Estensimetri ed estensimetria Relazione a cura di Bonusi Enrico Introduzione Viene definito estensimetro lo strumento atto a misurare deformazioni di macchine od elementi strutturali sottoposti ad un generico stato di sforzo, derivante da carichi di qualsiasi tipo..Tali strumenti, hanno la capacità di rilevare le variazioni di distanza relativa fra due qualsiasi punti dell’elemento in prova lungo la loro congiungente, misurandone quindi la deformazione, pari al rapporto fra la variazione subita dai due punti considerati a causa del carico applicato e la loro distanza prima dell’applicazione del carico, definita analiticamente come ε = ∆l \ l , dove i è la distanza fra i due punti prima della deformazione. I più comuni sono così classificati: • estensimetri meccanici • estensimetri acustici • estensimetri pneumatici • estensimetri ottici • estensimetri elettrici. Caratteristiche e proprietà che un estensimetro deve necessariamente possedere affinché possa rendersi utilizzabile, sono i seguenti: • la costante di taratura dell’estensimetro deve essere stabile, non deve in altre parole essere sensibile alle variazioni di effetti termici od altri fattori ambientali; • deve effettuare una misurazione della deformazione puntuale, locale, e non quella media, tra due punti quindi molto vicini. • deve essere economicamente accessibile per permetterne un impiego diffuso. Data l’entità delle grandezze in gioco, la misura non può essere diretta, infatti la deformazione è di solito molto piccola ed è quasi impossibile riuscire a quantificare la deformazione cosi come anticipatamente definita, tanto è vero che la sua unita di misura è µm / m. Gli estensimetri elettrici Gli estensimetri elettrici sono sicuramente oggi i più comuni ed i più usati. Vengono così chiamati perché effettuano la misura della deformazione indirettamente, grazie alla variazione di resistività che essi stessi subiscono. Come noto il valore della resistenza elettrica è direttamente proporzionale alla resistività del materiale in uso e alla lunghezza del conduttore considerato, e inversamente proporzionale all’ area della sezione del conduttore stesso: R = ρL / A , con R valore di resistenza elettrica, ρ resistività del materiale, L lunghezza del provino e A area della sezione esaminata. Se pensiamo ora che il nostro provino, su cui è stato opportunamente incollato un tratto di conduttore, che possa subire fedelmente ogni variazione di sezione subita dal pezzo stesso, venga caricato assialmente da una forza N, esso subirà una deformazione assiale dovuta alla forza di trazione applicata. Con esso anche il nostro conduttore subirà una deformazione, che provocherà nello stasso una variazione di sezione Estensimetri ed Estensimetria resistente, e quindi di resistività. Se si è in grado, ora, di garantire la medesima deformazione per il pezzo ed il conduttore, si dispone allora dì una Legge in grado di correlare la deformazione del conduttore ( uguale a quella del pezzo ) alla sua variazione di resistenza. N L N In realtà, però, si è scoperto che la sensibilità di un solo tratto di conduttore incollato al pezzo non era sufficiente per avere una sensibilità che soddisfacesse la prova. Si pensò, quindi, di mettere in serie più tratti di conduttore giungendo alla configurazione più comune degli estensimetri. Il filo di materiale conduttore è, così, disposto a serpentina, in modo da migliorare la sensibilità senza obbligare a disporre di una lunghezza iniziale di misura L eccessiva. I valori tipici di resistenza per un estensimetro a resistenza elettrica sono:R = 120Ω oppure 350Ω con tolleranze dell’1%. base Nel momento in cui si sceglie un estensimetro su un catalogo, la prima grandezza di interesse è la base; non va confusa con la lunghezza del supporto, che è maggiore della base: la base é il tratto utile per la misura, ovvero è l’elemento artefice della misura stessa, maggiore è la base, maggiore è il tratto che si deforma, con conseguente aumento della risoluzione della misura, essendo una media della variazione di lunghezza del conduttore stesso. Ne viene che, se sono attesi forti gradienti di deformazione lungo la direzione di misura e si desidera conoscere la deformazione in un punto, sarà opportuno utilizzare basi piccole, viceversa se lo stato di deformazione è costante lungo la direzione di misura, si potranno utilizzare basi maggiori (che garantiscono un’accuratezza intrinseca maggiore). I valori tipici delle basi degli estensimetri vanno da 0.6 a 2 Estensimetri ed Estensimetria 200 mm. Vedendo la costituzione dell’estensimetro, e avendo capito il suo funzionamento, viene naturale pensare che un estensimetro (nel caso l’asse longitudinale coincida con l’asse x di misura) sia sensibile alle dilatazioni lungo la direzione x e poco alle dilatazioni nella direzione y, perpendicolare a x. Se quindi l’applicazione dell’estensimetro era atta a misurare la deformazione sull’asse x, lo stesso andrà dunque incollato in modo che la direzione di misura coincida con l’asse x. Tuttavia l‘estensimetro risulterà parzialmente sensibile anche alle deformazioni secondo la direzione y, a causa della presenza dei gomiti della serpentina, che, anche se per un breve tratto investono la direzione perpendicolare a quella di misura. Per ridimensionare il problema e ridurre la sensibilità trasversale, così viene chiamato questo fenomeno, si costruiscono estensimetri con i raccordi a sezione maggiore, come si può vedere nella figura precedente. La tecnica oggigìorno più diffusa per la produzione di estensimetri é quella della fotoincisione, che tra l’altro consente agevolmente la realizzazione di raccordi a sezione maggiore per ridurre la sensibilità trasversale. La tecnica della fotoincisione consiste nel predisporre un disegno dell’estensimetro di dimensioni notevoli rispetto a quelle dell’estensimetro reale: tale disegno viene proiettato su di una lastra fotosensibile che ricopre uno stato metallico depositato sopra un supporto isolante: le dimensioni della figura proiettata sono ora quelle reali: la luce ha come effetto quello di fissare il disegno, proprio come avviene nello sviluppo delle 3 Estensimetri ed Estensimetria fotografie. Un successivo lavaggio permette di visualizzare il metallo da asportare, ed infine l’immersione in un bagno acido asporta il metallo in eccesso, lasciando sullo stato isolante l’estensimetro pronto da utilizzare. Continuando a parlare, però, delle caratteristiche degli estensimetro, non possiamo dimenticare un altro fattore che assume alta importanza in questo strumento di misura. Infatti nella scelta di un estensimetro, oltre al già citato valore della base, é di fondamentale importanza la sensibilità espressa attraverso il fattore di taratura dell’estensimetro, più noto con il termine anglosassone di gage factor o ingegneristicamente, k dell’estensimetro. Tale coefficiente è, per definizione: k = ∆R / Rε ossia il rapporto tra variazione di resistenza e suo valore iniziale, rapportata alla deformazione. Valori tipici della sensibilità degli estensimetri, nel caso di estensimetri metallici, sono: k = 2, con tolleranze del 1% + 2%. I materiali più comuni sono la costantana (lega rame nichel), o diverse leghe nichel-cromo (nicromo V), con l’aggiunta di piccole percentuali di ferro, alluminio o molibdeno. per 0,6/120 1,5/120 3/120 acciaio 3/350 6/120 6/350 10/120 10/350 per 0,6/120 1,5/120 3/120 alluminio 3/350 6/120 6/350 10/120 10/350 per 0,6/120 1,5/120 acciaio 3/120 6/120 4 Estensimetri ed Estensimetria 5 Estensimetri ed Estensimetria I circuiti dell’estensimetro Come gia abbiamo detto, la stima della variazione di resistenza dovuta alla deformazione non avviene con misura diretta, ma occorre mediare a questa tramite l’utilizzo di certe leggi; per quanto riguarda gli estensimetri elettrici si sfrutta la Legge di Ohm. Solitamente per gli estensimetri il condizionamento del segnale avviene attraverso il ponte di Wheatstone. La sequenza a cui quindi l’estensimetro viene sottoposto può quindi essere riassunta così: Applicazione carico, sollecitazione della sezione del pezzo, deformazione del provino, variazione di resistenza, e a questo punto entra in gioco il ponte prima citato, in grado di commutare una variazione di resistenza in una variazione di tensione. Arrivati al segnale elettrico, la misura consisterà quindi nel procedere col passaggio inverso, ottenendo dal ∆V , la forza applicata. Il circuito a ponte è un tipo di circuito assai comune, le cui proprietà sono ben note dall’elettrotecnica. Si tratta di un circuito costituito da due coppie di resistenze ( R1,R2,R3 eR4 ), messe a quadrato, sulle cui diagonali vi si trova un generatore di tensione E ed un circuito di misura. I5 ro et 1 m si n te es 2 5 3 4 misura E Quando un solo dei quattro lati del ponte è costituito da un estensimetro si parlerà di circuito ad un quarto di ponte, quando i lati attivi sono due (solitamente contigui) si parlerà di mezzo ponte, quando tutti e quattro i 6 Estensimetri ed Estensimetria lati del ponte di Wheatstone sono costituiti da estensimetri si avrà il collegamento a ponte intero. Come gia studiato in elettrotecnica, la risoluzione delle equazioni del ponte, avverrà tramite l’analisi alle maglie e ai nodi di Kirchoff. Affinché l’estensimetro funzioni, occorre che si cominci con la misura dalla situazione di ponte bilanciato. Questa particolare situazione si ottiene quando la tensione ∆V sul tratto di misura, sia nulla.Viene da se che il caso più semplice per avere tensione nulla, è quello di non avere passaggio di corrente, e quindi I5 = 0.Ricordiamo che questo, approssimativamente, può anche essere ottenuto avendo alta impedenza sul tratto stesso, e quindi avendo, ad esempio, un voltmetro, molto usato con gli estensimetri. Ma torniamo al discorso precedente: ∆V = 0, significa, facendo una semplice analisi, Vab = Vad, dove Vab è la tensione sul tratto AB, pari a R1E / (R1 + R2), e Vad è la tensione sula tratto AD, pari a R3E / (R3 + R4). Facendo un rapido conto otteniamo la situazione richiesta quando R1R4 = R2R3.Questa soluzione risulta sempre vera quando R1 = R2 = R3 = R4, ma come ben sappiamo le resistenze hanno tolleranze dello 0,1%, che quindi, anche se per poco, potrebbero sbilanciare il ponte. Qualora questa situazione non sarà possibile, occorrera variare una delle quattro resistenze, che sarà quindi un potenziometro, in modo da riportarsi alla condizione richiesta. Se il ponte è ora bilanciato, possiamo quindi effettuare la misura. Supponiamo che , a causa del carico, le quattro resistenze varino di una certa quantità ∆R1 … VR4, possiamo leggere la tensione sulla diagonale di misura, dopo aver effettuato qualche calcolo, ponendo R + ∆R al posto della semplice R, il ∆V richiesto, notando che la differenza di potenziale ottenuta è linearmente proporzionale alla variazione di resistenza, arrivando quindi a questa importantissima equazione: ,con r = R2 / R1. Si possono subito osservare due casi assai importanti: • variazioni di resistenze relative a lati contigui si sottraggono • variazioni di resistenze relative a lati opposti si sommano. R1+∆R R2 ∆V R4 R3+∆R E 7 Estensimetri ed Estensimetria R1+∆R R2 ∆V R3 R4+∆R E Questo avviene perché se si hanno uguali variazioni di resistenza sia, sia in modulo che in segno, su lati opposti, la tensione misurata ai capi della diagonale di misura risentirà di entrambi gli sbilanciamenti nello stesso verso, Assumendo un ∆V dato dalla somma dei due effetti. Allo stesso modo succederà l’opposto: le variazioni di resistenza sui due lati contigui si annulleranno non provocando invece una variazione di tensione. Notiamo ora che la tensione di sbilanciamento del ponte è direttamente correlata alla tensione di alimentazione del ponte stesso. Bisogna quindi dividere i due casi che ci si parano davanti: potremmo infatti alimentare il ponte con corrente continua costante, come però anche da una tensione che varia in funzione della corrente che attraversa l’estensimetro. Per quanto riguarda il primo caso, in virtù delle osservazioni appena formulate, sembrerebbe conveniente aumentare la tensione di alimentazione del ponte al fine di migliorarne la sensibilità: tuttavia un limite fisico a questo modo di procedere è legato alla massima corrente che un estensimetro in grado di tollerare senza dare luogo a problemi di autoriscaldamento, ossia legati alla sua capacità di smaltire il calore generato per effetto Joule dal passaggio di corrente, senza alterare la misura di deformazione. La sensibilità del ponte è il rapporto tra la variazione di tensione letta sulla diagonale del ponte e la deformazione causa dello squilibrio; Studiandone l’andamento al variare delle resistenze, si può osservare che si ha sensibilità massima nella condizione R1=R2, quindi quella in cui, in condizione di ponte bilanciato, tutte le resistenze assumono lo stesso valore, situazione già trovata. Esaminando invece il secondo caso, dobbiamo pensare che il problema prima discusso è ancora valido, per cui bisogna stare attenti al fatto che per ogni lato di un ponte di Wheatstone è possibile identificare un valore massimo di potenza dissipabile senza andare incontro a problemi di autoriscaldamento. Facendo un approssimativo conto, vediamo che la potenza dissipabile è proporzionale a r / (r + 1), funzione monotona crescente,per cui si potrebbe cercare di aumentare r il più possibile, per migliorare l’efficienza del circuito. Prove sperimentali hanno fornito come ottima soglia di r un valore compreso fra 9 e 10, corrispondente ad una efficienza del 90%. E allora possibile pensare a circuiti a ponte nei quali sia possibile elevare la sensibilità dell’intero dispositivo di prova giocando sulla possibilità di disporre di resistenze di valore diverso ma questo raramente avviene 8 Estensimetri ed Estensimetria visto che è buona abitudine cercare di avere tutte e quattro le resistenze di pari valore, solitamente da 120Ω o 350Ω. Veniamo ora ai modi di misura. Le misure si eseguono secondo due modalità: • Misure per azzeramento • misure per deflessione Esaminiamo ora la condizione di misurazione per azzeramento. Si parte sempre da condizioni di ponte bilanciato. Solitamente i quattro lati del ponte sono costituiti da quattro resistenze nominalmente uguali, anche se in realtà le quattro resistenze sono sempre diverse a causa della tolleranza che accompagna il loro valore nominale. Per mezzo di una resistenza che chiameremo Rbil, è possibile compensare le piccole differenze tra le quattro resistenze e permettere il bilanciamento iniziale del ponte di estensimetri. Rv 2 1 R5 I5 3 4 Rbil E La condizione di bilanciamento è realizzata quando I5 nella diagonale di misura è nulla. A questo punto viene applicato il carico: questo provoca una deformazione ε, che causa a sua volta una variazione ∆R della resistenza dell’ estensimetro. Di conseguenza si sbilancia il ponte. Nelle misure per azzeramento solitamente sulla diagonale di misura è posto un galvanometro, la cui impedenza in ingresso è assai bassa se confrontata con le resistenze dei lati del ponte. Se la misura è per azzeramento si agisce sulla resistenza variabile Rv, posta in parallelo ad uno dei lati del ponte per ribilanciare il ponte stesso, ossia ottenere una condizione in cui I5 = 0. La posizione occupata dal cursore della resistenza variabile Rv, per ribilanciare il ponte permette, tramite taratura di risalire alla misura della deformazione che ha provocato lo squilibrio. L’accuratezza della misura è funzione della soglia di sensibilità del galvanometro, ossia associata alla lettura di corrente uguale a zero; non conta invece l’accuratezza in genere dello strumento, che deve solo riconoscere un passaggio nullo di corrente. Questo metodo garantisce le maggiori accuratezze in quanto la corrente fornita dall’alimentazione si distribuisce in uguale misura nei due rami 1 3 e 2 4 , producendo uguale autoriscaldamento. Questo fatto, per le proprietà del ponte già illustrate, fa sì che tali effetti negativi ai fini della misura, si elidano. La misura è svincolata dai valori assunti dalla resistenza R5 della diagonale di misura e dalla tensioni di alimentazione E. Lo svantaggio palese è legato alla difficoltà nell’eseguire misure dinamiche in quanto, anche se il bilanciamento viene eseguito per via automatica, richiede tempi in ogni caso finiti e quindi limita significativamente la banda passante del sistema di misura. Le misure dinamiche si eseguono quindi per deflessione. 9 Estensimetri ed Estensimetria Anche per quanto riguarda il secondo caso si parte da ponte bilanciato, tuttavia si rinuncia al secondo azzeramento, che segue la deformazione e la conseguente variazione di resistenza dell’estensimetro. Si legge, quindi, una grandezza elettrica che sia essa corrente o tensione, sulla diagonale di misura. Solitamente sulla diagonale di misura è presente un amplificatore od un voltmetro, ossia strumenti con elevata impedenza di ingresso che danno circolazione di corrente bassissima, approssimabile a nulla, in modo da limitare l’effetto di carico. I5 1 2 R5 3 4 E Se si considera quindi per semplicità le resistenze tutte equivalenti R, come già più volte ripetuto, e se, si può ipotizzare lo sbilanciamento su un solo tratto di circuito, e se ancora supponiamo trascurabile, come di frequente avviene, la variazione di resistenza rispetto alla resistenza stessa, si ha che ∆V/E = ∆R/4R, una semplice relazione che ci offre la possibilità di leggere in maniera molto semplice l’esito della nostra misura. L’incollaggio dell’estensimetro Questo aspetto, che potrebbe a prima vista risultare banale, è invece di fondamentale importanza, perché bisogna pensare che affinché un estensimetro segua correttamente le deformazioni del pezzo su cui si eseguono le misure deve essere incollato in modo da poter subire le medesime variazioni subite da pezzo. Possiamo quindi capire che questa è un’operazione assai delicata e fondamentale per la buona riuscita delle misure. E’ intuitivo che la colla utilizzata non debba essere troppo poca perché altrimenti non si avrebbe adesione tra pezzo ed estensimetro, ma neppure eccessiva, in quanto finirebbe per creare uno strato elastico: l’estensimetro non si deformerebbe come il pezzo provocando problemi di variazione apparente della k, di isteresi, di deriva; anche un corretto smaltimento del calore risulterebbe più difficile. Non da ultimo va sottolineato che mentre l’estensimetro va adeguatamente incollato al pezzo, deve tuttavia sussistere il più assoluto isolamento elettrico tra l’estensimetro stesso e la superficie cui è incollato. La procedura di fissaggio degli estensimetri non prevede tuttavia solo l’incollaggio: di fondamentale importanza è la successione di operazioni da eseguire per preparare adeguatamente la superficie su cui l’estensimetro va successivamente incollato. La prima operazione da eseguire è un’accurata pulizia della superficie su cui l’ estensimetro va incollato: è opportuna un’azione meccanica che non deve però portare alla lucidatura della superficie; è bene che permanga una certa rugosità superficiale che tende a migliorare l’azione della colla. Successivamente è opportuno un trattamento chimico di pulizia per eliminare grasso ed oli. Da ultimo la superficie viene trattata con apposite sostanze in grado di prepararla all’azione dell’adesivo ed 10 Estensimetri ed Estensimetria eventualmente anche fungere da catalizzatore per il collante utilizzato. Solitamente sul supporto dell’estensimetro sono segnati dei riferimenti che indicano il punto centrale della griglia: questi servono per il corretto posizionamento dell’estensimetro sul punto prescelto per le misure. L’estensimetro viene dunque temporaneamente fissato con del semplice nastro adesivo trasparente; il nastro viene fissato in modo che sia possibile sollevarlo, assieme all’estensimetro, per spandere la colla sul pezzo; ultimata questa operazione è possibile riposizionare l’estensimetro nel luogo prescelto. Le colle sono di natura assai diversa, in funzione delle particolari esigenze: si va dalle resine epossidiche (bicomponenti) ai cianoacrilati, agli adesivi al poliestere (bicomponenti), ai materiali ceramici. I cianoacrilati sono gli adesivi ad azione rapida per eccellenza: polimerizzano in un tempo assai breve, ma come controparte vanno utilizzati a temperatura ambiente e consentono un’adesione efficace solo per prove di breve durata. Le resine epossidiche vengono solitamente utilizzate per prove di lunga durata; necessitano però di un catalizzatore e sono termoindurenti: questo significa che è possibile utilizzare l’estensimetro solo dopo un certo tempo dall’operazione di incollaggio. Questo tempo, in genere, è funzione della temperatura di utilizzo. Quando l’estensimetro viene definitivamente fissato al pezzo è opportuno esercitare su di esso una certa pressione per qualche tempo in modo da assicurare un buon incollaggio (un foglietto di teflon frapposto tra dita della mano ed estensimetro è indicato per evitare di incollare le dita al pezzo). Solitamente poi l’operazione di fissaggio degli estensimetri viene completata con l’incollaggio, in prossimità dell’estensimetro, di piazzole: i due fili terminali dell’estensimetro vengono saldati su queste piazzole sulle quali vengono saldati pure i fili che portano alla centralina di condizionamento del segnale. Lo scopo, come già detto, è di evitare che una manovra accidentale (non cosi infrequente) che strappi i fili di collegamento, danneggi anche gli estensimetri, obbligando a riprendere da capo la laboriosa trama di operazioni per incollarne uno nuovo. Durante le operazioni di saldatura dei fili di collegamento va sempre controllato che i terminali dell’estensimetro non siano in corto circuito tra loro (misura col tester che ai capi dell’estensimetro la resistenza sia quella dichiarata dal costruttore) e pure va controllato che non vi sia corto circuito tra pezzo ed estensimetro (la resistenza misurata col tester deve dare R = ∞, ossia circuito aperto). Va detto che, vista la non semplice sequenza di operazioni, il fissaggio degli estensimetri può rivelarsi assai problematico, specie per misure in campo per le quali non è agevole eseguire tutte le operazioni indicate. Quando è necessario incollare estensimetri in ambienti ostili, soprattutto per quanto riguarda la temperatura che è la peggiore nemica della corretta azione dei collanti, si utilizzano degli estensimetri saldabili: a fronte di un maggiore costo permettono un fissaggio più semplice e rapido, dal momento che, sul loro supporto, sono predisposti un certo numero di punti nei quali è possibile effettuare delle microsaldature che fissano il sensore al pezzo in prova. La protezione finale (che può anche consistere in una capsula) importante al fine dì conservare inalterate il più a lungo possibile le caratteristiche dell’estensimetro. Particolarmente dannose possono infatti risultare le azioni dell’umidità e della sporcizia (che oltretutto diminuiscono l’isolamento dal pezzo in prova), o la modifica delle proprietà del collante (che va sempre scelto anche in finzione della durata prevista dell’installazione di misura). Questi problemi si manifestano solitamente in spostamenti del valore di zero, tuttavia esperimenti mirati hanno mostrato che un’opportuna scelta del collante e del materiale di protezione possono contenere la deriva di zero entro poche decine di micron su metro, anche dopo anni. Nel caso in cui le prove. oltre che di lunga durata, siano di fatica, anche il tipo di estensimetro va scelto in maniera 11 Estensimetri ed Estensimetria opportuna per limitare anche la variazione nel tempo della k e la rottura dei terminali dell’estensimetro. Un’adeguata protezione consente l’utilizzo degli estensimetri anche in ambienti assai ostili, come quello marino. In quest’ultimo caso un ulteriore problema per l’affidabilità delle misure potrebbe essere la pressione idrostatica agente sull’estensimetro: infatti sul conduttore si avrà una deformazione aggiuntiva dovuta alla pressione, quindi la deformazione letta sarà inferiore al reale. E però stato dimostrato che questo contributo, per pressioni fino a 20 MPa, è in realtà trascurabile. Esistono dei metodi per effettuare una diagnosi sul corretto incollaggio degli estensimetri: il primo è sostanzialmente visivo, la comparsa infatti di piccole bollicine visibili in trasparenza sotto il supporto è un segno di cattivo incollaggio. Tuttavia l’indizio più importante viene quando, collegati gli estensimetri al sistema di condizionamento dei segnali, si carica il pezzo: se sotto carico costante il segnale dell’estensimetro deriva con tendenza alla diminuzione o se dopo i primi cicli sussistono, allo scarico, valori assai differenti rispetto a quelli prima di caricare il pezzo, allora è quasi certo che l’estensimetro è male incollato: è inutile tentare di “ripararlo”, occorre eliminarlo e procedere all’incollaggio di uno nuovo. Per fornire anche delle indicazioni di carattere operativo, va detto che, quando ci si trova davanti ad un circuito estensimetrico, l’intrico di fili che spesso ci si trova a fronteggiare è ben diverso dallo schema relativamente semplice che sempre viene riportato nei testi. E’ dunque importante riconoscere nel circuito reale alcuni punti caratteristici che consentano di riportarsi allo schema che compare sui libri: in particolare è necessario identificare la posizione dei vertici del ponte, per potere effettuare i controlli preliminari di routine. Solitamente, nei casi più semplici, se la configurazione è a ponte intero, il collegamento con la centralina di condizionamento del segnale avviene attraverso un cavo a quattro fili: due portano l’alimentazione al ponte e gli altri due portano il segnale (ogni filo raggiunge un vertice del ponte). Se la configurazione è a mezzo ponte i fili di collegamento al condizionatore di segnale sono solo tre, ossia uno per ogni vertice dì quelli esterni alla centralina di condizionamento dei segnali. Il primo controllo che dunque si può effettuare, per verificare la corretta installazione, è la misura delle resistenze viste dalla centralina a circuito aperto: questa è una semplice verifica che si può effettuare con l’uso di un tester. Nel caso di ponte intero, misurando la resistenza tra due vertici qualsiasi, possono verificarsi due situazioni soltanto: • i due fili appartengono a una delle diagonali; • i due fili appartengono a vertici che appartengono al medesimo lato (a cavallo di uno degli estensimetri). Nel primo caso il tester vedrà due resistenze in parallelo, entrambe formate dalla combinazione in serie delle due stanti sullo stesso ramo di collegamento. In parole povere se, ad esempio, abbiamo quattro resistenze da 120Ω, il tester vedrà un parallelo di due resistenze da 240Ω, ovvero una resistenza equivalente di 120Ω. Nel secondo caso, invece, i due punti di misura del tester sono posti agli estremi di un solo tratto. La resistenza equivalente, quindi, misurata è il parallelo di una semplice resistenza, quella chiusa dai due punti di misura, e una resistenza ottenuta dalla serie delle tre rimanenti. Viene da se che la resistenza letta dal tester, avendo il medesimo caso di prima, sarà ora i 3/4 di quella di partenza, pari a 90Ω. Nel caso non escano questi valori, in proporzione all’esempio fatto, ovviamente, vorrà dire che si ha effettuato una incorretta configurazione del tester. Se avessimo invece a che fare con un mezzo ponte, la misura può avvenire: 12 Estensimetri ed Estensimetria • a cavallo di un lato • sulla diagonale; Nel primo caso si potrà effettuare direttamente la misura della resistenza, mentre nel secondo si misurerà una resistenza equivalente data dalla serie delle due. Effettuati questi controlli preliminari è dunque possibile procedere a quelli sulla restante parte del circuito di misura. L’influenza della temperatura Esiste anche un legame tra variazione di temperatura e variazione di resistenza: un estensimetro potrebbe dunque essere contemporaneamente un buon trasduttore per a misura di deformazioni e un buon termometro. Gli effetti della temperatura sulle caratteristiche degli estensimetri sono: • la temperatura cambia la sensibilità,infatti k = f(T) • la griglia dell’estensimetro varia la sua lunghezza in funzione della temperatura ∆L est = αest∆T • la base del pozzo varia la sua lunghezza in funzione della temperatura ∆Lpez = αpez∆T • varia la resistività ρ = ρ(T) • esiste un limite fisico oltre il quale l’estensimetro si distrugge. L’attuale bozza di normativa in materia di estensimetria elettrica definisce un coefficiente di temperatura del fattore di taratura β: un tipico valore di β è 80 ppm/K. Per effetto della variazione li temperatura sia il pezzo sia l’estensimetro si dilatano, ma in maniera diversa, avendo coefficienti di dilatazione differenti. Si avrà allora una deformazione apparente εdi = (αpez - αest)∆T. Questi effetti sono raggruppati nella risposta termica dell’estensimetro. Viene fornito inoltre un diagramma che riporta il valore della deformazione apparente dovuta allE variazioni di temperatura. Si tratta dì un estensimetro con coefficiente di temperatura prossimo a quello dell’acciaio (11 ppm/K); è possibile notare come solo a temperatura ambiente la deformazione apparente sia nulla. Si vede anche come, andando verso le temperature più elevate, la deformazione apparente diventi più elevata, e quindi diventa necessaria una correzione. Tale correzione è tuttavia possibile solo conoscendo l’esatto valore della temperatura, che va dunque misurata complicando il sistema di misura. Sono possibili diverse soluzioni per ovviare ai problemi della temperatura. La prima consiste nell’impiego di estensimetri autocompensanti: sono estensimetri per i quali o αpez = αest oppure il termine β/K si compensa con il termine (αpez - αest). Solitamente la compensazione è ottenuta ponendo in serie all’estensimetro metallico un tratto di materiale con costante di temperatura tale da eliminare il termine εa. Gli estensimetri autocompensanti sono dunque in grado di compensare gli effetti della temperatura solo se incollati su un particolare tipo di materiale (indicato dal costruttore) e per campi di temperatura che in genere sono limitati. La seconda soluzione consiste nello sfruttamento delle proprietà del circuito a ponte: ricordando che variazioni di resistenza uguali su lati contigui sottraggono, mentre variazioni di resistenza uguali su lati opposti si somma è sufficiente utilizzare un secondo estensimetro incollato sullo stesso materiale di quello di misura, sottoposto al medesimo regime termico, ma non caricato alcun modo. 13 Estensimetri ed Estensimetria I5 compensatore 2 1 5 3 4 misura E Alcune osservazioni sono opportune: la prima riguarda il fatto che i problemi di compensazione termica sono meno gravi nel caso di misure dinamiche rispetto al caso di misure statiche. Infatti tali problemi non sono tanto legati al valore della temperatura nel momento della prova, quanto alle variazioni dì temperatura nel corso di questa: nelle prove dinamiche, per le quali le frequenze in gioco sono decisamente più elevate rispetto alle eventuali variazioni di temperatura, la temperatura media nel corso della prova può ritenersi costante;le derivate sul valore statico (frequenza nulla) non interessano qualora si badi alla sola parte dinamica che riguarda frequenze maggiori di zero; è come se, nella misura, si applicasse un filtro passa alto. Bisogna quindi osservare che, mentre con gli estensimetri autocompensanti, potevamo eliminare un solo problema alla volta, o dilatazione pezzo o variazione di resistività, con l’uso del ponte possiamo ora compensare entrambi gli effetti con la certezza di non subire errori da parte degli stessi. Problemi nel collegamento Esistono anche problemi dovuti ai cavi di collegamento. Qualsiasi filo elettrico che collega l’estensimetro di un lato di un ponte di Wheatstone ai vertici del ponte stesso è una resistenza posta in serie all’estensimetro. compensatore 1 2 RL E 4 3 RL E’ allora possibile che questo filo sia collegato agli alti elementi del circuito mediante saldature mal fatte, 14 Estensimetri ed Estensimetria che variano la loro resistenza al passaggio di corrente o ancora che questi fili non siano ben protetti sia dal punto di vista elettrico che termico, per cui risentono delle variazioni di temperatura e variano di conseguenza la loro resistenza (l’entità di queste variazioni di resistenza facilmente supera quella legata alla deformazione dell’estensimetro). Il circuito a ponte di Wheatstone non è in grado di scindere le variazioni di resistenza dell’estensimetro (sia meccaniche sia termiche) da quelle dei cavi di collegamento, e questo fatto può allargare i margini di incertezza della misura in maniera intollerabile. Ne viene che è buona norma comunque cercare di evitare cavi di collegamento lunghi. Si può semplificare questo problema che riguarda i cavi affermando che la sensibilità apparente è inferiore a quella prevista considerando sul lato di misura la presenza del solo estensimetro. Inoltre se il rapporto tra la resistenza dai cavi e quella dell’estensimetro è eccessivo ( qualche %), è assai difficile anche riuscire ad effettuare il bilanciamento iniziale. Il secondo problema riguarda il fatto che, se si hanno anche variazioni di temperatura nel corso della prova, i cavi sentono le stesse,variando la propria resistenza, che è posta in serie a quella degli estensimetri. Il primo tentativo per sorpassare questo problema è l’impiego del collegamento a tre fili,che consiste nello spostare il vertice tra i lati 2 e 4 in prossimità del punto di misura. Sfruttando le proprietà del ponte, se due lati contigui sentono la stessa variazione di temperatura, tali effetti non compariranno nella misura finale. compensatore 1 2 E 3 4 CAVO A 3 FILI + SCHERMATURA Si avrà dunque che lavorando con quattro estensimetri uguali comparirà nella misura l’effetto del solo termine legato alla deformazione del pezzo. Riguardo il fattore di perdita, in quanto il cavo in serie all’ estensimetro è comunque presente ed il suo effetto consisterebbe in un apparente diminuzione della k presente, il suo valore risulta dimezzato,in quanto il rapporto di resistenza fra il cavo e estensimetro è basso. E’ buona abitudine schermare i cavi di collegamento per ridurre gli effetti del rumore di fondo. Risulta quindi in evidenza la messa a terra della schermatura che deve rigorosamente avvenire in un solo punto per evitare i “loop di massa”, assolutamente dannosi per le misure. Per chiarire in cosa consiste il “loop di massa”: se il circuito di misura ha più di una messa a terra, e se i potenziali di riferimento non sono rigorosamente gli stessi, si ha una circolazione di corrente, nel circuito di terra, in grado di indurre tensioni sul circuito di misura, con un sicuro peggioramento del rapporto segnale disturbo o addirittura con misure seriamente compromesse. Per quanto riguarda i circuiti per ponte intero, il tipo più diffuso è quello a quattro fili: due fili portano 15 Estensimetri ed Estensimetria l’alimentazione su una diagonale del ponte e gli altri due raccolgono il segnale che solitamente viene inviato ad un amplificatore. Tale configurazione non tiene in considerazione le cadute di tensione lungo i quattro fili di collegamento, per cui si presta a misure in cui il punto di misura sia vicino alla centralina di condizionamento del segnale. V+ 2 1 S+ 3 S- 4 V- Qualora tale distanza divenisse significativa, non è più possibile trascurare la lunghezza dei cavi, ed in questo caso si ricorre al collegamento a sei fili: siccome interessa conoscere la tensione con cui effettivamente si alimenta il ponte (non ci sono problemi per la diagonale di misura la cui impedenza di ingresso è assai elevata) la soluzione consiste nell’aggiungere, in parallelo all’alimentazione, un voltmetro che, a fronte di un basso effetto di carico (ha elevata impedenza di ingresso), permette di conoscere l’effettiva tensione di alimentazione del ponte. Questo comporta l’aggiunta di altri due fili che portano a sei i fili di collegamento tra centralina di condizionamento ed estensimetri. V+ SENS+ I≈0 2 1 S+ I≠0 V SSENS- 3 4 V- Va da ultimo ricordato che l’effetto dei cavi lunghi pesa anche sulla risposta in frequenza dell’intero circuito di misura,in quanto il cavo può essere visto come una successione di resistenze e capacità distribuite e quindi si comporta come un filtro passa basso RC. Valori tipici sono i seguenti: R=O.08 Qhm, C=lOOpF/m con sezione del conduttore pari a 0.22 mm2. 16 Estensimetri ed Estensimetria La presenza del rumore Riguardo la presenza di rumore elettrico, a parte i casi di assemblaggi scorretti, va ricordato che questo è solitamente generato dalla presenza, in vicinanza del circuito di misura, di correnti variabili che concatenano la spira ideale costituita dal circuito di misura, dando luogo a fenomeni di accoppiamento e a forze elettromotrici che, sommandosi ai segnali estensimetrici, possono facilmente superarli in ampiezza. Sono solitamente consigliati tre metodi per superare questi inconvenienti: • riduzione della spira concatenata dal flusso elettromagnetico variabile attorcigliando i fili che compongono il circuito di misura • impiego di cavi schermati con opportuna messa a terra (tale da evitare i già citati loop di massa) • Impiego di un amplificatore operazionale collegando sugli ingressi invertente e non invertente i due fili della diagonale di misura [4]: si sfrutta la proprietà della reiezione di modo comune (CMRR). La taratura dell’estensimetro Il concetto di taratura degli estensimetri va inteso in senso allargato, ossia, a seconda del dispositivo in esame, i modi di procedere sono assai differenti. Si supponga infatti di avere costruito un dinamometro che misura una forza in maniera indiretta, ossia che misura, con estensimetri, le deformazioni provocate dalla forza applicata su una lamina metallica. In tale circostanza il valore della k dell’estensimetro non è necessaria, in quanto è possibile una taratura del dispositivo correlando direttamente le letture del voltmetro collegato al ponte di Wheatstone ad una serie di carichi applicati, che possono essere dei pesi campione: in sostanza non interessa il numero che esprime la deformazione dell’elemento sensibile. Il problema nasce nel momento in cui si vuole proprio misurare la deformazione di un pezzo, in quanto non esistono dei campioni di deformazione da applicare preventivamente alle misure per un’adeguata taratura. In questo caso si nota come i parametri in gioco siano più di uno: serve, infatti, conoscere la sensibilità dell’estensimetro per passare dalla deformazione alla variazione di resistenza, ma serve anche conoscere quel numero o più in generale la funzione di trasferimento tra la variazione di resistenza e la lettura finale, in genere in tensione. La taratura del dispositivo di misura consta dunque di due fasi: • taratura dell’estensimetro (determinazione di k): effettuata dal costruttore • taratura del circuito di misura (taratura del ponte): effettuata da chi esegue le misure. A sua volta in questo secondo caso possiamo essere di fronte a diverse modalità: • resistenza in parallelo • calibratori esterni • calibratori interni; Poiché l’estensimetro viene incollato al pezzo di cui si vogliono misurare le deformazioni, non è più recuperabile: dunque la sua taratura, che prevede l’incollaggio ad un pezzo di prova, lo renderebbe inutilizzabile per le successive misure. La taratura degli estensimetri è dunque effettuata su base statistica: il costruttore preleva un campione del 2-3% della produzione di un medesimo lotto e da questo è in grado, mediante opportuna procedura di taratura e supponendo i campioni appartenenti ad una variabile casuale, di fornire un valore medio ed una deviazione standard della k degli estensimetri di quel lotto. Il fatto che il valore di k sia fornito su base statistica è un invito a cercare di non utilizzare circuiti di misura 17 Estensimetri ed Estensimetria costituiti da un solo estensimetro, in quanto, oltre ai già descritti problemi di compensazione termica, si potrebbe anche essere così sfortunati da utilizzare un estensimetro la cui k appartenga proprio ad una delle due code della distribuzione di probabilità, aumentando l’incertezza associata alla misura. La taratura degli estensimetri, dunque consiste nella determinazione di k. Si incollano gli estensimetri prescelti per l’operazione di taratura su una trave. La disposizione dei carichi è tale da realizzare una zona a momento flettente costante tra i due appoggi in cui anche la deformazione sentita dagli estensimetri è costante. Poiché è k = ∆R/R /ε , ∆R viene misurata con un multimetro di precisione, mentre la deformazione viene misurata con un estensimetro di classe di precisione superiore rispetto all’estensimetro in prova. Il calcolo dello stato di deformazione della trave non serve ai fini della taratura, in quanto il margine di incertezza associato al calcolo è sicuramente superiore a quello dell’estensimetro in prova: sarebbe come voler tarare un complicato dispositivo interferometrico con un calibro. Solitamente gli estensimetri campione sono ottici ed i loro principi di funzionamento saranno esposti per sommi capi al termine di questo paragrafo. L’accuratezza nella stima della variazione di lunghezza è dell’ordine di ± lµm, mentre l’incertezza sul valore di k è in genere dello 0.1-0.2%. Si è affermato che per tarare gli estensimetri per confronto occorrono altri estensimetri in grado di fornire misure di deformazione più accurate che quelle rese dall’estensimetro che si vuole tarare. Gli estensimetri campione si possono dividere in due grosse famiglie: quelli che utilizzano metodi interferometrici e quelli che sfruttano il principio della leva ottica. L’idea guida è quella di associare la deformazione ad una rotazione angolare che viene poi amplificata con delle leve ottiche. L’estensimetro citato consta di due parti: un coltello fisso con lunghezze da 50 fino a 200 mm ed un coltello mobile, che reca montato sul suo asse uno specchio la cui rotazione è sfruttata nella misura. Un raggio luminoso colpisce dunque lo specchio che, in funzione della sua rotazione, riflette il raggio verso un sistema di rilevazione della posizione del raggio riflesso lungo una scala graduata. Le quantità sulle quali agire per migliorare la sensibilità dello strumento sono le dimensioni a e b, ossia la lunghezza del coltello mobile (legata alla distanza tra estensimetro e provino) e la quota b, ossia la distanza tra sistema rilevatore e provino. Si ha che l’allungamento del provino è ∆L = a sinα, mentre la lettura è AB = btg2α. Se si semplifica il problema, ammettendo che α sia piccolo, è possibile tentare una stima di prima approssimazione del fattore di amplificazione r di tali estensimetri, ossia r = 2bα/aα = 2b/a. Tipici fattori di amplificazione sono intorno a 500, con livelli di accuratezza che dipendono sostanzialmente dal fatto che 1’ estensimetro è sul pezzo, mentre scala e cannocchiale sono su un supporto separato; non devono esserci dunque spostamenti relativi tra questi elementi ed inoltre il sistema di riconoscimento della posizione del raggio luminoso riflesso deve appartenere ad un piano parallelo a quello dello specchio a provino scarico. Per ovviare ai problemi legati ai moti relativi tra estensimetro e sistema di lettura vengono utilizzati estensimetri a due specchietti: un secondo specchio è montato sul telaio dell’ estensimetro in modo da poter misurare la rotazione relativa tra i due specchietti, indipendentemente dalla distanza b di osservazione. I sistemi di misura per tarare gli estensimetri, pur sfruttando questi principi, hanno particolari accorgimenti che li rendono assai complessi (i più diffusi sfruttano sistemi ottici a tre specchi). Importante nel processo di taratura rimane anche la risposta dinamica degli estensimetri. In genere la risposta dinamica degli estensimetri non costituisce un problema in quanto si tratta di sensori 18 Estensimetri ed Estensimetria che sfruttano le leggi dell’elettrotecnica: queste in genere interessano bande passanti di qualche ordine di grandezza superiori rispetto alle frequenze che riguardano i fenomeni meccanici. Tuttavia in casi particolari (misure di urti, ad esempio) può risultare interessante anche la risposta dinamica dell’estensimetro: questa riguarda sostanzialmente due aspetti: a) la risposta dell’estensimetro alla deformazione del pezzo su cui è incollato; b) la risposta legata alla velocità di propagazione del segnale in relazione alla lunghezza dell’estensimetro. Il primo problema riguarda la rapidità con cui la deformazione si trasmette dal pezzo in prova all’estensimetro attraverso la colla ed il materiale di supporto dell’estensimetro stesso (si tratta di un fronte d’onda di azioni di taglio che dal pezzo si propagano verso la superficie dell’estensimetro). L’ordine di grandezza dei tempi di risposta dell’estensimetro (che comprendono anche la risposta elettrica dell’elemento conduttore) è di un paio di centinaia di nanosecondi (ns). Il secondo tipo di problemi riguarda la risposta dell’estensimetro a segnali di tipo impulsivo. In questo caso, in un determinato istante, non tutti i punti dell’estensimetro sentono lo stesso valore di deformazione e quindi la misura globale è una media delle deformazioni sentite nei diversi punti. Conta in questo caso il rapporto tra la durata dell’impulso (che è un impulso reale, di durata finita) ed il tempo impiegato dal fronte di deformazione per attraversare l’estensimetro. Un tempo di risposta ragionevole per un estensimetro con base di 3 mm incollato su una sbarra di acciaio, comprensivo di 100 ns destinati ai problemi evidenziati al primo punto è dell’ordine di 700 ns. Per la taratura del ponte esistono invece tre motodi. Il primo è quello tramite resistenza in parallelo. Una resistenza viene messa in parallelo ad uno dei lati del ponte; in genere è buona norma evitare uno dei lati costituiti da estensimetri, in quanto la resistenza effettiva può differire da quella nominale per la presenza delle saldature ai fili di collegamento; dunque tutte le resistenze in opera sono calibrate. Il valore di Rc, resistenza di calibrazione, deve essere elevato per produrre sbilanciamenti simili a quelli che si hanno per effetto di deformazioni fisiche: un valore usuale quando si hanno lati con resistenze da 120Ω è Rc= l00kΩ. Con questo modo di agire, privilegiando l’opportunità di lavorare con resistenze note, si trascura la presenza dei cavi di collegamento (la misura è interna alla centralina di condizionamento del segnale). Noto il valore di ∆R/R , resistenza su cui si sta operando, è immediato, dal valore di k = ∆R/Rε dell’estensimetro, sapere il valore di deformazione simulata. Va però aggiunto che, qualora interessi un controllo meno raffinato, è anche possibile mettere la resistenza in parallelo ad uno degli estensimetri (saldandola o fissandola con dei “coccodrilli”), in prossimità del punto di misura (quindi tenendo in conto anche la resistenza dei cavi). Il secondo metodo è costituito dall’uso di calibratori esterni. Si tratta di dispositivi che vengono sostituiti al trasduttore, e che sono in grado di produrre uno squilibrio noto sulla diagonale di misura del ponte di Wheatstone. A seconda che tali dispositivi vengano inseriti all’ingresso della centralina di condizionamento dei segnali oppure in prossimità del luogo in cui sono incollati gli estensimetri, è possibile tenere in debito conto la presenza dei cavi di collegamento tra circuito a ponte e unità di misura e quindi includere la presenza dei cavi nella taratura del ponte. Il loro principio di funzionamento, a parte la citata possibilità di includere i cavi di collegamento nella taratura del ponte, è identico a quello dei calibratori interni che sono il terzo metodo possibile. 19 Estensimetri ed Estensimetria Un calibratore interno funziona esattamente come un calibratore esterno nel senso che si tratta di un dispositivo (che poi è di solito una resistenza variabile in parallelo ad uno dei lati del ponte di Wheatstone) in grado di produrre uno sbilanciamento noto del ponte di Wheatstone preposto alla misura. In questo caso l’operazione avviene internamente alla centralina. Solitamente, mentre un calibratore esterno permette di generare diversi squilibri del ponte, un calibratore interno consente un solo punto di verifica. Un valore tipico di sbilanciamento fornito da un calibratore interno è di 1 mV per ogni V di alimentazione del ponte di Wheatstone. La calibrazione interna avviene avendo preventivamente azzerato il ponte, premendo un apposito tasto o azionando un interruttore: come conseguenza sulla diagonale di misura si leggerà un valore (solitamente in mV) che esprime lo sbilanciamento del ponte. Le rosette estensimetriche Siamo stati abituati dalla scienza delle costruzioni che la deformazione non avviene mai, escluso casi particolari, in una sola direzione. Infatti lo stato di deformazione, controllato dal tensore degli sforzi, si estende su tutte e tre le dimensioni. Fin’ora abbiamo però parlato di estensimetro come strumento a se stante, ma se cosi fosse,con un solo estensimetro potremmo misurare la deformazione in una sola dimensione. Per ovviare a questo problema esistono le rosette estensimetriche. Per caratterizzare lo stato di deformazione di un punto, occorre quindi disporre di tre misure di deformazione. Possiamo avere per questo motivo due modalità di disposizione per le rosette: • con griglie affiancate • con griglie sovrapposte; u Rosette rettangolari: 3 estensimetri a 45° 2 estensimetri a 90° (se note le direzioni principali) u Rosette a delta: 3 estensimetri a 120° La differenza consiste nel fatto che, nel caso di griglie affiancate, la misura è relativa a tre puniche, pur se vicini, comunque non coincidono, mente nel caso di griglie sovrapposte, la misura è relativa allo stesso punto, ma la necessità di isolare tra loro i tre estensimetri riduce le possibilità di smaltimento del calore e limita la perfetta aderenza tra ciascun estensimetro ed il pezzo di prova. Ovviamente il risultato che troveremo non sarà lo stato di deformazione, cio a cui noi vogliamo arrivare, ma saranno le misure date dalle deformazioni subite dalla rosetta estensimetrica, secondo le direzioni che 20 Estensimetri ed Estensimetria assume. Possiamo quindi passare dalla deformazione secondo le direzioni della rosetta a quelle che noi vogliamo trovare tramite semplici formule dettateci dalla scienza delle costruzioni.Essendo infatti il tensore degli sforzi unico in quel punto, tramite la conoscenza delle deformazioni di tre qualsiasi direzioni possiamo risalire alle deformazioni subite dal pezzo nelle tre direzioni principali.Questo risultato può essere trovato per via analitica dalla teoria dell’elasticità, secondo le formule mostrate in diapositiva, oppure tramite l’utilizzo del cerchi di Mohr, dove si può arrivare alla stessa ne grazie a semplici relazioni tra triangoli come si vede nelle diapositiva stessa: 1 1 εI = 2 (εx + ε y)+ 2 (εx − εy)2 + γ 2xy 1 1 εII = 2 (εx + ε y )− 2 (εx − εy)2 + γ 2xy γ xy tan2ϕ = ε − ε x y ϕ γ xy 2 - γ xy 2ϕ εΙΙ εx ϕ εy εΙ ε 2 L’alimentazione del ponte Un’ultima considerazione è doveroso farla a riguardo dell’alimentazione del ponte. Ovviamente il ponte pu essere alimentato da corrente continua e alternata,ma quando è meglio una e quando l’altra? Il circuito alimentato da corrente continua è più semplice, è costituito da minor numero di componenti e quindi più economico. Pecca però in certe applicazioni, perché è sensibile al fenomeno di deriva termica, ovvero una continua variazione del segnale nel tempo, a causa di riscaldamenti locali, senza che questo vari realmente, ed in più necessita di un amplificatore sulla diagonale di misura molto più costoso rispetto ad uno per corrente alternata, perché deve avere un guadagno costante su una banda passante molto lunga, da zero alla massima frequenza disponibile, mentre quello per corrente alternata ha il compito di amplificare solo la componente media del segnale. Inoltre lavorando in corrente alternata si avrebbe ha che fare con impedenze, potendo quindi sfruttare trasduttori resistivi, induttivi e capacitativi, mentre in corrente continua avremmo solo circuiti resistivi. Per quanto riguarda la parte analitica, lavorando in corrente alternata non variano le formule. Avremo così al posto di R1R4 = R2R3, Z1Z4 = Z2Z3, con Z impedenza del tratto di circuito. 21