Principio di legalità ed amministrazioni pubbliche

“Principio di legalità ed amministrazioni pubbliche: profili evolutivi in tema di
controllo”
Comunicazione di CARLO CHIAPPINELLI – Consigliere della Corte dei conti
al 53° CONVEGNO DI STUDI AMMINISTRATIVI – VARENNA - VILLA MONASTERO
20-22 SETTEMBRE 2007 “IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NEL DIRITTO
AMMINISTRATIVO CHE CAMBIA”
1. Premessa: un inquadramento sistematico; 2. Profili della “legittimità” 2.1 I
controlli di legittimità ed il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”; 2.2
L’accesso alla Corte Costituzionale; 3 I parametri del controllo sulla gestione; 3.1 Le
prime delibere di programmazione del controllo; 3.2 Complessità dei parametri e
pluralità degli effetti;
4 La “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei
pubblici dipendenti; 5. Principio di legalità, sistema delle Autonomie
e controlli
finanziari.
1. Premessa: un inquadramento sistematico
Non è intento di queste riflessioni affrontare la problematica in sé del principio di
legalità, nelle diverse accezioni che l’evoluzione storica e la elaborazione dottrinale pongono,
quanto evidenziare talune ricadute in tema di controllo. Appare invero del tutto evidente che
alla rilevata dequotazione del principio di legalità1 (almeno nella sua più tradizionale accezione)
– inteso nei rapporti tra legge ed organizzazione ed azione amministrativa2 - la funzione di
controllo della Corte dei conti si trovi per più versi coinvolta.
1
Da ultimo, F. MERUSI, Sentieri interrotti della legalità: la decostruzione del diritto amministrativo, Bologna, 2007.
Nella amplissima bibliografia, una raccolta diversificata di contributi in Principio di legalità e amministrazione di
risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003 (a cura di M. IMMORDINO e A. POLICE), in Nuovi problemi di
Amministrazione Pubblica - Studi diretti da F.G. SCOCA, Torino, 2004. Una aggiornata ricognizione in L. CIMELLARO, Il
principio di legalità in trasformazione, in Dir. e Soc., 2006, I, p 107 ss..
2
C. PINELLI, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, a cura di ID, osserva che
(p. 307) “per inquadrare il tema del rapporto tra legalità e amministrazione nel prisma della Costituzione, riferendolo
alla nostra esperienza più recente, sia utile distinguere tra azione ed organizzazione”, e che “se guardiamo alle riforme
amministrative degli anni ’90 ci accorgiamo che per quanto riguarda l’organizzazione degli uffici, la riserva di legge
relativa contenuta nell’art. 97 Cost. è stata rispettata pochissimo, e forse ha ottenuto un ossequio puramente
nominalistico”. Sul ruolo della trasmissione degli schemi dei provvedimenti delegificanti anche alle Commissioni
parlamentari competenti, possono richiamarsi le considerazioni generali di F. SORRENTINO, Lezioni sul principio di
legalità, raccolte da E. RINALDI, Torino, 2001. L’A. osserva (p. 26) che “il rispetto della legalità costituzionale non può
essere recuperato nel quadro della discutibile assimilazione della delegificazione alla delegazione legislativa, dalla
richiesta, presente nella quasi totalità delle leggi delegificanti, del parere obbligatorio di commissioni parlamentari,
che, a prescindere dal suo carattere giuridicamente non vincolante, testimonia la consapevolezza dello stesso
Parlamento circa la genericità dei principi e dei criteri stabiliti e della necessità di delimitarli in qualche modo”.
Stimolanti anche le osservazioni di R. BALDUZZI in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22
maggio 1999, cit., p. 310 s., basate sulla lettura dei resoconti parlamentari.
1
Senza addentrarsi nello storico dibattito circa la collocazione istituzionale della Corte dei
conti, già considerata in delicato equilibrio e cavouriana equidistanza tra Esecutivo e
Parlamento3, va evidenziato che essa acquista oggi nuova rilevanza e più articolato spessore,
non solo per la diversa dimensione qualitativa del controllo, conseguente ai profili del tutto
nuovi dell’amministrazione pubblica, su cui andrò ora a soffermarmi, ma per l’arricchirsi del
circuito Corte dei conti - Governo - Parlamento e per l’ampliarsi del Referente istituzionale. Il
raccordo della Corte dei conti è oggi, infatti, non solo con il Governo (e l’Amministrazione)
centrale, ma anche con i Governi (e le Amministrazioni) territoriali, così come destinatario dei
referti non è solo il Parlamento nazionale, ma anche le diverse Assemblee territoriali. In queste
complesse interazioni, che coinvolgono e caratterizzano l’esplicarsi dei controlli, la stessa
dimensione del principio di legalità va considerata alla luce del nuovo rapporto dello Stato con
l’U.E. ed il sistema delle Autonomie (e quindi tra fonti normative oggi sicuramente più
complesse
ed
interagenti4),
così
come
dei
nuovi
rapporti
tra
Governi
e
Pubbliche
Amministrazioni. Un ulteriore tassello - non ininfluente nella nostra analisi - è riferibile ai
rapporti tra Governo - Amministrazioni Pubbliche da un lato e forze sociali, “mercato”
e
società civile dall’altro, atteso il rilievo dei meccanismi e delle esperienze di programmazione e
concertazione nel processo di acquisizione del consenso e di assunzione delle decisioni da parte
del Governo e degli Organi della rappresentanza politica5.
Senza riprendere direttamente le complesse tematiche, sia di ordine teorico e
sistematico che storico-evolutive sottese a tali aspetti, come alle diverse accezioni ed ai
rapporti tra legalità e legittimità6,
la nostra riflessione si incentra, dunque, sulle ricadute
3
G. CARBONE, La Corte dei conti, in Storia d’Italia, Annali 14, Legge, Diritto, Giustizia (a cura di L. VIOLANTE, 1998)
osserva che le prevalenti impostazioni dottrinarie (F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo (edizione aggiornata a
cura di G. Miele, Padova, 1960, p. 416, ss.). privilegiavano il ruolo del controllo nella sua contiguità ed area di
collocazione con la funzione amministrativa e del Governo, considerando “accessorio” il rapporto con il Parlamento:
questa impostazione incontrava consenso nella stessa cultura della magistratura contabile, incline a ritenere una
sostanziale “estraneità della Corte rispetto al Parlamento”, pur in presenza di una concezione ed esaltazione del suo
ruolo “costituzionale”. Va considerati che, nella costituzione materiale, a fronte di uno Statuto flessibile, e di una
sostanziale supremazia del Governo sul Parlamento, si consolidava, rispetto alla connotazione referente della Corte
verso il Parlamento, un più marcato rapporto nei confronti dell’Esecutivo, e più ancora, nel periodo fascista,
direttamente nei confronti del Capo del Governo (art. 1 R.D. 5 febbraio 1930, n. 21), contribuendo a far configurare la
Corte come “amministrazione del controllo”. Senza qui approfondire la complessa tematica, si sottolinea che un
essenziale profilo che qualifica il controllo della Corte dei conti è quello della terzietà e neutralità, elementi riconosciuti
sin dalle origini dell’Istituto, che ne caratterizzano le funzioni, riverberandosi sulla stessa (non) ricorribilità degli atti
(C. CHIAPPINELLI, Relazioni tra controlli e giurisdizioni, in M. CAMMELLI (a cura di) Il sistema dei controlli dopo il d.lgs
286/1999, Rimini, 2001).
4
A. PIZZORUSSO, La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI secolo, in Materiali ASS. IT. COST., 2007.
5
M. CARABBA, Forze sociali e spazio pubblico nella dimensione nazionale ed europea. Contrattazione, concertazione e
programmazione alla prova della società italiana, Seminario SVIMEZ, Roma, 26 luglio 2007. L’A, che ripercorre alcuni
modelli caratterizzanti le diverse fasi della vicenda della governance economica in Italia, adotta liberamente, come
modello teorico di riferimento lo schema formulato, all’inizio degli anni ottanta, da M. SALVATI (Strutture politiche ed
esiti economici, in Stato e mercato, 1982, n. 4, p. 4 ss.) osservando che la misura del ruolo esercitato per la guida
politica dell’economia dai protagonisti dello sviluppo è riconducibile a tre ordini di strumenti: “decreto”, che designa
l’ambito decisionale tipico della democrazia rappresentativa classica espresso dal continuum legge - attività di
governo; “accordo”, che indica l’area propria dell’intesa fra i principali gruppi di interesse organizzati degli
imprenditori, dei lavoratori o di altri gruppi di produttori su linee di comportamenti influenti sulle linee essenziali di
politica economica; “mercato” che si riferisce ai risultati allocativi - distributivi dell’economia di mercato tutelati da
regole prevalentemente affidate al diritto civile ed alla disciplina ed al controllo esercitati da poteri neutrali, al di fuori
del circuito della democrazia rappresentativa.
6
Per C. RUPERTO, La legalità costituzionale (Discorso letto nella Sala della Provincia autonoma di Bolzano il 17
novembre 2001), «Legalità può, sinteticamente, significare "soggezione alla legge", o anche "rispetto della legge". In
questa accezione si è parlato, almeno sin dall'Ottocento, di "principio di legalità": per esprimere, nel modello del
2
evidenziabili nel sistema dei controlli, che, se si è sicuramente spostato dai controlli preventivi
di legittimità ai controlli gestionali ed a quelli finanziari, non ha abbandonato l’ottica
complessiva della legalità, semmai valorizzandone, e forse anticipandone, taluni profili
innovativi. Il riferimento è al pensiero di V. BACHELET7, ripreso e sviluppato dalla dottrina,
tuttora ricco di stimoli, pur nelle ben diverse coordinate istituzionali ed amministrative. E’
stata, in particolare,
ricordata8 l’osservazione che “man mano che l’azione pubblica ed in
particolare quella amministrativa tende ad esplicarsi non più in atti puntuali, ma in un’attività,
non agevolmente sindacabile con i tradizionali strumenti di controllo giuridico, è proprio dalla
organizzazione della pubblica amministrazione, delle sue strutture, delle sue competenze, dei
suoi procedimenti, nei suoi rapporti interni ed esterni, che viene ad essere approfondita la
posizione dei cittadini; in una parola il principio di legalità acquista un nuovo rilievo”. Si sono
rilevati nella progressiva accentuazione della rilevanza dell’attività amministrativa i presupposti
per la
trasformazione
ed
un
nuovo
ruolo del
principio di
legalità, in
conseguenza
dell’attenuazione della sua incidenza garantistica correlata ai tradizionali caratteri tipici
dell’imperatività e dell’esecutività degli atti, tipici della dottrina liberale classica. Alla crescita
dei modelli consensuali si accompagna un più generale processo di evoluzione del welfare
state, nel quale”il diritto sembra operare anziché come tecnica di direzione e controllo ab
externo dei comportamenti sociali, come modi di agevolazione dei processi di regolazione
consensuale dei conflitti sociali”. Si è osservato che da un lato, “in realtà, la crisi del principio
di legalità è la crisi della sua configurazione garantistica” , dall’altro – alla luce di principi della
Costituzione, che non si limitano a garantire, ma introducono anche vincoli di scopo – che il
principio di legalità “tende a coprire un’area più vasta di quella tradizionalmente considerata,
poiché sembra rappresentare il nesso funzionale tra principi costituzionali, criteri direttivi
contenuti nella legge e conseguenti determinazioni concrete della pubblica amministrazione”.
Viene così ad emergere una nuova dimensione del principio di legalità rispetto ad una
legislazione ed anche ad una amministrazione, che soprattutto nel settore economico-sociale,
“sembra caratterizzarsi per la sua mutabilità ed indeterminatezza”, con un conseguente
maggior spazio del giudice, - costituzionale e non -, ed, in generale, con l’esigenza di
”individuare nuove garanzie per i cittadini”.
cosiddetto "Stato di diritto", non solo il primato del legislatore, ma addirittura una sorta di identificazione tra diritto e
legge, o tra giuridico e legislativo. Positivismo giuridico, del resto, è stato inteso come positivismo legale: tutto il diritto
nella legge, e cioè nella legge dello Stato, il vero "padrone del diritto" (come ha efficacemente scritto il caro e illustre
collega Zagrebelsky). "Legittimità" invece significa, piuttosto, conformità ad una legge, cioè corrispondenza di un atto
o di un comportamento specifici al modello astratto configurato da una norma di legge. L'accezione di legittimo nel
senso di "consentito" o di "permesso" deriverebbe solo come conseguenza. Questo vocabolo – com'è risaputo –
esprime l'idea di un confronto o di una comparazione, e presuppone che operazioni di questo genere possano svolgersi
sul piano esclusivamente formale, in certo modo sovrapponendo l'uno sull'altro i due termini implicati, di valore
ovviamente diseguale, quasi a misurare la corrispondenza dei perimetri ed aspirando alla maggiore coincidenza,
diciamo così, delle superfici lineari. "Conformità" indicherebbe, appunto, identità di forme, in senso geometrico e nella
prospettiva mentale dell'esattezza. Il "merito", cioè il contenuto o la sostanza delle cose, resta per definizione estraneo
a tale vicenda. Con questo significato, si parla spesso di legittimità degli atti amministrativi, a proposito della congruità
delle determinazioni delle pubbliche amministrazioni, concepite come atti di volontà, rispetto al modello legale (sulla
base del tradizionale principio, secondo cui nel diritto amministrativo, o pubblico, è, di norma, tutto vietato tranne ciò
che è espressamente permesso)».
7
V. BACHELET, L'attività' tecnica della pubblica amministrazione, Milano, 1967.
8
P.A. CAPOTOSTI, Verso una nuova configurazione del principio di legalità, in Democrazia ed amministrazione in ricordo
di Bachelet (a cura di G. MARONGIU e G. C. DE MARTIN) 1992, p. 133 ss.
3
La dottrina si è, soffermata sull’attività di prestazione delle p.a., “che impegna così
largamente da far sostituire alla espressione di Stato sociale, quella di Stato di servizi”. In
questa ottica il principio di legalità non può fermarsi solo sulla esigenza di specifiche norme
autorizzative alla base della loro erogazione, osservandosi che sotto il profilo della legalità
sostanziale “affiora con immediatezza l’esigenza di una garanzia immediata del cittadino” 9.
In questa ottica può ritrovarsi il senso del processo riformatore in termini di efficienza e
di trasparenza avviato negli anni Novanta, che oggi va ad innestarsi nel nuovo contesto
istituzionale, cui si correlano il ruolo e le funzioni del sistema dei controlli. Va infatti
considerato che le riforme dei controlli seguono, per la loro “accessività”, l’evoluzione dell’agire
amministrativo, sempre più orientato al raggiungimento dei risultati indicati dalle norme e dai
programmi. Tali profili generali delle riforme amministrative e dei controlli assumono peculiare
rilievo per la maggiore responsabilizzazione nella acquisizione e gestione delle risorse
collettive, atteso anche il crescente rilievo del rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria,
nel cui contesto valorizzare i nuovi strumenti, tesi a migliorare le performances amministrative
e gestionali. Più che addentrami ulteriormente nell’approfondimento teorico, vorrei svolgere
alcune considerazioni strettamente legate alla evoluzione del sistema, che hanno evidenziato
proprio queste esigenze ed inteso darvi risposta.
2. Profili della “legittimità”
Non mi soffermo qui sui principi costituzionali alla base del sistema (e sui diversi modelli
di controllo sulla gestione finanziaria10) se non per considerarne le implicazioni rese più attuali
dalla legge n. 20 del 199411, con cui si è spostato il baricentro dei controlli della Corte dei conti
9
F. LEDDA, La legalità nell'amministrazione: momenti di sviluppo e fattori di "crisi", in Democrazia ed amministrazione
in ricordo di Bachelet, cit., sp. p. 162 ss. L’A. evidenzia due limiti: il primo in relazione al fatto che molte prestazioni
sono sottoposte a regime di monopolio delle amministrazioni pubbliche, dall’altro che le risorse destinate sono
acquisite tramite il prelievo fiscale, limitando così le disponibilità economiche del cittadino e quindi la possibilità di
ottenere da altri le prestazioni richieste. L’A. sottolinea come la sostanziale legalità sia condizione di democrazia
effettiva, osservando che “l’efficienza possa condizionare la libertà è affermazione che non sembra poter richiedere
argomentazioni complicate” ed evidenziando che “il modello organizzativo deve essere comunque tale da consentire la
massimazione del risultato secondo un corretto rapporto con le risorse disponibili”. Senza soffermarsi particolarmente
sulla distinzione tra attività giuridica e di prestazione, afferma che il “problema della legalità dovrebbe essere
affrontato in una prospettiva quasi sistemica per poter cogliere i collegamenti che si hanno o che si potrebbe avere fra
tutte le attività delle amministrazioni, pensate come momenti di un unico processo”. Di particolare rilievo è
l’affermazione che in uno Stato democratico l’unico limite all’autorità di fatto della pubblica amministrazione non può
consistere nell’intervento del giudice penale o in quello “degli organi di giustizia privata che in varie forme si vanno
sostituendo per un moto spontaneo, ed allo stato, difficilmente contenibile”.
10
Merita particolare attenzione la previsione dell’art. 100 Cost., in base a cui la Corte dei conti partecipa, nei casi e
nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via
ordinaria.
11
Legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti). Le sintetiche
formulazioni della legge 20 vanno lette alla luce della sentenza n. 29 del 1995, che le ha ampiamente esaminate,
evidenziandone, da un lato, la sostanziale differenza dai tradizionali controlli contabili e di legittimità – nei quali la
valutazione di conformità degli atti amministrativi rispetto alle previsioni legislative e di bilancio viene effettuata ex
ante, mentre nel caso dei controlli sulla gestione rileva la situazione effettivamente realizzata con l’esercizio
dell’attività amministrativa rispetto agli obiettivi programmaticamente indicati –, dall’altro la coerenza con i principi
costituzionali, in cui ritrovarne il fondamento. La Consulta ha affermato che le previsioni costituzionali in materia di
controlli sulle pubbliche amministrazioni (artt. 100, secondo comma, 125, primo comma, e 130 Cost., queste ultime
allora vigenti) non configurano un sistema “chiuso” e “tassativo”, e dunque non possono essere interpretate quali
norme preclusive di altre forme di controllo diverse e ulteriori rispetto a quelle ivi contemplate, purché per esse sia
rintracciabile in Costituzione un adeguato fondamento normativo o un sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente
4
dall’esame dei singoli atti delle amministrazioni statali - pur preservati ed in certi casi
potenziati - a quello sull’attività amministrativa, considerata nel suo concreto e complessivo
svolgimento, della generalità delle amministrazioni pubbliche.
2.1 I controlli di legittimità ed il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”
Desidero innanzitutto richiamare qui un dato a volte trascurato nell’analisi della legge n.
20, che - nella generale riduzione dell’area dei controlli di legittimità - la ha estesa, oltre che
agli atti generali attuativi di norme comunitarie, agli atti di programmazione comportanti spese
ed ai provvedimenti dei comitati interministeriali di riparto o assegnazione di fondi
(art. 3,
comma 1, lett. d). Evidente è dunque il rilievo della scelta legislativa di ancorare a parametri
giuridici tali atti, che stanno a monte della gestione, di peculiare rilevanza nel tessuto
economico amministrativo del Paese (si pensi alle delibere del CIPE)12 .
Con riguardo alla diverse dinamiche dei processi decisionali che si affermano con forza
nel sistema, la dottrina ha evidenziato i rapporti tra delegazione legislativa e delegificazione13,
con un ruolo sempre maggiore (e discusso) dei regolamenti, in particolare di quelli cd.
delegificanti. Il
rilievo dei controlli di legittimità sugli atti normativi a rilevanza esterna si
conferma alla luce del percorso avviato (ma non ancora compiutamente tradottosi nella realtà
ordinamentale) ad inizio della attuale legislatura in base al decreto legge 18 maggio 2006 n.
181, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2006, n. 233, di riordino della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri14. In tali provvedimenti va, in particolare,
tutelati. Rilevano in tal senso l’art. 97, primo comma, che stabilisce il principio di imparzialità e buon andamento
dell’amministrazione; l’art. 28, relativo alla responsabilità dei pubblici funzionari; l’art. 119, che concerne il
coordinamento dell’autonomia finanziaria delle Regioni con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni; l’art.
81, che stabilisce il principio dell’equilibrio finanziario del bilancio. G. DELLA CANANEA (Indirizzo e controllo della finanza
pubblica, Bologna, 1996, p. 284) osserva che “in esito alle trasformazioni del sistema amministrativo, il controllo, da
garanzia della regolarità formale degli atti rispetto al modello normativo, si qualifica garanzia dei risultati, ampliando la
nozione di regolarità sino a comprendere i criteri metagiuridici idonei a valutare se ed in quale misura l’azione
amministrativa risponda agli obiettivi che le sono posti. Si tratta dei criteri di efficienza (relativamente al rapporto tra
mezzi e risultati), di economicità (rispetto all’impiego delle risorse) e di efficacia (in ordine al raggiungimento degli
obiettivi), che attengono al prodotto anziché al procedimento”.
12
Nella delibera n.2/2006 della Sezione centrale controllo di legittimità si è rilevato il contrasto di una clausola di
assegnazione di risorse per la realizzazione di opere strategiche con il complesso della normativa di campo primario
contenuta nella “legge obiettivo” n. 433 del 2001 e nel d.lgs. n. 190 del 2002, dalla quale emerge il principio della
preventiva valutazione, da parte del CIPE, delle opere da realizzare risultanti dai progetti preliminari o definitivi ai fini
della concessione dei relativi finanziamenti. La Corte ha precisato che il CIPE non può attribuire ad altri soggetti la
facoltà di decidere il finanziamento di opere diverse rispetto all’iniziale progetto in assenza di esplicite disposizioni
attributive di detta facoltà.
13
F. SORRENTINO, Legalità e delegificazione, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22
maggio 1999, cit., p. 3 ss.; ID. Lezioni sul principio di legalità, cit., sp. p. 25 ss.
14
Tale normativa ha recato rilevanti innovazioni all’assetto organizzativo delle amministrazioni centrali, rispetto al
disegno del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (già in precedenza modificato ed integrato), non solo elevando il
numero dei Ministeri, ma anche ripartendo in modo diverso le funzioni già assegnate. Per dare attuazione alla nuova
definizione delle attribuzioni ministeriali, il decreto legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con legge 17 luglio 2006,
n. 233, aveva disposto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 1, comma 10), d'intesa con il
Ministro dell'economia e delle finanze e sentiti i Ministri interessati, si procedesse alla ricognizione delle strutture da
trasferire e alla individuazione dei contingenti di personale da assegnare agli uffici strumentali e di diretta
collaborazione, garantendo l’invarianza della spesa. Al fine di consentire una verifica, in sede parlamentare, delle
conseguenze finanziarie e, in particolare, del rispetto del principio di invarianza della spesa dei decreti attuativi, è
esplicitamente contemplata (nel testo definitivamente approvato) la trasmissione degli schemi dei provvedimenti,
corredati di relazione tecnica, anche alle Commissioni parlamentari competenti. In base alla normativa, con
regolamenti adottati ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, vanno definiti gli assetti organizzativi ed il
numero massimo delle strutture di primo livello, in modo che al termine del processo di riorganizzazione non sia
superato il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine e si resti, altresì, entro il limite della spesa sostenuta, alla
data di entrata in vigore del decreto, per la totalità delle strutture considerate (art. 1, comma 23).
5
verificata, la invarianza dei costi della redistribuzione delle funzioni, evidenziando quella
“legittimità finanziaria”, che sembra acquisire spessore sempre maggiore ai fini del controllo.
2.2 L’accesso alla Corte Costituzionale
Una peculiare valenza della “legittimità finanziaria” sembra sottesa anche ad una
specifica previsione normativa: in base all’art. 27 della l. 24 novembre 2000, n. 340, solo il
ricorso alla Corte Costituzionale per pretesa violazione dell’art. 81 Cost., sospende i termini del
procedimento del controllo preventivo: tale disposizione, pur non escludendo l’accesso alla
Corte Costituzionale15 con riguardo a parametri costituzionali diversi, dimostra un inequivoco
favor legislativo di considerare la Corte dei conti come sede di attivazione della Consulta
particolarmente qualificata per conoscere le eventuali violazioni degli equilibri di bilancio. Tale
assunto si rinviene in due pronunce della Corte Costituzionale (n. 384 del 199116 e n. 25 del
1993), nelle quali è importante sottolineare la considerazione che possibili violazioni dell’art.
81 della Costituzione potrebbero essere difficilmente conosciute dal Giudice delle leggi se non
attraverso il “canale” particolare rappresentato, nel nostro ordinamento, dalla Corte dei conti.
Nella stessa linea si pongono le affermazioni della stessa Consulta contenute nella
sentenza n. 244 del 1995, in cui, oltre a riaffermare la natura giurisdizionale del procedimento
di cui agli artt. 39 e 40 del t.u. C. conti, si è affermato che nell’esame del rendiconto generale
dello Stato la Corte dei conti è chiamata, in considerazione della nuova natura delle leggi di
bilancio dello Stato, anche alla verifica del rispetto dei saldi di bilancio, indicati (ai sensi della l.
n. 468 del 1978) dalla legge finanziaria. Il loro mancato rispetto può essere motivo di possibile
ricorso alla Corte Costituzionale, considerando che il bilancio dello Stato si è trasformato da
semplice strumento descrittivo di fenomeni di mera erogazione finanziaria in “mezzo di
configurazione
unitaria
degli
obiettivi
economico-finanziario,
nel
quadro
degli
indirizzi
socioeconomici elaborati dal Governo ed approvati dal Parlamento, sicché esso si pone ormai
come strumento di realizzazione di nuove funzioni di Governo … e più in generale di politica
economica e finanziaria”. Ne deriva che nella nuova fisionomia assunta dal bilancio, la funzione
di riscontro, “che costituisce l’essenza del giudizio di parificazione” attiene perciò anche alla
15
Il procedimento relativo al controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, pur non avendo natura di
giudizio in senso tecnico-processuale, è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (sent. n. 226 del 1976) idoneo ai
fini dell’accesso ad essa in base all’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87. La legittimazione della Corte dei conti a
sollevare questione di legittimità costituzionale non è stata invece ammessa (sentenza n. 335 del 1995) in sede di
controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, in quanto esso “non è
tale da connotarsi come controllo assimilabile alla funzione giurisdizionale, e cioè preordinato alla tutela del diritto
oggettivo, con esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico”. Analoghe
argomentazioni sono alla base del ragionamento seguito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Pronunce del 26
novembre 1999 – Causa C 192(98 e Causa C 440/98, in Foro it., 1998, 200, IV, I, con nota di G. D’AURIA), secondo
cui, nell’esercizio del controllo gestionale, non basato su questioni esclusivamente giuridiche, si è in presenza di
pronunce non assimilabili a quelle giurisdizionali, pur essendo la Corte dei conti un Organo a competenza soggettiva
magistratuale, che, in altre vesti o funzioni, svolge attività precipuamente giurisdizionale, che, come tali, consentono
l’accesso alla Corte di Giustizia.
16
La Consulta, recependo le indicazioni della Corte dei Conti, ha affermato che, oltre alla copertura delle leggi di spesa
per il primo triennio, prescritta dalla legge n. 468 del 1978, occorrano dei margini, anche se meno stringenti e rigorosi,
di attendibile copertura anche per gli anni successivi, per garantire Parlamenti e Governi futuri dall’impatto di leggi di
spesa decise in precedenza.
6
verifica degli scostamenti che, negli equilibri stabiliti dal bilancio preventivo, si evidenziano in
sede consuntiva17.
Sia il controllo preventivo sugli atti del Governo che quello successivo sulla gestione del
bilancio dello Stato – sorretti, come è noto, da diretta “copertura” costituzionale – evidenziano
dunque il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”, i cui contorni, rintracciabili nell’intero
sistema, si fondano sulla veridicità e trasparenza contabile,
funzionale alla tutela degli altri
valori, quali la tutela degli equilibri finanziari e dei correlati andamenti gestionali, per i quali
ultimi è più complessa la ricostruzione dei parametri di riferimento. Ricordiamo, in proposito,
che in base al comma 4 dell’art. 3, della legge 20, la Corte dei conti svolge, anche in corso di
esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio, sulle gestioni fuori
bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle
gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte
accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività
amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e
tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa, sulla base di programmi e di criteri di
riferimento annualmente definiti. Attesa la compresenza di diversi parametri nell’enunciato
normativo, ci si è dunque interrogati, sia sul piano sistematico che operativo, se emergessero
due anime, due ottiche da raccordare: quella della legalità e quella dell’efficienza18.
3. I parametri del controllo sulla gestione.
3.1 Le prime delibere di programmazione del controllo sulla gestione.
Il tema della legalità e della regolarità contabile delle gestioni, di persistente attualità,
sollecita a un approfondimento, partendo dalle prime delibere di programmazione del controllo
sulla gestione approvate da parte della stessa Corte dei conti, dopo la l. 20 dicembre 1996 n.
639 ed il regolamento n. 1 del 13 giugno 1997 (Regolamento per l’organizzazione di collegi
regionali di controllo della Corte dei conti e di una sezione di controllo della Corte dei conti per
gli affari comunitari e internazionali). Ad esso si rapporta, “nell’ordinamento costituzionale ed
17
In base all’art. 100 Cost. la Corte dei conti esercita il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato,
riferendo direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Si possono qui ricordare le considerazioni del
Procuratore Generale in occasione della Inaugurazione solenne della Corte dei conti del regno d’Italia, nel 1862, con
riguardo alla funzione referente della Corte dei conti, che “riunisce, e fa pubblicamente conoscere i risultati generali e
speciali degli atti del proprio ministero lungo l’anno, non meno che lo stato della gestione dei vari dicasteri e della
generale amministrazione finanziaria durante l’intero esercizio, porge dal canto suo alla Nazione la migliore
assicuranza ed il maggiore appagamento possibile intorno alla loro regolarità e precisione, e nello stesso tempo
assume il carattere di Autorità ausiliaria, e pressoché delegata dal Potere legislativo, somministrando al Parlamento gli
elementi necessari per adempiere alla propria missione e preparando inoltre mercè la compiuta esattezza del proprio
riscontro amministrativo finanziario il definitivo controllo della Potestà legislativa”.
18
Stimolanti considerazioni nelle Conclusioni di A. ROMANO, in Atti del convegno Il controllo sulla gestione delle
pubbliche amministrazioni: dalla “legge” al “manuale”, Roma, Corte dei conti, 28 ottobre 1998, p. 207 ss. Per G.
D’AURIA, Percorsi accidentati per il nuovo modello di controllo, ibidem, p. 239, “sarebbe utile ragionale sul fatto che la
legalità è senz’altro un “valore” dell’azione amministrativa, che gli amministratori sono tenuti a perseguire e dal quale
non debbono deflettere; ma essa non ha, necessariamente, lo stesso valore per il cittadino-utente di servizi, pur
condotti in perfetta legalità, che sono insufficienti, esosi, inadeguati alle sue esigenze, ecc. In altri termini, la legalità
(intesa come conformità dell’azione amministrativa a precetti giuridici) è senz’altro un principio-guida per
l’amministratore e – in generale – per chi ha la responsabilità di una gestione (pubblica o privata); ma ciò non vuol
dire che chi riceve (meglio sarebbe dire “chi subisce”) un servizio scadente, costoso, inefficiente, ecc. debba essere
tuttavia soddisfatto e appagato, per la nobile ragione che il servizio è stato reso (o non reso) secondo i canoni di una
astratta legalità”.
7
in base alla disciplina interna ed europea”, insieme alla legittimità e la regolarità delle gestioni,
il conseguimento dei risultati dell’attività amministrativa rispetto agli obiettivi fissati nella legge
ed il funzionamento dei controlli interni delle singole amministrazioni. Si assume dunque
un’ottica funzionale, “che guarda all’assolvimento delle missioni affidate alle pubbliche
amministrazioni in vista dei risultati da raggiungere e del rispetto dei principi di imparzialità e
di buon andamento fissati dall’art. 97 della Costituzione”. L’inserimento della valutazione di
legalità all’interno del controllo sulla gestione implica una peculiare attenzione – oltre alla
disciplina sul procedimento amministrativo, l’organizzazione, il personale, l’attività contrattuale
della pubbliche amministrazioni - alle norme poste a tutela degli equilibri di finanza pubblica
(artt. 100, 81, 119 Cost. e l. 468 del 1978). Tale rilievo della natura finanziaria del controllo
appare rimarcata dal particolare
riferimento nelle delibere di programmazione del controllo
sulla gestione, alla regolarità contabile, che include “accanto ai profili concernenti il rispetto
delle regole dell’ordinamento contabile, il riscontro dei consuntivi della gestione, da intendere,
secondo le regole comuni alle Istituzioni superiori di controllo (INTOSAI, Corte dei conti
europea), come esame dell’attendibilità ed affidabilità delle risultanze contabili, nonché
documentata e selettiva conoscenza delle attività gestorie”.
Nella delibera n. 2/99 - che conferma e precisa l’impianto della delibera n.1/97 - si
afferma che nella costruzione dei parametri di valutazione debba tenersi conto oltre che delle
norme primarie, anche degli “atti normativi e programmatici del Governo e delle fonti
secondarie in genere” (par. 1 lett. a).
Nella delibera n. 3/2000,
viene inquadrato
sistematicamente il controllo sulla gestione affidato alla Corte dei conti all’interno della
costituzione. fiscale europea, alla luce dei principi costituzionali e delle riforme amministrativa
e dei bilanci. Per le Sezioni riunite, “Una interpretazione sistematica che collochi la disciplina
del controllo sulla gestione all’interno dei principi dell’ordinamento del bilancio e della
organizzazione amministrativa conduce…. ad individuare un diretto ancoraggio di questa
funzione al precetto posto dall’art, 100, secondo comma Cost …., completando ed integrando
l’insegnamento della Corte Costituzionale”, e tenendo fermo il riferimento ulteriore ai principi
richiamati dalla stessa Consulta (artt. 97, 28, 81,119). Di qui la considerazione che la
concezione del controllo sulla gestione come attuativo dei principi della Costituzione in materia
di finanza pubblica e di attività amministrativa “conduce a ritenere essenziale la osservanza
delle norme legislative e regolamentari in tema di organizzazione e procedimento del controllo,
in coerenza con la natura magistratuale della Corte”. Nella stessa delibera (punto
confermato dal punto 1.2 della delibera 4/2000), si
2.5,
esplicita il parametro la “verifica della
legittimità”, che acquista specifica pregnanza di ordine funzionale, riferita «alla disciplina del
procedimento come “garanzia” per il cittadino-utente” e al “perseguimento degli obiettivi posti
dalle leggi ed al “buon andamento” della gestione».
Il riferimento all’art. 100 secondo comma Cost , contenuto nella delibera n. 3/2000,
appare di strategica rilevanza alla luce dei forti cambiamenti intervenuti con la riforma del
titolo V della parte II della Costituzione, con la trasformazione che potrà assumere il bilancio
8
dello Stato – così come i documenti correlati, quali il DPEF - divenendo quello della Repubblica
e differenziandosi dal documento contabile del solo Stato-apparato: la questione, qui appena
accennata, è di indubbia complessità. Va comunque osservato che un autorevole riferimento
sembra rinvenirsi nella affermazione della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 179
del 2007
19
, che - richiamando la precedente giurisprudenza sul fatto che il Legislatore è libero
di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo, “purché questo abbia un suo
fondamento costituzionale” - rileva che la sussistenza di tale fondamento “è confortata, in
primo luogo, dall'art. 100 della Costituzione, il quale assegna alla Corte dei conti il controllo
successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed imparziale. Infatti, se è vero
che, al momento dell'emanazione della Costituzione, per indicare l'intera finanza pubblica non
poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato, è altrettanto vero che oggi tale dizione
deve intendersi riferita non solo al bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti
pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata”.
3.2 Complessità dei parametri e pluralità degli effetti
La problematica sui parametri di controllo è da affrontare in relazione ai più generali
caratteri evolutivi del quadro normativo, con la esplicita sussunzione a livello giuridico dei
principi di buon andamento, di efficienza, efficacia, economicità (a riferimento generale, ripreso
in normative settoriali, v. art. 1 l. 241 del 1990).
In una amministrazione orientata al
risultato, i profili di celerità, snellezza procedurale, efficienza, efficacia, economicità, “non è
detto che debbano necessariamente inquadrarsi nel merito amministrativo”20, assurgendo a
canoni integrativi dello stessa nozione di legittimità e di legalità, non intese in una “visione
ristretta”, che non si esaurisce nel mero riscontro norma-atto, involgendo anche tali ulteriori
aspetti in una accezione di controllo di tipo giuridico, non economico”21. Il tema è delicato e
centrale22 nella nostra riflessione: in che misura esiste (e si riflette in tema di controllo) una
dicotomia tra quelle che vengono definite correttezza del modo (procedimentalizzzazione), di
sicura valenza giuridica, e bontà del risultato, ritenuto di prevalente valenza economica?
19
La sentenza riguarda la disciplina recata dai commi 166 e ss. dell’(unico) art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l.
23 dicembre 2005, n. 266), relativa al controllo sugli enti locali, più avanti ripresa nel testo.
20
A. SANDULLI, La proporzionalità dell’azione amministrativa. Padova, 1998, p. 283 ss.
21
M.R.SPASIANO, Funzione amministrativa ed amministrazione di risultato, in Nuovi problemi di Amministrazione
Pubblica - Studi diretti da F.G. SCOCA, Torino, 2003, p. 87.
22
A presentazione del convegno La Corte dei conti oggi e nella prospettiva di riforma (Corte dei conti. Coordinamento
del controllo successivo sulla gestione della spesa - Roma, 8 giugno 1998), T. LAZZARO osservava che fra i caratteri
fondamentali che costituiscono l’essenza del controllo della gestione vi è la “verifica della legalità obiettiva sull’azione
amministrativa”, essendo impensabile che un’attività gestoria da parte di una pubblica amministrazione possa
svolgersi in modo contrastante con quanto stabilito dalla legge; un controllo su tale attività non può prescindere da
tale verifica “per necessità ontologica, prima ancora che per dettato normativo”, ricostruendo il quadro complessivo
interno e comunitario per accertare la legittimità sostanziale e non meramente formale della gestione, anche
attraverso la ricostruzione degli obiettivi indicati dal Parlamento e dal Governo, potendo poi valutare il grado di
efficienza, efficacia, economicità della gestione stessa. Nello stesso convegno, v., in particolare, le relazioni di E.
PICOZZA, Controllo e giurisdizione contabile nella prospettiva europea; M. CARABBA, Bilancio per funzioni e controllo di
gestione, R. IANNELLI, La qualità dell’attività del controllo sulla gestione; A. CAROSI. I parametri di riferimento del
controllo sulla gestione. Per M.T. POLITO, La Corte dei conti un dinosauro in estinzione?, ibidem, “E’ necessario
considerare che in tutti i Paesi occidentali nei quali è stato adottato il manuale delle istituzioni di controllo (INTOSAI) si
riconosce che le valutazioni in termini di legalità rafforzano qualsiasi giudizio sulla qualità dell’azione amministrativa;
afferma, infatti l’art. 45 del menzionato manuale che “i due tipi di controllo, di legalità e di gestione, possono in realtà
svolgersi in una stessa operazione, tanto più che si rafforzano a vicenda, potendo il controllo di legittimità preparare
quello di gestione, quest’ultimo, sfociare nella correzione di situazioni che generano irregolarità”.
9
In un’amministrazione di risultato23, i profili organizzativi e i profili funzionali sono
strettamente collegati e fortemente interdipendenti24, così come entrambi si raccordano agli
aspetti di programmazione e di bilancio, sui quali vorrei poi soffermarmi. Il principio di legalità
si coniuga o contrasta o muta a fronte di un’amministrazione di risultato, quale oggi in base al
disegno normativo viene a configurarsi? Si è anche affermato che il principio di legalità viene
ad incorporare il risultato,
che “permea e connota l’esercizio della funzione”….. “il suo
perseguimento costituisce proprio il più pieno e sostanziale rispetto di quel principio di legalità
che pure taluni continuano a vedere compromesso, lasciando il risultato della funzione
amministrativa, appunto, al di fuori della stessa” 25.
Quali dunque i riflessi specificamente riferibili al controllo ed alla sua
particolare
riguardo
a
quelli
gestionali,
a
fronte
degli
orientamenti
giuridicità, con
dottrinali26
e
giurisprudenziali27, non di rado orientati ad escluderla, o a fortemente circoscriverla? La
tematica, di grande complessità, ha sollevato nei dibattiti
differenti, se non contrapposti,
orientamenti. Non avendo certo la pretesa di esaurirne la trattazione, anche solo ricognitiva28,
vorrei qui introdurre taluni aspetti, in parte nuovi, anche alla luce delle esperienze sin qui
maturate: l’uno riferito al dimensionamento del principio di legalità negli aspetti relativi alla
programmazione dell’attività amministrativa (ed in particolare alla programmazione di
bilancio);
l’altro
alla
misura
del
controllo
ed
alla
sanzione
come
strettamente
ed
ineliminabilmente legata al principio di legalità.
Sotto il primo aspetto, a fronte di una ben maggiore attenzione prestata ai rapporti tra
legge e
regolamento, e tra fonti interne e fonti comunitarie, meno esplorato, da ultimo,
appare il confine tra legge ed atti programmazione, sia per quanto attiene ai profili procedurali
richiesti dalla legge, che per quanto concerne la sua integrazione e compiutezza. Sia sotto
l’uno che l’altro profilo,
sembra evidente che lo spazio tra legge ed amministrazione non
appare più rigorosamente distinto, trovando fondamento esplicito e normativamente definito
nelle scansioni procedurali da rispettare, sia come ulteriore momento di identificazione
dell’obiettivo, che come concreta sua declinazione e traduzione operativa. In altri termini, sia a
livello governativo generale, che delle singole amministrazioni, è possibile individuare un
parametro che “sta prima”29 dell’azione, anche se non direttamente nella legge o in altra fonte
normativa (fonti comunitarie) di cui è difficile disconoscere la giuridicità, essendo esso stesso
23
L. IANNOTTA, Principio di legalità ed amministrazione di risultato, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno,
Macerata 21 e 22 maggio 1999, cit. p. 37 ss.
24
F. MERUSI, Sentieri interrotti, cit., p. 35 individua “un altro antidoto al decostruttivismo” nel controllo “ormai
generalizzato della Corte dei conti, che va alla sostanza delle “decostruzioni” soggettive e dovrebbe garantire che la
legalità formale si combini con la componente aziendale” della legalità: l’efficienza e l’economicità”.
25
M.R. SPASIANO, Funzione amministrativa ed amministrazione di risultato, cit., p. 224-225. L’A. sottolinea (p. 182)
che “In ogni caso, responsabilità di risultato e controllo sono contenuti specifici dell’ amministrazione di risultato”.
26
Sull’autonomia tra principio di legalità e risultato amministrativo, S. PERONGINI, Principio di legalità e risultato
amministrativo, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 39 ss.
27
V, supra, par. 2.2., anche per la diversa considerazione della legittimazione della Corte dei conti a sollevare
questione di legittimità costituzionale, non ammessa in sede di controllo successivo sulla gestione.
28
Si rinvia, per la diversificazione degli interventi e delle prospettive, alla già citata raccolta di contributi contenuti in
Principio di legalità e amministrazione di risultato, Atti del convegno (a cura di M. IMMORDINO e A. POLICE), Palermo, 2728 febbraio 2003, cit..
29
L. TRIOLO, Legalismo e legalità, Torino, 2000; v. sp. “La legalità come conformità ad una regola che “sta prima”, p.
21 ss..
10
previsto dalla legge come condizione necessaria per la regolarità ed il successo dell’azione
amministrativa.
Al rilievo degli atti di programmazione generali e del CIPE (questi ultimi soggetti, come
si è visto, al controllo preventivo di legittimità) si accompagna la crescente valenza dei
processi di programmazione all’interno delle amministrazioni, anche con specifico riguardo alla
allocazione ed alla gestione delle risorse (e dunque alla programmazione del bilancio). Il
contesto riformatore che ha contrassegnato l’intero decennio degli anni
cicli del ‘93-’94 e del ’97 - è ispirato
Novanta -
nei due
all’individuazione di un processo circolare di
pianificazione, programmazione, gestione e controllo. Ed è in questo contesto – che viene a
caratterizzare l’intera esplicazione dell’attività di Governo e delle Pubbliche Amministrazioni che intenderei approfondire il secondo correlato e, forse, più delicato, aspetto, rilevando che
troppo spesso si è considerata la sanzione come strettamente ed ineliminabilmente legata al
principio di legalità, non approfondendo dimensioni nuove, in parte diverse da quelle più
tradizionali,
ma
coerenti
alla
concreta
evoluzione
dei
meccanismi
istituzionali
ed
amministrativi, sui quali si fonda il rinnovato sistema dei controlli. Ci sembra che la sanzione
dell’annullamento dell’atto, propria dei controlli preventivi di legittimità - che precedono
l’introduzione dell’atto nell’ordinamento, condizionandone l’acquisto di efficacia. - corrisponda
infatti ad una visione ed a una realtà di predominanza dell’atto, con i suoi attributi di
imperatività e di esecutività, tipici della dottrina liberale classica. A monte, tale vision è
sorretta da una qualità della normazione che individua in maniera generale ed astratta, ma
con sufficiente determinazione, i modelli teorici di riferimento, su cui condurre l’analisi di
conformità della fattispecie concreta.
A fronte di quei così grandi cambiamenti della normazione e dello stesso ordinamento,
su cui la dottrina si è ampiamente soffermata, si è anche osservato, analizzando i rapporti tra
conformità a legge e successo dell’azione amministrativa, che la “dimensione giuridica come
aspetto rilevante del successo dell’azione amministrativa non deve essere collegata e
archiviata nel vecchio e più tradizionale discorso sui controlli di legittimità”.…occorrendo “un
sistema (o un insieme di sistemi di controllo esterno, ad opera di organismi in condizione di
particolare indipendenza in funzione di conoscenza-certificazione30”. L’A. sottolinea che si tratta
di costruzione giuridica di un controllo giuridico, dovendosi piuttosto interrogare sull’ausilio
delle discipline e delle tecniche non giuridiche31.
Senza soffermarmi su questa più ampia
prospettiva sistematica, va dunque
approfondita la effettiva portata degli effetti del controllo ai fini di tutela della legalità, nel
30
C. MARZUOLI, Brevi cenni in tema di controllo di gestione e amministrazione di risultati, in Principio di legalità ed
amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 401.
31
Diversamente, sull’assoluta autonomia tra criteri aziendalistici di efficienza, efficacia, economicità e loro
qualificazione come caratteri dell’azione amministrativa giuridica, N. PAOLANTONIO, in Principio di legalità ed
amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 393, che ne evidenzia la portata
rilevante solo sotto il profilo dell’analisi “puramente economica”. L’A conclude che “ogni altro tentativo di giuridicizzare
codesti concetti, almeno, si ripete, limitatamente al settore del controllo di gestione, non può che finire per ridurre …il
controllo stresso ad una forma di verifica anomala, ed atipica, di legalità, intesa in senso ampio, ossia anche come
riscontro di conformità a parametri non giuridici cui l’azione deve conformarsi, inclusi tra questi, gli indicatori di
performances, il che non può essere l’obiettino divisato dal Legislatore delegato del 1999”.
11
senso di comportare necessariamente
(ed esclusivamente) la sanzione dell’annullamento
(come con riguardo ai controlli preventivi di legittimità), chiedendosi se l’ordinamento possa
prevedere (o, in parte, già preveda) una qualche altra misura od effetto giuridicamente
rilevante. C’è, in sostanza, da interrogarsi se al di fuori di questo schema non sia possibile
individuare altra conseguenza e quindi altra valenza giuridica ai controlli, restringendo così gli
effetti dei controlli gestionali con esito referente a quelli di una - sia pur qualificata e neutrale
– informativa-denunzia alla pubblica opinione (comunque, in un sistema democratico,
Stakeholder finale dell’attività di referto). L’assoluta equivalenza effetto del controllo –
sanzione merita qualche approfondimento: vorrei sottolineare che nello stesso procedimento
del controllo preventivo di legittimità l’annullamento non costituisce la sanzione
esclusiva,
risultando questo, in ultima analisi, indirizzato alle Camere. Ricordiamo che in caso di
pronuncia negativa della Sezione del controllo, l’amministrazione può promuovere un’ulteriore
fase procedimentale: il Governo, previa motivata relazione, può infatti deliberare che l’atto
debba comunque “avere corso” (art. 25, comma 2, t.u. C. conti; art. 2, comma 2, lett. n) della
l. n. 400 del 1988; art. 27, comma 4 della l. n. 340 del 2000) e che sia pertanto ammesso a
“visto con riserva“. La norma (art. 26, t.u. C. conti) prevede che, ogni quindici giorni, la Corte
comunichi
direttamente alle Camere l’elenco delle registrazioni eseguite con
riserva,
accompagnato dalle deliberazioni relative, assicurando così il completarsi del circuito Corte Governo – Parlamento che caratterizza da sempre il sistema (i regolamenti parlamentari
prevedono che i presidenti della Camera e del Senato comunichino alle Assemblee le
“registrazioni con riserva” pervenute dalla Corte dei conti). Se, dunque, anche lo stesso
procedimento del controllo preventivo può risolversi, in ultima analisi, - salvo i casi di assenza
assoluta di copertura contabile (art. 25, comma 3, t.u. C. conti) cui consegue il “rifiuto
assoluto di registrazione” e l’annullamento dell’atto - in una dinamica del rapporto di fiducia tra
Governo e
Parlamento che, seppure di chiara valenza politica, riveste anche una (alta)
connotazione giuridica, c’è invero da chiedersi se non vadano meglio esplorati gli aspetti
relativi agli effetti del controllo connessi alla riforma attuata nel 1994 e nel 2003.
Le norme richiamate evidenziano (la seconda ancor più esplicitamente) una funzione
collaborativa (che potrebbe più propriamente declinarsi sia nella collaboratività nei confronti
delle Amministrazioni, che nella ausiliarietà per gli Organi elettivi). Per riprendere le parole
della Consulta nella sent. 29 del 1995, la Corte dei conti infatti indirizza relazioni, con cadenza
almeno annuale, agli Organi che assumono le decisioni politiche concernenti gli obiettivi e le
strategie, al fine “di agevolare l’adozione di soluzioni dirette al raggiungimento dell’economicità
e dell’efficienza dell’azione e dell’efficacia dei relativi risultati”, e “a stimolare le iniziative di
autocorrezione sia sul piano delle decisioni legislative, dell’organizzazione amministrativa e
delle attività gestionali, sia sul piano dei controlli interni”, con esclusione di un impatto diretto
sull’efficacia giuridica dei singoli atti o sulla responsabilità di funzionari. Va sottolineata la
previsione (art. 3, comma 6 della l. n. 20 del 1994) di formulare alle amministrazioni, in
qualsiasi momento, “osservazioni” e, soprattutto, di ricevere comunicazione delle misure
12
consequenzialmente adottate: tale adempimento è stato ribadito dal comma 172 dell’(unico)
art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), che prevede che sia
dato riscontro alle relazioni della Corte entro sei mesi dalla data di ricevimento, sancendo così
tempi precisi di riscontro. per rendere concretamente operante quel contraddittorio, ben più
familiare all’esperienza anglosassone, che caratterizza il sistema e le finalità dei controlli con
esito referente32.
E’ importante segnalare un'altra disposizione introdotta dalla l. finanziaria per il 2006
(art.1, comma 171 l. n.266/2005), con specifico riguardo alla ricaduta contabile-finanziaria
degli esiti del controllo nella predisposizione dei documenti di bilancio. Sotto tale aspetto - a
conferma dello stretto rapporto tra effetti del controllo e programmazione di bilancio - si
prevede espressamente (con una modifica all’articolo 2 della l. n. 468 del 1978, cui viene
aggiunto il comma 3-bis) che sia tenuto conto degli esiti del controllo nella formulazione delle
previsioni di spesa, ed, in particolare, che nelle note preliminari - finalizzate ad una più
consapevole maturazione della decisione parlamentare, in modo da consentire l’effettiva
verifica della valenza programmatica, e non meramente incrementale, della nuova allocazione
delle risorse33 - siano indicate le misure adottate a seguito delle valutazioni della Corte. La
formulazione della norma appare specificamente riferita alle modalità di costruzione del
bilancio dello Stato, ma essa può rivestire valenza più ampia di principio, venendo ad
esplicitare un effetto, a nostro avviso “fisiologico”, del controllo esterno di natura finanziariogestionale, che partendo appunto dalle linee programmatiche, non può non refluire sulle nuove
impostazioni contabili, che vengono a giovarsi anche delle sue neutrali valutazioni.
Nella stessa linea, intesa ad assicurare comunque un esito (sia pur non sanzionatorio) al
controllo, si pone la previsione recata dai commi 166 e ss. dell’(unico) art. 1 della stessa legge
finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al controllo sugli enti locali e del
SSN. In base alla normativa34, - recentemente riconosciuta in linea con i principi costituzionali
32
Si può segnalare la relazione su ”I procedimenti disciplinari nelle amministrazioni dello Stato” (Sez. centrale
controllo sulla gestione, deliberazione 7/2006) nella quale viene dato conto di notevoli disfunzioni e criticità presenti in
numerose amministrazioni per ciò che attiene, in particolare, ai provvedimenti disciplinari conseguenti a giudicati
penali. Nel documento viene considerato, tra l’altro, come la vigente normativa di settore, frammentata in leggi
speciali e contratti collettivi di lavoro, sia causa di numerosissime questioni interpretative che consentono ai
condannati per reati contro l’amministrazione di evitare le pene espulsive, mediante ricorsi fondati su errori formali
delle amministrazioni stesse. La lunghezza dei procedimenti penali, la pregiudiziale penale all’esercizio della funzione
disciplinare, la difficoltà di usufruire, nel procedimento disciplinare, degli accertamenti compiuti dal giudice,
allontanano poi nel tempo, svuotandole anche della loro efficacia deterrente, le sanzioni ai dipendenti infedeli. Alla
delibera hanno fatto seguito specifiche iniziative governative, sotto forma di circolari amministrative e di un apposito
d.d.l. recante integrazioni
e modifiche alle disposizioni sui rapporti tra procedimento penale e procedimenti
disciplinari.
33
La impostazione delle previsioni di entrata e di spesa del bilancio dello Stato è ispirata al metodo della
“programmazione finanziaria” (art. 1-bis legge n. 468/1978). Secondo tale logica, il dimensionamento degli
stanziamenti di bilancio, con riferimento al periodo temporale cui il bilancio medesimo si riferisce, deve essere attuato
tenendo conto “degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali e dei programmi e progetti presentati da ciascuna
amministrazione, rimanendo preclusa ogni quantificazione basata sul mero calcolo della spesa storica incrementale”
(art. 2, comma 1, d.lgs. n. 279/1997); sul tema. C. CHIAPPINELLI - L. CONDEMI, Programmazione e controlli nella
pubblica amministrazione, Milano, 2004, parte Prima.
34
Le norme prevedono infatti che, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della
finanza pubblica, gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali e del SSN trasmettano alle competenti
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto dell’esercizio
di competenza dell’ente. Alla Corte dei conti è anche assegnato il compito di definire unitariamente criteri e linee guida
cui gli organi di revisione economico-finanziaria debbono attenersi nella predisposizione della relazione: questa deve,
in ogni caso, dar conto del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno; dell’osservanza del vincolo
13
dalla Consulta con la sentenza n. 179 del 7 giugno 2007, richiamata dalla successiva ord. n
285 del 2007 - le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, qualora accertino - anche
sulla base delle relazioni sul bilancio di previsione e sul rendiconto dell’esercizio di competenza
dell’ente trasmesse dagli organi di revisione economico-finanziaria degli enti - comportamenti
difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di
stabilità interno, “adottano specifica pronuncia e vigilano sull’adozione da parte dell’ente locale
delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di
mancato rispetto delle regole del patto”. Appare di importanza sistematica la considerazione,
ribadita dalla stessa Corte dei conti, che le pronunce di controllo non sono dirette a segnalare
generiche
disfunzioni
gestionali,
ma
soltanto
irregolarità
contabili
di
rilievo
tale
da
compromettere l'equilibrio finanziario dell'ente, e, soprattutto, che le segnalazioni della Corte
agli organi rappresentativi degli enti hanno lo scopo di sollecitare l’adozione dei correttivi
necessari per eliminare le irregolarità segnalate35. Tale funzione “collaborativa” è stata ribadita
dalla Corte costituzionale (sent. n. 179 del 2007), che ha inquadrato tale controllo - finalizzato
ad assicurare la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi
ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall'ultimo
comma dell'art. 119 Cost. - nel contesto della disciplina recata dalla legge n. 131 del 2003. I
Giudici di Palazzo della Consulta evidenziando i caratteri del nuovo tipo di controllo, dettato da
esigenze di tutela dell'unità economica della Repubblica e di coordinamento della finanza
pubblica, hanno rilevato come esso, se è ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e
regolarità, “ha tuttavia la caratteristica, in una prospettiva non più statica (com'era il
tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra
fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive”. Si
è quindi
precisato che la verifica affidata alla Corte dei conti non è invasiva dell’autonomia degli enti,
ma è diretta a rappresentare agli Organi elettivi la reale ed effettiva situazione finanziaria, in
modo che gli stessi possano responsabilmente assumere le decisioni più opportune, sia
nell’interesse dell’ente amministrato che della più vasta Comunità cui l’ente appartiene,
previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, ultimo comma, della Costituzione; di ogni grave irregolarità
contabile e finanziaria in ordine alle quali l’amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate
dall’organo di revisione.
35
Un bilancio della prima attuazione di queste disposizioni si rinviene nella Relazione del Presidente della Corte dei
conti su “Lo stato dei controlli e della giurisdizione al 1 gennaio 2006”, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario
2007 (1 febbraio 2007): vi si legge che i quesiti rivolti ai revisori, oltre a far emergere le irregolarità contabili
individuate dallo stesso legislatore (violazione del patto di stabilità e dell’art. 119 Cost., per quanto attiene al divieto
d’indebitamento), hanno mirato all’evidenziazione anche di altre criticità in grado di incidere gravemente sugli equilibri
di bilancio. E’ stata, dunque, riservata attenzione alla presenza di debiti fuori bilancio, alla sovrastima delle entrate e
alla conservazione dei residui attivi, alla non corretta contabilizzazione di voci strategiche, all’incidenza delle entrate
straordinarie e agli oneri connessi alla gestione delle società partecipate. Si è rimarcato che ...”in non pochi casi le
misure correttive proposte dalla sezione regionale – che hanno riguardato soprattutto il mancato rispetto, in sede di
previsione di bilancio, del patto di stabilità – sono state accolte attraverso variazioni di bilancio”. Si osserva, infatti,
che “il carattere collaborativo di questo controllo, se è più evidente quando si svolge sul bilancio preventivo,
suscettibile di essere variato dopo la sua approvazione, non è estraneo neppure al controllo sui rendiconti. In questo
caso, infatti, se non è più possibile intervenire per modificare un atto contabile divenuto definitivo nella
rappresentazione di una gestione già svolta in modo irregolare, tuttavia gli accertamenti e le pronunce della Corte
potranno ancora produrre effetti diretti o indiretti a vantaggio dell’ente, costretto a seguire percorsi di risanamento già
previsti dalla legge o comunque imposti dai principi di sana gestione”.
14
“cosicché la sua previsione non lede l’autonomia degli enti che costituiscono la Repubblica, ma,
al contrario, è diretto a rafforzarla”.
Nessun obbligo, nessuna sanzione, dunque, per i nuovi (ma anche per tutti i controlli),
al di fuori dell’annullamento? O vanno invece meglio approfonditi, alla luce delle disposizioni vecchie e nuove - che ho richiamato e dell’intero contesto sistematico, un doveroso
comportamento dell’amministrazione – di cui andrebbero meglio approfonditi i contorni
operativi atti a renderlo di maggiore effettività e cogenza - a provvedere, a rispondere, a
motivare o
meglio motivare (se del caso, naturalmente, anche in difformità da quanto
osservato dall’Organo di controllo? E’ questo l’interrogativo di fondo, che ci appare di
particolare attualità ed in grado di poter sorreggere adeguatamente una riposta alle nuove
esigenze del sistema, che evidenzia maggiore autonomia della amministrazione, maggiori
poteri di indirizzo del vertice politico, ma richiede anche maggiore responsabilità nel motivare e
rappresentare le ragioni alla base dalle scelte effettuate e dell’impiego delle risorse pubbliche.
Un riferimento più immediato è al già richiamato rilievo degli atti di programmazione
dell’attività amministrativa, che ispirano l’intero sistema. In tale ottica c’è invero da chiedersi
se alla (necessaria) predefinizione delle missioni e degli obiettivi, a partire dalla legge e dalla
programmazione di bilancio, non debbano seguire, nelle verifiche esterne, effetti più diretti del
controllo in termini di necessaria risposta alle osservazioni dell’Organo di controllo, volte a
stimolare l’amministrazione al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Parlamento e dal
Governo, e per i quali sono state apprestate specifiche risorse pubbliche.
Un profilo particolarmente delicato, sul quale conviene avviare più approfondita
meditazione, riguarda
i casi di assoluta inadempienza ed inazione, rispetto all’attuazione di
compiti ed all’utilizzo di risorse appositamente allocate nei documenti di bilancio, normativi e
programmatici. Non v’è per essi una legittima attesa del cittadino-utente - prima ancora che
dell’Organo di controllo - a conoscere il perché di ingiustificate omissioni ed inadempienze, di
mancato utilizzo di risorse, di sostanziale inazione degli apparati pubblici?36 E, soprattutto,
assicurando l’effettiva doverosità di una risposta dell’amministrazione agli ammonimenti
ad
agire (senza ovviamente che l’Organo di controllo si sostituisca in alcun modo ad essa) non si
dovrebbe favorire la realizzazione di leggi e programmi, evitando ritardi, sprechi e inefficienze?
Si evidenziano dunque due profili funzionali, prima ancora che normativi, di risposta cui si
36
In questa prospettiva si assiste ad un più cospicuo peso dei cittadini-utenti, che tendono ad incidere con il loro
giudizio, oltre che in occasione delle scadenze elettorali, nel corso della gestione amministrativa (G. NAPOLITANO,
Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, 2001, p. 223 ss.). Con riguardo specifico agli enti locali si segnala la
considerazione di S. RODRIGUEZ (I controlli sugli atti degli enti locali nel mutato assetto costituzionale, in Giur. it., 2004,
p. 1293 ss.),“che lo spazio sottratto alle verifiche di legittimità con la soppressione dei controlli esterni e preventivi
possa essere recuperabile attraverso il sindacato giurisdizionale”. Vedasi al riguardo anche gli art. 9 e 70 del t.u.E.L. e
la discussione sul tema dell’azione popolare nei rapporti con i controlli in Ass. cost., Commissione per la Costituzione,
Resoconto II Sottocommissione, 29 luglio 1946. F. PINTO, La disciplina dei controlli interni tra legge e autonomia
normativa locale, in Atti del convegno Autonomie locali, garanzie di legalità e sana gestione, Roma, 21 aprile 2004 (a
cura di G. C. DE MARTIN), Roma 2005, p. 43, ricorda che durante una ricerca negli Stati Uniti sui rapporti tra enti locali
e sistema del governo federale, “alla domanda, fatta in un colloquio all’università di Harvard, ma chi controlla gli enti
locali? l’interlocutore statunitense, con l’atteggiamento di chi avesse ricevuto la domanda più stupida del mondo, e
probabilmente nella sua logica lo era, ha risposto “the people and the judge of course”, il popolo e il giudice dunque”.
15
correlano i nuovi controlli, sia con riguardo ai decisori politici, che (per certi versi,
fisiologicamente prima) con quelli amministrativi.
In definitiva la possibilità di accompagnare una misura diversa dall’annullamento, ma
non per questo collocantesi al di fuori della giuridicità -
nel senso di considerare una
previsione procedimentale dell’esito del controllo, con gli effetti di più esplicita assunzione di
responsabilità - significa non relegare i nuovi controlli al di fuori della legalità, ovvero, per
adverso, ricondurre sic et simpliceter alla legalità l’intera area di quanto riconducibile ai principi
di buon andamento, di efficienza, efficacia, economicità.
4. La “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei pubblici dipendenti
In tale linea di riflessione sulla possibile pluralità degli esiti del controllo, in coerenza ad
una diversa e più complessa dinamica dei processi decisionali pubblici, ed, in particolare, di
quelli che caratterizzano il settore, richiamo una particolare ed innovativa tipologia di verifica,
sia con riguardo ai parametri di riferimento ed alla loro costruzione, che agli effetti che ne
conseguono. Mi riferisco alla
“certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei pubblici
dipendenti, che ha sostituto il controllo preventivo37 sulla autorizzazione governativa alla
sottoscrizione degli accordi (a sua volta sostituita dal parere dei comitati di settore, costituiti
nell’ambito di ciascun comparto di contrattazione).
La Corte dei conti, effettua. un esame di compatibilità fra i costi contrattuali quantificati
dall’Aran e gli strumenti di programmazione e di bilancio indicati dall’art. 1 bis della l. n. 468
del 1978, verificando la correttezza della quantificazione, e valutando la compatibilità dei costi
della contrattazione con i vincoli di bilancio ed i parametri indicati nei documenti di
programmazione economica e finanziaria (che si richiamano anche agli accordi sulla politica dei
redditi)38. Il procedimento previsto dagli art. 40 ss. del d. lgs. n. 165 del 2001 è complesso. In
caso di certificazione non positiva, l’Aran (art. 47, comma 6), sentito il Comitato di settore o il
Presidente del Consiglio dei Ministri, “assume le iniziative necessarie per adeguare la
quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga
37
La diversità dai controlli preventivi di legittimità è evidenziata anche nella sent. n. 171 del 2005 della Corte
costituzionale, in tema di contrattazione collettiva dei pubblici dipendenti, nella specie della Provincia autonoma di
Trento). La Consulta ha ritenuto, in sede di conflitto di attribuzione, che - data la mancanza di una esplicita previsione,
diversamente da quanto prima previsto per il controllo preventivo di legittimità dall’art. 60, comma 3, della legge
provinciale 3 aprile 1997, n. 7 - non spetta alla Corte dei conti l’esame della contrattazione della provincia di Trento.
La Consulta ha infatti affermato che i procedimenti di controllo contabile si debbono svolgere secondo la disciplina
statale, ma in modo tale che il necessario adeguamento legislativo provinciale li renda compatibili con l’ordinamento di
appartenenza, senza che in proposito possano essere invocati eventuali vincoli derivanti da norme fondamentali di
riforma economico-sociale (v. M PIERONI, Il controllo della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico (a proposito di
un conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti della Corte dei conti), in Lav.
nelle p.a. 2006, 1, I, pag. 102).
38
A conferma di una diversa dinamica del processo decisionale può essere utile ricordare che è previsto dalla norma
un ruolo maggiore dei Comitati di settore per la quantificazione degli oneri contrattuali e l’assicurazione della copertura
degli incrementi retributivi all’interno della evoluzione dell’andamento dei singoli bilanci. L’art. 47, comma 3, del d.lgs.
n. 165 del 2001 come modificato dall’art. 17 della legge n. 448 del 2001, prevede la coerenza degli atti di indirizzo dei
diversi Comitati di settore con le scelte operate dal Ministro per la funzione pubblica per il settore statale. La
giurisprudenza contabile ha più volte fatto riferimento al principio di sostenibilità degli oneri contrattuali, che non
richiede una puntuale analisi dell’andamento dei singoli bilanci aziendali, ma la ricostruzione di un complessivo
scenario evolutivo dei conti dell’intero settore, sulla base di indicatori che diano affidamento sui margini di tenuta
complessiva del sistema (Corte dei Conti, SS.RR., del. n. 41/CONTR/CL/06 del 19.ottobre 2006). Tale impostazione di
sostenibilità si rinviene anche in talune avanzate esperienze straniere, in cui la sua verifica è condizione per la
approvazione ed il finanziamento dei programmi di spesa.
16
possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative”. Le
iniziative assunte dall’Aran a seguito della valutazione espressa dalla Corte dei conti sono
comunicate in ogni caso al Governo ed alla stessa Corte dei conti, che riferisce al Parlamento
“sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e
compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio”. La “certificazione” va
sicuramente ad ascriversi alla area dei controlli finanziari, potendosi peraltro distinguere
concettualmente,
nell’ambito
dello
stesso
esame
di
verifica
della
correttezza
della
quantificazione e valutazione della compatibilità dei costi della contrattazione con “gli strumenti
di programmazione e di bilancio”, una pluralità interagente di parametri e di conseguenze39. Al
parametro della veridicità contabile della quantificazione operata dovrebbe fisiologicamente
seguire una correzione o, comunque, un diverso accertamento della stessa, mentre a fronte
della valutazione della compatibilità dei costi della contrattazione con i vincoli di bilancio
rilevano maggiormente gli “spazi” della valutazione governativa, con lo spostamento, anche
qui, della problematica nel circuito dei rapporti Governo – Parlamento (il che
richiama, per
certi versi, l’esito finale del procedimento della cd. “registrazione con riserva” degli atti
sottoposti a controllo preventivo).
Due, quindi le considerazioni, che proverei a evidenziare:
•
la conferma del crescente rilievo della “legittimità finanziaria”;
•
l’emergere nel procedimento di verifica di misure, e conseguenti effetti, diverse
dall’annullamento (ma non per questo inesistenti o ininfluenti con riguardo al
principio di legalità).
5. Principio di legalità, sistema delle Autonomie e controlli finanziari
La tematica del principio di legalità assume specifica valenza nel nuovo ordinamento
costituzionale dei rapporti tra Stato ed Autonomie, anche per l’esigenza di assicurare un
efficace coordinamento della finanza pubblica, in linea con gli obiettivi di stabilizzazione fissati
dall’Unione Europea e la nuova posizione costituzionale delle Autonomie, come più volte
ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che richiama il rispetto degli obblighi
comunitari a fondamento e giustificazione delle norme di contenimento della spesa e dei
correlati controlli finanziari, sia interni che esterni40.
39
Il procedimento è stato ulteriormente integrato, anche con riguardo ai tempi di conclusione, dal comma 548 dell’art.
1 della l. 27 dicembre 2006 n. 296.
40
Il filo conduttore delle pronunce adottate negli ultimi anni si scorge nel bilanciamento tra autonomia degli enti e
vincoli finanziari, da rispettare anche in relazione agli obblighi comunitari. Sotto tale profilo, di particolare significato,
nel riconoscimento dell’autonomia degli enti territoriali, è l’accoglimento (sentenza n. 417 del 2005 ) delle censure
prospettate avverso i commi 9, 10, 11 dell’art. 1 del d.l. n. 168 del 2004, convertito dalla l. n. 191 del 2004, in quanto
introducenti vincoli puntuali (riguardanti spese per studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei
all’amministrazione, missioni all’estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, acquisto di beni e servizi),
facendone conseguire l’incostituzionalità anche delle altre disposizioni strumentali rispetto ad essi (disciplinanti
adempimenti consequenziali, controlli, obblighi di motivazione o informazione, ipotesi di responsabilità disciplinare ed
erariale per la loro violazione). Per la Consulta, infatti, se non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre
agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli
obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni
17
Il tema dei parametri di riferimento – già sopra affrontato in via generale – appare
ancora più sensibile per i controlli relativi alle Autonomie territoriali. Nel passaggio dai controlli
di legittimità41 ai controlli gestionali, si è considerato che “il timore di un calo generalizzato di
legalità a seguito della riforma del Titolo V presuppone che il rispetto di tale principio possa
venire garantito solo dal tradizionale controllo preventivo esterno sugli atti”; di primario rilievo
è dunque l’interrogativo se il controllo esterno della Corte dei conti sulla gestione equivalga,
semplicemente, ad un passaggio “dalla legalità all’efficienza” dei parametri di controllo, ovvero
non si debba “piuttosto parlare di un passaggio dalla legalità formale alla legalità sostanziale,
intesa come congruità dell’azione pubblica rispetto agli obiettivi prestabiliti nelle leggi, di cui
l’efficienza è un aspetto”42. Lo stesso A. non si nasconde le difficoltà che il nuovo modello di
controllo sta incontrando proprio sotto il profilo dei parametri di riferimento, osservando che
“mentre, infatti, in assenza di una legge di attuazione dell’art. 119 Cost., i controlli sulle
gestioni finanziarie si basano sul rispetto del Patto di stabilità, i criteri e gli standard espressivi
di un principio di legalità sostanziale dell’azione amministrativa degli enti locali sono ancora da
impostare”, e che occorra “rimediare alla paradossale situazione per cui il solo parametro
davvero stringente in tutta l’area dei controlli deriva di fatto da una fonte non nazionale”.
L’accentuarsi della natura finanziaria del controllo - di sempre maggiore valenza
nell’attuale evoluzione dell’ordinamento, che postula un’esigenza di garanzia più complessa
degli equilibri finanziari dello Stato e delle Autonomie - è dunque argomento oggi
particolarmente attuale, anche se non esplorato in tutte le sue angolazioni ed in particolare con
riguardo al principio di legalità.
Ricordo che al principio di legalità sostanziale ha fatto esplicito riferimento la sent. 425
del 2004. del Corte costituzionale, esaminando le disposizioni di indebitamento e di
investimento previste dall’art. 3, commi 17,18, 19 della l. finanziaria per il 2004 (l. 350 del
2003)43.
indirette all’autonomia di spesa degli enti, va peraltro ribadito il principio per cui le norme che fissano vincoli puntuali
relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l’autonomia
finanziaria di spesa garantita dall’art. 119 Cost. Gli stessi principi appaiono confermati, in sintesi, nella successiva
sent. n. 449 del 15 dicembre 2005.
41
Per gli enti territoriali la dottrina ha affrontato la problematica relativa alla abrogazione degli artt. 125, primo
comma, e 130 Cost., (effettuata dall’art. 9 della l. cost. n. 3 del 2001), chiedendosi se vi sia stata una semplice
“decostituzionalizzazione” della materia, ovvero una sorta di implicita soppressione del regime degli “etero-controlli”
per gli enti territoriali, in correlazione alla loro nuova posizione costituzionale, con la conseguente inammissibilità di
forme e strumenti di controllo che non trovino esplicito fondamento in Costituzione. Sia consentito il rinvio, anche per i
richiami dottrinali e bibliografici, in parte qui riportati, a C. CHIAPPINELLI, “I controlli”, in G. CORSO - V. LOPILATO, (a cura
di), Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali, Milano, 2006. Si ricorda che per gli enti locali con il d.l. n.
786 del 1981, conv. dalla l. n. 51 del 1982, era stata istituita la “Sezione enti locali” (oggi Sezione delle Autonomie),
con il compito di esaminare la gestione finanziaria degli enti con popolazione superiore agli ottomila abitanti, e di
riferire al Parlamento, in maniera aggregata, i risultati delle rilevazioni e delle analisi compiute. Tali controlli sono stati
mantenuti fermi dal comma 7 dell’art. 3 della l. n. 20 del 1994, che ha richiesto espressamente che le relazioni della
Corte sugli enti locali contengano anche valutazioni sul funzionamento dei controlli interni. Ancora attuali sono le
sentenze della Consulta n. 422 e n. 961 del 1988, che avevano evidenziato il rilievo della funzione referente della
Corte dei conti anche con riguardo alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica rimesse al Parlamento.
42
C. PINELLI, Quali controlli per gli enti locali dopo la riforma del titolo V , in Atti convegno Autonomie locali, garanzie
di legalità e sana gestione, cit., p. 32.
43
La Consulta ha confermato che anche le Regioni a statuto speciale sono chiamate a concorrere al conseguimento
degli obiettivi posti dai vincoli comunitari, facendo parte la loro finanza della “finanza pubblica allargata” per la quale lo
Stato ha poteri di coordinamento sent. 36 del 2004), dovendosi escludere che ogni ente faccia in proprio le scelte di
individuazione di tali nozioni, di rilevanza ai fini del rispetto dei criteri, anche tecnici, derivanti dall’appartenenza alla
18
Atteso il rilievo primario dei controlli finanziari, che coinvolgono anche la responsabilità
dello Stato nei confronti della Unione europea (patto di stabilità e crescita) e che trovano
fondamento negli artt. 81 (equilibrio di bilancio), 117, 1 comma (vincoli comunitari), 119
(coordinamento della finanza pubblica) e 120 (unità economica), i controlli sulle Autonomie
vanno assumendo una diversa fisionomia, sostituendo alle originarie norme costituzionali (art.
125, comma 1, e 130 Cost.), già considerate nate “vecchie”44, un nuovo assetto, a garanzia di
autonomia, di efficienza, ed insieme di legalità.
L’evoluzione del sistema ha portato la Corte dei conti a privilegiare, in coerenza con le
sue origini ed il suo stesso “DNA” e con i principi affermati nella giurisprudenza costituzionale, i
moduli del controllo finanziario, anche in relazione alle esigenze poste dall’U.E.. Ricordo che
l’art. 7 della l. n. 131 del 2003 affida ad essa, ai fini del coordinamento della finanza pubblica,
la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte dì comuni, province, città
metropolitane e regioni, anche in relazione al Patto di stabilità ed ai vincoli derivanti
dall’appartenenza all’U.E.45. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel
rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi
posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva
competenza, nonché la sana gestione finanziaria46
degli enti locali ed il funzionamento dei
controlli interni, riferendo sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti
controllati47.
U.E., in quanto, trattandosi di vincoli unitari, solo lo Stato può validamente definirli. La Consulta ha invece ritenuto
fondate le censure avanzate con riguardo alle norme che affidavano al Ministro dell’economia e delle finanze, sentito
l’ISTAT, il potere di disporre con proprio decreto modifiche alle tipologie di “indebitamento” e di “investimenti” ai fini di
cui all’art. 119, sesto comma, della Costituzione, non essendo sufficiente il semplice richiamo ai criteri europei. Per la
Corte costituzionale, esse si traducevano infatti in una sostanziale delegificazione delle statuizioni contenute nella
legge, violando il principio di legalità sostanziale, in base a cui l’esercizio di un potere amministrativo, incidente
sull’autonomia regionale e locale, può essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in
via generale il contenuto delle statuizioni governative (sent. n. 301 del 2003).
44
Per M. NIGRO, “I costituenti sul punto del controllo pensarono vecchio” (Conclusioni del Convegno di Parma sul tema
“Controlli sugli enti locali: Prospettive di riforma”, Parma 25-26 ottobre 1984, in Reg. Gov. Loc., 1984, n. 4, p. 219
ss.). La tematica è stata oggetto del 52° Convegno di studi amministrativi, Varenna, 21-22-23 settembre 2006, sul
tema I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro costituzionale, Milano 2007.
45
Per la Corte costituzionale (ordinanza n. 285 del 4 luglio 2007, con cui ha dichiarato la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 93, comma 2, 226 e 274 del t.u.E.L, relative alla “latitudine” del
giudizio di conto per gli enti locali), con le misure delineate dall’art. 7 della legge n. 131 del 2003, e la forma di
controllo disciplinata dai commi da 166 a 169 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, devoluta alla Corte dei conti,
quale organo imparziale dello Stato-Comunità, “si è venuto a realizzare un quadro complessivo utile per soddisfare
l’esigenza degli equilibri di bilancio”, in linea con le esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e del
coordinamento della finanza pubblica, nonché del rispetto del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di
indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost.. Tale nuovo assetto “rende ancor più ragione delle
affermazioni della sentenza n. 378 del 1996 in ordine all’esigenza di un “più compiuto inserimento del riscontro della
gestione degli enti locali in una visione complessiva del contesto di finanza pubblica, anche al fine di evitare
improduttive duplicazioni dell’attività di controllo, così da giustificare l’attenuazione del significato del riscontro
contabile in via giurisdizionale”.
46
Il concetto è di derivazione comunitaria: in base all’art. 248 del Trattato CE la Corte dei conti controlla la legittimità
e la regolarità delle entrate e delle spese ed accerta, appunto, la “sana gestione finanziaria” dell’Unione e degli
organismi da essa creati, riferendo “su ogni caso di irregolarità” al Parlamento europeo e al Consiglio. A tali Organi la
Corte presenta una dichiarazione in cui attesta la affidabilità dei conti e la legittimità e la regolarità delle relative
operazioni. Si ricorda che, negli Stati membri, il controllo comunitario si effettua in collaborazione con le Istituzioni
nazionali di controllo. V. anche art. 27 del Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità
europee, Reg. (CE, Euratom) N. 1605/2002 del Consiglio del 25 giugno 2002.
47
La norma riafferma la valenza “collaborativa” del controllo gestionale nei confronti degli enti di autonomia
territoriale, volto a rimuovere disfunzioni e a privilegiare modelli efficienti ed efficaci dell’azione amministrativa,
stimolando iniziative di autocorrezione e coerenti indirizzi da parte degli organi di direzione politica. In tale linea si
prevede che le Regioni e (di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito) anche i Comuni, le Province
e le Città metropolitane possano richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della
19
In tale contesto, si colloca anche la richiamata disciplina recata dai commi 166 e ss.
dell’(unico) art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al
controllo sugli enti locali e del SSN, che, come si è anticipato, ha di recente superato lo
scrutinio del Giudice costituzionali (sentenza n. 179 del 7 giugno 2007).
Vanno, infine, considerate anche le stesse sedi di raccordo e confronto istituzionale che
emergono e caratterizzano la nuova e policentrica realtà istituzionale, sia nei rapporti fra
Regioni ed Enti locali (Consigli delle Autonomie) che tra le Autonomie e lo Stato (sistema delle
Conferenze), che incidono anche sull’assetto dei sistemi di monitoraggio e di raccolta di dati48,
funzionali agli organi di decisione politica (ed allo stesso esercizio del controllo esterno
referente). Si pongono due aspetti di rilevanza strategica: l’uno che concerne i rapporti fra
controlli interni ed esterni, con le differenze, strutturali e funzionali, evidenziate dalla dottrina e
dalla stessa Corte costituzionale49; l’altro, connesso, di attivare un più articolato rapporto con
gli Organi a legittimazione democratica destinatari dei referti50, con i decisori politici e con
quelli amministrativi, circa l’utilizzo e la gestione delle risorse collettive.
Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché
pareri in materia di contabilità pubblica. E’ significativa la previsione (art. 7, comma 9) che le Sezioni regionali di
controllo possano essere integrate da membri di designazione delle Autonomie, regionali e locali, così come quella
della potestà delle Regioni a statuto speciale, nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel
rispetto delle suddette finalità. In dottrina si è osservato che “l’attribuzione della funzione di controllo esterno sulla
gestione degli enti locali a un organo unico come la Corte dei conti, che sempre più la normazione positiva ha
caratterizzato come organo della Repubblica nella pregnante accezione dell’art. 114, facendole perdere i residui
connotati di organo ausiliario del Governo centrale, non solo non contrasta, ma è complementare con il potenziamento
delle autonomie locali e con il principio di differenziazione” (F. STADERINI, Il controllo sulle Regioni e gli enti locali nel
nuovo sistema costituzionale italiano, in Riv. Corte Conti, n. 2/2003, p. 309 ss.,). Per P. MADDALENA, Il controllo
successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti:l’organizzazione della Corte dei conti per l’esercizio delle
funzioni di controllo, in Cons. Stato, 2002, II, c. 519 ss., “L’esigenza che ogni apparato pubblico operi realmente in
base a principi di legalità, imparzialità ed efficienza è oggi ribadita dalla modifica della parte seconda, titolo V, della
Costituzione, che rilancia l’importanza del controllo successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti in base ai
principi di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
nell’evoluzione del complesso quadro normativo in materia di controlli e di contabilità pubblica”. Per F. CARINGELLA, I
controlli sugli atti amministrativi, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2003, II, p. 1657, “Le Autonomie territoriali
sono garantite dalla caratterizzazione soggettiva dell’organo di controllo”; l’A. riprende le parole della Consulta,
secondo cui l’attribuzione alla Corte dei conti del controllo sulle gestioni degli enti territoriali va intesa non in termini
di contrapposizione di un potere statale alle Autonomie, ma come previsione di un compito essenzialmente
collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate.
48
Un rilievo particolarmente significativo assumono gli accordi e le intese nel settore della sanità, che prevedono
espressamente funzioni di monitoraggio della spesa relativa ai “livelli essenziali di assistenza” (c.d. LEA) da garantire
sull’intero territorio nazionale (V.Intesa sancita tra Governo e Regioni in data 23 marzo 2005, ai sensi dell’articolo 8,
comma 6, della legge n. 131 del 5 giugno 2003, in attuazione dell’articolo 1, comma 173, della l. n. 311 del 30
dicembre 2004).
49
V. la sentenza della Corte costituzionale n. 267 del 6 luglio 2006, in Giur. Cost., n. 4/2006, p. 2797, con nota di C.
CHIAPPINELLI, Evoluzione dell’ordinamento e controlli: le funzioni degli Organismi regionali e della Corte dei conti. Nella
sentenza è stato rilevato che la possibilità data dall’art. 7 della legge n. 131 del 2003, alle Regioni a statuto speciale,
di adottare particolari discipline, nel rispetto delle finalità indicate dalla stessa normativa, “non pone in nessun caso in
discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato alla Corte dei
conti, in veste di Organo terzo a servizio dello Stato-comunità”, volto a garantire il rispetto dell'equilibrio unitario della
finanza pubblica complessiva. La Corte costituzionale evidenzia, infatti, che la necessità di coordinamento della finanza
pubblica, “nel cui ambito materiale si colloca il controllo esterno sulla gestione”, riguarda anche le Regioni e le Province
ad autonomia differenziata, la cui finanza, come già affermato dalla stessa Corte, fa parte della “finanza pubblica
allargata”. La Consulta ha sottolineato le garanzie costituzionali di indipendenza, proprie dei componenti della Corte dei
conti, rimarcando, sotto il profilo funzionale, la non fungibilità del controllo affidato alle Sezioni regionali della Corte dei
conti, in quanto componenti dell'unitario sistema di controlli esercitati dalla stessa Corte nel suo complesso, svolto, a
fini di coordinamento dell'intera finanza pubblica, anche con riguardo al rispetto dei vincoli comunitari. V. anche L.
CAVALLINI CADEDDU, I controlli sulla gestione delle autonomie nella sentenza della Corte costituzionale n. 267 del 2006,
in Le Regioni, n. 2/2007.
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Significativi, in tal senso, gli spunti di riflessione enucleabili dalla “Convenzione sulle modalità di collaborazione tra la
sezione regionale di controllo della Corte dei conti, il Consiglio delle Autonomie per la Toscana e la regione Toscana, in
merito all’esercizio della funzione di controllo sulla gestione degli enti autonomi territoriali”. In base ad essa il Consiglio
delle Autonomie per la Toscana rappresenta per la sezione regionale di controllo della Corte dei conti “l’organo di
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In definitiva, anche alla luce del crescente rilievo di regole e vincoli di finanza pubblica
nazionale e sopranazionale e delle più recenti innovazioni normative, un essenziale contributo
è richiesto alla rinnovata esplicazione delle forme di controllo51 e di garanzia52.
Una attenzione particolare meritano gli aspetti attinenti alla perequazione delle risorse
finanziarie ed alla armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario, materie di estrema attualità e rilevanza istituzionale, e che contribuiscono
per tanti versi a qualificare la stessa attuale valenza ed estrinsecazione del principio di legalità
e di quella finanziaria in particolare. Alla sua garanzia – nei diversi profili che va assumendo,
nel senso di richiedere più trasparenti processi decisionali e rendere più conoscibile l’azione
amministrativa nel complesso bilanciamento dei poteri e delle responsabilità che l’ordinamento
oggi disegna - l’imparziale contributo della Corte dei conti appare sicuramente coerente con
la forte evoluzione del sistema.
riferimento per la programmazione e le questioni di carattere generale inerenti l’esercizio dei controlli nei confronti
degli enti autonomi territoriali”. Sul ruolo degli Organi di controllo tra Esecutivi e Parlamenti, v. M BARZELAY, Organismi
centrali di controllo e performance auditing: un’analisi comparativa delle strategie organizzative nell’OCSE, Problemi di
Amministrazione pubblica, n. 3/1998, p. 473 sg.
51
M. CAMMELLI, nelle Conclusioni del convegno Controlli strategici, controlli direzionali e controlli di valutazione (Corte
dei conti. Seminario permanente sui controlli - Roma, 23 settembre 1999, p. 164 - 165), osserva che “Il dato di fondo
cui dobbiamo fare riferimento è rappresentato dal fatto che la legge non è più il principale strumento di governo delle
amministrazioni pubbliche”……… e che “per l’eclisse della legge nella funzione di governo degli apparati emerge un
problema istituzionale (anzi costituzionale, poiché attiene alla forma di governo) di prima grandezza, vale a dire la
necessità che per vie nuove e diverse si riannodi il collegamento con le assemblee rappresentative, in modo da
garantire che la (fisiologica) come si è detto riduzione della legge non si traduca in una patologica e inaccettabile
diminuzione del ruolo di indirizzo e di controllo di queste ultime. Possiamo ammettere, sul piano concettuale, la
scissione tra legalità-garanzia (da mantenere) e legalità-indirizzo (da superare) solo sostituendo alla legge altre forme
di raccordo che consentano al Parlamento di esercitare il ruolo che gli spetta: tra queste, appunto, nuove modalità di
controllo esterno atte a dar conto del funzionamento (in termini affidabilità e resa effettiva) dell’intero sistema dei
controlli interni, e, più in generale del sistema amministrativo”.
52
Nel nuovo bilanciamento di poteri, da ricercare nell’equilibrio tra il maggiore riconoscimento delle Autonomie e la
tutela dei valori di coesione, appare essenziale il ruolo degli Organi di garanzia previsti dall’ordinamento. Per E.
BALBONI, Le garanzie esterne per la sana gestione finanziaria e le esigenze di una loro armonizzazione, in Autonomie
locali…, cit., p. 82-83, “Certamente ricade oggi sulla Corte dei conti una quota importante della responsabilità di far sì
che le ragioni dell’autonomia si compongano armonicamente con gli interessi unitari della Repubblica”……”La Corte dei
conti può essere vista, anche per effetto delle recentissime riforme, come “garanzia della legalità dei conti; rievocando
le sue antiche e nobili origini essa può rappresentare un felice incontro tra modello liberale-giacobino ed aspettative,
intimamente recepite sul piano culturale e fattuale, di una sana amministrazione”. Per l’A.. “stiamo già assistendo, in
questi ultimi anni, ad un crescente rilievo, anche politico, dei corpi tecnici ed amministrativi – ivi comprese
evidentemente le Autorità di garanzia e le Agenzie – alle quali però un’opinione pubblica sempre più avvertita richiede
competenza e rettitudine. Nel campo della vita degli enti politici territoriali ciò impegna a vedere autonomia e
responsabilità come le due facce di un’unica moneta”. F. STADERINI, Il controllo sulle Regioni e gli enti locali…, cit, p.
309 ss., osserva che il controllo della Corte dei conti, che si caratterizza per la sua natura collaborativa, è stato
ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale anche nei confronti delle autonomie regionali sulla base di una serie di
disposizioni (come il principio del buon andamento) diverse da quelle ora abrogate (art. 125, primo comma, e 130), e
ritiene pertanto che la riforma costituzionale del 2001 “non solo non abbia introdotto nessuna statuizione che possa
ritenersi in contrasto con questa decisione, ma al contrario contenga nuovi principi, quelli sul coordinamento
finanziario e sulla perequazione tributaria, che ancor più legittimano la previsione di controlli esterni sull’andamento
gestionale e finanziario”-
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