il rispetto nella relazione di cura

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Tavola rotonda con:
Associazione VogliaDiVivere
Mauro Marinari direttore sanitario
Hospice “Il Nespolo” di Airuno (Lecco)
ed ex presidente della Società Italiana
di Cure Palliative (SICP).
TAVOLA ROTONDA
24 Giugno 2011
Sonia Ambroset psicologa,
formatrice e consulente, esperta in
processi di sviluppo di comunità.
Rita Manfredi psicanalista,
Società Psicoanalitica Italiana e
Società Psicoanalitica Svizzera con
funzioni di Training.
ore 21,00
“Si ama soltanto ciò che
non si possiede per intero.”
Marcel Proust
Coordinatore:
Il rispetto
nella relazione
di cura
Varese
Villa Recalcati - Sala verde
Alessio Neri psicologo,
Piazza Libertà, 1
Socio Fondatore dell’Associazione
VogliaDiVivere.
Ingresso gratuito
www.vidivi.org
[email protected]
In collaborazione con
Del morire:
incontri sull’orlo del vivere
Si può pensare la morte?
Pensare la morte impedisce di vivere?
O forse rimuovere la morte produce una vita
falsata alla radice?
Crediamo sia almeno possibile confrontarci
pubblicamente con questi interrogativi.
Perché il morire è parte della vita solo se chi
muore è riconosciuto come uguale: non un
morente, un malato, uno (qualunque) che
muore. Ma una singolarità irripetibile che vive
sull’orlo. Come ognuno di noi.
Attorno a questi interrogativi si è dipanato
il primo ciclo di incontri pubblici promosso
dalla nostra Associazione: i contributi dei
diversi relatori sono stati occasione per
esplorare temi cruciali quali umanizzazione
e disumanizzazione del morire, la biografia
come occasione di trasformazione, la
creatività come esperienza di confine,
l’ascolto e l’inascoltabile.
Chiudiamo idealmente con un sesto incontro,
invitando alcune delle persone che ci hanno
accompagnato fin qui a un confronto aperto
sul tema basilare del rispetto nella relazione
di cura.
Il rispetto nella relazione di cura
L’Associazione VogliaDiVivere
Rispetto e relazione rappresentano due capisaldi di qualsiasi pratica di cura: ciò sembra
innegabile e culturalmente consolidato.
Nasce con l’intento di realizzare un
hospice dedicato alla cura delle persone
in stato di malattia terminale: un luogo
di accoglienza e attenzione dove oltre
al sostegno medico e psicologico, le
persone avranno a disposizione una
pluralità di luoghi, occasioni (per stare
con se stessi, con i propri oggetti, per
incontrare gli altri, per fare e non fare…)
e strumenti per rielaborare, esprimere e
condividere la loro esperienza.
L’esperienza ci dice peraltro che la pratica del
rispetto, proprio perché si gioca in una relazione viva e non standardizzabile, non è riducibile
ad un assunto etico o giuridico, né può essere
garantita a priori da uno status professionale:
l’interiorità, di chi cura e di chi è curato, è infatti
il terzo incomodo cui non è possibile sfuggire.
La pratica del rispetto implica il contatto con
l’interiorità, la propria e quella degli altri, e in
questa relazione non può che ridefinirsi e riorientarsi dinamicamente.
Perché fine-vita significa in ogni caso
vita.
Possiamo così pensare al rispetto più che
come punto di partenza acquisito (possiamo
dare per scontata la capacità interiore di rispettare se stessi?) a un frutto della relazione
stessa.
Crediamo al contempo che non si
possano dare per scontati i confini e le
regole di funzionamento di un setting
che ha al centro la persona, cioè la sua
unicità.
Detto altrimenti, “chi è curato” non può che
cercare una nuova risposta al proprio bisogno
di relazione con sé, “chi cura” non può che
continuare a coltivare la propria sensibilità e la
propria capacità di farsi delle domande.
Per
questo
l’iniziativa
culturale
dell’Associazione rappresenta una
forma aperta di interrogazione e autointerrogazione, cioè di dialogo da
alimentare e approfondire.
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