Oncologia 28 settembre - Digilander

28 Settembre 2004
Prof.Conte
www.com.unimo.it
Introduzione all’oncologia
L’oncologia è diventata una materia a sé stante che merita un corso a parte.
La patologia neoplastica è diventata una patologia prevalente non soltanto nei paesi
occidentali, ma oramai sta diventando una patologia importante anche nei paesi in via
di sviluppo in cui veniva considerata secondaria; infatti nei paesi in via di sviluppo
l’attesa di vita era molto bassa ed è chiaro che il problema oncologico era secondario;
con l’allungamento della vita media nei paesi del terzo mondo i tumori sono diventati
una causa di morte importante e quindi sta diventando un problema sanitario globale.
Però sicuramente una delle cause principali per l’insorgenza e la mortalità per
neoplasia è l’età, c’è un tendenza praticamente per tutti i tumori ad avere un aumento
di incidenza e quindi di mortalità legata all’età; nei paesi in cui la vita è più lunga c’è
un più alto rischio di morire per neoplasie.
Guardiamo la fotografia della situazione italiana.
Per le donne italiane normalmente l’incidenza si misura come numero di nuovi casi
ogni 100000 abitanti (in questo caso 100000 donne); sono 310 nuovi casi di tumore
ogni anno ogni 100000 abitanti, che corrispondono a circa 102000 nuove malate di
cancro in Italia ogni anno e circa 60000 decessi per neoplasie ogni anno.
Ci sono alcuni tumori che pesano tantissimo in incidenza e pesano meno in mortalità,
ad es. per il tumore della mammella che tende a diminuire, perché del 27% di tutte le
diagnosi di cancro nella donna in Italia rappresenta solamente il 18%, la differenza
esprime il fatto che quello alla mammella è molto più curabile rispetto ad altri tumori,
come quello del pancreas che ha un 3% di incidenza e un 5% di mortalità ed esprime
il concetto opposto perché e molto meno curabile.
Questa è la figura dei maschi che hanno sia un’incidenza che una mortalità più
elevata rispetto alle donne, sono 390 nuovi casi ogni 100000 abitanti e ciò significa
120000 nuovi casi di cancro nei maschi italiani ogni anno e 85000 decessi; quindi la
probabilità di avere un tumore è più alta nel maschio e nel caso un maschio prenda
una neoplasia la probabilità di morire per questa neoplasia è molto più alta che nella
femmina. Il tumore più frequente nel maschio è quello del polmone, rappresenta il
23% di tutte le nuove diagnosi, badate bene è ben il 30% di tutte le cause di morte per
cancro del maschio in Italia, anche qui ripeto il fatto che è un tumore a scarsissima
probabilità di guarigione.
Questo è l’andamento temporale per mortalità per dare dati accurati di mortalità per
patologie per i registri tumori che compongono tutta l’area della repubblica Italiana.
Vedete che nel corso degli anni, per fortuna, nei maschi, ma anche nelle femmine si
sta assistendo ad un declino della mortalità che si osserva nonostante un continuo
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aumento di incidenza; quindi nuovi casi di tumore stanno continuando ad aumentare
in Italia sia nei maschi che nelle femmine, ma nonostante ciò c’è un declino di
mortalità che riflette una miglior possibilità della medicina di controllare la mortalità
per alcune forme tumorali.
Vedete che l’andamento è molto diverso da tumore a tumore; ci sono tumori tipo il
tumore della mammella che è molto frequente, ma negli ultimi anni la mortalità per
tumori alla mammella è andata diminuendo in modo molto importante, questo è dato
dalla diagnosi precoce, ma anche da terapie più efficaci. Invece per il tumore del
polmone negli ultimi anni si sta assistendo ad un picco di aumento di incidenza e di
mortalità e questo è purtroppo causato dal fatto che sempre più donne fumano rispetto
ai maschi; nei maschi il tumore del polmone continua ad essere la causa più frequente
di morte per cancro, ma negli ultimi anni c’è una forte diminuzione dovuta al fatto
che i maschi in Italia stanno smettendo di fumare.
Non solo è diverso l’andamento temporale di incidenza e mortalità delle varie
neoplasie, ma è diversa la storia clinica di ogni neoplasia; questo è importante perché
è abbastanza comune considerare il tumore o il cancro come se fosse una malattia, ma
non è assolutamente una malattia, sono decine addirittura centinaia di malattie
diverse. Non è possibile considerare una malattia solo dal punto di vista medico, ma
bisogna considerare anche l’atteggiamento psicologico.
Il tumore del pancreas ha una probabilità di essere vivi a 5 anni dalla diagnosi del
4%, per un tumore del collo dell’utero la probabilità di essere vivi a 5 anni di
diagnosi dalla neoplasia è del 75%.
E’ molto meglio avere un tumore dell’utero che un’insufficienza renale grave, è
sicuramente molto meglio avere un’insufficienza renale grave che un tumore al
pancreas.
Questa è la stessa figura per i maschi. Di nuovo abbiamo i due estremi opposti:
tumore del pancreas 4% di pazienti vivi a 5 anni dalla diagnosi, tumore del testicolo
90% di pazienti vivi a 5 anni dalla diagnosi; sono due malattie con prospettive
totalmente diverse. Questo è importante che il medico lo abbia sempre presente
perché invece, purtroppo per i pazienti e i loro parenti, la diagnosi di tumore
rappresenta sempre la stessa cosa. In realtà un tumore al testicolo è decisamente
meglio di una depressione grave che è più difficilmente curabile.
Eziopatogenesi dei tumori
Quali sono le cause e i fattori di rischio importanti dal punto di vista medico e della
pratica clinica?
Cancerogeno è quell’agente ambientale (chimico, fisico, ambientale o farmacologico
in grado di causare un aumento significativo nell’incidenza di un certo tipo di tumore
nei soggetti esposti rispetto a quelli non esposti.
Cancerogenesi= una serie di eventi che porta alla trasformazione di une cellula
normale in una cellula tumorale, caratterizzata da una proliferazione incessante e
incontrollata.
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Sono varie le sostanze o gli eventi che sono stati associati ad un aumentata incidenza
di patologie tumorali, sono importanti soprattutto quelli di cui è possibile evitare
l’esposizione.
C’è un’agenzia internazionale che si chiama UNIARD international agency of (?) che
pubblica ogni anno un bollettino aggiornato delle evidenze scientifiche che
determinate sostanze possono avere un’azione cancerogena.
Sono migliaia e migliaia di composti che ogni anno vengono sintetizzati e di cui si
cerca di capire se hanno un’azione cancerogena. E’ necessario fare tanti esperimenti e
fare delle osservazioni epidemiologiche che durano diversi anni per poter veramente
classificare l’eventuale potere cancerogeno di una nuova sostanza.
Lo UNIARD (?) classifica tutte le sostanze in base ad un criterio probabilistico:
sostanze per cui è sicuramente dimostrata l’azione cancerogena sull’uomo, sostanze
per cui è ipotizzata nonché possibile…
Queste sono le sostanze per cui è certa l’associazione con le neoplasie:
asbesto: tumori pleurici ( mesoteliomi) e peritoneali; l’asbesto è stato usato fino a
poco tempo fa in varie lavorazioni industriali, nelle costruzioni degli edifici;
purtroppo molti di noi vivono in case costruite prima degli anni ’60 ’70 che
contengono asbesto e quando queste case vengono demolite o 10-20 anni dopo un
terremoto ci sono dei picchi di incidenza di mesotelioma nei sopravvissuti (fra 10-20
anni ci dobbiamo aspettare aumento dei mesoteliomi per la caduta delle torri
gemelle).
L’asbesto è usato anche nell’automobilistica, negli isolanti termici e così via.. e non
può essere sostituito in alcune lavorazione per cui sapendo che è cancerogeno i
medici del lavoro hanno studiato e verificano che vengano applicate una serie di
misure protettive che proteggono il lavoratore.
Catrame e carbone: tumore del polmone. Lo troviamo in lavorazioni industriali e
nell’abitudine suicida e volontaria del fumo di sigaretta.
Nichel, cadmio, cromo: tumore del polmone.
Benzene: linfomi e leucemie
Cloruro di vinile: tumori epatici.
Coloranti derivati dall’anilina: tumori della vescica
Esposizione medica a farmaci che poi si rivelano essere cancerogeni: estrogeni (usati
una volta per prevenire l’aborto causano tumore della vagina resistente), terapia
ormonale sostitutiva in menopausa ( aumentato tumore della mammella)
Questa è una fotografia dell’incidenza delle varie cause di tumore del percento delle
neoplasie umane e come vedete è un elemento importante individuare le cause
dell’inquinamento e soprattutto ridurle ed evitare l’esposizione.
Guardate com’è globalmente irrisorio l’inquinamento nel causare tumori rispetto al
fumo di sigaretta; se non esistesse il fumo di sigaretta si ridurrebbe l’incidenza e la
mortalità globale di cancro di un terzo. Nessuna misura medica, nessun farmaco
miracoloso, nessuna diagnostica o chirurgia d’avanguardia ci potrebbe assicurare
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quello che ci assicurerebbe l’abrogazione del fumo di sigaretta: un terzo di riduzione
di tutte le cause di mortalità di tumore.
L’altra cosa importante è l’alimentazione, ma è difficile intervenire.
Si legge ancora sulla stampa di queste cause multimiliardarie che generalmente
qualche parente di qualche paziente, morto di tumore ai polmoni, intenta alle
multinazionali di tabacco per il fatto che i dati che il fumo di sigaretta producesse il
tumore del polmone sono noti dagli anni ’50 e per 30 anni sono stati tenuti nascosti
dalla politica.
[Divaga sull’influenza che il mondo economico ha sul mondo scientifico e racconta
di un medico che su una rivista ha pubblicato dati su un’alta incidenza di tumori nei
lavoratori dell’IBM ed è stato censurato]
La situazione dell’alimentazione è molto simile; se uno vede la mortalità di cancro
nell’alimentazione mediterranea o del sud est asiatico rispetto a chi mangia al Mc
Donald o all’“americana” ci sono differenze fino a 5 volte le incidenze del tumore
della mammella, dell’ovaio, del pancreas, dello stomaco. Provate a dire in TV che il
cibo del Mc Donald fa venire il cancro e vi trovate pieni di denunce!
Questo è il consumo di tabacco negli stati uniti e l’andamento di mortalità per cancro
del polmone: c’è una forte diminuzione del consumo del tabacco nei maschi
americani negli ultimi 5 anni quasi e questa è la curva di mortalità per cancro del
polmone nei maschi americani: vedete che dopo circa 15 anni che è incominciato a
diminuire il consumo del fumo di tabacco è cominciata a diminuire incidenza e
mortalità per tumore del polmone.
Le donne americane hanno incominciato a fumare molto dopo, quindi la loro
incidenza di cancro al polmone continua ad aumentare e nel 2001 per la prima volta
(è stato il primo paese al mondo(?)) è diventato la prima causa di tumore nelle donne.
Vi sono varie FASI:
 Iniziazione: momento in cui il DNA di una cellula riceve un danno che deve avere
alcune caratteristiche:
1) Irreversibile, quindi la cellula non può essere riparabile
2) Non letale, altrimenti la cellula morirebbe e non sarebbe in grado di propagare il
danno
3) Trasmissibile alla progenie di questa cellula
 Promozione: processo lento, ripetitivo e reversibile, capace di rendere conclamato
l’evento biologico avvenuto nello stadio di iniziazione.
 Progressione: processo attraverso il quale, generalmente in seguito ad ulteriori
eventi genetici, la cellula acquisisce tutta una serie di caratteristiche proprie della
cellula tumorale che sono:
1) Aumentata capacità proliferativa.
2) Ridotta capacità apoptotica, quindi una incapacità di morire.
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3) Proprietà biologiche, come quella di farsi strada fra i tessuti, attraversare vasi
sanguigni e stravasare.
Il carcinogeno da il danno iniziale nel DNA, questo danno viene fissato e trasmesso
nelle cellule iniziate, ulteriori eventi genetici danno la possibilità di staccarsi dal
luogo primitivo, entrare nella circolazione, sopravvivere al torrente circolatorio e
stravasare dando luogo alle metastasi, che sono la causa principale di morte per
tumore.
Per capire quanto questo processo è sofisticato e se vogliamo dal punto di vista
biologico anche molto interessante: se voi fate una sospensione di cellule normali ( a
parte quelle del sangue) e le iniettate in vena non ne trovate una attiva. Nessuna
cellula del vostro organismo, a parte quelle che circolano nel sangue, è in grado di
sopravvivere ai traumi, agli attacchi dei macrofagi e tutto quanto interviene nel
torrente circolatorio; tanto meno è in grado di uscire dal torrente circolatorio
attecchire, sopravvivere e crescere.
Quindi il tumore è una malattia genetica nel senso che inizia con un danno a livello
genetico. Questo danno per fortuna non deve essere unico: si è calcolato che ogni
giorno abbiamo alcune migliaia di iniziazioni potenzialmente neoplastiche; si è
esposti a radiazioni ultraviolette, radiazioni cosmiche, sostanze chimiche, virus
funghi e batteri che ogni giorno della nostra vita danno danni potenzialmente
cancerogeni. Molti danni sono riparabili, ma molti di questi hanno queste tre
caratteristiche che abbiamo detto.
Perché solo 1 su 3 dei cittadini italiani si ammala di tumore? Perché non basta quel
danno, è necessario che ci siano tutta una serie di danni genetici che vadano nella
stessa direzione.
Per molti tumori tutto questo percorso di successivi danni genetici è stato definito,
come ad es. le tappe di iniziazione, promozione e progressione che deve percorrere
una cellula dell’epitelio intestinale per diventare da cellula normale a cellula in grado
di produrre un adenocarcinoma dell’intestino.
Questo danno di iniziazione, che generalmente avviene a livello del cromosoma 5,
dal punto di vista clinico dà un quadro di epitelio iperproliferativo, del tutto normale
dal punto di vista morfologico però questo epitelio è già iniziato dal punto di vista
neoplastico.
Poi ci sono successivi danni che si traducono in una ridotta ipometilazione del DNA e
si passa al quadro di adenoma precoce, un’alterazione clinicamente evidente, ma che
è un tumore benigno.
Mutazione a livello dell’oncogene RAS che porta da adenoma precoce ad adenoma
intermedio ( diagnosi anatomo-patologica).
Successivo evento genetico è la perdita del cromosoma 18 e formazione
dell’adenoma tardivo; l’anatomo-patologo già identifica in questo adenoma delle
caratteristiche neoplastiche anche se non di neoplasia invasiva.
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Perdita del cromosoma 17: diventa un adenocarcinoma dell’intestino.
Successivi danni cromosomici: questo adenocarcinoma dell’intestino diventa in grado
di dare metastasi ai linfonodi ed ematogene.
Come si concilia tutto quello che ho detto fino ad adesso con i tumori ereditari?
I tumori ereditari sono tumori in cui la neoplasia insorge in seguito ad aver ereditato
un gene alterato. Quando viene ereditato il gene alterato, non si eredita il tumore, ma
si eredita l’iniziazione. Se si nasce con la sfortuna di avere il gene del retinoblastoma
alterato c’è bisogno di molto poco per fare un retinoblastoma perché abbiamo già
avuto un danno necessario per iniziare le cellule della retina.
Questo è un ripasso nell’ottica clinica della cancerogenesi, delle fasi biologiche dello
sviluppo neoplastico. Adesso guardiamo come tutto questo spiega quali sono i
successi, purtroppo non molto frequenti, della diagnosi e della terapia dei tumori.
Perché si muore di tumore nonostante che nella stragrande maggioranza dei casi
oggigiorno si riesce a far diagnosi di malattia localizzata che il chirurgo riesce a
portare via [il chirurgo esce dalla sala operatoria e dice: ”baciate queste mani che
oggi ho fatto un miracolo”] oppure che il radioterapista riesce ad irradiare?
Perché in realtà già prima che si facesse diagnosi di neoplasia e nonostante tutti gli
esami che noi facciamo siano negativi, ci sono già delle micrometastasi; cioè alcune
delle cellule di tumore, apparentemente asportato in maniera radicale, hanno
acquisito durante la sua storia biologica capacità di dare metastasi. Queste metastasi
già esistono, non si tengono sotto la soglia di (?) delle nostre procedure diagnostiche,
per quanto sofisticate. Nonostante facciamo TC, Scintigrafia scheletrica, PET,
risonanza magnetica non si vedono metastasi, sono li e dopo qualche mese, qualche
anno ( alle volte 30-40 anni) continuano a crescere e danno la o le metastasi che sono
l’evento che condiziona la curabilità di questo tumore.
Questo spiega il fallimento delle terapie locoregionali, della chirurgia e della
radioterapia; ma perché molto spesso purtroppo anche le terapie sistemiche, le terapie
mediche (ci sono vari tipi di terapie mediche: ormonoterapia, chemioterapia, le
terapie oncologiche) non sempre sono in grado di guarire la malattia?
Per due motivi:
1) Contrariamente a quanto ho detto fino ad adesso, che il tumore nasce da una
singola cellula iniziata e questa iniziazione si trasmette alla progenie, in realtà, dal
punto di vista biologico, quando ci portano un tumore come malattia, come
qualcosa di più diffuso, è una malattia policlonale; un tumore consiste di milioni
di cellule con proprietà biologiche diversificate. Noi riusciamo a trovare una cura
efficace per il 99,99% delle cellule, ma se quella fottuta cellula su un milione o su
un miliardo, che ha proprietà diverse dalle altre, sopravvive alle nostre cure
mediche, essa provoca la ricrescita delle metastasi e porta a morte il paziente.
2) Per alcune forme di terapie, in particolare per la chemoterapia, i nostri farmaci
sono attivi soprattutto per inibire la proliferazione cellulare e per favorire
l’apoptosi (la morte cellulare); ma se una cellula, che è stata iniziata, è quiescente,
di un farmaco, che inibisce la proliferazione o che induce la morte perché
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interferisce con certi processi metabolici vitali della cellula, se ne frega
relativamente perché essendo quiescente è resistente a quel farmaco.
La resistenza è legata al fatto che la maggior parte delle cellule del tumore del
paziente è in una fase quiescente quindi relativamente poco sensibile al trattamento
farmacologico, che mira ad inibire la proliferazione o ad indurre la morte della
cellula.
I tumori (come tutti i tessuti) crescono secondo una cinetica che viene chiamata
Longarsiana (?) che vuol dire che la velocità di crescita di quel tessuto non è costante
nel tempo, ma rallenta via via che aumenta il numero di cellule presenti in quel
tessuto. Mentre inizialmente la percentuale di cellule che si dividono è la stessa ed è
costante, via via che aumenta il numero di cellule diminuisce la percentuale di cellule
proliferanti fino a quando la fase di crescita è quasi di plateau. Quindi cosa ce frega
dal punto di vista soprattutto della chemioterapia nella storia dei tumori?
Nella fase pre clinica 109 cellule è un centimetro cubo di tessuto ( diagnosi
difficilissima da fare per la maggior parte dei tumori, a parte il tumore della
mammella) e gran parte delle cellule francamente proliferanti si è esaurita per cui
quel onco sta entrando nella fase di plateau dove solo una frazione limitata di cellule
è proliferante, quindi da qui in poi la chemioterapia sarà molto meno efficace.
L’eterogenicità clonale: come vi ho detto, dal punto di vista del clinico, il tumore è la
cosa più eterogenea che possa esistere; tutti quegli eventi che portano la cellula
iniziata ad adenocarcinoma dell’intestino avvengono in maniera diversa per ogni tipo
di neoplasia e ogni evento genetico avviene in maniera per i vari cloni cellulari. La
prima divisione della cellula iniziata darà origine a cellule identiche, poi quando
intervengono ulteriori elementi genetici in maniera random su ogni progenie delle
cellule facendo si che alla fine quando io mi trovo di fronte come medico ad un loco
tumorale di un centimetro, questo centimetro sarà fatto da 109 cellule che hanno una
serie di alterazioni genetiche completamente diverse tra di loro anche se sono nate
tutte dallo steso tipo di danno genetico.
Quindi dal punto di vista biologico un tumore è considerato monoclonale se è nato da
un’unica cellula con uno specifico danno genetico, da un punto di vista clinico ha
subito tutta una serie di danni successivi e se anche io ho individuato perfettamente in
un tumore di un paziente l’evento genetico che causa il colore verde e ho il farmaco
miracoloso target che mi ammazza il colore verde, le altre cellule rimarranno vive,
per cui non riesco ad eradicare tutta la malattia.
Per cui vediamo che l’eterogeneità clonale l’altra causa oltre alla quiescenza per cui
non è possibile guarire del tutto un tumore.
Ecco come noi dovremmo fronteggiare una situazione in cui il destino è designato
ancor prima che ne veniamo a essere a conoscenza, due concetti insieme della
cinetica Lompersiana e dello sviluppo monoclonale.
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Sulle ascisse vedete il numero di raddoppiamenti cellulari delle generazioni di cellule
( figli, nonni…) necessari per arrivare ad una determinata massa e sulle ordinate il
numero di cellule.
Torniamo alla nostra diagnosi precocissima: 1cm.
Una massa di 1cm ha avuto 35 generazioni cellulari [ provate a fare il vostro albero
genealogico passando da genitori, nonni, bisnonni, per arrivare a 35 generazioni
dobbiamo pensare allo scimmione comune a tutti quanti noi].
Per arrivare dalla diagnosi precoce di un centimetro ad un livello di cellule
neoplastiche incompatibili con la vita (grosso modo 1 Kg di tumore) si passa da 35 a
50 generazioni cellulari. Quindi da una cellula ad un Kg di cellule ( 50 generazione
cellulari) di queste 35, nella migliore delle ipotesi, cioè aver fatto la diagnosi precoce
ad 1 cm, sono avvenute prima della diagnosi.
Quindi tutto quanto nella grande maggioranza dei casi condiziona la storia di questo
paziente, la guaribilità dal punto di vista chirurgico o medico, è già di fatto avvenuto
prima che noi riusciamo a fare una diagnosi precoce. Vedremo come avendo
coscienza di questo fenomeno e avendo una serie di misure diagnostiche e
terapeutiche a disposizione dal punto di vista clinico, si cerca e riesce per fortuna ad
ottenere comunque dei risultati.
Le metastasi e le modalità di diffusione
Concetto fondamentale è la metastatizzazione.
La diffusione locale è molto importante per certi tumori, la massa tumorale continua
a crescere e infiltra i tessuti vicini, questo è importante dal punto di vista clinico
perché spesso in questo caso è presente il dolore (ad es. infiltra un nervo).
Propagazione a distanza per via linfatica, ematica o endocavitaria.
Questo è il target delle nuove terapie mirate contro il tumore, ma qui vediamo come
la cellula tumorale rispetto a quella normale ha delle attività biologiche stupefacenti.
La cellula tumorale è in grado di indurre la formazione di vasi dai vasi preesistenti
per sostenere la crescita del tumore che oltre certe dimensioni non sarebbe più in
grado di crescere perché non più in grado di ricevere per diffusione sufficienti
sostanze nutritive dalla vascolarizzazione preesistente.
La cellula tumorale è in grado di staccarsi dal nodulo tumorale che si è formato dalla
prima cellula che ha cominciato a dividersi, cosa che già le cellule normali non sono
in grado di fare, di muoversi nel tessuto in cui è nato questo tessuto tumorale e farsi
strada. E’ in grado di penetrare la parete di un vaso sanguigno o di un vaso linfatico,
di nuovo capacità ignote a qualsiasi cellula normale, di formare all’interno del vaso
linfatico o ematico degli emboli di cellule neoplastiche che entrano nel tessuto
circolatorio; ripeto se facciamo un’endovena di cellule normali non ne sopravvive
una. E’ in grado di circolare e riconoscere tramite recettori qual è l’organo più
propizio per crescere, legarsi alle cellule endoteliali e stravasare dal torrente
circolatorio o dalla via linfatica, rifare il percorso inverso: il tumore si addentra in un
nuovo tessuto, aderisce alla matrice di contorno e cresce dando le metastasi.
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Per ognuno di questi step che vi ho fatto vedere oggigiorno si conoscono quali sono
gli eventi biologici che consentono la stimolazione e la formazione di neovasi, quali
sono le sostanze che la cellula tumorale produce con i suoi geni che attiva all’interno
per muoversi nei vari tessuti e penetrare all’interno dei vasi, che meccanismi ha per
dare dei microemboli linfatici ed ematici in grado di sopravvivere al torrente
circolatorio, che cosa riconosce negli altri organi che consente di travasare e dare
metastasi. Per ognuno di questi step oggigiorno, avendo individuato il target, si
stanno incominciando a sviluppare i cosiddetti farmaci mirati o farmaci intelligenti.
Il futuro della terapia oncologica è avere terapie mirate su bersagli specifici.
Non tutti i fattori hanno le capacità espresse che vi ho fatto vedere; ci sono tumori
che preferenzialmente hanno un accrescimento locale, tumori che preferenzialmente
hanno una via di diffusione linfatica, tumori che preferenzialmente hanno una via di
diffusione ematica e tumori che preferenzialmente diffondono per via endocavitaria.
Ad es. i tumori spinocellulari del cavo orale crescono soprattutto localmente e danno
metastasi ai linfonodi.
Questo è un elenco di alcuni tumori e delle più frequenti sedi metastatiche, ripeto,
queste sono sedi in cui si sviluppano le metastasi, ma è evidente che un tumore del
testicolo può dare una metastasi del polmone e vuol dire che queste sue cellule hanno
invaso il torrente circolatorio e sono presenti, se voi doveste andarle a cercare, in tutti
i vasi dell’organismo e che però trovano particolarmente a livello polmonare il soil
(terreno) adatto per metastatizzare.
Dal punto di vista clinico la sede di metastasi condiziona la prognosi a parità di
neoplasia; ad es. il tumore della mammella può dare metastasi in varie sedi e vedete
che la sopravvivenza è molto diversa a seconda di dov’è la sede metastatica: a livello
dei linfonodi pettorali è di pochi mesi, se a livello dei linfonodi regionali può arrivare
anche fino a 5 anni.
La neoangioganesi
Adesso vediamo un po’ più in dettaglio alcuni di questi eventi biologici che vi ho
citato e come appunto l’aver conosciuto questi eventi si stia trasformando in
un’opportunità di terapia importante. Uno degli eventi che vi ho citato, molto
importante per sostenere la crescita del nodo tumorale primitivo, è quando anche se
delle dimensioni di pochi micron ha bisogno di avere nuovi vasi altrimenti non
potrebbe continuare a crescere e poi per dare metastasi a distanza è il fenomeno
dell’angiogenesi.
Il fenomeno della angiogenesi significa formazione di nuovi vasi sanguigni da una
vascolatura preesistente.
Ovviamente la neoangiogenesi, ci si è resi conto quando si sperimentavano i farmaci
antiangiogenetici, non è un processo solo patologico, intanto è un processo patologico
che può riguardare altre patologie ad es. la retinopatia diabetica è un concetto di
neoangiogenesi a livello retinico, l’artrite reumatoide è la conseguenza di un processo
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neoangiogenetico della sinoviale delle articolazioni, quindi la neoangiogenesi è la
base biopatologica di diverse patologie non solamente locali.
Ma la neoangiogenesi è anche un processo fisiologico, alcuni esempi sono intuitivi:
se un chirurgo opera, fa un taglio, la riparazione della cicatrice richiede la formazione
di neovasi sanguigni, quindi il riparo di un danno richiede l’attivazione di un
processo neoangiogenetico. Inaspettatamente ci si è resi conto che anche in una
situazione del tutto fisiologica c’è un processo di neoangiogenesi continua che serve
a mantenere efficienti i nostri vasi sanguigni ad es. livello delle coronarie.
La angiogenesi indotta da tumore è quindi un processo multi step importante e ci
sono farmaci che interferiscono su questi step.
Le tappe sono:
 Formazione di fattori proangiogenetici
 Attivazione delle cellule endoteliali
 Aumentata permeabilità dei vasi sanguigni
 La degradazione della membrana attorno ai vasi sanguigni; altrimenti la cellula
tumorale non potrebbe entrare
 La proliferazione delle cellule endoteliali e la loro migrazione verso il tumore
che vuole essere irrorato
 Stabilizzazione dei vasi sanguigni neoformati
Sono stati individuati anche i meccanismi regolatori di questi step che sono
fondamentalmente dei messaggi che le cellule si mandano l’un l’altra e questo è
l’elenco (che vedrete sul sito ) delle sostanze che hanno un’azione proangiogenetica,
quindi favoriscono la formazione di alcuni vasi e di sostanze che hanno un’azione
antiangiogenetica.
Ovviamente in una situazione normale c’è un bilanciamento tra stimoli e inibizione
della neoangiogenesi; in una situazione anormale, che può essere non oncologica,
ma ad es. artrite reumatoide o retinopatia diabetica c’è uno sbilanciamento a favore
della neoangiogenesi, dovuta al fatto che le cellule tumorali sono in grado di
produrre esse stesse molte di queste sostanze o di produrre sostanze che inibiscono
gli inibitori della neoangiogenesi.
Quali sono state le prime osservazioni che hanno fatto si che si desse molta
attenzione al percorso della neoangiogenesi come potenziale meccanismo per
l’insorgenza neoplastica?
1) Intanto l’osservazione che già i patologi avevano fatto per molti tumori: tanto più
il tumore è vascolarizzato, quanto peggiore è la prognosi di quel paziente; quanto
più il patologo vi segnala la presenza di vasi sanguigni, tanto più un tumore è
aggressivo, tanto più breve sarà la sopravvivenza di quel paziente.
2) Se una massa tumorale cresce e non riceve un sufficiente apporto do ossigeno e
quindi di sangue diventa necrotica e muore e quindi è fondamentale per una
massa tumorale potersi assicurare un adeguato supporto vitale.
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Questo è come funziona il tumore; quando il tumore cresce e raggiunta la dimensione
di pochi micron la diffusione di ossigeno e di sostanze nutritive dei vicini capillari
sono insufficienti a sostenere la crescita di questo micronodulo tumorale e le cellule
tumorali cominciano a diventare ipossiche, lo stimolo ipossico attiva una serie di geni
all’interno delle cellule tumorali che codificano 2 cose:
 fattori proangiogenetici
 sostanze che stimolano le nostre cellule normali del parenchima e dello stroma
circostante a produrre loro stesse un segnale proangiogenetico: PDGF, VEGF
FGF. Queste sostanze migrano verso il più vicino capillare che ha i periciti e le
cellule endoteliali; le cellule endoteliali hanno dei recettori specifici per tutti
questi ligandi che hanno un’azione mitogena e, come si legano via via gli stimoli,
aumenta la permeabilità del vaso.
Le cellule endoteliali cominciano a proliferare e a formare neovasellini che andranno
a formare la neovascolatura del tumore.
Questo fenomeno sostiene la crescita del tumore da pochi micron in poi e si ripete
ogni volta che dal tumore primitivo partono delle cellule che daranno metastasi negli
organi a distanza.
Ovviamente avendo conosciuto questo processo, avendo individuato quasi tutti gli
attori di questo processo, si stanno disegnando molecole in grado di interferire che
potrebbero essere usate come potenziali farmaci antitumorali.
Terapia medica dei tumori
Tutto quanto ho detto adesso serviva a dare una base biologica delle terapie mediche
dei tumori in un ottica clinica.
Abbiamo visto che, per la stragrande maggioranza dei tumori, l’unica modalità per
arrivare alla guarigione è impedire o contrastare il fenomeno della metastatizzazione;
ovviamente l’anticipazione diagnostica è un’altra di queste modalità però per la
maggioranza dei tumori è impensabile fare una diagnosi preclinica.
La terapia medica non puramente chirurgica dei tumori ha delle tappe fondamentali:
1) Chirurgia: nasce alla fine dell’’800.
Alla fine dell’’800 il chirurgo scozzese Beatson si rese conto che, facendo
l’ovariectomia, era possibile indurre a regressione il tumore della mammella e le
sue metastasi. Questo accadeva perché rimuovendo le ovaie riduceva la
produzione di estrogeni.
2) Radioterapia
3) Chemioterapia: i primi dati sono del 1943, però ne fu impedita la pubblicazione
fino al 1945 perché per come nacquero queste osservazioni il dato era protetto dal
segreto militare. Goodman fu il primo che scoprì quale era la sostanza che
produceva mielodepressione nei soldati che durante la prima guerra mondiale
vennero sottoposti ad iprite, gas tossico. I soldati che non morirono ebbero molti
problemi gravi, perdita di capelli, diarrea, mucositi, piastrinopenia, leucemia,
leucopenia ed infezioni. Una serie di medici che avevano in cura i sopravvissuti
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cominciarono a chiedersi cosa conteneva questa iprite e Goodman scoprì che
c’erano una serie di alchilanti in grado di alchilare (l’alchilante è come il Bostik, si
appiccica a tutto quello che trova!) il DNA, RNA e ovviamente li danneggiavano
e alteravano tutta una serie di funzioni della cellula, in primis la funzione
replicativa. Goodman negli anni ’40 disse che ci sono delle malattie dove
l’essenza della malattia è la proliferazione incontrollata delle cellule; nel 1940
iniettò per la prima volta questa sostanza isolata dall’iprite: la mostarda azotata in
pazienti affetti da leucemia acuta e da linfoma e ottenne delle regressioni
strabiglianti anche se purtroppo di breve durata perchè i linfomi ricomparivano e
c’erano pazienti leucemici che in pochi giorni avevano una lisi massiva dei globuli
bianchi circolanti. Nel 1943 preparò l’articolo, che però gli fu impedito di
pubblicare perché era in corso la seconda guerra mondiale, e siccome la mostarda
azotata derivava dall’iprite e l’iprite era un’arma medica lo pubblicò solo nel
1945.
Altro risultato importante: nel 1970 il primo tumore guarito con la chemioterapia.
Dal ‘45 al ’70 si è sviluppata una serie di farmaco tumorali, tutta questa serie di
farmaci erano in grado di indurre remissioni temporanee, generalmente di
neoplasie ematologiche: leucemie e linfomi, mai guarigioni.
Nel 1970 con una combinazione di 4 farmaci tumorali guarì una percentuale di
pazienti con linfoma di Hodgkin, tumore che da allora è diventato da malattia
incurabile a malattia spesso curabile.
E’ stato fondamentale passare dalla mono alla polichemioterapia perché il tumore
non è omogeneo; io do un farmaco, questo farmaco mi uccide molte cellule, ma
qualcuna di queste cellule ha proprietà tali che gli conferiscono resistenza a questo
farmaco, sopravvive e mi restaura la patologia neoplastica.
Nel 1976 un medico italiano donna dimostrò che di un tumore solido, il tumore
della mammella, era possibile guarire in una percentuale di pazienti facendo una
polichemioterapia come trattamento adiuvante; cioè rifacendosi alla regola che
quanto più aumenta la popolazione neoplastica tanto più diminuisce la
popolazione di cellule che si dividono quanto più aumenta la sua eterogenicità,
quindi la probabilità che queste cellule abbiano proprietà biologiche diverse (come
la possibilità di resistere ai farmaci), il ragionamento mi porta a dire quanto prima
uso un’associazione di farmaci tanto più alta sarà la percentuale di cellule che
uccido ogni somministrazione e tanto meno sarà probabile che ci sia una tale
varietà di cellule neoplastiche che io non riesca ad ucciderle tutte.
Una donna per prima arrivò a questo concetto e trattando con una serie di farmaci
donne operate per carcinoma della mammella apparentemente libere da malattia,
ma che si sa dalla loro storia clinica che sono ad alto rischio di ripresa di malattia e
che quindi è molto probabile che abbiano delle micrometastasi già presenti.
Fare chemioterapia subito dopo l’intervento chirurgico per curare una malattia non
visibile, ma che si sa che c’è e in questo modo evitare le metastasi.
Nel 1977 la sintesi di un antiestrogeno: tamossifene per il trattamento del K della
mammella. Questa molecola mima l’estrogeno, si lega sulla cellula tumorale al
recettore citoplasmatico nucleare per l’estrogeno e in realtà anche se la cellula lo
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riconosce come estrogeno ha un’azione antiestrogenica e invece che stimolare
inibisce la cellula tumorale e ne induce l’apoptosi.
Negli anni ’80 la sintesi dei primi farmaci biologici: gli interferoni che hanno
un’attività di una certa rilevanza in alcuni linfomi e nel tumore del rene.
Arriviamo all’ultimo periodo dove abbiamo farmaci diretti verso bersagli
molecolari specifici. Il primo è stato un anticorpo monoclonale di cui parleremo
quando parleremo del tumore della mammella diretto contro un prodotto di un
oncogene che è il recettore di membrana dell’ epidermal grow factor ERP2(?), il
PILIVET(?) diretto contro una mutazione dell’oncogene sickit(?) che è la
mutazione causale del gruppo della leucemia mieloide cronica e dei sarcomi
gastrointestinali, infine molecole più recenti.
I farmaci chemioterapici vengono classificati in base a qual è la fase del ciclo
cellulare in cui sono più attivi; convenzionalmente si considera che la cellula
debba percorrere 4 fasi del ciclo cellulare.
Durante MITOSI a cellula ha due nuclei, due patrimoni genetici perfettamente
duplicati, si divide forma due cellule identiche, passa un periodo intermitosico
chiamato GAP1 (intervallo 1) che può essere più o meno lungo e che può essere
addirittura virtuale ( in una cellula in attiva proliferazione ad es. se c’è un’anemia
in corso e il nostro midollo osseo sta producendo molti GR i nostri proeritroblati
hanno un GAP1 praticamente inesistente) o può essere lunghissimo addirittura di
giorni mesi e probabilmente anni se una cellula sta quiescente.
Poi la cellula riceve lo stimolo mitogenico ( nel caso dell’eritroblasto
l’eritropoietina), entra nella fase di sintesi del DNA, duplica il proprio patrimonio
genetico. Una volta che ha duplicato completamente il patrimonio genetico
comincia la fase S e la fase GAP2 in cui la cellula sintetizza tutto il necessario per
produrre due nuclei e due citoplasmi, cioè una cellula completa dal punto di vista
proteico.
I vari farmaci antitumorali hanno un’efficacia diversa nelle varie fasi del ciclo
cellulare, quindi un modo di classificare i farmaci chemioterapici è quello di
classificarli in base a quella che è la loro fase preferenziale di efficacia.
Ci sono i farmaci cosiddetti “non ciclo cellulare specifico”, cioè sono farmaci che
agiscono in maniera indifferente su tutte le fasi del ciclo cellulare, sono farmaci
molto poco specifici, molto tossici che mimano sostanzialmente l’azione delle
radiazioni ionizzanti. Sono farmaci che chelano, legano dei gruppi e si appiccicano
a proteine, DNA, RNA e in qualche modo possono indurre un danno
indipendentemente dalla fase cellulare.
Ci sono farmaci che funzionano in fasi specifiche del ciclo cellulare, ad es. gli
antimetaboliti funzionano quasi esclusivamente nella fase di sintesi del DNA, gli
acaloidi della vinca in fase M, le (?)tossine nella fase G2.
Poi ci sono farmaci che funzionano preferenzialmente in cellule proliferanti
indipendentemente da una specifica fase del ciclo cellulare, ma che non
funzionano in cellule non proliferanti e sono la maggior parte dei farmaci
antitumorali: gli antibiotici antitumorali e gli agenti alchilanti.
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[Qui c’è un elenco lungo e noioso dei farmaci antitumorali e la storia della
chemioterapia che vi risparmio, lo andate a vedere casomai sul sito]
E’ importante il concetto che:
 I tumori non crescono su una linea esponenziale, ma su una linea
Lompersiana(?)
 Quando si usa una chemioterapia non si uccide mai un numero assoluto di
cellule, ma una frazione di cellule presenti in quel tumore. Questo è importante
perché quando io faccio una dose di chemioterapia uccido una frazione di
cellule tumorali e dopo di che devo aspettare che il mio malato recuperi; la
nausea e il vomito richiedono poco, ma devo aspettare che migliori la
piastrinopenia e la leucopenia e il tumore non aspetta i comodi miei, quindi
quando arriverò alla seconda dose molto spesso è a livello della prima o poco
sotto della prima.
Questo concetto del fractional (?) è importante perché spiega perché la
chemioterapia deve essere fatta a cicli ripetuti e perché essendo questa
percentuale molto rilevante (addirittura il 90% delle cellule viene uccisa)
quanto prima incomincio la cura quanto prima mi è possibile che con alcuni
cicli io riesca a curare la cellula di base.
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