PROTOCOLLI DIAGNOSTICO-TERAPEUTICI 1) REFRATTIVA mediante l’utilizzo del solo laser L’obbligatoria prudenza che deve essere prestata nella preparazione di tutte le tipologie di intervento, deve essere, se possibile, maggiormente accentuata in quelli di refrattiva; infatti oltre alle “normali” paure legate alle problematiche potenziali tipiche di tutti gli interventi (quali le infezioni, le eventuali reazioni alla somministrazione di farmaci, ecc….), vi sono, da parte del paziente che si appresta ad un intervento di chirurgia refrattiva, degli ulteriori fattori specifici di enfatizzazione della tensione ansiogena che sono: la preesistente buona capacità visiva del paziente con l’utilizzo delle lenti le forti aspettative, da parte del paziente, di un marcato miglioramento qualitativo rispetto al lavoro ed al quotidiano che otterrebbe con l’eliminazione del difetto rifrattivo la non inderogabilità dell’intervento la oggettiva variabilità ( per quanto notevolmente ridotta dal miglioramento dei protocolli, risulta ancora esistente ) del “range” di risultati ottenibili che potrebbero innescare cocenti delusioni nel caso di complicanze e/o di mancato raggiungimento del risultato atteso (o desiderato). Risulta quindi necessario, nell’ambito del protocollo diagnostico una fase preliminare di comunicazione finalizzata all’informazione bi-direzionale ( medico-paziente e paziente-medico ), in cui oltre alle informazioni relative alle varie fasi del protocollo, siano evidenziate anche le aspettative specifiche del paziente al fine sia di rasserenarlo sia per approntare un eventuale percorso personalizzato. In tale fase preliminare il paziente deve necessariamente prendere coscienza che: l’intervento di refrattiva è un atto chirurgico di elevatissima specializzazione e come tale assai delicato ( non è assolutamente‘’una sciocchezza’’come alcuni assai superficialmente lo definiscono) l’intervento mira realisticamente ad una riduzione del difetto rifrattivo che potrà essere totale ma che, in alcuni casi, potrà essere anche parziale data la non completa prevedibilità della risposta tessutale all’intervento ed alla terapia farmacologia successiva, il chirurgo attento prospetterà ( prima dell’intervento ) sempre un “range” prevedibile di risultati, facendo capire che non esiste la certezza assoluta anche rispetto al risultato atteso a seguito dei test pre-operatori il chirurgo è innanzitutto un oculista, quindi dovrà tener conto innanzitutto delle problematiche oculari rispetto a quelle psicologiche il chirurgo dovrà eventualmente farlo ritornare ‘’sulla terra’’, in termini di risultato atteso e prevedibile, rispetto alle caratteristiche eventualmente ‘’limitative’’ del suo occhio, la durata del protocollo ( inteso sia come acquisizione di una refrazione oggettiva ben tollerata da parte del paziente sia come definizione del programma operatorio specifico ) potrà anche essere di alcuni mesi risulta fondamentale acquisire alcune procedure di vita quotidiana tra le quali il divieto assoluto di utilizzo di lenti a contatto (da un mese prima del controllo preliminare a quando si effettua l’intervento) e la massima applicazioni nell’effettuazioni delle prescrizioni farmacologiche ed ottiche Successivamente si passa alla fase prettamente clinica del protocollo che prevede: alcuni controlli di natura ambulatoriale per individuare, tra l’altro la refrazione oggettiva e la prescrizione della relativa lente se necessaria ,oltre ad una terapia farmacologia preparatoria all’intervento alcuni ulteriori controlli in regime ,sempre in regime ambulatoriale, al fine di effettuare test strutturali sia sul segmento anteriore che posteriore i dati ottenuti in queste due ultime fasi verranno utilizzate nel programma di calcolo specifico del laser presentazione al paziente del piano operatorio prospettato dal programma di calcolo con contemporanea somministrazione del ‘’consenso informato’’ una volta ottenuto il consenso da parte del paziente , lo stesso viene inserito nella lista di attesa specifica per l’intervento Gli interventi sono, di norma, monolaterali, per cui viene prima operato un occhio e poi, dopo ca 30/ 40 giorni, il controlaterale Nella prima settimana post-intervento di PRK , il paziente dovrà utilizzare una lente a contatto terapeutica ( la cui gestione può essere complessa e foriera di ,eventuali, gravi complicanze in caso di scarsa ottemperanza alle prescrizioni dei sanitari ) ed effettuare istillazioni di alcuni colliri almeno 5-6 volte al giorno; sempre in questa fase il quadro sintomatologico ( bruciore , fotofobia ,sensazione di corpo estraneo, lacrimazione, ecc.) potranno essere più intensi Una volta ottenuta la completa riepitelizzazione della cornea, si asporta la lente a contatto terapeutica ed inizia la terapia , a base essenzialmente di cortisonici locali, per impedire la “regressione” ( il recupero del difetto rifrattivo originale ); tale fase è di durata variabile ( 30/50 giorni) Anche quando cessa la somministrazione di cortisonici, bisognerà continuare ad instillare sostituti lacrimali, almeno 4 volte al giorno, ancora per alcuni mesi Si ricorda che per i primi 100 giorni dall’intervento di PRK esiste il divieto di esporsi in maniera massiva (come quando ci si abbronza ) ai raggi U.V. naturali ed artificiali Si ribadisce che tutte la scansioni temporali sin qui descritte sono da considerarsi a titolo indicativo, in quanto la risposta tessutale all’intervento può essere assai variabile e non sempre completamente prevedibile 2) REFRATTIVA mediante l’utilizzo di sole tecniche chirurgiche Esse sono essenzialmente Impianto intraoculare di lentina a fissazione iridea Lensectomia a scopo ottico Cheratotomia Tali tecniche vengono usate, da sole, esclusivamente in alcuni casi altamente selezionati 3) REFRATTIVA mediante l’utilizzo combinato delle tecniche chirurgiche e laser ( terapia BI- OTTICA ) Vedi articolo specifico nella rassegna stampa 4) CHERATECTOMIA TERAPEUTICA (P.T.K.) Parallelamente a quello a fini refrattivi, si è , nel tempo, sviluppato un ulteriore uso del laser ad eccimeri, quello terapeutico. Infatti sfruttando le caratteristiche peculiari dell’ablazione ad eccimeri, sempre più patologie corneali ritrovano un efficace risposta terapeutica con il laser. Attualmente le principali patologie interessate alla PTK sono: leucomi e nubecole corneali superficiali irregolarità del profilo della superficie anteriore corneali alcune degenerazioni epiteliali Si ribadisce che anche per le patologie sopraindicate l’utilizzo del laser è una eventualità che deve essere suffragata dal parere dello specialista esperto in tali metodiche, in quanto la varietà sia delle forme cliniche e sia delle caratteristiche strutturali della cornea è tale che non esiste uno schema omnicomprensivo. Il post-operatorio prevede l’utilizzo di lente a contatto terapeutica per alcuni giorni, seguito poi da una terapia locale per la durata di ca 2 mesi. In alcuni casi è necessario ripetere la tecnica a distanza di alcuni mesi per ottenere completamente i risultati attesi 5) RITRATTAMENTI REFRATTIVI Nei casi in cui i risultati ottenuti dal primo trattamento laser si siano discostati marcatamente da quelli previsti, si può ipotizzare l’evntualità di un ‘’ritrattamento’’ per cercare una maggiore ottimizzazione del risultato atteso. Tali procedure sono estremamente delicate e necessitano di una notevole prudenza in quanto bisogna elaborare un piano terapeutico personalizzato ( trattamento customizzato ) a causa, tra l’altro, delle notevoli irregolarità strutturali che derivano inevitabilmente da un intervento con una ridotta riuscita clinica. Lo sviluppo di tali tecniche , di una complessità tale che possono essere applicate solo da personale specialistico con una notevole esperienza nel campo insieme alle tecnologie più aggiornate, si è reso necessario allorquando, negli anni 90, il numero dei casi non perfettamente riusciti diventava, ma mano che la tecnica si espandeva nel mondo, sempre maggiore. Dopo il 2004/2005, con i laser di ulteriore evoluzione , il numero delle complicanze è sensibilmente ridotto , ma permaneva comunque un notevole numero residuale dagli anni precedenti, per cui in alcuni centri ad elevata specialità si è deciso di sviluppare dei programmi per standardizzare il più possibile la metodica dei ritrattamenti. 6) CHERATOCONO E’ una estasia non infiammatoria della cornea , essa ha un esordio clinico per lo più nella seconda decade di vita; con un decorso clinico estremamente variabile; in genere più precoce è l’insorgenza ( 14-15 anni), maggiore è il rischio di un decorso rapidamente invalidante. Allo stato attuale delle conoscenze vi sono vari gradi di risposta terapeutica a seconda dello stadio di gravità: tecnica ‘’Cross-linking corneale mediante riboflavina’’ che è divenuta la tecnica di elezione da effettuare , in prima istanza, alla diagnosi di cheratocono evolutivo eventuale introduzione (chirurgia o laser-assistita) di “anelli intrastromali” a scopo refrattivo cheratoplastica lamellare superficiale (chirurgica o laser-assistita) cheratoplastica lamellare profonda ( chirurgica o laser-assistita) cheratoplastica perforante ( a tutto spessore )