Epifania del Signore Antifona d'ingresso È venuto il Signore nostro re: nelle sue mani è il regno, la potenza e la gloria.(cf. Ml 3,1; 1Cr 19,12) Colletta O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria. PRIMA LETTURA (Is 60,1-6) La gloria del Signore brilla sopra di te. Dal libro del profeta Isaìa Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore. SALMO RESPONSORIALE (Sal 71) Rit: Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. Rit: Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. E dòmini da mare a mare, 1 dal fiume sino ai confini della terra. Rit: I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. Rit: Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. SECONDA LETTURA (Ef 3,2-3a.5-6) Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità. Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Canto al Vangelo (Mt 2,2) Alleluia, alleluia. Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore. Alleluia. VANGELO (Mt 2,1-12) Siamo venuti dall’oriente per adorare il re. + Dal Vangelo secondo Matteo Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. ANNUNZIO DEL GIORNO DELLA PASQUA 2 Dopo la proclamazione del Vangelo, il diacono o il sacerdote o un altro ministro idoneo può dare l’annunzio del giorno della Pasqua. Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 23 marzo. In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte. Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 6 febbraio. L’Ascensione del Signore, il 4 maggio. La Pentecoste, l'11 maggio. La prima domenica di Avvento, il 30 novembre. Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore. A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen. Preghiera sulle offerte Guarda, o Padre, i doni della tua Chiesa, che ti offre non oro, incenso e mirra, ma colui che in questi santi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro Signore. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. PREFAZIO DELL’EPIFANIA Cristo luce di tutti i popoli E' veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. [Oggi] in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza e in lui apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria dell’immortalità divina. E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l’inno della tua gloria: Santo... Antifona di comunione Noi abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti con doni per adorare il Signore. (cf. Mt 2,2) 3 Preghiera dopo la comunione La tua luce, o Dio, ci accompagni sempre e in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci hai fatto partecipi. Lectio Tutta la Liturgia oggi ci fa da guida nel comprendere il Mistero che si cela nella Solennità dell’Epifania. Quello che la sola mente non riesce a cogliere, ci viene posto dinanzi sontuosamente preparato dal Rito della Celebrazione Eucaristica. L'origine orientale di questa solennità è nel suo stesso nome: "epifania", cioè rivelazione, manifestazione; i latini usavano la denominazione "festivitas declarationis" o "apparitio", col prevalente significato di rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano attraverso l'adorazione dei Magi, ai Giudei col battesimo nelle acque del Giordano e ai discepoli col miracolo alle nozze di Cana. L’episodio dei Magi, al di là di ogni possibile ricostruzione storica, possiamo considerarlo, come hanno fatto i Padri della Chiesa, il simbolo e la manifestazione della chiamata alla salvezza dei popoli pagani: i Magi furono l'esplicita dichiarazione che il vangelo era da predicare a tutte le genti. Per la Chiesa orientale ha grande rilievo il battesimo di Cristo, la "festa delle luci", come dice S. Gregorio Nazianzeno, anche come contrapposizione ad una festa pagana del "sol invictus". In realtà, sia in Oriente come in Occidente l'Epifania ha assunto il carattere di una solennità ideologica, trascendente singoli episodi storici: si celebra la manifestazione di Dio agli uomini nel suo Figlio, cioè la prima fase della redenzione. Cristo si manifesta ai pagani, ai Giudei, agli apostoli: tre momenti successivi della relazione tra Dio e l'uomo. Al pagano è attraverso il mondo visibile che Dio parla: lo splendore del sole, l'armonia degli astri, la luce delle stelle nel firmamento sconfinato (nel cielo i Magi hanno scoperto il segno divino) sono portatori di una certa presenza di Dio. I molti mediatori della manifestazione della divinità trovano il loro termine nella persona di Gesù di Nazaret, nel quale risplende la gloria di Dio. Perciò noi possiamo oggi esprimere "l'umile, trepidante, ma piena e gaudiosa professione della nostra fede, della nostra speranza, del nostro amore" (Paolo VI). (Martirologio Romano) Mettiamoci in ascolto del Santo Evangelo! Dal vangelo secondo Matteo Mt 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Riflettiamo brevemente sul significato di alcune parole che, sebbene note, hanno sempre la forza di sorprenderci. 4 Una semplice chiave di lettura ce la offre l’antifona dei II Vespri: “Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i Magi al presepio, oggi l'acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia.» Si parla di tre miracoli, non uno, ma tre eventi prodigiosi la Chiesa contempla oggi: La stella ha condotto i Magi dinanzi al presepio, l'acqua mutata in vino alle nozze di Cana; il Battesimo di Gesù al fiume Giordano da parte di Giovanni il Battista. L'antifona insiste tre volte nel dire che questi miracoli li celebriamo tutti insieme oggi! Fermiamoci sul primo avvenimento. La stella ha condotto i Magi al presepio. Non si dice che i Magi si sono recati alla grotta di Betlemme, ma che vi sono stati condotti da una stella. Matteo costruisce il suo racconto prendendo spunto da una profezia dell'Antico Testamento (Num. 24,17) la profezia di Balam: Lo vedo ,ma non ora ;lo contemplo ,ma da lontano: una stella spunta da Giacobbe, uno scettro sorge da Israele. Ma la stella cos'è? Non va cercata in natura, ma nelle scritture, come tutto il resto. Balam vede spuntare in un lontano futuro un re che sarà un astro perché farà da guida a tutto il popolo. Per Matteo chiaramente questo re è Gesù! È Lui il nuovo Astro che sorge splendente! vv. 1-2: Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. Dei Magi se ne parla nel Vangelo di Matteo (2,1-12), considerato la fonte più accreditata, e in alcuni vangeli apocrifi, oltre che nella profezia di Davide, che riferisce dei tre già nell’Antico Testamento. Si è pressoché concordi nell’identificare questi personaggi come appartenenti ad una casta sacerdotale persiana, studiosi di astronomia e astrologia. La credenza consolidata che fossero dei re prende origine dalla profezia del Salmo 72 che dice: “I re di Tarsis gli offriranno tributi”, e non da meno dal fatto che i doni offerti dagli stessi avevano un valore non comune, che a buon diritto potremo definire regale. “Abbiamo visto spuntare la sua stella” è pertanto corretta e ci fa capire che i Magi avevano visto il sorgere di una stella, sorgere che nell’antica scienza astrologica coincideva col nascere di un individuo di cui la stella era in qualche modo tutelare: per questo i Magi parlano della sua stella (αὐτοῦ τὸν ἀστέρα, autoù tòn astèra) e non di una stella qualsiasi. Chi sono i Magi? Sono uomini in cammino, alla ricerca di una stella che orienti la loro vita, che dia loro senso, e per questo cercano un re buono, capace di guidarli. I Magi sono persone che cercano, insoddisfatti, scrutatori di segni, persone inquiete che vogliono andare oltre … sono rappresentanti di quell’umanità cha fatica a credere ma non si arrende. Se storicamente non abbiamo molti documenti relativi all’identità di questi curiosi personaggi, non si può dire lo stesso per ciò che concerne il forte valore simbolico di questa vicenda. La venuta dei re, infatti, è fondamentale per il Cristianesimo, in quanto furono i primi a riconoscere il Salvatore. Si dice anche che, in quanto sacerdoti del dio Ahura Mazda, seguendo la “lettura” del cielo, avevano rintracciato e riconosciuto il loro Salvatore universale, diventando così loro stessi l’anello di congiunzione tra il Cristianesimo, nascente, e i culti misterici orientali (nell’antichità si credeva che gli eventi importanti fossero preannunciati da fenomeni celesti particolari). Per alcuni autori i Re Gentili indicherebbero le tre razze umane, discendenti dai tre figli di Noè; altri sottolineano che i Magi sono il simbolo delle età dell’uomo e delle dimensioni del tempo cosmico, espressioni dunque del presente, passato e futuro rotanti attorno al Cristo Kosmokrator e Kronokrator. A noi interessa conoscere che la vicende di questi tre re pagani è stata interpretata come metafora del viaggio che ogni cristiano deve intraprendere nella propria vita per arrivare a vedere e a toccare Gesù. Difatti il loro lungo viaggio, la loro ricerca instancabile, la conversione del loro cuore sono realtà che parlano di noi. I Magi sono i primi a mettersi in cammino facendo delle stelle, del cosmo, degli eventi, della storia la guida verso il compimento, la rivelazione, la verità sul destino dell’uomo. Ed è subito gioia grandissima perché l’incognito, l’enigma, il fato, il destino, si è posato su quel punto della storia e 5 geografia umana dove un bambino in braccio a sua madre è divenuto Manifestazione di Dio fatto Uomo. La grande gioia dei Magi per aver trovato quello che cercavano. La grande gioia della vita è trovare quello che cerchiamo! Chi CERCHIAMO? È questa la domanda che ci facciamo spesso singolarmente, comunitariamente, nella coppia … chi CERCHIAMO? Ricordiamo il famoso brano di Giovanni 20: Donna perché piangi, chi cerchi? La risposta è già depositata nel profondo della nostra esistenza! Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo … Non il re della Giudea, ma il re dei Giudei. La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: “Dove sei?” (Gen 3,9) perché anche l’uomo chiedesse a sua volta a Dio: dove sei? E i due si potessero incontrare. Anche da parte dei Magi c’è semplicemente, nascosto nella loro domanda, l’invito che ci viene rivolto di chiederci chi è questo bambino. Per tre volte nel racconto dei Magi risulta il verbo greco dell’adorazione, che di sua natura indica il curvarsi dell’uomo nella venerazione della grandezza divina (Mt 2,2.8.11). Questo gesto sembra anticipare quanto l’evangelista dirà in seguito: “Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e riceveranno a mensa …” (8,11). “Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori” dice Pietro nella sua lettera (1Pt 3,15). Tuttavia l’adorazione non è solo un atto di timore, è anche espressione di adesione gioiosa, di libertà, di intimità. Questo gesto, desiderio dei Magi all’inizio del Vangelo di Matteo, lo ritroveremo anche alla fine (28,17), da parte degli apostoli, dopo la risurrezione di Gesù al momento della sua ascensione al cielo. Cosa significa adorazione? Il termine che si traduce con adorazione o adorare (e le sue coniugazioni) ha la sua radice nella lingua greca ed è propriamente: προσκυνηω = proskunèo. Il verbo greco προσκυνηω (proschiuneo) può infatti essere tradotto correttamente con adorare, supplicare, venerare, rendere omaggio, implorare, baciare, salutare con riverenza. I diversi significati pertanto sono: Dirigersi verso qualcuno per baciargli la mano, come segno di riverenza; Fra gli orientali, soprattutto i persiani, cadere sulle ginocchia e toccare il terreno con la fronte come espressione di profonda riverenza; Inginocchiarsi e prostrarsi per rendere omaggio (a qualcuno), sia per esprimere rispetto che per supplicare o adorare. Usato soprattutto per indicare l'omaggio mostrato a uomini ed ad esseri di grado superiore come ad esempio: a Dio, a Cristo. In Matteo questo verbo ricorre frequentemente nella pericope ai vv. 8.11 soprattutto in scene di miracoli: i discepoli si prostreranno esclamando che Gesù e il figlio di Dio (Mt 14,33), le donne e i discepoli si prostreranno dinnanzi a Gesù risorto (Mt 28,9.17): ma qui sono i Magi a prostrarsi, i quali poi la tradizione avrebbe raffigurato come re. Ora la regalità dei Magi, non indicata esplicitamente nell’Evangelo, non è neanche un dato semplicemente inventato, ma suggerito dall’accostamento con le altre letture di questa Solennità. La pagina di Matteo è una solenne dichiarazione di missionarietà e di universalismo. Questo episodio richiama la conclusione dell’intero Vangelo: “Andate e istruite tutte le genti …” (28,18). Due pagine missionarie che aprono e chiudono la storia di Cristo, con una differenza: nell’episodio dei Magi sono le genti che arrivano a Gerusalemme, alla fine del Vangelo è la Chiesa inviata al mondo. Questo seconda annotazione esprime più profondamente la concezione della missione come servizio, come un uscire da sé per andare alla ricerca degli altri. Nella solennità dell’Epifania viene dato anche l’Annuncio di Pasqua e delle principali feste dell’anno. È questa un’antica consuetudine della Chiesa. Dopo il Concilio di Nicea, allo scopo di unificare la data di pasqua, si affidò alla Chiesa di Alessandria di inviare lettere a tutte le Chiese per comunicare le principali date delle festività dell’anno liturgico. Non è certo che questa lettera venisse proclamata durante la liturgia domenicale, ma certamente, il giorno dell’Epifania, diviene la 6 festa durante la quale si annuncia la celebrazione della data pasquale, e con essa tutte le altre festività mobili dell’anno liturgico. L’annuncio delle feste dell’anno liturgico è dato dal diacono o dal sacerdote (eventualmente in canto) e l’assemblea, al termine acclama a Cristo Signore: Dopo la lettura del Vangelo, il diacono o il sacerdote, o anche un cantore, può dare l'annunzio del giorno della Pasqua. Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 31 marzo 2013. In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte. Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 13 febbraio 2013. L'Ascensione del Signore, il 12 maggio 2013. La Pentecoste, il 19 maggio 2013. La prima domenica di Avvento, il 1 dicembre 2013. Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore. A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen. Appendice TRADIZIONI CURIOSE Francia Nel giorno dell'Epifania si usa fare un dolce speciale, all' interno del quale si nasconde una fava. Chi la trova diventa per quel giorno il re o la regina della festa. Islanda Il 6 gennaio viene chiamato il tredicesimo, perché da Natale fino a questa data trascorrono 13 giorni. Questo è l'ultimo giorno del periodo festivo nel quale si dice addio al Natale. Si inizia con una fiaccolata, alla quale partecipano anche il re e la regina degli elfi. A metà strada arriva anche l'ultimo dei Babbo Natale, il tredicesimo (il primo Babbo Natale arriva l'11 dicembre e poi ne arriva uno ogni giorno fino a Natale, poi dal 25 dicembre in poi ne va via uno al giorno). La fiaccolata finisce con un falò e con dei fuochi d' artificio. Spagna Il 6 gennaio tutti i bambini spagnoli si svegliano presto e corrono a vedere i regali che i Re Magi hanno lasciato. Il giorno precedente mettono davanti alla porta un bicchiere d'acqua per i cammelli assetati e anche qualcosa da mangiare e una scarpa. In molte città si tiene il corteo dei Re Magi, in cui i Re sfilano per le vie cittadine su dei carri riccamente decorati. Germania 7 Questo è il giorno della venuta dei Re Magi. Spesso i preti e i chierichetti vanno nelle case per chiedere delle donazioni e recitano solitamente anche qualche verso o intonano una canzone sacra. Le persone di religione cattolica si recano in chiesa, a messa, ma in Germania il 6 Gennaio non è un giorno festivo, si lavora come solito e i bambini vanno a scuola. Romania La festa dell'Epifania rappresenta la venuta dei Re Magi ed è un giorno festivo. Ancora oggi in alcuni paesi i bambini vanno lungo le strade e bussano alle porte per chiedere se possono entrare per raccontare delle storie. Di solito, come compenso, ricevono qualche spicciolo. Anche i preti vanno di casa in casa per benedire le case. Ungheria Il giorno dell'Epifania i bambini si vestono da Re Magi e poi vanno di casa in casa portandosi dietro un presepe e in cambio ricevono qualche soldo. Russia La chiesa ortodossa celebra il Natale il 6 gennaio. Secondo la leggenda i regali vengono portati da Padre Gelo accompagnato da Babuschka, una simpatica vecchietta. Italia Oggi è proprio l’ultimo evento ad essere maggiormente ricordato, senza entrare nel lungo dibattito verità o finzione della storia tramandatasi nei secoli. Ed una figura si è venuta ad imporre nel bagaglio culturale italiano: la brutta ma buona vecchietta dal naso adunco e brufoloso che viaggia a cavallo di una scopa. Una metafora con espressioni tipicamente folkloristiche radicate ovunque. “L’Epifania tutte le feste si porta via”: recitava così il vecchio detto che esplicitava la fine delle feste natalizie a favore di un ritorno della quotidianità feriale. Ma la Befana italiana, così amata dai bambini ma così temuta dai grandi, raccoglie in sé tradizioni e misteri che raccontano superstizioni e riti benaugurati. Dedicato a chi almeno una volta l’anno si mette a sognare come un bambino: Storia e leggenda si confondono attorno a coloro che poco conosciamo e spesso ci limitiamo a far comparire nel presepe il giorno dell'Epifania … Gasparre (Gaspar): mistico re dell'Armenia che abbandonò il suo trono per andare a cercare Gesù. Baldassarre (Valtasassour): giovane re arabo di carnagione olivastra, discendente di Jafet. Melchiorre (Ram): anziano maharaja indiano dai capelli bianchi e la lunga barba che, come il primo, lasciò il potere a suo fratello per partire alla volta di Gerusalemme. Melchiorre, discendente di Sem, è in realtà il soprannome derivatogli dalla frase che pronunciò inchinandosi davanti a Gesù: "Cham el chior" (Ho visto Dio). Questi nobili pellegrini - simbolo dell'incontro tra Oriente ed Occidente e rappresentanti delle tre razze in cui si divide l'umanità e che discendono, secondo l'Antico Testamento, dai figli di Noè - appartenevano a una delle tribù in cui si divideva il popoli dei Medi (che vivevano nell'odierno Kurdistan), addetta alle cerimonie sacre (all'incirca come i leviti tra gli ebrei). Vennero trasformati in casta sacerdotale dalla riforma di Zoroastro: veri e propri ministri ufficiali del culto persiano del fuoco. Erano considerati dei saggi (avevano, per esempio, molte conoscenze astronomiche) e dei taumaturghi e contribuirono a reprimere il manicheismo. E' stato appunto dalle loro funzioni di indovini e fattucchieri che derivò il nome di "Magi" o maghi. (Da notare che Zoroastro elaborò il mito del salvatore che sarebbe apparso alla fine dei tempi per restaurare il regno di Mazda). Si narra che i loro studi li avessero portati ad individuare una stella che avevano associato alla nascita del "re dei Giudei". 8 Partirono con dromedari (animali più veloci dei cavalli) e, giunti a Gerusalemme, chiesero a Erode di aiutarli a trovare il bambino predestinato a essere re ed egli, vedendo minato il suo potere, ordinò l'uccisione di tutti i bambini nati in quel giorno. San Matteo parla di loro nel suo Vangelo (2.1-2.2): "Nato Gesù in Betleem di Giuda, ecco dei Magi arrivarono dall'Oriente a Gerusalemme, e chiesero: "Dov'è il Re dei Giudei nato da poco? Perché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo". L'evangelista non parla di un astro, men che meno di una "pagana" cometa, bensì della "sua stella", da interpretarsi come "sua luce", quella di cui Cristo è fonte e che funge da guida interiore ai tre saggi (Magi, letteralmente, significa sapienti). Seguendo la luce trovarono il Salvatore e gli offrirono oro, che è il metallo più prezioso simbolo di regalità, incenso, che è un profumo che si brucia in onore di Dio quindi simbolo di divinità, e mirra, un balsamo che serviva per imbalsamare i morti, a simbolo della passione di Cristo che darà la sua vita per l'umanità. Una curiosità: ancora più lungo e misterioso fu il viaggio che essi, o meglio le loro spoglie, compirono dopo la loro morte in Oriente. Elena, madre dell'imperatore Costantino, rinvenne i corpi e ne ordinò il trasferimento a Costantinopoli, nella chiesa di S. Sofia. Eustorgio poi, vescovo milanese, ottenne dall'imperatore d'Oriente il trasferimento delle spoglie a Milano, dove, nella Cappella dei Magi nella basilica di Sant'Eustorgio, è ancora custodito il sarcofago romano che si presume abbia trasportato le celebri reliquie, ormai vuoto però, dal 1164, quando Federico Barbarossa sconfisse i Milanesi. Romualdo da Colonia infatti, cappellano e consigliere dell'imperatore, chiese e ottenne di trasportare nella sua città natale le spoglie dei Magi. Un alone di mistero, che arriva fino Colonia, avvolge questo viaggio … pare che Romualdo partì il 10 giugno 1164 dall'accampamento imperiale di Pavia e, seguendo un itinerario che passava per il Piemonte arrivò il 23 luglio a Colonia, dove i preziosi resti mortali - con teschi adornati da corone d'oro ingioiellate - furono deposti dietro l'altare maggiore nella cattedrale di S. Pietro, dove tutt'ora sono custoditi. All'inizio il cristianesimo non sapeva quanti fossero i Magi; poi, siccome i doni citati nei vangeli erano tre, si pensò che anche i donatori fossero tre. Nel VI sec. il vescovo di Arles, Cesario, li fece diventare "re"; nel VII sec. Beda il Venerabile inventò i loro nomi (Gaspare, Melchiorre e Baldassarre), nonché l'età (giovane, uomo, vecchio); nel VIII si decisero le loro provenienze geografiche: Europa, Asia e Africa. Il significato religioso dei doni è evidente: l'oro si offre ai re, l'incenso simboleggia la preghiera che sale a Dio, la mirra veniva usata per l'unzione santa, oltre che per l'imbalsamazione (ma Marco parla di nardo). La Leggenda della Befana I Re Magi stavano andando a Betlemme per rendere omaggio al Bambino Gesù. Giunti in prossimità di una casetta decisero di fermarsi per chiedere indicazioni sulla direzione da prendere. Bussarono alla porta e venne ad aprire una vecchina. I Re Magi chiesero se sapeva la strada per andare a Betlemme perché là era nato il Salvatore. La donna che non capì dove stessero andando i Re Magi, non seppe dare loro nessuna indicazione. I Re Magi chiesero alla vecchietta di unirsi a loro, ma lei rifiutò perché aveva molto lavoro da sbrigare. Dopo che i tre Re se ne furono andati, la donna capì che aveva commesso un errore e decise di unirsi a loro per andare a trovare il Bambino Gesù. Ma nonostante li cercasse per ore ed ore non riuscì a trovarli e allora fermò ogni bambino per dargli un regalo nella speranza che questo fosse Gesù Bambino. E così ogni anno, la sera dell' Epifania lei si mette alla ricerca di Gesù e si ferma in ogni casa dove c'è un bambino per lasciare un regalo, se è stato buono, o del carbone, se invece ha fatto il cattivo. Re Magi di Gabriele D'Annunzio 9 La notte era senza luna; ma tutta la campagna risplendeva di una luce bianca e uguale come il plenilunio, poiché il Divino era nato; dalla campagna lontana i raggi si diffondevano. Il Bambino Gesù rideva teneramente, tenendo le braccia aperte verso l'alto, come in atto di adorazione; e l'asino e il bue lo riscaldavano col loro fiato, che fumava nell'aria gelida. La Madonna e San Giuseppe di tratto in tratto si scuotevano dalla contemplazione, e si chinavano per baciare il figliolo. Vennero i pastori, dal piano e dal monte, portando i doni e vennero anche i Re Magi. Erano tre: il Re Vecchio, il Re Giovane e il Re Moro. Come giunse la lieta novella della natività di Gesù si adunarono. E uno disse: - È nato un altro Re. Vogliamo andare a visitarlo ? - Andiamo - risposero gli altri due. - Ma con quali doni? - Con oro, incenso e mirra. Nel viaggio i Re Magi discutevano animatamente, perché non potevano ancora stabilire chi, per primo, dovesse offrire il dono. Primo voleva essere chi portava l'oro. E diceva: “L'oro è più prezioso dell'incenso e della mirra; dunque io debbo essere il primo donatore”. Gli altri due alla fine cedettero. Quando entrarono nella capanna, il primo a farsi innanzi fu dunque il Re con l'oro. Si inginocchiò ai piedi del bambino; e accanto a lui si inginocchiarono i due con l'incensi e la mirra. Gesù mise la sua piccoletta mano sul capo del Re che gli offerse l'oro, quasi volesse abbassarne la superbia. Rifiutò l'oro; soltanto prese l'incenso e la mirra, dicendo: “L'oro non è per me!” 10