Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Meteorologia LE CARATTERISTICHE FISICHE DELL'ATMOSFERA Generalità Le caratteristiche fisiche dell'atmosfera sono costituite da alcune grandezze: la temperatura, la pressione, l'umidità, che vengono misurate mediante strumenti; la densità, che può essere calcolata con una semplice formula o ricavata da tabelle in funzione della pressione e della temperatura; le condizioni di equilibrio, quelle comunemente note come stabilità o instabilità, che si ricavano dai diagrammi termodinamici, e devono essere richieste all'ufficio meteo; esse indicano la tendenza dell'aria a rimanere all'incirca al livello al quale si trova (stabilità), a salire alquanto, per poi diffondersi orizzontalmente (instabilità debole), a salire sino a livelli considerevoli (instabilità moderata), talvolta sino alla tropopausa (instabilità forte). Queste caratteristiche fisiche, come si è detto, determinano lo «stato» dell'atmosfera, così come la temperatura corporea e la pressione del sangue indicano lo «stato» di un paziente; mediante il loro esame esteso ad una vasta regione, è possibile effettuare una analisi delle condizioni attuali, ossia una diagnosi, e stabilire la possibilità ed il livello di probabilità del verificarsi di fenomeni meteorologici, cioè emettere una previsione, o prognosi, circa l'evoluzione del tempo. Queste caratteristiche verranno esaminate singolarmente soprattutto considerando il loro comportamento per effetto della quota e dell'orografia. Si deve tenere presente che l'andamento delle grandezze fisiche, sia nel corso delle 24 ore (escursione diurna), sia durante l'anno (escursione annua) è dovuta soprattutto alla variazione della radiazione solare efficace. Questa dipende dalla durata dell'insolazione, quindi dall'alternarsi del giorno e della notte e dalla loro diversa lunghezza nel corso dell'anno (alle nostre latitudini l'arco diurno è di circa 8-9 ore in inverno e 15-16 ore in estate), dalla sua intensità, che dipende dalla inclinazione dei raggi solari rispetto alla superficie terrestre sia nel corso della giornata sia durante anno (alle latitudini della nostra penisola il sole a mezzogiorno ha un'altezza sull'orizzonte che va dai 20°-30° in inverno ai 66°-76° in estate). Mentre gli elementi astronomici sono noti e rigorosamente prevedibili, non altrettanto può dirsi della nuvolosità che interferisce con la radiazione solare, se non a livello di media statistica. L'effetto più importante della radiazione solare si manifesta, attraverso l'irraggiamento terrestre, sulla temperatura dell'aria, ed è soprattutto da questa che dipende la variazione delle altre grandezze fisiche, in primo luogo dell'umidità e della pressione, sulla quale, tuttavia, intervengono anche fattori dinamici molto complessi. La temperatura La temperatura dell'aria è determinata dall'irraggiamento della superficie terrestre, la quale si scalda durante il giorno, per effetto della radiazione solare, in misura e con velocità diverse a seconda della natura della superficie stessa. La differenza più notevole si riscontra tra oceani, mari, laghi e la terraferma, per cui i primi si scaldano e si raffreddano in minor misura e più lentamente, tanto da esercitare una azione termoregolatrice, attenuando le forti variazioni di temperatura, mentre la seconda si scalda e si raffredda in maggior misura e più rapidamente, sempre con le differenze dovute alla particolare natura del terreno. L'effetto dell'irraggiamento si manifesta in misura maggiore negli strati più bassi e decresce progressivamente con l'altezza. Variazione diurna della temperatura La temperatura varia nel corso delle 24 ore presentando un minimo poco prima dell'alba (quindi ad un'ora variabile con le stagioni), ed un massimo nelle prime ore del pomeriggio. La differenza tra le due temperature si chiama escursione termica diurna. L'escursione è maggiore sulla terraferma con cielo sereno ed in assenza di vento, mentre è minore sul mare con cielo coperto Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 1 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale (per il noto «effetto serra» che attenua il raffreddamento notturno) ed in presenza di vento. La temperatura e l'altitudine La temperatura, normalmente, diminuisce con la quota in modo irregolare e variabile da un giorno all'altro; l'andamento temperatura - altezza rilevata dai punti caratteristici dei radiosondaggi è rappresentato da una linea spezzata. Partendo dalla temperatura rilevata ad un dato livello, si può utilizzare il gradiente termico verticale medio di 0,65 °C/100 m, equivalente a 2 °C/1.000 ft, stabilito per l'aria standard, per calcolare la temperatura ad un altro livello. L'errore sarà tanto maggiore quanto più il gradiente dell'atmosfera reale differisce da quello dell'atmosfera standard. Oltre ad essere, in genere, diverso da quello dell'atmosfera standard, esso può presentare frequentemente delle anomalie: si ha una isotermia quando la temperatura, in uno strato, si mantiene costante con la quota; si ha una inversione termica (cioè inversione del normale gradiente), quando la temperatura aumenta con la quota. L'inversione al suolo, se l'aria è sufficientemente umida, comporta la formazione di nebbia, o di strati di nubi bassissime. La temperatura e l'orografia La temperatura è determinata, oltre che dall'irraggiamento, dai moti verticali lungo i versanti; infatti l'aria che, a contatto del terreno, si è riscaldata per irraggiamento, sale tanto più in alto e tanto più rapidamente quanto maggiore è la differenza di temperatura con gli strati superiori. L'irraggiamento del terreno, che ovviamente in montagna ha una maggiore altitudine, fa sentire il proprio effetto a livelli più elevati che in pianura. In pratica accade che volando ad una data quota in pianura si abbia una certa temperatura, ed entrando nella zona montuosa essa aumenti per la maggiore vicinanza del terreno. L'escursione termica nel fondovalle è molto più grande che non in alta montagna, ove si ha un maggior livellamento della temperatura. Le valli e le conche, specie se chiuse, durante l'inverno si raffreddano molto di più delle zone aperte e ventilate, come pure dell'alta montagna, delle cime e dei crinali, mentre in estate si riscaldano in misura altrettanto più grande . La presenza dei laghi montani o prealpini esercita un’azione termo regolatrice, attenuando sia le basse temperature invernali, sia le elevate temperature estive. Durante l'inverno le temperature estreme, minima e massima, vengono raggiunte in alta montagna prima che nel fondovalle; durante l'estate, invece, la temperatura massima viene raggiunta quasi contemporaneamente. Lo stato del suolo influisce sulla temperatura: il terreno innevato, che riflette luce e radiazione solari, non consente il riscaldamento del terreno e di conseguenza dei bassi strati dell'aria, che rimangono freddi anche di giorno. Una considerazione sulla temperatura che ha notevoli riflessi sulla nuvolosità è quella relativa alle inversioni. In tali circostanze si può avere nebbia o strati bassissimi nelle valli, mentre al di sopra dello strato d’inversione è sereno, quindi le montagne sono libere da nubi e con visibilità ottima. Un effetto molto importante sulla temperatura è causato dall'orientamento delle catene montuose e quindi delle valli, per il diverso soleggiamento dei versanti durante la giornata. Com’è noto, l'entità del riscaldamento dipende dall'angolo d'incidenza dei raggi solari con la superficie, ed è massimo quando questi sono perpendicolari al terreno. Nel complesso occorre notare come il riscaldamento del terreno, e quindi dei bassi strati dell'atmosfera, abbia in montagna un inizio anticipato ed una fine ritardata rispetto a quanto accade in pianura, data l'esposizione dei versanti ai raggi solari. Si ha quindi una maggior durata del soleggiamento ed in condizioni favorevoli ad un apporto termico consistente, cioè con l’esposizione dei versanti perpendicolari ai raggi solari, con il risultato che, nel complesso, il riscaldamento dei bassi strati dell’atmosfera è maggiore in montagna che in pianura. Il soleggiamento è un fattore molto importante e del quale occorre tener conto per le sue Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 2 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale conseguenze sulla temperatura e quindi sulle correnti, non solo, ma anche per l'effetto luce-ombra che si ripercuote sulle sensazioni di volo; per una pianificazione accurata può essere necessario considerare la posizione del sole nei vari mesi dell'anno, nelle diverse ore del giorno, nonché la forma e le dimensioni degli ostacoli costituiti dalle montagne che daranno le zone d’ombra. La pressione La pressione è il rapporto tra una forza o una forza-peso ed una superficie. Nel caso della pressione atmosferica è il rapporto tra il peso della colonna d'aria sovrastante e la superficie sulla quale essa grava. La pressione, per le proprietà dei gas, agisce in tutte le direzioni. Per questo motivo il barometro può essere collocato all'interno di un locale. Nei diversi sistemi di misura, al livello del mare , in condizioni meteorologiche medie, la pressione atmosferica è di 760 mm Hg = 29,92 ins Hg = 1013,25 hPa (o mb) = 1033 kg/cm2 La pressione e l'altitudine La pressione diminuisce con la quota in ragione di 1 hPa ogni 8 m = 27 ft circa (gradiente barico verticale) nei bassi strati dell'atmosfera. Esprimendo la variazione in pollici, comoda per alcuni altimetri, si ha la variazione di 0,01 ins (pollici) ogni 3 m = 10 f t circa, corrispondente ad 1 ins ogni 1.000 ft. Essendo gli strati superiori sempre meno densi, occorrerà salire sempre di più per avere la diminuzione di 1 hPa di pressione. Sino a 3.000 m (10.000 ft), quando si debbano fare calcoli rapidi, si può assumere una diminuzione media di 1 hPa ogni 10 m =30 ft. Anche la pressione parziale dell'ossigeno, circa 1/5 di quella atmosferica, da considerare per i suoi effetti sulla respirazione e sulla combustione nei motori, si riduce nella medesima misura, quando si sale la diminuzione di pressione è maggiore in aria fredda che in aria calda (meno densa); in altri termini, per avere la diminuzione di pressione di 1 hPa occorre salire di meno in aria fredda e di più in aria calda. Variazione diurna della pressione Il normale andamento diurno della pressione presenta due massimi intorno alle ore 10 e alle 22, e due minimi, intorno alle ore 04 ed alle 16 ; il massimo del mattino ed il minimo del pomeriggio sono generalmente i più pronunciati. Questo si verifica, come per le escursioni normali delle altre grandezze, in assenza di perturbazioni . L'ampiezza media dell'escursione, alle nostre latitudini, è compresa tra 0,5 ed 1 hPa, quindi talmente modesta da non meritare una particolare attenzione. Del resto questa normale escursione diurna non ha, in meteorologia, l'importanza che hanno quelle della temperatura e dell'umidità. Quando le condizioni del tempo variano, l'andamento della pressione ne risulta fortemente coinvolto, come sappiamo bene; le variazioni dell'ordine di 10-20 hPa da un giorno all'altro sono comuni in questi casi, e vedremo come utilizzare tali indicazioni, integrate dalla variazione delle altre grandezze e dalla osservazione degli altri elementi, per una previsione locale a breve scadenza. La pressione e l'orografia L'effetto dell'orografia sull'andamento della pressione è apprezzabile nella misura in cui l'orografia stessa influisce sulla temperatura. L'escursione diurna della pressione è stata riscontrata anche nelle zone montuose, almeno nelle stazioni situate al di sotto dei 500 m le quali effettuano la riduzione della pressione al livello del mare per ottenere valori confrontabili con gli altri. Da analisi frequenti e particolareggiate della situazione barica (ogni tre ore e con le isobare tracciate di hPa in hPa), è risultato che durante la stagione estiva la pressione diminuisce temporaneamente sui rilievi durante le ore pomeridiane, con un breve ritardo rispetto al massimo di temperatura, intorno alle ore 16 e cioè in corrispondenza di uno dei minimi di pressione considerati nella normale escursione diurna: la diminuzione è però assai più consistente e raggiunge qualche hPa. Il vapore acqueo e l'umidità Ogni corso di meteorologia inizia con la presentazione dell'atmosfera specificandone la Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 3 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale composizione, ed è ben noto che il miscuglio «aria» è formato, in volume, dal 78% di azoto, dal 21% di ossigeno e dall'1 % di altri gas, nobili e non. E’ ingiustamente rimasto escluso il vapore acqueo presente nell'aria, che, alle temperature delle nostre latitudini, può raggiungere quantità che vanno da circa 11 grammi per ogni chilogrammo di aria alla temperatura di 15 °C, per arrivare a 20 grammi a 25 °C e a 36 grammi a 35 °C. Quantità modeste, ma niente affatto trascurabili, se si considera che il vapore acqueo, dal punto di vista meteorologico, e quindi anche aeronautico, è di gran lunga il più importante e significativo componente dell'atmosfera, della quale occupa prevalentemente lo strato più basso, sino a circa 2 km di altezza; infatti al di sopra, coi diminuire della temperatura, e trovando un sufficiente numero di nuclei igroscopici, come sempre accade, il vapore acqueo condensa e si formano le nubi. L'umidità relativa (Ur), come noto, è il rapporto, espresso in percentuale, tra l'umidità specifica reale o effettiva e l'umidità specifica massima o di saturazione che compete a quella temperatura ossia, in termini più semplici, tra il numero di grammi di vapore effettivamente presenti ed il numero di grammi di vapore occorrenti per la saturazione, sempre a «quella» temperatura; è facile verificare, dall'umidità relativa calcolata ed indicata a lato di ciascun punto, come questa aumenti con l'aumentare del contenuto reale di vapore, sino alla saturazione, ovviamente espressa da un'umidità relativa del 100%. Questa grandezza è molto significativa, in quanto indica la «distanza» dalla saturazione prescindendo dalla temperatura, dalla quantità di vapore acqueo presente e dalla quantità di vapore acqueo necessario per la saturazione a quella data temperatura, Lo stato igrometrico dell'aria, o umidità che sia, può anche essere indicato, come infatti avviene, mediante la coppia di valori, temperatura dell'aria (ta) e temperatura di rugiada (td), detta anche la temperatura di brina (tf). Ricordiamo che la temperatura di rugiada è sempre minore della temperatura dell'aria, o tutt'al più uguale quando l'umidità relativa è del 100%, ossia in condizioni di saturazione. Tornando alle nostre due temperature, quando sono uguali o la loro differenza è molto piccola, e l'ora del giorno porta ad escludere la possibilità di un aumento della temperatura, le condizioni per la saturazione sono molto vicine, e ciò significa foschia densa, nebbia, strati bassissimi, a seconda delle circostanze e della stagione. Variazione diurna dell'umidità Il contenuto effettivo di vapore aumenta leggermente durante la mattinata a causa dell'evaporazione conseguente all'aumento di temperatura, ed una altrettanto leggera diminuzione si verifica dopo il tramonto. La variazione del contenuto di vapore è indicata dall'andamento della temperatura di rugiada e l'escursione diurna di questa è molto limitata. E invece la variazione della temperatura dell'aria che determina l'escursione dell'umidità relativa. Quando la temperatura dell'aria aumenta, aumenta anche la differenza con la temperatura di rugiada e diminuisce l'umidità relativa; viceversa quando la temperatura dell'aria diminuisce, altrettanto accade della differenza con la temperatura di rugiada e quindi aumenta l'umidità relativa. L'umidità e l'altitudine L'umidità ha un andamento che non dipende dall'altitudine. La maggior parte del vapore acqueo, tuttavia, si trova nei primi due chilometri di altezza, come risulta dal sondaggi termodinamici. Il vapore è presente solamente negli strati più bassi perché quando una massa d'aria si solleva, insieme al proprio contenuto di vapore, il raffreddamento che subisce durante la salita porta alla saturazione ed alla condensazione, e quindi ci si troverà in presenza di nubi, cioè non più di vapore ma di goccioline di acqua. L'umidità e l'orografia Da quanto si è detto circa l'effetto dell'orografia sulla temperatura e viste le conseguenze di questa grandezza sull'umidità, non è difficile dedurre l'effetto dell'orografia sull'umidità. Questa è più alta nelle valli e nelle conche quando fa più freddo, cioè durante la notte ed in misura maggiore Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 4 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale nel periodo invernale, proprio a causa dell'aria fredda che si raccoglie dopo il tramonto nelle zone più basse. In inverno la nuvolosità stratiforme e poco consistente tende a dissolversi nel corso della mattinata, con un comportamento analogo a quello delle nebbie in pianura; del resto queste nubi stratiforrni che si alzano lentamente lungo i fianchi delle valli vengono anche indicate come «nebbia alta». In estate, invece, le nubi sono più consistenti e tendono a permanere durante tutto il pomeriggio per poi dissolversi al tramonto, prima sul versante occidentale che rimane in ombra e si raffredda, poi anche su quello orientale. La densità Se il vapore acqueo è il componente più significativo della troposfera ai fini meteorologici, e rende indispensabile una buona conoscenza dei meccanismi che ne regolano le trasformazioni, la densità è la caratteristica fondamentale e determinante per i suoi riflessi sulle prestazioni dell'aeromobile. La densità influisce sul rendimento delle superfici alari, sia fisse, sia rotanti (ali ed eliche dei velivoli convenzionali, rotore principale e elica anticoppia negli elicotteri. sul rendimento dei motori alternativi e delle turbine, sulle indicazioni degli strumenti di bordo il cui funzionamento è dipendente dalle prese statica e dinamica. Anche l'umidità dell'aria contribuisce a diminuirne la densità. Il vapore acqueo pesa circa il 63% rispetto all’aria, quindi l'aria umida è meno densa dell’aria secca. A conti fatti risulta che la presenza del vapore acqueo non influisce in misura determinante sulle prestazioni aerodinamiche. Non è, così, invece, per il rendimento del motore che, in condizioni di alta temperatura ed umidità, quindi con un elevato contenuto effettivo di vapore, può diminuire di un buon 10% del quale è bene tenere conto. Operando in condizioni di elevata quota densimetrica, le fasi critiche del volo sono il decollo, la salita e, per l'elicottero, il volo a punto fisso, con o senza effetto suolo. Non si deve pensare che la relativa facilità con la quale si è atterrati su un aeroporto situato in una zona ad elevata altitudine o in climi tropicali si possa ritrovare anche al decollo. Gli effetti della diminuzione di densità si sommano in senso negativo, poiché con la diminuzione della efficienza aerodinamica aumenta la potenza necessaria, ma con il diminuito rendimento del motore diminuisce nel contempo la potenza disponibile e quindi la capacità di salita, che finisce per annullarsi alla quota di tangenza teorica. Gli effetti sulle indicazioni di alcuni strumenti di bordo, in questo caso interessa l'indicatore di velocità, comportano una diminuzione della IAS (Indicated Air Speed = velocità indicata rispetto all'aria); l'aumento della TAS (True Air Speed = velocità vera rispetto all'aria) necessaria per la sostentazione, è compensata dall'errore dello strumento, poiché la TAS, in realtà, è maggiore della IAS, ossia l'aereo vola con una velocità vera maggiore di quella indicata. E sino a qui nulla di male, se ciò non comportasse che la velocità con la quale ci si sta avvicinando ad un ostacolo o ad una parete di montagna, in assenza di vento, è maggiore di quella indicata, ma soprattutto che il raggio di una virata di evasione è maggiore, e quindi occorre più spazio per invertire la rotta. Le condizioni di equilibrio dell'atmosfera I movimenti verticali dell'atmosfera non si possono percepire come quelli orizzontali, rappresentati dai venti, ma sono di gran lunga i più importanti per quanto riguarda gli eventi del tempo. Una massa d'aria che si sposta verticalmente subisce delle trasformazioni: in moto ascendente trova una pressione minore, perciò si dilata e si raffredda; la temperatura diminuisce avvicinandosi al punto di rugiada (l'umidità relativa aumenta); se il raffreddamento le fa raggiungere questo punto si ha la saturazione. Ogni ulteriore raffreddamento determina la condensazione del vapore acqueo e la formazione delle nubi le quali, in determinate condizioni, possono dar luogo a precipitazioni; pertanto i moti ascendenti sono all'origine della formazione delle nubi e del verificarsi delle precipitazioni; in moto discendente avvengono i processi inversi: trovando una pressione maggiore Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 5 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale l'aria viene compressa e si riscalda; la temperatura aumenta allontanandosi dal punto di rugiada; le goccioline di acqua che costituiscono le nubi evaporano; successivamente l'umidità relativa diminuisce. I moti discendenti sono all'origine di condizioni di tempo buono, se si esclude, in determinate condizioni che si verificano durante la stagione fredda, la formazione delle nebbie. Le condizioni di equilibrio dell'atmosfera, quelle che brevemente vengono denominate come stabilità e instabilità, sono quindi dovute all'andamento del «gradiente termico verticale» che si ha in quel determinato momento. In ogni momento le condizioni di equilibrio dell'atmosfera sono quindi determinate dal confronto tra la temperatura della massa d'aria che sale e quella dell'aria circostante. Se la temperatura dell'aria che sale è maggiore di quella dell'ambiente esterno vi sarà la tendenza a continuare la salita, mentre se la sua temperatura dovesse diventare minore di quella dell'ambiente esterno il movimento di salita verrebbe a terminare. Se l'aria ambiente presenta una diminuzione di temperatura con l'altezza (gradiente termico verticale) maggiore di quella che subisce l'aria in salita, quest'ultima, nonostante il raffreddamento, avrà sempre una temperatura maggiore e continuerà a salire (instabilità). Se l'aria ambiente presenta una diminuzione di temperatura con l'altezza minore di quella che subisce l'aria in salita, quest'ultima, ad un certo livello, verrà ad assumere una temperatura minore di quella dell'aria ambiente e dovrà terminare la propria salita (stabilità). Quando l'atmosfera presenta una isotermia o una inversione le condizioni di equilibrio sono pertanto di forte stabilità. Le condizioni di equilibrio e il tempo Le condizioni di stabilità sono prevalenti nel periodo invernale, quando nei pressi della superficie terrestre staziona aria fredda, quindi più densa, che tende a rimanere dove si trova. In regime anticiclonico il tempo è buono e l'unica meteora da considerare è la nebbia da irraggiamento nelle ore notturne, in pianura e nelle valli. Questa nebbia si dissolve generalmente nel corso della mattinata con l'aumentare della temperatura, ma può persistere nelle ore diurne, quando la situazione anticiclonica permane a lungo determinando, anche per l'assenza di vento, un aumento di spessore dello strato d’inversione e quindi dello strato di nebbia, che impedisce alla radiazione solare di raggiungere la superficie terrestre e di riscaldarla, limitando il dissolvimento della nebbia, nel migliore dei casi, alle ore più calde. Nella stagione estiva, in condizioni di stabilità ed in regime anticiclonico, si ha tempo bello e stabile, con alte temperature e visibilità scarsa per caligine; con il permanere della situazione si sfocia nei tipici periodi durante i quali all'alta temperatura si associa una elevata umidità, immancabilmente seguiti, con l'evolversi ed il mutare della situazione, da manifestazioni a carattere temporalesco, tanto più intense quanto maggiore è stata la durata del periodo di afa. Sempre in condizioni di equilibrio stabile, in regime ciclonico il tempo è perturbato, con annuvolamenti stratiformi (proprio come si dispone il fumo della ciminiera) più o meno consistenti e con le precipitazioni connesse a tale tipo di nuvolosità, e cioè di debole intensità ma a carattere continuo, persistente, ossia pioviggine, pioggia debole o nevischio (a seconda della stagione e quindi della temperatura), con visibilità scarsa per foschie o nebbie. Nel periodo invernale, con fronti caldi molto estesi, sono possibili anche pesanti nevicate. In condizioni di equilibrio instabile il tempo è caratterizzato dalla variabilità, e quindi sicuramente perturbato per periodi più o meno lunghi. Le condizioni di instabilità sono prevalenti nel periodo estivo, quando l'aria che staziona presso la superficie terrestre è molto calda quindi meno densa e con la tendenza a salire. Tuttavia anche d'inverno perturbazioni e masse d'aria provenienti dai quadranti settentrionali possono assumere carattere di instabilità quando Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 6 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale raggiungono latitudini più basse dove la temperatura al suolo è abbastanza elevata. Variazione diurna delle condizioni di equilibrio In montagna l'instabilità segue l'andamento diurno della temperatura e quindi diminuisce dopo il tramonto presentando un minimo nelle ore notturne ed un massimo nelle ore pomeridiane. Le condizioni di equilibrio e l'orografia L'effetto dell'orografia sulle condizioni di equilibrio e quindi sulle manifestazioni del tempo connesse alla instabilità è molto rilevante e si esplica attraverso quattro azioni. Azione meccanica di innesco In primo luogo l'orografia è la causa meccanica dell'innesco del movimento ascendente, quando una massa d'aria si sposta verso una catena montuosa. L'aria, come abbiamo visto, è costretta ad un sollevamento forzato e deve salire lungo il versante sopravvento almeno sino al livello del crinale (aria stabile). Anche in mancanza di un vento dovuto ad un vero e proprio gradiente barico, le brezze di valle o le brezze che spirano dalla pianura verso i sistemi montuosi sono sufficienti. Azione termica di innesco In pianura l'innesco dovuto a cause termiche si manifesta sporadicamente nella tarda mattinata con il sollevamento di qualche bolla isolata, per aumentare nelle ore pomeridiane, dopo che è stata raggiunta la temperatura massima, determinando un sollevamento continuo o un flusso convettivo che può essere di dimensioni ragguardevoli, ma sempre limitate. In montagna l'azione termica si manifesta in anticipo, sin dal mattino sui versanti che per il loro orientamento e l'inclinazione sono esposti perpendicolarmente ai raggi solari, e prosegue nelle ore pomeridiane sui versanti opposti. Azione sul gradiente termico verticale L'orografia determina un aumento di temperatura nello strato più vicino al suolo, più consistente di quanto non avvenga in pianura, facendo tendere il gradiente termico verticale verso il super adiabatico, e quindi a condizioni d’instabilità. GLI ELEMENTI DESCRITTIVI DEL TEMPO Gli elementi descrittivi del tempo sono quelli che ne forniscono una idea materiale, cioè consentono, elencando ciò che si vede e si percepisce, di descrivere «il tempo che fa». Essi consistono in tutti quei fenomeni che avvengono nell'atmosfera o sulla superficie terrestre, quindi ne fanno parte le nebbie, le nubi, le varie precipitazioni ed i movimenti dell'aria, dei quali possiamo percepire la componente orizzontale, ossia il vento. Le nebbie e le nubi. La visibilità ed il «ceiling» Le nebbie e le nubi si possono definire come regioni dell'atmosfera nelle quali avvengono fenomeni di condensazione e/o di sublimazione del vapore acqueo; le nebbie e le nubi hanno la stessa costituzione fisica e sono quindi fenomeni della medesima natura, anche se originati da cause molto diverse, con la differenza che le nebbie hanno la base al livello del suolo e la sommità che coincide con quella dell'inversione termica, mentre le nubi hanno la base ad una certa altezza dalla superficie terrestre e la sommità che dipende dalle condizioni d’equilibrio dell'atmosfera: non molto elevata in aria stabile, può giungere sino alla tropopausa in aria instabile. Una constatazione molto banale pone in evidenza l'importanza delle nubi: non vi può essere cattivo tempo in atto senza che nel cielo vi siano nubi, e più precisamente alcuni generi di nubi. E’ utile quindi imparare a riconoscerle, almeno in modo meno superficiale di quanto non possa fare il profano. Il compito del riconoscimento non è privo di difficoltà, sia per le svariate forme che le nubi possono assumere, sia perché spesso possiamo osservare solamente la parte inferiore delle nubi, la cosiddetta «base» (ceiling), mentre si potrà scorgere la forma complessiva nel caso siano piuttosto Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 7 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale lontane. La classificazione delle nubi è stata stabilita dall'OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale) e codificata con la pubblicazione dell'Atlante Internazionale delle nubi nel 1956. Ne è prevista la divisione in 3 gruppi a seconda dell'altezza alla quale si presentano più frequentemente, ed in 10 generi a seconda del loro aspetto. Vista la validità del criterio dell'altezza per una prima identificazione selettiva del «genere» delle nubi, la troposfera è stata divisa verticalmente in 3 regioni, i cui limiti, che in parte si sovrappongono, variano a seconda della latitudine. Ogni genere di nube si presenta più frequentemente in una data regione. Per i nomi delle nubi è universalmente adottata la terminologia in latino, alla quale ci siamo attenuti poiché non presenta difficoltà di interpretazione. Nella pratica le nubi vengono quasi sempre indicate con la sigla stabilita per il codice METAR. Le differenze nella forma o nella struttura danno luogo ad una suddivisione alquanto complicata di molti generi in diverse specie e varietà, con l'aggiunta di particolarità supplementari, ossia di caratteristiche occasionali. Le nubi si possono raggruppare in tre grandi famiglie: cumuliformi quando in ciascun elemento prevale lo sviluppo verticale; stratiformi quando prevale lo sviluppo orizzontale; cirriformi che riguardano esclusivamente la regione superiore della troposfera. Costituzione delle nubi Nebbie e nubi sono formate da uno o più dei seguenti tipi di elementi: Tipo Forma 1 Cristalli integrali, sotto forma di aghi di ghiaccio. 2. Scheletri cristallini, sotto forma di stellette esagonali, talvolta agglomerati in nevischio e fiocchi di neve. 3. Piccolissime goccioline con un diametro minore di 0,05 mm e senza apprezzabile velocità di caduta, e che quindi rimangono comunque in sospensione nella nube. 4. Piccole gocce con un diametro da 0,05 mm a 0,5 mm con debole velocità di caduta, assimilabili alle gocce di pioviggine; esse rimangono in sospensione nella nube quando vi siano deboli correnti ascendenti. 5. Gocce con un diametro da 0,5 mm a 5 mm con normale velocità di caduta, assimilabili alle gocce di pioggia; esse rimangono in sospensione nella nube quando vi siano correnti ascendenti di una certa intensità. Le nebbie e l'orografia L'effetto dell'orografia sulle nebbie non è molto rilevante, ma non si devono trascurare alcuni aspetti sotto i quali queste meteore si presentano in montagna o, per essere più precisi, nelle valli ove sono dislocate. Durante la stagione fredda, nella quale esse sono più frequenti, l'effetto della radiazione solare che si esplica nella mattinata, è più efficace nelle pianure vaste ed aperte che non nelle valli. Pertanto può accadere che in un fondovalle vi sia ancora la nebbia quando questa si è già dissolta in pianura. E’ molto frequente che una valle abbia una leggera pendenza, in salita, dalla pianura verso la linea dello spartiacque. In questo caso è possibile che una formazione di nubi stratiformi che interessa la pianura penetri nella valle e la base dello strato, essendo il terreno in salita, raggiunga il livello del suolo. Quella che era una nube in pianura si presenta come nebbia nella valle. Ciò comporta che, iniziato un volo al di sotto delle nubi senza alcuna intenzione di effettuare una forata in salita, ci si trovi gradualmente chiusi tra il fondovalle e la base delle nubi, con il problema di invertire la rotta entro uno spazio limitato. Di norma l'alta montagna, le vette e i crinali sono liberi dalle nebbie; si può anzi constatare che, in presenza di nebbie dense e persistenti in pianura e nelle valli, l'alta montagna offre giornate splendide con visibilità illimitata. Sarà utile ricordare che la visibilità in volo, nelle medesime condizioni di nebbia, di foschia o Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 8 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale di caligine può essere molto diversa a seconda della posizione dei sole: quando il sole è in prua, specialmente se è basso sull'orizzonte, la visibilità è di gran lunga peggiore di quando è alle spalle. Buoni riferimenti, volando al di sopra di una foschia anche densa, sono costituiti dalle superfici che in qualche modo contrastano con il loro riflesso dal fondo uniforme del terreno, come piccoli corsi d'acqua, canali d'irrigazione, laghetti montani. Le superfici di acqua molto estese, come i grandi laghi, non sono invece di alcun aiuto se non nei pressi della costa, dove, appunto, si ritrova il contrasto tra acqua e terreno, mentre costituiscono un serio pericolo se sorvolate nel centro, senza particolare attenzione (effetto specchio, in assenza di vento). La visibilità, variazione diurna in montagna Alla normale evoluzione diurna della visibilità in montagna si è già accennato in occasione della nebbia, della foschia e della caligine. Il «ceiling», variazione diurna in Montagna L'evoluzione diurna del ceiling ( base delle nubi) è in linea molto generale corrispondente a quella della temperatura. Le nubi stratiformi tendono a sollevarsi alquanto nelle ore più calde, sempre che la situazione non presenti variazioni dovute all'arrivo di una perturbazione. Particolarmente nel caso del fronte caldo, e quindi della nuvolosità stratiforme, il ceiling può essere molto basso e connesso alla presenza di nubi. A questo si deve aggiungere la elevatissima probabilità di nebbie prefrontali che, insieme al ceiling, precludono quasi sempre la possibilità di voli in VFR (volo a vista), specialmente tra le montagne. Se il fronte è in arrivo, è evidente che non ci si può attendere un sollevamento della base delle nubi le quali, al contrario, si andranno abbassando sempre più sino al completo passaggio del fronte. Le meteore Le meteore sono i fenomeni che si possono osservare nell'atmosfera o sulla superficie terrestre. Possono consistere in una precipitazione, una sospensione o un deposito di particelle liquide (acqua) o solide (ghiaccio, polveri, sabbia); in manifestazioni di natura ottica o elettrica. Le nubi e le nebbie sono già state considerate a parte. A seconda della loro origine le meteore sono suddivise in idrometeore, litometeore e elettrometeore. Le idrometeore, alle quali si è già accennato trattando del vapore acqueo e dell'umidità , fanno subito pensare a le precipitazioni, e ci si potrebbe chiedere quale sia il motivo per il quale siano associate solamente ad alcuni generi di nubi. La formazione delle precipitazioni L'atmosfera è un miscuglio di gas che contiene in sospensione i prodotti della condensazione o della sublimazione del vapore acqueo (goccioline di acqua e cristalli di ghiaccio) sotto forma di nubi, di pioggia o di neve. Ma se gli elementi che costituiscono la nube hanno la tendenza a riunirsi con il conseguente aumento delle loro dimensioni, si ha la coagulazione e la nube viene a trovarsi in equilibrio instabile. Il processo di evaporazione - distillazione non è il solo a determinare l'ingrossamento degli elementi che costituiscono la nube, e a dar loro il modo di cadere per gravità. A questo ingrossamento concorrono altri fattori : - le cariche elettriche di cui ogni particella, acqua o ghiaccio che sia, è dotata; secondoché le cariche elettriche siano discordi o concordi possono favorire o meno la riunione degli elementi; - le forze gravitazionali; - la turbolenza, e quindi il numero di urti tra le goccioline che favorisce la loro riunione. - la coalescenza, fenomeno per il quale le goccioline più grandi tendono ad inglobare le piccole che passano nelle loro vicinanze; Le formazioni di ghiaccio Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 9 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Le formazioni di ghiaccio sulle strutture esterne Consistono nel deposito, sotto forma di ghiaccio, delle goccioline d'acqua che colpiscono le superfici dell'aereo, particolarmente quelle più esposte al flusso dell'aria. Le condizioni fondamentali per la formazione di ghiaccio pericoloso sono due: a) l'aereo deve trovarsi in volo attraverso acqua visibile sotto forma di pioggia, di pioviggine o di nubi ; b) la temperatura dell'aria, e quindi delle goccioline di pioggia , di pioviggine o quelle che costituiscono le nubi ,deve essere inferiore a 0 °C, il ghiaccio si può formare anche quando è negativa la temperatura della superficie dell'aereo proveniente da quote più elevate. Si deve richiamare l'attenzione sulla possibilità di formazioni di ghiaccio volando sotto le nubi (VFR) quando: - il livello dell'isoterma 0 °C sia al di sotto del nostro livello di volo; una qualsiasi stazione meteorologica della zona (anche non in montagna) abbia segnalato il tempo presente con uno dei gruppi precedentemente indicati, relativi alle precipitazioni che gelano. Ghiaccio da pioviggine o da pioggia Queste condizioni si presentano frequentemente volando sotto un fronte caldo. Le gocce di pioggia possono provenire da nubi medie, Altostrati o Nembostrati, ed avere iniziato il proprio ciclo come cristalli di ghiaccio o piccoli fiocchi di neve, che si è sciolto nell'attraversare uno strato a temperatura positiva. Sotto il fronte caldo l'aria è più fredda , in questo caso si hanno formazioni di ghiaccio prevalentemente di tipo compatto vitreo. Ghiaccio da neve Specialmente se la neve è mista a pioggia quest'ultima è spesso in condizioni di sopraffusione, gela all'impatto e forma la base sulla quale si deposita anche la neve, dando luogo a formazioni piuttosto pesanti. Quando la neve è molto fredda e asciutta, del tipo «granuli di ghiaccio», brevi rovesci accompagnati da folate di vento, non vi è presenza di acqua e quindi non aderisce alle superfici dell'aereo. Ghiaccio al rotore principale Le pale del rotore, che si muovono più velocemente di qualsiasi altra parte dell'elicottero, volando sotto le nubi nella pioviggine e nella pioggia a temperatura inferiore a 0 °C, incontrano un maggior numero di goccioline di acqua sopraffusa; per questo motivo vi sarebbero le condizioni favorevoli per un accumulo più rapido del ghiaccio. Tuttavia la compressione dell'aria al bordo d'attacco comporta un aumento di temperatura, più elevato all'estremità delle pale, e quindi il ghiaccio tende a formarsi piuttosto sulle zone centrali del rotore, che ruotano a minor velocità periferica. Ghiaccio al carburatore Uno dei pericoli maggiori, per i motori a pistoni, è costituito dal ghiaccio interno, cioè al carburatore, in quanto si possono avere formazioni anche con temperature di molto superiori allo 0°C, poiché la depressione a valle della farfalla e l'evaporazione del carburante provocano un intenso raffreddamento, mediamente dell'ordine di 15°C, ma che può raggiungere anche i 20°C, il che può portare alla formazione di ghiaccio. Questo fenomeno non deve quindi essere associato esclusivamente alla stagione fredda, come si sarebbe portati a fare, in quanto può presentarsi anche in piena estate, quando esistano determinate condizioni di temperatura e d’umidità. Le condizioni esterne favorevoli sono date soprattutto dall'alta umidità relativa, generalmente superiore all'80%, e temperatura inferiore a 20°C; è bene che sia conosciuto l'abbassamento di Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 10 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale temperatura che si può avere nel carburatore del proprio motore, in quanto è una caratteristica che varia dall'uno all'altro. Le condizioni esterne trovano un concorso favorevole alle formazioni di ghiaccio al carburatore quando si vola a gas ridotto, la farfalla è molto chiusa e l'espansione della miscela a valle della farfalla è maggiore. La formazione di ghiaccio al carburatore ostacola l'afflusso del carburante, e può giungere ad impedirlo completamente; si ha un funzionamento complessivamente irregolare del motore con diminuzione della pressione di alimentazione e del numero dei giri, primo indizio, questo, delle formazioni di ghiaccio. Ghiaccio alla presa d'aria della turbina Nell'elicottero il ghiaccio nel sistema di alimentazione si può formare in diverse parti del sistema e per cause diverse. Si possono avere formazioni di ghiaccio sul filtro della presa d'aria di alimentazione a causa dell'impatto di goccioline di acqua sopraffusa o neve su superfici che hanno temperature inferiori a 0°C. Nei motori a turbina il ghiaccio sulle palette del compressore può provocarne lo stallo. Litometeore La caligine è una litometeora che può interessare il volo. Consiste in una sospensione nell'atmosfera di piccolissime particelle secche, in concentrazione tale da ridurre abbastanza la visibilità e dare all'aria un aspetto opalescente ed una colorazione dal rossiccio al grigiastro. E’ sempre associata a condizioni di aria stabile e regime anticiclonico durante la stagione estiva. Occupa le regioni più basse dell'atmosfera e quindi particolarmente il fondovalle. Elettrometeore Tra le poche elettrometeore citiamo i «fuochi di Sant'Elmo», scariche elettriche luminose, di piccola intensità, che emanano dalle eliche o dalle estremità delle ali degli aeromobili, assolutamente innocue. Al temporale, data la sua importanza e pericolosità, dedicheremo una trattazione particolare. I moti dell'aria. Il vento e la turbolenza Le correnti ascendenti e discendenti, come componenti verticali dei moti dell'aria, non possono invece essere percepite da un osservatore e, specialmente in montagna, sono così spesso associate al movimento orizzontale da rendere difficile un esame separato. Il vento è dovuto alla forza determinata dal gradiente barico ( differenza di pressione), modificata dall'intervento della forza deviante dovuta alla rotazione terrestre: per il vento in quota, l'equilibrio tra queste due forze determina il vento geostrofico. Interviene anche la forza centrifuga e si hanno i venti di gradiente, ciclonico . Il termine è complicato, ma almeno ricorda le forze che sono in equilibrio. Quando si tratta di venti al suolo le considerazioni fatte devono essere riferite alle isobare ed alle forze elencate si aggiunge l'azione dell'attrito con la superficie terrestre. In linea generale si considera debole un vento sino a 10 nodi di velocità, moderato da 10 a 20 nodi, forte se superiore a 20 nodi. Il vento è teso, quando la sua velocità è costante o varia entro limiti molto ristretti; a raffiche se la velocità massima, le cosiddette «punte» o raffiche, superano quella media di almeno 10 nodi; di groppo quando, insieme ad una velocità rilevante, presenta frequenti e repentine variazioni di direzione. Le correnti ascendenti sono determinate dal surriscaldamento di una zona della superficie terrestre rispetto a quelle circostanti nelle quali, per ristabilire l'equilibrio delle pressioni, si avranno correnti discendenti (complessivamente: «moti convettivi»). In montagna le correnti ascendenti sono anche determinate dal flusso dell'aria che investe una montagna isolata, o, con effetti molto più rilevanti, il versante sopravvento di una catena montuosa. Le correnti discendenti si manifestano nella zona sottovento e sono spesso associate a fenomeni di stau sopravvento, cui appunto fa riscontro il foehn nel versante sottovento; sono anche presenti quando particolari condizioni di soleggiamento dovute alla orografia ed alla esposizione Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 11 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale pongono i due versanti di una valle in condizioni termiche differenti; ed infine quando spirano i venti catabatici o di caduta, dovuti alla discesa verso i fondovalle dell'aria fredda dopo il tramonto, venti non trascurabili particolarmente quando provengono da un ghiacciaio. La turbolenza è un fenomeno conseguente ai movimenti dell'aria ed è proporzionale al gradiente della variazione vettoriale del vento, o brevemente «gradiente del vento»; è rimasta nell'uso corrente la denominazione wind shear o anche shear. I MOVIMENTI DELL'ARIA. VENTO E TURBOLENZA IN MONTAGNA Generalità Il vento e la turbolenza sono quasi sempre presenti in quota anche in condizioni di tempo buono ed è necessario dedicare una attenzione particolare a questo argomento, poiché gli aeromobili considerati sono molto sensibili ai loro effetti. I due fenomeni sono così strettamente connessi da renderne difficile un esame separato: le variazioni del vento e delle correnti verticali finiscono per essere percepite dal pilota unicamente sotto forma di turbolenza di varia intensità. L'intensità della turbolenza dipende : - dalla velocità del vento ed dalla sua direzione rispetto agli ostacoli; - dal tipo ed dalle dimensioni della configurazione orografica, cioè dei rilievi che modificano la direzione o alterano la velocità del flusso; - dalle condizioni di equilibrio dell'atmosfera. L'orografia e Il vento I rilievi costituiscono un ostacolo al flusso dell'aria e, a seconda della loro forma e dimensione, rappresentano qualcosa di simile ad uno sbarramento sul fondo di un canale, ai grossi macigni che si trovano nel letto dei torrenti, ai piloni dei ponti in un corso d'acqua, che costringono il fluido a deviare, ad aggirare l'ostacolo o a superarlo, determinando nel moto, normalmente laminare, delle perturbazioni che lo rendono ondulato e vorticoso. Per una data altezza del rilievo rispetto alla pianura, questo profilo consiste in un pendio sopravvento che abbia una lunghezza pari ad almeno una volta e mezza ed in un versante sottovento che si estenda per una lunghezza uguale a tre volte l'altezza del rilievo. Le perturbazioni del flusso sono di tipo diverso, a seconda della forma dell'ostacolo, e la loro intensità è proporzionale alla velocità del vento ed alle dimensioni dell'ostacolo stesso. I principali effetti dell'orografia sul vento consistono in: aumento di velocità in corrispondenza dei lati nell'aggirare l'ostacolo, ed in corrispondenza della sommità nel superarlo, per il ben noto effetto Venturi; l'aumento di velocità è maggiore in aria stabile; diminuzione della pressione statica in corrispondenza delle zone di aumento della velocità (Bernoulli); conseguenti errori dell'altimetro, che indicherà un livello superiore a quello reale; formazione di correnti ascendenti sul versante sopravvento, attenuate se l'aria è stabile, accentuate se l'aria è instabile; formazione di correnti discendenti sul versante sottovento, accentuate se l'aria è stabile, attenuate se l'aria è instabile; formazione di vortici. La distinzione più importante circa gli effetti sul vento riguarda una catena montuosa ed un rilievo isolato: in una catena montuosa tutta la massa d'aria è costretta a superarla deviando verso l'alto, mentre in un rilievo isolato la massa d'aria tende ad aggirare l'ostacolo, e solamente una piccola parte lo supera in alto. Le correnti vengono in entrambi i casi alterate sino ad un certo livello che costituisce il limite superiore della zona di influenza. Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 12 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Le condizioni di equilibrio e il vento L'aria è dotata di un proprio peso e quindi il vento nei bassi strati dell'atmosfera tende a seguire il profilo del terreno. Quando l'aria è stabile, questa condizione contribuisce a far rimanere l'aria ancora più aderente alla superficie terrestre: pertanto attenua i moti ascendenti e rinforza quelli discendenti. Vedremo in seguito che la stabilità è una delle condizioni per la formazione delle «onde orografiche». L'aria instabile, con la sua tendenza a salire, non grava sugli strati più bassi, e, pertanto concorre ad accentuare i moti ascendenti e ad attenuare quelli discendenti. Altezze di influenza L'altezza d'influenza si può considerare di circa un terzo dell'altezza del rilievo rispetto al suolo circostante per una montagna isolata, mentre per le catene montuose diviene circa il triplo dell'altezza della catena sul suolo circostante. Essa dipende anche dalla velocità dei vento, e pertanto con venti forti l'altezza d'influenza dei rilievi può aumentare notevolmente, giungendo sino a 4 o 5 volte l'altezza del rilievo sul terreno, anche nel caso di un rilievo isolato. Vortici Per quanto riguardala formazione dei vortici, nel caso di un rilievo isolato il loro asse di rotazione tende ad assumere l'andamento del profilo del rilievo visto nel senso del flusso dell'aria; se questa è stabile vi è una certa prevalenza delle parti oblique del vortice, poiché quasi tutta l'aria tende ad aggirare l'ostacolo piuttosto che a superarlo; nel caso di una catena montuosa i vortici sono ad asse orizzontale, i vortici sono stazionari se i venti sono deboli, migratori se i venti sono moderati o forti. Quando l'ostacolo presenta delle irregolarità nel versante sopravvento o ai lati dell'ostacolo, si possono formare dei vortici particolari: ad asse verticale se le discontinuità nella forma hanno un andamento verticale, come sproni sporgenti; ad asse orizzontale quando l'ostacolo presenta invece delle balze o gradini. Aumento di velocità Altri effetti dell'orografia sui moti dell'aria, e in particolare sulla velocità dei vento, sono dati dalle variazioni delle sezioni di scorrimento dell'aria, per cui nelle gole e nei passi la velocità del vento può aumentare notevolmente. Questo aumento di velocità si può anche verificare per tutta la lunghezza di una valle quando vi sia una differenza di pressione tra le due estremità e può permanere anche dopo che il vento ha lasciato lo sbocco della gola, del passo o della valle. Allo sbocco, per l'improvviso aumento della sezione, si possono avere vortici ad asse verticale sui due lati. Altrettanto accade quando vi sia un restringimento della sezione della valle dovuto alla presenza di uno sprone. Il risultato è un vortice ad asse verticale a valle di questo. Particolari vortici complessi e risucchi di aria si verificano in corrispondenza della confluenza di valli o dello sbocco di una valle secondaria in una principale, specialmente se l'innesto è ad angolo retto. In mancanza di riferimenti, per determinare localmente il vento al suolo, o averne una conferma, è necessario il lancio di un fumogeno, e l'operazione può divenire indispensabile quando si debba effettuare un atterraggio. Il vento e l'altitudine E’ noto che la direzione del vento al suolo presenta una deviazione verso le basse pressioni, rispetto alle isobare, formando con queste un angolo variabile a seconda dell'intensità dell'attrito; ma in montagna l'influenza dei rilievi è tale da non poter prendere in considerazione tale regola. La velocità del vento, in generale, aumenta con la quota, e sebbene non si possano stabilire regole precise, per il regime medio dei venti sono state messe in evidenza quattro zone distribuite in senso verticale: la 1^ zona, dalla superficie terrestre a circa 1.500 ft di altezza, corrisponde allo strato d'attrito, nel quale il vento risente l'influenza della superficie terrestre, e presenta velocità crescenti piuttosto rapidamente con l'altezza Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 13 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale la 2^ zona, da 1.500 ft a 2.000 ft circa di altezza, in cui la velocità tende a diminuire leggermente; - la 3^ zona, da 2.000 ft a 5.000 ft circa di altezza, ove la velocità aumenta leggermente, ma in modo alquanto irregolare; - la 4^ zona, al di sopra dei 5.000 ft di altezza, ove la velocità è in aumento costante e abbastanza regolare con la quota; Variazioni diurne del vento in montagna I venti in quota, in un periodo di tempo limitato, si mantengono abbastanza costanti, almeno in misura tale da non indicare che vi siano variazioni dovute all'alternarsi del giorno e della notte. I venti al suolo, pur essendo determinati dalla distribuzione della pressione, subiscono anche un'azione di trascinamento da parte dei venti in quota, dovuta alla viscosità dell'aria, viscosità che naturalmente è maggiore negli strati più bassi a causa della maggiore densità dell'aria stessa. In assenza di una distribuzione della pressione che determini venti di una certa intensità dovuti al gradiente barico, in montagna si stabilisce una circolazione locale di venti periodici a carattere di brezze, ossia di venti deboli, causati da differenze di pressione di origine termica, con un comportamento caratteristico nel corso delle 24 ore. In linea di massima, quando il terreno ha una favorevole esposizione ed una certa pendenza, può essere interessato dai raggi solari quasi perpendicolarmente. Pertanto il terreno in pendenza si scalda in anticipo, e più intensamente, rispetto al fondovalle, determinando quella lieve depressione di origine termica che fa fluire l'aria dal fondo valle verso i crinali dando luogo alle cosiddette «brezze di pendio» o «brezze di valle». Si tratta di venti di debole intensità, intorno ai 6-8 nodi, talvolta 10 nodi, che si instaurano a metà mattinata, e la convezione che ha luogo sul versante riscaldato può sovrapporsi alla brezza vera e propria che così non ha modo di manifestarsi come un vento ben definito, a meno che questo non si intensifichi localmente per altre cause, quali la presenza di una gola, di un avvallamento nel crinale, di una configurazione orografica che determini un restringimento nella sezione di flusso dell'aria aumentandone la velocità per quello che abbiamo già indicato come «effetto imbuto». L'insolazione delle valli può essere asimmetrica durante tutta la giornata, come nel caso delle valli orientate da est a ovest; può essere asimmetrica durante il primo mattino e nel tardo pomeriggio come nel caso delle valli orientate da nord a sud ; in questi casi vi è un vento trasversale che spira in direzione del versante più riscaldato, determinandovi correnti ascendenti, mentre sul versante più freddo si instaurano correnti discendenti , accompagnate eventualmente, le une come le altre, da vortici ad asse orizzontale. Durante le ore pomeridiane, con l'intensificarsi del riscaldamento, le brezze di valle tendono a disporsi anche secondo l'asse longitudinale della valle stessa, nel senso della salita verso lo spartiacque. Le brezze di pendio o di valle, hanno raramente molto significato, per la loro modesta intensità a meno che, come vedremo, non vi siano altre cause che concorrano ad intensificarle, e non solo localmente come nel caso della presenza di una gola citato prima. A necessario tuttavia sottolineare la distinzione che vi può essere tra le «brezze di valle», che spirano dalla valle verso monte salendo lungo i versanti che, per primi, sono interessati dal soleggiamento asimmetrico, e sono limitate a uno spessore di 300-500 ft, e quelle che si instaurano quando entrambi i versanti della valle hanno subito l'influenza del soleggiamento, cioè nelle prime ore pomeridiane, e che sarebbe piú opportuno chiamare, per la loro intensità, venti di valle. Il vento, in questa fase, spira lungo l'asse longitudinale della valle, nelle ore di maggiore insolazione, con un moto complessivo verso lo spartiacque che può raggiungere velocità di 10-20 nodi interessando uno spessore di 500-1.000 piedi. Il suo senso può anche essere l'opposto di quello del vento dovuto al gradiente di pressione ed in questo caso la velocità e lo spessore interessato sono quelli indicati come valori inferiori . Durante la notte il raffreddamento sul terreno in pendenza ha luogo prima che in pianura o sul Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 14 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale fondovalle (rammentiamo che, specialmente in un fondovalle, si raggiungono, sia pure con ritardo rispetto alle cime, le temperature massime più elevate), l'aria diviene più pesante di quella che si trova alla medesima quota in mezzo alla valle e tenderà a scendere lungo il pendio dando luogo alle «brezze di monte», dette anche «venti catabatici». Queste sono, a parità di condizioni orografiche, leggermente più intense delle corrispondenti brezze di valle, e quando la pendenza del terreno è notevole, oppure l'aria ha subito un forte raffreddamento (ad es. da permanenza su un ghiacciaio) la loro intensità può raggiungere valori ancora più alti assimilandoli a vere e proprie correnti discendenti, tanto da farle denominare «venti di caduta ». Anche per le brezze di monte, che dopo il tramonto in un primo tempo spirano trasversalmente alla valle, dai crinali al fondo, si instaura nel pieno della notte una corrente secondo l'asse longitudinale della valle nel senso della discesa verso lo sbocco in pianura, che potremmo chiamare, analogamente a quanto fatto prima, non più brezze ma venti di monte. Le catene montuose e le onde orografiche Effetto delle catene montuose Quando l'aria investe un ostacolo frontalmente molto esteso, come quello rappresentato da una catena montuosa, è obbligata a superarlo e si vengono a determinare i fenomeni più rilevanti; tuttavia se il profilo della sezione è abbastanza regolare anche i suoi effetti sul vento sono prevedibili, almeno qualitativamente. In generale quando i rilievi hanno una forma aerodinamica ed una superficie senza irregolarità ed ostacoli minori (vegetazione alta, boschi, ecc.) il flusso non viene eccessivamente alterato, mentre più sono ripidi e tormentati, più intensi sono gli effetti sul flusso dell'aria. A seconda dell'angolo con il quale il vento investe la catena montuosa, questo può avere la tendenza a deviare dalla sua direzione per disporsi parallelamente alla catena, specialmente se il versante sopravvento è molto ripido e l'aria è stabile, determinando così un cuneo di alta pressione, ma sostanzialmente alla fine l'aria dovrà superare l'ostacolo. Quando il profilo della sezione non è aerodinamico il flusso non può conservare la disposizione laminare, e l'urto contro l'ostacolo determina una perturbazione tanto più grande quanto maggiore è la velocità del vento, la pendenza del rilievo e le sue irregolarità. Anche per le catene montuose occorre quindi esaminare i fenomeni e la loro intensità al variare dei consueti parametri: velocità del vento, dimensioni dell'ostacolo e pendenza dei versanti. I fenomeni più notevoli consistono nel passaggio da uno scorrimento laminare ad uno vorticoso e nel graduale aumento della velocità del flusso per il restringersi della sezione libera tra lo spartiacque e gli strati di aria sovrastanti (effetto Venturi). La velocità raggiunge il massimo in corrispondenza del crinale, dove si ha anche una diminuzione di pressione (Bernoulli). Quando la velocità del vento è debole o moderata (tra 10 e 20 nodi), sul lato sopravvento e sul lato sottovento si formano dei vortici ad asse orizzontale; il loro senso di rotazione è in concordanza con quello del flusso, ossia corrisponde a quello di una ruota che debba salire e scendere dal rilievo. Se il vento è debole si ha generalmente un solo vortice stazionario sopravvento ed uno sottovento, di grandi dimensioni ed in rotazione lenta. Se il vento aumenta di intensità, ed in particolare quando supera i 20-25 nodi, aumenta in proporzione il numero dei vortici e la loro velocità di rotazione; essi sono di dimensioni decrescenti con l'altezza; quindi il loro diametro diminuisce lungo la salita nel lato sopravvento, mentre aumenta lungo la discesa nel lato sottovento, spostandosi lentamente nel senso del flusso. I vortici del versante sopravvento migrano nel versante stesso e non superano il crinale, dove prevale la forte velocità del vento che ostacola la loro avanzata. I vortici del versante sottovento sono generalmente di dimensioni maggiori e possono ruotare slittando sino a distanze molto notevoli, che sono in rapporto alla velocità del vento, prima di essere riassorbiti nel flusso laminare. Sui due versanti la presenza dei vortici può far pensare ad una inversione della direzione del Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 15 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale vento e delle correnti al suolo, poiché in effetti al livello del terreno sul versante sopravvento si hanno correnti discendenti e sul versante sottovento correnti ascendenti (vedi a proposito della rappresentatività del vento rilevato dalle stazioni di montagna). Se la pendenza del versante sottovento è molto forte, si può formare una zona ai piedi del rilievo nella quale si raccoglie dell'aria stagnante, che non partecipa al movimento, detta «aria morta»; questa situazione è favorita quando l'aria è molto stabile . L'intensità di questo complesso di perturbazioni dei moti dell'aria, oltre che dalla velocità del vento e dalla forma e dimensioni dell'ostacolo, dipende, come abbiamo detto, anche dalle condizioni di equilibrio dell'atmosfera. Una atmosfera stabile tende a contrastare i movimenti ascendenti e ad assecondare quelli discendenti; l'aumento di velocità del vento in corrispondenza del crinale, e quindi la diminuzione di pressione, sono notevoli; una atmosfera instabile favorisce invece i moti ascendenti che possono raggiungere livelli elevati. I calcoli teorici tendenti a determinare l'intensità delle correnti ascendenti e discendenti, l'altezza sino alla quale si spingono, la distanza sino alla quale si risente l'influenza di una catena montuosa, sopravvento e sottovento, non sempre concordano con i risultati derivanti da quanto si è potuto riscontrare in volo. La varietà delle forme dei rilievi e della natura del terreno creano complicazioni difficilmente quantificabili. Ad esempio, la presenza di boschi che terminano ad una data altitudine, comporta che sul versante sopravvento, al limite della vegetazione, si formino dei vortici. Se si considerano altri elementi variabili, quali la distribuzione della temperatura con la quota, il soleggiamento, le condizioni di equilibrio dell'atmosfera, ci si rende conto delle difficoltà di inquadrate il fenomeno entro schemi matematici ben definiti. Le «onde orografiche» Le catene di montagne sono la causa di quei fenomeni piuttosto vistosi conosciuti sotto nome di onde sottovento, e che si manifestano quando sono verificate alcune condizioni: - vi sia un vento quasi perpendicolare alla catena montuosa, con una velocità di almeno 20-25 nodi sulla linea di cresta (15-20 nodi nella libera atmosfera); - il vento abbia una velocità in costante aumento salendo in quota - l’atmosfera sia in condizioni di equilibrio fortemente stabile. Le onde si possono formare anche se l'angolo tra la direzione del vento e la perpendicolare alla catena non è superiore a 30° circa, e la componente perpendicolare risulta quella sopra indicata. Le inversioni termiche in quota favoriscono la formazione delle onde. L'ostacolo che si presenta al flusso del vento determina negli strati più alti dell'atmosfera, nel lato immediatamente sottovento alla catena montuosa, un movimento ondulatorio la cui ampiezza diminuisce allontanandosi dai rilievi: si tratta di onde stazionarie e smorzate. Se l'atmosfera ha uno scarso contenuto di vapore acqueo la presenza delle onde, e dei fenomeni che, come vedremo, si accompagnano a queste, interessando gli strati più bassi, si può dedurre solamente: - dalla osservazione di stazioni di montagna che segnalino un vento quasi perpendicolare alla catena superiore a 20-25 nodi; - dall'esame delle carte in quota sino al livello interessato, dalle quali si possa dedurre la presenza di un vento che abbia le caratteristiche necessarie. In presenza di onde orografiche, sul versante sottovento dei rilievi, l'aria che supera lo spartiacque talvolta scende a valle senza staccarsi dal pendio, e quindi non si ha la formazione dei vortici sottovento. Si ha comunque la fortissima turbolenza collegata ai rotori, che sono localizzati ai piedi del versante sottovento anziché lungo il versante stesso. Quando una catena di montagne presenta nel suo profilo delle irregolarità non è difficile dedurne le conseguenze. Se i versanti non sono a pendenza uniforme ma presentano delle balze, a somiglianza di enormi gradini, e la velocità del vento sia da moderata a forte, si formano dei vortici preferenziali stazionari, che sono disposti in serie quando le balze sono molteplici, con turbolenza non Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 16 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale trascurabile tra due vortici contigui. Se le balze sono molto accentuate, ed ancora più se sono tanto profonde da assumere le caratteristiche di un avvallamento, possono anche formare un angolo morto: se l'aria è fredda ed in condizioni di stabilità, è possibile che nell'avvallamento ristagni aria fredda che agisce nel senso di eliminarne l'effetto come se il pendio fosse uniforme. I rilievi isolati e il vento Anche per i rilievi isolati si possono avere diversi comportamenti del flusso a seconda della forma e delle dimensioni dell'ostacolo, ma gli effetti sono molto meno rilevanti ed il fatto stesso di avere una ampia libertà di manovra intorno al rilievo consente di attribuire una minore importanza agli effetti sui moti dell'aria. I rilievi con versanti a piccola pendenza e grande sviluppo di base, che quindi si avvicinano al profilo aerodinamico, non determinano forti perturbazioni, se si eccettua il normale aumento della velocità del vento sui fianchi e sulla vetta e la conseguente diminuzione di pressione. L'aumento di velocità è maggiore in aria stabile. In concomitanza con l'instaurarsi di una lieve depressione nelle ore più calde, la circolazione del vento intorno al rilievo comporta un maggiore rinforzo del vento sul lato destro ed un minore rinforzo sul lato sinistro (destro e sinistro si riferiscono al rilievo visto con le spalle al vento). I rilievi isolati con versanti a forte pendenza e base ristretta possono dare formazione di vortici ad asse verticale, soprattutto nella zona sottovento, tanto più accentuati quanto più netto è il profilo. Questo effetto si manifesta anche nel caso di picchi o guglie emergenti da un crinale o da uno spartiacque. Un caso singolare può essere offerto considerando gli effetti prodotti sul vento dalla presenza di una diga o una parete . Si tratta di un ostacolo a parete quasi verticale, ed occorre distinguerne gli effetti secondoché il vento provenga da valle o da monte. Quando il vento proviene dalla valle, l'urto contro la diga avviene con una certa componente verticale dovuta sia all'andamento del terreno, che generalmente è in salita, sia alla forma del «profilo» della diga, che per ragioni strutturali va restringendosi dalla base alla sommità, spesso con un andamento curvo, oppure è costituito da una sezione a triangolo per circa due terzi dell'altezza della diga. Si determinano vortici ad asse orizzontale dei quali il più basso interferisce con la formazione di quelli più alti determinando una turbolenza molto irregolare. La velocità del vento aumenta in corrispondenza della sommità della diga, così come avviene sul crinale di una catena montuosa. Quando il vento proviene da monte, sul lato sottovento della diga si formano delle correnti discendenti con grandi vortici ad asse orizzontale, di dimensioni che aumentano verso valle L'intensità della perturbazione del moto dipende quasi completamente dalla velocità del vento: le dimensioni dell'ostacolo è sempre modesto rispetto a quello di una catena montuosa. Data la grande complessità dei moti dell'aria nell'ambiente della montagna, sia quando si passa dalla pianura alla regione montuosa, sia quando si prosegue il volo in una zona che presenta un cambiamento delle caratteristiche morfologiche. ossia nell'andamento del terreno, è opportuno ridurre la velocità a quella stabilita da manuale d’impiego per le operazioni in atmosfera turbolenta. E’ essenziale essere preparati ad affrontare un cambiamento nei moti dell’aria ed una turbolenza improvvisa. Si può trattare di una precauzione superflua, perché non è detto che ad un cambiamento della orografia debba necessariamente associarsi la turbolenza, ma la sua comparsa repentina è sempre sgradevole se ci coglie impreparati. LE MANIFESTAZIONI TEMPORALESCHE Condizioni per lo sviluppo di un temporale Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 17 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Le tre condizioni necessarie per lo sviluppo di un temporale sono le seguenti: che abbia luogo il sollevamento iniziale (quello che si è chiamato «innesco») di una massa d'aria; questa può essere costituita da una «bolla» o «cellula» di dimensioni limitate, variabili da alcune centinaia di metri a qualche chilometro di diametro, quando il sollevamento è dovuto a cause termiche, come il surriscaldamento che si verifica al di sopra di un agglomerato urbano; oppure può trattarsi di una massa più consistente, quando il sollevamento è dovuto ad un fronte o ad una catena montuosa, nel qual caso la massa d'aria ne assume il rispettivo sviluppo in lunghezza, presentandosi come un immenso rotolo che scorre in salita; che esistano condizioni di equilibrio instabile, affinché il movimento ascendente possa proseguire in maniera autonoma dopo l'innesco del sollevamento iniziale; che vi sia una alta umidità relativa, che si traduce nella presenza della materia prima necessaria per la formazione della grande nube temporalesca, e delle successive precipitazioni. Le condizioni diventano estremamente favorevoli quando la temperatura al suolo e negli strati inferiori è molto alta: ciò comporta forte instabilità ed elevato contenuto effettivo di vapore acqueo. La differenza tra i vari tipi di temporale risiede nella causa che determina l'innesco iniziale: - nei temporali di origine termica (detti anche convertivi, o di calore o di massa d'aria) il sollevamento iniziale è causato da una zona della superficie terrestre che, per la sua particolare natura, è soggetta ad un certo surriscaldamento rispetto alla zona circostante, e dà luogo ad una «bolla» o «cellula» ascendente di aria; - nei temporali di origine frontale (generalmente da fronte freddo) il sollevamento iniziale è causato dalla massa di aria fredda che si incunea sotto l'aria calda adiacente determinando un sollevamento vigoroso; anche nei fronti caldi, quando la massa d'aria calda in scorrimento ascendente sopra quella fredda è notevolmente instabile o se raggiunge il livello di libera convezione, si hanno fenomeni temporaleschi ; - nei temporali di origine orografica l'innesco è dato dal sollevamento forzato che subisce la massa d'aria in movimento verso una catena montuosa quando raggiunge il versante sopravvento (temporali da stau); I temporali L'esame dei fenomeni temporaleschi potrebbe essere limitato a quelli di origine orografica, anche se per questi, come si è detto, può coesistere una causa termica dell'innesco. Quando un fronte vigoroso o una linea di groppi che talvolta lo precede, in poche parole un fronte temporalesco, raggiunge i rilievi, la sua attività viene aumentata dall'azione dinamica dei versanti sopravvento e gli fa assumere caratteristiche di particolare violenza. In ogni caso rammentiamo che la struttura del temporale, le tre fasi della sua evoluzione ed i fenomeni che si succedono nel corso dell'evento sono simili, quale che ne sia stata l'origine. La differenza è nella intensità dei fenomeni. Se il temporale, orografico o termico, si sviluppa presso un rilievo isolato è possibile la sua localizzazione e l'aggiramento, poiché anche il temporale, in questo caso, sarà costituito da una singola cellula. Se invece si ha una catena montuosa o un sistema di rilievi piuttosto complesso, i temporali orografici sono talmente numerosi da costituire una barriera che non è possibile evitare se non superandoli in alta quota. 1 temporali orografici sono, nel loro complesso, tendenzialmente stazionari, proprio perché connessi alla presenza dei rilievi. Potrebbe tuttavia trattarsi di manifestazioni collegate ad un fronte temporalesco che si spostano insieme con questo, anche se rallentate dai rilievi. Fermo restando che non è da prendere in considerazione l'eventualità di una volontaria entrata nella nube temporalesca, rimangono da esaminare alcuni particolari aspetti di questo problema, e soprattutto quali sono le implicazioni per il volo sotto una nube di natura convertiva, nell'ipotesi che Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 18 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale non sia proprio possibile farne a meno. Il volo e i temporali Nella eventualità di essere sorpresi da un temporale è consigliabile lasciare la zona il più rapidamente possibile, dirigendosi di preferenza ove il terreno degrada per non dover affrontare il problema di guadagnare quota che potrebbe presentare difficoltà a causa di correnti discendenti. I pericoli costituiti dai fenomeni temporaleschi sono tali e tanti da non dover neppure considerare l'eventualità di entrare nella nube, meno che mai in mezzo alle montagne. Il volo al di sotto di una nube temporalesca presenta vari pericoli: a) Riduzione della visibilità entro le precipitazioni, specialmente se molto forti (rovesci) o solide (granuli di ghiaccio, gragnola, grandine). b) Danni provocati dalla grandine, che dipendono dalle dimensioni dei chicchi, dalla loro velocità di caduta e dalla struttura dell'aeromobile; la grandine è costituita da globuli o chicchi di ghiaccio, di diametro superiore a 5 mm, che cadono sia separatamente, sia agglomerati in pezzi irregolari. I più grandi, caduti negli Stati Uniti (Nebraska, 1928 e Kansas, 1973), misuravano 43 e 44 cm di diametro e pesavano 680 766 grammi rispettivamente. Una velocità di caduta di 30-40 nodi è normale poiché la grandine, oltre che per gravità, è sovente lanciata verso il basso dalle correnti discendenti, tanto che è stata persino registrata una velocità di 160 nodi. Si è riscontrata anche la presenza di grandine scagliata dalle correnti ascendenti all'esterno della nube, intorno ai fianchi, come gli zampilli di una fontana. Implicazioni per il volo L'incontro con lo shear sottopone l'aeromobile a sollecitazioni che potrebbero essere ,superiori ai limiti costruttivi; ammesso che possa essere attraversato senza danno si deve essere preparati al cambiamento del senso del vento e tenere sotto controllo la TAS. Con il vento inizialmente in prua, la sua caduta, il cambiamento di direzione o il passaggio ad un vento in coda determinano una improvvisa diminuzione della TAS. Per riportarla ai valori normali occorrono alcuni secondi durante i quali l'aeromobile perde quota. Dato il pericolo costituito da questo fenomeno nelle fasi di decollo e di atterraggio, su alcuni aeroporti è già installato il sistema SODAR (Sound Detection And Ranging), una specie di ecoscandaglio che fornisce informazioni sul vento sino all'altezza di 1.000 ft per l'individuazione dello shear, nei bassi strati. L'incontro con un downburst può provocare l'impatto col suolo ed i venti divergenti sono di tale intensità da influire sulla TAS in una misura che non consente recuperi. L'identificazione dello «shear» e del «dlownburst» in volo Si può solamente dare qualche indicazione, peraltro abbastanza vaga, sulla «possibilità» che si verifichino in una certa zona, sempre piuttosto vasta, senza peraltro poter indicare né il luogo né il momento. Le condizioni essenziali perché si possano verificare questi eventi distruttivi sono il forte contrasto di temperature tra l'aria che staziona sul luogo e quella in arrivo, generalmente con un fronte freddo, una elevata umidità relativa, che insieme alla alta temperatura significa arche elevato contenuto di vapore, ed una fortissima instabilità. In questo caso, insieme alla previsione dei fenomeni temporaleschi, si indica genericamente la possibilità di «colpi di vento», intendendo con questo termine ogni possibile alterazione violenta del flusso dell'aria. Il fulmine Il fulmine è fonte di ulteriori preoccupazioni. Esso provoca danni quando è ostacolato nel suo tentativo di andare da un punto ad un altro e quindi colpisce l'aeromobile in volo quando tra l'alternativa di percorrere un massa metallica oppure l'aria, incontra una resistenza minore nel percorrere la massa metallica. Queste preferenze del fulmine infastidiscono alquanto il pilota, che non può influire sulle sue scelte, ma a questo provvede il costruttore. Se il fulmine colpisce un aeromobile e nel suo percorso tra entrata e uscita incontra una sostanziale continuità della massa metallica, senza interruzioni o contatti precari, esso non Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 19 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale provocherà danni, o li provocherà in misura minima. La costruzione interamente metallica dell'aeromobile è quindi presupposto essenziale per la sicurezza nei riguardi del fulmine, perché la struttura metallica si comporta come un grosso conduttore per convogliare il fulmine verso il punto di uscita senza che penetri all'interno, ossia come la nota «gabbia di Faraday». La tendenza è di eliminare i materiali plastici e isolanti situati nelle intercapedini e collegare tutte le parti metalliche in modo che non vi sia soluzione di continuità dal punto di vista elettrico. Il pericolo per gli occupanti può essere rappresentato, oltre che dall’abbagliamento, dallo scorrimento della scarica all'interno del parabrezza o degli altri finestrini, e questo caso può essere considerato solamente se il fulmine colpisce l'aeromobile in prossimità dei trasparenti: ciò è poco probabile perché il fulmine ha una spiccata preferenza per le parti metalliche. In particolare, per quanto riguarda l'equipaggio, esso si trova a distanza sufficiente dal parabrezza per essere interessato dallo scorrimento del fulmine nell'ipotesi che esso colpisca questa zona. I serbatoi sono recipienti non metallici, separati dal rivestimento dell'aeromobile. Tuttavia l'incendio del carburante si può verificare al passaggio della scarica a causa dello scintillio tra il tappo e la parete del serbatoio o della fusione di cavi elettrici che attraversano la struttura nelle sue vicinanze. Per questo motivo i tappi sono ormai quasi sempre in materiale plastico. Gli sfiati dei serbatoi ed il bocchettone di rifornimento sono a massa con la fusoliera e collocati dove le probabilità di essere colpiti sono molto scarse. Inoltre gli sfiati sono muniti di un coperchio a griglia che impedisce l'entrata di una scarica all'interno dei serbatoi (il flame arrestor, che agisce come la griglia nella lampada dei minatori), ma che talvolta si copre di ghiaccio essendo situato in una zona in depressione. In tal caso lo sfiato non funziona, ma non per questo si deve eliminare il flame arrestor. Gli impianti elettrici e radio sono particolarmente suscettibili di essere danneggiati dal fulmine; l'avionica transistorizzata e i display digitali sono particolarmente soggetti a danni, sia nella parte antenne, sia negli apparati, perché i fusibili saltano quando il danno è avvenuto. La protezione consiste nel convogliare la corrente della scarica verso la struttura circostante anziché all'interno dei cablaggi. Per quanto riguarda gli elicotteri si è constatato che quasi sempre il fulmine colpisce l'estremità di una pala del rotore principale e fuoriesce attraverso il carrello a pattini. In questo caso il rivestimento protettivo (in acciaio inox) del bordo d'entrata della pala conduce la corrente sino al mozzo del rotore principale. Il fulmine provoca danni modesti alla pala, tali da non costituire un pericolo per la sicurezza del volo. Le trasmissioni, i motori e i comandi assicurano la necessaria continuità elettrica con la struttura. I cuscinetti di estremità delle aste e delle bielle dei comandi, essenziali per la condotta dell'elicottero, sono in grado di trasmettere i valori di corrente necessari per evitare danni, ed i medesimi accorgimenti sono applicati per le pale del rotore di coda. I! pilota non può fare molto per sottrarsi alle implicazioni, piccole o grandi, dovute al temporale ed ai fenomeni connessi, fuorché cercare di evitarlo. Sono pochi i motivi validi per correre rischi inutili. PROBLEMATICHE DEL VOLO IN MONTAGNA Effetti fisiologici e psicologici sul pilota L’equipaggio abituato a volare in VFR a contatto visivo con il terreno in pianura, si accontenta sovente di mantenere una quota di solo 500 piedi da terra senza alcuna preoccupazione riguardante gli effetti fisiologici del volo. Quando deve volare in montagna, invece, dovrà ricordarsi di quanto ha appreso durante il corso basico e che non ha mai avuto necessità di tenere presente: le nozioni di medicina aeronautica. Nel nostro caso, considerando le massime altitudini delle catene montuose , che si identificano con quelle delle nostre Alpi, si può spingere l'esame a quanto può accadere sino 10.000-16.000 piedi (3.000-5.000 m). Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 20 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale L’equipaggio che vola con un aeromobile non pressurizzato è soggetto a subire gli effetti della diminuita pressione atmosferica con i suoi riflessi sulla respirazione e sulla ossigenazione dei tessuti. Anossia Il pericolo principale è costituito dall'anossia, cioè da quella condizione che si verifica quando i tessuti non ricevono ossigeno nella quantità sufficiente ad assicurare il loro normale funzionamento. Tra questi, in particolare, il cervello è l'organo che ne risente maggiormente. In linea di massima le condizioni fisiologiche passano attraverso le fasi seguenti: sino a 7.000 ft: normali; intorno ai 10.000 ft: diminuzione dei riflessi; intorno ai 15.000 ft: esaltazione dei riflessi. La conseguenza piú grave è costituita dalla diminuita capacità di giudizio che non consente di avvertire i sintomi o porta a sottovalutarli; questa condizione si instaura proprio quando anche l'ambiente richiede una valutazione rapida di situazioni che cambiano continuamente e richiedono decisioni altrettanto rapide e coerenti. Gli effetti negativi si intensificano aumentando la permanenza in quota. Non si dovrebbe rimanere più di mezz'ora oltre i 10.000 piedi, e naturalmente il tempo di permanenza tollerabile diminuisce con l'aumentare dell'altitudine. Vertigine Un altro pericolo è costituito dalla vertigine, che tende a manifestarsi anche nel personale che ne è normalmente esente, allorché, come accade in montagna, si trova privo di un orizzonte ben definito da usare quale riferimento per valutare l’assetto. Questa difficoltà riguarda soprattutto il caso in cui l'aeromobile si avvicina ad una vetta che abbia uno o più versanti in forte pendenza, se non addirittura a picco. Ne può essere ancor più interessato nel caso dell’elicottero nel volo stazionario: se l'orizzonte è ben definito si può anche non produrre alcuna sensazione spiacevole, ma se l’hovering viene effettuato in una zona ove sia presente una vetta isolata o un picco, con le linee, che ne disegnano il profilo, oblique o quasi verticali, può manifestarsi un senso di disorientamento, che aumenta se è presente una turbolenza anche debole. Quando l'elicottero debba effettuare un atterraggio su una vetta che ha queste caratteristiche si può anche determinare una certa tensione nella manovra. Effetti psicologici Non sono da trascurare gli effetti psicologici, soprattutto un certo livello di apprensione che è inevitabile per il solo fatto di volare in un ambiente diverso da quello al quale si è assuefatti. Solo l'acquisizione di una sufficiente esperienza può concorrere ad instaurare la fiducia necessaria per operare con tranquillità nelle nuove situazioni. Effetti sulle sensazioni di volo Gli effetti dei rilievi sulle sensazioni di volo sono di vario genere, ma quasi tutti hanno come conseguenza di determinare istintivamente delle azioni correttive errate o eccessive. Scomparsa dell'orizzonte reale In pianura riesce molto facile mantenere la linea di volo ed un assetto corretto, anche durante le virate, facendo riferimento alla linea dell'orizzonte che «taglia» la prua dell'aeromobile in un punto caratteristico, facilmente determinabile mediante qualche prova controllata con gli strumenti. Quando un aeromobile vola nelle zone montane al di sotto delle vette e dei crinali circostanti, il pilota sarà privo dell'orizzonte reale, che costituisce il principale riferimento nel volo a vista. In queste condizioni si rende necessaria una frequente lettura degli strumenti di bordo , per evitare che si possano assumere assetti anomali livellando l'aeromobile con la linea dell'orizzonte apparente; questo è costituito dal profilo, spesso irregolare, del terreno antistante o del versante elle si ha al traverso. Si possono anche seguire traiettorie errate considerando come orizzontale, nel senso della nostra rotta, il terreno sottostante. Per le conseguenze che se ne possono avere sulla valutazione Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 21 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale della velocità, come vedremo, è necessario tenere d'occhio anche l'anemometro. In prossimità di un versante che abbia una pendenza lieve o media vi è la tendenza a sollevare la pala più vicina al rilievo, ossia, per un elicottero a volare con l’asse trasversale parallelo al terreno; quando invece è molto ripido si tende ad avvicinarsi al rilievo e a volare con l’asse trasversale perpendicolare al terreno, perché si ha la sensazione che la parete sia verticale. Come l'andamento del terreno induce ad una errata valutazione dell'assetto, così un assetto anormale può essere ritenuto corretto dai nostri sensi e dar luogo ad una falsa valutazione delle pendenze del terreno. Si può comprendere la difficoltà, in un certo senso più psicologica che reale, insita nel frequente controllo strumentali dell'assetto, mentre sarebbe quanto mai necessario non distogliere l'attenzione dall'ambiente esterno per la rapida mutevolezza della situazione orografica. La presenza di un co-pilota o del motorista-meccanico, che si occupi della lettura degli strumenti, specialmente nei momenti più critici delle missioni con elicotteri, può fornire una preziosa collaborazione quando si sia raggiunto un buon livello di affiatamento e di reciproca fiducia. Valutazione delle distanze Quando si vola verso una parete, un versante, un costone dal colore uniforme, come può essere quello ricoperto da una vegetazione folta ed ininterrotta, o in direzione dì una superficie innevata, la valutazione delle distanze presenta difficoltà, specialmente quando manchino punti di riferimento contrastanti con lo sfondo. Le difficoltà aumentano se la superficie non è soleggiata o, peggio, se vi è della foschia che attenua ogni contrasto e accentua l'uniformità dello sfondo, oltre ad influire sulla visibilità vera e propria. Si è già accennato in meteorologia trattando della minore densità dovuta all'altitudine, dell'effetto sulle indicazioni della velocità all'aria e sullo spazio necessario per le manovre, dato che la velocità vera è maggiore della velocità indicata. La distanza di un ostacolo si riduce più rapidamente di quanto si creda, le traiettorie in atterraggio si allungano, il diametro di una virata d'inversione aumenta di circa il 20 % a 5.000 ft e del 40% a 10.000 ft rispetto al livello del mare. E importante conoscere perfettamente lo spazio, o il «volume», di evoluzione del proprio mezzo, sia al livello del mare, sia in quota. Al suo interno non vi debbono essere ostacoli. Forma del terreno La capacità di valutare assetti, angoli e distanze è molto ridotta a causa della forma del terreno, che oltre a fornire indicazioni e riferimenti scorretti, varia continuamente il suo profilo, quale che sia il suo reale andamento, viene sempre considerato istintivamente come un riferimento valido per regolare la direzione dell'asse longitudinale e trasversale dell'aeromobile. Volo presso il terreno Nel passare vicino al terreno si ha la sensazione di un aumento della velocità per il fatto che lo vediamo scorrere più rapidamente. Questo si può verificare volando su un crinale oppure lungo un costone, una parete o il versante di una valle o nel superamento di una cresta Terreno in salita Accade sovente di dover percorrere in salita una valle lungo il suo asse, o di volare sopra un terreno in lieve pendenza ascendente; poiché l'orizzonte apparente è più alto, si ha la sensazione di avere un assetto picchiato e quindi si tende a cabrare facendo diminuire la velocità. In mancanza di controlli strumentali, l'assetto e la velocità dell'aeromobile possono giungere ai limiti . Terreno in discesa Volando sopra un terreno in discesa l'orizzonte apparente è situato più in basso dell'orizzonte reale, e perciò si ritiene di avere un assetto cabrato. La tendenza è di allinearsi con l'orizzonte apparente e di picchiare, venendo così ad aumentare la velocità . In modo analogo, dovendo superare una cresta per passare da una valle all'altra, il pilota può rendersi conto che la traiettoria di salita dell'aeromobile non è sufficiente per consentirgli di valicare l'ostacolo; in questo caso, anziché tornare subito indietro per impostare correttamente la manovra, il Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 22 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale pilota continua a cabrare sino . Effetto luce-ombra Il passaggio da una zona di terreno soleggiato ad una in ombra produce una sensazione di oscuramento complessivo, per cui i punti caratteristici del terreno perdono ogni risalto ed occorre un certo tempo di adattamento per riprendere la padronanza visiva dell’ambiente. Se si usano occhiali da sole o la visiera del casco è abbassata, è ovvio si debba eliminare una causa che peggiora la situazione. Il passaggio da una zona in ombra ad una in luce produce una sensazione di abbagliamento. Anche in questo caso è necessario un tempo di adattamento che può essere abbreviato con l'uso di occhiali da sole o abbassando la visiera del casco. Esistono occhiali la cui parte ottica è incernierata e può essere alzata o abbassata rapidamente senza rimuoverli, ma l'uso del casco deve costituire la norma, anche per ovvi motivi di sicurezza. Queste variazioni di luce hanno molta importanza durante l'effettuazione degli atterraggi, quando viene a mancare il tempo di adattamento alla nuova situazione. Se la zona di atterraggio è in ombra, è bene effettuare, se possibile, l'intero avvicinamento in ombra. Se la zona di atterraggio è soleggiata la situazione presenta minori difficoltà ed una parte dell'avvicinamento iniziale può essere effettuato in ombra. E’ comunque meglio che le condizioni di luce durante l'avvicinamento non presentino cambiamenti . In avvicinamento con il sole è ovvio che le migliori condizioni si abbiano con il sole alle spalle : sappiamo già che in situazioni di foschia anche la visibilità stessa è migliore; si hanno ancora condizioni buone con il sole al traverso e del tutto sfavorevoli con il sole basso in prua . Effetti sulla efficienza dell’aeromobile Il volo in montagna degli aeromobili si differenzia dal volo a livelli più bassi a causa dei fattori penalizzanti dei quali si è già parlato: l'altitudine, con le sue conseguenze sulla densità, la conformazione del terreno per le difficoltà di ordine pratico che ne derivano ed il tempo con i suoi elementi non sempre localmente prevedibili né determinabili. L'influenza dell'altitudine comporta una diminuzione nella efficienza del velivolo: di questo argomento si è accennato nella parte meteo a proposito della densità. Nel prossimo paragrafo se ne vedranno le conseguenze con ulteriori dettagli. Effetti dell'altitudine sul volo dell'elicottero I principali effetti sull'elicottero consistono in: -diminuzione della potenza del motore, -diminuzione del rendimento del rotore principale, -diminuzione dell’efficienza del rotore di coda. Diminuzione della potenza del motore La potenza disponibile varia in funzione della quota barometrica e della temperatura (ossia della densità) e dall'esame dei diagrammi si può rilevare: a) per motori a pistoni senza compressore un aumento di 3.000 piedi di quota implica una diminuzione di potenza del 10%; un aumento di temperatura di 10°C implica una diminuzione di potenza del 2 %; b) per motori a turbina in generale ( varia con i tipi) un aumento di 3.000 piedi di quota implica una diminuzione di potenza pari variabile progressivamente con l’aumentare dell’altitudine dal 7.5 % al 5.5 %; un aumento di temperatura di 10 ° C implica una diminuzione di potenza del 7%. La potenza varia anche in funzione inversa rispetto alla velocità di traslazione, e a velocità zero (volo stazionario o a punto fisso), con l'aumentare della quota e della temperatura, la potenza Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 23 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale necessaria aumenta del 5% per ogni 3.000 piedi di quota in più. La determinazione della potenza necessaria alle varie altitudini per effettuare il volo stazionario sia con effetto suolo, sia senza, è della massima importanza per il volo in montagna. La procedura migliore è quella della consultazione preventiva dei grafici del manuale di volo Diminuzione del rendimento del rotore principale Indipendentemente dall'altitudine si deve mantenere il medesimo numero di giri del rotore. Con l'aumento dell'altitudine, per ogni condizione di volo e per ottenere la medesima portanza, è necessario un maggiore angolo di incidenza mediante l'azione sul collettivo, e questo implica che vi è meno passo disponibile per un atterraggio di emergenza. L’aumento del incidenza porta la pala retrocedente più vicina allo stallo e la pala avanzante alla compressibilità, quindi si deve diminuire la velocità di traslazione quando si aumenta il passo. Sempre a causa della minore densità è necessario un più ampio movimento del ciclico per ottenere un cambiamento di assetto ed è necessario un tempo maggiore perché ogni comando ottenga il suo effetto. Occorre pertanto mantenere il massimo numero dei giri ed agire sui comandi con molta attenzione e senza movimenti energici. Diminuzione dell'efficienza dell'elica anticoppia Per le medesime ragioni anche l'elica anticoppia deve avere un passo maggiore e la corsa utile della pedaliera sarà minore. Occorre evitare le brusche rotazioni intorno all'asse verticale. LA PIANIFICAZIONE Generalità «... an accurate pre-flight planning will reduce the workload during flight ... »: Solamente una accurata pianificazione può evitare molto lavoro durante il volo, che implica problemi difficili da risolvere, che implica problemi difficili da risolvere quando si hanno preoccupazioni più immediate, specialmente quando si è «solo pilota» a bordo. Scelta del periodo Potendo stabilire il periodo nel quale effettuare un volo, sono sempre preferibili le ore del mattino in qualunque stagione. Durante l'estate si eviteranno le ore più calde, con la relativa turbolenza nel migliore dei casi; durante l'inverno non si corre il rischio di trovarsi ancora tra le montagne verso il tramonto, ingannati dal fatto che, in quota, la luce dei giorno permane più a lungo e se si attende troppo a fare ritorno alla base in pianura, o, peggio ancora, in un fondo valle, si troverà già il buio completo. Caratteristiche e prestazioni del mezzo Il pilota può determinare le prestazioni del proprio aeromobile utilizzando tabelle o grafici riportati sul manuale d’impiego fornito dal costruttore . Le prestazioni sono calcolate in funzione della densità in atmosfera standard, nella quale ad una data densità corrisponde una determinata altitudine. La quota densimentrica ( density altitude) Nell’atmosfera reale , all’altitudine alla quale ci troviamo, in base alla pressione e temperatura effettive si avrà una certa densità, alla quale, in atmosfera standard, corrisponde una altitudine diversa che è appunto la altitudine di densità o quota densimetrica o density altitude. Si riporta la tabella della atmosfera standard (ISA = International Standard Atmosphere) secondo l'ICAO, nella quale si è scelto il riferimento delle altitudini in «piedi» dato che la maggior parte degli altimetri di bordo usano questa unità di misura. ATMOSFERA STANDARD o TIPO o ICAO (ISA=International Standard Atmosfer) Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 24 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Altitudine ft m 0 0 500 154 1.000 305 1.500 457 2.000 610 2.500 762 3.000 914 3.500 1.067 4.000 1.219 4.500 1.372 5.000 1.524 6.000 1.829 7.000 2.134 8.000 2.438 9.000 2.743 10.000 3.048 11.000 3.353 12.000 3.658 13.000 3.962 14.000 4.267 15.000 4.572 16.000 4.877 17.000 5.182 18.000 5.486 19.000 5.791 20.000 6.096 Pressione hpa 1013.25 995.08 977.17 959.52 942.13 925.99 908.12 891,49 875,11 858,97 843,08 811,00 781,86 752,63 724,29 696,82 670,20 644,41 619,43 595,24 571,82 549,15 527,22 505,00 485,48 465,63 Temperatura °C 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 3 1 -1 -3 -5 -7 -9 -11 - 13 - 15 - 17 -19 -21 -23 -25 Densità kg/m3 1,225 1,207 1,190 1,172 1,155 1,138 1,121 1,104 1,088 1,072 1,056 1,024 0,993 0,963 0,933 0,905 0,877 0,849 0,822 0,796 0,771 0,746 0,722 0,698 0,675 0,653 Densità relativa d/do. 1 0,985 0,971 0,957 0,943 0,929 0,915 0,901 0,888 0,875 0,862 0,834 0,811 0,786 0,762 0,739 0,716 0,693 0,671 0,650 0,629 0,609 0,589 0,570 0,551 0,533 Dalla tabella, leggendo da sinistra a destra, si rileva che vi è una corrispondenza tra: altitudine - pressione - temperatura – densità, inversamente, leggendo da destra a sinistra, ad una data pressione corrisponde una determinata altitudine che si chiama: altitudine di pressione o quota barometrica o pressione altitudine, e analogamente, ad una data densità corrisponde una determinata altitudine che si chiama: altitudine di densità o quota densimetrica o densità altitudine. Sulla densità dell'aria e quindi sulla quota densimetrica, come si è già accennato, influiscono quattro fattori: l'altitudine dell'area di decollo o della zona di lavoro; la pressione atmosferica; la temperatura; l'umidità. L'altitudine influisce sulla quota densimetrica in quanto aumentando l'altitudine diminuisce la pressione atmosferica. Questa, a sua volta, dipende dalle condizioni del tempo. A parità d’altitudine minore è la pressione atmosferica, minore è la densità dell'aria. A parità d’altitudine e di pressione atmosferica, maggiore è la temperatura, minore è la densità dell'aria. A parità d’altitudine, di pressione atmosferica e di temperatura, maggiore è l'umidità dell'aria, Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 25 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale minore è la densità. Come si è già detto, quanto più elevata è la temperatura, tanto maggiore è l'umidità specifica, ossia il contenuto effettivo di vapore acqueo che contribuisce con la sua presenza alla diminuzione della densità. Mediante il Manuale di volo dell’elicottero, in relazione alle condizioni meteorologiche ed alla density altitude si dovranno determinare : - il carico massimo compatibile con una data altitudine; - la massima altitudine compatibile con un dato carico; - il plafond per il volo a punto fisso con e senza effetto suolo per ogni i carico alternativo; - la velocità di crociera in funzione del carico e della altitudine. Scopo del volo Uno scopo ben determinato come il soccorso può obbligare a seguire una rotta prestabilita, a mantenerci ad una certa quota, ad affrontare alcuni rischi calcolati, mentre un altro obiettivo può invece lasciare la massima libertà di scelta e consentire altresì una buona dose di improvvisazione. Questa possibilità si presenta soprattutto quando il volo, è il caso di dirlo, non ha alcuno scopo di urgenza. Prima di programmare un volo in montagna è indispensabile acquisire la conoscenza più approfondita possibile delle condizioni meteorologiche. Se il tempo è buono è consigliabile non trascurare i problemi relativi al soleggiamento dei vari versanti. Il carico Il rendimento degli aeromobili diminuisce in proporzione diretta all'altitudine ed al peso. In sede di pianificazione si devono stabilire carico e bilanciamento. Il carico trasportabile si può suddividere in carico operativo, necessario alla condotta del volo, e carico utile (passeggeri e merci). Il calcolo del carico trasportabile ed il suo posizionamento rispetto al baricentro dell'aeromobile devono seguire scrupolosamente le norme contenute nel manuale d'impiego. Un carico disposto erroneamente può impedire un efficace controllo dell'aeromobile ed inoltre deve essere bloccato nella posizione stabilita per evitare spostamenti accidentali . Gli elementi da prendere in esame sono: il peso totale al decollo; il carburante totale necessario; il consumo di carburante durante il volo; il peso totale all'atterraggio. Per quanto riguarda il peso occorre ricordare che è relativamente facile valutare il peso complessivo di un gruppo di persone; non altrettanto, invece, dei colli e materiali vari. In base alle condizioni meteorologiche non si dimentichino i problemi della densità nel luogo di destinazione ed al manuale d’impiego si potrà pianificare il volo in base al carico. Soprattutto con l’elicottero è necessaria molta cautela : se non è possibile effettuare il decollo in volo stazionario dal momento che si rileva sempre una diminuzioni di giri , un decollo strisciato non è la miglior soluzione per dimostrare la possibilità di «farcela» anche con il sovraccarico. Se ne potrebbero fare le spese al successivo atterraggio. Studio del terreno e degli ostacoli Lo studio particolareggiato del terreno non deve essere effettuato solamente per mezzo delle carte di navigazione. Coloro i quali non sono in grado di costruirsi una immagine a tre dimensioni e di raffigurarselo come si presenta nella realtà dopo aver esaminato una normale carta geografica, è opportuno che prestino particolare attenzione alle altitudini ricorrendo eventualmente a carte in rilievo, riportando su quelle che verranno usate a bordo i punti critici da considerare con attenzione. La carte più dettagliate, utili per lo studio dei particolari sono le carte topografiche in scala 1: Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 26 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale 25000, le cosiddette tavolette dell’IGM (Istituto Geografico Militare) di Firenze ; vi sono altresì delle ottime carte turistiche di molte zone di montagna in scala 1:50.000. Per avere una visione più generale di tutta la regione che interessa senza perdersi nei particolari già esaminati a terra, le carte migliori da portare a bordo sono le stradali del TCI in varie scale. Volando a bassa quota i punti di riferimento devono avere un certo sviluppo verticale in modo da spiccare sullo sfondo del cielo, mentre volando al di sopra di 2.000-2.500 piedi è meglio che abbiano una estensione orizzontale. Quando si è individuato un riferimento lontano, e a questo scopo si deve guardare lontano, ci si può dirigere verso quel punto senza altre preoccupazioni per la rotta. A questo proposito occorre una scelta cauta e fare attenzione perché in un sistema montuoso complesso molte sono le vette che si rassomigliano. Se si deve percorrere una valle è assolutamente necessario conoscerla in tutti i particolari; si deve considerare l'altitudine delle selle e dei valichi che consentono il passaggio da una valle all'altra; specialmente se la valle è in curva può accadere di trovarsi troppo bassi e di non avere sufficiente spazio per una virata di scampo. Qualora s’intendesse entrare in una valle direttamente dal suo sbocco in pianura, occorre stabilire chiari punti di riferimento che consentano la sua precisa identificazione. Altrettanto dicasi se lungo il percorso di una valle vi sono diramazioni in altre valli. Non è difficile trovarsi in imbarazzo quando ve ne sono molte che confluiscono in una conca. Durante l'inverno la neve, oltre a dare un senso di generale appiattimento ed uniformità al paesaggio, nasconde molti dei riferimenti (come le strade) che sono visibili in estate. Anche una zona ben conosciuta si presenta sotto un aspetto del tutto nuovo. Gli speroni di montagna che sporgono dai versanti o dalle pareti possono costituire un pericolo da non trascurare, specialmente quando vengono a trovarsi dietro una curva della valle e le condizioni di contrasto con il fondo, oppure il passaggio da una zona di luce ad una di ombra non consentono di vederne in tempo il rilievo. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla zona operativa, soprattutto quando sia previsto un atterraggio. Per quanto è possibile occorrerà documentarsi circa la presenza di impianti permanenti di salita (funivie), che sono normalmente indicati sulle carte, e la esistenza di linee ad alta tensione. La maggiore insidia è rappresentata dalle teleferiche per il trasporto di materiali in quanto hanno spesso carattere temporaneo; non è quindi possibile stabilirne la presenza in sede di pianificazione. Una delle regole fondamentali del volo in montagna è di avere sempre una facile via d'uscita in discesa; dovendo sorvolare per qualunque scopo una certa zona, è meglio portarsi sul punto piú alto e percorrere la rotta avendo sempre davanti del terreno a quota inferiore. IL VOLO NELLE ZONE MONTUOSE Generalità La minore efficienza dell'aeromobile durante il volo ad altitudini elevate esige una profonda preparazione tecnica, un adeguato addestramento ed il più completo rispetto delle norme di sicurezza. Per tutti gli aeromobili: le salite vanno effettuate a distanza di sicurezza dai rilievi da superare, sfruttando le correnti ascendenti e con una prua che consenta in ogni momento una virata di evasione; quindi mai perpendicolarmente alla linea delle creste; - se vi sono correnti discendenti, la quota necessaria a superare i rilievi va guadagnata prima dei sorvolo delle cime più alte mediante salite a «otto allungato» ; - durante il volo controllare frequentemente gli strumenti, poiché le sensazioni riguardanti assetto, linea di volo e velocità sono ingannevoli; Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 27 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale non volare con il sole di fronte e basso; l'individuazione dei rilievi e degli ostacoli diventa difficile. le correnti ascendenti producono un aumento dei giri motore-rotore mentre le correnti discendenti li fanno diminuire; incontrando della turbolenza è necessario diminuire la velocità di traslazione come consigliato dal manuale di volo, alimentare i giri al massimo consentito e diminuire il collettivo; le velocità massime di traslazione previste dai grafici del manuale di volo per le varie quote, onde non incorrere nello stallo della pala retrocedente, non devono essere assolutamente superate; in caso di piantata di motore la velocità è un fattore determinante per portare a termine con successo l'autorotazione: ad altezze comprese tra i 400 ed i 1.000 ft non si deve procedere a velocità troppo ridotta; si deve mantenere sempre il massimo dei giri consentito, poiché in caso di avaria è opportuno avere tutta l'energia cinetica possibile al rotore, mentre con un basso numero di giri si dovrebbe dare alle pale una incidenza maggiore di quella alla massima efficienza; negli elicotteri con controllo manuale, ad ogni variazione di potenza l'azione sul gas deve precedere l'azione sul collettivo per evitare brusche variazioni dei giri quando si interviene sul collettivo; le virate e le rotazioni devono essere effettuate possibilmente a destra per disporre di maggiore potenza, poiché il rotore di coda assorbe in questo caso una potenza minore; nel volo stazionario in effetto suolo è bene mantenere l'elicottero alla minore altezza possibile per usufruire al massimo del cuscino d'aria; con l'aumento dell'altitudine, la TAS è superiore alla IAS di circa il 2% ogni 1.000 ft; - se si deve volare in prossimità del terreno mantenere rotta e velocità in modo da disporre sempre di una rotta di evasione, possibilmente senza bisogno di guadagnare quota; - evitare tutte le manovre che richiedono una riserva di potenza ( che potrebbe mancare) , come virate strette e arresti repentini. Entrata nelle zone montuose L'entrata nelle zone montuose va effettuata raggiungendo una quota superiore a quella delle più alte cime sulla rotta; questo comportamento offre molti vantaggi: - avere una «panoramica» dell'orografia e del tempo; - rendersi conto del tempo in generale per stabilire se si può raggiungere la destinazione; - rendersi conto della direzione del vento lungo la rotta per identificare i versanti sottovento ove possono esservi correnti discendenti da evitare ed i versanti sopravvento con le correnti ascendenti da utilizzare; il vento e la sua velocità stimata, come pure la temperatura, dovranno essere sempre tenute sotto controllo. L'entrata in una zona montuosa può anche essere effettuata imboccando direttamente una valle a condizione che sia ben conosciuta e sicuramente identificata; nella eventualità che il cielo sia molto nuvoloso o coperto, e con la base al di sotto del livello degli spartiacque, non si deve attendere che la valle si restringa al punto da non consentire fina virata di disimpegno allorché, dato che il terreno è in salita, la base delle nubi dovesse diventare insufficiente. La virata di evasione va iniziata appoggiandosi ad un versante per sfruttare tutta la larghezza della valle. Il pericolo delle formazioni di ghiaccio Questo argomento è stato trattato nella parte meteo per quanto riguarda le cause ed il meccanismo delle formazioni di ghiaccio. Se lo riprendiamo è proprio perché gli elicotteri che volano in VMC si ritengono al sicuro dalle formazioni di ghiaccio in quanto non entrano nelle nubi. Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 28 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Ma in montagna le precipitazioni di acqua sopraffusa, pioviggine e pioggia «che gela» sono molto frequenti date le basse temperature che si possono incontrare anche in estate. Ora si tratta di prendere in considerazione gli accorgimenti da adottare per evitarle ed eliminarle, tenendo presente che l'intervento tempestivo è il più efficace anche se comporta una certa riduzione della potenza disponibile. Non appena si osservano formazioni di ghiaccio esterne, o se ne avvertono i sintomi quali riduzione di velocità, perdita di quota senza che si siano variati i parametri di volo, vibrazioni è necessario diminuire la quota alla ricerca di temperature positive e allontanarsi dalla zona. Il ghiaccio al tubo di Pitot ed alle prese statiche provoca indicazioni errate degli strumenti interessati: prima di entrare in zone ove è possibile la formazione di ghiaccio (controllare frequentemente la temperatura esterna) occorre mettere in funzione il riscaldamento del tubo di Pitot. In caso di ostruzione delle prese statiche rompendo il vetro degli strumenti (altimetro e variometro) si possono continuare ad avere delle indicazioni anche se imprecise. Il ghiaccio al parabrezza richiede la medesima precauzione del preventivo inserimento degli sbrinatori, i quali impiegano un certo tempo per eliminare il ghiaccio. Non è consentito il volo intenzionale in presenza di ghiaccio. Ghiaccio alla presa d’aria della turbina Se si prevede di effettuare un volo in ambiente con probabilità di formazioni di ghiaccio, è bene attivare il sistema di rivelazione ghiaccio motore, se disponibile. Alla eventuale accensione della spia occorre inserire l'apparato antighiaccio motore ed allontanarsi dalla zona. In mancanza del sistema di rivelazione del ghiaccio, occorre controllare la temperatura esterna ed inserire l'antighiaccio quando questa sia inferiore a + 5 °C. L'antighiaccio inserito comporta una leggera diminuzione di potenza, ed è quindi opportuno escluderlo nelle fasi critiche del volo. Ghiaccio al rotore principale Il primo indizio è l'aumento della potenza necessaria a mantenere i giri costanti (RPM). Lo scadimento delle caratteristiche aerodinamiche oltre alle conseguenze contingenti, potrebbe rendere impossibile l'autorotazione in caso di emergenza. Il ghiaccio si può staccare a causa della forza centrifuga, della flessibilità delle pale, oppure, più semplicemente, perché si giunge in una zona ove l'aria è più calda. Il distacco avviene generalmente su una pala alla volta, in maniera asimmetrica, con sbilanciamento del rotore, forti vibrazioni e possibilità di danni all'elica anticoppia se viene investita da pezzi di ghiaccio. Anche l'elica anticoppia può essere sede di formazioni di ghiaccio. Il pericolo delle correnti discendenti Le correnti discendenti sono una delle maggiori preoccupazioni del pilota durante il volo in montagna, sia per la sgradevole sensazione di sprofondamento che provocano, sia perché si ha effettivamente una perdita di quota. Se si cerca di contrastarle con un aumento dell'assetto, si ottiene una diminuzione di velocità, per cui si rimane per un tempo più lungo nella zona delle discendenze. Anche se è contro l'istinto, le correnti discendenti devono essere in parte assecondate, senza cercare di guadagnare quota prima di essere usciti dalla zona delle discendenze. In tali circostanze è importante non avere in prua un crinale o dei rilievi che siano ad un livello superiore a quello dell'aeromobile e pretendere di volerli superare. A volte, quando le correnti verticali non sono forti, si può non avere una precisa cognizione della loro presenza ed intensità. Ora, dal momento che possono comunque avere influenza sulla condotta del volo, in quanto ad agevolare od ostacolare, per esempio, il superamento di una cresta, può risultare necessario averne una precisa cognizione. Per acquisire questi elementi occorre mantenere invariata la potenza, costanti l'assetto e la velocità : il variometro indicherà la velocità di salita o di discesa delle correnti. Per l’elicottero, occorre dare il massimo dei giri consentito, contrastando la perdita di quota Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 29 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale con la potenza, disporsi parallelamente al crinale, possibilmente virando a destra, allontanarsi con un piccolo angolo di divergenza dalla linea delle creste e perdere abbondantemente quota quando si è ben lontani dalla zona delle discendenza. Nell'elicottero le correnti discendenti si manifestano inoltre con una diminuzione di velocità all'aria e dei giri del rotore, dovuta all'effetto “antiflare” delle discendenza. Quando l'entrata nelle discendenza avviene in prossimità del terreno si ha una maggiore velocità rispetto al suolo, il che può indurre in errore il pilota che è portato a ridurre la velocità vera. La situazione conseguente alla diminuzione dei giri rotore può essere peggiorata dal pilota che contrasta la perdita di quota aumentando il collettivo. Azioni da svolgere nelle discendenza moderate: - massimo numero di giri; inserire una volta e mezza la normale velocità di salita (1,5 Vs); evadere dalla corrente discendente. Azioni da svolgere nelle discendenze forti: - massimo numero di giri; inserire la normale velocità di salita; evadere dalla corrente discendente; aumentare la velocità di salita a 1,5 volte la normale appena fuori dalla discendenza. Appena usciti da una discendenza, dirigersi verso una zona di sereno seguendo la pendenza più ripida senza preoccuparsi della elevata velocità al suolo e controllando la velocità vera. Se il mezzo non risponde immediatamente non si deve contrastare la corrente discendente ma seguirla sino alla zona del fondo valle ove termina, anche se con qualche turbolenza, e riprendere quota sul versante delle ascendenze. Se si è entrati in una discendenza fortissima e si deve constatare che il mezzo viene inevitabilmente spinto verso il terreno in un fondo valle o in una conca, dove si sarà arrivati assecondando la discendenza, la soluzione migliore può essere quella di prepararsi per un atterraggio, contro vento e contro la pendenza del terreno. La turbolenza forte sottopone le strutture ad uno sforzo anormale, ed inoltre può causare una temporanea perdita di controllo, dovuta, ad esempio, alla entrata in una forte ascendenza che può causare lo stallo delle pale del rotore; l'elicottero viene a trovarsi virtualmente in autorotazione. In una evenienza del genere si deve mantenere il massimo dei giri consentito ed applicare i parametri per una normale salita; in tal modo l'uso di un passo minore comporta una minore dissimetria di portanza e minore probabilità di stallo delle pale, e si ottiene di poter disporre della massima riserva di potenza. Volando in alto Il volo presso le vette e i pinnacoli Trattandosi in entrambi i casi di un rilievo isolato il vento determinerà modeste ascendenza e discendenze quando il rilievo ha una forma pressoché conica, ed i vortici saranno con gli assi orientati secondo il profilo della cima. Nel caso dì un pinnacolo (rilievo isolato con versanti ripidissimi) non si può parlare di correnti verticali, poiché l'aria tende ad aggirare l'ostacolo, con la formazione di vortici ad asse verticale sul lato sottovento, apportatori di turbolenza , la cui intensità dipende dalla velocità del vento. Noti che siano i parametri del vento si possono localizzare le zone di turbolenza. Volo attraverso un valico o una sella Una sella influisce notevolmente sulla velocità del vento, tanto che anche quando il vento è debole, o vi è addirittura calma di vento, si possono trovare correnti di una certa intensità. L'effetto Venturi è ancora più marcato, quando si manifesta in una sella, in un passo o in una valle, di quanto Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 30 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale non accada su una cresta. Il restringimento della sezione del flusso dell'aria avviene tra i fianchi solidi del valico anziché, come su una cresta, tra la linea di questa e gli strati d'aria sovrastanti, i quali, anche in condizioni di stabilità, costituiscono una «parete» morbida. La presenza di ostacoli, rocce emergenti, alberi su una sella possono essere causa di forte turbolenza. Per il passaggio di una catena montuosa attraverso una sella si deve effettuare l'avvicinamento con un buon margine di quota, ad un angolo non maggiore di 45°, preferibilmente da sinistra, dopo aver stabilito il punto oltre il quale diviene impossibile la virata di evasione, evitando di sorvolare profili piuttosto accidentati per la turbolenza cui possono dare luogo dato il rinforzo del vento. Quando la sella costituisce una comunicazione tra due valli pressoché parallele che si trovano nel medesimo bacino imbrifero, ossia sono dalla medesima parte di uno spartiacque, non vi sono generalmente sorprese per quanto riguarda il tempo. Quando invece la sella costituisce un passaggio nello spartiacque è possibile trovarsi improvvisamente in una situazione meteorologica completamente diversa. Ad evitare sorprese conviene guadagnare quota prima di affrontare il valico e vedere cosa c'è dall'altra parte. Il volo presso le creste e come superarle Il volo presso le creste non presenta particolari difficoltà, dato che si è generalmente a livelli abbastanza elevati ed i rilievi circostanti si trovano più in basso. Quando si vola lungo una cresta, a cavallo dei due versanti, è importante conoscere dove si trova il limite tra le ascendenze e le discendenze. Sono sufficienti le normali brezze di pendio a determinare moti verticali che in tal caso saranno di modesta entità, ma se vi è un vento vero e proprio con una componente trasversale alla linea della cresta i moti saranno di intensità non trascurabile. Il limite di demarcazione tra ascendenze sopravvento e discendenze sottovento, è determinato dalla conformazione del pendio nella parte sopravvento. Se è piuttosto concavo, con la pendenza che va aumentando dalla base alla sommità del versante, il limite tende a spostarsi verso il lato sopravvento; se invece la pendenza del versante va diminuendo dalla base alla sommità, ossia il profilo è piuttosto convesso, il limite si sposta verso il lato sottovento. Se ci si porta oltre il limite delle correnti dal lato delle discendenze, può essere difficile riguadagnare la quota perduta. Se lo scopo è di valicare la catena montuosa, ad evitare il possibile incontro di discendenze è bene prendere quota quando si è ancora abbastanza distanti dalla linea delle creste. Al limite, mediante gli strumenti, se esiste un pinnacolo emergente dalla linea delle creste, lo si può considerare come orizzonte reale fittizio. Il superamento di una linea di creste deve essere sempre effettuato partendo da una quota di sicurezza, e molto più in alto delle creste stesse se vi è vento forte, con una traiettoria preferibilmente in leggera discesa. Avendo un buon margine di velocità l'elicottero è nelle migliori condizioni per affrontare una virata di inversione anche abbastanza stretta. L'effetto Venturi, specialmente se l'atmosfera è stabile determina un ulteriore aumento della velocità del vento a livello delle creste, ed una diminuzione della pressione con effetto sulla presa statica. Gli effetti dell’aumento della velocità del vento presso le creste devono essere sempre prevenuti . L’avvicinamento deve essere condotto con un angolo non superiore a 45° , dopo aver guadagnato la quota necessaria, mentre, una volta superate le creste, l’allontanamento deve essere eseguito seguendo una rotta perpendicolare alla loro linea In caso di necessità è sufficiente una leggera accostata verso valle per allontanarsi dal versante ed avere molta quota disponibile. La manovra di un elicottero per guadagnare quota e superare la linea delle creste deve essere effettuata con una serie di virate ad «otto allungato» e non con una salita a spirale, per non trovarsi nella turbolenza creata dal proprio rotore. In presenza di correnti ascendenti (lato sopravvento), la quota necessaria può essere guadagnata anche nei pressi del versante, tenendo presente che l'aumento della velocità al suolo, Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 31 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale dovuta al vento in coda non deve indurre ad una riduzione della velocità vera. Nel superare la cresta si avrà il massimo rinforzo del vento in coda, che tenderà a diminuire allontanandosi dalla cresta, ed inizieranno le correnti discendenti con la relativa turbolenza nel versante sottovento. In presenza di correnti discendenti ( lato sottovento), la quota necessaria deve essere assolutamente guadagnata lontano dal versante sottovento, ed il passaggio delle creste deve essere effettuato ad una quota di sicurezza ancora maggiore, per evitare l’entrata nelle correnti discendenti. Quando ci si accinge a valicare una cresta per passare da una valle all’altra, nell’avvicinarsi al pendio si deve sempre prevedere la possibilità di incontrare una forte discendenza che farà perdere quota all'elicottero, e questo giustifica la necessità di impostare la manovra con un buon margine di quota. Nel superare una cresta non si deve dimenticare quanto si è detto in precedenza circa le sensazioni prodotte dal terreno in salita. Il volo lungo i versanti . Dovendo effettuare un volo lungo un versante o una parete è indispensabile conoscerei preventivamente la direzione del vento, per non venirsi a trovare in un versante sottovento e quindi nelle discendenza. L'accostata di avvicinamento al versante deve essere condotti con un angolo non superiore a 45°, da ridursi gradualmente nell'avvicinarsi alla parete. In questo modo, se non si hanno informazioni sul vento, una corrente discendente può essere evitata non appena si manifesta, interrompendo l'avvicinamento. Si dovrebbe sempre volare lungo un versante dal lato sopravvento per sfruttarne le correnti ascendenti. In assenza di vento un versante soleggiato da qualche ora è sempre interessato da correnti ascendenti. Per la dissimmetria nelle sensazioni è preferibile avere il versante sulla nostra sinistra, specialmente se devono essere eseguite delle osservazioni, compatibilmente con la direzione del vento, che è sempre meglio avere in prua. Inoltre questa posizione facilita una virata di allontanamento dalla montagna che, con l'elicottero, richiede meno potenza se effettuata verso destra. Durante il volo lungo un versante molto ripido si deve fare attenzione alle possibili collisioni contro uno sperone di montagna sporgente, specialmente dopo una curva della valle o passando da zone di luce a zone di ombra. Se si vola verso monte a scopo ricognitivo, la manovra successiva dovrà consistere in una virata di 90° che sarà seguita, dopo la ricognizione, da un'altra virata di 90°, sempre nello stesso senso, per riprendere la rotta di ritorno. Volando in basso Il volo vicino al terreno Volando più vicini al terreno si ha la sensazione di una maggiore velocità. Questo può accadere, ad esempio, nel superare una cresta. Se il terreno è in pendenza, mantenendosi in volo orizzontale, col variare dell'altezza si ha la sensazione di una variazione di velocità. Volando verso valle sembra che la velocità diminuisca, mentre volando verso monte sembra che aumenti. Questa sensazione, unita alla maggiore altezza dell'orizzonte apparente, può indurre ad assumere un assetto cabrato con una pericolosa riduzione della velocità. E’ superfluo raccomandare una particolare attenzione agli ostacoli . Le linee di alta tensione che corrono in fondo alla valle , una volta che se ne conosca la presenza per essersene preventivamente informati o perché siano state identificate, possono essere tenute d’occhio nel loro percorso seguendo i tralicci, molto più visibili dei cavi. Il superamento di una linea Alta Tensione va effettuato sulla verticale dei tralicci che ne costituiscono i punti più alti. Quando le linee alta tensione attraversano una valle, vi sono necessariamente dei tralicci situati su ogni spartiacque, che risaltano contro il cielo per chi voli a bassa quota. Il volo nelle valli Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 32 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Il volo entro una valle larga, se a bassa quota e quindi al di sotto della linea delle creste che la fiancheggiano, presenta alcune difficoltà. La mancanza dei riferimento dell'orizzonte reale, della completa libertà nelle manovre, la presenza di ostacoli scarsamente visibili per la mancanza di contrasto con il fondo, richiedono una condotta di volo particolarmente attenta. Il volo lungo una valle stretta presenta difficoltà molto maggiori : dal lato meteorologico agisce in misura più notevole l'effetto Venturi di canalizzazione del vento, con un forte incremento della sua velocità, per il motivo già indicato a proposito dei valichi; aumentano soprattutto le limitazioni di manovra, sia a scopo operativo, sia in caso di emergenza per mancanza di spazio. Anziché volare nel centro della valle, è meglio mantenersi dal lato delle correnti ascendenti o, comunque, del versante soleggiato, senza tuttavia accostarsi troppo per il pericolo di cavi di teleferiche provvisorie non segnalate . Nel volo sui fianchi di una valle, il versante soleggiato è il migliore perché vi sono correnti ascendenti ed è in luce, quindi con visibilità migliore; volando lungo il versante soleggiato, si è anche sopravvento e, nel caso si debba fare una virata di inversione, questa si effettua controvento (il vento proviene infatti dal versante opposto), quindi il raggio della virata è ridotto, e questo è un vantaggio notevole in una valle, specialmente se non è molto larga. Occorre fare frequente riferimento agli strumenti e controllare soprattutto la velocità vera. Quando vi sia possibilità di scelta è consigliabile percorrere una valle dalla sorgente allo sbocco, cioè in discesa. Il volo verso valle Nel volo verso valle si ha la sensazione che l'orizzonte apparente sia più basso dell'orizzonte reale, e si è portati ad assumere una linea di volo picchiata, facendo aumentare la velocità. L'inconveniente non è irrilevante, e in montagna si ha una sensazione di sicurezza quando il terreno che sta davanti a noi è più basso della nostra quota. In questo caso, mantenendosi in volo livellato con saltuari controlli degli strumenti, l'altezza dal terreno aumenta, si ha la sensazione di vederlo scorrere meno rapidamente e pertanto si è indotti ad aumentare la velocità. Volare verso valle è abbastanza distensivo, per il solo fatto che non vi sono rilievi più alti da superare. Il volo verso monte Nel volo verso monte l'orizzonte apparente è più alto dell'orizzonte reale; si ha la sensazione di avere un assetto picchiato e quindi si è portati ad assumere una linea di volo cabrata facendo diminuire la velocità. E’ opportuno un frequente controllo degli strumenti, e questo potrà consentire di stabilire un punto caratteristica del terreno che corrisponda all'orizzonte reale. Per non essere eccessivamente vincolati agli strumenti, si può anche procedere a vista, percorrendo lunghi gradini, e cercando un nuovo punto di riferimento quando l'altezza ci sembra scarsa, ma tale procedura richiede molta esperienza. Si deve tenere presente che, in volo orizzontale, se l'altezza dal terreno diminuisce, si ha la sensazione di vederlo scorrere più velocemente. Interpretando questa sensazione come un aumento della velocità effettiva, si è portati a ridurla; questo errore può essere pericoloso, tanto più se dovesse presentarsi una improvvisa discendenza. E indispensabile non superare il punto oltre il quale la larghezza della valle non consente una virata di 180°, a meno che non si sia al corrente dell'esistenza di un valico ben noto per passare in un'altra valle che sia altrettanto ben conosciuta. Sia nel caso di volo verso valle, sia verso monte, ed in ogni caso su terreno con pendenza, è necessario non ricavarne false deduzioni circa la velocità apparente e controllare la IAS, velocità indicata, prima di effettuare manovre correttive. Vedremo l'importanza di queste sensazioni errate trattando delle manovre di atterraggio . Il volo su zone innevate Nel volo su zone innevate, effettuando passaggi a quota molto bassa è possibile che, in Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 33 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale condizioni di neve farinosa, si abbia un certo sollevamento di neve per l'azione del rotore principale; tuttavia non dovrebbe derivarne alcun disturbo se si ha una sufficiente velocità di traslazione. Occorre fare attenzione nel passaggio da zone di luce a zone di ombra per la repentina impossibilità di valutare esattamente altezze e distanze. Anche in situazioni di visibilità ridotta o semplicemente con cielo coperto , è difficile valutare altezze e distanze a causa della uniformità del fondo e della mancanza di punti di riferimento , ma a differenza del passaggio da luce ad ombra di cui si è detto prima non vi è l'improvviso cambiamento delle condizioni e si è già verificato un certo adattamento. ATTERRAGGIO E DECOLLO DEGLI ELICOTTERI Effetti sulle prestazioni e scelta delle aree di atterraggio Nell'attività di volo in montagna è necessario tenere presenti le limitazioni che subentrano in dipendenza della altitudine e del carico. La conformazione del terreno in montagna riduce in misura molto più modesta, per l'elicottero, le possibilità di reperire una zona idonea all'atterraggio, anche nei casi di atterraggi precauzionali o di emergenza reale. E’ necessario che la superficie non sia in eccessiva pendenza né troppo ristretta. La pendenza eccessiva è pericolosa durante le manovre per la possibilità di urto del rotore principale o della coda col terreno, ed è pregiudizievole per la stabilità dell'elicottero, una volta che sia a terra. In una zona troppo ristretta le limitazioni e le difficoltà derivano dal fatto di dover eseguire un avvicinamento ripido, a causa dello spazio ridotto nella zona circostante il punto d’atterraggio, e con una limitata disponibilità di potenza. La quota di tangenza Nell'attività di volo « fuori campo » vi sono molte circostanze che richiedono atterraggi e decolli nelle zone montuose, oppure 1’effettuazione dell'hovering (volo stazionario o a punto fisso) con o senza effetto suolo: ad esempio lo scarico o la sistemazione in loco di materiale, operazioni di soccorso in luoghi impervi o dove non è possibile atterrare. Pertanto è indispensabile per il pilota conoscere sino a quale altitudine potrà effettuate tali manovre. Questo elemento può essere preventivamente ricavato dal manuale di volo, che riporta tabelle o grafici che forniscono l'altitudine di tangenza in volo stazionario, con e senza effetto suolo (IGE = In Ground Effect; OGE = Out Ground Effect) in funzione della quota barometrica, della temperatura e del carico. Controllo della potenza Qualora il pilota non fosse a conoscenza dell'altitudine, variabile con il carico, sino alla quale la potenza disponibile gli consente di effettuare l'hovering in effetto suolo, la potrà anche determinare con procedure pratiche. Il controllo della potenza può essere effettuato sulla verticale del punto di atterraggio con le seguenti modalità : Per elicotteri con motore a turbina: - seguire le norme stabilite dal manuale di volo del tipo di elicottero. Un altra procedura pratica consiste nell'effettuare l’hovering fuori effetto suolo alla stessa altitudine del punto di atterraggio in una zona di sicurezza, ad esempio in una valle ove, in caso di necessità, sia agevole una traslazione discendente. Se l'elicottero dispone di potenza sufficiente in tale condizione, hovering fuori effetto suolo = altimetro variometro e anemometro a zero) a maggior ragione sarà possibile l’hovering in effetto suolo. E anche qualcosa di più, perché una regoletta empirica dice che l’hovering in effetto suolo è possibile sino ad una altitudine uguale a quella della prova pratica effettuata fuori effetto suolo: - aumentata di 1.500 ft per gli elicotteri con motore a pistoni; Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 34 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale - aumentata di 1.700 ft per gli elicotteri con motori a turbina. Nella effettuazione della prova occorre tener conto dell'eventuale vento in prua che facilita la manovra. Distanza di decollo Se la manovra deve essere eseguita entro spazi limitati, sarà necessario consultare le tabelle che forniscono la distanza di decollo necessaria per superare un ostacolo di 50 ft e la massima velocità con salita nelle diverse condizioni di altitudine-pressione, temperatura e carico. Gli atterraggi precauzionali Prima di entrare nell'argomento delle procedure per effettuare un corretto atterraggio vorremmo accennare al problema degli atterraggi precauzionali. Nel campo della sicurezza del Volo un elemento essenziale a favore dell'elicottero è la sua capacità di atterrare pressoché ovunque. Un’analisi accurata e condotta per un periodo sufficientemente lungo ha dimostrato che aumentando il numero degli atterraggi precauzionali si veniva a ridurre il numero degli incidenti. Questo non significa che un elevato numero di incidenti è causato da uno scarso numero di atterraggi precauzionali, ma si può affermare che in un periodo in cui si compiono rivolti atterraggi precauzionali ci si può attendere una diminuzione degli incidenti. Le segnalazioni d’atterraggi precauzionali indicano come motivo della loro effettuazione l'accensione di una spia o che il pilota aveva avuto la sensazione che qualcosa non funzionasse. Per contro si hanno anche segnalazioni che riferiscono di incidenti avvenuti perché il pilota avrebbe potuto, e forse anche dovuto, effettuare un atterraggio precauzionali, ma non l'aveva fatto. L'orgoglio professionale, l'impegno di svolgere il proprio lavoro, il desiderio di rientrate alla base, l'idea che le spie si accendano talvolta senza motivo non giustificano un incidente che si sarebbe potuto evitare. Un atterraggio precauzionale deve essere effettuato prima che la situazione peggiori al di là della possibilità del pilota di controllarla. Ricognizione delle aree di atterraggio La ricognizione delle aree di atterraggio per gli elicotteri prevede tre tempi: ricognizione generale o alta, ricognizione particolare o bassa e ricognizione a terra per il successivo decollo. Ricognizione alta Lo scopo della ricognizione alta è di rendersi conto della situazione della zona, delle sue condizioni generali, della sua complessiva idoneità all'atterraggio ed al successivo decollo. In linea di massima non si deve atterrare in un'area ristretta se non si è sicuri di poterne uscire, tenendo conto che la potenza necessaria al decollo è maggiore di quella per l'atterraggio. Nel corso di tali manovre occorre controllare continuamente la direzione del vento, la sua velocità e la temperatura, considerando che questa può aumentare avvicinandosi al suolo. La ricognizione deve essere effettuata ad una altezza tale da poter acquisire con sufficiente accuratezza gli elementi che interessano, ma anche da consentire una autorotazione a 180° in condizioni di sicurezza in caso di avaria nel tratto sottovento. Generalmente l'altezza è compresa tra i 600 ed i 1.000 ft sopra l'ostacolo più alto entro un raggio di 300 metri, in funzione del tipo di elicottero. Sia l'altezza dal terreno, sia la distanza dai versanti e dalle pareti dei rilievi circostanti deve essere tale da non subire l'influenza dinamica del vento. Il percorso deve essere circolare, a velocità leggermente minore di quella di crociera, comunque non inferiore a 40-60 kts a seconda del tipo di elicottero, per rendere piú facile la condotta del volo, poter effettuare virate a minore inclinazione e agevolare l'osservazione, evitando la tendenza a volare sulla verticale. Un angolo di osservazione di circa 45° consente di valutare bene gli elementi da acquisire che sono: la situazione della zona e sua idoneità complessiva per l’atterraggio; le caratteristiche dell’area di atterraggio; Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 35 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale - la presenza di ostacoli maggiori e la loro natura; le zone di passaggio la luce a ombra; l'andamento dell'orografia circostante; la direzione e intensità del vento. In dipendenza degli elementi osservati si deve stabilire: - il circuito per la ricognizione bassa; - il circuito di atterraggio; - la direzione di avvicinamento (sempre contro vento); - il punto di atterraggio; - la procedura per il successivo decollo. La direzione di avvicinamento dovrebbe essere controvento, ma se il vento è debole si può scegliere quella più sicura in relazione al terreno ed agli ostacoli. L'avvicinamento deve essere pianificato in modo da lasciare la possibilità di interromperlo in qualsiasi momento, meglio se lungo un leggero declivio, senza ostacoli di fronte in modo da non dover guadagnare quota. Quando è possibile, il pilota dovrebbe scegliere un punto d’atterraggio su una zona, anche piccola, leggermente più elevata di quella circostante, così da poter impostare il sentiero d’avvicinamento secondo la migliore direzione e pendenza, subordinandolo solamente al vento; inoltre non vi saranno ostacoli molto vicini e potrà disporre d’ogni possibilità di riattaccata e di decollo. Se non vi sono correnti discendenti, un avvicinamento piatto è conveniente perché richiede il minimo passo collettivo per l'arresto in hovering, non essendovi spinta discendente da ammortizzare. Dato che la turbolenza e le correnti verticali aumentano con il vento, è valida la regola per la quale l'angolo di avvicinamento deve essere aumentato in proporzione alla velocità del vento. In caso di vento fortissimo si può giungere ad un avvicinamento quasi verticale per essere certi di trovarsi sempre sul punto di atterraggio prestabilito. Come sempre la discesa può essere ripida, ma non deve mai essere rapida. Per evitare un’eccessiva variazione dell'assetto nel portare l'elicottero sull'hovering la velocità deve essere ridotta gradualmente, tuttavia senza mai scendere al di sotto di quella stabilita per l'avvicinamento, sino a quando vi è la certezza di non incontrare correnti discendenti e di raggiungere sicuramente il punto d’atterraggio. Occorre cercare di arrivare in un basso hovering, per evitare la possibilità di stallo delle pale (overpitching) nel quale si potrebbe incorrere nel tentativo di non arrivare oltre il punto d’atterraggio. Localizzata ed inquadrata l'arca, il punto di toccata deve essere fissato nell'ultimo terzo dell'arca stessa, per poter utilizzare nel modo più conveniente lo spazio disponibile nell'ultima parte del finale e disporre di una maggiore quota di sicurezza in presenza di ostacoli. Ricognizione bassa Lo scopo della ricognizione bassa, è di verificare tutti gli elementi osservati durante la ricognizione alta per averne una conferma o una modifica, e di acquisire quelli che interessano più direttamente la manovra d’atterraggio ed il successivo decollo. La ricognizione bassa si può effettuare per gradini successivi tenendo sempre presenti le distanze di sicurezza tenendo sempre presenti le distanze di sicurezza e senza mai precludersi la possibilità di una rotta di scampo. Prima di scendere di un gradino occorre chiedersi da dove si potrebbe « uscire ». L'altezza del volo all'ultimo gradino della ricognizione bassa non dovrebbe essere inferiore ai 300 ft sopra l'ostacolo piú alto, e gli elementi da acquisire sono: tutti quelli osservati durante la ricognizione alta per averne conferma; ed inoltre, in particolare: la presenza di ostacoli minori, come macigni, cavi, arbusti; Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 36 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale la correzione e il tipo di avvicinamento; il punto di atterraggio ed i particolari della pendenza e della natura del terreno nel punto di atterraggio; la procedura di riattaccata; la direzione di decollo; il controllo della potenza disponibile. Procedure standard Nel primo tratto di circuito sino al sottovento il pilota controlla direzione e velocità del vento e data la forma circolare del percorso, la deriva può dare indicazioni complete sui moti dell'aria. Un altro tipo di procedura, consigliabile quando si debba affrontare un atterraggio difficoltoso per sfavorevoli condizioni orografiche e la limitata riserva di potenza, può essere quello che comprende la ricognizione alta e la ricognizione bassa. L’orientamento del circuito è determinato dal vento stimato , nella ricognizione alta è opportuno effettuare un controllo della potenza disponibile. Data la premessa circa le difficili condizioni di atterraggio è opportuno l’impiego di fumogeni sul posto prescelto, che dovrà essere libero dal fumo al momento della manovra. Se la potenza è al limite di quella necessaria per l'arresto in hovering in effetto suolo, il pilota dovrà preventivare un atterraggio diretto, ma se dopo il terreno non dovesse consentire un decollo strisciato si dovrà prevedere un alleggerimento del carico. Se la potenza disponibile è inferiore a quella necessaria si potrà effettuare un atterraggio e decollo strisciati solamente dopo aver accertato l'assenza di ostacoli e le favorevoli condizioni del fondo. Questa non è una manovra corrente e dovrebbe essere riservata ai casi di estrema necessità. Falso avvicinamento Prima dell'atterraggio si deve effettuare un percorso di prova del circuito stabilito ad una altezza compresa tra 600 e 800 ft a seconda del tipo di elicottero, completo di un falso avvicinamento e riattaccata per un controllo finale degli ostacoli, del vento e dei punto di toccata. E’ opportuno il lancio di fumate per avere una più precisa conferma del vento. Accertata definitivamente l'agibilità della zona si procede all'atterraggio riportandosi nel circuito già provato, tenendo presente che, nel caso insorgessero difficoltà, occorre essere preparati a concludere con un avvicinamento diretto o con una riattaccata. Durante l'avvicinamento finale i movimenti sui comandi non devono essere bruschi, perché possono portare ad una perdita di giri del motore, e si deve tenere una velocità inferiore a quella usuale per le quote più basse, per non avere una velocità eccessiva in vicinanza del suolo. Atterraggio L'atterraggio dovrebbe essere effettuato con fermata in effetto suolo, limitando al massimo gli spostamenti del velivolo alla ricerca del punto migliore, perché, date le possibili irregolarità del terreno il rotore di coda potrebbe urtare contro qualche rilievo. Occorre essere pronti ad un atterraggio diretto, sempre che non vi siano dubbi sulla consistenza del terreno, qualora sorgessero difficoltà, nell'effettuare un hovering, dovute a forte sollevamento di polvere, a turbolenza improvvisa o a potenza insufficiente. Molta attenzione va rivolta al terreno erboso, specialmente se l'erba è alta, perché potrebbe nascondere delle acque superficiali e rivelarsi troppo cedevole, cosí come potrebbe accadere per le zone innevate; la consistenza della superficie va saggiata con precauzione, abbassando il collettivo gradualmente. Quando tutto il collettivo è abbassato, lenti e cauti movimenti del ciclico su 360° servono per controllare la stabilità dell'elicottero. Operando sul terreno o nelle sue vicinanze, si deve usare molta attenzione perché la zona in cui si possono produrre dei danni è molto ampia. Occorre evitare un assetto cabrato per non urtare la coda contro il terreno e guardarsi da ostacoli prominenti dal suolo ( arbusti, macigni,ecc). Ricognizione a terra Una volta a terra la ricognizione ha lo scopo di esaminare tutti gli elementi necessari alla Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 37 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale effettuazione di un decollo in sicurezza e di scegliere il punto iniziale. Questo dovrà essere stabilito in modo che il rotore di coda sia a distanza di sicurezza (almeno 3 - 4 metri) dagli ostacoli sottovento, per evitare urti in caso d’errori manovra, raffiche o turbolenza. Gli elementi da determinare sono: La possibilità di movimento dell'elicottero nella zona, compatibilmente con le limitazioni costituite dagli ostacoli, facendo particolare attenzione a quelli che potrebbero interessare il rotore di coda, e che è opportuno indicare con segnali visibili da bordo, cui fare riferimento per effettuare eventuali manovre in prossimità del suolo; La direzione e velocità del vento; L'altezza degli ostacoli circostanti. In funzione del vento e degli ostacoli si dovrà stabilire il punto iniziale, la direzione ed il tipo del decollo. Decollo Dopo essersi portati in hovering nel punto iniziale per il decollo, la salita deve essere effettuata in modo da consentire un sicuro superamento degli ostacoli, senza tuttavia essere più ripida del necessario, in modo da non dover impiegare una eccessiva escursione del collettivo e disporre di una maggiore riserva di potenza in caso di necessità. Una volta superati gli ostacoli si può assumere l'assetto di una salita normale. Atterraggio e decollo in condizioni particolari Quale che sia la dislocazione della zona d’atterraggio, si devono considerare due condizioni particolari determinate dalla pendenza del terreno o dalla ristrettezza dell'area; in queste circostanze occorre adottare particolari accorgimenti. Atterraggio su terreno in pendenza Se il terreno ove l'elicottero andrà ad appoggiarsi è in pendenza, questa non deve essere maggiore dell'80 -10% (inclinazione 5°). L'asse longitudinale dell'elicottero a terra dovrà essere orizzontale, e quindi risultare perpendicolare alla linea di massima pendenza. Il collettivo deve essere abbassato lentamente, e quando il pattino a monte tocca il terreno, una leggera pressione sul ciclico verso monte eviterà che l'elicottero scivoli lateralmente prima di appoggiare anche l'altro pattino. Le azioni sui pedali devono essere ben coordinate con le variazioni di potenza per evitare rotazioni della coda, ed il regime motore-rotore deve rimanere nel campo operativo sino a quando il collettivo non sia del tutto abbassato, per essere pronti a riportarsi in hovering (in effetto suolo) in caso di necessità. Se nel prendere contatto col terreno si notassero vibrazioni, è probabile che la pendenza sia stata mal valutata e risulti eccessiva. Quando l’elicottero è completamente appoggiato, il ciclico dovrà essere in posizione verticale in modo che il rotore ruoti in un piano orizzontale. Con il terreno in pendenza , si deve prestare attenzione : Al ribaltamento dell’elicottero ( dynamic rollover) che si può determinare quando il rotore ha una inclinazione laterale anche modesta ed intervenga un vento di traverso dalla parte alta del rotore. Il ciclico deve essere in posizione neutra; Allo scivolamento dell'elicottero a valle; Alla possibilità di urti del rotore contro la coda (blade strike) qualora si tocchi il terreno prima con la parte posteriore dei pattini, per aver effettuato un atterraggio verso valle secondo la linea di massima pendenza valutandola non rilevante. Decollo da terreno in pendenza Il collettivo deve essere sollevato lentamente e nello stesso tempo si deve esercitare una leggera pressione sul ciclico verso monte per evitare che l'elicottero scivoli. Sollevato il pattino a valle, il ciclico deve essere in posizione neutra quando l'elicottero è livellato. Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 38 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Atterraggio in area ristretta Un'area ristretta può essere costituita da una radura nel bosco, o da una zona circondata da ostacoli piú o meno alti. Altre aree ristrette possono essere le cime isolate, le creste, i pinnacoli. Gli ostacoli impongono l'angolazione del sentiero di discesa, che in queste condizioni sarà sovente ripido, ma non si dovrà mai effettuare un avvicinamento più ripido di quanto consentito. Il vento in prua condiziona in larga misura l'avvicinamento: se è di intensità moderata il vantaggio è notevole, a condizione che sia teso (velocità costante), perché consente di mantenere un'alta velocità all'aria ed una bassa velocità al suolo. Improvvise variazioni in diminuzione della velocità possono risultare molto pericolose, venendo a mancare il suo apporto alla TAS, velocità vera, in condizioni di bassa traslazione e a poca altezza dal suolo. Per l'atterraggio in un'area ristretta valgono, a maggior ragione, tutte le inclinazioni già date prima per gli atterraggi. Decollo da area ristretta Valgono tutte le regole generali già citate, ed in particolare quella di effettuare la salita meno ripida possibile. Altre aree ristrette sono i pinnacoli, le cime isolate, le creste ', che vengono trattare più avanti, non esistendo, per queste, le limitazioni dovute a ostacoli vicini. Dislocazione delle aree di atterraggio Dato che nelle zone montuose le aree di manovra possono presentarsi, per gli elicotteri, sotto gli aspetti più diversi per conformazione orografica, presenza di ostacoli e natura del terreno, è bene esaminare le differenti tecniche da adottare nei casi più caratteristici. Sostanzialmente le zone di atterraggio possono essere suddivise in tre gruppi : Zone basse, come valli e conche; Zone medie, come terrazzi e cenge; Zone alte, come pinnacoli, cime isolate, creste. Il terzo gruppo, impraticabile per l’ala fissa, offre le maggiori possibilità di una riattaccata. Una categoria a parte è costituita dai ghiacciai e superfici innevate. Deve essere ben chiaro che le difficoltà dipendenti dagli elementi legati alla zona sono in genere superabili dopo aver effettuato le ricognizioni alta e bassa. La complicazione più rilevante può invece essere costituita dalla presenza di un vento abbastanza forte (superiore a 20-25 nodi) che provoca correnti discendenti, vortici e turbolenza, in posizioni e di intensità diverse a seconda della conformazione orografica. Questo è l'elemento che richiede l'esame più accurato. Zona situata in una valle o in una conca Questa arca di manovra non presenta particolari difficoltà se la valle è abbastanza larga. Se invece la valle è stretta e i versanti piuttosto ripidi si presentano notevoli difficoltà di accesso e di riattaccata a causa della unica direzione di avvicinamento e di scampo che diviene obbligata. Una volta scesi al disotto delle creste, le possibilità di manovra dell'elicottero sono limitate, e la condotta del volo diviene difficile a causa delle sensazioni ingannevoli dovute, ad esempio, alla mancanza di un orizzonte reale ed agli effetti delle zone di luce e di ombra. Le condizioni meteorologiche nei riguardi dei movimenti dell'aria possono cambiare da un punto ad un altro per le influenze di uno sperone roccioso, dello sbocco di una valle secondaria, del riscaldamento di un versante soleggiato rispetto ad uno in ombra. Si dovranno applicare tutte le regole già indicate per le manovre in un'arca ristretta. La ricognizione bassa deve subire modifiche ed adattamenti rispetto allo standard che devono essere studiati a seconda delle circostanze relative alla conformazione del terreno ed ai moti dell'aria. In questo caso può essere adatta la seconda delle procedure standard indicate, coli il «biscotto» orientato in direzione della valle, se non vi sono difficoltà dovute al vento. Come sempre l'atterraggio e il decollo, quando il vento, come spesso accade, è orientato Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 39 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale secondo la direzione della valle, devono essere effettuati contro vento. In assenza di vento la scelta della direzione è condizionata unicamente dalla conformazione del terreno. E’ indispensabile conoscere esattamente la disponibilità di potenza per il decollo, poiché non vi sono procedure alternative per ovviare ad una potenza insufficiente. Zona situata nella testata di una valle Le aree di manovra situate all'inizio di una valle, ossia alla «sorgente», pongono ulteriori limitazioni e, a maggior ragione, devono essere considerate aree ristrette. Essendo di norma molto forte la pendenza del terreno verso monte, è necessario che l'avvicinamento sia effettuato in questo senso mentre il decollo dovrà avvenire in senso contrario, cioè verso valle. L'agibilità finisce per essere completamente condizionata dal vento. Nel caso in cui il vento spiri da valle a monte ed il terreno a monte abbia notevole pendenza, l’atterraggio è sconsigliabile poiché non vi è la possibilità di una riattaccata. In questo caso, poiché le testate delle valli sono generalmente ad altitudine elevata, è necessario essere certi di disporre di una riserva di potenza prima di iniziare l’avvicinamento. Quando si tratti di semplici brezze di valle (intensità molto modesta) l'atterraggio è possibile, purché venga usata una certa prudenza, soprattutto nel valutare la possibilità di una riattaccata con inversione di rotta, sempre che la larghezza della valle lo consenta, e determinando preventivamente il punto limite. per questa manovra. Zona situata su un terrazzo a mezza costa La caratteristica principale di questa area è la sua posizione a ridosso di un versante che può trovarsi sopravvento o sottovento, senza escludere che il flusso possa essere parallelo al versante. Se la terrazza si trova sopravvento le condizioni sono favorevoli perché siamo in presenza di correnti ascendenti. Se è situata sottovento la posizione è alquanto critica: la presenza di correnti discendenti, di vortici ad asse orizzontale che, proprio in corrispondenza della terrazza, assumono una certa rilevanza, sconsigliano l'uso di tale area. La ricognizione bassa deve essere effettuata con percorso a «otto» che comprenda anche degli avvicinamenti simulati, con il vantaggio di acquisire elementi precisi per l'impostazione dell'atterraggio. La direzione di avvicinamento deve formare un angolo di circa 30° con la parete che limita la terrazza, sempre mantenendo una componente di vento in prua. Data la conformazione del terreno è consigliabile un avvicinamento ripido ed un decollo normale o «saltato», sempre con il vento in prua. Zona situata su una cengia La cengia è una piccola area pianeggiante, a mezza costa, delimitata a monte da pareti quasi verticali; si può dire che sia idonea a consentire una sosta più che un atterraggio. La ricognizione, deve essere effettuata con procedura simile a quella stabilita per un'area situata a mezza costa (percorso a «otto»); l'avvicinamento deve essere piuttosto piatto e sempre con un angolo di circa 30° rispetto alla montagna. La cengia può avere dimensioni talmente scarse da non consentire all’elicottero di appoggiarsi su entrambi i pattini, poiché incombe il pericolo gravissimo di interferenza del rotore principale con la parete a monte. Per questo motivo è indispensabile avere l’assoluta certezza di disporre di potenza sufficiente a mantenersi in hovering fuori effetto suolo in quanto, data la precarietà dell'appoggio, la maggior parte del flusso del rotore sfugge fuori della cengia e non si può fare affidamento sull’effetto suolo. E altresì necessario che le condizioni meteorologiche non intervengano a complicare una manovra già di per sé estremamente difficoltosa. Occorre che non vi sia alcuna turbolenza e, se non in ideali condizioni di calma, che il vento sia, almeno, di direzione costante e di intensità modesta, senza raffiche. Se l'avvicinamento richiede il massimo dell’attenzione , non è neppure da trascurare la manovra di decollo, che sarebbe più appropriato chiamare di allontanamento. Esso deve essere Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 40 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale iniziato con una traslazione laterale ( asse longitudinale dell’elicottero parallelo alla parete) onde evitare possibili collisioni della coda qualora si accennasse ad una rotazione dell’elicottero verso valle. Dall’inizio alla fine dell’operazione l’attenzione deve essere costantemente rivolta a valutare la distanza del rotore e della coda dalla parete. Le manovre su un’area del genere devono essere effettuate solamente in caso di assoluta necessità (missioni di soccorso), poiché richiedono un livello avanzatissimo di addestramento essendo le più difficili in assoluto. Basti pensare che, appoggiato ad un solo pattino, l’elicottero è per metà in effetto suolo e per l’altra metà nel vuoto. Come si è già accennato, in questo caso è indispensabile la collaborazione del secondo pilota e dello specialista . Del resto è improbabile che un solo pilota vada ad eseguire tali manovre su una cengia poiché non potrebbe svolgere contemporaneamente un altro compito utile. Zona situata su un pinnacolo o una cima isolata Queste aree , di superficie abbastanza ridotta, sono situate ad un livello decisamente superiore a quello della zona circostante e delimitate da un terreno scosceso. Se il vento è debole, una alture costituisce un ottimo punto di manovra; anche l’effetto di un vento più forte può essere controllato data la disponibilità di spazio, e per il decollo non vi è urgenza di guadagnare quota, ma di allontanarsi dal rilievo per evitare la turbolenza che sovente lo circonda. Qualora la superficie sia ridottissima e le pareti quasi a picco , sicché si può a ragione parlare di un pinnacolo, occorre tener conto delle sensazioni di vertigine cui può dar luogo. Il vento è il principale elemento da considerare per la turbolenza e per le correnti che ne conseguono. Ricordiamo che l’altezza d’influenza di una cima isolata è di circa un terzo dell’altezza della cima rispetto al terreno circostante. Se il vento è debole o moderato si può anche impostare un avvicinamento diretto controvento, tenendo conto che, per l’effetto Venturi, aumenta di intensità vicino al suolo. L’angolo del sentiero di discesa sarà normale con vento debole, più ripido con vento moderato, anche se gli ostacoli e le dimensioni dell’area potrebbero permettere un avvicinamento normale. Le ricognizioni alta e bassa, nel caso delle cime isolate e dei pinnacoli, servono principalmente ad accertare gli elementi del vento. Qualora vi sia forte vento (superiore a 20-25 nodi) è da presumere la presenza di un settore dell’ampiezza di circa 90° sottovento ove si hanno forti correnti discendenti, vortici ad assi obliqui e turbolenza. opportuno effettuare dei passaggi circolari intorno alla cima per accertare l'esatta posizione dei limiti del settore. Supposta la direzione del vento , nella posizione sopravvento si nota un aumento della velocità al suolo; nel punto sottovento hanno inizio vibrazioni dovute alla turbolenza ed ai vortici che persistono sino al punto centro valle sottovento ; in questo tratto è necessario aumentare la potenza ed il collettivo per mantenere assetto e quota; oltre il punto sottovento si può notare una diminuzione della velocità al suolo e si deve ridurre potenza e collettivo. Appena fuori del settore dei vortici sottovento si trovano le migliori direzioni di avvicinamento, al termine del quale sì dovrà orientare l'elicottero esattamente con il vento in prua. L'avvicinamento e l'atterraggio su una cima isolata o un pinnacolo sono pertanto molto più condizionati dalla presenza del vento che non dalle dimensioni della zona di atterraggio o da qualche ostacolo. Per il decollo da una cima isolata, in presenza di vento, si deve acquistare la maggiore velocità di traslazione possibile per allontanarsi dal pendio. A volte, quando la potenza disponibile è inferiore alla potenza necessaria per un decollo normale, se vi è spazio sufficiente si può effettuare un decollo strisciato. Si può anche effettuare un decollo saltato dal ciglio della cima, portando i giri al massimo, agendo con decisione sul collettivo per staccare l'elicottero da terra e portando Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 41 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale immediatamente il ciclico avanti per acquistare velocità approfittando della pendenza del terreno. Subito dopo si deve abbassare il collettivo per recuperare i giri perduti all'inizio del decollo, data la poca potenza disponibile. Quando la manovra deve essere effettuata su un pinnacolo, quindi con pareti molto ripide, l'effetto del vento si manifesta più intensamente, anche con vortici ad asse quasi verticale; la turbolenza sottovento è accompagnata da correnti discendenti non ben definite e piuttosto discontinue. La procedura è la medesima descritta per le cime isolate, ed in questo caso sarà tanto più opportuno procedere ad una ricognizione con passaggi circolari intorno alla sommità del pinnacolo. Zona situata su una cresta Per cresta si intende linea ove si congiungono due versanti montuosi opposti ed abbastanza ripidi. La cresta può riguardare una catena di montagne che separa due valli ed avere un notevole sviluppo in lunghezza; in altri casi riguarda un rilievo isolato dalla forma molto allungata. In altri termini si possono avere creste, molto lunghe o abbastanza corte, con effetti diversi sul vento. La catena montuosa implica una altezza di influenza pari a circa il triplo dell'altezza delle creste rispetto al terreno, cioè di ben nove volte maggiore di quella di una cima isolata. Mentre per una cima isolata la direzione del vento non ha alcuna importanza per quanto concerne gli effetti, per una catena montuosa questi sono diversi secondo che il vento sia parallelo o perpendicolare al rilievo, ed in questo caso essi raggiungono la massima intensità. Con vento in direzione perpendicolare alle creste nella ricognizione bassa non si devono effettuare passaggi in direzione perpendicolare alle creste ancorché contro vento. Si dovrà eseguire un avvicinamento obliquo, con una angolazione rispetto alla linea delle creste di circa 45°, preferibilmente da sinistra per avere lo spazio per una virata di evasione a destra. Con vento in direzione parallela alle creste si può effettuare l'avvicinamento lungo la linea della cresta, ovviamente con vento in prua. Le procedure non sono diverse da quelle già descritte per la cima isolata, purché venga tenuta presente la maggiore intensità dei vortici e la notevole altezza d'influenza della catena montuosa. Se la cresta è piuttosto corta, tanto da poterla considerare una cima isolata con un certo sviluppo in lunghezza, occorre considerare due differenti procedure a seconda della direzione del vento. Con vento perpendicolare alla cresta l'avvicinamento deve essere parallelo alla linea della cresta e con l'atterraggio, a metà circa della cresta stessa, dopo una virata di 90° per avere il vento in prua. Con vento perpendicolare alla cresta l’avvicinamento deve essere parallelo alla linea di cresta e con l’atterraggio, a metà circa della cresta stessa, dopo una virata di 90° per avere il vento in prua. Con vento parallelo, o quasi, alla cresta l’avvicinamento deve essere controvento, con una angolazione di circa 30° rispetto all’asse della cresta, lasciandola a destra o a sinistra a seconda del vento, ed effettuando l’atterraggio sulla destra o a sinistra a seconda del vento, ed effettuando l’atterraggio sulla estremità più lontana del rilievo, nella zona sopravvento. L'angolo del sentiero di discesa sarà come sempre, da normale a piatto con vento debole e ripido in proporzione con vento forte. Il decollo deve essere effettuato controvento, e se la riserva di potenza disponibile non è sufficiente per un decollo normale, si potrà effettuare un decollo a salto dopo aver valutato la situazione relativa al vento, al terreno ed agli ostacoli. Zona situata su un passo La caratteristica principale di queste aree di manovra è costituita dalla velocità del vento che viene notevolmente incrementata in corrispondenza del valico quando la sua direzione è pressoché perpendicolare alla catena di montagne. Si creano inoltre dei vortici ad asse quasi verticale nella Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 42 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale zona sottovento dove il flusso ha spazio per riprendere le sue dimensioni normali. Quando il vento spira parallelamente alla catena montuosa, sul valico si forma una zona di vortici e di turbolenza. La ricognizione alta deve tendere ad acquisire i medesimi elementi già elencati per i casi precedenti, e, tra l'altro, la ricognizione bassa deve comprendere alcuni passaggi attraverso il valico, che va sempre affrontato obliquamente. La forma a «otto» del circuito di ricognizione consente la completa osservazione dei rilievi che fiancheggiano il valico. La scelta della direzione per I' avvicinamento finale deve tener conto più della direzione del vento che della morfologia: in ogni caso dovrà avvenire dal lato sottovento della catena, in direzione obliqua ( angolo di 35-45° con la catena montuosa) preferibilmente da sinistra in modo da avere sempre a disposizione una rotta di evasione per la riattaccata. Zona situata su ghiacciai e superfici innevate L’effettuazione di queste manovre richiede le medesime procedure già descritte per l’ala fissa, ma occorre aggiungere qualche accorgimento particolare dovuto agli effetti che produce il rotore principale. Si possono usare reti da neve applicate ai pattini dell’elicottero per evitare che sprofondi, a meno che la base della fusoliera non sia piatta per consentire un appoggio sicuro. Atterraggio L’atterraggio su ghiacciai, nevai e superfici innevate può avvenire su aree non organizzate o su aree predisposte ed organizzate. Atterraggio su aree non organizzate L’atterraggio su aree non organizzate richiede i seguenti accorgimenti : a) pianificare in ogni caso, anche il più favorevole, una rotta di evasione; b) determinare, se possibile, il tipo di terreno esistente sotto la neve: la vegetazione bassa, il terreno roccioso si possono distinguere per qualche elemento affiorante o addirittura sporgente dalla superficie della neve; più difficile determinarne la natura se il terreno è a prato; c) il maggiore spessore della neve si può trovare negli avvallamenti, dove si accumula più facilmente, e nelle zone non esposte al vento; queste zone si possono utilizzare per le manovre, tenendo presente che può esservi, in superficie, uno strato di neve farinosa; d) il vento tende ad asportare la neve farinosa, quindi se vi sono delle leggere ondulazioni è probabile che sulla loro sommità sia rimasta una crosta gelata idonea per le manovre. e) in alcune condizioni di luce è difficile stimare le distanze quando manchino punti di riferimento su una superficie innevata; è necessario lanciare bandierine colorate, polveri, fumate per creare elementi di contrasto col fondo; f) l'avvicinamento e l'atterraggio sulla neve farinosa richiedono di abbreviare i tempi del volo stazionario per evitare i turbini di neve che avvolgono l'elicottero in effetto suolo e che annullano completamente la visibilità; in questo caso si deve interrompere l'atterraggio e riattaccare; risulterà utilissimo aver pianificato la rotta di scampo di cui al punto a), per potersi rivolgere al controllo strumentale dell'assetto dell'elicottero; si possono anche effettuare passaggi successivi per eliminare lo strato di neve farinosa col vento del rotore; g) per evitare l'inconveniente dovuto ai turbini di neve, è bene eseguire le manovre con una certa continuità, sia nel caso di un'arca ampia e livellata, che richiede un atterraggio diretto con piccolo angolo di discesa, sia nel caso di arca particolare, che richiede un angolo di discesa ripido; con una decelerazione lenta e progressiva si evitano variazioni di assetto longitudinale in vicinanza del suolo, l'elicottero mantiene una certa velocità di traslazione ed i turbini di neve rimangono indietro; Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 43 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale h) al momento dell'atterraggio, appena verificato il contatto con la superficie, si deve abbassare il collettivo lentamente e mantenere il numero di giri prescritto per il decollo, in modo da essere pronti in caso di cedimento della superficie nevosa; talvolta si può cercare di comprimerla con piccoli colpi verso il basso mediante il collettivo, ma è bene tenere il rotore al massimo sino a quando tutto il peso è solidamente appoggiato. Atterraggio su aree organizzate L'atterraggio su aree organizzate è evidentemente facilitato dalle segnalazioni a terra. Le raccomandazioni riguardano piuttosto il personale di manovra, che dovrebbe organizzare le aree di atterraggio nel periodo immediatamente precedente le operazioni, perché le condizioni di innevamento possono subire sostanziali cambiamenti non solo a causa di successive precipitazioni, ma anche semplicemente del vento e della temperatura, vanificando il lavoro già svolto. SOMMARIO DELLE PRINCIPALI NORME DA SEGUIRE PER IL VOLO SU TERRENO MONTAGNOSO Controllare costantemente la direzione e la velocità stimata del vento. Pianificare l'awicinamento per l'atterraggio in maniera tale che una riattacata sia sempre possibile controvento e verso valle. Se il vento è debole, scegliere per l'atterraggio la cima di una collina in modo da poter sfruttare il poco vento esistente. Far bene attenzione agli ostacoli ed in particolare ai cavi elettrici e alle teleferiche. Prima di effettuare un atterraggio in una zona sconosciuta eseguire almeno un passaggio ad alta quota ed uno a bassa quota per valutare le condizioni dell'area di atterraggio e per determinare la migliore direzione per l'awicinamento e il successivo decollo, Prima dell’atterraggio controllare la possibilità di effettuare il volo stazionario fuori effetto suolo Quando si vola in presenza di turbolenza controllare costantemente i giri rotore ricordandosi che con correnti ascendenti essi tendono a salire mentre con correnti discendenti tendono a diminuire. Evitare di volare nelle vicinanze di formazioni nuvolose e temporalesche. Evitare manovre brusche e virate accentuate. Attraversare i rilievi montani ad una quota sufficientemente alta onde evitare le correnti discendenti sul versante sottovento. Pianificare il volo in modo da sfruttare le correnti ascendenti esistenti sul versante soprawento dei rilievi. Quando possibile pianificare l'atterraggio in modo da eseguire l'awicinamento lungo la catena montuosa e non perpendicolarmente ad essa. Evitare elevate velocità di discesa durante l'avvicinamento. Prima di effettuare un volo in montagna, pianificarlo attentamente ed indottrinare adeguatamente l'equipaggio sulla missione da compiere. Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 44 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Briefing del volo in montagna Introduzione Effetti dell’altitudine sull’elicottero Diminuzione della potenza del motore Diminuzione del rendimento del rotore principale Diminuzione dell’efficacia del rotore di coda Relazione IAS – TAS Effetti dell’altitudine sull’equipaggio Anossia Vertigine Pressione psicologica Effetti dei rilievi sulle sensazioni in volo Controllo degli assetti Stima degli angoli di discesa Stima di quote e distanze Il vento Effetti del vento sui rilievi Effetti del vento sul volo dell’elicottero Tipi di avvicinamento in funzione di vento e turbolenza Avvicinamento normale Avvicinamento ripido Avvicinamento piatto Pianificazione del volo Analisi del folder meteo Piano di carico e analisi prestazioni (TOLD) Briefing all’equipaggio Condotta del volo Navigazione di avvicinamento in zona operazioni Scelta di una rotta Analisi del vento in rotta Attraversamento di rilievi e catene montuose Volo in valle Arrivo in zona operazioni Individuazione LZ e sue caratteristiche Ricognizioni e prova di potenza Avvicinamento/atterraggio Decollo Considerazioni sulle possibili condizioni di emergenza Possibili avarie Possibili emergenze – Riattaccate – Rotte di scampo Operazioni al verricello Breve descrizione dell’apparato Circuito di arrivo – Ricognizioni Circuito di recupero Avvicinamento – Radioguida dell’operatore Hovering – Filamento del cavo – Recupero Fraseologia Problemi connessi con il flusso rotore Cos’è il flusso rotore e come si genera Problemi per persone/cose durante l’avvicinamento e l’atterraggio Problemi per persone/barelle durante il recupero al verricello Raccomandazioni di carattere generale Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 45 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Fig. 1 Fig.2 Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 46 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Fig. 3 Fig. 4 Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 47 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Fig. 5 Fig. 6 Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 48 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Fig. 7 Fig. 8 Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 49 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale Fig. 9 Fig. 10 Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 50 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale PROBLEMATICHE DEL VOLO SU SPECCHI ACQUEI Il volo sull'acqua Durante il sorvolo di laghi, fiumi, ecc., si deve prestare attenzione alla quota, poiché in assenza di vento la superficie dell'acqua produce l'effetto specchio che non permette una corretta valutazione dell'altezza, con il pericolo di infilarvisi. Dovendo operare a bassa quota o in Hovering, , è consigliabile effettuare la manovra presso la costa per avere dei punti di riferimento. Condizioni meteo Le condizione meteo influenzano ovviamente la visibilità, in particolare sopra la superficie acquea è più facile la formazione di nebbie e foschie. Disorientamento, errori di quota Il volo sopra una superficie uniforme e spesso dello stesso colore del cielo provoca diveri tipi di problemi : la mancanza di un orizzonte definito crea una sensazione di vertigine, l’effetto specchio di una superficie calma ( priva di moto ondoso) pone grossi problemi di valutazione della altezza, in questi casi risulta conveniente fare affidamento anche sul radio-altimetro e attendere che il flusso del rotore increspi la superficie per meglio giudicare l’altezza rispetto alla superficie, il moto ondoso durante l’hovering provoca la variazione di altezza pari a quella tra cresta ondosa e avvallamento successivo con tendenza del pilota e seguirne l’andamento, durante le operazioni al verricello il pilota è completamente privo di riferimenti e, pertanto, si deve regolare solo sulle indicazioni fornite dal verricellista e dagli strumenti quali : girobussola per la prua, radio-altimetro per la quota. Flusso del rotore L’effetto del flusso del rotore , nel caso di elicotteri medi, provoca nel personale in acqua difficoltà del genere: difficoltà di visuale dovuta ai violenti spruzzi che si alzano, è consigliabile indossare una maschera tipo sub, difficoltà a sollevare il capo in quanto il flusso lo costringe verso il basso. Soccorso su fiume L’effetto della corrente provoca problemi sia per la mancanza di riferimenti fissi davanti al pilota sia per lo spostamento delle persone immerse rispetto all’aeromobile CONCETTI GENERALI SULLE MODALITA'DI RECUPERO DI PERSONE IN MARE L'operazione di recupero di naufraghi può presentare alcune difficoltà e problemi per cui si richede il massimo dei coordinamento tra i membrì deil'equipaggio. In particolare si richiede al pilota di effettuare un avvicinamento corto piuttosto che lungo e che successivamente egli riesca ad effettuare un buon volo stazionario sul punto in cui deve avvenire il recupero. Per ottenere un'avvicinamento preciso si consiglia al pilota di farsi guidare nel punto esatto seguendo le istruzioni dell'operatore verricello. Tenere presente che se il naufrago è a bordo di una imbarcazione leggera quest'ultima puo essere facilmente allontanata, dalla propria posizione a causa dei flusso d'aria prodotto dal rotore. Il pilota potrà cercare di evitare questo inconveniente "ingabbiandola" a centro dei flusso d'aria; se tuttavia questa operazione risultasse difficile, si consiglia di far scendere in mare il naufrago. Qualora si ravvisasse il pericolo di incendio a causa della presenza di combustibile attorno al naufrago, il verricello deve essere calato in mare in una zona distante dalla zona di recupero e successivamente dovrà essere calato in vicinanza dei naufrago. Il recupero di personale dall'acqua è facilitato dall'impiego della normale braga recupero, tuttavia, quando il naufrago non è addestrato all'impiego della braca, si consiglia di utilizzare un Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 51 Ministero dell'Interno D.V.F.S.P.D.C. Servizio Tecnico Centrale Commissione Tecnica Nazionale S.A.F. Corso 2”B” Tecniche di derivazione Speleo-Alpino Fluviale tipo di braca su cui sono raffigurate le modalità di impiego della stessa. Prima di iniziare il sollevamento del naufrago dall'acqua, accertarsi che egli sia libero da ogni impedimento. Il recupero di un naufrago inanimato disponendo di un solo operatore è estremamente difficoltoso, si consiglia pertanto l'impiego di due operatori imbarcati sullo stesso elicottero. In caso di recupero con cesto al gancio baricentrico, si consiglia l'uso di funi con gancio rotante di lunghezza non inferiore a 30 mt. CONCETTI GENERALI SULLA MISSIONE DI RICERCA E SOCCORSO IN MARE Perchè la missione di ricerca possa svolgersi in modo efficace e portare un risultato positivo occorre che essa sia impostata in modo chiaro fornendo al pilota soccorritore la posizione (il più accurata possibile) dove deve essere ricercato il naufrago, imbarcazione, dimensioni, tipo, colore ecc. e l'esistenza di precisi accordi per le comunicazioni tra ente di controllo, Capitanerìa di porto ed i vari mezzi di soccorso. In linea generale, rfei caso di ricerca a vista, la quota dovrà essere mantenuta attorno ai 500 piedi di giorno con buona visibilità mentre tale quota dovrà essere aumentata a 1000 piedi per voli notturni con scarsa visibilità. Febbraio 2002 - MINISTERO dell'INTERNO D.V.F.S.P.D.C. Pag. 52