere:
difficoltà di visuale dovuta ai violenti spruzzi che si alzano, è consigliabile indossare
una maschera tipo sub,
difficoltà a sollevare il capo in quanto il flusso lo costringe verso il basso.
Soccorso su fiume
L’effetto della corrente provoca problemi sia per la mancanza di riferimenti fissi davanti al
pilota sia per lo spostamento delle persone immerse rispetto all’aeromobile
CONCETTI GENERALI SULLE MODALITA'DI RECUPERO DI PERSONE IN MARE
L'operazione di recupero di naufraghi può presentare alcune difficoltà e problemi per cui si
richede il massimo dei coordinamento tra i membrì deil'equipaggio.
In particolare si richiede al pilota di effettuare un avvicinamento corto piuttosto che lungo e
che successivamente egli riesca ad effettuare un buon volo stazionario sul punto in cui deve
avvenire il recupero. Per ottenere un'avvicinamento preciso si consiglia al pilota di farsi guidare nel
punto esatto seguendo le istruzioni dell'operatore verricello.
Tenere presente che se il naufrago è a bordo di una imbarcazione leggera quest'ultima puo
essere facilmente allontanata, dalla propria posizione a causa dei flusso d'aria prodotto dal rotore. Il
pilota potrà cercare di evitare questo inconveniente "ingabbiandola" a centro dei flusso d'aria; se
tuttavia questa operazione risultasse difficile, si consiglia di far scendere in mare il naufrago.
Qualora si ravvisasse il pericolo di incendio a causa della presenza di combustibile attorno al
naufrago, il verricello deve essere calato in mare in una zona distante dalla zona di recupero e
successivamente dovrà essere calato in vicinanza dei naufrago.
Il recupero di personale dall'acqua è facilitato dall'impiego della normale braga recupero,
tuttavia, quando il naufrago non è addestrato all'impiego della braca, si consiglia di utilizzare un
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Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale
Commissione Tecnica Nazionale S.A.F.
Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale
tipo di braca su cui sono raffigurate le modalità di impiego della stessa.
Prima di iniziare il sollevamento del naufrago dall'acqua, accertarsi che egli sia libero da ogni
impedimento.
Il recupero di un naufrago inanimato disponendo di un solo operatore è estremamente
difficoltoso, si consiglia pertanto l'impiego di due operatori imbarcati sullo stesso elicottero.
In caso di recupero con cesto al gancio baricentrico, si consiglia l'uso di funi con gancio
rotante di lunghezza non inferiore a 30 mt.
CONCETTI GENERALI SULLA MISSIONE DI RICERCA E SOCCORSO IN
MARE
Perchè la missione di ricerca possa svolgersi in modo efficace e portare un risultato positivo
occorre che essa sia impostata in modo chiaro fornendo al pilota soccorritore la posizione (il più
accurata possibile) dove deve essere ricercato il naufrago, imbarcazione, dimensioni, tipo, colore
ecc. e l'esistenza di precisi accordi per le comunicazioni tra ente di controllo, Capitanerìa di porto
ed i vari mezzi di soccorso.
In linea generale, rfei caso di ricerca a vista, la quota dovrà essere mantenuta attorno ai 500
piedi di giorno con buona visibilità mentre tale quota dovrà essere aumentata a 1000 piedi per voli
notturni con scarsa visibilità.
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